Estate
la villeggiatura in panchina ’estate è tempo di villeggiatura, di luoghi aperti e non fra quattro mura, se poi hai una casa piccina piccina, meglio passare la notte in panchina.
L
Questo pensava il povero manovale ogni mattino quando andava a lavorare ed il pensiero prese consistenza una notte che stava lì, nella sua stanza.
In mezzo alla città c’era un quadrato, tra le vie uno spiazzo alberato e, tra le fronde degli ippocastani, stavano i passeri, invisibili, tra i rami.
In silenzio, nel buio profondo, quando i suoi stavano dormendo, prese sotto braccio il suo cuscino e si diresse verso quel giardino.
Ma l’invisibile per Marcovaldo (e del suo carattere questo è un punto saldo) è più evidente di un grattacielo e non gli sfugge una pulce su di un pelo.
Aveva visto una panchina solitaria, di essere assai comoda aveva l’aria, e già sognava di farne il suo letto, il cielo e le stelle come tetto.
Marcovaldo, ascoltando il dolce canto, pensava al suo piccino ed al suo pianto e alle urla della moglie Domitilla: meglio certo il cinguettio di quella sveglia.
Quella panchina era già occupata da una giovane coppia innamorata, ma Marcovaldo pensò che, di certo, non avrebbero passato la notte all’aperto.
Sarebbe stato di sicuro più bello svegliarsi con il canto di un uccello, aprire gli occhi ed ammirare il cielo, sarebbe stato bello per davvero.
I due, però, non stavano tubando, sembrava stessero, invece, litigando, la discussione andava per le lunghe e nei dintorni non c’erano altre panche.
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