GLI OPERATORI DEL GAMING CHIUDONO UN ALTRO ANNO FORTEMENTE NEGATIVO A SEGUITO DELLA SOSPENSIONE DELLE ATTIVITÀ PER METÀ DELL’ESERCIZIO. PUR IN MANCANZA DI NORME SPECIFICHE DI SOSTEGNO ALLE IMPRESE, SUSSISTONO ALCUNI CRITERI CONTABILI CONSIGLIABILI PER FORNIRE UNA RAPPRESENTAZIONE CORRETTA DELL’ANDAMENTO ECONOMICO DELLE IMPRESE IN TEMPI DI PANDEMIA. A cura di Francesco Scardovi
Il
2021, al pari dell’esercizio 2020, ha scontato almeno sei mesi di sospensione delle attività di gioco a causa dell’emergenza pandemica, aggravando ulteriormente gli equilibri economici e finanziari delle aziende di raccolta di giochi pubblici. Inoltre, dalla ripresa dello scorso mese di giugno, i proventi di raccolta sono risultati inferiori a quelli mediamente conseguiti in periodi ante-pandemia, sia per la ridotta capacità di spesa di parte dei consumatori, che per le restrizioni imposte dal Governo ai fini della limitazione del contagio (tra green pass e super green pass) e ancor di più dalle regolamentazioni emanate da Regioni e Comuni per il contrasto al gioco d’azzardo patologico (espulsione di sale ed apparecchi in prossimità dei luoghi sensibili, limitazione di orari, e così via). Le imprese si trovano quindi a fare i conti con risultati economici fortemente negativi, che in molti casi rischiano di compromettere i presupposti di continuità aziendale, tenuto conto dei principi contabili e civilistici vigenti, in caso di riduzione o azzeramento del patrimonio netto contabile. Si ricorda che, per l’esercizio 2020, il legislatore era intervenuto con previsione di deroghe e opportunità volte a ridurre i drammatici effetti del Covid-19 sui bilanci (in particolare con il decreto legge del 14 agosto 2020, n.104, cosiddetto “decreto Agosto”, convertito nella legge del 13 ottobre 2020, n.126), in tema di rivalutazione di beni d’impresa ed ammortamenti mentre per il 2021 non risultano,
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GIOCONEWS #01 GENNAIO 2022
indicazioni della stessa portata riferibili all’esercizio appena chiuso. Si ritiene in ogni caso che gli operatori possano avvalersi di norme e criteri di portata generale per fornire una rappresentazione della realtà economica che tenga conto dei drammatici effetti della pandemia ed attenui, almeno parzialmente, le pesanti perdite subite. LA RIVALUTAZIONE DEI BENI DI IMPRESA In sede di conversione del cosiddetto “decreto Sostegni” è stata concessa anche per il 2021 la possibilità di rivalutare i beni d’impresa ma solo ai fini civilistici e non fiscali. Le imprese, in chiusura di esercizio 2021, potranno pertanto aggiornare il valore iscritto nel registro dei beni ammortizzabili purché non già rivalutati nell’esercizio precedente, ai soli fini dell’esposizione in bilancio. Per avere benefici anche dal punto di vista fiscale, si potrà utilizzare il regime di rivalutazione ordinario previsto dall’articolo 1, commi 696-704 della legge 160/2019 che consente, in base a quanto previsto all’articolo 12-ter del decreto legge 23/2020, di aggiornare i valori dei beni per gli esercizi 2020, 2021 e 2022. Ma le imposte sostitutive per tale rivalutazione sono ben più gravose rispetto alle agevolazioni concessa per il 2020; l’imposta sostitutiva infatti è pari al 12 percento per beni mobili e immobili e al 10 percento per i beni non ammortizzabili e il riconoscimento fiscale del maggior valore andrà a valere dal terzo esercizio successivo a quello in cui è stata operata la rivalutazione.
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Altro bilancio in rosso per i gestori