NO. 15 I'GIORNALINO

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NO 15 MARZO 2021

I’GIORNALINO

“Ci chiedevamo poi cosa stessero facendo i nostri coetanei, lontani, mentre noi guardavamo l'infinito: effettivamente, un po' li compiangevamo.” -Valerio Massimo Manfredi


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REDAZIONE

Direttrice AURORA GORI (VA)

Redattori

GIULIA AGRESTI (IVB), MARGHERITA ARENA (IVB), FILIPPO BELLOCCHI (IIIB), GIORGIA BERRETTINI (IB), GEMMA BERTI (IIIB), NICCOLÒ BETTINI (IIIB), GIULIA BOLOGNESE (IIIA), EMANUELE IPPOLITO BOZZO (IA), DIEGO BRASCHI (VA), ELENA CASATI (IIIB), GIOVANNI CAVALIERI (IIA), ELISA CIABATTI (VB), FILIPPO DEL CORONA (IIIB), GIOVANNI GIULIO GORI (IIB), DANIELE GULIZIA (VB), MATILDE MAZZOTTA (VC), RACHELE MONACO (IIB), ALESSIA MUÇA (VA), ALLEGRA NICCOLI (IIIB), ALESSIA ORETI (IVA), FRANCESCA ORITI (IVB), SARRIE PATOZI (IVB), PIETRO SANTI (VA), IRENE SPALLETTI (VA)

Fotografi SILVIA BRIZIOLI (caposervizio, VA), MARIA VITTORIA D’ANNUNZIO (IIIB)

Collaboratori MARGHERITA CIACCIARELLI (IIB), MADDALENA GRILLO (VB), ALLEGRA NICCOLI (IIIB), ALESSIA ORETI (IVA), ALICE ORETI (VB) Art Director DANIELE GULIZIA (VB)

Disegnatori GREGORIO BITOSSI (IVA), VIOLA FANFANI (IVA), FABIOLA MANNUCCI (IVA), CATERINA MEGLI (IVA), SILVIA MONNO (IVA), REBECCA POGGIALI (VA), ERICA SETTESOLDI (IVA), FRANCESCA TIRINNANZI (IVB)

Social Media MARGHERITA ARENA (IV B), MARIANNA CARNIANI (IVB), MARTA SUPPA (IVA)

Ufficio Comunicazioni GIULIA AGRESTI (IVB)

Impaginatori GIULIA AGRESTI (IVB), DIEGO BRASCHI (VA), PIETRO SANTI (VA)

Collaboratore esterno GIULIA PROVVEDI

Referenti PROF. CASTELLANA, PROF.SSA TENDUCCI


ARIA SOTTILE………………………………………..…4 IL LAVORO DI GIORNALISTA OGGI…………………7 FIAT IUSTITIA ET PEREAT MUNDUS………………10 PAPA FRANCESCO, VICARIO E PROFETA……….12 L’EUROPA SI DICHIARA “LGBTIQ FREEDOM ZONE”…………………………………………………..14 LA STORIA TRA NOZIONI ED EMOZIONI………..16 ICCHÉ TU DIHI: IL DIALOGO………………………..18 MEGA UTILE…………………………………………..20 ARTOGRAPHY…………………………………………22

INDICE

L’ARTE DELLA NOSTRA CITTÀ…………………….24 IL ROVER PERSEVERANCE…………………………26 DANINSERIES, ‘QUELLO DELLE SERIE TV’……..28 GIRAMONDO 2.0………………………………………30 ESPLORANDO L’ITALIA………………………..……31 L’ANGOLO DELLO SPORT…………………………..32 L’ANGOLO DEL POETA………………………………34 ANGOSCIA……………………………………………..35 RESOCONTI DEL SALOTTINO……………………..37 CLEOPATRA……………………………………………40 LE DONNE CHE HANNO COMBATTUTO IL NAZIFASCISMO……………………………………….42 ‘IO NON SONO PROPRIETÀ DI NESSUNO……….44 RITA LEVI MONTALCINI……………………………..46 CARLA ACCARDI……………………………………..47 3


ARIA SOTTILE

di Irene Spalletti

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Rob Hall e l’adventure consultants Nono figlio di una famiglia cattolica operaia di Christchurch, in Nuova Zelanda, Rob Hall cominciò la sua carriera alpinistica scalando le Alpi meridionali. Nello stesso periodo in cui aveva cominciato a lavorare per l'Alp Sports, aveva preso anche lezioni di arrampicata sulla roccia e sul ghiaccio. Nel 1980, a diciannove anni, Hall si unì a una spedizione che doveva scalare la difficile cresta settentrionale dell'Ama Dablam. In quell’occasione, Hall fece un'escursione al campo base dell'Everest e decise che un giorno avrebbe scalato la montagna più alta del mondo. Ci vollero dieci anni e tre tentativi, ma nel maggio 1990 Hall raggiunse finalmente la cima dell'Everest a capo di una spedizione di cui faceva parte Peter Hillary, figlio di sir Edmund. Ormai Hall era uno scalatore professionista a tempo pieno e, come la maggior parte dei suoi colleghi, cercava di procurarsi finanziamenti dagli sponsor per potersi pagare le costose spedizioni sull'Himalaya. Nel 1988, una guida di Auckland, Gary Ball divenne il principale compagno di scalata e l'amico più intimo di Hall. Anche Ball raggiunse la vetta dell'Everest insieme a lui nel 1990, e subito dopo il ritorno in Nuova Zelanda escogitarono un progetto per scalare le cime più alte di ciascuno dei sette continenti, intendendo conquistarle tutte e sette nel giro di sette mesi. Avendo già superato l'Everest, che era la cima più difficile delle sette, Hall e Ball riuscirono a ottenere fondi da una grossa azienda elettrica. Il 12 dicembre 1990, poche ore prima che scadesse il termine dei sette mesi, raggiunsero la vetta della settima montagna, il Mount Vinson, la cima più alta dell'Antartide con i suoi 5240 metri. Nonostante il successo, Rob e Gary compresero che prima o poi non sarebbero stati in grado di reggere a quel ritmo, oppure avrebbero avuto uno sfortunato incidente e sarebbero rimasti uccisi. Decisero perciò di cambiare rotta e di dedicarsi al mestiere di guida sulle alte vette. Durante la straordinaria impresa delle “sette cime in sette mesi”, Hall e Ball avevano ideato un progetto per mettersi in affari, costituendo una società di guide che avrebbero portato i clienti sulle sette cime. Quest’impresa venne chiamata Adventure Consultants e, grazie ad Foto da: http://www.adventureconsultants.com/content/ e s s a , q u a s i s u b i t o i d u e a m i c i images/1283/260x400normal/Rob_Hall_web.jpg registrarono un record impressionante. 5


Nel maggio 1992 guidarono sei clienti sulla vetta dell'Everest. Un anno dopo condussero sulla vetta un altro gruppo composto di sette persone. Tuttavia, al ritorno da quella spedizione, si trovarono a dover affrontare le impreviste critiche di sir Edmund Hillary, che li accusava di star “commercializzando” l’Everest. Poco tempo dopo, Hall fu scosso da un colpo ancora più grave: nell'ottobre 1993, Gary Ball morì a causa di un edema cerebrale (rigonfiamento del cervello prodotto all'altitudine) durante un tentativo di scalata del Dhaulagiri, la sesta montagna del mondo in ordine di altezza con i suoi 8167 metri. Ball esalò l'ultimo respiro tra le braccia di Hall, e il giorno dopo quest’ultimo seppellì l'amico in un crepaccio. In un'intervista per la televisione Neozelandese, che seguiva la spedizione, Hall descrisse come avesse scelto la loro corda preferita per calare il corpo di Ball in fondo all'abisso del ghiacciaio. «Uno scalatore non si separa mai dalla corda, che è fatta per unire», aggiunse. «E invece ho dovuto lasciarla scivolare dalle mani.» Fra il 1990 e il 1995, Hall riuscì a portare sulla vetta dell'Everest trentanove scalatori, tre in più di quanti fossero saliti sulla cima nei primi vent'anni successivi alla scalata inaugurale di sir Edmund Hillary. Hall era quindi giustificato se reclamizzava la Adventure Consultants come «la prima organizzazione al mondo per le scalate dell'Everest, con un numero di successi al suo attivo maggiore di qualsiasi altra.» Il depliant che mandava ai potenziali clienti dichiarava: “Allora, avete sete di avventure? Forse sognate di v i s i t a re s e t t e continenti o di salire in cima ad una montagna altissima? La maggior parte di Foto da: http://www.adventureconsultants.com/content/images/ noi non osa mai realizzare i propri sogni e si azzarda appena a confidarli o ad ammettere di provare desideri così ambiziosi. La Adventure Consultants è specializzata nell'organizzazione di spedizioni guidate in montagna. Addestrati agli aspetti pratici della realizzazione dei sogni, collaboriamo con voi per farvi raggiungere la vostra meta. Non vi trascineremo di peso in cima a una montagna, dovrete lavorare sodo, ma vi garantiamo la sicurezza e il successo della vostra avventura. Per chi ha il coraggio di guardare in faccia i propri sogni, l'esperienza offre qualcosa di speciale che le parole non sono in grado di descrivere. Vi invitiamo a scalare con noi la vostra montagna.” Nel 1996 Hall si faceva pagare sessantacinque mila dollari a testa per guidare i clienti sul tetto del mondo. Si trattava di una somma notevole che non comprendeva né il viaggio aereo in Nepal né l'attrezzatura personale. Grazie allo straordinario numero di successi ottenuto, Hall non stentava a trovare clienti per le sue spedizioni, e quella era l'ottava che compiva sull'Everest. Chi fosse deciso a scalare quella cima a tutti i costi e fosse riuscito a mettere insieme i soldi, in un modo o nell'altro, avrebbe quasi sicuramente scelto l'Adventure Consultants. 6


IL LAVORO DI GIORNALISTA OGGI Intervista a Gaia Rau di Matilde Mazzotta

Gaia Rau è una giornalista per carta stampata e web, con esperienza presso testate locali e nazionali. Si occupa di arte, letteratura, cinema, moda, teatro, enogastronomia e lifestyle. Collabora come ufficio stampa indipendente Barta edizioni e fa parte della giuria del “Premio giovani lettori”. Ha sempre sognato di lavorare come giornalista? Io ho frequentato il liceo classico a Pisa, che è la città in cui sono cresciuta, e sicuramente ho maturato un grandissimo amore per la scrittura, che è uno degli aspetti fondamentali del giornalismo, ma non è l’unico. C’è voluto un po’ per capire quale sarebbe stato il mio cammino professionale, come corso di laurea ho scelto Scienze Politiche a Firenze e attraverso gli studi è aumentato il mio interesse per l’attualità, soprattutto è aumentata la mia curiosità per il mondo e per le storie, che sono stati altri tasselli di questo percorso. Dopo l’università ho collaborato con una rivista online e mi sono iscritta ad una scuola di giornalismo a Roma che mi ha permesso di fare degli Stage, sia locali che internazionali, finché non sono approdata a La Repubblica, per cui lavoro oggi. Quindi è stato un percorso lungo e progressivo, non una passione nata da un giorno all’altro. No no, io credo che il giornalismo nasca dall’incontro di vari interessi, spinte e attitudini, anche mentali. Non è una professione fatta di sola tecnica, credo che ci voglia una predisposizione mentale, soprattutto ci vuole curiosità e voglia di raccontare, comunicare. Si diventa giornalisti, non ci si sveglia un giorno pensando “voglio farlo”, o almeno per me è stato così. 7


C’è qualcosa in particolare che vuole comunicare al pubblico? Sicuramente sento un’enorme responsabilità nel comunicare le notizie in modo corretto, voglio dare ai lettori le informazioni che cercano e per cui pagano: Appunto credo di avere una forte responsabilità nei confronti del pubblico. Nello specifico io mi occupo molto di beni culturali, di arte, musei, mostre… In un certo senso, abitando in una città come Firenze, sento una responsabilità aggiuntiva, sento il dovere di raccontarne il patrimonio artistico in maniera comprensibile e con molta precisione. È un compito non sempre facile. Infine sento di avere responsabilità nei confronti delle persone di cui parlo, mi capita spesso di occuparmi di cronaca, di fare delle interviste, di parlare con le persone e penso che le esperienze vadano riportate nel modo più veritiero possibile, senza pregiudizi politici, culturali o di genere. Riguardo a ciò: l’essere donna ha influenzato mai il suo lavoro? Ha mai dovuto affrontare atteggiamenti discriminatori? Io credo che una donna, prima o poi nella vita, si troverà ad affrontare una serie di difficoltà causate proprio dal suo essere donna, qualsiasi sia l’ambito lavorativo che sceglie. Non viviamo in una società paritaria e c’è ancora tanto da costruire, ad esempio: per tutti gli ambiti lavorativi, per le donne, è difficile conciliare la maternità con il lavoro. Ma sono tante le montagne che noi donne dobbiamo scalare, in qualche modo. Nel mio ambiente in particolare io ho avuto la fortuna (e mi riferisco alla redazione in cui lavoro) di non incontrare alcun pregiudizio sessista. Vivo in un ambiente lavorativo piuttosto attento, anche se, come in tutti gli ambienti, c’è ancora tanto da dire, tanto da fare e soprattutto bisogna sempre stare attente a non lasciar passare alcun atteggiamento discriminatorio nei nostri confronti, lo dobbiamo a noi stesse, alle nostre figlie e alle donne che verranno. Non esiste un ambiente che sia completamente al riparo dalla discriminazione sessista. Quando scrive, c’è un pubblico in particolare al quale si rivolge? L'obiettivo del quotidiano è quello di parlare a tutti, quindi no. Mi piacerebbe riuscire a coinvolgere di più i giovani, i ragazzi, che al giorno d’oggi sono sottoposti a tantissimi stimoli, attraverso i social e un’informazione molto rapida che spesso manca di approfondimento. Il gesto di comprare, la mattina, un giornale cartaceo in edicola non esiste quasi più, soprattutto nei giovani, mi piacerebbe riuscire a trovare altri canali, per garantire loro un’informazione comunque corretta, seria e approfondita. Non credo che sia solo un mio desiderio, credo che tutti i giornalisti dovrebbero pensare a far passare il valore delle informazioni specialmente alle persone più giovani. Mi piacerebbe riuscire a raggiungerli anche e soprattutto per gli argomenti di cui mi occupo io, che riguardano i beni culturali. Credo che noi giornalisti, spesso, nel tentativo di inseguire la rivoluzione tecnologica, perdiamo parte dell’approfondimento. Forse dovremmo trovare il modo di unire questo essere social, multimediali, con il rispettare la nostra deontologia, anche perché abbiamo una responsabilità molto importante e non possiamo assolutamente delegare. La progressiva digitalizzazione delle notizie sta avendo delle serie ripercussioni sulla qualità delle informazioni e degli articoli, lei cosa ne pensa? Questo è un argomento molto dibattuto, spesso porta a chiedersi se ha senso portare un articolo sui social, se poi le persone nemmeno lo leggono veramente e si fermano al titolo. Spesso si creano delle polarizzazioni, dei conflitti, però questo non può escludere noi giornalisti dal prenderci le nostre responsabilità. Anzi dobbiamo aggiornarci sempre di più, dobbiamo imparare a comunicare ancora meglio, perché io non credo che la colpa sia mai del lettore, semmai è nostra che non riusciamo ad arrivare a lui/lei. 8


A proposito di lettori, come affronta le critiche quando si trova di fronte ad un commento negativo nei confronti di un suo articolo? Mi è capitato poche volte di ricevere critiche maleducate e offensive, nel caso provo ad ignorarle. Se invece ricevo delle critiche costruttive e rispettose tento di rispondere, di fare autocritica, cerco un confronto. Mi ha fatto bene incontrare delle persone che, assolutamente in buona fede, mi hanno fatto notare i miei errori e mi ha fatto anche male, perché sbagliare non è piacevole. Immagino sia una crescita continua. Certo, io non credo di essere arrivata da nessuna parte, il mio è un lavoro in cui si continua ad imparare sul campo, giorno dopo giorno, dopo giorno, al di là di tecniche di scrittura e di norme o pratiche, Nella sostanza devi crescere, devi imparare e il confronto con il lettore è molto importante. A proposito del contatto con il pubblico e della progressiva digitalizzazione: il Covid-19 e la quarantena hanno avuto delle ripercussioni sul suo lavoro? Nel mio caso sì, non lavoro più in redazione da quasi un anno, ma in smart working. Per mia fortuna il mio è un lavoro che posso svolgere tranquillamente da casa, però ovviamente è più complicato. C’è meno confronto, meno comunicazione tra colleghi, tutto diventa un pochino più complicato. Inoltre sono cambiati in parte gli argomenti di cui mi occupo, i musei e le mostre sono chiusi da molto tempo e in generale molte attività si sono fermate. Il comparto culturale, nel nostro paese, è importantissimo, eppure pare che non se ne ricordi nessuno. Quindi mi è capitato di cambiare argomenti, di dare una mano ai colleghi che si occupano di cronaca, di fare articoli sul Covid. Mi è costato, sì, ma perché io scrivo di ciò che amo ed è un grosso dolore per me vedere i teatri chiusi, i musei chiusi, i cinema chiusi, come se venisse a mancare una parte fondamentale sia del mio lavoro sia proprio della mia vita. Quindi sì, delle cose sono cambiate, ma il lavoro ho continuato a farlo. Ricercando un lato positivo, quel è un lato che ama del suo lavoro, c’è stato un momento, un evento in cui si è fermata e ha pensato “questo è ciò che amo del mio lavoro”? Sicuramente sono le storie, le persone con cui parlo. Mi è capitato, per un articolo sul Covid, di parlare con dei medici, che svolgono un ruolo da eroi e che si dedicano al loro lavoro con passione, dedizione, spirito di altruismo. Sentire le loro storie, sentire com’è cambiata la loro quotidianità, sentire come tentavano di comunicare la loro fragilità, la loro stanchezza è stato importante per me, anche gratificante. Cerco sempre di tirare fuori il lato più umano delle persone di cui vado a raccontare, mi è capitato in passato di intervistare musicisti, artisti, volevo raggiungere il loro lato più umano e raccontarlo. Per concludere, ha qualche consiglio per i giovani, specialmente per quelli che vorrebbero occuparsi di giornalismo? Di avere tanta perseveranza, non è un settore facile, è un settore che sta attraversando tante trasformazioni e che sta attraversando una crisi importante, riguardo soprattutto i vecchi media. Quindi non è facile, non è facile trovare il proprio posto, perciò ci vuole perseveranza. È importante seguire le proprie passioni con impegno, sono entrambe fondamentali: la passione e l’impegno, vale per qualunque cosa tu decida di fare. Io non credo tanto nel talento, nella vocazione, ci sono passioni e predisposizioni, ma bisogna comunque lavorare tanto per raggiungere i propri obiettivi. 9


FIAT IUSTITIA ET PEREAT MUNDUS Di Alice Oreti Per Green Economy si intende una tipologia di approccio all’economia che è volto non esclusivamente al mero compenso a detrimento dell’ambiente, bensì guarda principalmente alla riduzione delle emissioni, alla riduzione dei rifiuti (prediligendo imballaggi di carta, stoffa o vetro piuttosto che di plastica, o direttamente adottando una filosofia di “prodotto senza imballaggio”), alla scelta di tipologie di energie rinnovabili. Tale scelta porta ad un guadagno inferiore per l’impresa, la quale deve sostenere un costo maggiore, ma a lungo termine rende molto in termini di vivibilità del nostro pianeta. Altrettanto importanti e degne di considerazione al fine di ridurre emissioni e inquinamento sono l'economia circolare e l'economia decarbonizzata. Per economia circolare si intende una tipologia di economia sostenibile, in cui gli scarti sono largamente ridotti e lo scarto stesso viene impiegato per generare nuovi prodotti. In poche parole: rifiuti ridotti al minimo e materia prima costantemente presente per la creazione di nuovi prodotti. Per economia decarbonizzata si intende invece una filosofia economica in cui l’azienda rifugge il più possibile nell’impiego di carbone per ricavare l’energia necessaria alla realizzazione dei propri prodotti. Perché la green economy può essere una grande opportunità per il nostro Paese e per il mondo? Una serie di esempi in ordine sparso potrebbero essere l’incremento di uno sviluppo in ambito digitale e innovativo, la promozione di nuovi investimenti, la creazione ad hoc di migliaia di nuovi posti di lavoro per valorizzare l’Italia sia in termini di potenzialità sia in termini culturali e naturali.1 In Italia, soprattutto a causa dell’emergenza Covid-19 e del conseguente lockdown con rispettivo blocco di tutte le attività considerate non indispensabili, alcuni settori che maggiormente si appoggiavano alla green economy -e.g. l’agroalimentarehanno sofferto molto, in particolare a causa della riduzione delle esportazioni e a causa della minore richiesta da parte di turismo e ristorazione. Un altro settore in sofferenza è quello dei trasporti pubblici, e non solo per la crescente tendenza a non uscire di casa (preceduta dall’impossibilità di uscire nei mesi del lockdown) dovuta al duplice effetto della crescita dello smart-working e della didattica ormai totalmente digitalizzata; è ragionevole supporre che anche lo spirito civico e la responsabilità individuale al fine di bloccare la crescita della curva dei contagi hanno rivestito una certa importanza. In aggiunta, c’è una tendenza sempre maggiore all’utilizzo di mezzi privati in quanto quelli pubblici sono considerati dal sentore comune quali luogo dove avvengono maggiormente i contagi. Se il blocco totale da marzo a giugno aveva permesso una riduzione netta delle emissioni, in questi mesi abbiamo osservato un nuovo picco, dovuto anche e soprattutto a tale tendenza dei cittadini nel prediligere mezzi privati. Un settore che mostra più ottimismo è quello del commercio di biciclette, monopattini e overboard: grazie ai vari bonus che sono stati stanziati dal governo per potenziare una tipologia di mobilità più green ed ecosostenibile, l’acquisto di questi mezzi di trasporto è aumentato di più di dieci punti percentuali (12.1%). Hanno invece subito dei rallentamenti i progetti di rigenerazione urbana. Andando ad analizzare i dati degli ultimi mesi è sconfortante notare che vi è stata una riduzione della produzione di rifiuti solamente in coincidenza della attuale crisi economica e non a causa di una presa di coscienza individuale e collettiva. Per quanto esso sia un dato innegabilmente positivo, bisogna però osservare che analizzando lo smaltimento dei rifiuti e il riciclaggio, a causa della stessa crisi (in particolare per l’inattività degli impianti e per il crollo dei prezzi dello smaltimento stesso) vi è stata grande difficoltà nel riciclo da parte degli stabilimenti. Vi è conseguentemente un calo enorme nella disponibilità di ‘materie prime seconde’. 10


Le materie prime seconde (MPS) sono tutti quei materiali costituiti da scarti derivati dalla lavorazione delle materie prime oppure da tutto il risultato della catena di riciclo, che va a dare nuova vita ai rifiuti. Concretamente, esempi di materie prime seconde sono gli scarti organici prodotti dalle industrie agroalimentari (e.g. bucce di ortaggi) che verranno poi impiegati nella produzione del compost; o ancora le plastiche ottenute dal riciclo di bottiglie e materiali plastici derivati dai rifiuti. L'industria delle MPS si è sempre più diffusa, ma ha subito un brusco stop anche a causa del Coronavirus. Come sfruttare al meglio la green economy? Come è vista da noi giovani questa nuova filosofia economica? La generazione di Greta Thunberg e le generazioni appena precedenti non vedono la green economy come un’opportunità, ma come un imperativo: non vi è altro modo per uscire da questa crisi ambientale se non un cambiamento radicale nell’atteggiamento economico. Per quanto irresponsabile, il singolo individuo non ha lo stesso devastante impatto di una grande multinazionale che trascura l’ambiente o addirittura lo inquina volontariamente. Per giungere davvero alla fine di questa crisi ambientale e climatica è necessario imporre alle aziende, piccole o grandi che siano, l’adesione ad almeno una delle filosofie economiche di cui sopra: economia circolare, economia decarbonizzata, economia green. È veramente triste osservare come l’economia al momento sia ancora dominata dalla sete di denaro e non dall’impegno del singolo e della comunità di migliorare, per quanto possibile, la nostra permanenza collettiva sul pianeta. È veramente deludente notare come la visione del mondo sia ancora ferma al celeberrimo articolo di Milton Friedman The Social Responsibility Of Business Is to Increase Its Profits2 e come dal 1970, anno di pubblicazione dell’articolo sul New York Times, ancora si sostenga che l’unico obiettivo delle imprese debba essere massimizzare i profitti, et pereat mundus3. Ancora una volta, è l’economia verde la nostra risposta. Sì, vi sarebbe senza dubbio introito ridotto rispetto ad adesso: un sacrificio infinitesimo rispetto ai benefici che andrebbero all’ambiente, a medio termine, e quindi alla sopravvivenza dell’umanità, a lungo termine. Sono bastati pochi mesi di lockdown per renderci conto di quanto le emissioni fossero ingenti: poi l’uomo si è fermato, ma la natura no. La natura ha continuato il suo corso e con la riduzione dell’inquinamento è rifiorita e con la minore presenza degli uomini anche gli animali hanno riconquistato parte dei loro territori. È un progetto ambizioso, ma nell’economia green la nostra generazione crede fermamente. L’unico punto fermo che ad ora sostiene è che sia estremamente necessario agire ora, perché non sia poi troppo tardi. In questo caso e come spesso accade nella storia, dopo un certo punto, non si può più tornare indietro. 1 Sempre più università dedicano interi percorsi al tema della sostenibilità. Ad esempio, perfino la blasonata Bocconi offre un intero master incentrato sul Sustainability and Energy Management. 2 L’articolo: https://www.nytimes.com/1970/09/13/archives/a-friedman-doctrine-the-socialresponsibility-of-business-is-to.html Un suo riassunto critico: https://it.businessinsider.com/milton-friedman-responsabilita-diimpresa-e-incrementare-i-profitti-suona-piu-vacua-che-mai/ 3 Dalla massima kantiana Fiat iustitia et pereat mundus: «Sia fatta giustizia e perisca pure il mondo». Lo sfondo di questo articolo è tratto da: https://www.green.it/green-economy-lacrescita-economica-sostenibile/ 11


PAPA FRANCESCO, ViCARiO E PROFETA

di Francesca Oriti

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al 5 all’8 marzo 2021 Papa Francesco è stato in viaggio apostolico in Iraq, nella terra in cui il Cristianesimo e le altre due religioni monoteiste affondano le loro radici più profonde (Abramo proveniva da Ur, in Caldea). Da vent’anni ormai l’Iraq è tristemente salito agli onori di cronaca per i vari conflitti che hanno martoriato il Paese: le due guerre del golfo, l’attacco angloamericano e la guerra a Daesh. Data la terribile situazione, il viaggio è stato spesso considerato pericoloso, ma lo stesso papa, sul volo di ritorno da Baghdad, ha spiegato che le decisioni di intraprendere viaggi come

Papa Francesco e il presidente Barham Salih Baghdad, Iraq, 5 marzo. Foto da AP Photo/Andrew Medichini 12

Papa Francesco e il presidente Barham Salih Baghdad, Iraq, 5 marzo. Foto da Vatican Media/LaPresse

questo sono maturate durante la preghiera e pertanto costituiscono una missione a cui è impossibile sottrarsi. Inoltre il viaggio assume particolare valore in quanto Francesco non è l’unico successore di Pietro ad averlo auspicato: all’inizio del nuovo millennio infatti Papa Giovanni Paolo II aveva tentato di intraprendere lo stesso percorso, ma fu fortemente osteggiato dal regime di Saddam Hussein e dagli USA. Ma qual è stato il significato di questo viaggio? L’interesse dell’attuale pontefice per questa regione non è recente: nel 2007 infatti l’allora cardinale Bergoglio aveva rilasciato un’intervista in cui rifletteva sull’episodio biblico del poeta Giona, che viene inviato da Dio a Ninive, la città degli emarginati,


con l’incarico di “dire a tutti quegli uomini che le braccia di Dio erano ancora aperte, che la pazienza di Dio era lì e attendeva, per guarirli con il Suo perdono e nutrirli con la Sua tenerezza”. Il compito affidato da Dio al suo profeta viene pertanto assolto dal suo vicario in terra, che nel 2021 si reca proprio nella piana di Ninive, a Mosul. La tappa forse più simbolica del viaggio è proprio questa città e in particolare Hosh al-Bieaa, la piazza delle quattro chiese, dove il papa si è fermato a pregare per la convivenza pacifica dei credi religiosi degli iracheni. Le parole del pontefice sono state molto forti, ma per capirne il peso è necessario ricordare che la piazza non è particolarmente pregna di significato solo perché ospita i luoghi di culto di religioni diverse, ma anche perché è stato lì che Daesh ha dichiarato l’instaurazione del califfato. In risposta alla memoria orrenda che questo episodio porta con sé, il papa ha mandato un messaggio di

Papa Francesco a Mosul. Foto da RaiNews

Papa Francesco e l’ayatollah Ali al Sistani. Foto da ANSA

grande speranza, elogiando gli iracheni per “il Cristianesimo vivo” che coltivano. A Najaf inoltre il pontefice ha incontrato l’ayatollah Ali al Sistani, la massima autorità religiosa irachena, che ha avuto un peso determinante anche nella storia politica del suo Paese. A questo proposito un esempio fondamentale è la fatwa (responso giuridico su questioni riguardanti il diritto islamico) emanata nel 2014 per chiedere a tutti gli uomini di arruolarsi per combattere Daesh. Al Sistani infatti si è sempre opposto all’estremismo e all’assolutismo teocratico, come denota il suo rifiuto di intrattenere rapporti con l’Iran. L’influenza dell’incontro tra i due capi religiosi su quest’ultimo Stato è ingente: infatti di recente l’ayatollah iracheno ha negato un incontro a Ebrahim Raisi, possibile successore della Guida suprema iraniana, preferendo quindi incontrare un cristiano cattolico piuttosto che un suo fratello di fede; a sua volta il papa ha mandato un forte messaggio scegliendo Al Sistani e non Alì Khamenei, la massima autorità politica e religiosa iraniana, come suo interlocutore in rappresentanza dell’islam sciita. Il significato profondo dell’incontro tra i due religiosi è pertanto un inno alla pace e al dialogo interreligioso, punti programmatici già espressi dal Concilio Vaticano II. 13


L’EUROPA SI DICHIARA “LGBTIQ FREEDOM ZONE” di Sarrie Patozi Durante la sessione parlamentare dell’11 marzo, gli eurodeputati hanno deciso di rispondere in questo modo alle leggi arretrate della Polonia e dell’Ungheria sui diritti della comunità LGBTIQ. Marek Dziewiecki, sacerdote della diocesi di Radom in Polonia, ha infatti dichiarato in un’intervista che l’ideologia gender “è pericolosa non soltanto per il fatto che cerca di annullare la ragione” ma anche perché “cerca di annullare le verità di base sull’uomo e la sua natura”. A Częstochowa poi, un’altra località polacca, Henryk Grządko afferma "un'invasione di civiltà minaccia la Polonia, arrivano con bandiere arcobaleno per strapparci i nostri valori". Ma tale politica di violenza nei confronti della comunità LGBTIQ era già iniziata nel marzo 2019, anno in cui numerosi distretti polacchi si dichiararono “liberi dall’ideologia LGBTQ+”. A fomentare rappresaglie discriminatorie sono anche gli stessi “funzionari eletti”, si pensi ad esempio all’attuale primo ministro della Polonia Mateusz Morawiecki. Suo nipote, Frank Broda, attivista LGBTQ+, ha raccontato a VICE World News uno scorcio sulla vita della

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suddetta comunità, vista e vissuta innanzitutto da se stesso. “La Polonia ha davvero un grande problema con la cultura della vergogna. Odiamo le persone che vogliono essere loro stesse senza alcun rimorso [...] Il governo manda costantemente segnali negativi attraverso i media, dicendo spesso che noi vogliamo rovinare i ragazzini. Come risultato, se ti mostri per quello che sei, sei in pericolo. Un mio amico è stato aggredito su un mezzo pubblico per il semplice fatto di avere indossato delle stringhe arcobaleno sulle scarpe. Personalmente, mi è capitato di essere minacciato per la stessa ragione. Dunque sì, la vita in Polonia per noi è dura. Dobbiamo aspettarci di essere infilati in un ghetto?” Tuttavia episodi simili si sono verificati anche in Ungheria e non interessano solo la comunità LGBTIQ ma anche le donne. La ministra ungherese Katalin Novák ha infatti invitato le donne, tramite un video pubblicato sui social, a non pretendere lo stesso stipendio degli uomini. Queste sono state le sue parole: "non credere che in ogni momento della nostra vita dovremmo confrontarci gli uni con gli altri e avere per forza lo stesso posto o lo stesso stipendio dell'altro". Il Paese ha inoltre impedito a coloro che non si riconoscono nel proprio genere natio di cambiare sesso. Nella costituzione è stato addirittura inserito un paragrafo che puntualizza come l’Ungheria protegga “il diritto dei bambini all'identità sessuale con la quale sono nati”, volendo garantire “un'educazione corrispondente ai valori che sono alla base dell'identità costituzionale e alla cultura cristiana" del Paese. Con 492 voti favorevoli, 141 contrari e 46 astensioni il Parlamento europeo ha dichiarato l’Europa “LGBTIQ freedom zone”. Numerosi eurodeputati chiedono ora a Bruxelles di attivare le procedure d’infrazione (in particolare l’art. 7 del trattato sull’Unione Europea che prevede “la possibilità di sospendere i diritti di adesione all'Unione Europea […] in caso di violazione grave e persistente da parte di un paese membro dei principi sui quali poggia l'Unione, ovvero libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto) per porre rimedio alle vergognose violazioni umane commesse dalla Polonia e dall’Ungheria. 15


LA STORIA TRA NOZIONI ED EMOZIONI Intervista a Valerio Massimo Manfredi di Giovanni Cavalieri Innanzitutto ringrazio lo scrittore e archeologo V. M. Manfredi per la sua disponibilità. Per me è stato un grande onore averlo intervistato, essendo un suo fedele lettore. Rispondendo ad alcune domande, l’autore ha parlato delle sue esperienze come archeologo e del ruolo della storia (così come della letteratura) nel mondo di oggi. Quando è maturata la sua passione per la storia? «Più che passione è stato il mio lavoro di studente. Ho iniziato a seguire tutti i momenti del mio lavoro e poi il mio percorso archeologico, che mi interessava molto. Inoltre mi ha attratto molto il viaggiare, dato il mio interesse per la geografia e la storiografia, ma anche tutto quello che aveva a che vedere con l’antichità. Spesso facevo con degli amici grandi viaggi: andavamo a cercare un mezzo – di solito vecchi residuati di guerra – e lavoravamo per mesi, finché non gli davamo un aspetto accettabile. Partiti, procedevamo poi fin dove riuscivamo ad arrivare. Attraversavamo l’Anatolia, la Siria, l’Iraq e l’Iran, arrivando fino all’Afghanistan – se potevamo. Talvolta ci fermavamo per la notte, in mezzo al deserto, per poi alzarsi all’alba. Tali viaggi erano molto interessanti, ma anche molto emotivi. Questa passione mi ha portato poi ad andare più a fondo negli studi, diventando poi un lavoro. Io e i miei compagni di viaggio abbiamo approfondito i testi dei grandi scrittori dell’antichità, che portavamo con noi e su cui discutevamo la sera. Nel frattempo ci chiedevamo poi su cosa stessero facendo i nostri coetanei, lontani, mentre noi guardavamo l’infinito: effettivamente un po’ li compiangevamo. Tuttavia era una grande emozione, per me e i miei compagni di viaggio, vedere i luoghi descritti nelle opere classiche che si erano studiate. Quando poi ritornavamo dai viaggi risalivamo la costa orientale dell’Italia e di ritorno tutti ci trovavano alquanto pittoreschi. Eravamo tornati da una vera e propria “Anabasi”. Proprio la ricostruzione del percorso dell’Anabasi è stata la mia più grande impresa di ricerca, chiamata “La Strada dei Diecimila”. Io e i miei compagni abbiamo percorso e cercato di ricostruire l’intero itinerario descritto nell’opera di Senofonte, incontrando alla fine il punto dove i Diecimila avevano trovato il mare ed eretto un tumulo.» Lei ha detto più volte che attraverso i suoi romanzi intende comunicare emozioni e non nozioni, cosa che del resto è prerogativa del genere romanzesco. Bisogna però constatare che il contesto storico rappresentato nei suoi romanzi è spesso molto fedele al periodo storico di riferimento. Cosa ne pensa quindi se i suoi libri diventassero una fonte di interesse verso la storia antica e la cultura classica? «Ma io non ho iniziato a scrivere per narrare la storia! Ho iniziato a scrivere per rivivere altre emozioni. Gli insegnanti si occupano di trasmettere nozioni, non emozioni. Ben venga se un mio romanzo diventa una fonte di interesse storico per i lettori, ma ho scritto e scrivo essenzialmente per rivivere l’emozione del viaggio.»

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Cosa pensa sia necessario per avere una comprensione vera della storia da parte di chi la studia? «La storia è una disciplina dura e difficile. La storia non va, secondo me, insegnata in modo che i ragazzi si appassionino. La storia è una disciplina dura e spesso noiosa; non è un modo per rivivere delle emozioni, ma quello che è accaduto. La storia è infatti il tentativo del genere umano di ricostruire gli eventi accaduti e provare che tali eventi siano accaduti realmente. Se ci si pensa, la storia è come un tribunale: bisogna sempre avere la capacità di dimostrare che quello che stiamo scrivendo è vero, abbiamo l’onere della prova.» Secondo lei, qual è l’eredità lasciataci dalle civiltà greca e latina e come hanno conseguenze sul nostro presente? «Per conoscere se stesso una persona deve capire da dove viene. Quindi deve sapere le proprie radici: tutto questo è importante per conoscere la propria identità e l’origine della propria cultura. Tutto ciò va trattato molto seriamente, non è un divertimento e non serve a fare intrattenimento. Ma dall’altra parte bisogna anche dire che il genere umano ha la necessità delle emozioni, altrimenti la vita può essere calma e monotona. Per questo, se non esiste quello che cerchiamo lo costruiamo: questo è il romanzo, così come la creatività più in generale.

Foto da: https://lecconotizie.com/cultura/venerdiil-premio-manzoni-alla-carriera-a-valerio-massimomanfredi/

Tra tutti i libri che lei ha scritto e pubblicato, qual è quello che le ha necessitato più impegno? L’ultimo che ho scritto, “Quaranta giorni”. Non dico nessuna premessa: sta al lettore sapere di cosa parla leggendolo.

Qual è invece il romanzo che ha provato più piacere a scrivere e che le ha dato maggiore soddisfazione? “Il mio nome è Nessuno”, in due volumi. Non è stato tanto il piacere, quanto la soddisfazione. Ho ripercorso tutti gli aspetti del protagonista, in questo caso il re di Itaca Odisseo. Sono stato l’unico in tremila anni che ha cercato di ricostruire l’intera vicenda di Odisseo, dalla nascita all’ultimo enigmatico viaggio, che è forse il più grande mistero della letteratura universale. Io ho letto tutti i frammenti superstiti del Ciclo Troiano. L’Iliade e l’Odissea sono gli unici poemi giunti per intero fino a noi, ma ci sono anche altri documenti: per esempio, il poeta greco Quinto Smirneo racconta tutto il seguito dei poemi omerici, che lui aveva evidentemente letto. Il ciclo omerico era in origine formato da circa dodici poemi, dei quali sono sopravvissuti solo l’Iliade e l’Odissea, oltre a vari frammenti provenienti dagli altri poemi. Lo stesso Virgilio, quando scrive l’Eneide, si ispira a un poema andato ora perduto, l’Ilioupersis, in cui viene narrata la distruzione di Troia, che tra l’altro Enea racconta a Didone nel quarto libro dell’Eneide: Virgilio ha evidentemente letto l’Ilioupersis, perché ai suoi tempi era ancora reperibile, si poteva leggere e si poteva ripercorrere per intere parti del ciclo omerico oggi in parte andate perdute.

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Icché tu dihi: Il dialogo Il cibo DelLa Franca e di Pietro Santi Si consiglia di andare a rileggere il Dialogo scritto nel numero di febbraio, in funzione di una più ottimale comprensione del testo seguente. Personaggi: Lorenzo il Magnifico Marsilio Ficino Angelo Poliziano

Ambientazione: Villa del Cafaggiolo, tra le sei e le sette di sera del 27 ottobre 1491

Entrorono adunque nella sala acciò di consumar la cena. Lorenzo il Medici fé parare pe’ sua ospiti delizie in numero, tamen per sé una misera minestrina, non volendo rursus contrarre ‘l malanno de’ ricchi: la gutta. LM- Attingete dalla tavola, ottimi commensali! Colmate ‘l ventre di tortelli di castagne, pane, carne di selvaggina et omnia quae exornant hanc mensam albam. Voi non suffrite dei mali ch’affliggono ‘l mio corpo… MF- Lorenzo, ci dispiace che tu debba vederci manducare, dum ti scaldi la gola con misera minestrina. Neppur e’ malati degli spedali florentini si nutrono sic paulum. Non c’abbufferemo come tu hai proferito. Marsilio Ficino disse tali mentre Angelo Poliziano pienava la sua scodella di tortelli e ‘l calice di rubro vino. MF- Ahi Angelo, che fai!? Nessun rispetto pello nostro compare? AP- Ei licenza ci diede pe’ render lo nostro ventre ben satisfatto! Tunc accìbati, non menar la bestia cinica pe’ l’aia et fac sicut amicus dixit! LM- Non mi compiace dar ragione ad Angelo, tamen ha detto ‘l vero… MF- Sit quomodo vis… Quanto puote esser malifero ‘l ventre, rende l’omo più di natura ferina, l’appressa all’antica condicione… non fassi governar dalla mente e lo spirto n’è deturpato… LM- Non è bona cosa, nonnunquam, tornar alla bestial natura e godersi anco li piaceri, quei pochi, ch’offre la vita? 18


AP- Concordo con Lorenzo, non semper sed aliquando dona sollievo allo spirto riposar nel ventre, acciò che torni magis forte. Porro è ben gustar l’alimenti toscani quand’ancor vengan di Toscana! Nam, lo pongo certo, tra non molto, lo grano proverrà in numero grande dalle steppe della Russia di Chievvo: il marchio sarà sì italico, tamen non sustanzia! L’emporio sarà ben maggior di quel di Genoa e Venezia! MF- Pensa al presente, Angelo mio, non predirre semper futuri funesti! LM- V’aggrada ‘l cibo, or puro toscano? MF- E’ la cocina magis bona che sii nel mondo tutto! Questi tortelli son poesia pe’ sensi! AP- Or son di castagne, ma dico che presto verrà un nuovo frutto della terra, da non so dove. Pieneranno la pasta di questa “pitity”, sic l’appello. LM- Or se’ governato da follia! Troppo vino hai beùto! MF- Dici lo ver, ma si non fusse, anderebbe creato! Riempie la sala di risate a dir tali “bischerate”, come da un po’ suolsi dire! AP- Ah, ecco la frutta et il dulce, che concludono cum magnitudine la poderosa mensa! Boni i diosperi, frutto divino d’autunno! LM- Uno ne piglio pur io, se non dua! MF- Fate rapidi! Stasera v’è un bel cielo, sie bello recarsi a mirar le stelle! Andiam nel prato o sul mastio! In campagna si saggia meglio ch’altrove la magnificenzia del creato e pur del mondo supralunare!

Le nozze di Cana, dipinto di Veronese, 1563, conservato al Museo del Louvre, Parigi

Allor subiti furon a manducar li frutti e si diressero nel prato ante l’intrata della villa.

Glossario Tamen: tuttavia Omnia qual exornant hanc mensam albam: tutto ciò che adorna questa tavola bianca Dum: mentre Sic paulum: così poco Tunc: allora Fac sicut amicus dixit: fa’ come ha detto il tuo amico Sit quo modo vis: sia come tu vuoi Nonnunquam: talvolta Non semper sed aliquando: non sempre ma alcune volte Magis: più Sic: così 19


MEGA UTILE Di Gemma Berti, Elena Casati, Maria Vittoria D’Annunzio, Allegra Niccoli e Giulia Bolognese

Vi state chiedendo a cosa serve ciò che studiate e ancora non siete riusciti a darvi una risposta? Non sapete quale università scegliere? Non vi preoccupate! Siamo cinque ragazze pronte ad aiutarvi! Ogni mese intervistiamo degli studenti universitari, che, con le loro risposte, potranno aiutarvi a porre fine ai vostri interrogativi. Per questo mese abbiamo intervistato Duccio Bongiovanni, un ragazzo di 20 anni, che ha frequentato il Liceo Classico Dante. “Ciao Duccio! Che cosa fai adesso nella vita?” “Ciao! Attualmente sono al secondo anno della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Firenze.” “Hai avuto difficoltà a scegliere cosa fare all’Università e perché l’hai scelta?” “Non parlerei di difficoltà: nonostante, ovviamente, le idee possano essere numerose e non necessariamente simili, quando si è trattato di stringere, di venire a una conclusione – un momento per il quale non mi sono dato fretta – le cose sono andate da sole; a quel punto, non ho avuto grandi dubbi o difficoltà e sono andato deciso verso la mia scelta. Ho optato per questa facoltà perché complessivamente penso che, conoscendo le mie qualità, in linea generale, non solo dal punto di vista dello studio, fosse la soluzione a me più congeniale. Ho pensato che fosse una facoltà in grado di offrirmi uno sguardo più tecnico, se non scientifico, sulla vita in società, e che questo potesse confacersi alle mie capacità.”

Foto della Facoltà di Giurisprudenza di Firenze, da https:// firenze.repubblica.it/cronaca/2011/04/29/foto/ vieni_a_vedere_la_facolt_di_giurisprudenza-15528982/14/

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“Come ti trovi con i tuoi attuali professori?” “In linea generale molto bene. Poi è normale trovarsi meglio con alcuni piuttosto che con altri; al riguardo mi accorgo


che le materie che preferisco finiscono spesso per essere quelle insegnate dai professori con cui sono più in sintonia. Ovviamente, il rapporto che ho instaurato con i professori dell’università è molto diverso rispetto a quello che avevo con gli insegnanti del liceo: infatti, le classi universitarie contano più di cento studenti, rendendo il tutto molto più dispersivo, e inoltre i professori cambiano ogni semestre.” “Come ti sei trovato al liceo? Parlaci della tua esperienza al Dante in linea generale.” “La mia esperienza al Dante è stata estremamente positiva sotto ogni punto di vista, dal lato formativo e globale, è stata una crescita come studente e in generale come persona. Ho vissuto appieno la vita al Dante, ho conosciuto i miei migliori amici, ho ricoperto la carica di Rappresentante d’Istituto. Ovviamente è stato anche molto faticoso, però lo è stato a fin di bene! E poi gli aspetti più negativi con il passare degli anni si dimenticano molto più facilmente rispetto a quelli positivi.” “C’è un ricordo che ti sta più a cuore del Dante?” “Su due piedi mi trovo un po’ in difficoltà a sceglierne uno, però, la cosa a cui sono più legato è il modo in cui ho vissuto quegli anni, quell’atmosfera generale sulla quale poi i singoli bei ricordi sono fissati. Alla fine, più che uno specifico episodio direi il substrato dei vari episodi.” “Rifaresti il Dante?” “Si, assolutamente!” “Hai qualche consiglio da dare ai ragazzi che quest’anno dovranno scegliere l’Università?” “Per la mia esperienza ti posso dire questo: non affrettate i tempi! Bisogna chiaramente avere la consapevolezza che una scelta va presa e che potrà arrivare il giorno ultimo per immatricolarsi in cui, se non si è deciso, bisognerà tirare un dado, il che è un’eventualità decisamente da evitare, però è importante prendersi il proprio tempo. È sottinteso che la riflessione è necessaria e che bisogna orientarsi verso qualcosa che troviamo interessante, così come raccogliere tutte le informazioni utili a scegliere consapevolmente, ma soprattutto è importante vivere la propria esperienza e vedere dove ti porta: le cose possono venire da sole!”

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“ARTOGRAPHY” foto di Silvia Brizioli e disegni di Rebecca Poggiali

Le immagini che proponiamo per questo numero sono due ritratti femminili: la rivisitazione in tavola grafica, a differenza delle immagini precedenti, non è stata applicata tanto al volto, quanto all’ambientazione, e consiste nell’aggiunta di elementi naturali, come foglie e ninfee nel primo ritratto, e fiori nel secondo. La tecnica utilizzata dall’illustratrice differisce leggermente dai disegni precedenti: le parti aggiunte in tavola grafica appaiono

più sfumate, al fine di far risaltare maggiormente il soggetto. Nel primo ritratto sono stati sottolineati i giochi di luce, accentuati dall’acqua, e sono stati utilizzati toni più caldi, in linea con l’ambientazione. 22


Nel secondo ritratto, invece, troviamo toni più freddi. Inoltre, le proposizioni del viso della modella sono state leggermente modificate: gli occhi sono stati ingranditi, allungati, e il colore è stato leggermente modificato, per farli risaltare; gli zigomi sono più alti, e il colore delle labbra e delle unghie è alterato rispetto all’originale, in modo tale da riprendere in parte i colori dell’ambientazione circostante, e far

risaltare ancora di più l’ambientazione idilliaca e fiabesca.

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L’ARTE DELLA NOSTRA CITTÀ

CUPOLA DI BRUNELLESCHI L’arte dell’impossibile di Emanuele Bozzo La Cupola del Brunelleschi è la copertura del Duomo di Firenze. I progetti per la cupola iniziarono nel 1418. La costruzione dell'edificio del Duomo iniziò già negli ultimi anni del XIII secolo, e la base del tamburo per la cupola era già pronta nel 1314, ma per complicazioni architettoniche fino all'inizio del '400 nessuno si era mai preoccupato di trovare una soluzione per la costruzione della cupola: realizzarla infatti comportava una gigantesca sfida per le competenze architettoniche del tempo, poiché era (ed è tuttora) la cupola più grande al mondo, superando quella di molti altri monumenti quale il Pantheon. Per realizzare questo ambizioso progetto, la cupola fu progettata come una cupola di rotazione, che teoricamente è sempre possibile da costruire. Ma rimanevano diversi problemi da superare per realizzare quello che è diventato un capolavoro dell'architettura del XV secolo: innanzitutto la cupola era ottagonale, e l'ottagono non è un solido di rotazione. Inoltre, le centine, ossia le travi Foto di Fczarnowski necessarie come ausilio per la costruzione della cupola, dovevano essere gigantesche date la dimensioni gigantesche del progetto. Sfortunatamente, era impossibile trovare centine così grandi in Italia; erano presenti solo nell'Europa Settentrionale, e anche queste travi immense sembravano essere troppo piccole per il progetto in questione. Questi problemi vennero risolti involontariamente grazie a un miglior studio dei mattoni da rivestimento della cupola. Si scoprì che perché la struttura fosse autoreggente era quindi sufficiente che nello spessore delle murature fosse possibile inscrivere una cupola di rotazione. Grazie a questa innovazione, fu possibile realizzare la cupola utilizzando centine più piccole. Nel 1420, Brunelleschi e Ghiberti diventarono capomastri del cantiere della cupola. Ma come mai oggi la cupola è attribuita solo a Brunelleschi e non anche a Ghiberti? Questo è per via 24


dell’estromissione di Ghiberti dai lavori della cupola nel 1425. Brunelleschi, che riteneva quest’ultimo incompetente, decise di fingersi malato per far gestire tutti i lavori inerenti alla cupola a Ghiberti temporaneamente. Questo dimostrò l’incompetenza di Ghiberti, che venne estromesso dai lavori per la cupola. Il cantiere procedette così senza apprezzabili interruzioni, fino a quando, nell'agosto del 1436, venne infine celebrato ufficialmente, con la solenne benedizione di papa Eugenio IV, il completamento della fabbrica. I lavori per gli affreschi della cupola iniziarono nel 1572, poiché i mosaici usati nel battistero erano considerati datati e costosi. I contenuti degli affreschi erano conformi con l'esito del Concilio di Trento. La cupola è così divisa in sei registri e 8 spicchi. Ogni spicchio comprende dall'alto verso il basso quattro scene: un coro angelico con strumenti della Passione, una categoria di santi ed eletti, una triade di personificazioni, raffiguranti un dono dello Spirito Santo, le sette virtù, e le sette beatitudini e una regione dell'Inferno dominata da un peccato capitale. Sullo spicchio est i quattro registri diventano tre per far posto al grande Cristo in Gloria fra la Madonna e san G i o v a n n i Battista, sopra a l l e t r e Vi r t ù Teologali seguite in basso da figure allegoriche del Tempo e della Chiesa trionfante. Tra gli Eletti il pittore raffigurò una viva galleria di personaggi contemporanei, tra i quali l’imperatore, il re di Francia e anche se stesso e molti suoi parenti e amici. Foto da https://it.wikipedia.org/wiki/Cupola_del_Brunelleschi#/media/ File:Duomo_Firenze_2019.jpg

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IL ROVER PERSEVERANCE di Margherita Arena L’invio del rover Perseverance è stato il centro della missione spaziale per l’esplorazione del pianeta Marte sviluppata dalla NASA, Mars 2020. Il suo lancio è avvenuto con successo il 30 luglio 2020 e l’atterraggio sulla superficie di Marte il 18 febbraio 2021.

In particolare la missione Mars 2020 fa parte di un programma di esplorazione più complesso, Mars Exploration Program della Nasa. I principali obiettivi che la NASA si è prefissati sono quattro: • Determinare se la vita sia mai esistita su Marte: infatti la missione di Perseverance si concentra sugli studi della superficie del pianeta cercando tracce di vita microbica. • Determinare il clima di Marte: infatti, grazie a dei particolari strumenti, il rover dovrebbe essere in grado di raccogliere abbastanza dati da permetterci di capire se in passato si potesse essere create delle condizioni climatiche favorevoli alla vita sul pianeta. • Descrivere la geologia di Marte: lo scopo è quello di capire i processi geologici che il pianeta ha subito nel tempo, e il rover 26

inoltre è progettato per prelevare dei campioni da poi riportare sulla terra, così da permettere agli scienziati di esaminarli. • Preparazione all’esplorazione umana: il rover, raccogliendo varie informazioni, aiuterà a capire come preparare per le missioni umane prefissate per il 2030. Una delle tante informazioni che Perseverance sta raccogliendo è la produzione di ossigeno nell’atmosfera marziana, ricca di anidride carbonica. Il rover Perseverance è stato sviluppato apportando solo delle modifiche al suo predecessore Curiosity, e perciò ha avuto un costo minore rispetto a quello che avrebbe avuto se fosse stato progettato da zero.

Le modifiche apportate rispetto al rover precedente riguardano la precisione dell’atterraggio, migliorata del 50% grazie al sistema Range Trigger; ha contribuito alla riuscita dell'atterraggio anche un innovativo sistema di riconoscimento delle caratteristiche del sito di atterraggio (Terrain-Relative Navigation), che consiste nell’evitare zone pericolose o complicate grazie al confronto di mappe ad alta


Tutte le foto sono prese da: https://www.nasa.gov

definizione recuperate grazie a delle sonde inviate negli anni passati e le immagini raccolte in diretta durante l’arrivo. Questo è stato molto utile poiché il 99% delle zone che erano state considerate favorevoli per la composizione del suolo si sono rivelate pericolose per la presenza di ostacoli in superficie, come rocce, visibili soltanto negli ultimi momenti. Oltre a questi sono stati aggiornati anche dei meccanismi per calcolare la pressione atmosferica del pianeta (MEDLI2), che sarà utile conoscere per le missioni future. Inoltre sono state aggiunte molte telecamere, che hanno immortalato i momenti dell’atterraggio, ma non solo sono presenti anche due microfoni, perciò è possibile sentire tutti i rumori presenti sul pianeta rosso. Pochi giorni fa, il 18 Marzo, inoltre il rover ha immortalato con dei fotogrammi un dust devil, ovvero dei vortici di aria vorticosa che sollevano polvere dalla superficie del pianeta: questo fenomeno, presente anche sulla terra, ci era già noto perché era stato

visto durante le missioni Viking negli anni ’70.

Se pur arrivato da relativamente poco tempo, Perseverance ha già raccolto moltissime informazioni, che ogni giorno aumentano. È possibile tenersi aggiornati grazie al sito ufficiale della NASA su cui vengono pubblicate non solo le informazioni, ma anche contenuti multimediali come foto, video e audio.

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Daninseries, ‘quello delle serie tv’ di Giulia Agresti e Margherita Arena Daniele Giannazzo, conosciuto come ‘Daninseries’, è un ragazzo che ha spopolato sul Web interessandosi al mondo del cinema, in particolare delle serie tv, e che lo scorso anno ha scritto il suo primo libro, Roe e il segreto di Overville. Quando è nata l’idea della pagina Daninseries? Durante gli anni dell’Università. Conducevo diversi programmi per la radio degli studenti e tra una trasmissione e l’altra cominciò a prendere forma l’idea di un posto tutto mio nel quale condividere la passione per le serie tv, che alla nascita di Daninseries non erano ancora un fenomeno di massa come dall’avvento delle piattaforme di streaming. Ti saresti mai aspettato di arrivare dove sei adesso? Decisamente no, e ti assicuro che non è per fare il modesto. Il mio lavoro l’ho totalmente inventato. Sono quasi passati dieci anni e ai tempi nessuno puntava sulle serie TV, non esistevano chissà quali grandi siti d’informazione. Ho fatto tanta gavetta, non ho saltato neanche uno step, ma non potevo immaginare che sarei diventato un punto di riferimento per tante persone, di attirare l’attenzione di colossi come Sky, Disney e Netflix. Però mi sento di dirti anche che c’è davvero tanta attenzione al dettaglio, costanza, spirito d’inventiva e molta pazienza nel restare ogni giorno “sul pezzo”. Hai mai avuto dei ripensamenti? Cosa ti ha dato la forza di andare avanti? Spesso capita la “giornata no”, quando proprio vedo tutto nero o mi sembra vada tutto storto, mi dico ‘ma chi me lo fa fare’ e sarei quasi pronto a mollare tutto. Diciamo che intorno a me ci sono le persone giuste, che mi ricordano quanto sia unico ciò che facciamo insieme e che giorno dopo giorno teniamo compagnia a un pubblico affezionato che negli anni è diventato una vera e propria famiglia virtuale. Se potessi cambiare qualcosa della tua vita adesso, cosa cambieresti? È brutto se ti dico niente? Ho passato tanto tempo a voler cambiare le cose, soprattutto nel periodo dell’adolescenza che non è stato affatto semplice. Adesso sento che tutti i tasselli sono al posto giusto. Ho un lavoro che (almeno fino all’arrivo del Covid) mi ha permesso di viaggiare, di incontrare tante persone e di ricevere molti tributi di stima. Una famiglia e degli amici che mi stanno vicino sempre e che sono anch’essi artefici di ciò che sono diventato nel tempo. Non fraintendermi, non lo vedo come un punto di arrivo, perché vivo tutto come una costante salita. Ecco, forse dovrei imparare a essere meno rigido e vivere le cose più serenamente. Credi che i social network per i giovani siano un danno o ritieni che possano essere uno spunto costruttivo? I social sono uno strumento di comunicazione potentissimo, e come tale possono rivelarsi un’arma a doppio taglio. Ma questo vale per quasi tutti i mezzi di comunicazione, perfino la parola stessa. Ma se esiste un esempio (ovviamente piccolissimo) di come i social si possono utilizzare per creare contatti fra i quali scambiare notizie utili, informazioni e contemporaneamente strappare anche qualche risata, quello è proprio Daninseries. Io, giovane appena uscito dal liceo, grazie ai social ho ottenuto una voce, sono riuscito a fare di una passione un lavoro per me e per tanti ragazzi che negli anni sono diventati professionisti. 28


Il Covid ha influenzato il tuo lavoro? Come? Diversamente da altri settori quello del web, per il quale lavoro anche al di là di Daninseries, non ne ha risentito. E lo stesso potrebbe dirsi delle piattaforme di streaming o di servizi del genere, grazie ai quali esiste anche il mio portale online. Dal momento che le persone sono rimaste molti mesi costrette in casa, l’unica finestra sul mondo era il Web. Certo, il settore cine-televisivo è rimasto fermo per diversi mesi, generando ritardi nei palinsesti e slittamenti che non hanno fatto bene neppure a noi che di solito siamo concentrati sulle novità. Ma il Covid ha significato soprattutto dire addio a eventi e anteprime nei quali ormai mi trovavo molto a mio agio, non solo come ospite ma anche come presentatore e intrattenitore. Mi manca molto stare sul palco o fare la spola tra Roma e Milano per assistere a qualche nuovo film; spero vivamente che il vaccino ci restituisca quello che il Coronavirus ci ha tolto. Qual è il tuo titolo di studio? Intanto devo “rivelare” che ormai tanti anni fa sono stato un dantino, anche se quello del Liceo non è stato propriamente un periodo sereno. Parte di quel disagio si evince proprio dalle pagine del mio romanzo, ma dopo è stato tutto in discesa. Finito il Liceo ho intrapreso l’Università e mi sono rapidamente laureato in Lettere. Ho frequentato il corso di laurea PROGEAS (Progettazione e gestione di eventi e imprese dell’arte e dello spettacolo), un’università insolita che mi ha dato nozioni di marketing e management con l’occhio puntato sulla storia del cinema, del teatro e della televisione. Qui ho capito cosa volessi fare da grande, anche se il mio lavoro – come ho già detto – me lo sono praticamente inventato! Secondo te è meglio guardare film e serie tv in lingua originale o nel doppiaggio italiano (non per imparare la lingua, ma come questione contenutistica)? Il dibattito sulla questione è sempre acceso. Io la penso così: è un po’ come chiedersi se leggere Tolstoj in lingua originale o tradotto in italiano. Non bisogna demonizzare il doppiaggio, che, è vero, talvolta è costretto a ricorrere a soluzioni della lingua che fanno storcere il naso a chi conosce quella originale, però se c’è un settore del quale ci possiamo fregiare in Italia è proprio il doppiaggio, che negli altri paesi europei continuano a imitarci. Inoltre, per quanto guardare film o serie TV in originale possa soddisfare la nostra impazienza, la lettura dei sottotitoli costringe inevitabilmente i nostri occhi a perdere qualcos’altro (magari di più importante) sullo schermo. Io, quindi, sono anche per il doppiaggio. Chiamatemi pure pigro… Di cosa parla il tuo nuovo libro? Scriverai un seguito? Il mio libro, Roe e il segreto di Overville, è la storia di una ragazza come tante che deve trasferirsi in una città misteriosa, da una nonna che non ha mai conosciuto, in un ambiente che non la metterà subito a proprio agio e in cui vivrà le esperienze tipiche dell’adolescenza: il primo amore, le prime rivalità, ma dovrà anche fare i conti con un segreto legato alla propria origine che la cambierà per sempre. Diciamo che ho volutamente preso come base un cliché per scardinare man mano ogni stereotipo e convinzione del lettore, tentando di creare qualcosa di nuovo, con un mix di generi e colpi di scena inaspettati. Sono felice di poter confermare la notizia che sì, uscirà un seguito della storia cominciata con il primo romanzo: le avventure di questa ragazzina speciale sono ancora lontane dal dirsi concluse sotto tanti punti di vista! 29


GIRAMONDO 2.0

PARIGI di Giorgia Berrettini

Parigi è certamente una delle capitali più belle d’Europa; ricca di cultura, arte e romanticismo, è uno di quei luoghi dove non ti stancheresti mai di ritornare. I motivi per visitare Parigi sono davvero tanti. La città offre ai suoi visitatori luoghi assolutamente unici, monumenti dalla fama mondiale, preziosi musei, straordinarie chiese, eleganti palazzi, ma anche romantici ponti sulla Senna, famosi caffè, boutique alla moda e angoli dal fascino straordinario. Non si può dire di essere stati a Parigi senza essere saliti sulla Torre Eiffel, simbolo della “Ville Lumière” e punto più alto della città. Immancabile una visita al Louvre, il più importante museo della città e, certamente, il più visitato al mondo. Il Louvre è grandissimo e vi si trovano migliaia di opere d’arte: fonte di attrattiva particolare è sicuramente La Gioconda anche se tutti (o quasi) si stupiscono che un’opera così importante e così tanto rinomata sia anche così…piccola! Ma non c’è solo il Louvre! A Parigi ci sono altri 180 musei alcuni dei quali molto famosi come il Museo d’Orsay, il Centre Pompidou, il Museo dell’Orangerie. L’Avenue des Champs-Elysées è una delle strade più famose e più prestigiose del mondo: passeggiando lungo i suoi marciapiedi si incontrano le scintillanti vetrine di lussuosi negozi alla moda. Il viale, lungo quasi due chilometri, collega Place de la Concorde con l’Arc de Triomphe. Se si va a Parigi non si può non andare a Montmartre, il quartiere simbolo della Belle Epoque dove un tempo si ritrovavano artisti e letterati e dove vissero Picasso, Renoir e Van Gogh. A Parigi gli artisti si ritrovano anche in una piccola libreria storica: la “Shakespeare and Co”. Da oltre 100 anni nel cuore del quartiere latino accoglie non solo famosi scrittori ma anche tanti giovani provenienti da ogni parte del mondo per partecipare alle moltissime iniziative organizzate dai suoi gestori. La metropolitana di Parigi è una delle più antiche d’Europa. Grazie alle sue 14 linee è possibile raggiungere ogni angolo della città. Ogni momento della giornata è buono per una rilassante passeggiata lungo la Senna, a piedi, in bicicletta o con una breve crociera! E poi ci sono le isole fluviali! L’île de la Cité e l’Ile Saint-Louis. Vedere oggi la Cattedrale de Notre Dame de Paris, è davvero impressionante. Rimane solo lo scheletro di questa magnifica chiesa gotica. Il danno provocato dall’incendio del 15 aprile 2019 è stato enorme e chissà se potrà mai essere ricostruita uguale a se stessa. Il 14 luglio in Francia è festa nazionale - si ricorda la presa della Bastiglia da cui ebbe inizio la Rivoluzione francese - e a Parigi si celebra con una grande parata e con uno grandioso spettacolo di fuochi d’artificio dove un tempo si trovava la fortezza della Bastiglia: in quel luogo, oggi rimane solo una colonna in bronzo in mezzo ad una trafficatissima rotonda! Baguettes, brioches e crepes sono solo alcune delle squisitezze che si possono acquistare nelle boulangerie o nelle tante brasserie del centro per poi andarle a mangiare seduti su una panchina di uno dei parchi della città. 30


ESPLORANDO L’ITALIA

SIrmione di Sofia Vadalà Sirmione è una cittadina in provincia di Brescia (Lombardia) che affaccia sul lago di Garda. Conta 8332 abitanti ed ha origini risalenti addirittura al neolitico; il nome deriva dal greco syrma (σιρµα) che significa “cosa”, “strascico”. In epoca romana costituí un centro urbano molto importante; qui, nel 312, si verificò la Battaglia di Verona: uno scontro che vide avversarie le truppe di Costantino I, imperatore romano che favorí la diffusione del cristianesimo, e quelle di Massenzio, un imperatore romano che si autoproclamò tale. Dopo una serie di scontri in questa città al tempo nota come Sermione Mansio, con il regio decreto, ossia un atto emanato dal re, fu chiama Sirmione. Ciò che forse è più noto di questa località sono le Terme di Sirmione che, tra le più lussuose d’Italia, fanno parte del complesso termale del Lago di Garda. La scoperta dell’acqua termale è datata fine ‘800: la sorgente termale della Boiola; queste acque minerali sono di origine meteorica (quindi a seguito delle precipitazioni). I trattamenti che si ha la possibilità di testare in questo posto sono vari: il fango, massaggi rilassanti e quattro linee di trattamenti benefici: wellness, fitness, beauty e salute. Procedendo alla scoperta di questa splendida città lombarda possiamo trovare il sito archeologico delle Grotte di Catullo: si tratta di una villa a pianta rettangolare di grandi dimensioni, circa due ettari, con al centro un giardino circondato da un colonnato. Qui è visitabile anche il Museo Archeologico in cui sono presenti affreschi e decorazioni che caratterizzavano l’interno della residenza. Un’altra area ancora è quella del Castello scaligero: una rocca alta circa 47 metri, bagnata su tutti i lati dal Lago di Garda, edificata dalla famiglia degli Scaligeri, da cui prese il nome. Io credo che avere città così belle e ricche di attrazioni per l’Italia sia un vero e proprio patrimonio: Sirmione è infatti una delle tante prove di quante bellezze si possano trovare senza dover per forza andare all’estero e credo inoltre che sia un luogo che vale la pena visitare. 31


L’ANGOLO DELLO SPORT

Sport strani e inusuali di Niccolò Bettini, Filippo Del Corona, Filippo Bellocchi In questo numero ci siamo posti una domanda: "Ma ci sono degli sport diversi e più strani di quelli conosciuti tutti i giorni?" La risposta è si! Vediamone alcuni insieme. SEPAK TAKRAW Il primo sport è il sepak takraw. Questo potrebbe porre fine a tutti i litigi dovuti alla domanda: "Meglio calcio o pallavolo?" dato che è una fusione di questi due sport! Il sepak takraw nasce nel Sudest asiatico, il nome è composto da “sepak”, in malese “calciare” e da “takraw”, “palla”. Due squadre composte da tre giocatori più una riserva si sfidano in un campo che ricorda quello da Badminton, e il loro obiettivo è far cadere la palla (fatta solitamente di un intreccio di rattan, un tipo particolare di legno di palma) nel campo avversario calciandola. I componenti di ogni squadra si dispongono su due file: due giocatori stanno sotto rete e uno sta più dietro. Il più arretrato si chiama "tekong" e deve battere la palla al di là della rete restando in un punto prefissato del campo, delimitato da un cerchio. Come per il calcio, le mani non possono essere usate, ma i giocatori possono avvalersi di qualsiasi altra parte del corpo per fare punto: durante una partita disputata nel 2012 da India e Cina, il tekong indiano ha vinto il premio per il punto più strano, riuscendo a segnare, nel vero senso della parola, con un colpo di sedere! L’assegnazione dei punti funziona in modo simile alla pallavolo e vince la partita la prima delle due squadre che si aggiudica 3 set su 5. Originariamente il gioco veniva praticato con i giocatori disposti in cerchio che si passavano la palla l’un l’altro, e non aveva scopo agonistico. Soltanto nel 1829 la Siam Sport Association formalizzò le regole del sepak takraw moderno, aggiungendo negli anni successivi l’utilizzo di una rete simile a quella usata nella pallavolo, trasformandolo così in una competizione a squadre. HURLING L'hurling, in Irlandese "Lomáint", è uno sport di origini celtiche giocato all'aperto che impiega l'utilizzo di una mazza, detta "hurley", ed una palla, detta "sliotar". In origine era uno sport molto diffuso soprattutto nelle zone extraurbane, inoltre era talmente cruento e poco regolato, che per un breve periodo fu sospeso per l'alto numero di infortuni e morti in partita. In Foto da:https://experiencegaelicgames.com/about-us/hurling-explained/ Irlanda l'hurling è sempre stato uno sport molto praticato, ma durante il periodo della grande carestia (1846-1849) declinò drasticamente e rischiò di andare perduto. Nel corso del XIX secolo iniziò ad essere "ufficializzato": nel 1884 nasce la Gaelic Athletic Association, che riconosce ufficialmente lo sport, iniziò a diffondersi una versione "standard" del gioco che includeva elementi, equipaggiamento e regole sia dalle versioni praticate nelle campagne sia da quelle delle classi più alte, e si diffusero i primi grandi tornei ufficiali dell'associazione, fino a giungere ad ogg, in cui ancora gode di un grande seguito. L'hurling si gioca in un campo di circa 80x130m con due porte lungo i lati più corti del terreno e con delle linee che riprendono sia quelle del campo da calcio che quelle del campo da rugby; i giocatori sono quindici per ciascuna squadra (un portiere, sei difensori, due centrocampisti e sei attaccanti) ed hanno come obiettivo il segnare un punto o 32


fare goal, due azioni distinte in questo sport, senza commettere fallo. La palla nel gioco può essere calciata, lanciata con la mazza, passata di mano ed anche afferrata in aria con una sola mano, ma finché è sul terreno non può essere raccolta con le mani e solo scagliata via con la mazza; la palla è il mezzo principale per fare goal e segnare un punto. Nel fare goal la palla entra nella piccola rete della porta, mentre nel fare punto la palla passa tra i due paletti che la sovrastano. I giocatori commettono fallo quando tengono in mano la palla per troppo tempo (di solito quando la raccolgono più volte con le mani o la detengono in esse per più di quattro passi), quando aggrediscono fisicamente gli avversari, tranne quando devono prendere possesso della palla, e strattonando un avversario trattenendolo per la mazza. La partita si gioca in due tempi da trenta minuti ciascuno con un intervallo di dieci minuti, se la partita termina in pareggio si gioca da capo e se si verifica nuovamente il pareggio si aggiungono due tempi supplementari da dieci minuti; nell'evenienza in cui ci sia un terzo pareggio la partita verrà rigiocata in futuro. RUGBY SUBACQUEO Nel 1963, a Colonia, si disputò quella che forse può essere ritenuta la prima partita di uno sport subacqueo che prevedesse l'uso di una palla. Il rugby subacqueo viene giocato in piscine profonde dai 3,5 ai 5 metri e le cui dimensioni variano dagli 8-12 metri di larghezza per 12-18 metri di lunghezza. I giocatori indossano maschera, boccaglio, pinne, polsini e cuffie/calottine numerate, con protezioni per le orecchie. I costumi devono essere o bianchi o scuri (blu o nero). Le squadre sono formate da 12 giocatori: sei giocatori in acqua e sei pronti a sostituirli. Le sostituzioni tra i giocatori sono generalmente decise a tavolino prima ancora dell'inizio da: http://cs.wikipedia.org/wiki/ della partita e sono per così dire "cambi fissi". Foto Soubor:UW-rugby_match_1.jpg Generalmente vengono costituite delle coppie di giocatori in cui l'uno è il cambio dell'altro: quando uno dei giocatori della coppia decide di uscire, l'altro gli subentra immediatamente, prendendone il posto anche per quanto riguarda la posizione. Le sostituzioni, per ogni coppia di giocatori, avvengono continuamente nel corso di un singolo match e dunque, al contrario di quanto avviene nel calcio, non sono definitive. Le partite ufficiali durano 2 tempi da 15 minuti tuttavia, anche durante i tornei internazionali più importanti, si è soliti disputare gli incontri su tempi più brevi, generalmente con un'unica frazione di 12-15 minuti. All'inizio la palla viene posizionata in mezzo sul fondo della piscina. Le squadre si trovano in acqua, al lato della propria porta. Ogni giocatore deve toccare con almeno una mano il bordo della piscina. In caso di goal la squadra che lo ha subito attacca con la palla. Il regolamento ufficiale prevede la presenza di 3 arbitri, responsabili della partita: due arbitri subacquei si devono trovare ai lati della vasca (ovviamente sul fondo), il terzo, quello principale, osserva la partita dal bordo vasca. Il rugby subacqueo è uno sport di contatto fisico, ma le regole e l'ambiente (l'acqua) impediscono danni seri. Lividi occasionali, graffi o lievi contusioni sono gli effetti più ricorrenti di questo gioco. Per di più le regole vietano di attaccarsi all'attrezzatura, costumi compresi, di strattonare o calciare volutamente un avversario per riemergere più velocemente o comunque di attaccarlo con violenza. Come per ogni sport di squadra che si rispetti, anche nel rugby subacqueo l'organizzazione del gioco ed il rispetto della tattica rivestono un ruolo fondamentale. Tanto più che, per il fatto che le azioni si svolgono in apnea, non sempre i giocatori, nel momento in cui si rende necessario riprendere fiato in superficie, possono essere tutti contemporaneamente presenti sott'acqua. 33


Angolo del poeta Lo stivale arcobaleno di Giovanni Gori

Una moda, una moda peculiare va di moda, va di moda al giorno d'oggi È una moda, è una moda che nessuno avrebbe pensato esistesse mai... Tutto il mondo, tutto il mondo vede gente indossare, indossare uno stivale colorato, colorato arcobaleno E lo si rivuol del suo color normal! Dove c'è, dove c'è il colore rosso sarà dove, sarà dove fa più male, dove c'è, dove c'è invece l'arancione, il dolore, il dolore puoi alleviare. Ed il giallo, ed il giallo meno male, meno male, meno male già farà, mentre il bianco solo sotto si vedrà! Ogni moda, ogni moda che va e viene anche se noi, anche se noi non la vogliamo ce la impone, ce la impone chi la inizia fino a che, fino a che non se ne può più! E si prega e si spera giorno e sera sia una moda, una moda passeggera. Ma qualcosa, ma qualcosa dobbiam fare Per far sì che ciò finisca per davver!

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ANGOSCIA di Giovanni Gori “Angoscia” (Gaslight) è un film del 1944 diretto da George Cukor e con protagonisti Ingrid Bergman (vincitrice del premio Oscar come miglior attrice protagonista), Charles Boyer e Joseph Cotten. TRAMA Londra, epoca vittoriana. A Thornton Square è stata commesso un delitto: la famosa cantante lirica Alice Alquist è stata misteriosamente assassinata. La nipote di costei, Paula (Ingrid Bergman), che viveva assieme alla zia, viene mandata in Italia, dove studia canto. Anni dopo Paula è felicemente innamorata del pianista che la accompagna nelle sue lezioni di canto, un uomo di nome Gregory Anton, con il quale convola a nozze, talmente innamorata che rinuncia al canto, desiderosa solo di essere una brava moglie. Durante la luna di miele il marito suggerisce alla giovane sposa di tornare a vivere a Londra, in quel di Thornton Square, per far sì che ella possa esorcizzare l’angoscia che le causa il ricordo di ciò che accadde in quel luogo. Nella casa però, una volta che i due coniugi vi si sono stabiliti, iniziano ad accadere strani fenomeni, il più inquietante dei quali è un inspiegabile abbassamento della luce quando lei è da sola… RECENSIONE “Angoscia” è un film che mescola sapientemente noir, thriller, giallo e romanticismo facendo leva su una scenografia in un bianco e nero cupo, che aiuta ad immedesimarsi di più nella vicenda lo spettatore, il quale rimane ipnotizzato dalla curiosa vicenda riguardante la protagonista. Cukor ancora una volta riesce ad evidenziare l’immensa bravura dei suoi interpreti e se la Bergman è perfetta nel ruolo della ragazza timida, innamorata e impaurita, Boyer è abilissimo nel designare il complesso personaggio di Gregory. Non è da meno Joseph Cotten, che dipinge il suo personaggio in maniera ottimamente riuscita. Tra gli interpreti secondari merita una menzione d’onore il personaggio 35


dell’odiosa cameriera Nancy, interpretata da una diciannovenne Angela Lansbury, che già in questo suo primo film mette in evidenza la sua immensa bravura di attrice, tanto da venire candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista e il simpaticissimo personaggio di Bessie Thwaites, l’impicciona vicina di casa appassionata di romanzi gotici caratterizzata dalla veterana di Hollywood Dame May Whitty. Tutto il film è un continuo crescere di suspence capace di tenere chiunque con il fiato sospeso fino alla fine.

CURIOSITÀ 1.La pellicola è un remake di un film britannico dallo stesso titolo uscito quattro anni prima; 2.Ingrid Bergman per interpretare al meglio la sua parte di una donna che inizia ad impazzire andò in un istituto di igiene mentale e studiò a lungo le espressioni del viso e degli occhi di una paziente;

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Charles Boyer nella realtà era più basso della Bergman, ma la cosa fu risolta facendolo recitare con i tacchi o su un piedistallo, allo scopo di farlo sembrare più alto;

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Il film è stato d’ispirazione per la nascita della parola “Gaslighting”, che in psicologia indica il far dubitare una persona della sua percezione della realtà.


Resoconti di Margherita Arena e Marianna Carniani

Incontro 04/03/2021

In questo primo incontro del mese di Marzo, abbiamo avuto il piacere di parlare con l’Assessora Funaro, che nel comune di Firenze ha le deleghe al welfare e all’istruzione. L’Assessora ci ha spiegato che ovviamente in seguito alla pandemia e al lockdown sono aumentati e sono nati nuovi problemi tra i cittadini, soprattutto nelle fasce più deboli come in quella degli anziani, che sono stati privati delle visite dei loro cari, i disabili e i senza dimora. Sono comunque presenti dei lati positivi, infatti fra i cittadini in tanti hanno aiutato come volontari; e sono state create delle linee per il supporto psicologico, sia per telefono che videochiamata, ma non solo: è stato aperto anche lo sportello per anziani e uno per ragazzi all’ospedale Meyer, per i quali sono state anche create delle applicazioni. La cosa che forse più di tutte al momento preoccupa è il post pandemia: riusciremo a riabituarci alle modalità precedenti?

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Incontro 11/03/2021 In questa puntata abbiamo ospitato il Dottor Cova, storico dell’arte e insegnante universitario che si occupa anche di documentari TV, visite guidate e allestimenti di mostre. Il Dott. Cova si è laureato in storia dell’arte e, dopo essersi specializzato a Bologna in storia dell’arte medievale, ha poi conseguito il dottorato. Proviene dalla scuola filologica longhiana che rappresenta un ponte tra Bologna e Firenze. Attualmente insegna all’università di Bologna. La sua più recente pubblicazione è un articolo dal titolo ‘The Ludovisi Tondo: a rediscovered sculpture by Jacopo della Quercia’ e riguarda la sua scoperta di un inedito di grandissimo valore. L’opera è stata scoperta alla Rocchetta Mattei nei pressi di Bologna, e proveniva probabilmente da un’importante chiesa della zona. Il Dott. Cova ci ha raccontato come la scoperta sia stata frutto dei suoi studi e anche di un pizzico di fortuna; durante la sua attività di studioso di documenti e manoscritti, rimase impressionato dalla bellezza di un tondo equestre che raffigurava Niccolò Ludovisi, condottiero bolognese morto nel 1406, prodotto da Jacopo della Quercia. Successivamente durante una sua visita alla Rocchetta Mattei, che per lungo tempo era stata chiusa, gli capitò di vedere un tondo identico ma avrebbe potuto essere un falso o una copia. Invece, dopo due anni di studio e di indagini, ha potuto dimostrare l’autenticità del tondo che era stato comprato dal conte Mattei nel 1800 per la sua collezione. Il Dott. Cova ci ha poi raccontato com’è nata la sua passione per l’arte e come ha costruito la sua professione.Nel corso della sua carriera il Dott. Cova ha avuto l’opportunità di collaborare negli Stati Uniti con la UCLA dove si è occupato della collezione di miniature italiana conservata nel museo della Special Library, e sempre negli Stati Uniti ha svolto un periodo di ricerca presso il Manuscripts Department del Museo Getty. In particolare, il Dott. Cova si è occupato di un’opera, realizzata da miniatori bolognesi ed oggi conservata a nella biblioteca nazionale di Praga, dove sono narrate le gesta della dinastia alla base dello stato boemo. L’ultimo lavoro che sta tuttora realizzando, riprende lo studio della pittura del Duecento in Abruzzo ed è una monografia sull’oratorio di San Pellegrino. Infine il Dott. Cova ha affermato che sia importantissimo creare un ponte tra il mondo della scuola e il mondo delle professioni e che la professione dello storico dell’arte, in virtù del meraviglioso paese in cui viviamo, può aprire molteplici prospettive di lavoro in vari ambiti.

Incontro 25/03/2021 All’interno di questa puntata per celebrare l’occasione del Dantedì abbiamo ospitato la Professoressa Sineo, docente di italiano e lettere classiche presso il nostro istituto. La Professoressa Sineo ci ha accompagnato alla scoperta della vita di Dante da giovane, ci ha raccontato particolari del periodo della sua formazione e curiosità sulla Firenze dell’epoca con i suoi tanti stimoli culturali. La vita di Dante ci è nota principalmente dalle fonti letterarie, ma molte fasi della sua vita sono state ricostruite in forma congetturale. La nostra fonte principale è Dante stesso che nelle sue opere tratteggia delle linee autobiografiche: nella Vita nuova ci vengono offerte parti in prosa che circostanziano le occasioni in cui determinate liriche vennero composte, nelle Rime e in particolare nella tenzone con l’amico Forese Donati riusciamo ad immaginarci il poeta ancora giovane che si diletta in uno scambio di poesie in toni scherzosi. Nella fase giovanile i giovani poeti erano soliti scambiarsi le loro liriche e andavano molto di moda le tenzoni e le sfide con i sonetti, in cui si poteva sperimentare e ci si poteva confrontare in una sorta di schermaglia tra amici.

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Incontro 25/03/2021 Non dobbiamo infine dimenticare l’importanza delle varie fonti d’archivio che raccolgono la storia della città e dei libri di famiglia che riportavano tutti gli eventi fondamentali delle famiglie fiorentine. Siamo poi passati alla lettura di tre sonetti: “Guido i’ vorrei che tu e Lapo ed io”, “A ciascun'alma presa e gentil core” e “Naturalmente chere ogni amadore”. La Prof.ssa Sineo ci ha fatto notare come il tema dell’amicizia sia molto forte nelle opere di Dante e come spesso sia presente il tema della bellezza e del desiderio dello stare insieme. Nella seconda parte dell’incontro abbiamo ospitato il Prof. Bastida, esperto conoscitore di Dante, che si dedica alla divulgazione e all’esecuzione vocale del testo dantesco, e ci ha parlato del tema dell’amore nella Divina Commedia. L’amore per Dante è tutto, è onnipresente in tutte quante le sue opere ed è la parola che muove tutto, tanto che la parola amore nel Paradiso figura più di ottanta volte e ci sono solo quattro canti in cui non si usa la parola amore. La poesia d’amore che precede la composizione della Divina Commedia è il motore stesso che mette in moto la Divina Commedia. Beatrice scende a salvare Dante perché Dante l’ha amata e ha scritto per lei poesie d’amore. L’amore per Beatrice lo rende capace di intraprendere questo vertiginoso viaggio. Esistono nella Divina Commedia tre differenti tipi di amore. Il primo è l’amore passionale per una donna, ossia una passione mentale, sentimentale e totalizzante che deve molto alla tradizione dell’amor cortese. Un altro grande tipo d’amore è quello per la conoscenza e per il sapere, che spinge il pellegrino Dante continuamente persino in Paradiso a chiedere chiarimenti; nonostante sia al cospetto della verità, il poeta riesce a graduare questa sua ascesa, a fare in modo che non veda e capisca tutto subito, ma che venga via via illuminato, in modo che ci sia un costante percorso di apprendimento. Abbiamo infine l’amore di Dio, l’amore sovrano, la carità. La Divina Commedia è mossa dall’amore per riconquistare l’amore.

Troverete le puntate sul canale YouTube della nostra scuola 39


Sezione Speciale

DONNE NELLA STORIA CLEOPATRA di Pietro Santi Di Tolomeo l’Aulete la figlia superba vo cantando. Spirto forte, si mesce greca ed egizia virtù nell’animo suo viatrice di miglia. Superò ‘l confine dell’umana sorte: ancor vive la regina che fu. Come fiume impetuoso, l’alta lite proruppe; prese così la terra del Nilo, e la città in cui mutaron lor sede le Muse. Giunse con truppe finite l’uomo ottimate, ma, stretto dal filo, l’uccisero, pur prestatagli fede. Dopo arrivò il tiranno austero in viso, che la regina fissò di servirsi: si mostrò dal manto vesta d’un velo, ei vide ’l cuore di passione intriso, al fascino non resistette: punirsi, se non aesse colto ‘l frutto dal melo. Per lei sconfisse ‘l fratello, gettò il suo corpo nel Nilo, dove i cavalli del fiume libano sacri, del regno il sol felice e ‘l trono d’oro donò, le dune, i campi di grano e le valli: ancor non regnava e imprimeva ‘l segno. Avendo aggiogato ‘l Senato, in patria fece ritorno ‘l tiranno feroce, tentò d’uccidere ‘l pubblico affare, ma dinnanzi la figura avversaria, l’uom popolare, in un tempo precoce, perì tra singulti nel rosso mare. Radunati manipoli marziali, i liberi uccisori ‘l favor regal ottennero; vinti però pe’ campi macedoni, arsero sì i loro ideali. 40


Il saldo romano, ignorando ‘l suo mal chiamolla a Tarso: gl’occhi come lampi. La passione lo incatenò, siccome la regina trionfale ‘l suo ingresso a Tarso fece, e preso se ne invaghì. Ella generò tre figli cui nome diede, ed al romano stette appresso, sui Parti guerra volgendo e partì. Le romane schiere ancor s’infransero contro gl’archi e le lance orientali, come ghiaccio si scioglie colpito dai dardi del sole, e tornando piansero, ma tosto con forza e ferocia tali il dominio d’Armenia venne esaurito. Dopo ‘l trionfo la regina ambiziosa sposò nei campi dal Nilo irrigati, testimoni gl’astri celati dalla bella luna, signora luminosa, per cui molti poemi furono cantati, il romano che celebrò fino all’alba. La gioia presto morì: meditavano difatti a Roma come ghermire la parte orientale e, pronunciato il discorso belligerante, assecondavano del baluardo del costume le mire; imperterrito continuava il fato. Le impetuose flotte giunser di fronte, e dopo assalti costanti, il signore e la regina fuggirono, lasciando alle spalle le rotte navi un tempo pronte. Nella loro città, del regno ‘l cuore, temevano in tremante attesa stando. Venne espugnata l’urbe possente del divo Alessandro, cedettero le porte e le prominenti mura; sul ferro lucente gettossi il romano in un antro, emise l’estremo singulto, le cedenti membra abbandonate alla morte. La grande regina nel suo mausoleo, ordinò che le venisse addotto l’aspide velenoso. Pur lei vicina era alla morte, ma non voléa che finisse il tempo. Le donò l’eco perenne sul petto la serpe; risuona ‘l nome suo per le terre sempre. Ora risiedi ne’ Campi Elisi, ancor vivi come astrale fulgore, tu o superba donna fatale.

Foto di Variant after Praxiteles? Marie-Lan Nguyen (2009), CC BY 2.5, https://commons.wikimedia.org/ w/index.php?curid=15744163

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Le donne che hanno combattuto il Nazifascismo di Giulia Agresti Streghe della Notte (in russo Nočnye Ved'my, in cirillico: Ночные Ведьмы) è il nome con cui vennero definite le donne pilota del 588º Reggimento Bombardamento Notturno, reggimento d'aviazione sovietico della Seconda Guerra Mondiale completamente composto da donne. Il nome fu dato dai Nazisti per il fruscio che facevano i loro aerei di legno, simile a quello delle scope delle streghe. I velivoli che utilizzavano infatti erano talmente leggeri che una volta decollati potevano spegnere i motori e planare sopra i campi nemici senza alcun rumore, così che i Tedeschi si potessero accorgere delle bombe solo troppo tardi. Le Streghe operavano solo di notte, anche a bassissime temperature. Inoltre, i loro aerei erano così piccoli da non poter essere captati dai radar. Non tenevano neanche radiotrasmettitori, dal momento che sull’aereo c’era pochissimo spazio, sufficiente solo ad accogliere due persone e due bombe. Erano come fantasmi. Il reggimento fu costituito solamente tre mesi dopo l'invasione nazista del territorio sovietico su iniziativa di Marina Raskova, la

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quale aveva ricevuto lettere da parte di adolescenti e giovani ventenni russe desiderose di partecipare all’assalto. Parteciparono circa 80 donne, presero parte a più di 23000 missioni e sganciarono circa 3000 tonnellate di bombe sui Nazisti per quattro anni, diventando un elemento fondamentale per la vittoria della Guerra. Erano viste come la più grande minaccia per i Tedeschi ed erano talmente odiate e temute che fu istituita una ricompensa, la medaglia della Croce di Ferro, concessa a chi riuscisse a catturarne una. Le Streghe inizialmente non furono ben accolte tra i militari poiché in quanto femmine erano viste come inferiori e non degne di rispetto. Infatti venivano concesse loro solo uniformi di seconda mano e scarpe fabbricate male e non potevano utilizzare pistole. Nonostante ciò, l’Unione Sovietica fu il primo paese a consentire alle donne di specializzarsi nel combattimento militare aereo: altri stati, come gli Stati Uniti, permettevano loro di volare solo per supporto o trasporto. Il 588° Reggimento fu l'unità dell'Aviazione Sovietica femminile più decorata. Alcune

Night Witches, foto da The Archive


delle donne pilota ancora in vita al termine della guerra avevano effettuato più di 1.000 missioni e 23 di loro avevano ricevuto la Stella d’oro d’eroe dell’Unione Sovietica. Seppur meno imponente, anche nel Regno del Sud nacque un gruppo di soldatesse devote a combattere contro i Fascisti, il Corpo di Assistenza Femminile (CAF), che dal 1944 affiancò l’Esercito Cobelligerante Italiano. Le donne partecipanti, chiamate Cafine, avevano dai 21 ai 50 anni e potevano militare volontariamente per un anno, non ricevevano un vero e proprio stipendio ma un’indennità che comprendeva anche uniformi, vitto e alloggio. Dovevano rispettare le stesse regole applicate per i soldati maschi e come loro sottostavano al Ministero della Guerra, anche se l’unico grado che potevano ricoprire era quello di sottotenente. La presenza femminile nel corpo militare italiano svanì insieme alla Grande Guerra e ben presto le donne tornarono a ricoprire i ruoli che la società imponeva loro. Nonostante la Spagna si sia dichiarata neutrale allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, tuttavia la sua ideologia era molto vicina a quella dell’Asse. Rosario Sánchez Mora fu una delle prime donne ad arruolarsi tra le truppe militari contro il regime di Francisco Franco. A soli 17 anni iniziò a

Cafine, foto da iodonna

Rosario Sánchez Mora, foto da Tumblr

combattere come dinamitarda, lanciando contro i nemici bombe fatte in casa molto pericolose, tanto che una scoppiò prima che riuscisse a gettarla e perse la mano. Questo episodio non la fermò e per la sua efficienza come dinamitarda fu soprannominata La Dinamitera. Dopo che nel in 1937 il governo spagnolo proibì alle donne di combattere continuò ad aiutare i Repubblicani lavorando insieme a Dolores Ibáurri, Presidente e Segretaria Generale del Partito Comunista soprannominata La Pasionaria, per reclutare donne che assumessero i lavori lasciati dagli uomini che stavano combattendo contro i Nazionalisti. Alla vittoria di Francisco Franco fu condannata a morte, tuttavia riuscì a rimanere in vita fino alla caduta del regime nazionalista e iniziò poi a testimoniare in tutto il mondo. 43


Io non sono proprietà di nessuno Di Francesca Oriti Franca Viola nasce ad Alcamo, un paese in provincia di Trapani, il 9 gennaio del 1948. Si fidanza giovanissima con Filippo Melodia, ma ben presto scopre cose che le rendono insopportabile l’idea di questo matrimonio. Melodia viene infatti accusato di associazione mafiosa, e Franca con la mafia non si vuole unire. Peccato però che né il fidanzato né la legge del suo Paese le riconoscano il diritto di scegliere con chi e con quali valori sposarsi. Melodia decide infatti che se Franca rivendicherà ancora una volontà propria, dovrà applicare la legge del più forte. Decide quindi di rapirla il 26 dicembre 1965 e tenerla segregata otto giorni, durante i quali Franca, appena diciassettenne, fu violentata più volte. La responsabilità giuridica dello Stato risiede in ciò che all’epoca prendeva il nome di matrimonio riparatore, un vero e proprio stupro autorizzato dalla legge, residuo del Codice Rocco, espressioni con cui si designano due codici varati durante il ventennio fascista che elevavano la figura di marito e padre al ruolo di pater familias, autorizzandolo quindi a disporre dei familiari come di schiavi. Qualora infatti una donna venisse violentata, l’articolo 544 del codice penale stabiliva che: “Il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo”. Tuttavia i genitori di Franca Vi o l a d i m o s t r a n o u n a mentalità aperta e si rifiutano di vedere la figlia come “sporca” solo perché ha subito una violenza, quindi collaborano con le Foto da: https://www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/ forze dell’ordine e riescono Item/News:NEWS_ITEM:4575 a ottenere la sua liberazione e la celebrazione di un 44


processo a carico di Melodia, che fu condannato successivamente a 11 anni con le attenuanti (poi ridotti a 10). Lo stupro è infatti stato considerato in Italia un reato alla morale e non alla persona fino al 1996, quindi le pene erano attribuite di conseguenza. Inoltre vennero concesse le attenuanti, che secondo uno studio di Paola di Nicola, magistrata italiana, sono accordate ancora oggi nel 70% dei casi di femminicidio, perché la morale dominante è che la donna è colpevole della violenza di genere. Bisognerebbe riflettere sul fatto che quando una donna avanza una proposta di legge, quando una donna diventa vertice di istituzioni Foto da https://www.ilpost.it/2018/01/10/franca-viola/ internazionali, l’azione è sempre subita, è portavoce di partito, è nominata da uomini, mentre quando una donna viene violentata o addirittura uccisa l’azione è attiva, sebbene la diatesi necessariamente passiva dei verbi indicherebbe il contrario. Questo dimostra che la storia di Franca innanzitutto non ha rivoluzionato la legge, per quello ci vorranno molti drammi di molte donne che non hanno potuto dire di no come lei e il matrimonio riparatore sarà eliminato dal codice penale solo nel 1981. Evidentemente non ha rivoluzionato neppure il modo di pensare comune, cambiamento per il quale chissà quanta altra violenza sarà necessaria, ma ha abbattuto il preconcetto che una donna debba sempre obbedire e rinunciare da principio ad avere una volontà.

Foto da: https:// www.repub blica.it/ cronaca/ 2015/12/27/ news/ _io_che_50 _anni_fa_h o_fatto_la_ storia_con_ il_mio_no_ alle_nozze_ riparatrici_130210807/

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RITA LEVI MONTALCINI di Sarrie Patozi e disegno di Francesca Tirinnanzi Rita Levi Montalcini nacque il 22 aprile 1909 a Torino in una famiglia ebrea sefardita da Adamo Levi, ingegnere elettrotecnico e matematico, e da Adele Montalcini, pittrice. Trascorse l’infanzia serenamente e quando giunse il momento, andando contro il volere paterno, si iscrisse all’Università di Medicina di Torino e a soli 21 anni riuscì a far parte dell’entourage di Giuseppe Levi. Qui Levi Montalcini iniziò a dedicarsi agli studi sul sistema nervoso che da quel momento sarebbero stati un elemento fondamentale per la sua vita. Conseguì la laurea nel 1936 con il massimo dei voti e successivamente decise di specializzarsi in ambito neurologico e psichiatrico. Quando però furono pubblicate le leggi razziali nel 1938, Rita fu costretta ad emigrare in Belgio. Tuttavia, dopo l’invasione nazista Levi Montalcini ritornò a Torino dove continuò le sue ricerche allestendo un laboratorio nella propria camera da letto. Cominciò dunque, con il sostegno di Giuseppe Levi, a studiare il sistema nervoso dei polli basandosi sull’articolo del biologo tedesco Viktor Hamburger. Il loro intento era quello di decifrare l’impatto dei fattori genetici e ambientali sui diversi sistemi nervosi. Costretta nuovamente ad abbandonare la capitale piemontese, nel 1947 accettò l’invito di Viktor e si recò negli Stati Uniti, presso la Washington University di St. Louis. Assieme a Stanley Cohen, un biochimico americano, giunse alla scoperta del Nerve Growth Factor (NGF), una proteina coinvolta nello sviluppo del sistema nervoso. L’NGF indirizza e regola la crescita degli assoni tramite segnalazioni cellulari (un processo che coordina le attività di base della cellula). Tale ricerca si è rivelata fondamentale per la comprensione della crescita cellulare, e assume un ruolo significativo anche per quanto riguarda gli studi sul cancro e su malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson. Per questa scoperta nel 1986 Rita Levi Montalcini e Stanley Cohen ottennero il Premio Nobel per la medicina. Nella motivazione per il Premio si legge: La scoperta dell'NGF all'inizio degli anni cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo. Tra il 1961-2 ritornò in Italia e istituì un centro di ricerca sul Nerve Growth Factor. Pochi anni dopo, nel 1969, fondò l’Istituto di biologia presso il CNR. Nel 2001 venne eletta senatrice a vita e l’anno seguente diede vita all’associazione EBRI (European Brain Research Institute) a Roma. Rita Levi Montalcini si spense il 30 dicembre 2012 all’età di 103 anni nella sua abitazione a Villa Massimo, presso Villa Torlonia. Le sue spoglie furono sepolte nella tomba di famiglia del cimitero monumentale di Torino. 46


Carla Accardi di Silvia Monno Carolina Accardi, meglio nota come Carla Accardi, è stata una delle più grandi esponenti dell'astrattismo nell'Italia del dopoguerra. Carla nasce a Trapani, il 9 ottobre del 1924 dove consegue la maturità classica, per poi trasferirsi a Palermo, per studiare Belle Arti fino al 1947. Trasferitasi a Roma forma il gruppo di ispirazione Marxista e Formalista "Forma 1", assieme a Ugo Attardi, Pietro Consagra, Giulio Turcato, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo, Mino Guerrini e Pietro Dorazio. Il gruppo prende il nome della rivista romana "Forma". Sebbene col passare del tempo i temi e gli stili dei vari componenti si distingueranno sempre di più, Carla Accardi continuerà ad approfondire il linguaggio scelto da Forma 1 dal principio: cercare una mediazione tra astrattismo e realismo, eliminando il figurativo e simbolismi vari, creando immagini concrete utilizzando i più disparati colori. Nel 1951 tiene la sua prima mostra personale a Roma, nella libreria Age D'Or; prima di questo evento, infatti, aveva sempre esposto assieme al gruppo. Dopo lo scioglimento di Forma 1, l'artista inizia a girare per diverse città Europee, dove espone le sue opere nelle rispettive gallerie. Fino al 1965 prosegue con lo studio dell'automatismo segnico, per poi abbandonare tempere e tele, per favorire supporti plastici trasparenti dipinti con vernici colore e fluorescenti. I successi nell'ambito artistico che ne seguono sono innumerevoli, ma altrettanto notevole è stato sicuramente il grande supporto che questa donna ha dato al femminismo in Italia, dove assieme a Carla Lonzi ed Elvira Banotti fonda il gruppo "Rivolta Femminile". Carolina Accardi si spegne nella mattina del 23 febbraio 2014 a seguito di un nefasto malore.

Foto da Eddart 47


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