Film n. 21 gennaio - marzo 2022

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CENTRO STUDI CINEMATOGRAFICI Anno XXVIII (nuova serie)Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento postale 70%DCBRoma

SOMMARIO

Anno XXVIII n. 21 gennaio-marzo 2022 Trimestrale di cultura multimediale

Edito

dal Centro Studi Cinematografici 00165 ROMA - Via Gregorio VII, 6 tel. (06) 63.82.605

Sito Internet: www.cscinema.org E-mail: info@cscinema.org Aut. Tribunale di Roma n. 271/93

Abbonamento annuale: euro 26,00 (estero $50) Versamenti sul c.c.p. n. 26862003 intestato a Centro Studi Cinematografici

Si collabora solo dietro invito della redazione

Direttore Responsabile: Flavio Vergerio Segreteria: Cesare Frioni

Redazione: Silvio Grasselli Giancarlo Zappoli

Hanno collaborato a questo numero: Elena Bartoni Jleana Cervai Alessio D’Angelo Leonardo Magnante Fabrizio Moresco Giorgio Federico Mosco Leonardo Zandron

Pubblicazione realizzata con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale Cinema Ministero della Cultura

Stampa: Joelle s.r.l. Via Biturgense, n. 104 Città di Castello (PG)

FILM SERIAL

In copertina

Diabolik 1

Nowhere Special - Una storia d’amore 3

Ai confini del male 4

La scuola cattolica 6

È stata la mano di Dio 8

Il ritratto del Duca 10

A white white day - Segreti nella nebbia 12

L’uomo che vendette la sua pelle 13

La padrina - Parigi ha una nuova regina 15

Aline - La voce dell’amore 16

Chi ha incastrato Babbo Natale? 20

Il capo perfetto 21

Occhiali neri 23

Non cadrà più la neve 25

America latina 26

Mistero a Saint-Tropez 28

Sull’isola di Bergman 30

Speravo de morì prima 32

Fratelli Caputo 39

La strada di casa (Stagione 1) 47

In alto Speravo de morì prima (serial) di Luca Ribuoli, Italia 2021. Al centro Diabolik di Manetti Bros., Italia 2020.

In basso Nowhere Special - Una storia d’amore di Uberto Pasolini, Italia, Gran Bretagna, Romania 2020.

Progetto grafico copertina a cura di Jessica Benucci (www.gramma.it)

di Manetti Bros.

DIABOLIK

CClerville. Anni Sessanta. Un ladro mascherato misterioso e inafferrabile terrorizza la città e compie il suo ultimo colpo. Nessuno conosce la sua identità e il suo viso, il suo soprannome è Diabolik.

Nello stesso momento a Bellair, una località di montagna, arriva la bella e ricca Lady Eva Kant che ha con sé un preziosissimo gioiello: il diamante rosa. Il commissario Ginko la incontra e la mette in guardia su Diabolik, la donna lo rassicura in merito alle precauzioni che ha preso nell’hotel dove alloggerà a Clerville, il diamante sarà custodito in una cassaforte segreta. Eva incontra Giorgio Caron, viceministro della giustizia, che la corteggia da tempo.

All’insaputa di tutti, Diabolik si cela sotto l’identità di Walter Dorian in una elegante villa in compagnia della sua fidanzata Elizabeth Gay, ignara della sua doppia vita e che lo crede spesso assente per motivi di lavoro.

A Clerville arriva Lady Kant portando con sé il diamante rosa e prende alloggio all’Hotel Excelsior. Diabolik tenta il colpo: si sostituisce a Roberto, il cameriere personale che il direttore aveva messo al servizio della donna e riesce a introdursi nella sua suite. Proprio mentre apre la cassaforte, viene colto sul fatto da Lady Kant. Diabolik le punta un coltello al collo ma la donna, per nulla terrorizzata, lo informa che il diamante è falso. L’originale lo ha venduto da tempo per pagare delle persone che la ricattavano poiché in possesso di informazioni compromettenti su di lei. Diabolik non le crede ma Eva lo sfida a farlo esaminare. Incredulo e irritato, Diabolik prende il gioiello

avvertendola: se avesse tentato di ingannarlo sarebbe tornato per ucciderla. Eva gli chiede di riportarle il brillante una volta appurato il falso, perché ne ha bisogno per i suoi eventi mondani (non volendo far nascere indiscrezioni sulla sua reale situazione finanziaria). Rientrato nel suo covo segreto, Diabolik esamina il gioiello e si rende conto che Eva gli ha detto la verità: la pietra è un falso di perfetta fattura.

Il giorno dopo Diabolik ritorna nella suite di Lady Kant con le sembianze del suo cameriere e le restituisce la pietra. La donna capisce che non si tratta del suo cameriere e gli fa capire che vorrebbe incontrarlo di nuovo. Stupito che la ragazza non sia terrorizzata da lui, Diabolik si toglie la maschera. Tra i due scatta subito l’attrazione e si baciano. Subito dopo, Eva si dimostra sua complice quando il direttore dell’hotel entra nella camera: la donna fa nascondere Diabolik dentro un armadio e poi ne agevola la fuga sfruttando la propria conoscenza della comunicazione con l’alfabeto Morse. Intanto Elisabeth, sempre più sospettosa su quello che accade nella sua casa, di notte scopre l’accesso dal suo giardino a un nascondiglio segreto e chiama la polizia. L’ispettore Ginko riesce a stanare Diabolik e ad arrestarlo. In tribunale, durante il processo, Eva comunica con Diabolik tramite alfabeto Morse (lui batte le palpebre e lei picchietta la guancia) e le dà istruzioni per organizzare la fuga. Eva mette in atto il piano e usa il suo ascendente sul viceministro Caron (con il quale è costretta a fidanzarsi) per riuscire a ottenere un colloquio a porte chiuse in carcere con Diabolik la sera prima dell’esecuzione. Durante l’incontro Diabolik, con l’aiuto

Origine: Italia, 2020

Produzione: Carlo Macchitella e Manetti Bros. per Mompracen, con Rai Cinema, in associazione con astorina

Regia: Manetti Bros.

Soggetto: dai fumetti di Angela e Luciana Giussani, Manetti Bros., Mario Gomboli

Sceneggiatura: Manetti Bros., Michelangelo La Neve

Interpreti: Luca Marinelli (Diabolik), Miriam Leone (Eva Kant), Valerio Mastandrea (Ginko), Alessandro Roia (Caron), Serena Rossi (Elisabeth), Roberto Citran (Direttore Hotel), Claudia Gerini (Signora Morel), Gio James Bertoia (Agente Ghenf), Antonio Scarpa (Agente Dalton), Francesca Nerozzi (Nadia), Guglielmo Favilla (Agente Florian), Lorenzo Pedrotti (Ettore)

Durata: 133’

Distribuzione: 01 Distribution Uscita: 16 dicembre 2021

di Eva, riesce a drogare Caron e a sostituirsi a lui con una maschera. Il giorno dopo l’ispettore Ginko intuisce tutto ma non riesce a fermare l’esecuzione: Caron finisce ghigliottinato. Diabolik e Eva partono insieme per la città di mare di Ghenf dove ha sede la banca in cui Caron depositava i soldi provenienti dai suoi ricatti. Diabolik mette in atto un colpo alla cassetta di sicurezza ma non fa partecipare Eva. La donna pensa che ci potrebbero essere delle complicazioni e decide di raggiungerlo. Diabolik riesce a terminare il colpo ma si trova faccia a faccia con Ginko. La prontezza di Eva salva il criminale.

Pochi giorni dopo Eva e Diabolik sono su una barca. L’uomo offre alla sua donna il vero diamante rosa che aveva ritrovato nella cassetta di sicurezza di Caron. Il viceministro lo aveva comprato dalle persone a cui Eva lo aveva venduto: ma la donna a sorpresa lo getta in mare affermando che quella pietra rappresenta il suo passato mentre ora il suo futuro è accanto a lui.

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DDiabolik, il criminale mascherato per eccellenza, l’iconico ladro inguainato in una tuta aderente, ritorna finalmente al cinema dopo più di un cinquantennio: l’ultima versione per il grande schermo risale al 1968 per la regia di Mario Bava che ne aveva dato una lettura pop e colorata, quasi d’avanguardia.

Più che una maschera, quella di Diabolik appare una seconda pelle di lattice nero che nasconde il volto del criminale lasciando scoperti solo gli occhi.

Il volto e la maschera, un gioco vecchio quanto il cinema. Un volto e le sue tante maschere: non solo quella nera da criminale ma anche le tante facce indossate da Diabolik (con un evidente richiamo a Face-off) per portare a termine i suoi colpi.

L’eroe dei fumetti dei Manetti declina continuamente il tema del doppio in un continuo gioco di specchi. Maschera e volto, ma anche ombra (Diabolik) e luce (Eva), scuro (la tuta nera del criminale) e chiaro (il biondo dello chignon di Eva che non può non richiamare alla mente quello di Vertigo di Hitchcock), terra e sottosuolo, verità e menzogna, realtà e finzione.

Il vero dualismo su cui i registi scelgono di far ruotare l’intero film è quello tra Diabolik ed Eva: uno non può esistere e vincere senza l’altro. Lui acquista vera identità di criminale solo grazie a lei; lei si trova per la prima volta davanti a lui come in uno specchio. Uno specchio in cui la donna può vedere il proprio lato oscuro con il quale

diventare complice. I due sono immediatamente calamita l’una per l’altro: nella stanza d’albergo dove avviene il primo incontro (durante il tentativo di furto), lei viene affascinata dallo sguardo magnetico e dal coraggio di lui, lui viene colpito da una donna che dimostra apertamente di non temerlo. È quel riflesso reciproco che si può definire amore nella sua essenza, inteso come messa a nudo di sé tramite l’altro. Come è stato osservato da un fine filosofo come Umberto Galimberti, la scoperta della nostra follia segreta ci attrae e ci inquieta, ma con le sole forze dell’Io non possiamo inoltrarci in quelle regioni che sono inaccessibili o ci possono travolgere, e allora abbiamo bisogno dell’altro. Amiamo l’altro perché tramite lui scopriamo noi stessi e l’altro tramite noi scopre sé stesso. Per questo non amiamo chiunque ma solo chi riflette fedelmente i nostri abissi. E il legame Diabolik-Eva portato in scena dai Manetti è proprio questo.

Il film dei registi romani è ispirato alla terza avventura del personaggio nato dalla fantasia delle sorelle Giussani uscita nel marzo 1963 (il primo albo risale al novembre 1962) intitolata L’arresto di Diabolik, la prima storia in cui appare Eva. La fedeltà del film all’universo del fumetto originale è garantita anche dalla collaborazione come soggettista di Mario Gomboli, storico soggettista delle storie di Diabolik, divenuto direttore generale della casa editrice Astorina dopo la morte delle sorelle Giussani.

Il Diabolik dei Manetti coincide con la riscoperta di un personaggio iconico. In concomitanza con l’uscita nelle sale, a Torino si è inaugurata la mostra “Diabolik alla mole”. Nel 2022 si festeggiano i sessant’anni dell’eroe mascherato. La mostra ha raccolto materiali del film del 1968 diretto da Mario Bava e dell’altra pellicola del 1965 mai terminata di Seth Holt con

protagonista Jean Sorel. E ovviamente materiali e foto del film dei Manetti. L’esposizione ha offerto un viaggio dentro le oscurità dei rifugi sotterranei di Diabolik e Eva con mobili e arredi dei primi anni Sessanta: oggetti iconici come la lampada Taccia dei fratelli Castiglioni o la chaise longue di Le Corbusier e altre opere che rispecchiano la passione per il design e l’arte.

A questo proposito i Manetti hanno compiuto un filologico lavoro di ricostruzione dei luoghi di Diabolik: l’immersione nel clima della fine degli anni Sessanta è totale, la scelta di location come Bologna, Milano, Courmayeur e Trieste è perfetta, gli oggetti e gli arredi sono quelli iconici delle tavole dei fumetti. Sul versante dello stile, i Manetti Bros. abbandonano quello colorato e pop dei loro successi (Song’e Napule, Ammore e malavita per citarne solo due) in favore di un film dal gusto cinefilo e dallo stile volutamente retrò e composto.

Un capitolo a parte meriterebbe il ritmo: il Diabolik dei Manetti è lontano dallo scandire forsennato del cinema di oggi, dei blockbuster hollywoodiani sui supereroi. Scegliendo la strada del ritorno al cinema di ieri, i registi romani optano per un ritmo più lento, da cinema d’altri tempi, un’azione piena di mistero si potrebbe dire: sfumatura perfettamente colta dagli interpreti Luca Marinelli e Miriam Leone in primis. I dialoghi tra i due trasudano quel mistero legato al desiderio, fin dal primo colpo di fulmine tutto giocato sullo sguardo e su un’intesa che si accende in modo fatale. Il desiderio appare uno dei temi cardine del film: desiderio del potere, della vittoria, della ricchezza, dell’amore.

Ed è qui che la magia del cinema si manifesta e che i Manetti vogliono omaggiare, il loro Diabolik è fatto di colpi di scena, riconoscimenti, azione ma soprattutto passione.

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NOWHERE SPECIAL – UNA STORIA D’AMORE

JJohn è un giovane lavavetri che vive con il figlioletto Michael; in seguito alla diagnosi di un male incurabile, l’uomo è costretto ad affidarsi ai servizi sociali per trovare una famiglia che possa adottare il piccolo dopo la sua morte. Accompagnati da Shona, la loro assistente sociale, i due incontrano una famiglia benestante, decisa a dare al bambino le migliori opportunità ma, nel parlare di Michael già come se fosse loro, John capisce che non sono i genitori adatti per il figlio.

Le assistenti sociali consegnano al protagonista un libro che insegna ai bambini il significato della morte; sebbene non sia ancora pronto ad affrontare questo tragico discorso, gli viene consigliato comunque di costruire una scatola dei ricordi, in cui inserire gli oggetti che, in futuro, aiuteranno Michael a capire chi fossero i genitori biologici, anche se il protagonista non vuole che il figlio ricordi l’abbandono della madre e la tragica scomparsa del padre, sperando che possa dimenticare e iniziare una nuova vita.

John continua a rimanere insoddisfatto delle nuove famiglie che Shona gli presenta, trovando conforto in Rosemary, un’anziana vedova che crede fermamente che l’anima rimanga nel nostro mondo attraverso nuove forme che non riusciamo a vedere. Michael diventa sempre più cupo, mentre John inizia a stare sempre peggio a causa delle cure. John racconta a Shona che la mamma di Michael se ne è andata qualche mese dopo la sua nascita, ma le confida che, dopo la diagnosi della malattia, ha preso in considerazione il tentativo di ritrovarla per chiederle di prendersi

cura del figlio, sebbene l’assistente sociale affermi che, anche nel caso in cui la rintracciassero, il Consiglio non avrebbe modo di valutare la situazione e rischierebbero il benessere di Michael. John sta esaurendo il numero massimo di famiglie che può consultare, per cui è chiamato a fare una scelta quanto prima, sebbene difficile dal momento che, essendo cresciuto tra diverse famiglie affidatarie, sa quanto possa essere complicato per un bambino.

Shona li conduce da Ella, donna sola e desiderosa di avere un figlio: rimasta incinta da adolescente, fu costretta a dare via il bambino, pentendosene tempo dopo, soprattutto quando il medico le comunicò che non avrebbe mai potuto avere un altro figlio, il che l’ha spinta a entrare nella lista adozioni ponendo fine al suo matrimonio, dato che il marito non avrebbe mai cresciuto un bambino non biologicamente suo.

John appare sempre più riluttante nei confronti delle famiglie che Shona gli presenta, ma capisce che è ormai giunto il tempo di scendere a patti con la tragicità del suo destino. Per prima cosa, parla con Michael, spiegandogli che, un giorno, il papà sarà costretto a lasciare questa vita, ma che rimarrà accanto a lui sotto nuove forme che non potrà vedere, ma che non lo abbandoneranno mai. Poi, decide di preparare la scatola di ricordi, in cui inserisce delle lettere per il figlio, delle fotografie e alcuni oggetti personali, come la candelina dell’ultimo compleanno passato insieme, il suo cappello e il tergivetro con cui lavorava. Infine, John decide di affidare Michael a Ella, felice di poter finalmente crescere il bambino tanto desiderato.

di Uberto Pasolini

Origine: Italia, Gran Bretagna, Romania, 2020

Produzione: Uberto Pasolini, Roberto Sessa, Cristian Nicolescu per Red Wave, Picomedia, Digital Cube, N.S.L., con Rai Cinema Regia: Uberto Pasolini

Soggetto e Sceneggiatura: Uberto Pasolini

Interpreti: James Norton (John), Daniel Lamont (Michael), Eileen O’Higgins (Shona), Valerie O’Connor (Ella), Stella McCusker (Rosemary), Chris Corrigan (Gerry), Valene Kane (Celia), Keith McErlean (Philip), Niamh Mcgrady (Lorraine), Siobhan McSweeney (Pam), Sean Sloan (Golfer)

Durata: 96’

Distribuzione: Lucky Red Uscita: 8 dicembre 2021

RRaccontare la morte è un’impresa quanto mai impossibile, implicitamente rassegnata a quel vuoto meontico compensabile solo attraverso delle vane illusioni, rendendo qualsiasi tentativo di comprenderla e categorizzarla una mera follia interpretativa, che fa sì che solamente la vita possa essere raccontata e messa in scena, anche nei suoi risvolti più tragici e ineluttabili. Per questo Uberto Pasolini non si pone obiettivi pretenziosi o inesorabilmente fallimentari, rinunciando al ver-

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sante dell’eccesso e della lacrima facile che purtroppo attanagliano molte narrazioni sul morire e sull’accettazione della perdita. Nowhere Special decide di collocarsi nel mezzo, su un confine che non è tanto tra al di qua e aldilà ma tra ciò che è giusto raccontare di un graduale processo di avvicinamento all’ora ultima, tentando di mettere da parte trovate forzatamente pietose, sebbene non avulso completamente da alcuni simbolismi alquanto retorici. Prendendo spunto da una vicenda realmente accaduta, Pasolini appare piuttosto attento a non ricadere nello stesso errore di 18 regali di Amato, mirato a trasformare la tragicità di una storia personale in uno spettacolo retorico del lacrimevole e dello stucchevole, tra viaggi nel tempo e incontri impossibili, preferendo rimanere fedele a una vicinanza emotiva con i protagonisti di quella vicenda, senza ambire al tentativo di ri-figurare l’unicità di un momento extra ordinem come direbbe Jankélévitch, né adagiarsi su un materiale emotivo di facile appiglio. Di conseguenza, il film sembra lavorare quasi per sottrazione, iniziando

di Vincenzo Alfieri

Origine: Italia, 2021

Produzione: Un Film Sky Original, Prodotto da Fulvio e Federica Lucisano per Italian International Film - Gruppo Lucisano e Vision Distribution

Regia: Vincenzo Alfieri

Soggetto: liberamente ispirato al romanzo “Il confine” di Giorgio Glaviano

Sceneggiatura: Vincenzo Alfieri, Fabrizio Bettelli, Giorgio Glaviano

Interpreti: Edoardo Pesce (Fabio Meda), Massimo Popolizio (Giorgio Rio), Chiara Bassermann (Nevema), Roberta Caronia (Antonella Rio), Luka Zunic (Luca Rio), Nicola Rignanese (Ludovico Treanni)

Durata: 87’

Distribuzione: Vision Distribution

Uscita: 1 novembre 2021

in medias res senza mostrare per esempio la diagnosi della malattia, lasciando l’ospedale come una presenza relegata a pochi secondi e scegliendo di non mettere in scena la morte del protagonista.

Pasolini si limita all’osservazione di un legame destinato a finire, che passa attraverso il simbolismo della strada costantemente percorsa dai due personaggi nei loro tragitti esistenziali, in una città che non fa altro che ricordare a John il suo triste destino, notevolmente restituito dai cromatismi bluastri che esternano la freddezza emotiva di un soggetto che lotta contro se stesso per non manifestare un dolore insostenibile. Di nuovo, la scelta cromatica è esemplificativa di un progetto autoriale costantemente centrato sull’umano e sulla sua sfera emotiva, mai su una possibile riconfigurazione del Dopo, facendo sì che il colore non miri a restituire quella dimensione tanatologica tipica, per esempio, dell’esposizione cromatica di Sto pensando di finirla qui di Kaufman, abilmente correlato all’annullamento stesso del visibile e dell’incapacità di poter rendere la morte un’immagine.

Il Dopo è problematizzato solo a parole e mai visivamente, imbrigliato nel Prima, sapendo che, oltre quello, non si può procedere senza ricadere nella banalizzazione e, probabilmente, non è un caso che il film si concluda emblematicamente su un freeze-frame che, come sottolineato anche da Laura Mulvey, sottrae il movimento all’immagine cinematografica restituendo il percorso della vita organica destinata all’inorganico, all’inanimato, sebbene l’autore non cerchi di elevarlo a figura concettuale mirata a riconfigurare l’istante ultimo, come accadeva nel Ring di Nakata o nel finale di Female Trouble di Waters.

Pasolini dirige un film fatto di gesti ordinari, devastanti nella loro semplicità, che James Norton e il piccolo Daniel Lamont riescono a restituire perfettamente senza sovrabbondanti orpelli recitativi, dove ogni azione risuona straordinaria nella sua semplicità, come i tanti oggetti modesti che John inserisce nella scatola dei ricordi in quello che, probabilmente, è il momento più struggente del film.

AI CONFINI DEL MALE

In una imprecisata località dell’Italia centrale, due ragazzi, di nome Luca e Adele, spariscono improvvisamente nel nulla dopo aver partecipato a un rave party in mezzo ai boschi. Ad occuparsi del caso sono l’integerrimo capitano Giorgio Rio, padre di Luca, e dall’irascibile tenente Fabio Meda, detto “cane pazzo”, per via dei suoi comportamenti eccessivi e spesso violenti. In realtà, l’uomo è divorato dai sensi di colpa e tormentato dai propri fantasmi da quando ha

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perso moglie e figlioletto in un incidente d’auto.

Dopo un’incontro sessuale, la prostituta bulgara Nevena cerca di “ricattare” Meda con l’intento di costringerlo a ritrovare sua figlia Irina, scomparsa come gli altri due ragazzi. Con la collaborazione del giornalista Ludovico Treanni, Meda segue la pista del “mostro” di Velianova che dieci anni prima rapì alcuni adolescenti torturandoli e uccidendoli: scopre così che Irina spacciava insieme a

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Luca, con cui aveva una relazione, e riforniva di cocaina e pasticche il conte Bazzini per i suoi festini esclusivi.

Il mistero si infittisce ulteriormente quando una sera, Luca viene inaspettatamente liberato e ritrovato in un campo. Ma di Irina e Adele non c’è alcuna traccia. Il ragazzo, sotto shock, viene ricoverato in ospedale; lì, in seguito, minaccia improvvisamente il padre con una pistola sottratta a un carabiniere, salvo poi farsi dissuadere da Meda.

Qualche sera dopo, Meda cerca di introdursi nella villa del conte Bazzini e si impossessa delle registrazioni delle telecamere che dimostrano che Irina è stata lì prima di sparire; si imbatte quindi nel padrone di casa proprio mentre si sta svolgendo una delle sue feste e riesce a fuggire nonostante venga ferito da un colpo di fucile.

La mattina seguente, Meda e Rio interrogano Bazzini, il quale nega di essere coinvolto. Le indagini proseguono e la scia da seguire è sempre quella del mostro: da ormai dieci anni, Rio è certo che l’autore dei delitti sia Gianluca Pozzi, un ex poliziotto che ha perso la sorella Sara per un’overdose. Si presume che l’agente si sia trasformato in un angelo vendicatore, pronto a sterminare spacciatori e tossici in un vortice di giustizia privata e misticismo delirante. Ma c’è davvero lui dietro quanto sta succedendo ora?

Dopo aver ritrovato il cadavere di Adele nel bosco, Meda e Rio fanno visita all’ex collega Pozzi nel cui appartamento vengono ritrovate delle fiale di Tritium, un farmaco illegale che sarebbe servito per narcotizzare le vittime durante le sevizie. È una prova schiacciante, come il giubbotto di Irina, ancora scomparsa, ritrovato nell’abitazione. Mentre il conte Bazzini viene arrestato, Pozzi non regge la pressione e si getta

improvvisamente dalla finestra, morendo sul colpo.

Tuttavia, c’è qualcosa che non torna: il killer non violentava le sue vittime. Su suggerimento di Treanni, Meda capisce che dietro a tutto c’è il capitano Rio, e lo costringe a confessare: dopo il rave party Luca voleva avere un rapporto con Adele (ancora vergine), e al suo rifiuto l’ha uccisa sbattendole violentemente la testa sul pavimento; il carabiniere ha poi aiutato il figlio a ripulire la scena del crimine e nascondere il cadavere, inscenato il rapimento e, con l’aiuto della moglie Antonella, anche quello di Irina, che li aveva visti mentre stavano occultando il corpo di Adele; infine, ha cercato incastrato Pozzi e Bazzini. Soddisfatto, Meda porta Rio in macchina per portarlo dal PM, ma il capitano accelera e l’auto finisce fuori strada lungo il lago: dopo una lunga colluttazione tra i due il tenente ha la meglio e poco dopo arresta anche Luca e la madre, oltre a liberare la povera Irina e riconsegnarla finalmente alla madre Nevena.

Malconcio e accompagnato dalla sua fedele pitbull Luna, Meda fa visita alla tomba di Adele dove incontra Treanni mentre lascia dei fiori alla fidanzata scomparsa anni prima. Ma c’è qualcosa di strano. Si scopre che sulla lapide della fidanzata di Treanni riporta il nome di Sara Pozzi, la sorella di Gianluca mentre sulla croce in marmo, c’è una catenina con un ciondolo: la Madonna del Tridente, la stessa icona associata ai delitti del mostro. Qui Meda ricorda le parole di Rio: “Sono sicuro che Pozzi avesse anche un “complice”. Tutto lascia pensare che il vero “orco” di Velianova sia proprio Treanni, che aveva definito la cava dove venivano ritrovati i cadaveri del mostro “il mio bancomat personale”. Uscito dal cimitero, Treanni lascia quel luogo di desolazione a bordo della sua auto.

AAi confini del male è un film bifronte. Non solo per il concetto del “doppio” che vi aleggia, sin dal doppio senso del titolo (“confine” sia inteso come l’ambigua località lacustre che fa da sfondo al film che come il limite estremo tra il bene e il male) destinato incessantemente a “triplicarsi” (se pensiamo che alla base di tutto ci sia il romanzo Il confine di Giorgio Glaviano); e nemmeno per l’escamotage del doppio finale che spiazza lo spettatore dopo la risoluzione apparente dell’enigma; Quello che colpisce è l’attenzione dedicata all’approfondimento psicologico dei personaggi, con la scelta di focalizzarsi su una coppia di investigatori anti-eroi dai character design totalmente opposti: l’uno, Meda detto “Cane Pazzo” (un animalesco Edoardo Pesce), divorato dalle proprie psicosi e tormentato dai sensi di colpa dopo la morte della moglie e del figlio in un incidente d’auto; l’altro, l’integerrimo capitano Rio (Massimo Popolizio), ligio alle regole militari ma corpo estraneo in una famiglia che lo rifiuta, lo respinge, lo disprezza.

La bivalenza de Ai confini del male però si spinge oltre a questi elementi per immergerci invece in una vicenda oscura dove a parlare sono le immagini e le atmosfere che il regista trentacinquenne Vincenzo Alfieri è riuscito a realizzare con buona mano, recuperando e aggiornando la lezione del giallo all’italiana ma con un occhio rivolto al cinema d’oltreoceano (sono

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evidenti i punti in comune con Prisoners, Seven e soprattutto True Detective). Il merito è anche grazie alla splendida fotografia di Davide Manca, che lavora sulla luce naturale dalla grana opaca per cercare di mettere in scena il clima torbido e malsano che caratterizza il pessimismo cosmico dei due protagonisti sull’orlo dell’abisso: “Quando guardi a lungo nell’abisso l’abisso ti guarda dentro” (Friedrich Nietzsche). Non a caso, per ricreare questo mondo senza speranza, Alfieri ambienta il film nei luoghi più remoti dell’entroterra laziale, tra il

di Stefano Mordini

Origine: Italia, 2021

Produzione: Roberto Sessa per Warner Bros. Entertainment Italia e Picomedia

Regia: Stefano Mordini

Soggetto: dal romanzo omonimo di Edoardo Albinati

Sceneggiatura: Massimo Gaudioso, Luca Infascelli, Stefano Mordini

Interpreti: Benedetta Porcaroli (Donatella), Valeria Golino (Ilaria Arbus), Riccardo Scamarcio (Raffaele Guido), Jasmine Trinca (Coralla Martirolo), Giulio Pranno (Andrea Ghira), Fausto Russo Alesi (Davide Rummo), Fabrizio Gifuni (Golgota), Valentina Cervi (Eleonora Rummo), Emanuele Maria Di Stefano (Edoardo Albinati), Giulio Fochetti (Arbus), Leonardo Ragazzini (Salvatore), Alessandro Cantalini (Picchiatello Martirolo), Andrea Lintozzi (Gioacchino Rummo), Guido Quaglione (Stefano Jervi), Federica Torchetti (Rosaria), Luca Vergoni (Angelo Izzo), Francesco Cavallo (Gianni Guido), Angelica Elli (Leda Arbus), Gianluca Guidi (Ludovico Arbus), Corrado Invernizzi (Preside), Beatrice Spata (Lia Rummo), Giulio Tropea (Gian Pietro)

Durata: 106’

Distribuzione: Warner Bros. Pictures V.M.: 14

Uscita: 7 ottobre 2021

RRoma, 1975. Edoardo Albinati racconta la sua esperienza in un’autorevole scuola cattolica maschile, frequentata da rampolli della borghesia romana, indagando le

Lago di Albano, il Tevere e l’Aniene (che ricordano la Louisiana del già citato True Detective).

Purtroppo però non tutto funziona per il meglio. Il ritmo latita e la durata complessiva dell’opera risulta essere troppo lunga. La sceneggiatura (scritta a sei mani da Fabrizio Bettelli, Giorgio Glaviano e dallo stesso Alfieri) contiene alcune falle e semplificazioni che non riescono a scandire i tempi del thrilling soprattutto nelle soluzioni di nodi decisivi all’indagine.

Bisogna segnalare infine, la buona colonna sonora mai invadente di

Andrea Bellucci che conferisce una dimensione torbida e suggestiva alla vicenda così come la scelta azzeccata di inserire nel finale il pezzo gothic-rock Burn dei Cure. Come cantava Robert Smith: “Don’t look don’t look the shadows breathe”.

Prodotto da Italian International Film, Lucisano Media Group e Vision Distribution, Ai confini del male viene trasmesso in prima tv assoluta a partire dal 1 novembre 2021 su Sky Cinema e in streaming su NOW.

LA SCUOLA CATTOLICA

contraddizioni degli insegnanti e delle disfunzionali famiglie degli studenti. Gli impulsi violenti dei ragazzi conducono a un episodio di bullismo di cui vengono accusati Gianni Guido e Angelo Izzo: il primo è punito violentemente dal padre, uomo d’affari che teme ripercussioni sul nome della famiglia, mentre il secondo minaccia il fratello minore affinché non confessi la verità. Entrambi attendono il ritorno dell’amico Andrea Ghira, appena rilasciato dal carcere.

Tra gli amici di Edoardo ci sono: Carlo, figlio della morbosa Ilaria e dell’accademico Ludovico Arbus; il bizzarro Pik Martirolo, la cui madre Coralla, bellissima ex attrice, intraprende degli incontri sessuali con i suoi compagni; Gioacchino Rummo, appartenente a una numerosa famiglia cristiana, la cui madre Eleonora risente del peso del bigottismo del marito. Gioacchino mette in discussione gli insegnamenti familiari e scolastici, in particolare del prof. Golgota che, nello spiegare un dipinto della flagellazione, riconosce un’intercambiabilità tra Cristo e i flagellanti, nonché una natura umana ontologicamente votata al male. I ragaz-

zi simulano il quadro frustando un compagno, uno dei tanti modi per sfogare la loro aggressività, che porta alcuni di essi a partecipare a una setta dedita alla distruzione. L’accezione tossica della mascolinità costringe i giovani a dimostrare il loro predominio sul femminile: Stefano Jervi, nonostante gli incontri passionali con Coralla, tratta le sue coetanee come meri oggetti carnali; Angelo intimidisce una giovane che ha rifiutato suo fratello, vessando al contempo quest’ultimo per estirpare una possibile omosessualità latente.

Le varie situazioni familiari peggiorano: gli Arbus sono coinvolti in uno scandalo dopo la confessione pubblica dell’omosessualità di Ludovico, di cui Ilaria era consapevole data la relazione con uno studente; i Rummo perdono una loro figlia, da cui l’acutizzarsi della crisi di Eleonora; Pik scopre Coralla con Stefano, da cui l’incrinarsi del loro rapporto e la difficoltà del giovane di approcciare con una coetanea.

Angelo e Gianni conoscono le giovani Donatella Colasanti e Rosaria Lopez e le invitano alla villa

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al Circeo di Andrea ma, sul posto, le due vengono stuprate dai tre, nonché drogate e picchiate selvaggiamente. Rosaria non sopravvive agli abusi, mentre Donatella si finge morta; le due vengono caricate nel portabagagli dell’auto di Gianni, che torna con Angelo a Roma, fieri di aver eliminato due ragazze di estrazione sociale inferiore. Parcheggiata la vettura, gli assassini rincasano e Donatella inizia a chiedere aiuto, da cui il suo salvataggio da parte di un metronotte e l’arresto dei colpevoli. Edoardo considera il delitto del Circeo una conseguenza delle tensioni latenti all’ipocrisia morale dietro cui le famiglie e l’istituzione si sono nascoste per celare le proprie meschinità. Ogni genitore inizia a temere di star crescendo un potenziale mostro.

NNon esente dalle critiche fuorvianti del mondo cattolico e di una certa politica, timorosa di una dissacrante associazione tra l’istituzione scolastica religiosa e uno degli eventi di cronaca più scioccanti del nostro Paese, il film di Mordini è stato al centro di innumerevoli accuse: pornografia della violenza; superficiale adattamento del romanzo di Albinati e del suo contesto storico; l’occultamento delle simpatie fasciste degli assassini; una narrazione che si muove caoticamente nel tempo, presentando una carrellata di personaggi senza approfondirne nessuno. Acute invece le osservazioni di Gianni Canova sul mare magnum di tali denigrazioni (a partire dalla critica al mancato riferimento all’apologia totalitarista nonostante l’esplicita simpatia per Hitler), finanche le parole dello stesso Mordini, disinteressato a un approccio cronachistico per elevare gli orrori del Circeo a storia universale su un Male che attraversa tempo, spazio ed etichettamenti politici. Non solo le accuse di pornografia della

violenza sono infondate, data la scelta di relegare gli stupri in fuoricampo e limitare le percosse a pochi attimi (appare molto più “pornografica” la costante esposizione del corpo denudato e martoriato della protagonista del pluriacclamato Titane...), ma si fraintende volutamente la fuorviante lezione di Golgota per giustificare un insussistente divieto ai minori di 18 anni nonostante l’evidente posizione autoriale, salvaguardante un libero arbitrio che spinge sempre a una scelta, a una volontaria e responsabile sottrazione al Male nonostante l’appartenenza allo stesso contesto socioculturale, da cui la lecita opposizione delle famiglie Lopez e Colasanti alla scelta di impedire alle nuove generazioni di accedere a un film che, seppur atroce, appare più attuale che mai e che riguarda soprattutto quella fascia di pubblico a cui la visione è stata negata.

Il maelström di vite e personaggi definisce un peculiare impianto caleidoscopico mirato a cogliere l’intrigato aggrovigliamento di forze conflittuali, rappresentanti di diverse sfumature di una malvagità capillare e subdola che scandisce un mondo a sé stante, uno pseudo-Inferno dantesco in cui ogni personaggio si fa portatore di una precisa colpa (l’ignavia della Golino, la lussuria della Trinca, l’ira degli studenti ecc.), fino al peccato collocato nei gironi più profondi: il tradimento dei propri ospiti, di cui i tre criminali si macchiano durante le barbarie nella sontuosa villa di Andrea Ghira. In quanto esplorazione di una concezione tossica dei ruoli di genere, a spiccare è la criptica Coralla di Jasmine Trinca, probabilmente il personaggio più rappresentativo, sebbene le sue fugaci apparizioni. Rispetto agli altri genitori, Coralla incarna nella sua bellezza un’aura evanescente che la rende una creatura enigmatica, ideale di un femminile senza tempo, illusorio ed effimero come il mondo

del cinema da cui proviene, di un fascino che trascende le qualità più terrene e acerbe delle coetanee dei ragazzi. Sebbene responsabile della mala educación del figlio e maschera di un certo male borghese secondo la Trinca, attraverso il suo vizio tenta di rieducare il maschile a una sessualità passionale, dominando i propri partner (la simbolica penetrazione dell’ombelico di Stefano con un dito), istruiti a un soddisfacimento reciproco del piacere (il sesso orale tra i due). La dimora di Coralla diventa un antro in cui esorcizzare quella che per Albinati è la maledizione di nascere uomini nel loro contesto, un mausoleo in cui abbandonarsi a quel femminile che, nella sfera sociale, diviene feticcio attraverso cui dimostrare e salvaguardare una mascolinità predatoria e prevaricatrice, collettivamente riconosciuta. Sola sul portico ad aspettare il figlio fuggito dopo la scoperta dei suoi incontri, la “disfatta” dell’educazione sessuale di Coralla fa da eco simbolico alle violenze perpetuate al Circeo: la definitiva sconfitta della mascolinità, abbandonata al suo lato più famelico e distruttivo, la cui conclusione non può che trovarsi nello sguardo di un femminile devastato di cui si fa portatore quel “paesaggio umano” che è il volto insanguinato e livido di Donatella che chiude significativamente la vicenda, risultato del brutale caleidoscopio malefico che l’autore innesca a partire dalle urla nel cofano della Fiat 127 che inaugurano inquietantemente il film.

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lEonardo MagnantE

di Paolo Sorrentino

Origine: Italia, Stati Uniti, 2021

Produzione: Lorenzo Mieli, Paolo Sorrentino per The Apartament, Società del Gruppo Fremantle

Regia: Paolo Sorrentino

Soggetto e Sceneggiatura: Paolo Sorrentino

Interpreti: Filippo Scotti (Fabietto Schisa), Toni Servillo (Saverio Schisa), Teresa Saponangelo (Maria Schisa), Marlon Joubert (Marchino Schisa), Luisa Ranieri (Patrizia), Renato Carpentieri (Alfredo), Massimiliano Gallo (Franco), Betti Pedrazzi (Baronessa Focale), Biagio Manna (Armando), Ciro Capano (Capuano), Enzo Decaro (San Gennaro), Lino Musella (Mariettello), Sofya Gershevich (Yulia), Carmen Pommella (Annarella), Paolo Spezzaferri (Prete anziano), Rossella Di Lucca (Daniela), Antonio Speranza (Carabiniere), Dora Romano (Signora Gentile), Lubomir Misak (Americano), Cherish Gaines (Americano)

Durata: 130’

Distribuzione: Lucky Red, Netflix Uscita: 24 novembre 2021

“H“Ho fatto quello che ho potuto. Non credo di essere andato così male”. La citazione di Diego Armando Maradona - “il più grande calciatore di tutti i tempi” - riempie lo schermo. Poi, su una sequenza aerea che svela il golfo di Napoli, scorrono i titoli di testa. Fuochi d’artificio. Traffico. Napoli, 1984. Una donna alla fermata dell’autobus viene avvicinata da una macchina che la invita a salire. Al suo interno, un uomo si qualifica come San Gennaro. Accompagna la donna in una casa, all’interno della quale incontrano ‘o monaciello, un monaco bambino. Il presunto San Gennaro invita la donna a baciare il bambino sulla fronte. In cambio, la donna potrà finalmente rimanere incinta del suo compagno. Rientrata a casa, la donna racconta l’accaduto al compagno, che trova però dei contanti nella

sua borsa e la aggredisce, convinto che si sia prostituita. La donna, terrorizzata, chiama la sorella che accorre assieme al marito e al figlio: si tratta di Fabio Schisa, detto Fabietto, e dei suoi genitori Maria e Saverio. Scopriamo che la donna si chiama Patrizia e ha problemi mentali. Lo stacco porta a casa Schisa. Fabietto è un adolescente sensibile e solitario. La madre una casalinga, il padre un bancario. A completare il quadro vi sono Daniela, sorella costantemente chiusa in bagno, e Marchino, fratello maggiore con aspirazioni da attore. Saltuariamente fa visita in casa Schisa la Baronessa Focale, misantropa e cinica. Fabietto si reca a scuola, ma sembra non avere amici o particolari interessi. Passa il tempo con le cuffie sulle orecchie. Una lunga sequenza di un pranzo al mare introduce altri personaggi che ruotano attorno alla famiglia Schisa: l’antipatica signora Gentile, il pessimista zio Alfredo, il faccendiere Geppino e altri parenti coloriti. Nonostante i tanti anni di matrimonio, i genitori di Fabietto sembrano amarsi come il primo giorno. Durante il bagno in mare, tra le mille distrazioni - su tutte la sensuale zia Patrizia impegnata a prendere il sole completamente nuda - il protagonista insegue con gli occhi un motoscafo di contrabbandieri in fuga dalla Guardia di Finanza. Il giorno dopo Fabietto accompagna Marchino a un provino per un film di Federico Fellini. Il regista riminese liquida il giovane, sostenendo abbia una faccia troppo convenzionale. Tornando a casa, i due sembrano scorgere tra le strade di Napoli Diego Armando

È STATA LA MANO DI DIO

Maradona, prossimo al trasferimento tra le fila della squadra della città. Scopriamo poi che il padre del protagonista coltiva una relazione extraconiugale che mette in crisi il matrimonio. La moglie lo allontana da casa. Fabietto si imbatte successivamente sul set di un film in lavorazione all’interno della galleria Umberto I. Il regista è Antonio Capuano. Finalmente il giovane sembra aver trovato un mondo che possa interessarlo. Frattanto inizia a frequentare lo stadio, dove incontra uno dei contrabbandieri in fuga dalla Finanza. I due fanno amicizia. I mesi scorrono, Maradona segna il famosissimo gol di mano contro l’Inghilterra, il cugino Geppino viene arrestato per via dei suoi traffici e i genitori di Fabietto, dopo aver fatto pace, si godono l’agognata seconda casa in montagna da poco acquistata. Durante una notte, tuttavia, i due perdono improvvisamente la vita per via di una fuga di monossido di carbonio. Fabietto e Marchino vengono convocati in ospedale, dove ricevono la terribile notizia. Il protagonista chiede di poter vedere i corpi dei genitori, ma ciò gli viene impedito. Dopo il funerale, Marchino informa il fratello che andrà per qualche giorno a Stromboli, in vacanza. Fabietto non riesce a farsi una ragione della morte dei genitori. Fa visita a zia Patrizia, ora internata in una clinica, e le confessa di avere aspirazioni artistiche. Successivamente perde la verginità con la Baronessa Focale, che lo aiuta a “guardare al futuro”. Dopo una nottata avventurosa con l’amico contrabbandiere, che scopriamo

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chiamarsi Armando, Fabietto raggiunge Marchino a Stromboli. I due passano del tempo insieme. Il fratello maggiore confessa al protagonista di non sapere come affrontare il futuro. Rientrato a Napoli, Fabietto si reca al cinema per vedere il nuovo film di Capuano. Ne resta estasiato. Qualche tempo dopo fa visita ad Armando, ora in carcere per via dei suoi traffici. Ora più che mai, Fabietto è solo. Una sera tuttavia incontra casualmente proprio il suo nuovo idolo, Antonio Capuano. Il giovane è alla ricerca di consigli per diventare regista cinematografico. Capuano, burbero e scontroso, lo invita a cercare il conflitto, a fuggire la retorica, a non arroccarsi dietro al dolore. Infine, dopo un lungo scambio, il cineasta incalza Fabietto chiedendogli se ha davvero qualcosa da raccontare. Il protagonista urla in faccia al golfo di Napoli il dolore di non aver potuto vedere i corpi dei suoi genitori. Ecco cosa ha da dire. Capuano, ridendo soddisfatto, si tuffa in acqua. Fabietto ora è pronto a lasciarsi tutto alle spalle. Dopo aver salutato zia Patrizia, la sorella Daniela e la Baronessa, il protagonista sale su un treno direzione Roma, mentre le strade di Napoli vengono invase dai tifosi in festa per via dello scudetto conquistato grazie alle gesta di Maradona. Dal treno, in una piccola stazione, Fabietto scorge il Monaciello della scena d’apertura, cui fa un cenno con la mano. Il bambino risponde con un sorriso. Poi Fabietto si infila le cuffie e schiaccia un tasto del walkman. Le note di “Napul’è” di Pino Daniele abbracciano lo schermo. Sull’inquadratura fissa del volto del protagonista, scorrono i titoli di coda.

“Le radici sono importanti”, dice la Santa a Jep Gambardella nell’ul -

tima parte del film che è valso il premio Oscar a Paolo Sorrentino ed è proprio attorno alle radici che il cineasta napoletano decide di costruire la sua nuova opera. Eternamente affascinato dai trucchi - quelli del mestiere, quelli degli illusionisti capaci di far scomparire le giraffe, quelli posati a chili sui volti degli attori per farli diventare personaggi - in È stata la mano di Dio , Sorrentino decide di utilizzare al minimo i suoi usuali artifici, mettendo al centro del discorso il racconto umano di una famiglia felice prima e di un adolescente arrabbiato poi, con una Napoli inquieta e sognatrice a fare da cornice. Per fare ciò, il regista campano destruttura il suo cinema, smontandolo mattone per mattone: la musica, solitamente parte integrante del racconto, viene utilizzata con parsimonia, il montaggio abbandona il ritmo scorsesianamente incalzante, facendosi dolce, gli attori lasciano cadere le maschere e si fanno umani, la fotografia dimentica le tinte caravaggesche e abbraccia l’azzurro di Napoli. Conta solo la storia. Quella di Fabietto - alla fine del film diventerà Fabio - quella di suo fratello, di sua sorella, dei suoi genitori, della tragica imprevedibilità della vita. Dopo aver celato, a volte ironicamente negato, i suoi riferimenti cinematografici, Sorrentino sembra ora pronto a dichiarare serenamente influenze, rimandi, maestri. È stata la mano di Dio si apre sulla sequenza del traffico di 8 ½ e si chiude con il protagonista in viaggio de I Vitelloni , in mezzo c’è Capuano, Pino Daniele, Massimo Troisi, Raffaele La Capria e molto altro. In un gioco di citazioni e auto-citazioni - la scena di sesso con la Baronessa arriva direttamente da Hanno tutti ragione , romanzo dello stesso Sorrentino uscito per Feltrinelli nel 2010 - il regi -

sta premio Oscar, giunto al suo nono lungometraggio (se si conta Loro come opera unica), sembra voler abbracciare il suo pubblico di vecchia data, ma riconciliarsi anche con coloro i quali non hanno amato la svolta onirica giunta da La grande bellezza in poi. È stata la mano di Dio vuole essere un film universale, accessibile, sincero. In una parola: semplice. Non è casuale che per giungere a questo risultato, Sorrentino abbia deciso di voltare pagina e cambiare buona parte della squadra con la quale aveva condiviso il suo precedente percorso professionale: la Produzione è stavolta affidata a Lorenzo Mieli e la sua The Apartment e non più allo storico amico e collaboratore Nicola Giuliano (Indigo) , la Fotografia a Daria D’Antonio e non più a Luca Bigazzi, il supporto alla regia a Jacopo Bonvicino e non allo storico aiuto regia Davide Bertoni. Oltre a ciò, il film è, di fatto, un prodotto Netflix , con annesso percorso distributivo. Uscito nelle sale italiane il 24 novembre 2021 e inserito nel catalogo Netlix il 15 dicembre dello stesso anno, È stata la mano di Dio ha conquistato il Leone d’argento a Venezia 78, oltre a varie candidature internazionali, tra cui quella come miglior film straniero ai Golden Globe e agli Oscar.

9 “L
giorgio FEdErico Mosco

di Roger Michell

Origine: Gran Bretagna, 2020

Produzione: Nicky Bentham per Neon Films

Regia: Roger Michell

Soggetto e Sceneggiatura: Richard Bean, Clive Coleman

Interpreti: Jim Broadbent (Kempton Bunton), Helen Mirren (Dorothy Bunton), Fionn Whitehead (Jackie Bunton), Anna Maxwell Martin (Sig.ra Gowling), Matthew Goode (Jeremy Hutchinson), Jack Bandeira (Kenny Bunton), Aimee Kelly (Irene), Charlotte Spencer (Pamela), James Wilby (Giudice Aarvold), John Heffernan (Edward Cussen), Richard McCabe (Rab Butler), Andrew Havill (Sir Philip Hendy), Charles Edwards (Sir Joseph Simpson), Sian Clifford (Dott. Unsworth), Sam Swainsbury (Brompton), Dorian Lough (Macpherson), Ashley Kumar (Javid Akram), Craig Conway (Sig. Walker), Heather Craney (Debbie), Michael Adams (Inverdale), Joshua Mcguire (Eric Crowther), Darren Charman (Duca di Wellington), Andy Parker (Goya), Simon Hubbard (Myton), Val McLane (Freda), Michael Mather (Eddie), Sparrow Michell (Agnes Gowling), Aimee Kelly (Irene Boslover), Cliff Burnett (Wilf), Michael Hodgson (Barry Spence), Steve Giles (Sig. Edbury)

Durata: 96’

Distribuzione: Bim

Uscita: 3 marzo 2022

NNewcastle, 1961. Kempton Bunton, è un taxista sessantenne dalla spiccata vena letteraria, felicemente sposato con Dorothy e padre amorevole di due ragazzi, Jackie e Kenny. La sua vita si svolge pacificamente, quando un giorno, viene arrestato e incarcerato a Durham per tredici giorni dopo aver guardato la TV senza il canone pagato. Sebbene possa permetterselo, si rifiuta di farlo dedicandosi a campagne di alto senso civico in favore degli anziani, dimenticati dalla società.

Al suo rilascio, l’uomo incontra Jackie che lo esorta a far visita alla tomba di Marion, figlia prematuramente scomparsa all’età di soli 18 anni a causa di un incidente stradale con la bicicletta.

Un giorno, Kempton viene licenziato a causa della sua eccessiva loquacità verso i passeggeri e per aver dato un passaggio gratuito a un povero veterano disabile della prima guerra mondiale. L’uomo però, è un’inguaribile idealista determinato a cambiare il mondo e convince Dorothy a concedergli un viaggio di due giorni a Londra per attirare l’attenzione della stampa e del parlamento nella sua campagna di alto senso civico in favore degli anziani e per cercare qualche agenzia disposta a pubblicare le sue sceneggiature, a condizione che se non otterrà quello che vorrà rinuncerà alla politica e alla scrittura per trovare invece un lavoro più stabile. Il viaggio però risulta essere un totale fallimento.

Al suo ritorno a casa, Kempton scopre che Jackie ha rubato alla National Gallery il ritratto del Duca di Wellington di Francisco Goya con lo scopo di contribuire all’economia familiare attraverso un riscatto.

Dopo aver rimproverato il figlio per il suo gesto, ne diventa complice e i due costruiscono un falso fondo all’interno dell’armadio di casa dove potere nascondere il dipinto. Per restituirlo, Kempton invia una singolare richiesta di riscatto: che il governo inglese investa di più nella cura degli anziani e sulla rimozione del canone televisivo.

IL RITRATTO DEL DUCA

Un giorno, Pammy, la moglie di Kenny scopre il dipinto nascosto all’interno dell’armadio rivelandolo a Kempton in privato nella speranza di ottenere la metà della ricompensa di £ 5.000 offerta. In preda al panico, Kempton abbandona un piano suggerito dal Daily Mirror per raccogliere fondi per la sua campagna tramite una mostra del dipinto e decide invece di recarsi alla National Gallery per restituirlo e confessare il furto. Sebbene il caso sembri senza speranza, il suo avvocato Hutchinson lo difende sulla base del fatto che non aveva intenzione di privare il dipinto alla Galleria in modo permanente, ma invece l’ha semplicemente “preso in prestito” per promuovere la sua campagna, un’impressione rafforzata da Kempton con una eloquente testimonianza al controinterrogatorio di Hutchinson alla fine del processo.

Tornato a Newcastle durante le prime fasi del processo, Jackie rivela a sua madre che in realtà era stato lui a rubare il dipinto per sfruttarlo nella campagna politica mentre il padre, consapevole dell’accaduto, si era preso la colpa. La giuria assolve Kempton da tutte le accuse tranne il furto della cornice da £ 80, che Jackie aveva rimosso dal dipinto nei suoi alloggi londinesi e poi persa. Dopo la sua condanna a tre mesi, Kempton e Dorothy si perdonano a vicenda per come avevano gestito male il loro dolore per la morte di Marion.

Quattro anni dopo Jackie ammette la sua colpevolezza alla polizia, ma quest’ultimi e il direttore della pubblica accusa temono che

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un nuovo processo possa portare Kempton a essere chiamato come testimone e diventare nuovamente protagonisti di un’imbarazzante caso nazionale. Sono quindi d’accordo sul fatto che se Jackie non rivelerà nulla in pubblico non verrà perseguitato dalla legge. I titoli finali del film rivelano che la cornice rubata non è mai stata ritrovata mentre le opere teatrali di Kempton non sono mai state prodotte nonostante la sua passione per la letteratura, ma che nel 2000 verrà introdotto il canone televisivo gratuito per gli ultra settantacinquenni.

SSpesso a fare le fortune di certi film sono le storie di cui traggono ispirazione. Molte possono essere tratte da romanzi, racconti popolari, leggende e molte altre invece, dalla vita vera o meglio, da storie realmente accadute. Questo è il caso dell’ultimo film di Roger Michell (scomparso prematuramente lo scorso anno) che - con qualche licenza cinematografica - narra l’incredibile storia vera di Kempton Bunton e di come rubò il celebre ritratto del Duca di Wellington di Francisco Goya alla National Gallery di Londra per chiederne un riscatto da destinare agli investimenti statali nell’aiuto dei più anziani. Inutile dire che nel giro di poco tempo, il furto divenne un evento mediatico di rilevanza nazionale, tanto che la gente comune interpretò nel gesto dell’uomo come una forma di ribellione contro le classi più agiate. Non a caso, lo stesso regista ha confessato in un’intervista: “Il nostro intento non era quello di raccontare un santo. Volevamo che dal film emergesse chiaramente che Bunton era un mascalzone, un uomo con tante zone d’ombra. Potrebbe sembra una sorta di novello Ro-

bin Hood, ma non dimentichiamo che era sua abitudine rubare la carta igienica dai locali pubblici o sottrarre un fiore da una tomba altrui per metterlo su quello della figlia”.

Il ritratto del Duca infatti, adotta un registro scanzonato ma allo stesso tempo lieve e disincantato che, come ogni commedia british che si rispetti, riesce a dosare sapientemente buoni sentimenti, dramma e sprazzi di comicità capace non solo di divertire ma anche di riservare un attento approfondimento psicologico nei suoi personaggi. Riprendendo il modello delle Ealing Comedies degli anni Cinquanta, il regista è riuscito inoltre a toccare tematiche molto importanti e d’estrema attualità - come discriminazione razziale, lutto familiare, diseguaglianza sociale, criminalità giovanile - elogiando la forza dell’amore e la solidarietà verso il prossimo.

Ma non tutto è tutto oro quello che luccica. La pellicola di Michell non spicca certo per originalità, mostrando soluzioni narrative impeccabili ma anche già superate. Mentre la critica sociale verso il governo britannico risulta poco incisiva, riducendo un gesto rivoluzionario e socialista come quello di Bunton a semplice espediente per far andare avanti la storia.

Ma il film non poteva considerarsi riuscito se non grazie alla performance di Jim Broadbent (The Iron Lady, King of Thieves), un vero e proprio mattatore, capace di dare vita a un personaggio strambo, irrefrenabile e dall’irresistibile vena letteraria che, come un moderno Don Chisciotte, si imbatte nella propria guerra personale contro i “mulini a vento” e le ingiustizie che deve subire la comunità. A fargli da controcanto è l’ottima Helen Mirren (L’ingan-

no perfetto, Woman in gold), interpretando il ruolo di una donna disillusa dalla vita e insofferente alle battaglie del marito a causa della perdita della figlia che l’ha costretta a celare il proprio dolore attraverso una maschera di infelicità.

Presentato in anteprima mondiale il 4 settembre 2020 alla 77ª edizione Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Il ritratto del Duca ha ottenuto tre candidature all’AARP’s Movies for Grownups (Migliore Attore protagonista, Migliore attrice protagonista, Miglior love story) e una come miglior film all’European Film Festival Palić. Il film è una produzione britannica e distribuito nelle sale cinematografiche italiane da BIM Distribuzione il 3 marzo 2022 (con circa due anni di ritardo dall’uscita in patria).

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di Hlynur Pálmason

Origine: Islanda, Danimarca, Svezia, 2019

Produzione: Anton Máni Svansson per Join Motion Pictures, in coproduzione con Film i Vast, Snowglobe, Hobab

Regia: Hlynur Pálmason

Soggetto e Sceneggiatura: Hlynur Pálmason

Interpreti: Ingvar E. Sigurðsson (Ingimundur), Ída Mekkín Hlynsdóttir (Salka), Hilmir Snær Guðnason (Olgeir), Bjørn Ingi Hilmarsson (Trausti), Elma Stefanía Ágústsdóttir (Elín), Sara Dögg Ásgeirsdóttir (Moglie di Ingimundur)

Durata: 109’

Distribuzione: Trent Film Uscita: 28 ottobre 2021

UUn’auto finisce fuori strada a causa di un fitto banco di nebbia. Tempo dopo, Ingimundur, poliziotto di mezza età di un paesino islandese, non è riuscito ancora a elaborare del tutto la morte di sua moglie, nonostante le sedute di terapia; l’uomo passa le sue giornate costruendo una casa per sua figlia e per la sua nipotina Salka oppure in commissariato con i suoi ex colleghi. Ingimundur è ossessionato da Olgeir, suo compagno di calcetto, che chiama anonimamente senza rispondere e che spia fuori dalla sua abitazione.

Non riuscendo a comprendere del tutto come facciano altri uomini a tradire con così tanta facilità le proprie mogli, Ingimundur ha sempre considerato la sua consorte come il suo tutto, amandola a tal punto da non aver bisogno di nessun’altra, sebbene inizi a sospettare che, al contrario, lei lo abbia tradito con un altro uomo, molto probabilmente con Olgeir. Ingimundur diventa via via più cupo, incapace di esternare la sua rabbia e il suo dolore, troppo focalizzato unicamente su ricordi e sentimenti negativi; di conseguenza, durante una seduta via web con il suo analista, quando

A WHITE WHITE DAY - SEGRETI NELLA NEBBIA

emerge la sua difficoltà di provare compassione per se stesso e di focalizzarsi su qualcosa di positivo, l’uomo distrugge violentemente il suo studio. I colleghi di Ingimundur, dopo aver ricevuto la denuncia da parte dell’analista, lo rendono cosciente di aver superato ogni limite, ma l’uomo va su tutte le furie, tanto da aggredire entrambi, rinchiudendoli in cella, per poi fuggire. Dopo aver maltrattato anche Salka e ormai preda della sua ira incontrollata, Ingimundur si presenta con l’auto della polizia a casa di Olgeir e gli chiede di seguirlo in centrale; in realtà, l’uomo lo conduce in un’area deserta, in piena notte, prendendolo in ostaggio con un fucile e portandolo di fronte a una fossa scavata appositamente per lui, nel caso in cui non gli raccontasse tutta la verità in merito alla moglie. Olgeir confessa di aver conosciuto la donna, in quanto maestra di suo figlio, e di aver avuto una relazione con lei, unicamente di stampo sessuale, senza alcun tipo di coinvolgimento emotivo. Il protagonista vuole sapere in maniera morbosa i dettagli dei loro rapporti sessuali e, sebbene in preda all’ira, decide di lasciarlo andare.

Il giorno dopo, Ingimundur torna in centrale per liberare i suoi colleghi e poi si dirige dalla nipotina, scusandosi per averla sgridata e riportandola a casa con sé. Durante il tragitto, i due si ritrovano in un banco di nebbia, in cui incrociano l’auto di Olgeir. Quest’ultimo comunica a Ingimundur di non averlo denunciato ma, improvvisamente, estrae un coltello e lo pugnala a un braccio, ma il protagonista riesce a fuggire con la bambina, sebbene sia costretto a fermarsi di fronte a un tunnel sbarrato a causa di una frana.

Sebbene ferito, Ingimundur prosegue a piedi con Salka e, desiderosi di sentire gli effetti dell’eco nel tunnel, i due urlano a squarciagola, esternando le loro emozioni.

Dopo aver curato la ferita al braccio, Ingimundur torna a casa e, in un momento di solitudine, ha una visione di sua moglie mentre si spoglia per sedurlo, concentrandosi su un ricordo felice della sua vita con lei.

Più che segreti nella nebbia, come recita il sottotitolo italiano, A White, White Day tenta di scavare nelle profondità dei segreti del sentimento amoroso nella vita di coppia, nella sua dialettica irrisolvibile tra amore e desiderio che, nel caso del soggetto femminile, scinde la figura della moglie devota dalla donna desiderante. Il conflitto vissuto da Ingimundur non è poi così differente dall’ossessione che tormenta il giovane protagonista del recente e pluriacclamato Drive My Car di Hamaguchi, tratto dall’omonimo racconto di Murakami, in cui il dilemma non diventa tanto l’accettare o meno i tradimenti della defunta moglie, né il fallimentare tentativo di conoscere pienamente la persona che si aveva accanto, quanto riuscire a tenere ben saldi amore e desiderio nell’immagine che si ha dell’altro, di un soggetto che ama nonostante tradisca, che adora il proprio partner nonostante le travagliate derive di una passione che spinge verso il nuovo e il misterioso rispetto all’ordinarietà della coppia. Se Hamaguchi ricorre al teatro e a Čechov, il dramma esistenziale di Pálmason privilegia la centralità del paesaggio islandese, come tipico del cinema del nord

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Europa, a tal punto da eludere in determinati momenti la presenza umana e l’evoluzione dell’impianto diegetico a vantaggio del vuoto, di una contemplazione paesaggistica capace di chiamare a sé un tempo disteso, svuotato dell’azione, mera continuità di un esistere che scorre indisturbato, ignaro e disinteressato nei confronti del soggetto. Al contempo, l’eccessiva lentezza narrativa del film non sembra emanciparsi da una mera autoreferenzialità, dal bisogno di sospendere la dimensione narrativa a vantaggio di una forzata etichetta autoriale, ben lungi dallo scorrere quotidiano, iterativo e straordinario nella sua estrema banalità, di un Hirobumi Watanabe o dai celebri tempi morti che accompagnano i personaggi alienati del cinema di Antonioni, le cui immagini, anche quando sospese dalle logiche diegetiche, non smettono mai di inter-

rogarsi sul loro mistero intrinseco e sulla rete di sguardi invisibili che secondo Deleuze le attraversa.

Il film di Pálmason, sebbene mirato a depurare il racconto del lutto dai tanti eccessi diegetici e visivi tipici dell’impianto melodrammatico, sembra rimanere aleatorio tanto quanto la nebbia che invade gli scorci islandesi, attraversando sofferenze, tradimenti, inquietudini, dolori repressi per arrivare semplicemente a ribadire la natura selvaggia intrinseca a ogni essere umano, insita anche in un individuo mite come Ingimundur, la cui evoluzione è accompagnata da scelte estetiche alquanto sovrabbondanti, a partire dall’improvvisa messa in posa di tutti i personaggi nell’atto di guardare lo spettatore al pedinamento della macchina da presa di un masso che, lanciato fuori strada dal protagonista, precipita nella vallata

L’UOMO CHE VENDETTE LA SUA PELLE

SSiria, 2011. Sam è costretto a fuggire in Libia dopo aver dichiarato pubblicamente il desiderio di sposare la sua fidanzata Abeer, urlando frasi considerate come antigovernative.

Beirut, 2012. Abeer si è sposata con Ziad, funzionario dell’ambasciata siriana in Belgio presentatole dalla famiglia, affinché potesse fuggire dalla Siria e stabilirsi in Europa, dove lavora come traduttrice. Sam continua a sentirla tramite Skype e spera di poter guadagnare abbastanza denaro per raggiungerla e salvarla dal suo matrimonio infelice. Il giovane si infiltra in facoltose esposizioni d’arte per rubare il cibo dai buffet ma viene scoperto dalla gallerista Soraya e dal controverso artista Jeffrey, che

gli propone di collaborare con lui: dovrà offrirgli la sua schiena, su cui tatuerà una Visa per renderlo una sua opera d’arte vivente e permettergli di circolare liberamente nell’area Schengen per le esposizioni museali, a partire da Bruxelles. Potendo entrare legalmente in Belgio e venendo pagato per il suo servizio, Sam accetta la sua reificazione pur di raggiungere Abeer.

La mostra in cui Sam è esposto è criticata dall’Organizzazione per la Difesa dei Rifugiati Siriani, sebbene Sam giustifichi tali risentimenti come gelosia per la sua vita agiata. Al museo si presentano Abeer e Ziad, che considera Sam la vergogna della Siria, per cui scatta una rissa in cui Ziad distrugge un quadro; su richiesta di Abeer, Sam chiede al direttore del museo di non

prima di sprofondare negli abissi dell’oceano.

L’impressione finale è quella di un film che, nel tentativo di cogliere l’ineffabilità del mistero dell’amore nella sua interrelazione con le inquietudini successive alla perdita, rimanga in superficie dei suoi dilemmi, troppo flebile rispetto alla materia che intende trattare.

Origine: Tunisia, Francia, Germania, Belgio, Svezia, 2020

Produzione: Tanit Films, Cinetelefilms, Twenty Twenty Vision Filmproduktion, Kwassa Films, Laika Film & Television, in coproduzione con Metafora Media Produktion, Sunnyland Film As A Member of A.R.T. Group, Film I Väst, Voo & Be TV, Istiqial Films

Regia: Kaouther Ben Hania

Soggetto e Sceneggiatura: Kaouther Ben Hania

Interpreti: Yahya Mahayni (Sam Ali), Dea Liane (Abeer), Koen de Bouw (Jeffrey Godefroi), Monica Bellucci (Soraya Waldy), Saad Lostan (Ziad), Darina Al Joundi (Madre di Sam), Jan Dahdouh (Hazem), Christian Vadim (William), Marc De Panda (Marc Sheen), Najoua Zouhair (Sorella di Sam), Husam Chadat (Adel Saadi), Nadim Cheikhrouha (Guardia del museo), Rémi Sarmini (Poliziotto), Mouldi Kriden (Poliziotto), Rupert Wynne-James (Curatore), Wim Delvoye (Assicuratore)

Durata: 104’

Distribuzione: Wanted Cinema Uscita: 7 ottobre 2021

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di Kaouther Ben Hania

perseguire Ziad, minacciando di unirsi alle proteste che stanno rendendo l’esposizione travagliata. Il rapporto tra Sam e Abeer è sempre più teso, tanto da smettere di sentirsi quando il giovane finge di avere una relazione con Soraya. Il protagonista si rende sempre più conto della trappola in cui si è imprigionato, risentendo del peso della sua disumanizzazione, soprattutto quando viene comprato da un ricco collezionista svizzero ed esposto pubblicamente.

Nove mesi dopo, Sam è venduto a un’asta, durante la quale finge un attentato per essere arrestato e fuggire paradossalmente dalla sua prigionia. In carcere, incontra un avvocato in compagnia di Abeer come traduttrice, che gli confessa di aver lasciato Ziad e di essere pronta a ricominciare con lui. Sam viene rilasciato ma, essendo scaduta la sua Visa, è considerato un immigrato illegale, per cui torna felicemente a Raqqa con Abeer.

Sul web diventa virale il video dell’esecuzione di Sam da parte dell’Isis. Data la circolazione illegale di un lembo della sua pelle tatuata, si ritiene che l’opera sia stata venduta ai trafficanti d’arte americani dall’Isis stesso e, in quanto oggetto rubato, è stato donato ai musei nazionali. In realtà, il lembo è un falso realizzato da Jeffrey grazie a un campione di saliva prelevato a Sam prima di partire, in modo da continuare ad aumentare il valore della sua ope-

ra dopo la morte fasulla del protagonista e consentire a quest’ultimo una nuova vita accanto ad Abeer.

LLiberamente ispirato all’artista Wim Delvoye che tatuò la sua opera sulla schiena di un uomo, venduto a una collezione privata nel 2008, il film della regista tunisina Kaouther Ben Hania osserva l’avida tirannia del mercato artistico occidentale e i suoi effetti oggettivanti prendendo come baricentro narrativo il contesto migratorio contemporaneo e la caduta di qualsiasi confine permessa grazie a quel simbolo spersonalizzante tatuato sul corpo di Sam. Da un punto di vista visivo, l’attenzione estetica dell’autrice riguarda l’oscillazione del corpo del protagonista tra la sua oggettivazione negli spazi reificanti della galleria d’arte e il recupero di una componente materica emblematicamente restituita dai brufoli sulla schiena come tentativo del corpo di riacquisire dominio su se stesso. Il corpo diventa quindi il fulcro dell’immagine sin dalla prima inquadratura del protagonista che, ripreso di spalle in una stanza buia, è investito da un piccolo fascio di luce che sembra tagliare un lembo della sua schiena, ferita simbolica preannunciante quel processo di violazione corporea a cui Sam si sottometterà.

Sebbene invettiva su una tirannia ben più subdola di quella da cui Sam proviene, la sceneggiatura fatica a mettere da parte banali retoriche sull’immigrazione e sulle meschinità del mondo dell’arte contemporanea occidentale. Viene meno quel cinismo disturbante, nonché politico, che un film del genere necessiterebbe, lasciando invece il posto a un fin troppo improbabile e rassicurante plot twist finale che debilita definitivamente un impianto diegetico già di per

sé piuttosto fragile, a partire proprio dalle caratterizzazione dei rappresentanti dell’avidità del mondo preso d’assalto, incarnate da Koen De Bouw e Monica Bellucci, che non si emancipano dai cliché dell’artista anticonformista e bizzarro e della gelida donna d’affari. Il primato della diegesi quindi sembra puntato sul monotono e convenzionale triangolo amoroso che, intriso di luoghi comuni (il matrimonio obbligato, la gelosia del marito possessivo, la moglie che prende le parti dell’odiato coniuge amplificando le tensioni con l’amato, le ripicche amorose...), indebolisce la ben più interessante denuncia politica ed economica che rimane relegata a pochi momenti notevoli, come l’esposizione artistica nella villa del ricco collezionista svizzero con tanto di dettagli sulla compravendita e sull’assicurazione sulla vita stipulata.

A mancare è uno sguardo tagliente che miri prima di tutto a scardinare l’esperienza stessa dello spettatore, come dimostrato dall’approccio tanto estetico quanto graffiante del Tom Ford di Animali notturni , a partire dalla carrellata di corpi boteriani in sovrappeso denudati di fronte alla macchina da presa, emblemi di un gesto artistico stanco e (auto)degradante. Se Ford riesce a sostenere pi ù linee narrative e generi, facendo del gesto creativo il trait d’union tra un certo cinismo intellettuale decadente e il declino privato della coppia protagonista, non trovando nient’altro che quel risentimento e quel vuoto asettico da cui è partito, Hania rimane in superficie tanto della sua invettiva quanto della scansione del sentimento amoroso. L’impressione è che la vicenda da cui il film è basato perda progressivamente il suo portato fuori dall’ordinario per un fin troppo ordinario ribadimento tautologico del già detto e del già tratta-

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to, amplificato dall’edulcorazione insita nella rasserenante inquadratura conclusiva dei due innamorati che, di spalle, guardano l’orizzonte con tanto di musica

enfatica, mettendosi in posa per una chiusura pseudo fiabesca che ripropone in maniera didascalica la dialettica tra lo spersonalizzante mondo capitalista occiden -

LA PADRINA - PARIGI HA UNA NUOVA REGINA

tale a cui appartiene Jeffrey e il ritrovo di una condizione umana nel proprio luogo d’origine.

di Jean-Paul Salomé

Origine: Francia, 2019

PPatience lavora come traduttrice per l’antidroga di Parigi, incaricata di intercettare delle comunicazioni in arabo in merito a delle partite di hashish entrate in città. La donna ha una relazione con il suo capo Philippe e vive con le sue due figlie, cercando di ripagare i debiti del defunto marito, coinvolto in loschi affari. Nella casa di cura in cui si trova la madre, Patience si è affezionata all’infermiera Khadidja per le attenzioni che dedica all’anziana.

Nell’intercettare la chiamata di un certo Afid, coinvolto con i carichi di droga, Patience si rende conto che è il figlio di Khadidja, anch’essa implicata, per cui sceglie di avvertire la donna; nel mentre, Afid viene arrestato ma nel suo furgone non è rinvenuto l’hashish. Khadidja spiega a Patience che il figlio, coinvolto negli affari dello zio nonostante lei fosse contraria, avrebbe dovuto vendere la droga ai fratelli Cherkaoui; se la polizia dovesse trovare il carico, i Cherkaoui li ucciderebbero per vendicarsi, per cui Patience si offre di occuparsi dell’hashish e di venderlo a degli spacciatori per guadagnare il denaro sufficiente per procurare un buon avvocato al giovane e per pagare i propri debiti.

Grazie all’aiuto di un cane poliziotto appena adottato, Patience trova il carico e lo nasconde nella cantina del suo palazzo; nel mentre, i Cherkaoui scoprono che la droga è scomparsa. Camuffando-

si da elegante signora araba, Patience inizia a vendere la droga a un certo Scotch, che incomincia a piazzarla sul mercato. La polizia scopre che una donna misteriosa sta vendendo il carico e la soprannominano “la padrina”, che diventa l’ossessione di Philippe. Gli scambi tra Patience e Scotch avvengono in un piccolo alimentari, attraverso delle scatole di biscotti in cui l’uomo nasconde i soldi e la donna la chiave dell’armadietto dove tiene la droga. La polizia interroga uno spacciatore picchiato dai Cherkaoui, per cui Patience teme di poter essere scoperta, da cui la decisione di prendersi una pausa dal lavoro. La polizia rintraccia un appuntamento tra la padrina e Scotch, ma la donna riesce a portare a termine la vendita e a fuggire, seguita dai Cherkaoui, che scoprono dove abita. La donna è stata ripresa dalle videocamere della città e, sebbene irriconoscibile, Philippe nota delle analogie tra la fisionomia della padrina e Patience.

Colette, vicina di origini cinesi, invita Patience e le figlie al matrimonio del figlio; durante i festeggiamenti nel palazzo, i Cherkaoui si presentano armati ma rimangono uccisi in uno scontro a fuoco. Colette tranquillizza la protagonista di non chiamare la polizia, dato che il sistema ha sempre abbandonato la sua famiglia, costringendola ad arrangiarsi per conto proprio. Nello stesso giorno, Patience perde la madre, dopo il peggioramento del suo stato di salute.

Produzione: Jean-Baptiste Dupont, Kristina Larsen per Les Films Du Lendemain Regia: Jean-Paul Salomé

Soggetto: dal romanzo “La Bugiarda” di Hannelore Cayre

Sceneggiatura: Hannelore Cayre, Jean-Paul Salomé, Antoine Salomé (collaborazione)

Interpreti: Isabelle Huppert (Patience Portefeux “Mama Weed”), Hippolyte Girardot (Philippe), Farida Ouchani (Khadidja), Liliane Rovère (Madre di Patience),

Iris Bry (Hortense Portefeux), Jade Nadja Nguyen (Sig.ra Fo), Rachid Guellaz (Scotch), Mourad Boudaoud (Chocapic), Iris Bry (Hortense), Rebecca Marder

(Gabrielle), Youssef Sahraoui (Fratello Cherkaoui), Kamel Guenfoud (Fratello Cherkaoui)

Durata: 106’

Distribuzione: I Wonder Pictures Uscita: 14 ottobre 2021

La protagonista vende il suo appartamento ed è pronta a partire, ma Colette, consapevole delle attività criminali della vicina, le propone di vendere dei pezzi di auto cinesi per raggiungere un accordo con dei compratori arabi. Patience incontra Khadidja e le consegna i soldi per l’avvocato, promettendole che il figlio sarà fuori, in libertà vigilata, nell’arco di un anno. Philippe si dirige da Patience e, nel suo appartamento, trova la stessa marca di biscotti usata dalla padrina per i suoi scambi, per cui intuisce l’identità della criminale ma sceglie di non farlo presente alla donna e cancella il video della sorveglianza che la immortala. Patience torna a Mascate per fare visita alla tomba del padre.

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TTratto dal romanzo La Daronne di Hannelore Cayre, sceneggiatrice insieme al regista Jean-Paul Salomé, La Padrina attraversa molteplici generi cinematografici, passando dalla commedia al polar per indagare un contesto urbano eterogeneo e multietnico, la cui varietà è restituita dalla molteplicità degli spazi che definiscono la pluralità culturale della metropoli francese: il piccolo alimentari e la kebabberia dove avvengono gli incontri illeciti, l’appartamento borghese di Patience nello stesso palazzo in cui si svolge il matrimonio cinese con il suo immaginario caratteristico, i continui spostamenti tra i quartieri popolari e i luoghi ca -

di Valérie Lemercier

nonici di Parigi, come Belleville o Barbés. Salomé si avvale della competenza della Cayre che, avvocato penalista specializzata in giustizia criminale, permette di indagare con attenzione le attività sotterranee e criminali di Parigi, restituite con realismo ma al contempo con un’ironia tipicamente francese di cui si fa portatrice un portento del cinema europeo come Isabelle Huppert, dedicatasi minuziosamente al ruolo di Patience e allo studio della lingua araba. La Huppert si dimostra senza ombra di dubbio l’attrice più adatta per incarnare la freddezza calcolatrice della padrina, grazie all’atteggiamento di nonchalance tipico della sua recitazione e dei suoi personaggi più recenti, come la Michèle Leblanc di Elle , sebbene depurata dalle tante ambiguità psicoanalitiche tipiche del film di Verhoeven. Pragmatica ed estremamente razionale, il ritratto restituito dalla Huppert si dimostra nuovamente capace di incarnare un femminile totalmente determinato, in grado di stare all’interno dell’evento e di transitare in esso senza lasciarsi sopraffare dai suoi imprevi -

sti, dominandolo a seconda del proprio tornaconto e gestendolo grazie alla fisicità estremamente controllata dell’attrice, stoica ma al contempo capace di governare il suo turbamento in piccoli gesti significativi, come il prendere leggermente a pugni la propria mano, timorosa di essere scoperta dal suo amante.

L’indiscutibile talento dell’interprete consente di godere in maniera dilettevole della visione, coprendo diverse incertezze narrative, a partire dai personaggi secondari che appaiono troppo satellitari, non solo per l’inevitabile protagonismo della Huppert, quanto per una loro labile caratterizzazione psicologica. Vicenda al femminile perfettamente adeguata per ospitare quelle venature più ciniche, black e scorrette sempre più demonizzate nel nostro presente, l’impressione finale è quella di un film piuttosto standardizzato, senza troppe pretese narrative o estetiche, che, sebbene capace di intrattenere, rischia di rimanere leggermente in ombra rispetto al potenziale a cui avrebbe potuto ambire.

ALINE - LA VOCE DELL’AMORE

(Guy-Claude Kamar), Danielle Fichaud (Sylvette Dieu), Roc Lafortune (Anglomard Dieu), Antoine Vézina (Jean-Bobin Dieu), Pascale Desrochers (Pascale Dieu), Jean-Noël Brouté (Fred), Sonia Vachon (Martine Lévêque)

Durata: 128’

Distribuzione: Lucky Red

Uscita: 20 gennaio 2022

CCanada, Québec, fine anni Sessanta. I coniugi Sylvette e Anglomard Dieu danno alla luce la loro quattordicesima figlia, Aline. In casa regna l’amore per la musica e ben presto ci si rende conto che la piccola ha un gran talento canoro. Ancora bambina, Aline incanta amici e parenti ai matrimoni. Un giorno, uno dei fratelli decide di spedire una musicassetta con la voce della sorella al produttore musicale

Guy-Claude Kamar. Colpito dalla sua voce, il produttore si reca nella cittadina canadese per conoscere quella talentuosa dodicenne. Sentendola cantare dal vivo, Guy si commuove. IL manager pensa che le devono trovare delle canzoni giuste. Aline inizia ad apparire in televisione e ottiene i suoi primi dischi d’oro. Dopo un’esibizione a Parigi, Guy consiglia alla mamma di far fare una

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Produzione:
Regia:
Soggetto
Origine: Canada, Francia, 2021
Sidonie Dumas, Alice Girard, Edouard Weil
Valérie Lemercier
e Sceneggiatura: Valérie Lemercier, Brigitte Bucher Interpreti: Valérie Lemercier (Aline Dieu), Sylvain Marcel

pausa alla figlia: lui ha grandi progetti per Aline, deve imparare bene l’inglese, sistemare i denti, imparare a ballare. La ragazzina inizia il suo percorso.

Dopo qualche anno, Guy torna da Aline e trova una donna: i due escono insieme una sera. In breve tempo, la mamma si rende conto che Aline si è innamorata di Guy. La donna intima al manager di non toccare la figlia. Guy dice alla sua cantante che non deve innamorarsi di lui e la spinge a trovarsi un uomo della sua età. Aline gli chiede di ammettere che non la ama, ma l’uomo non ci riesce. Quando Guy parte, la ragazza entra in crisi, non riesce a cantare se non c’è Guy. Al ritorno dell’uomo, Aline si esibisce e vince un concorso. Quella stessa notte, i due fanno l’amore. A casa, la mamma la rimprovera per averle mentito su Guy, la ragazza dice che ha vent’anni e vuol essere libera. Durante un tour italiano, lui le regala un anello. Poco dopo i due si sposano. Qualche giorno dopo, Aline si sente male sul palco e deve interrompere uno show. Da un controllo emerge che la cantante ha problemi alle corde vocali: dovrà stare a riposo e non parlare per tre mesi. Intanto, Aline è in crisi anche perché non riesce a rimanere incinta. Dopo i tre mesi di riposo, la donna ricomincia a parlare e cantare. Le viene sottoposto il tema musicale del kolossal “Titanic” ma a lei non piace. Mesi dopo, Aline canta il brano “My Heart will go on”, tema del film, alla cerimonia degli Oscar. Dopo un po’ di tempo la cantante rimane incinta. Ormai una star di prima grandezza, Aline compra una lussuosa villa a Las Vegas con quaranta stanze. Dopo la nascita del bambino, Guy organizza la vita della moglie in modo tale che possa continuare a tenere concerti e allo stesso tempo dedicarsi al piccolo. Durante un concerto, la cantante riceve la no-

tizia della morte del padre e torna a casa per il funerale. Una volta finita la serie di concerti a Las Vegas, Aline porta con sé il figlio in viaggio durante un tour europeo. Dopo qualche mese, la cantante resta incinta di due gemelli. La vita diventa sempre più stancante tra i figli piccoli e la carriera, anche se la star ha la vita molto organizzata e si esibisce in esclusiva con lo show “A New Day...” al Caesars Palace. Col passare degli anni, Guy si ammala di tumore e muore. Ad Aline crolla il mondo, Una sera, mentre i figli non ci sono, arriva a chiedere al suo truccatore Fred di dormire nel suo appartamento perché non se la sente di passare la notte da sola. All’alba la cantante va via e cammina da sola per Las Vegas, non è mai stata in giro per una città in cui vive e lavora da anni. I suoi collaboratori la cercano mentre la cantante continua a girare da sola per la città. I suoi collaboratori pensano di annullare il concerto perché la cantante non arriva.

Nell’ultima scena Aline canta una canzone in cui mette a nudo se stessa, una donna normale e la sua vita trascorsa per la musica.

UUna donna prima che una star, Celine Dion diventa Aline Dieu nel biopic non autorizzato (ma “liberamente ispirato”) firmato dall’attrice francese Valérie Lemercier (classe 1964) che scrive, dirige e interpreta Aline - La voce dell’amore

Il film è stato presentato al Festival di Cannes 2021 ed è passato come film di chiusura nel novembre dello stesso anno al Torino Film Festival.

Grande fan della stella canadese, l’attrice francese ha fortemente voluto questo progetto al punto tale da portarlo avanti anche se il via libera al biopic non è mai ar-

rivato. Calandosi completamente nel personaggio, Lemercier veste i panni di Aline fin da quando ha dodici anni (grazie a miracolosi trucchi di computer grafica) anche se forse esagera sfiorando il ridicolo. Cresciuta in una umile famiglia del Québec canadese, quattordicesima figlia, Aline mostra grandi doti canore fin da piccola: decisivo sarà l’invio di una cassetta con la sua voce al produttore Guy-Claude Kamar (nella realtà René Angélil) che deciderà di trasformarla in una star. Tra i due nascerà l’amore, osteggiato sulle prime dalla mamma di lei, preoccupata dei 26 anni di differenza con l’uomo. Il resto è storia, il crescente successo, i tre figli (di cui due gemelli), la vita super programmata, la malattia del marito, la sua scomparsa, la sofferenza di una diva che mette in pausa una carriera folgorante.

Su tutto, la musica e la grande forza di volontà di un’artista, i sacrifici, l’energia che bisogna mettere sul palco per entusiasmare il pubblico (grande dote della Dion). A detta della stessa interprete e regista, Aline non è un biopic classico dal momento che sarebbe stato impossibile

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realizzarlo perché la star è viva e in attività (anche se negli ultimi tempi assente dalle scene per preoccupanti spasmi muscolari). Quello che convince di più sono le performance sul palco, i look, la grande capacità di restituire i movimenti della pop star facendo leva sulla somiglianza fisica dell’attrice francese con il suo idolo musicale. Perché la molla che ha spinto l’attrice a realizzare questo film è proprio la grande passione per la star canadese. La pellicola ha l’indubbio merito di restituire l’immagine di una diva che ha costruito il suo enorme successo grazie a un grande talento canoro, ma anche grazie alle doti imprenditoriali e organizzative del marito/mentore, una vera e propria macchina del successo. E così Lemercier ha ricostruito alla perfezione quel grandioso progetto di concerti ideato per la stella del pop dal marito Angélil. In

di Maria Schrader

Origine: Germania, 2021

Produzione: Lisa Blumenberg per Letterbox Filmproduktion

Regia: Maria Schrader

Soggetto: liberamente ispirato al racconto “Ich bin dein Mensch” di Emma Braslavsky Sceneggiatura: Jan Schomburg, Maria Schrader

Interpreti: Maren Eggert (Alma Felser), Dan Stevens (Tom), Sandra Hüller (Impiegata della Terrareca), Hans Löw (Julian), Wolfgang Hübsch (Padre Felser), Annika Meier (Cora), Falilou Seck (Dean Roger), Jürgen Tarrach (Dott. Stuber), Henriette Richter-Röhl (Steffi), Monika Oschek (Donna al Coffe Shop)

Durata: 102’

Distribuzione: Koch Media

Uscita: 14 ottobre 2021

una sala costruita apposta per la star al Ceasars Palace di Las Vegas, Celine Dion si è esibita per cinque sere a settimana per cinque anni (dal 2003 al 2007) in un residency show intitolato “A New Day...”. Lo spettacolo si svolgeva in un teatro di 4000 posti concepito appositamente per la cantante: la grandiosa macchina da soldi si concluse nel dicembre 2007 con oltre 700 spettacoli sold-out per oltre 3 milioni di spettatori. La Lemercier tiene egregiamente la scena: canta (servendosi della magnifica voce dell’interprete transalpina Victoria Sio) e balla come la Dion arrivando a rendere una perfetta rappresentazione della vita di una stella di nome Aline Dieu.

Al di là di qualche macroscopico difetto (come la scelta di innestare un viso da donna adulta sul corpo di una dodicenne) o di qualche svolta narrativa un po’ trop-

po tirata via (come nel caso della morte del padre), Aline resta una pellicola godibile soprattutto se si apprezzano i grandi successi della Dion (anche se di molte hit memorabili non si è ottenuto il permesso) e i grandi spettacoli per cui la cantante è entrata nella storia della musica leggera.

Il film concilia a pieno titolo la vita privata e la vita pubblica, dimensione intima e spettacolo, alternando momenti di gioia e dolori di una vita intensa.

Ma, al di là delle paillettes, dei lustrini, dei rutilanti show, delle magnifiche ville con piscina, Aline è soprattutto una grande storia d’amore. Quella sostanza di sentimenti, passioni e dolori che restano quando le mille luci delle lunghe notti di Las Vegas lasciano il posto all’alba chiara di un nuovo giorno.

I’M YOUR MAN

AAlma lavora in un museo dove svolge una ricerca innovativa su dei reperti antichi. Nel frattempo,

per conto di un collega, ha accettato di collaudare una nuova tecnologia, ossia un androide programmato per essere il partner perfetto, capace di soddisfare bisogni consci e inconsci dell’acquirente: dovrà vivere con lui tre settimane e stendere una relazione scritta. Dopo la rottura con il suo ex Julian, Alma non vuole altre relazioni e chiede all’avvenente androide Tom di lasciarla in pace, sebbene egli tenti in tutti i modi di renderla felice. La donna lo porta al museo e, sfruttando i suoi algoritmi, l’androide scopre l’esistenza di una recente pubblicazione in merito a uno studio simile, mandandola su tutte le furie. Ubriaca e disperata, la donna ordina a Tom di fare sesso ma l’androide si rifiuta, non abusando della sua mancanza di lucidità.

Un’impiegata della casa di fabbricazione, anch’essa androide, si presenta da Alma per una valutazione e si accorge che la donna tratta Tom come una macchina senza sentimenti. Alma si dirige con Tom da suo padre, di cui si prende cura insieme alla sorella Cora. Mentre le due sfogliano le foto delle loro vacanze infantili, Tom afferma di aver passato le sue nella stessa località marittima; Cora racconta che, con Alma, erano solite giocare a ping-pong nel campetto di una scuola del posto, dove conobbero un certo Thomas, di cui erano entrambe innamorate e, notando la somiglianza con Tom, sospetta che possa essere proprio lui quel ragazzo.

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Dopo aver scoperto che Julian sta per diventare padre, la protagonista racconta a Tom del suo aborto, per cui l’androide intuisce la sua frustrazione per non poter diventare più madre alla sua età, la paura che Julian possa scordare il figlio che non hanno avuto, nonché il terrore di non avere nessuno che si prenderà cura di lei quando invecchierà.

Dopo una notte di sesso, Alma si sente finalmente bene ma, al contempo, capisce di non vivere più nel mondo reale, percependo il rapporto con Tom come un mero monologo con se stessa e con la propria solitudine, per cui lo invita ad andare via, visto che il periodo di collaudo sta per terminare. Nella sua relazione conclusiva, Alma specifica che, nonostante la tecnologia all’avanguardia e la possibilità di far sentire meno soli, tali androidi mirano ad acquietare quel desiderio inappagato che è il motore stesso dell’essere umano per ricercare in tutti i modi la felicità, da cui il pericolo di una società di soggetti stanchi di essere umani, incapaci di relazionarsi con gli altri e di accettare i propri conflitti. Nonostante ciò, dopo aver scoperto che Tom non è tornato alla casa di fabbricazione, Alma si mette sulle sue tracce e lo trova seduto sul tavolo da ping-pong del cortile della scuola dove conobbe Thomas. La donna gli parla del suo amore segreto per quel ragazzo e che era solita passare le giornate lì, con gli occhi chiusi, sperando che il giovane la baciasse; in alcuni momenti, percepiva la sua presenza ma, nell’aprire gli occhi, scopriva costantemente che Thomas non era lì.

OOrso d’argento per la miglior interpretazione femminile (Maren Eggert) a Berlino 71, il nuovo film di Maria Schrader si colloca in una certa tendenza del cinema contemporaneo a osservare

le declinazioni del rapporto amoroso in una società sempre più iper-mediatizzata e tecnologizzata, dove la tempesta labirintica del sentimento e i conflitti da esso inestinguibili si relazionano con l’utopia di una rasserenante quiete simulacrale perpetuata da quegli avatar, ologrammi e androidi che aleggiano sul nostro avvenire alla stregua di un episodio di Black Mirror.

L’aspetto notevole della scrittura di I’m Your Man è sicuramente uno sguardo femminile che si emancipa da diversi cliché di genere a cui, spesso, proprio la screwball comedy ci ha abituato, a partire dalle tante smancerie scambiate come chiave di volta della felicità del soggetto femminile. Per Schrader sembra chiaro che non siano sufficienti petali di rosa o soffocanti attenzioni cavalleresche per creare un legame con una donna, quanto concederle quel dono dell’ascolto che sembra venire sempre meno in una società colma di tanto rumore e di poche parole sensate. Il desiderio dell’ascolto e della comprensione diventano paradossalmente la struttura del rapporto tra umano e macchina, tòpos che sebbene abusato (penso anche all’ultimo film di Pif), assume una declinazione meno manichea e più mirata a cogliere le nuance di tale incontro, senza metterne necessariamente in luce le derive catastrofiche, muovendosi lungo un confine labile restituito notevolmente dal cortocircuito tra le immagini di Alma alla ricerca di Tom e la voice over della sua relazione scritta, intenta invece a rivelare la pericolosità di tale rapporto.

Se da un lato la presenza di un partner androide prefigura il tramonto di qualsiasi relazione umana e l’ultimo avviluppamento su un sé sempre più alienato, al contempo il ruolo di Tom sembra più affine a quello di un terapeuta, di un’estensione del sé rispetto al mero fidanzato ideale o partner

sessuale, il cui utilizzo non diviene tanto il soddisfacimento costante di bisogni materiali quanto la collocazione del soggetto stesso su quella lacuna incolmabile che lo rende realmente umano. Se la grande scoperta della psicoanalisi è stata la definizione di un soggetto che si distingue dagli altri animali in quanto desiderante e se tale desiderio rimane per sua natura insoddisfatto, la funzione del personaggio di Dan Stevens non è rimediare a quella frattura; non a caso, non sono né il rapporto sessuale né le tante attenzioni a placare il senso di solitudine e la frustrazione di Alma. Forse quello che la regista vuole cogliere attraverso la sottotraccia sci-fi è che solo sostando su tale ferita e rendendola tangibile attraverso il segno della sua assenza (Tom/Thomas) il soggetto può finalmente fare i conti con il senso di vuoto e con l’insoddisfazione del proprio desiderio e del proprio vivere, che non è altro che il significato dell’essere realmente umani rispetto al ruolo robotico che Alma, più di Tom, incarna all’inizio della vicenda pur di non sentire. Di conseguenza, nel finale la protagonista non può che tornare sulla “scena primaria”di tale assenza, riassumendo in poche parole il senso del film e del suo rapporto con Tom e, forse,

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con gli uomini in generale: una mera farsa in cui, probabilmente, è sempre stata sola con se stessa e con i propri ideali sentimentali irrealizzabili, racchiusi in un battito di palpebre come il legame

simulacrale con Tom, una mera immagine a occhi chiusi pronta a svanire sotto l’accecante bagliore del reale, di quel raggio del sole che, prima del passaggio di una nuvola di pioggia, illumina la

protagonista durante il suo monologo, concluso emblematicamente da un’ultima e significativa chiusura degli occhi.

di Alessandro Siani CHI HA INCASTRATO BABBO NATALE?

Origine: Italia, 2021

Produzione: Bartlebyfilm, Vision Distribution

Regia: Alessandro Siani

Soggetto e Sceneggiatura: Tito Buffulini, Alessandro Siani, Gianluca Ansanelli

Interpreti: Alessandro Siani (Genny Catalano), Christian De Sica (Babbo Natale), Sara Ciocca (Rebecca), Martin Francisco Montero Baez (Checco), Diletta Leotta (Nipote di Babbo Natale), Angela Finocchiaro (Befana), Leigh Gill (Romeo), Kai Prtman (Tedesco 1), Norbert Ortner (Turista tedesco), Stefano Chiodaroli (Bavarese)

Durata: 104’

Distribuzione: Vision Distribution

Uscita: 16 dicembre 2021

IIl Natale è alle porte, ma gli elfi di Babbo Natale rischiano di perdere il lavoro a causa di richieste di regali sempre più tecnologici, che il team non è in grado di produrre. L’elfo Romeo sta per diventare padre e, dato che Babbo Natale sembra non rendersi conto del problema, stringe un’alleanza con la Wonderfast, famosa società privata nota per la capacità di commercializzazione e consegna dei suoi pacchi in poche ore, ma i cui affari entrano in crisi proprio nel periodo natalizio a causa di Babbo Natale. Per far fallire la fabbrica, Romeo intende portare in Lapponia il “re dei pacchi”, il truffatore di strada Genny Catalano, inseparabile da Checco, bambino orfano scappato dalla casa-famiglia. Inseguiti dalla polizia, i due vengono aiutati da Romeo, che permette loro di fuggire da Roma sulla slitta di Babbo

Natale e nascondersi in Lapponia; Genny viene spacciato per un manager che può aiutarli con la fabbricazione dei nuovi prodotti tecnologici, sebbene Saša, la nipote di Babbo Natale, si rende conto sin da subito delle sue scarse doti. Genny inizia a truffare gli elfi e li spinge a lavorare sempre meno ma, di fronte alle accuse di Saša, decide di inaugurare la prima produzione di cellulari della loro fabbrica, in realtà dei falsi. Babbo Natale, su consiglio della nipote, sceglie di cacciare Genny, pagandolo comunque con un assegno in bianco; quest’ultimo capisce che Babbo Natale è eccessivamente buono, per cui si offre di rimanere per insegnargli la cazzimma . Per mettere in pratica i suoi insegnamenti, Genny porta Babbo Natale a Roma, dove iniziano a truffare e a non rispettare le regole della convivenza civile; al contempo, Babbo Natale cerca di rendere il protagonista più buono verso il prossimo. Tornati in Lapponia, Genny e Checco presentano il loro nuovo marchio: Babbazimma, con tanto di sito web con prodotti tecnologici, ordinabili attraverso vari tipi di abbonamento per garantire la consegna a casa entro Natale. Di conseguenza, gli uomini della Wonderfast rapiscono la moglie di Romeo, per incitarlo a portare a termine il piano; l’elfo li aiuta a rubare la slitta di Babbo Natale, capace di dominare il tempo per permettere di consegnare i pacchi in tutto il mondo, non ac -

corgendosi che dentro è nascosto Checco.

Babbo Natale crede che la responsabile della sparizione della slitta e del bambino sia la Befana, con cui non è rimasto in ottimi rapporti, per cui si dirigono dall’anziana, che racconta di tutte le volte in cui Babbo Natale l’ha usata a fini meramente sessuali, per poi scomparire ogni volta. Checco invia a Genny la posizione in cui si trova e, scoprendo che i responsabili lavorano per la Wonderfast, nota per consegnare regali solo ai bambini ricchi, la Befana sceglie di mettere da parte risentimenti e di aiutarli. Superata la sicurezza, i personaggi riescono a recuperare la slitta e a salvare Checco, che rivela loro che il colpevole del sabotaggio è Romeo, che si sente in colpa per il caos che ha creato.

I personaggi scoprono che Babbazimma non ha fatto altro che creare proteste in tutto il mondo da parte di quei bambini che non possono permettersi i loro prodotti, arrivando a non amare più Babbo Natale, per cui Genny si sente responsabile e sceglie di tornare a Roma con Checco e, deciso a fare per la prima volta una buona azione, riporta il bambino alla casa-famiglia, per evitare che diventi come lui. La Wonderfast è in crisi senza la slitta, per cui comunica mediaticamente di essere stata sabotata e di non poter soddisfare le richieste dei clienti per Natale; nel frattempo, gli elfi rie-

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scono a riparare la slitta in tempo, per cui Romeo e Babbo Natale, con l’aiuto di Genny, consegnano i pacchi ai bambini di tutto il mondo. Babbo Natale afferma che solo Genny può donare il regalo impossibile richiesto da Checco, ossia poter riabbracciare i genitori. Il protagonista passa a prendere il bambino e, grazie a una leva sulla slitta capace di riportarli indietro nel tempo, permette a Checco di poterli riabbracciare un’ultima volta.

DDopo i Babbo Natale di Diego Abatantuono e di Gigi Proietti, il film di Siani rilancia la tradizione della commedia fantasy natalizia per famiglie mirata a un pubblico giovanile, con un’ironia meno triviale di quella tipica del cinepanettone ma non meno opinabile (basti pensare alle gag costruite sugli elfi affetti da mutismo), più indirizzato alle derive fiabesche del Michele Soavi di La Befana vien di notte e del sequel diretto da Paola Randi.

Come perfettamente attendibile, sebbene Siani si affianchi a un volto celebre della commedia natalizia come Christian De Sica, è evidente quanto il suo lavoro di scrittura tenda a costruire l’intera vicenda attorno al primato

IL CAPO PERFETTO

indiscusso della sua comicità, risultando però sempre più forzato ed eccessivo. Per fare ciò, la scelta narrativa ricade sulla totale messa in crisi del personaggio tipico di De Sica, che ritroviamo come magnanimo, ignavo, rispettoso del prossimo, nella totale distillazione di tutte quelle caratteristiche delle commedie natalizie di cui è stato protagonista. Di conseguenza, la comicità di Siani sembra avere non solo il predominio su quella del suo coprotagonista, ma sfrutta la furbizia opportunistica tipica della cazzimma napoletana per resuscitare il De Sica più noto al pubblico (si pensi al taglio di capelli e della barba per sancire il suo ritorno vero e proprio), ritrovandoci di fronte al volgare imbroglione, con un passato da latin lover ma che, al contempo, deve fungere da figura di riferimento per il cambiamento di Genny, il che avviene con una forzatura narrativa non indifferente. Se la comicità di Siani poteva risultare quantomeno tollerabile per uno sketch televisivo di Striscia la notizia (si pensi alla sua «E si amma parlà parlamm» che recupera anche nel film), tende a diventare sovrabbondante nella sua ripetitività all’interno di un contesto più dilatato come quello di un lungometraggio, soprattutto se l’obiettivo è inseguire un porten-

to della comicità napoletana come Massimo Troisi.

Il tentativo di tirare in ballo temi come la disoccupazione, i diritti dei lavoratori, la criminalità di strada, giovani sempre più assuefatti dalle nuove tecnologie, fino al lacrimevole epilogo melodrammatico, non riesce ad andare oltre luoghi comuni ormai radicati nell’immaginario collettivo (a partire proprio dallo stile di vita “alla napoletana”), battute piuttosto esigue e monologhi superficiali, che nel puntare a ritrovare uno spazio riflessivo all’interno di una scrittura prettamente ludica, non hanno la forza di imporsi in un contesto che rimane costantemente vacuo e autoreferenziale.

di Fernando León De Aranoa

Origine: Spagna, 2021

Produzione: Fernando León De Aranoa, Jaume Roures

SSpagna, oggi. Blanco, titolare di un’azienda che produce bilance (ereditata dal padre) fa in modo che tutto sia sotto controllo, dagli stadi della produzione, alla soddisfazione dei dipendenti compresa la loro vita privata e sociale perché i loro problemi possono ricadere sul

profitto aziendale con delle conseguenze perniciose. Il momento poi è particolarmente delicato perché sta per arrivare in visita ispettiva all’azienda una commissione governativa che deve assegnare un premio importante, foriero di cospicui finanziamenti dello stato...ovvio che Blanco stia piuttosto attento a tutto; a mantenere intanto un buon rapporto

Regia: Fernando León De Aranoa

Soggetto e Sceneggiatura: Fernando León De Aranoa

Interpreti: Javier Bardem (Blanco), Manolo Solo (Miralles), Almudena Amor (Liliana), Óscar de la Fuente (Jose), Sonia Almarcha (Adela), Fernando Albizu (Román), Tarik Rmili (Khaled), Rafa Castejón (Rubio), Celso Bugallo (Fortuna), Francesc Orella (Alejandro)

Durata: 120’

Distribuzione: Bim

Uscita: 23 dicembre 2021

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lEonardo MagnantE

con la moglie in un matrimonio un po’ annoiato, senza rinunciare alle belle stagiste che si alternano per brevi periodi nel suo stabilimento.

Il destino vuole che proprio in questo periodo in cui tutto dovrebbe filare liscio, i problemi invece sembrano acuirsi e mettere a dura prova i nervi dell’imprenditore.

Un dipendente appena licenziato per dare una piccola sforbiciata al personale meno produttivo, comincia un sit-in solitario occupando con tende e insegne antipadronali uno spazio davanti alla fabbrica.

Il figlio di uno dei suoi più vecchi e fidati operai frequenta brutti amici, picchiatori di destra, ragazzi del branco, insieme ai quali combina il pestaggio di un extracomunitario; dietro le preghiere del padre, Blanco lo assume come addetto alle consegne presso la boutique della moglie.

Un altro dipendente, Miralles, distratto dai tradimenti di sua moglie (che se la fa con un tecnico della stessa azienda, giovane e palestrato), fa un errore dopo l’altro, nei trasporti della merce, negli appuntamenti con i clienti e così via.

La storia tocca il culmine delle problematiche quando Blanco inizia una ennesima storia di sesso con la stagista ultima arrivata, Liliana, senza sapere che questa ha

preferito mantenere l’anonimato ma in realtà è la figlia del suo migliore amico, altro imprenditore, conosciuto fin dai tempi dell’università.

La chiave di tutto è, però, sempre nelle mani di Blanco il cui credo è l’equilibrio (fabbrica bilance) tra i problemi, le esigenze aziendali, la sua tranquillità e i piaceri che la sua vita può offrirgli.

Quindi: il dipendente accampato fuori della fabbrica subisce il pestaggio e l’incendio (purtroppo ne muore) del suo accampamento da parte degli amici del figlio del suo operaio; il distratto Miralles, accusato di scarso rendimento con la testimonianza della segretaria di Blanco con cui ha una relazione è messo fuori dell’azienda; la dolce stagista è assunta in pianta stabile da Blanco che realizza la ritrovata padronanza del suo equilibrato “ecosistema”.

DDue le basi del successo di questo film che si fa seguire con interesse in tutte le sue parti e in più di un momento con evidente, critica passione. Fernando Leon de Aranoa è il regista spagnolo che ha codificato i suoi trascorsi cinematografici nell’affrontare argomenti famigliari o i rapporti tra amici, amanti, subordinati e anche operatori umanitari al fronte (A Perfect Day, 2015).

Tutto questo, però, si è sempre rivelato un mezzo, non un fine: le sue storie di famiglia o di amicizia o d’amore sono sempre servite per raccontare qualcosa di più grande, del disastro che possono toccare i rapporti tra le persone, dell’ipocrisia e della finzione in cui versa la società, non solo spagnola ma universale. L’unico modo possibile per esorcizzare l’incubo è trasformarlo in grottesco, in una recita fatta di maschere, illusioni e di specchi che si ribaltano in continuazione.

Non c’è più nulla da difendere, tutto è perduto, squilibrato proprio quando si vuole tenere sotto controllo e il sistema che si crede di mantenere non c’è più se non al prezzo di una manipolazione, una rielaborazione, un trucco continuo.

Questo ultimo film di De Aranova parte come una commedia, ha dei balzi di durezza che lo accompagnano fino alla fine quando prende la strada del grottesco che ha al suo capolinea la mostruosità, il deforme.

A rendere cristallina, brillante e spietata la soluzione finale c’è la presenza del “diavolo”: la giovane stagista ammaliatrice, avida e senza tentennamenti è il tornasole che mette a posto le caselle nella loro eterna forza coesiva cioè la seduzione, il potere, i soldi; il circolo è chiuso.

Il film, candidato all’Oscar come miglior film straniero, protagonista ai premi Goya (gli Oscar spagnoli) con venti candidature, ha una punta di diamante, acuminata e tagliente, affascinante e naturale in Javier Bardem. L’attore spagnolo, già da tempo apprezzato per la sua bravura espressa in tanti film qui va oltre: unisce il dramma e la commedia, la finzione, la costruzione e il reale in un unico corpus che ha la sapidità della satira vera, bruciante nei confronti della società, della storia, del suo Paese, del suo personaggio e, siamo sicuri, di se stesso.

Con Bardem l’allegoria diventa realtà, così l’opportunismo e la maschera, le crisi di nervi ammansite e trasformate in sorriso, il fare felpato che esplode nel sesso, in una unica manifestazione di sentimenti, cinismo e bugie che vanno a comporre il fascino di una semplice, grandissima recita.

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OCCHIALI NERI

RRoma. Un’eclissi solare avvolge l’intera città in una giornata d’estate. La sera stessa, una prostituta lascia un hotel dove si è appena incontrata con un cliente e viene aggredita da un maniaco che la sgozza con una corda metallica: è la terza vittima di un serial killer che, con lo stesso modus operandi, si accanisce contro le passeggiatrici notturne.

Diana, una escort di lusso, dopo aver terminato il suo servizio con un suo cliente, finisce ben presto nel mirino del serial killer che la inseguirà con un misterioso furgone bianco fino a quando si ritrova coinvolta in un violento incidente stradale che le provocherà la perdita della vista e causerà la morte di una famiglia di cinesi, scontrandosi contro la loro vettura: soltanto il piccolo Chin, di 10 anni, sopravvive all’incidente. Mentre prova a mantenere la propria attività di escort, Diana viene affidata alle cure di Rita, un’operatrice specializzata nell’assistenza di persone non vedenti, che in breve diventa la sua unica amica e la aiuta ad ambientarsi nella sua nuova vita con l’aiuto del cane da guardia Nerea. Diana è tormentata dai sensi di colpa per aver causato la morte della famiglia cinese e fa visita a Chin in un centro di accoglienza, dal quale il bambino poi riesce a fuggire. Chin si stabilisce a casa di Diana e diventa così i suoi nuovi occhi, volenteroso di aiutarla a scoprire chi è il killer che ha causato tutto ciò.

Nel frattempo, l’ispettore Baldacci conduce le indagini e iden-

tifica il killer come proprietario di un furgone bianco visto più volte sulle scene del delitto. Inoltre, un veicolo simile è stato anche visto da Rita mentre era con Diana: l’assassino la sta infatti spiando e sembra voler essere intenzionato a ucciderla ad ogni costo. Per mano del killer moriranno anche i poliziotti Bajani e Jerry, inviati ad interrogare Diana in merito alla scomparsa di Chin dal centro di accoglienza: Jerry viene investito dal furgone bianco, mentre l’ispettrice Bajani, ancora in vita dopo lo scontro, viene pugnalata alla schiena. Diana e Chin, intanto, fuggono dalla morsa del maniaco rifugiandosi nella casa del bambino, ora completamente deserta: ciò permette al killer di intrufolarsi in casa di Diana e di narcotizzare Nerea, il cane da guardia.

Durante la loro fuga, Diana e Chin trovano ospitalità presso casa di Rita, che vive in una casa di campagna nei dintorni di Roma. Chin chiama di nascosto l’ispettrice Bajani, che aveva lasciato il suo numero a Diana in precedenza, ma ignora che dall’altro capo del telefono c’è proprio il killer, che ha rubato il cellulare della donna e scopre così la loro posizione. Qualche ora più tardi, l’assassino giunge col furgone bianco proprio vicino a casa di Rita, che viene strangolata come le altre vittime, e scopre il nascondiglio di Diana e Chin. I due allora, decidono di fuggire avventurandosi nel bosco adiacente alla loro casa ma finiscono per perdersi. Diana si accorge ben presto di essere sola e sperduta per via della sua cecità e finisce prima in uno stagno infestato dai serpenti, poi in un

di Dario Argento

Origine: Italia, Francia, 2021

Produzione: Conchita Airoldi, Brahim Chioua per Urania Pictures, Getaway Pictures con il sostegno del Ministero della Cultura

Regia: Dario Argento Soggetto e Sceneggiatura: Dario Argento, Franco Ferrini

Interpreti: Ilenia Pastorelli (Diana), Asia Argento (Rita), Andrea Zhang (Chin), Maria Rosaria Russo (Ispettrice Bajani), Guglielmo Favilla (Jerry), Paola Sambo (Suora), Andrea Gherpeli (Andrea), Ivan Alovisio (Medico oftalmico), Gennaro Iaccarino (Ispettore Baldacci), Mario Scerbo (Facchino dell’albergo), Maurizio Jiritano (Cliente Escort)

Durata: 87’

Distribuzione: Vision Distribution Uscita: 24 febbraio 2022

edificio industriale dove ritrova Chin. Il killer però l’ha seguita e rapisce entrambi, dopo aver fatto fuori anche due soccorritori che si erano fermati ad aiutarli.

Diana e Chin si ritrovano prigionieri in un centro di addestramento per cani da guardia dov’è presente anche Nerea, prelevata dal killer e ingabbiata. Si scopre quindi che l’assassino è Matteo, un ex cliente di Diana che è stato respinto a causa del suo cattivo odore e che intende quindi vendicarsi sulla donna per averlo umiliato. Nerea riesce però a liberarsi dalla gabbia e a raggiungere Matteo, che in un primo momento prova a ritorcerla contro Diana. L’animale, però, sentendo la voce della padrona che grida aiuto, salta alla gola di Matteo e lo sbrana, mentre Chin riesce a slegarsi e a liberare anche Diana. La polizia giunge sul posto e soccorre i sopravvissuti, mentre porta via il corpo lacerato di Matteo.

Il film termina all’aeroporto di Fiumicino, dove Diana dice per sempre addio a Chin, affidato a

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una cugina venuta in Italia per portarlo a vivere ad Hong Kong. Lasciata sola dagli agenti di polizia che l’hanno accompagnata, Diana parla col cane Nerea confidandole che lei è ormai l’unica amica rimasta.

AAmore. È questo forse il termine che più si addice al cinema di Dario Argento che, nonostante alti e bassi, è riuscito a portare avanti con passione, tenacia e maestria, il suo genere più rappresentativo: il thriller. Eppure, sono anni che aspettiamo, forse insperatamente, un suo folgorante ritorno ai fasti di un tempo. Per un autore come lui, abituato a rincorrere insistentemente e circolarmente le proprie ossessioni e i propri incubi, è sempre più complicato riuscire a trovare nuova linfa creativa all’interno del complesso universo immaginario che egli stesso ha contribuito a creare ma che ha trovato e trova, con il passare del tempo, sempre più numerosi e agguerriti concorrenti. Basti pensare alla nuova generazione di registi horror americani - come Eggers, Peele, Aster per citarne qualcuno - meritevoli di essere

riusciti a rivitalizzare un genere che sembrava oramai sterilizzato e conformato agli standard mainstream odierni. D’altronde, in un epoca in cui il pubblico è fin troppo smaliziato e circondato da una miriade di opere audiovisive, l’innovazione stenta a trovare nuovi elementi vitali per provocare un qualche minimo sentore di paura o perturbamento durante la visione filmica. In questo infausto scenario, Argento ci riprova con un film più classico (a metà strada tra thriller, giallo e poliziesco) che ricorda i tempi migliori ma che non aggiunge né toglie nulla alla sua filmografia.

Nonostante ciò, la prima parte di Occhiali neri è davvero affascinante, quasi una summa dei temi tanto cari al maestro del brivido - come l’enigmatica sequenza iniziale dell’eclisse (metafora di un oscuro presagio) - per poi passare a quella tutta in notturna del primo omicidio, alternando primi piani, campi lunghi e soggettive suggestive che confermano un virtuosismo registico a cui forse ci eravamo dimenticati di poter assistere. Poi, però, sembra che il film si privi di questa ventata di freschezza per incanalarsi su sentieri già battuti, proponendo soluzioni narrative fin troppo datate e piene di cliché che finiscono per innescare un ridicolo involontario sublimato da un finale banale, così come il movente dell’omicida.

Le cause sono riscontrabili a partire da una sceneggiatura fin troppo lineare senza particolari colpi di scena (tutti abbastanza scontati) e soprattutto dalla mancata costruzione di una detection del thrilling e del punto di vista dell’assassino che hanno da sempre caratterizzato il cinema argentiano. Al suo posto, il regista ha preferito osare, scegliendo di focalizzarsi sullo stato emotivo della protagonista nel suo percorso di riabilitazione e accettazio-

ne del suo status da non vedente. Una scelta nuova, forse coraggiosa o romantica di questo ultimo Argento, ma che alla lunga non premia un’opera fin troppo sbrigativa e priva di soluzioni originali.

Tra le note positive bisogna sottolineare gli effetti speciali artigianali di Sergio Stivaletti, storico collaboratore di Argento, che qui ci fa assaporare quel gusto per il sangue tipico degli anni Ottanta, attraverso gole tagliate e brandelli di corpi martoriati. Il tutto confezionato dalla splendida colonna sonora firmata da Arnaud Rebotini (compositore del sequel-remake di Blair Witch), che rievoca atmosfere gobliniane con sonorità più moderne.

Per quanto riguarda il cast, merita una menzione a parte la buona prova di Ilenia Pastorellivincitrice del David di Donatello come migliore attrice in Lo chiamavano Jeeg Robot - che infonde credibilità e autenticità al proprio personaggio, mostrando un certo impegno nel “doppio ruolo” di arrogante escort di lusso (nella prima parte), per poi passare a quella di donna fragile e indifesa che deve fare i conti con un’improvvisa forma di cecità (nella seconda). Ad affiancarla, una convincente Asia Argento (qui anche in veste di produttrice) nel ruolo secondario dell’amorevole operatrice specializzata nell’assistenza di persone non vedenti.

Presentato in anteprima mondiale alla 72ª edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino nella sezione Berlinale Special Gala , Occhiali neri è una co-produzione tra Italia Francia e distribuita nelle sale cinematografiche italiane da Vision Distribution il 24 febbraio 2022 ottenendo scarsi risultati al botteghino.

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NON CADRÀ PIÙ LA NEVE

ZZhenia è un ragazzo ucraino, nato a Pripyat, sette anni prima della catastrofe di Chernobyl, esattamente lo stesso giorno, guardato inizialmente con sospetto dagli altri in quanto ritenuto radioattivo. Conoscitore di tutte le lingue del mondo e dotato di poteri straordinari sin da piccolo, il giovane si trasferisce a Varsavia per lavorare come massaggiatore in un complesso residenziale abitato da persone alienate e depresse, che iniziano a trovare sollievo nei suoi massaggi.

Una delle sue clienti abituali, Maria, vive con suo marito e con i suoi figli, stressata dalla vita quotidiana e dal non sentirsi apprezzata dalla famiglia; sua figlia Blanka comunica a Zhenia di essere consapevole che non nevicherà mai più. Finito il massaggio, il protagonista si dirige da un altro cliente, malato terminale di cancro, che afferma di trovare benefici solamente nei rimedi naturali e non nelle tante cure somministrategli; con sua moglie Wika, l’uomo sta preparando un numero di magia da presentare fra qualche mese allo spettacolo di Natale della scuola del figlio. Zhenia percepisce che il corpo di un’altra sua cliente, Ewa, è intossicato dai farmaci e lei gli rivela che è colpa delle medicine per curare il suo disturbo mentale.

Maria si sente sempre più incompresa dalla famiglia e chiede a Zhenia di poter essere ipnotizzata; procedendo con il trattamento terapeutico e ritrovandosi in una misteriosa foresta, la donna si sente immediatamente meglio. A casa, il protagonista ricorda la sua infanzia, prima della morte

prematura della madre, quando le mostrava i suoi poteri telecinetici, che gli permettevano di spostare le cose solamente con la forza del pensiero.

Una mattina, Zhenia viene avvicinato da una donna che gli chiede urgentemente di guarire il suo cagnolino, divenuto apatico, sebbene il giovane non abbia mai provato il trattamento sugli animali. Spogliatosi a causa della pioggia, Zhenia viene intravisto da Maria, che inizia a sospettare che abbia una relazione con la vicina, ingelosendosi. Nel frattempo, le condizioni mentali di Ewa peggiorano quando scopre che l’albero sotto il quale è sepolto il suo defunto marito è stato abbattuto; anche lei chiede di essere ipnotizzata, ritrovandosi nella foresta in cui vede suo marito all’interno del tronco di un albero.

Durante la notte di Halloween, Zhenia incontra il marito di Wika, che, sebbene si senta meglio grazie ai suoi massaggi, gli chiede comunque di essere ipnotizzato. Più avanti, anche il marito di Maria contatta Zhenia per un massaggio, durante il quale appare ossessionato dalla vita sessuale del giovane, chiedendogli informazioni sulle ragazze che ha avuto e consigliandogli di godersi pienamente la sua libertà prima del matrimonio e dei figli. Zhenia torna dal marito di Wika, ma scopre che purtroppo è morto.

Il protagonista riceve un bigliettino di una misteriosa persona che gli chiede di incontrarsi. Il giovane si ritrova in un appartamento in cui vede la defunta madre, che ricorda quanto il figlio amasse l’inverno a causa della sua passione per la neve, che interviene quando il mondo è stanco, coprendolo alla

di Malgorzata Szumowska

Origine: Polonia, Germania, 2020

Produzione: Agnieszka Wasiak, Mariusz Wlodarski, Malgorzata Szumowska, Michal Englert, Viola Fügen, Michael Weber per Lava Films, Match Factory Productions, in coproduzione con: Mazovia Film Fund, Kino Świat, Di-Factory, Bayerischer Rundfunk, Arte

Regia: Malgorzata Szumowska, Michal Englert (co-regia)

Soggetto e Sceneggiatura: Michal Englert, Malgorzata Szumowska

Interpreti: Alec Utgoff (Zenia), Maja Ostaszewska (Maria), Agata Kulesza (Ewa), Weronika Rosati (Vedova), Katarzyna Figura (Proprietaria Bulldog), Andrzej Chyra (Capitano), Lukasz Simlat (Marito della vedova)

Durata: 113’

Distribuzione: I Wonder Pictures Uscita: 9 novembre 2021

stregua di una coperta, come se avesse dei poteri magici.

Prima della recita di Natale, Wika chiede a Zhenia di prendere il posto del marito nel numero preparato nel corso dei mesi precedenti e il giovane accetta; mentre sta provando il costume da supereroe che dovrà indossare, il protagonista viene sedotto dalla donna. Durante lo spettacolo, improvvisamente Zhenia scompare, sotto gli occhi sbalorditi del pubblico, tra cui Maria che, sconvolta, chiede a Wika che fine abbia fatto.

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Zhenia è sparito per sempre e tutti sentono la sua mancanza. Una mattina, due agenti del dipartimento dei lavoratori stranieri dell’Ufficio per l’Impiego passano da Maria per chiedere informazioni su Zhenia, ma la donna, per proteggerlo, dichiara di non averlo mai visto, mentre la figlia Blanka afferma che l’uomo in realtà è un supereroe. Nel frattempo, il figlio di Ewa e un suo amico ripiantano un albero sopra la tomba del padre, mentre Wika sceglie di trasferirsi insieme a suo figlio. Improvvisamente, una dolce nevicata imbianca il quartiere.

MMałgorzata Szumowska e Michał Englert gettano il loro sguardo sulla Polonia trent’anni dopo la caduta del muro di Berlino ma senza ricadere in una messa in scena cronachistica o in un impianto realistico che intende documentare o quantomeno descrivere razionalmente le sue condizioni politiche e sociali, pre-

ferendo immergere lo spettatore in un clima magico, intangibile, incerto, irrisolvibile che sembra quasi cogliere uno stato d’animo, un sentimento di malessere collettivo che non può essere categorizzato e spiegato razionalmente. A raccogliere queste angosce generalizzate è la figura dell’angelo custode che si fa carico del male del mondo, il cui attraversamento permette l’emersione di quelle zone d’ombra che Szumowska aveva già osservato in quello che, ad oggi, è il suo film più riuscito, ossia Un’altra vita- Mug . Vittima della catastrofe nucleare, Zhenia si erge come rappresentante di un Bene superiore che sopravvive alle spire devastatrici del Male, vedendo in esso quelle nuance necessarie per accettarlo, per non farsi divorare da esso, come nell’emblematico accostamento tra la magia della neve e la polvere radioattiva che sembra aver messo fine a qualsiasi possibilità di poter coprire in maniera salvifica il mondo.

Al contempo, l’incidenza sul

tema dell’ipnosi e del tentativo di penetrare nello stato d’animo dei personaggi, nella foresta interiore che si pone come antitetica rispetto a un mondo che invece appare disinteressato nei confronti dell’ambiente e delle conseguenze devastanti delle proprie azioni, sembra rimanere alquanto superficiale, fornendo al pubblico delle immagini rapide, fugaci, che non consentono di cogliere un ritratto articolato e complesso del malessere che anima gli abitanti di un microcosmo omologato e vittima della propria alienazione. E se le prospettive di una presa in cura del mondo sono sempre più rare (la didascalia finale ci informa che la prossima nevicata è prevista per il 2025), la figura angelica non può che eclissarsi durante uno spettacolo, illusorio e ingannevole come l’immagine cinematografica che l’ha ospitato, garantendo una carezza temporanea in un contesto ormai abbandonato alla sua solitudine.

di Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo AMERICA LATINA

Origine: Italia, Francia, 2021

Produzione: Lorenzo Mieli per The Apartment (Società del Guppo Ffremantle), Vision Distribution, in coproduzione con Le Pacte, in collaborazione con Sky

Regia: Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo

Soggetto

Interpreti: Elio Germano (Massimo), Astrid Casali (Alessandra), Sara Ciocca (Bambina), Maurizio Lastrico (Simone), Carlotta Gamba (Laura), Federica Pala (Ilenia), Filippo Dini (Roberto), Massimo Wertmüller (Padre di Massimo)

Durata: 90’

Distribuzione: Vision Distribution

Uscita: 27 gennaio 2022

LLatina oggi. Massimo Sisti è un dentista benestante titolare di uno studio dentistico, felicemente sposato con Alessandra e padre di due figlie adolescenti, Ilenia e Laura, con le quali vive in una bellissima villa immersa nella quiete. La sua vita si svolge pacificamente, alternando il lavoro alla famiglia, cui è molto devoto; le uniche eccezioni sono le uscite con l’amico Simone e le visite all’anziano padre, col quale l’uomo ha però un rapporto conflittuale. Un giorno, Massimo scende nello scantinato

della sua villa per una faccenda domestica e vi trova qualcosa di totalmente assurdo: una bambina legata e imbavagliata. Il dentista, sconvolto, non ha la minima idea su chi possa averla portata lì e in che modo; la bambina è inoltre molto aggressiva nei suoi confronti e rifiuta con violenza il suo aiuto. Mentre cerca di fare mente locale, Massimo decide di continuare a tenere la bambina prigioniera per proteggere se stesso e tenendola nascosta anche al resto della sua famiglia.

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e Sceneggiatura: Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo

I primi sospetti di Massimo ricadono su Simone, che tempo prima gli aveva chiesto un ingente prestito per pagare un debito: egli crede che lui abbia rapito la bambina per ottenere un riscatto, nascondendola poi nella sua villa grazie ad una copia delle chiavi; Massimo gli pone così delle domande ambigue e arriva addirittura a mostrargli una foto della rapita, senza però turbarlo più di tanto; chiede allora informazioni a Roberto, un barista amico di entrambi, ma questi si rifiuta di dargliene e riferisce tutto a Simone; Massimo allora cerca di inseguirlo in auto per sorprenderlo in flagrante, ma l’uomo lo scopre e lo aggredisce: pur non facendogli davvero male, gli intima di lasciarlo perdere.

L’intera faccenda, nel frattempo, sconvolge la psiche di Massimo, che si rende conto di aver avuto, nel passato immediato, frequenti vuoti di memoria a causa dell’abuso di alcool e psicofarmaci; l’ansia e il nervosismo gli impediscono di lavorare serenamente e iniziano a minare anche la tranquillità familiare: per questo motivo inizia pian piano a odiare la bambina, per la quale prova al contempo un senso di protezione che lo porta nonostante tutto a tenerla al caldo, darle da bere e a curare i suoi denti.

Massimo inizia a sospettare anche di suo padre, che vive da tempo in povertà e già altre volte si è imbarcato in attività illecite per procurarsi denaro. I due hanno uno spiacevole confronto, durante il quale si rinfacciano le mancanze che ciascuno ha subito da parte dell’altro, rimarcando al tempo stesso la loro interdipendenza reciproca. Al termine del diverbio Massimo, in lacrime, viene consolato dalla fedele e amorevole Alessandra.

Col passare dei giorni, Massimo nota dei comportamenti strani nella moglie e nelle figlie, le quali

hanno nei suoi riguardi atteggiamenti elusivi. L’uomo inizia a sospettare che loro siano al corrente della presenza della bambina nello scantinato: in preda alla rabbia, Massimo irrompe nello scantinato distruggendo le tubazioni per allagarlo e in questo modo punire la bambina, ritenendola a sua volta colpevole della distruzione della sua tranquillità. In seguito, tuttavia, Massimo scopre che ciò che gli veniva tenuto nascosto era una festa di compleanno a sorpresa. Durante i festeggiamenti, Alessandra lo esorta ad andare da uno psicologo, che lo aiuterebbe a ritrovare la serenità; Massimo, tuttavia, crede che lei e le ragazze non sopportino più il suo comportamento e lo vogliano far internare, così reagisce violentemente aggredendole. Successivamente riversa il suo malessere anche contro la bambina nello scantinato, tentando di annegarla Massimo decide di sbarazzarsi una volta per tutte della bambina e dei problemi che essa comporta, così scava una buca dove seppellirne il cadavere una volta che l’avrà ammazzata. Tornato a casa, Alessandra annuncia all’uomo che è intenzionata a lasciarlo portandosi via anche le ragazze a causa dei suoi disturbi comportamentali. A quel punto Massimo decide di confessare alle tre il motivo della sua follia: le conduce nello scantinato per mostrargli la bambina, affinché la liberino e chiamino i soccorsi; una volta lì, però, Alessandra, Laura e Ilenia scompaiono misteriosamente. Mentre Massimo viene portato via dalla polizia, un notiziario annuncia la liberazione della bambina, ma rivela anche che il rapitore (Massimo stesso), nonostante abbia chiesto insistentemente di vedere sua moglie e le sue figlie, è in realtà celibe e conduce una vita riservata, priva di qualsiasi affetto e rapporto umano.

Condotto in prigione, Massimo torna finalmente sereno e tranquillo; nella sua cella, assieme a lui convivono le proiezioni mentali di Alessandra, Ilenia e Laura, che continuano a stargli vicino.

CCos’è un incubo? Forse una sensazione che provoca nel nostro inconscio uno stato di angosciante oppressione? Oppure la rappresentazione metaforica di un evento della vita reale? Lo sanno bene i fratelli Fabio e Damiano D’Innocenzo che con il loro terzo lungometraggio, America Latina, dimostrano ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, di saper fare cinema di qualità con stile e consapevolezza dei propri mezzi attraverso un discorso autoriale che li ha condotti a indagare fino in fondo sui lati più oscuri della società moderna. E questa volta, sembrano proprio essersi spinti oltre, immergendoci in una storia allucinata di sostanziale ambiguità, quella di un uomo senza speranza, in preda alle proprie ossessioni e intrappolato all’interno di una prigione mentale da cui non riesce ad evadere. Ma allo stesso tempo, come il sogno (l’America) e la realtà (Latina), due emisferi diametralmente opposti tra loro, ad un certo punto si congiungono, fino ad annientarsi l’uno con l’altro.

Districandosi tra dramma e thriller psicologico, il film dei due

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giovani registi è molto di più, trasformandosi in una cupa riflessione sulla solitudine e sulla lacerazione dei rapporti umani, dove il vero orrore risiede nel quotidiano. Non a caso, la location principale del film è quello della “casa”, luogo confortevole, agiato e rarefatto ma che nasconde “sotto” di essa, nel proprio scantinato, i più atroci orrori che la mente umana abbia mai partorito. È qui dove avviene non solo il ritrovamento della bambina ma soprattutto il punto di rottura della psiche di Massimo. Ed è qui che tutto si incrina, si deforma e si distrugge. Non esiste nessuna via di salvezza se non quella del calore affettivo che l’uomo ripone nella proiezione eterea della sua famiglia, nucleo perfetto su cui contare e rifugiarsi.

Elio Germano è perfetto nel ruolo e la sua presenza è importante anche per il senso di spiazzamento che la sua figura da uomo mite e

riservato - incontestabilmente felice eppure confuso, smarrito - provoca in abbinamento con la torbida pazzia del suo personaggio: “America Latina è un film sulla luce e abbiamo scelto il punto di vista privilegiato dell’oscurità per osservarla”, come affermano i fratelli D’Innocenzo.

Nonostante la sceneggiatura non sia del tutto avvincente per via di un ritmo volutamente sospeso e dilatato nella costruzione della suspense, il colpo di scena finale è invece molto efficace non solo in quanto sufficientemente inaspettato, ma perché offre anche una chiave di lettura che a ritroso dà una giustificazione psicologica all’orrore assistito e apre un abisso di tragicità drammatica, lasciando allo spettatore un sottofondo amaro che persiste anche dopo la visione. Questo clima cupo, claustrofobico e malsano è stato reso tale però grazie all’ottima regia dei fratelli D’In-

nocenzo che - attraverso l’ausilio di inquadrature distorte, primissimi piani e cura per il dettaglio - hanno contribuito ad accrescere il fascino complessivo dell’opera. Senza dimenticare la splendida fotografia di Paolo Carnera (memore della lezione argentiniana di Suspiria) che sintetizza con efficacia lo stato emotivo del protagonista così come l’enigmatica colonna sonora dei Verdena che accompagna il tutto in maniera impeccabile.

Presentato in anteprima mondiale il 9 settembre 2021 in concorso alla 78ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, America Latina ha ottenuto tre candidature al David di Donatello (Migliore attore protagonista, Migliore fotografia, Migliore colonna sonora) e vinto un premio come miglior soggetto ai Nastri d’Argento.

di Nicolas Benamou MISTERO SAINT-TROPEZ

Origine: Francia, 2021

Produzione: Christian Clavier, Olivier Delbosch, Cédric Iland, Bastien Sirodot per Curiosa Films, Ouille Productions, France 2 Cinéma, Studiocanal, Umedia, Ufund

Regia: Nicolas Benamou

Soggetto e Sceneggiatura: Nicolas Benamou, Christian Clavier, Jean-François Halin, Jean-Marie Poiré

Interpreti: Benoît Poelvoorde (Claude Tranchant), Christian Clavier (Jean Boullin), Gérard Depardieu, Thierry Lhermitte, Rossy de Palma (Carmen Moreno)

Durata: 97’

Distribuzione: I Wonder Pictures

Uscita: 9 giugno 2022

EEstate 1970 a Saint-Tropez. Nella loro lussuosa villa, il miliardario produttore di birra Croissant e sua moglie Eliane ospitano i loro amici del jet set, tutti apparte-

nenti al mondo della cultura e del cinema. Tra questi spiccano: Carmen Moreno, una celebre attrice accompagnata dal suo giovane boyfriend Ben, l’eccentrico regista greco Sirtaki, il migliore amico del padrone di casa Jacquot e sua moglie Francine, la giovane attricetta Laura innamorata del suo mito Alain Delon, la giovane Peggy con il compagno Norbert e il muscoloso e aitante Gabriel. In servizio nella villa, Jérome un cuoco dalla curiosa voce femminile.

Un uomo nascosto da una muta nera da sub compie un atto di sabotaggio ai freni alla decappottabile della padrona di casa. Non è la signora però a mettersi alla guida dell’auto, ma Jacquot che, dopo un incontro segreto con Eliane, viene coinvolto in un brutto incidente dal quale esce quasi indenne.

Terrorizzato, Croissant si mette in contatto con il suo amico e uomo politico Jacques Chirac che chiama subito il capo della polizia Lefranc chiedendogli di inviargli il migliore ispettore di cui dispone per indagare sul colpevole del tentato omicidio ai danni della moglie. Ma in piena estate la maggior parte dei colleghi è in ferie: l’unico rimasto in servizio è l’ispettore Botta, noto per le sue disastrose indagini. Lefranc si vede costretto a mandare proprio il pasticcione ispettore in Costa Azzurra.

Appena arrivato a Saint Tropez, Botta infila un guaio dopo l’altro. Durante un’ispezione presso l’officina che ha riparato l’auto sabo-

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tata, il commissario precipita in un mare di olio per motore. Subito dopo, a causa delle curve della strada costiera, vomita addosso a Croissant tanto che i due arrivano alla villa in mutande. Poco dopo, Botta parla con la padrona di casa che gli legge alcune lettere minatorie. L’ispettore spiega ai Croissant il suo piano: spacciarsi per il nuovo cameriere della villa per mimetizzarsi tra gli ospiti e indagare.

Il commissario non tarda a scoprire che Eliane tradisce l’ignaro marito e pensa ingenuamente che questo sia un indizio. Ma ci possono essere anche altri sospettati, come il regista Sirtaki che vorrebbe i soldi di Eliane per produrre il suo film.

Nella villa, ogni azione dell’ispettore si rivela un disastro. Poco prima di pranzo, agli ospiti si aggiunge l’attore Yves Lamarque, vecchio amico dei Croissant. Chiamato dalla padrona di casa, lo chef lascia a Botta l’incarico di condire un branzino con un filo leggero di olio d’oliva: ma al cameriere improvvisato cade il tappo dell’oliera inondando il pesce. Servendo a tavola, Botta rovescia il vassoio pieno di olio sui pantaloni di velluto bianco del regista Sirtaki.

Durante una festa in maschera in spiaggia, l’ispettore ne combina di tutti i colori facendo insabbiare anche la camionetta della Gendarmerie presente sul luogo. Poco dopo, mentre cerca di calmare la bella Laura da una crisi di pianto per il mancato arrivo di Alain Delon, provoca involontariamente un incidente ai danni di Yves Lamarque che viene ferito a una spalla dalla ragazza che si è impossessata dell’arma di Botta. Quella stessa sera, il commissario è preda di uno stato di alterazione per aver fumato dell’hashish che qualcuno ha messo nella sua pipa, finendo per provocare un altro incidente durante il quale Sirtaki resta fulminato da una scossa elettrica.

Chiamato da Chirac, il commissario Lefranc si reca nella villa per prendere in mano le indagini, ma viene colpito da una freccia scoccata per sbaglio da Botta intento a pulire il bordo della piscina. Il corpulento Lefranc viene portato via in ambulanza.

Ma il tempo stringe e Botta vuole stanare il colpevole. La resa dei conti avviene durante un concerto al quale assistono tutti gli ospiti. Per un puro caso, piombando con l’auto a tutta velocità al concerto, Botta smaschera il vero colpevole anche dell’atto di sabotaggio all’auto di Eliane: il giovane Ben che stava per colpire con un colpo di fucile il suo vero bersaglio, Carmen Moreno. Il ragazzo confessa che voleva uccidere l’attrice per intascarne l’assicurazione sulla vita.

e una gran confusione. Bassino e panciuto (per non dire tracagnotto), sempre con la pipa in bocca, sicuro di sé e con un piglio un tantino arrogante, Botta sembra davvero un parente stretto dell’ispettore interpretato da Peter Sellers o, spingendo lo sguardo più in alto, un figlio scemo di Hercule Poirot.

Location, costumi (con una menzione speciale per gli abiti della padrona di casa), musiche, accessori di scena: tutto riporta al clima di inizio anni Settanta nell’assolata estate in Costa Azzurra,

L’

L’ispettore Clouseau è forse tornato? Magari si aggira per Saint-Tropez prendendo alloggio in una lussuosa villa con piscina? In realtà il nome dell’ispettore di questa indagine è Botta, non siamo più negli anni Sessanta dei primi due irraggiungibili film della serie che ha per protagonista l’immenso Peter Sellers (La Pantera Rosa e Uno sparo nel buio) ma in pieno periodo yè-yè all’inizio del decennio successivo in cui si muovono i primi passi dell’emancipazione femminile (“Siamo nel 1970. Puoi possedere una macchina, non una donna!” esclama uno degli ospiti della villa).

Per questo Mistero a Saint-Tropez il riferimento ai film di Blake Edwards della serie della Pantera Rosa o anche al cult Hollywood Party è evidente anche dalle dichiarazioni del regista Nicolas Benamou (che ha già lavorato con Christian Clavier nel 2015 nella commedia Babysitting 2).

I metodi di indagine del commissario Botta sono molto simili a quelli del suo illustre predecessore: scivoloni, gaffes, incidenti

Lo scontato plot giallo (la parte più debole del film) finisce per passare in secondo piano sommerso da una valanga di gag al limite del demenziale che coinvolgono l’imbranato commissario. Ma, alla fine dei conti, il panciuto Botta (personaggio che sembra cucito addosso alla verve comica di Christian Clavier) porta a casa il risultato come il suo illustre predecessore strappando risate e leggerezza.

Il film reca in tutto e per tutto l’impronta del talento di Clavier

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che ne è anche co-sceneggiatore (insieme a Jean Marie Poiré e Jean-François Halin) e coproduttore (insieme a Olivier Delbosc). D’altronde il nome di Clavier è marchio di garanzia: dalla serie di film come I visitatori e Asterix & Obelix in poi, passando per commedie come Benvenuti in casa mia o per il grande successo di Non sposate le mie figlie, non sbaglia un colpo. Mistero a Saint Tropez è una commedia slapstick a sfondo poliziesco ricca degli artifici tipici del genere: l’uso dello ‘split screen’, dei titoli di testa animati che rimandano agli illustri antenati della serie della Pantera Rosa e soprattutto una coppia comica che funziona. L’alchimia tra Clavier e Benoît Poelvoorde è perfetta. Da un lato il

pasticcione commissario che trangugia cibo, vomita, si fa sostituire il tabacco della pipa con l’hashish, inciampa, scivola, maneggia maldestramente qualsiasi cosa tocchi (dalla bottiglia dell’olio, al vassoio dei cocktail, al rastrello dei giardinieri) e dall’altro il miliardario griffato dalla testa ai piedi, che si mette alla guida di rombanti Maserati indossando guanti di pelle ma che finisce in più di qualche situazione imbarazzante coinvolto dall’imbranato ispettore.

Il duo protagonista è circondato da un cast di eccellenze: dal grande Depardieu nei panni del commissario Lefranc, alla convincente Virginie Hocq che interpreta Eliane la moglie del miliardario Croissant, padrona di casa perse-

guitata da un assassino misterioso e da lettere minatorie. Completano il cast partecipazioni illustri: quelle di Thierry Lhermitte e Rossy De Palma, oltre ad attori feticcio del regista come Vincent Desagnat (il capriccioso regista greco Sirtaki) e Jérôme Commandeur (il cuoco dalla voce femminile Cyril).

Ma c’è di più, forse non ci libereremo tanto facilmente dell’inetto e fanfarone Botta. Il primo indizio è nel sottotitolo, Un’inchiesta dell’ispettore Botta: lo stesso Clavier ha ammesso che gli piacerebbe declinare le disavventure di questo personaggio in un “Mistero a Berlino” o in un “Mistero a Istanbul”. Chissà.

SULL’ISOLA DI BERGMAN

Origine: Belgio, Germania, Svezia, Francia, 2021

Produzione: Charles Gillibert per CG Cinéma, in coproduzione con Neue Bioskop Film, Scope Pictures, Plattform Produktion, Piano, Arte France Cinéma Regia: Mia Hansen-Løve Soggetto e Sceneggiatura: Mia HansenLøve

Interpreti: Vicky Krieps (Chris), Tim Roth (Tony), Mia Wasikowska (Amy), Anders Danielsen Lie (Joseph/Anders), Hampus Nordenson (Hampus), Anki Larsson (Ase), Kerstin Brunnberg (Hedda), Melinda Kinnaman (Berit), Stig Björkman (Stig)

Durata: 112’

Distribuzione: Teodora Film Uscita: 7 dicembre 2021

CChris e suo marito Tony sono una coppia di registi che sceglie di passare del tempo a Fårö, celebre isola in cui Ingmar Bergman ha vissuto e lavorato, sperando di trovare l’ispirazione per i loro prossimi lavori, stabilendosi nella casa in cui il regista diresse alcune sequenze di Scene da un

matrimonio. Mentre Tony ammira profondamente il cinema bergmaniano, Chris è combattuta tra il fascino per il Bergman regista e il disprezzo per le sue scelte di vita, a partire dal disinteresse verso i nove figli avuti con sei donne diverse, sebbene gli amministratori della Fondazione Bergman giustifichino tali rapporti familiari, dato che non avrebbe mai potuto gestire una produzione artistica del genere se avesse dovuto anche “cambiare pannolini”.

Chris interpreta Sussurri e grida come un horror senza catarsi: se da un film dell’orrore si esce rassicurati, consapevoli che quanto visto non potrà mai accadere allo spettatore, l’angoscia esistenziale della poetica bergmaniana non abbandona mai il proprio pubblico. La donna non comprende il suo fascino per un cinema così crudele, che esplora unicamente l’oscurità senza mai ambire alla felicità, mettendo in scena unicamente

personaggi orribili. Durante una Q&A successiva alla proiezione di un film di Tony, Chris si allontana dal marito e sceglie di non partecipare al Bergman Safari, preferendo visitare la tomba del regista e girare per l’isola con Hampus, uno studente di cinema.

Sebbene rammaricata perché Tony non le racconta le sue sceneggiature, Chris le narra la storia che sta scrivendo: Amy, giovane regista lasciata da Joseph quando erano adolescenti, incontra l’amato al matrimonio di un’amica a Fårö e tra i due scatta di nuovo la passione. Dopo una notte di sesso, Joseph si sente in colpa per aver tradito la sua fidanzata, con cui intende costruire un rapporto più serio, non riuscendo a trovare una risposta agli interrogativi di Amy, che si domanda come mai non abbia scelto lei. Joseph diventa freddo e distaccato, tanto da lasciare l’isola senza

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di Mia Hansen-Løve

neanche salutare Amy, definitivamente devastata.

Chris deve trovare un finale idoneo, indecisa se concluderlo con il suicidio della giovane; Tony si mostra distaccato, affermando di non essere la persona adatta per poterla aiutare. L’uomo lascia l’isola per un incontro con i produttori e promette di tornare con la loro figlia, June. In attesa di trovare il suo finale, Chris si dirige nella casa in cui Bergman ha vissuto, in cui incontra Hampus, che le suggerisce di riposare nella camera per la meditazione. Chris viene svegliata da Anders Danielsen Lie, l’interprete di Joseph, che afferma che l’intera troupe è esausta, sebbene le riprese stiano per giungere al termine. Anders e Chris stanno insieme fino a notte fonda e l’uomo la ringrazia per averlo scelto come protagonista.

Tony torna sull’isola con June, pronta a riabbracciare la madre dopo il periodo di lontananza.

SStoria di fantasmi come quella che Tony sta scrivendo, ambientata nel luogo infestato dallo spettro di Ingrid, ultima moglie di Bergman, la cui presenza non ha mai abbandonato gli ameni ambienti dell’isola neanche dopo la sua morte. Storia di allontanamenti e riavvicinamenti, tra il potere generativo della parola che dà vita alla seconda metà del film e i silenzi celati nelle proprie creazioni. Nonostante i numerosi riferimenti all’opera di Bergman (dall’arrivo della coppia sull’isola alla stregua de L’ora del lupo alla casa che ha ospitato la vicenda di Scene da un matrimonio), l’obiettivo dell’autrice non è tanto omaggiare il celebre regista svedese attraverso una mera ars combinatoria, ma renderlo un fantasma tanto intangibile quanto costantemente presente sulla scena. Fårö vive delle ossessioni di Bergman mettendo tra parentesi il dato fenomenico di un mondo che è ormai

cinema, si pensi alla paura di dormire nella stessa camera dei protagonisti di Scene da un matrimonio in quanto film che ha fatto divorziare molte coppie, fino allo scontro inesorabile con il potere simulacrale dell’immagine cinematografica in quanto riconfigurazione del reale che è sempre differenza e mai suo calco, sempre illusione come la casa inesistente di Come in uno specchio, tanto cercata da Chris. I primi cinquanta minuti fanno da lungo prologo alla mescolanza tra cinema e realtà, fino all’allucinatorio incontro di Chris con Anders: è un’alterazione dei piani di realtà o dei piani temporali? È il film che sta girando? È un sogno?

Al contempo, il grande limite del film è una certa superficialità nelle letture opinabili che i due protagonisti danno tanto alla poetica di Bergman quanto al cinema in generale, che ricadono non solo nel riduttivo ma in luoghi comuni totalmente evitabili di fronte alla maestosità del cinema con cui la coppia è chiamata a confrontarsi. In primo luogo, è alquanto criticabile l’accezione con cui Chris considera Sussurri e grida come un horror senza catarsi al fine di nobilitare la produzione bergmaniana rispetto a un genere che viene spacciato come rassicurante, un abbassamento di livello rispetto al cinema d’autore par excellence tipico di uno sguardo riduttivo da cui non sono esenti ancora oggi molte concezioni critiche e interpretative. Senza mettere in discussione l’angoscia esistenziale conseguente alla visione del capolavoro di Bergman, appare piuttosto contestabile la concezione banalizzante dell’horror come arena estetica collocata a distanza di sicurezza, incapace di chiamare in causa gli spettatori: si mancherebbe di lucidità e spirito critico se si tentasse di dimostrare quanto sottogeneri come, per esempio, l’home invasion o il torture porn, fino alle oscure esplorazioni psicoanalitiche della

mente e del desiderio del soggetto tipiche di autori come Dario Argento siano universi diegetici rassicuranti ed estranei al loro pubblico.

Anche le riflessioni sulla poetica bergmaniana non sono avulse da contraddizioni e categorizzazioni superficiali, in particolare l’accento ossessivo sull’oscurità dei temi trattati dall’autore e la conseguente messinscena di personaggi sprezzanti e negativi, a parte l’eccezione che Tony riconosce in Fanny e Alexander, accusato dalla moglie di essere un film arrivato troppo tardi a definire dei modelli positivi. Si ricade di conseguenza in un manicheismo che sembra dimenticarsi di un capolavoro di più di vent’anni prima come Il settimo sigillo (non a caso non visto paradossalmente da un’appassionata di Bergman come Chris e non amato da Tony), in cui la famiglia di artisti di strada, emblema di quella tenerezza tanto ricercata da Chris, si fa portatrice di un’ingenuità capace di sfuggire all’angoscia del silenzio di Dio e alla morte, a cui scampa grazie a un gesto di profonda umanità compiuto dal personaggio di Max von Sydow. In conclusione, il film sembra funzionare maggiormente quando a parlare sono unicamente le immagini, i silenzi, i paesaggi attraversati dai protagonisti, in cui lo spettro del cinema di Bergman aleggia indisturbato, senza il tentativo fallimentare di verbalizzare e categorizzare la complessità del suo universo e di quello del cinema.

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di Luca Ribuoli

Paese: Italia, 2021

Produzione: Sky Studios, Wildside, Capri Entertainment, Fremantle, The New Life Company, Kwaï

Regia: Luca Ribuoli

Sceneggiatura: Stefano Bises, Michele Astori, Maurizio Careddu (basato sull’autobiografia Un capitano, scritta insieme a Paolo Condò)

Interpreti: Pietro Castellitto (Francesco Totti), Francesco Totti (sé stesso), Greta Scarano (Ilary Blasi), Gianmarco Tognazzi (Luciano Spalletti), Monica Guerritore (Fiorella Totti adulta), Eugenia Costantini (Fiorella Totti giovane), Giorgio Colangeli (Enzo Totti adulto), Federico Tocci (Enzo Totti giovane)

Distribuzione: Sky Atlantic

Durata: 40 minuti, 6 episodi

Uscita: 19 marzo 2021

EPISODIO 1

MMarco è un giovane detenuto romano che sta per essere rilasciato e la ragazza con il padre lo attendono fuori dal cancello del carcere. Il ragazzo, venendo a sapere dell’imminente visita di Francesco Totti in quel carcere, chiede al direttore di tenerlo in custodia per altri 10 giorni, così da poter incontrare il proprio idolo.

L’autunno 2015 non è un bel periodo per il capitano della Roma, Francesco Totti, che ha subito un grave infortunio che potrebbe mettere a repentaglio la sua carriera, ora che ha appena compiuto

SPERAVO DE MORÌ PRIMA

39 anni. Sta eseguendo gli esami strumentali e attende il responso del dottor Mariani, in compagnia dell’inseparabile amico e preparatore atletico, Vito Scala. I genitori di Francesco, soprattutto mamma Fiorella, sono preoccupati per la carriera del figlio, al pari della moglie Ilary. Le notizie paiono rincuoranti dato che Francesco potrà, secondo il dottor Mariani, tornare a giocare, ma dovrà affrontare un lungo periodo di recupero, data l’età avanzata per un calciatore. Totti ha però dalla sua una cosa che a moltissimi manca, un talento innato, che lo ha reso il più amato della storia della sua Roma.

Sin da piccolo, Francesco amava giocare a pallone, calciato fin dai primi passi, ed era mal voluto da tutti i ragazzini del suo quartiere perché era impossibile competere con un piccolo fenomeno del suo calibro, benché giocasse con bambini piuttosto più grandi di lui. Francesco è sempre stato un predestinato.

Nel 2013 alla Roma arriva un nuovo allenatore, Rudy Garcia, che mette subito le cose in chiaro con Francesco, il quale è consapevole del fatto che giocherà meno, vista la sua maturità, ma che può dare ancora dare molto alla Roma e così sarà. Seguono due anni molto positivi, finché ritornando al 2015 la Roma incontra una crisi nera e il mister sarà il primo a salire sul banco degli imputati. Nello spogliatoio si avverte aria di esonero e Francesco, insieme all’amico e compagno di una vita Daniele De Rossi, scopre dei rumors relativi ad un imminente ritorno di Luciano Spalletti. Totti in primis è contento per questo ritorno, ritiene che Spalletti sia l’uomo giusto per risollevare l’ambiente, dato che lo conosce bene.

Francesco è svilito dal rapporto che i tifosi hanno con la squadra (tirano le uova al pullman) e parla con Ilary dei problemi che sta affrontando la Roma. In casa Totti è anche in arrivo un nuovo componente e la moglie vorrebbe che Francesco riflettesse di più sul loro futuro, anche in vista di questo nuovo bambino. Ilary si ritira in quel periodo dalla conduzione del programma Le Iene, per gli ultimi giorni di gravidanza, e si concede ai giornali per un’intervista sul futuro della famiglia. Fiorella quel giorno chiama Francesco arrabbiatissima, dato che dall’intervista di Ilary pareva avesse già preso una decisione importante sulla sua carriera, senza aver detto nulla ai genitori. Francesco non capisce e scopre tornato a casa che la moglie ha parlato di una propensione del capitano verso il ritiro. Totti ovviamente è contrariato da questa sua uscita: non vuole ritirarsi ora e non ha nemmeno minimamente pensato al ritiro e non accetta che la moglie avesse pensato che quello sarebbe stato il momento di dire basta.

Arriva gennaio 2016 e arrivano anche le conferme ufficiali: Spalletti è il nuovo allenatore della Roma. Francesco è contento per il suo ritorno, ma gli amici più stretti sono dubbiosi sui piani che l’allenatore ha per il capitano, dal momento che non gli ha nemmeno fatto una telefonata dal giorno dell’annuncio. Francesco però non ha dubbi sul rapporto che con il mister: è stato un amico, prima che un allenatore, quando nel 2006 aveva subito un gravissimo infortunio. Spalletti lo andava a trovare tutte le sere alla clinica di

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Villa Stuart per parlargli di formazione e mercato. Si era costruito un bellissimo rapporto con questo pazzo, ma super competente, allenatore.

Il giorno del primo allenamento con Spalletti il mister fa un lungo discorso sull’atteggiamento che deve cambiare in quei giocatori, non vuole più alibi e devono puntare a vincere con la testa. In particolare Spalletti si lamenta perché è venuto a sapere che alcuni giocatori fanno tardi la sera per giocare a carte. Francesco ha la fissa per le carte e il mister lo sa bene, inizia quindi a pensare che forse davvero Spalletti ce l’ha con lui, specie dopo che riceve un’aspra risposta per essersi lamentato del riferimento alle carte. Francesco ci rimane male ed è nervoso per questa situazione, ma Vito cerca di stemperare i toni giustificando l’allenatore e sprona Totti a dare il massimo in allenamento. La situazione però non migliora e Francesco sente un accanimento contro di lui da parte del mister e perde le staffe, non capendo tali rimproveri visto la sua situazione fisica difficile. Francesco è sempre più convinto che il mister lo abbia puntato e si preoccupa, pensa di aver fatto qualcosa di male in passato, ma non capisce cosa. Sente che Spalletti è diventato una persona totalmente diversa nei suoi confronti da quando si erano salutati anni prima all’addio del mister. E proprio a quel periodo Francesco crede che risalga l’origine dell’astio: un anno dopo l’esonero di Spalletti dalla Roma (2009), in un’intervista l’allenatore ha espresso un disappunto per il silenzio di Totti al momento del suo saluto allo spogliatoio. Secondo l’amico Giancarlo, Spalletti è tornato proprio per farlo smettere di giocare.

È giunto intanto il giorno della visita di Francesco al carcere e anche l’incontro con Marco, che salta la fila di detenuti per fare la

foto con il suo idolo. Egli promette a Totti di non tornare mai più lì dentro e di andarlo a vedere ogni domenica allo stadio, dopo che ha aspettato 10 giorni in galera solo per incontrarlo.

EPISODIO 2

Il rapporto già complicato tra Francesco e Spalletti si deteriora ulteriormente quando, durante Sassuolo - Roma, Francesco in panchina palleggia con un ragazzino che faceva il raccattapalle. Il mister vede questo atteggiamento come un disinteresse verso la squadra ed esprime tutto il suo disappunto in un’intervista, che Totti e i suoi migliori amici seguono in tv al ristorante. Francesco inizia ad avere veramente il timore che i suoi amici non si sbagliassero affatto: si sente tagliato fuori. Per questo la domenica successiva si finge malato e non segue la squadra a Modena per la trasferta, anche se a casa non apprezzano questo suo atteggiamento. Vito lo contatta quel giorno per comunicargli che la Rai vuole fargli un’intervista riguardo al decennale dalla vittoria dei mondiali e Francesco accetta. Vede l’intervista come un’opportunità per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Rivela innanzitutto di essere molto amareggiato e di soffrire per la mancanza di rispetto che ha avuto la società nei suoi confronti. Inoltre ammette il distacco con il mister, con il quale non scambia una parola e crede che se ci sono problemi, dovrebbe parlare direttamente con lui e non farglielo sapere dai giornali. Il capitano non sapeva che in quel momento alla conferenza stampa, Spalletti stava annunciando che lo avrebbe schierato titolare quella domenica. Ovviamente, dopo essere venuto a sapere delle sue dichiarazioni, il mister si infuria con Francesco e lo manda a casa, senza convocazione. Totti non vuole tirarsi indietro,

ormai è scontro aperto: vuole vedere da che parte starà Roma.

Francesco è convinto che la sua gente si schiererà dalla sua parte, in quella città tutti gli vogliono bene e non si metterebbero mai contro di lui. Totti nel 2000 viveva ancora nel quartiere popolare in cui era cresciuto e i tifosi si recavano sempre nel suo condominio a manifestargli il loro affetto, come fosse una tappa di un pellegrinaggio. L’ossessione della gente nei suoi confronti era talmente tanta che i condomini erano stati costretti a chiedere alla famiglia di traslocare per far tornare a vivere il quartiere in pace. Soprattutto per mamma Fiorella era stato difficile abbandonare la propria casa e la propria gente per trasferirsi in un nuovo quartiere, abitato solo da calciatori e quindi tranquillo e lontano da tifosi indiscreti. Quando poi la Roma aveva vinto lo scudetto nel 2001, per Totti era divenuto praticamente impossibile girare per la città, se non in incognito. Francesco doveva, per esempio, farsi portare nel bagagliaio da Vito se voleva andare al ristorante e appena qualcuno lo vedeva, era costretto a fuggire di nuovo per non essere travolto dal calore dei supporter. Persino un frate una sera gli aveva chiesto un autografo su un santino, in cambio di un aiuto per attraversare la folla ...

Tornato a casa dopo lo scontro con Spalletti, Francesco è infuriato per essere stato cacciato, ma Ilary gli dice che è questo il momento di tenere duro e reagire. Fiorella è allo stesso modo turbata dal trattamento riservato a suo figlio, so-

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prattutto da parte di alcune radio indipendenti di tifosi, che ritengono Totti troppo vecchio e pensano che dovrebbe farsi da parte per il bene della squadra. Fiorella arriva anche ad insultare direttamente i tifosi di quei programmi radio e va in seguito a chiedere perdono al Signore, tramite Don Luca. Il parroco le spiega come dovrebbe perdonare quelle persone, ma perfino lui insulta Spalletti per ciò che sta facendo al capitano.

Francesco ha sentito la voce dei tifosi e crede che essi stiano davvero dalla parte di Spalletti, non vuole nemmeno andare allo stadio per seguire i suoi compagni dalla tribuna. Ilary cerca di convincerlo che quella è la cosa giusta da fare, gli ha detto molte volte di ritirarsi, ma quello non è sicuramente il momento giusto per mollare e non può darla vinta a chi crede che sia giunta l’ora di farsi da parte. La moglie lo minaccia addirittura di lasciarlo e il figlio Cristian gli fa capire che deve andare. Il viaggio in auto verso lo stadio pare lunghissimo, Francesco è moralmente a terra e si sente abbandonato dalla sua Roma, mentre Ilary cerca di fargli forza. Entrando allo stadio, il tempo si ferma per Francesco, ma subito dopo sente quell’amore che i tifosi gli hanno sempre dimostrato e pare che non sia cambiato niente. Mentre i cori acclamano il capitano, Spalletti viene coperto di fischi. Dopo la partita, Francesco non

vuole gettare altro fumo e cerca di calmare gli animi tramite la stampa. Egli sa benissimo però che il problema è tutt’altro che risolto ed il suo trono ha comunque una data di scadenza piuttosto prossima.

EPISODIO 3

Francesco sta leggendo a casa una bellissima lettera d’addio al calcio, che parla di un futuro differente, inizio di una nuova vita. Ilary, sentendo quelle parole, si complimenta con il marito, ma non le ha scritte lui, bensì l’amico Antonio Cassano, che saluta il calcio a 35 anni. Il giorno dopo l’apparizione all’Olimpico per sostenere i compagni, giornali e radio inneggiano all’amore verso Totti, che è comunque preoccupato per la sua età. Si consulta con Vito e gli chiede come capire se è quella la sua ora, se non sta cercando di inseguire un obiettivo irraggiungibile, ma il preparatore gli ricorda come ha già sconfitto il tempo una volta. Nel 2006 subisce l’infortunio più grave della sua carriera a soli 4 mesi dal mondiale. Francesco piange in attesa del responso dei dottori, che gli comunicano che dovranno operarlo immediatamente. Ad una persona ‘normale’ servirebbero 7/8 mesi per riprendersi da una rottura del perone di quel tipo, ma il medico è convinto che un duro come lui possa riprendersi in tempo per il mondiale. Mentre è sedato, Francesco ha un incubo in cui il dottore va dal ferramenta per comprare viti, brugole e placche che serviranno ad aggiustarlo e ha il terrore che l’operazione possa andare male. Per fortuna invece, va tutto bene, ma ora tocca al campione impegnarsi e faticare per accelerare i tempi di recupero. Il ct Lippi va personalmente a trovarlo in clinica per fargli capire che conta su di lui e lo fa sentire indispensabile per la Nazionale. Francesco si allena in piscina e in campo, seguito da mister Spalletti,

e dopo soli due mesi già riprende a correre, ma ha ancora una sorta di blocco psicologico. Risponde comunque presente quando Lippi gli chiede se inserirlo nella lista dei convocati per il mondiale. Totti si prenderà la sua rivincita quando segnerà il gol decisivo per la qualificazione contro l’Australia, ricordando prima di quel rigore la sua infallibile mira sin da quando era bambino.

Vito gli fa capire, rivivendo con lui quei ricordi, che ha ancora diverse partite da giocare e per questo gli prescrive una dieta ferrea e lo sprona ad allenarsi come non ha mai fatto prima. Francesco è più motivato che mai e sorprende tutti a casa quando si prepara per andare a letto alle 9, così da dimostrare a Spalletti e a tutti i suoi detrattori che ha ancora fame, vuole ritirarsi finendo la stagione col botto. In sogno quella notte gli appare un vecchio amico, Antonio Cassano, che Francesco ritiene il più grande talento con cui avesse mai giocato, dal carattere però sregolato. Totti ricorda quel ragazzo a cui è molto legato sin dai tempi dell’arrivo del giovane barese alla Roma nel 2001. Antonio era molto giovane e non aveva una casa, per questo Enzo lo ospita a casa Totti. Antonio, sebbene fosse un ragazzo senza regole, si affeziona a quella famiglia, ma si allontana da loro quando sparisce il suo assegno con lo stipendio mensile. Antonio mette a soqquadro la casa per ritrovarlo ed incolpa la cameriera quando termina la sua ricerca, prima di lasciare l’abitazione. Antonio, andandosene, trova l’assegno in auto, ma dopo la sua scenata non se la sente di tornare dai Totti.

Nel sogno Antonio sgrida l’amico per la vita ultradisciplinata che sta conducendo, gli consiglia di godersi la vita senza sottostare a quei sacrifici, come sta facendo lui adesso che si è ritirato. Francesco

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ha però un carattere totalmente diverso da quello di Cassano per ritirarsi. Il giorno seguente, Francesco si alza pieno di energia e corre per la città, inseguito da una fiumana di gente, con un entusiasmo che non provava da una vita. De Rossi lo trova molto in forma ed è convinto che il mister schiererà Totti nel derby contro la Lazio, ma così non accade. La Roma vince 4-1 quella partita, ma Francesco si sente inutile; gli amici gli dicono di tenere duro, per dare il massimo la domenica successiva. In hotel a Bergamo, Totti, Pjanic e Nainggolan sono in stanza a giocare a carte sul tablet fino a tardi, ma il mister è appostato fuori dalla stanza del capitano per rimproverare i giocatori. Il giorno seguente, la partita prende una brutta piega, dopo il doppio vantaggio della Roma. L’Atalanta è in vantaggio 3-2 e a 10 minuti dalla fine arriva il momento per Francesco di scendere in campo, per poi segnare il gol del definitivo 3-3. Francesco è soddisfatto per la sua prestazione, ma Spalletti si accanisce ancora una volta contro di lui. Totti non ne può più di ricevere questi rimproveri gratuiti, senza mai essere elogiato per i propri meriti, e per poco non mette le mani addosso al mister.

La stagione prosegue alla grande, Totti gioca poco, ma ogni volta che entra, segna gol pesantissimi che aiutano la Roma a qualificarsi alla tanto agognata Champions League. Francesco brinda con la famiglia e gli amici, i quali credono che quello sia il momento giusto per lui di appendere gli scarpini al chiodo, ora che ha ottenuto il desiderato lieto fine. Francesco stesso ci pensa e gli appare nuovamente Antonio, che gli consiglia di chiudere in bellezza, ma per il momento il campione non vuole pensarci.

EPISODIO 4

Francesco, ancora intenzionato a continuare la sua carriera, viene

convocato a Trigoria per parlare con la società del suo futuro. Viste le sue ultime ottime prestazioni, la società vuole dargli ancora fiducia e gli offre un rinnovo di un anno, a patto che sia l’ultimo. Francesco ci rimane un po’ male, vorrebbe decidere lui quando smettere e non che questo gli venga imposto dalla società. Ilary gli consiglia di provare una nuova esperienza, magari in una destinazione esotica come Giappone, Usa o Cina, dove verrebbe trattato come una star e giocherebbe tutte le partite. Sarebbe disposta a prendersi un anno sabatico dalla televisione per seguire il marito con tutta la famiglia, per potergli allungare la carriera e far sì che si diverta ancora come una volta. I media danno per certo il suo rinnovo, ma a Francesco inizia a venire il dubbio, potrebbe ripagare con la stessa moneta una società che non lo sta trattando con correttezza.

Su tutto, l’appoggio della moglie motiva molto Francesco a pensare quanto può essere importante un’esperienza del genere per lui. Il campione conosce Ilary nel 2002, quand’era già una superstar ed era pieno di donne pronte a saltargli addosso. Francesco però quando vede Ilary in televisione, se ne innamora subito e dice agli amici che se la sarebbe sposata. Il giovane però dice di essersi disabituato a rimorchiare e non sa come muoversi per conquistare Ilary, mostrandosi spesso molto impacciato e mandandole sms vaghi e privi di spunti di conversazione. Francesco decide di calare l’asso, quando la invita allo stadio per la sua partita, nientemeno che il derby, e pianifica una dedica in caso di gol, anche se la ragazza non segue il calcio. La partita termina 5-1 per la Roma, con tanto di ‘cucchiaio’ capolavoro del capitano, il quale mostra sotto la maglia da gara una t-shirt con la scritta “6 unica”, indirizzato pro-

prio a Ilary. Francesco le chiede quindi di uscire e la porta a cena in un posto esclusivo. Cerca subito di negare la voce che lo dipinge come un dongiovanni e le dice che per lui è speciale, si è innamorato a prima vista. Lei si sente desiderata e sta bene con Francesco, ma non vorrebbe una banale storia della velina e del calciatore, lui le promette una storia speciale. Tre anni dopo Francesco farà la proposta a Ilary in riva al mare, ma si rovina subito dopo il “sì”, chiedendole se vuole lasciare il suo lavoro per dedicarsi alla famiglia che costruiranno insieme. Ilary è molto infastidita e giura che non sacrificherà mai la carriera per seguire suo marito.

Per questo motivo Francesco, ripensando a questo ricordo, capisce quanto supporto sia disposta a dargli Ilary, ma al tempo stesso non vorrebbe che la moglie si sacrificasse per lui. Ilary è convinta della sua scelta e gli consiglia di parlare con alcuni colleghi che hanno scelto di chiudere la carriera all’estero nei campionati minori. Pirlo e Del Piero, all’insaputa di Francesco accordatisi per convincerlo a lasciare Roma e dargli così un finale di carriera sereno, raccontano all’asso della Roma la bellezza e la tranquillità della vita in Usa e India. I due campioni gli fanno capire che in quelle squadre potrebbe giocare ogni volta che vuole e proverebbe esperienze di vita differenti. Francesco vacilla, ma vedendo Vito appendere la maglia di quella stagione al muro del suo ufficio, insieme alle altre

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23 delle stagioni passate, rivive i ricordi di quando sin da ragazzino moltissimi club gli avevano offerto di allontanarsi da Roma. Già nell’88 il Milan stava cercando giovani promesse per mantenere alta la qualità del club del futuro e al piccolo Francesco aveva offerto un contratto da 150 milioni di lire, ma alla fine i genitori non se l’erano sentita di mandarlo a Milano da solo così piccolo, convinti che avrebbe ricevuto altre numerose offerte. Così infatti era stato e anche da campione affermato si trovava nuovamente a vacillare di fronte ad un’offerta: quella del Real Madrid. L’entusiasmo degli amici lo spingono verso il club che tutti i calciatori sognano di raggiungere prima o poi, ma papà Enzo vuole che rimanga a Roma.

Sono tanti i motivi che non l’hanno mai fatto muovere dalla capitale, ma su tutti c’è l’amore per quella maglia e la responsabilità nell’indossare quella fascia da capitano. Nello spogliatoio, mentre tutti lo aspettano sul pullman, Francesco immagina tutti i suoi compagni alzarsi in piedi chiamando a gran voce: ”Capitano, mio capitano!”, come nella scena de L’attimo fuggente e capisce che quello è il suo posto. Quella sera Francesco porta Ilary a cena al ristorante del primo appuntamento e le dice che ha deciso di rinnovare con la Roma. La moglie è contenta perché sa che è la scelta giusta per farlo felice, ma lo vuole pronto nel caso in cui non dovesse andare bene la prossima stagione e fosse costretto al ritiro.

Pochi giorni dopo Francesco firma il nuovo contratto: in testa ha solo la motivazione per convincere la società a farlo rinnovare a fine stagione.

EPISODIO 5

Francesco è ormai vicinissimo ai 40 anni e ricorda quando suo padre Enzo li aveva compiuti, per lui 40 anni sembravano tantissimi da ragazzino e chiede per questo al figlio Cristian come lo veda. Più si avvicina il suo compleanno e più Francesco sente crescere la paura di invecchiare. L’inizio della nuova stagione è positivo, sia per la Roma che per Francesco: anche se gioca poco, riesce a segnare qualche gol importante. La situazione rischia però di rovinarsi in fretta quando Ilary critica il comportamento umano di Spalletti in un’intervista per la Gazzetta dello Sport, chiamandolo ‘uomo piccolo’. Francesco ha il timore che possa ripetersi la guerra col mister dell’anno precedente e cerca subito di riavvicinarlo per riappacificarsi prima di un nuovo strappo, invitandolo alla festa per i suoi 40 anni. Francesco non sa se il mister si presenterà, ma la sua preoccupazione più grande è lo scorrere del tempo e non vede poi molto da festeggiare in questo. Un po’ a sorpresa, Spalletti arriva alla festa e regala al capitano un modellino di DeLorean, per augurargli di viaggiare nel tempo e sconfiggere i limiti d’età. A Francesco questa sembra un po’ una presa in giro, ma almeno per il momento sembra che il rapporto con l’allenatore sia leggermente migliorato.

La paura più grande di Francesco, legata alle prestazioni, purtroppo si avvera: nelle seguenti partite fino a dicembre, colleziona solo il misero bottino di 15 minuti in campo. Mentre si trova nel suo studio a riflettere, gli appare nuovamente l’amico Antonio, il quale alimenta maggiormente le sue

preoccupazioni, ricordandogli che in quei 15 minuti non ha lasciato il segno nemmeno una volta. Antonio gli dice anche che tutti gli acciacchi fisici che gli portano via energia in allenamento sono dovuti all’età, che non può essere ignorata. Antonio gli parla ora da amico, come voce di tutti quelli che vogliono bene a Francesco, chiedendogli di non vivere male questa situazione e accettare che ormai è giunto il momento di smettere. Questa volta le parole di Cassano colpiscono nel segno e Francesco si rende conto sconsolato che avrebbe dovuto smettere l’anno precedente, quando tutto si era concluso bene ed era felice. Ora vede come un’agonia la ripresa dopo la sosta natalizia e perde la motivazione per allenarsi, tanto sa che non giocherà più molti minuti e che gli sforzi non verranno ripagati. Tutto sommato, sotto sotto, Francesco spera che a fine stagione possa cambiare allenatore e che lui possa ritrovare un ruolo importante nella squadra, prolungando così la carriera di un paio d’anni.

Il nuovo incontro con la società, qualche mese dopo, è però una doccia fredda. A Francesco viene chiesto di annunciare ai propri tifosi che quello sarà il suo ultimo derby, come da accordo contrattuale. Francesco rifiuta l’incarico, fosse per lui di derby ce ne sarebbero stati altri, e lascia l’onere alla dirigenza. Totti è ormai prossimo al traguardo della sua storia d’amore con la Roma, ma non è pronto. De Rossi cerca di tirarlo su nello spogliatoio prima dell’ultimo derby, gli dice di non pensarci perché anche lui sta male all’idea che non vedrà più il suo capitano in quello spogliatoio la prossima stagione. Francesco gli è grato per essergli stato vicino in tutti quegli anni e rimane ancora qualche minuto a riflettere da solo nello spogliatoio e poi

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nel corridoio che porta al campo. Ripensa a tutti i gol segnati contro la Lazio, rivale di sempre, e prova una forte malinconia. In quella partita Francesco subentra a pochi minuti dalla fine ed è molto triste. A fine partita Ilary insieme a lui ripensa all’invito al derby di 15 anni prima e rivela al marito di aver passato talmente tanto tempo a dirgli di prepararsi per quel momento ma che non è pronta nemmeno lei. Quella notte Francesco sogna nuovamente Antonio, mentre passeggiano sul prato dell’Olimpico. Cassano si scusa per i toni decisi con cui gli ha detto più volte di smettere e vuole che l’amico se ne vada dalla Roma con il sorriso; è dispiaciuto che la fine si stia avvicinando.

EPISODIO 6

Marco, il giovane detenuto che quasi due anni prima era rimasto 10 giorni in più in carcere per incontrare Totti, sta per sposarsi ed insieme alla fidanzata Lorena, organizza la cerimonia dal prete. Il parroco propone di celebrare le nozze alle 17 quella domenica, ma Marco deve a tutti i costi andare in curva a vedere l’ultima partita del suo idolo, che inizia alle 18. Supplica il prete di sposarli la mattina, ma è impossibile per via delle messe domenicali. Purtroppo non è possibile nemmeno far slittare la data e Marco si trova a dover scegliere tra Totti e Lorena.

La tanto temuta ultima partita di Francesco si sta avvicinando e la settimana dell’evento è un susseguirsi di emozioni per il capitano. Vito è sommerso dalle richieste di biglietti per la partita, da parte di persone che Francesco non vedeva da una vita e con cui non aveva mai avuto un vero e proprio rapporto. Vito propone a Francesco di giocare una partita d’addio, organizzata apposta per lui con la partecipazione di compagni e vecchie leggende, ma lui

non vuole. La sua ultima partita deve essere una partita vera, con la maglia della Roma, per salutare come si deve i propri tifosi. Francesco ha però paura di diventare un ostacolo per la Roma, che all’ultima giornata ha bisogno di una vittoria per qualificarsi in Champions League. A colloquio con Spalletti, il mister gli dice che potrà giocare tutti i minuti che vuole, anche partendo titolare. A Francesco questo sembra strano visto che poche settimane prima contro il Milan non gli ha fatto giocare nemmeno un minuto, quando tutta la tifoseria avversaria voleva omaggiare questo grande campione. Francesco ha però a cuore in primis il bene della squadra ed è pronto a sacrificare minuti anche nella sua ultima partita, per mettersi a disposizione dei compagni quando avranno bisogno.

Ilary vorrebbe che Francesco tenesse un discorso a fine gara, dato che la partita è stata anticipata proprio per permettere una celebrazione, ma lui non sa che dire. Non è mai stato bravo con le parole e sin da bambino è sempre stato piuttosto silenzioso e timido, ma Ilary lo convince a scrivere qualcosa, iniziando dai ringraziamenti. La moglie cerca di fargli ricordare qualche bel momento della sua carriera, come la prima volta in Serie A, che Francesco potrebbe raccontare durante il discorso. Francesco ricorda benissimo la paura prima di scendere in campo quella volta e ora sta provando le stesse sensazioni, forse anche più forti. Il capitano parla con la moglie delle sue paure, di temere di non saper diventare uomo, e Ilary gli consiglia di partire da quei pensieri. Francesco prosegue nei giorni seguenti a scrivere dei suoi sentimenti quando è solo e piange molto, ma non vuole farsi vedere vulnerabile dalla famiglia. La sera prima del suo addio al calcio, tutti

i programmi in tv parlano di lui e l’ansia sale alle stelle, finché Ilary non gli propone di fare un giro in moto per la città. Fuori casa ad attenderli ci sono tutti gli amici di Francesco, che lo affiancano con moto e motorini, per non fargli pensare a quello che accadrà l’indomani.

Lorena si prepara il mattino del suo matrimonio e ha il timore che Marco possa scegliere di andare allo stadio invece che sposarla. Marco è infatti combattuto e decide di telefonare alla sua futura moglie, per poi presentarsi insieme a lei in chiesa dal prete, il quale sta celebrando la messa del mattino. I ragazzi supplicano il prete di sposarli in quel momento e alla fine questi cede.

Quel mattino Francesco si alza prestissimo, dopo aver sognato di calcare il prato dell’Olimpico come farà quella sera, e inizia a svolgere nervosamente una serie di faccende domestiche per cercare di ammazzare il tempo, per poi programmare la celebrazione post-partita con Vito. Qualche ora più tardi, Francesco saluta Ilary e la piccola Isabel e raggiunge i compagni per prendere per l’ultima volta il pullman che lo porterà allo stadio, seguito da un gruppo di tifosi tra i quali anche Marco, Lorena e il prete. La partita è combattuta e Francesco entra in campo al minuto 54’: non segnerà, ma la Roma vincerà 3-2, conquistando la tanto agognata qualificazione in Champions League. Dopo la partita arriva il momento della cerimonia, durante la quale Francesco legge una bellissi-

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ma lettera ai propri tifosi e alle persone che gli vogliono bene, in cui dice di essere ormai diventato grande e maledice il tempo che scorre inesorabile. In campo i compagni e sugli spalti i tifosi, l’Olimpico viene travolto dalla commozione e Francesco calcia il suo ultimo pallone, indirizzato ai propri tifosi, con tanto di dedica. È giunta la fine della carriera di un grandissimo campione: Totti nello spogliatoio da solo sogna l’arrivo del presidente che gli offre un altro anno di rinnovo, fino ad immaginare di giocare ancora con i colori della sua Roma addosso nella stagione 2026-2027.

SSperavo de morì prima è una serie piuttosto particolare per la scelta di raccontare il campione della Roma Francesco Totti, allontanandosi dal documentario. Raramente le gesta dei grandi sportivi hanno portato a prodotti televisivi e cinematografici di qualità, ricorrendo al miscuglio con la fiction, in cui il protagonista è interpretato da un attore e la sua storia viene romanzata. Ad un primo impatto può sembrare questa una decisione molto rischiosa, dato che il limite tra ‘trash’ e buon prodotto in questo caso è labile. Ad un primo impatto può sembrare che anche Speravo de morì prima possa far parte della prima categoria, ma riesce a svincolarvisi per una serie di elementi che giustificano la scelta degli autori di optare per una resa lontana dal documentario.

Innanzitutto va anticipato che vi sono molti inserimenti nei vari episodi di spiegazioni e anche imma-

gini di repertorio che hanno uno stile documentaristico. Questo costituisce una buona amalgama con il lato più romanzato, perché permette comunque alla serie di essere fruibile anche per coloro che non conoscono la storia di Totti ma che possono lo stesso apprezzare una serie di questo tipo. Possono anche dare alcuni riferimenti ai tifosi più giovani che non hanno vissuto certi momenti in prima persona e gli sono solo stati raccontati dai più grandi, oppure semplicemente far rivivere agli appassionati dei bei ricordi. In sostanza non mancano elementi tipici della narrazione del documentario che diventano importantissimi per la narrazione complessiva.

Per quanto riguarda invece la scelta più “finzionale”, essa rende la serie più scorrevole e rende possibile l’allungamento della durata, con conseguente suddivisione in episodi. Ancora una volta questo favorisce l’ampliamento del pubblico potenzialmente interessato, visto che Speravo de morì prima può essere guardata anche come serie comedy per certi versi, sebbene si tratti di una biografia. Un grande punto di forza sta nella scelta di concentrarsi sulle ultime due stagioni, le più difficili della carriera del calciatore e anche le più interessanti per raccontare una storia. Dalla difficoltà emergono più facilmente i sentimenti e il ritratto che viene fatto di Totti è di tipo personale e non atletico come spesso accade con le serie o i film sui calciatori. L’emotività dipinge un inedito Totti molto sensibile, un “Pupone” come viene soprannominato dai tifosi, vista la sua voglia di rimanere un ragazzino per sempre, anche se è impossibile fermare il tempo. Francesco sembra un Peter Pan dei giorni nostri e nel suo atteggiamento è possibile il riconoscimento di sé da parte di moltissimi spettatori. Speravo de morì prima è, come ci

si può aspettare, profondamente focalizzata sul suo protagonista, di Totti vengono raccontate anche con dei brevi flashback l’infanzia e la gioventù, le gioie e le crisi, e si finisce per immedesimarsi in lui in continuazione. Se si è appassionati di calcio, questa serie ci fa diventare un po’ romanisti e fan di Totti per qualche ora, tanto è carica la passione che viene fatta trasparire dal protagonista e da chi gli sta a fianco. Si finisce persino per ‘odiare’ a tratti mister Spalletti, un particolarissimo “supercattivo” di questa serie, in realtà grande professionista e ottimo allenatore. Forse una pecca di questa serie è proprio l’eccessiva focalizzazione su Totti e sui suoi pensieri, che spesso fanno passare per malvagi Spalletti e la società, quando invece avevano a cuore il futuro della Roma e non potevano sempre stare dalla parte del capitano. Ma d’altra parte la serie è basata sull’autobiografia di Totti e necessariamente la sua posizione diventa anche quella dello spettatore, che volente o nolente prende sempre le sue difese.

Complessivamente Speravo de morì prima è una serie piacevole e leggera, che fa rivivere in maniera diversa le gesta di uno dei più grandi campioni della storia del calcio italiano. Basandosi sulla semplicità e sull’ironia, porta allo spettatore un nuovo lato della figura di Francesco Totti e permette di conoscerlo, svagandosi. Il rischio di scadere nel ‘trash’ viene superato e il tasso di emozione raggiunge livelli massimi nelle ultime scene della serie, alla partita d’addio (con lunghe immagini di repertorio e l’intervento attoriale dello stesso Totti, profondamente commosso), anche se nel corso della serie diverse volte il lato comico viene esagerato, diventando quasi grottesco.

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lEonardo zandron

FRATELLI CAPUTO

PRIMA PUNTATA

NNino e Alberto Caputo sono due fratelli, nati da madri diverse, che non si sono mai incontrati prima d’ora. Nino, il maggiore, vive a Roccatella, un paesino siciliano affacciato sul mare; possiede un’agenzia di spettacoli ed egli stesso spesso si esibisce di fronte ai concittadini. Alberto invece vive a Milano e vorrebbe intraprendere una carriera politica, ma prima di lanciarsi in ambiti più importanti, vuole diventare sindaco di una piccola realtà e sceglie proprio Roccatella. Alberto non ha mai vissuto in Sicilia, ma vorrebbe seguire le orme del padre Calogero, che prima di lasciare la moglie Agata e Nino per partire alla volta di Milano, era stato sindaco di Roccatella. Sebbene la famiglia di Alberto sia restia a tale scelta di vita, specialmente sua madre, egli è molto motivato a ritrovare le sue origini e iniziare questa nuova carriera. A Roccatella iniziano a diffondersi le voci e i manifesti elettorali che ritraggono il volto di Alberto Caputo, il quale avrebbe facile vittoria in una realtà senza veri concorrenti, visti i problemi che ha affrontato il paese dopo l’uscita di scena dell’ultimo sindaco. Alla scoperta della notizia Agata vede riaffiorare lo scandalo che aveva vissuto 50 anni prima, quando il marito l’aveva abbandonata per rifarsi una famiglia, e chiede al figlio Nino di candidarsi anche lui, semplicemente per ripicca nei confronti della nuova famiglia che Calogero si era fatto a Milano. La donna è convinta che Nino possa vincere, essendo conosciuto da tutti i cittadini, a differenza del fratellastro.

Appena giunto in Sicilia, Alberto viene a sapere dai nuovi colleghi assessori che anche Nino si è candidato come sindaco, alla notizia della sua campagna politica. Sono in corso grandi preparativi per la campagna elettorale di Nino alla sua agenzia, quando irrompe Alberto, arrabbiato per la scelta del fratello di candidarsi solo per fargli un torto. Il clima di competizione si respira sin da subito ed i due candidati affrontano due scelte completamente diverse per convincere gli elettori: Alberto, più serio e preparato, cerca di convincerli che la sua sarà una direzione equa e giusta, senza favoritismi, mentre Nino, che si è dovuto adattare in poco tempo, fa leva sulle sue conoscenze delle persone e dei loro problemi, conta sul fatto che il fratello non conosca quella cittadina e nemmeno il suo dialetto. Lo scontro si acuisce anche fuori dalla campagna, quando Alberto vuole trasferirsi con la famiglia nel casale ereditato al momento della scomparsa di Calogero; non fosse che esso è al momento abitato da Nino e da sua madre. I due si accordano che solo in caso di vittoria, Alberto avrà il potere di far sloggiare la famiglia ‘abusiva’. Alberto ha ora una motivazione in più per vincere e, per far leva sul sentimento dei cittadini, chiede alla moglie Patrizia e ai due figli minori, Barbara e Giacomo, di trasferirsi anch’essi nel casale durante la campagna elettorale, sebbene essi non siano granché contenti del trasferimento. Nel frattempo, in attesa degli esiti delle elezioni, i fratelli Caputo e le loro rispettive famiglie vivranno tutti insieme nel casale appartenuto a Calogero. Nino e Agata, che vivono insieme all’amico e collega di Nino (Turi), sono molto gelosi dei loro spazi e dei loro oggetti, tanto che per esem-

di Alessio Inturri

Paese: Italia, 2020-2021

Produzione: RTI, Ciao Ragazzi!, Apulia Film Commission

Regia: Alessio Inturri

Sceneggiatura: Valentina Capecci, Valter Lupo

Interpreti: Nino Frassica (Nino Caputo), Cesare Bocci (Alberto Caputo), Sara D’Amario (Patrizia), Aurora Quattrocchi (Agata Zappalà), Andrea Vitalba (Carmela), Giorgia Boni (Barbara Caputo), Giancarlo Commare (Simone), Carmela Vincenti (Rosalia), Francesco Guzzo (Turi), Riccardo De Rinaldis (Andrea Caputo), Riccardo Antonaci (Giacomo Caputo), Daniele Pilli (assessore Michele Cascone), Rossana Ferrara (Loredana Rizzo), Fabrizio Buonpastore (Antonio Giuffrida), Mimmo Mancini (senatore Valenti), Anna Teresa Rossini (Franca), Red Canzian (sé stesso), Federico S. Morresi (geometra Edil Costruzioni), Samuele Carrino (sé stesso)

Distribuzione: Canale 5 Durata: 98 minuti, 4 episodi Uscita: 23 dicembre 2020

pio la dispensa viene chiusa con un lucchetto. La famiglia di Alberto è anch’essa scontenta di questa sistemazione, pittoresca ma molto all’antica (mancano aria condizionata, wi-fi ...).

Alberto sembra in netto vantaggio alle elezioni, grazie soprattutto ai ruoli ricoperti dai suoi assessori che lavorano in ambito agricolo, ospedaliero e scolastico. In lui molti cittadini vedono un possibile cambiamento che li allontani dall’arretratezza in cui sono abituati a vivere. Nino per contro cerca di ottenere furbamente il consenso dei concittadini, radunando un bel gruppo di gente che ha biso-

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gno di svariati favori (lavoro, beni, agevolazioni...) e promettendo loro aiuto in cambio del voto. Al comizio finale entrambi cercano di far leva sugli ideali della famiglia e si ripropone il dualismo, già visto, di progresso contro amicizia: dalla risposta del pubblico emerge una certa equità e per questo Nino vuole trovare uno stratagemma per mettere in cattiva luce Alberto. Un pomeriggio egli si avvicina al piccolo Giacomo, che sta giocando al tablet, e gli consiglia di vivere di più l’avventura, di giocare in particolare coi meloni del campo lì vicino e farne rotolare uno fino a casa. Il contadino va subito a reclamare col padre per il furto subito, ma Giacomo racconta ai genitori che l’idea era arrivata da Nino, che viene subito scoperto. Nel frattempo Barbara è il membro della famiglia che più sta soffrendo per il trasferimento a Roccatella, odia vivere lì e non vede l’ora di tornare a Milano, certa di tornarci non appena si concluderanno le elezioni. Alberto non è però dello stesso avviso e crede che sia necessario traslocare, almeno per tutta la stagione estiva, così da stare vicino al comune in questa fase iniziale di lavoro: ovviamente Barbara non è d’accordo, mentre a sorpresa a Patrizia non dispiace più di tanto l’idea.

Il giorno dello spoglio delle schede è arrivato e Alberto viene annunciato come nuovo sindaco di Roccatella e per Nino e Agata è un brutto colpo, ora che perderanno la casa. Durante la prima intervista ufficiale Nino si congratula col fratello, ma lo incastra, ringra-

ziandolo davanti a tutti per avergli permesso comunque di continuare a vivere nel casale con lui, nonostante il loro accordo. Alberto è totalmente spiazzato, ma non può tirarsi indietro davanti a tutta la città e accetta, andando, una volta tornati a casa, su tutte le furie. Lì trova anche un biglietto lasciato da Barbara che dice: “Torno a Milano” e getta la famiglia nello sconforto, ma Nino, che conosce tutti i compaesani, la rintraccia rapidamente e la riporta a casa. I due fanno però un patto: Nino l’aiuterà a Milano in un altro modo a patto di ottenere il casale tutto per sé. La sconfitta ha portato in Nino e nell’amico Turi un grande sconforto, ora rischiano che l’agenzia fallisca a causa delle spese per la campagna elettorale, che non ha portato a nulla di buono. La loro situazione è ulteriormente aggravata dopo il primo giorno da sindaco di Alberto: l’uomo è sconcertato nel leggere il bilancio dei fondi comunali, trovandovi una serie di ruberie e favori fatti ai cittadini, e deve necessariamente tagliare i fondi a tutte le manifestazioni folcloristiche di Roccatella. In particolare il festival di Roccatella era un grande evento per l’agenzia di Nino che ora si vede sull’orlo del baratro senza i fondi comunali per tale manifestazione. Tutti questi problemi col suo nuovo incarico fanno vacillare Alberto che inizia a dubitare della sua scelta.

I piani di Nino e Barbara per il ritorno della ragazza a Milano iniziano a svilupparsi: Nino le propone di trovarsi un ragazzo del posto cafone e tamarro, in modo da contrariare la famiglia e rispedirla a casa per evitare che venga traviata da qualche sbandato. Perfetto per tale ruolo c’è un ragazzo, Simone, che aveva chiesto a Nino di finanziare un suo spettacolo; in cambio l’uomo gli chiede di fingersi un tamarro e approcciare la nipote. Dopo qualche prova Simone è pronto per recitare la sua parte

ed incontra ‘casualmente’ Barbara al bar, la quale è ignara del fatto che il ragazzo sia stato assoldato dallo zio. L’incontro tra i due non porta a grandi sviluppi per l’incompatibilità reciproca e Simone è sul punto di abbandonare se non fosse per il suo spettacolo.

Ad Alberto viene regalato un libro memoriale di Calogero e nel vederlo Agata rivive quei momenti di sconforto di tanti anni prima: lei e Nino soffrono ancora molto per quell’abbandono, ma a lui rimane il rammarico di non essere mai andato a trovarlo dopo la sua partenza. Nino vorrebbe dedicare al padre scomparso il prossimo festival di Roccatella, per lui significherebbe molto, anche se non sa ancora se quest’anno l’evento avrà luogo. Al Comune i problemi continuano a perseguitare Alberto, incredulo nel vedere i vigili non fare una multa ad un loro amico e nel trovare allo sportello per i bisogni dei cittadini una immensa fila di gente che si reca a chiedere aiuto in cambio di cibarie di vario genere. Il sindaco sente la necessità di far finalmente rispettare le regole, senza favoritismi per nessuno, visto che questo sistema ha sommerso le casse del comune di debiti. Il suo progetto di progresso sembra vacillare, quando in aiuto arriva inaspettatamente Nino, che gli propone di risolvere alcuni problemi grazie alle sue conoscenze dei bisogni della gente e agli insegnamenti del padre, ex-sindaco (agevolazioni per chi sfrutta l’isola ecologica). Tra i fratelli ritrovati inzia a spuntare una certa complicità e, per ricambiarlo della grande idea, Alberto promette a Nino di tenere il festival proprio all’isola ecologica e gli regala una copia del libro memoriale sul padre. Questo avvicinamento porterà anche una riappacificazione tra Agata e Patrizia, scontrose negli ultimi giorni, e la promessa che lotteranno tutti insieme per il bene di Roccatella. Dopo qualche giorno, la famiglia

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viene raggiunta dal primogenito di Alberto, Andrea.

SECONDA PUNTATA

Tra i vari problemi che Alberto dovrà affrontare a Roccatella, se ne presenta uno nuovo molto grave che richiede un intervento rapido: le pareti della scuola presentano numerose crepe che potrebbero minare la stabilità strutturale. Alberto non può permettersi di prolungare i lavori fino alla riapertura a settembre delle scuole, in attesa che i fondi (mancano 30000€) vengano reperiti, perché ci sarebbe il rischio che i bambini iscritti altrove non tornino più anche a lavori ultimati. Diventa necessario quindi un taglio drastico alle spese, anche quelle promesse a Nino per il festival. I debiti braccano Nino che non può permettersi di perdere l’occasione data da quelle entrate. Per cercare di rimpinguare le casse comunali, Patrizia decide di organizzare una cena di beneficenza che coinvolga le famiglie più abbienti di Roccatella e riunisce le mogli degli assessori per cercare idee interessanti. A questa cena manca però un’attrazione che spinga le persone ad offrire un’alta quota di partecipazione e da una chiacchierata con Nino spunta una bella idea, appena egli percepisce la possibilità di racimolare qualche soldo con cui saldare i debiti. Nino infatti, mentendo, dice di essere un vecchio amico dei Pooh e, dato che lì vicino si sarebbe svolto un concerto di Red Canzian, promette di invitarlo all’evento benefico in cambio del saldo dei suoi debiti. Sebbene Alberto sia contrario a questo tipo di favoritismi, è costretto ad accettare per il bene del Comune.

Andrea, riunitosi da pochi giorni con la famiglia, non ha alcuna intenzione di seguire le orme del nonno materno e prendere il suo posto nello studio di commercialista a Milano. Il suo sogno è quello di fare il cantante, ha già scritto e

registrato alcuni brani che fa sentire a Barbara, l’unica che sa del suo sogno, la quale reagisce con entusiasmo. La sorella crede che Andrea debba rivelare ai genitori i suoi progetti, ma lui ha paura di deluderli, vedendoli molto entusiasti per la scintillante carriera che gli si prospetta. Barbara rivela invece al fratello il piano per ritornare a Milano e gli racconta del ragazzo con cui esce ma, appena lo incontra, Andrea capisce che Simone non è il tamarro che vuol far sembrare di essere, per il lessico con cui si esprime. Per questo durante l’incontro successivo, Barbara vuole smascherarlo e lo sfida a mostrarsi più ribelle del dovuto. Il ragazzo ci casca in pieno e risponde goffamente alle provocazioni, rivelando poi la sua vera natura ed il piano con lo zio. Barbara è sconcertata, ma accetta comunque di stare al gioco, l’importante è che i suoi genitori credano a quella messa in scena e non vede l’ora di presentar loro Simone, ovviamente per metterlo, e mettersi, in cattiva luce.

Il giorno del concerto Nino e Patrizia, in compagnia del piccolo Giacomo, si recano fuori paese per incontrare Red e proporgli di partecipare all’evento la sera seguente. L’artista si trova accerchiato da un gruppo di fan, quando si avvicina Nino, che lo saluta come un vecchio amico, senza ottenere in realtà un grande successo. Patrizia capisce della bugia che il cognato le ha raccontato, ma Nino ha sempre la risposta pronta per ogni problema. Vedendo l’affetto mostrato da Red nei confronti di un gruppetto di bambini suoi ammiratori, Nino vuole sfruttare Giacomo per convincerlo a partecipare alla serata, chiedendogli di salvare la sua scuola che rischia di essere demolita. Nino avanza l’offerta, ma Red, sebbene si mostri molto disponibile e comprensivo, dovrà partire il giorno seguente e non potrà proprio esserci. Men-

tre i Caputo se ne stanno andando però, Red li raggiunge e promette di partecipare, commosso da una lettere di Giacomo, che in realtà ha scritto Nino per addolcirlo di fronte ad una tragica situazione. Ancora una volta Nino riesce con astuzia e pochi scrupoli ad ottenere il proprio tornaconto, sebbene si stia anche battendo per una buona causa. Ma un nuovo grattacapo è per lui dietro l’angolo, dal momento che il Comune ha intenzione di espropriare l’unico terreno rimasto a lui e alla madre per farvi sorgere il nuovo mercato ittico.

La sera dell’attesissimo evento è arrivata e con lui anche Red Canzian. Alla sua vista il pianista che lo doveva accompagnare, suo grandissimo fan, sviene e deve essere sostituito: Andrea, abile musicista, lo sostituirà. L’esibizione è un grande successo e anche Andrea viene apprezzato dallo stesso Red, fino a che irrompono Barbara e Simone completamente ubriachi, per rovinare volutamente la serata e portare a termine così i loro rispettivi obiettivi. Dopo un breve momento di litigio con i genitori di Barbara, l’esibizione viene portata a termine e con essa anche la raccolta fondi necessaria al restauro della scuola. A casa, quella sera, va avanti la discussione tra Barbara e i suoi genitori per il suo comportamento e lei si finge innamorata di Simone; Alberto, che teme per il suo futuro, la vuole rispedire a Milano. Sembra che la ragazza abbia ottenuto ciò che voleva, non fosse che dopo qualche minuto i genitori di Simone bussano alla porta per scusarsi per il figlio e spiegare la

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situazione: essi rivelano il patto tra il figlio e Nino. Sono così scoperte anche le vere intenzioni di Barbara ed Alberto minaccia di farle fare la scuola a Roccatella, se non si impegna e non recupera i due debiti a settembre. Nel frattempo Nino si complimenta con Andrea per la bellissima esibizione al fianco di Red, egli ha rivisto nel nipote la sua stessa passione nel fare musica che aveva abbandonato a causa dei giudizi degli altri, soprattutto di Agata. Andrea crede che lo zio, che conosce l’ambito artistico, lo possa aiutare con la musica e gli fa ascoltare alcuni brani che ha scritto lui stesso. Nino è talmente entusiasta che gli promette di fare di tutto per aiutarlo a coltivare quel sogno ma, prima di uscire allo scoperto con i suoi genitori, egli ha bisogno di fare un po’ di strada.

Alberto, in quei giorni, comunica a Nino la decisione riguardo all’esproprio del suo terreno. Nino pur di non perderlo, mette in piedi una nuova scappatoia: una notte, con l’aiuto di Turi ed altri amici, si introduce nell’ormai dimenticato museo archeologico di Roccatella e trafuga alcuni reperti antichi, per poi sotterrarli nella sua proprietà. Al momento del carotaggio del terreno, gli addetti troveranno questi reperti e il terreno sarà considerato sito archeologico; nessun tipo di mercato potrà sorgere su un suolo del genere. Ed infatti il giorno seguente il sindaco annuncia al fratello la notizia, dicendogli inoltre che verranno dati ingenti indennizzi a lui e alla madre. Intanto gli elettori di Alberto insorgono

numerosi in piazza, a causa delle tasse che ora sono costretti a pagare e rivolgono il loro disappunto anche contro la famiglia del sindaco. Uno di loro particolarmente rissoso, prima cerca di aggredire Alberto e poi di chiedere perdono corrompendolo, in modo tale da ottenere comunque i suoi favori. L’integrità di Alberto non è in discussione ed infatti egli minaccia di chiamare i carabinieri, finché il giorno dopo non lo fa per davvero, dal momento che l’uomo gli ha tagliato gli pneumatici.

Per aiutare Andrea a realizzare il suo sogno, Nino ha organizzato per lui un’esibizione in un locale fuori Roccatella, così da dargli la possibilità di confrontarsi con un pubblico giovane e fargli capire la sua bravura. Le convinzioni di Nino si rivelano giuste ed il pubblico applaude fragorosamente il giovane musicista, il quale però si trova spiazzato di fronte a tanto fragore e si blocca a metà canzone, a causa della troppa pressione. Andrea ha accusato molto questa forte emozione che l’ha travolto e teme di non essere in grado di sopportarla per poter andare avanti a cantare in pubblic, ma Nino lo convince a non tirarsi indietro, soprattutto dopo il feedback positivo che ha ricevuto. La sorella intanto si trova alle prese con diversi problemi nello studio del latino e ha bisogno di qualcuno che l’aiuti. Nino propone a Simone di darle ripetizioni, sfruttando questa volta le sue reali competenze in ambito scolastico, promettendogli di realizzare lo spettacolo che il ragazzo aveva scritto. I due ragazzi sono ancora in conflitto per il fiasco del loro piano di qualche sera prima, ma decidono comunque di aiutarsi a vicenda.

Alla notizia sui giornali riguardo ai ritrovamenti sui terreni dei Caputo, un archeologo si accorge che quei reperti erano già stati recuperati anni prima e che appartenevano al museo del Comune, es-

sendo stato proprio lui a rinvenirli, e minaccia Alberto di denunciarli per questa gravissima truffa. Il sindaco è spiazzato, ma sa benissimo chi è il responsabile di questa bravata. Alberto discute infuriato con Nino, ma all’improvviso l’uomo che aveva fatto arrestare per le minacce gli si scaglia contro con una spranga. Nino si frappone tra il fratello ed il criminale, ricevendo un violento colpo in testa. Per fortuna rinviene in ospedale dopo essere stato medicato: Alberto gli è riconoscente per il meraviglioso gesto di sacrificio.

TERZA PUNTATA

Dopo il grande spavento per l’incidente di Nino, i fratelli Caputo si devono preoccupare di comunicare ad Agata l’incombente esproprio dei suoi terreni. La donna, come era prevedibile, si getta in una prima fase di furia per poi lasciarsi abbandonare allo sgomento. Ovviamente le colpe vengono affibbiate al sindaco, il quale in realtà non aveva voce in capitolo, essendo quella una decisione della Regione, ma la donna non vuole capirlo. Come se non bastasse, la mamma di Alberto, Franca, ha deciso inaspettatamente di far visita alla famiglia e di raggiungerli a Roccatella, non sapendo della convivenza con l’altra famiglia del marito defunto. Un incontro tra le due mogli di Calogero porterebbe senza dubbio ad un putiferio e, per evitarlo, Nino prenota per la madre, la domestica e per l’amico Turi una vacanza in un hotel di lusso a Taormina, lasciando all’oscuro Agata della visita imminente. Purtroppo, mentre i tre stanno per lasciare il casale per questa ‘vacanza’, Franca arriva a sorpresa in anticipo a casa Caputo, senza aver avvisato nessuno. Questo suo arrivo spiazza tutti e l’incontro tra Agata e Franca si delinea proprio come i rispettivi figli temevano, volano insulti e per poco non si passa alle mani. Agata

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si rende conto quindi del motivo di questa vacanza così improvvisa e non vuole assolutamente lasciare la sua casa, specie ora che vi alloggia anche la madre di Alberto. Anche Franca è un osso duro e non si smuove dalla sua posizione; per giunta semina continuamente zizzania e provoca ogni volta che può la rivale. L’unica persona che può riportare serenità in quella casa sembra Giacomino, che parla con entrambe le donne e cerca di riavvicinarle, anche se per il momento sembra impossibile.

Nino intanto ha radunato i suoi amici pescatori per cercare di aizzarli contro il comune, dicendo loro che il mercato ittico voluto dal sindaco avrebbe portato via il loro lavoro, coinvolgendo grandi pescherecci che li avrebbero tagliati fuori dai giochi. L’unica loro possibilità, secondo Nino, sarebbe quella di protestare direttamente davanti al casale di Alberto, come avviene infatti il giorno seguente. L’attenzione del sindaco verso di loro dura però pochi minuti: una nuova lite si scatena tra Franca e Agata. In particolare quest’ultima colpisce duramente l’altra, dicendole che Calogero non l’ha mai amata, dal momento che lei stessa riceveva in continuazione le lettere dell’ex-marito, rifiutandolo ogni volta per una questione d’orgoglio. Franca rimane molto male nel sentire quelle parole, dal momento che sa che sono vere. Alberto capisce finalmente il motivo per il quale il padre era sempre così distaccato nei loro confronti, egli voleva tornare in Sicilia dalla sua vecchia famiglia. Franca capisce che è stato un errore venire a Roccatella e anche Alberto le consiglia di fare i bagagli. Anche Nino è dispiaciuto nel sapere queste cose sul padre, ce l’ha con Agata per avergli impedito di tornare a casa: nonostante capisca la vergogna provata dalla donna in seguito a quello scandalo, si rammarica per essere cresciuto senza

un padre. Uno spettacolo al teatro di Roccatella, interpretato dai bambini del paese, diventa un’opportunità per Agata e Franca di riappacificarsi. Giacomo presenterà lo show al fianco di Nino; chiede ad entrambe le signore di partecipare e così accade. Anche se Agata non usciva di casa da anni, per paura dei giudizi dei compaesani, ella raggiunge all’ultimo il teatro, per non deludere il bambino. Agata comincia a capire gli errori che ha commesso, anche nei confronti del figlio, con il quale si scusa per la faccenda del padre; d’altra parte anche Franca ammette le proprie colpe e prepara le valige per l’indomani mattina.

Al municipio Alberto parla direttamente con i pescatori, per rassicurarli riguardo al mercato ittico, dopo le menzogne che Nino ha raccontato loro. Anzi egli promette di tutelarli e portar loro molti più clienti e lavoro, convincendoli che stare dalla sua parte è la scelta migliore. Andrea intanto continua ad esercitarsi con lo zio, che lo convince ad iscriversi al talent Music Factory, dicendogli che con il suo talento potrà far certamente bella figura. Per questo un giorno si recano insieme a Turi all’agenzia e registrano il video del provino, che viene realizzato solo dopo numerose interruzioni. La principale fonte di ‘disturbo’ è Carmela, una donna follemente innamorata di Nino, che continua a fargli regali ed avances, ma che l’uomo rifiuta per paura di far la fine dei mariti precedenti (Carmela è vedova di 4 uomini). Fuori dall’agenzia, Carmela incontra Patrizia e le due iniziano a fare amicizia, dopo che la moglie del sindaco si complimenta per la borsa fatta a mano che indossa Carmela. Visto l’entusiasmo della nuova amica, Carmela le regala la borsa e, dopo una foto diffusa sui social da Patrizia, l’oggetto provoca diversi apprezzamenti da parte delle amiche di Milano. Patrizia pensa immediatamente ad avvia-

re un business per vendere queste borse artigianali e Carmela accetta solo per stare nei paraggi di Nino. Il sindaco ha iniziato a contattare varie aziende per avviare la gara d’appalto per la costruzione del mercato del pesce, ora che è pronto il progetto, e Nino tenta ancora una volta di ostacolarli per mantenere il suo terreno. Dopo essersi segnato i nomi delle imprese edili, Nino le contatta fingendosi l’ingegnere comunale e le convoca ad un orario differente da quello stabilito realmente dal Comune, per poter parlare con i geometri senza intralci. Al momento del sopralluogo si presentano Nino e Turi in veste di ingegneri scoraggiando tutte le imprese edili, chiedendo loro materiali e servizi molto costosi, avvisandoli che però il Comune non potrà mai pagare a causa degli scarsi fondi. Naturalmente i geometri ritirano le proprie offerte ed Alberto si ritrova senza alcuna impresa che possa realizzare il suo progetto. Dopo aver scoperto dell’ennesimo intervento del fratello, il sindaco viene a sapere che inspiegabilmente la Regione ha bloccato la concessione per la costruzione del mercato a Roccatella. Durante le ripetizioni di latino e greco, Barbara inizia a fare progressi e Simone ad affezionarsi a lei. Egli cerca più volte di invitarla alle prove che ha iniziato a fare al teatro, grazie alla concessione di Nino, ma lei si mostra ogni volta poco interessata. Soltanto l’amicizia che inizia a crearsi tra il fratello e Simone la avvicina a quest’ultimo e ai suoi interessi artistici.

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Il progetto di business delle borse di Carmela prosegue e gonfie vele. Infatti un’influencer di un certo peso le nota e esprime il suo apprezzamento, facendo schizzare l’entusiasmo di Patrizia alle stelle. Questa grande dimostrazione di interesse da parte di molte persone porta Patrizia a voler espandere la produzione di queste borse e la donna cerca di reclutare nuove tessitrici che possano contribuire alla loro causa. Per questo chiede aiuto ad Agata, la quale non sopporta l’idea di lavorare con ‘la donna che gli vuol portar via il suo Ninuzzo’, ma si fa ingolosire dalla possibilità di fare dei bei guadagni ed offre ogni tipo di aiuto possibile a Patrizia e alla sua nuova attività, in cambio di una buona percentuale. Intanto Alberto convoca un amico, Valenti, che lavora in regione e scopre il motivo di quel blocco dei progetti per il mercato: la nuova idea era quella di costruire un enorme resort di lusso, che porterebbe milioni e milioni nelle casse comunali e regionali. Alberto però si oppone a questo progetto che deturperebbe il paesaggio di Roccatella, la quale non sarebbe più la stessa e verrebbe semplicemente sfruttata dalla regione, ma Valenti minaccia di rovinarlo in caso di opposizione.

QUARTA PUNTATA

Mentre il terreno di Nino e Agata sembra momentaneamente salvo dall’espropriazione, quest’ultima ha radunato le tessitrici per la produzione di borse e si organizza insieme a loro prima di comincia-

re. Patrizia è molto felice per i numerosi ordini che stanno ricevendo e ha bisogno dell’aiuto di Andrea, che la possa aiutare a gestire le finanze in veste di commercialista. Andrea però, che non ha detto ancora nulla ai genitori riguardo alle sue vere aspirazioni, non ha intenzione di fare da commercialista all’attività della madre e si confida con Nino, sempre per lui una figura di conforto che gli da molta fiducia per la sua carriera artistica. Il segreto di Andrea però rimarrà tale ancora per poco, dal momento che Nino consegna ai genitori la chiavetta contenente il video dell’audizione, convinto che essa contenesse tutt’altro materiale. I genitori sono completamente spiazzati nel vedere quel lato che Andrea ha sempre tenuto loro nascosto, mentre il ragazzo non può più nascondere la verità. Egli comunica ai genitori di voler abbandonare l’università e lo studio del nonno, per poter prendere parte ad un talent, grazie anche all’aiuto che Nino gli ha dato in quei giorni. Alberto è certamente il più spiazzato nel sentire quelle parole ed è contrario all’idea che il figlio abbandoni una carriera che gli prospettava delle solide certezze economiche, specie per lanciarsi in un mondo pieno di concorrenti spietati, in cui è difficilissimo emergere. Inoltre Alberto se la prende con il fratello per aver spinto il ragazzo verso quella strada tenendolo all’oscuro di tutto. Con la mediazione di Patrizia gli animi si calmano, lei crede nel talento del figlio e vorrebbe che anche Alberto stesse dalla sua parte. Dopo poco Andrea viene contattato da Canale 5: è stato selezionato tra i 30 concorrenti che parteciperanno al programma e dovrà partire per Milano, insieme allo zio Nino. Alberto, sebbene ostenti fiducia, ha molto timore per il reale spazio che Andrea si potrà ritagliare nella musica e, grazie alle sue conoscenze a Mila-

no, contatta Manolo Bombardini, un noto discografico, che gli farà da manager.

La direzione di Agata nei confronti delle sue tessitrici è quasi dittatoriale, mentre Patrizia si occupa del lato creativo e disegna, con l’aiuto di Barbara, un nuovo modello per le acquirenti più giovani. Per far partire questa nuova produzione è necessario che Carmela realizzi un nuovo prototipo ed in cambio del lavoro la donna chiede a Patrizia di organizzarle un’uscita con Nino. Egli alla proposta della cognata non può dire di no ed incredibilmente accetta. L’uscita non va proprio come Carmela se la immaginava, ma lei è comunque contentissima per il tempo passato con Nino, lui un po’meno. Per fortuna è arrivato il giorno della partenza per il talent e Nino è al settimo cielo, ma arriva all’insaputa di Andrea il suo nuovo discografico, anche se il ragazzo vuole fermamente partire con Nino: gli è riconoscente perché è stato il primo a credere veramente in lui. Alberto però vede necessaria la presenza di un manager serio, che possa dare ad Andrea il massimo delle possibilità per affermarsi, senza preoccuparsi più di tanto dei sentimenti di Andrea e Nino. Il ragazzo deve di conseguenza partire con Manolo, e lo zio rimane a Roccatella, moralmente a terra.

Mentre Nino è in agenzia, molto giù di morale, Valenti bussa alla sua porta per stuzzicarlo con una proposta irrinunciabile: vista l’opposizione di Alberto al progetto per il resort, egli vorrebbe che Nino prendesse il posto di sindaco e promuovesse il progetto, che gli farebbe fare un mucchio di soldi grazie all’edificazione sui suoi terreni. Nino è ferito per il tradimento del fratello riguardo alla faccenda di Andrea ed è pronto ad avanzare una mozione di sfiducia nei confronti dell’operato di Alberto, durante il prossimo consiglio comunale.

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Le ripetizioni stanno fortificando il rapporto tra Simone e Barbara che iniziano a frequentarsi anche al di fuori di quel contesto e sono lì lì per fare un passo avanti diverse volte. Un pomeriggio Barbara raggiunge al teatro Simone e lo trova a provare la parte con una bella ragazza. L’amico, notandola, vuole farla ingelosire e finge di baciare la ragazza, che in realtà è sua cugina, ottenendo la reazione sperata. Barbara rivela la sua gelosia il giorno seguente, mentre Simone fa finta di nulla, per tenerla sulle spine e vedere se trapelano altri segnali.

Al consiglio comunale Alberto si trova a dover gestire un buon numero di consiglieri, anche suoi alleati, che cercano di ribaltarlo dalla sua posizione e si giunge alla votazione per la mozione di sfiducia. Uno dei suoi bracci destri, l’assessore Cascone, vota contro di lui, dopo essere stato corrotto da Valenti, ma la decisione di Nino di schierare l’opposizione a favore del sindaco salva la cattedra di Alberto. Nino, malgrado sia ancora arrabbiato con Alberto, non poteva assecondare le viscide richieste di Valenti, lo disprezza con tutto sé stesso e ha finto di stare dalla sua parte per far uscire allo scoperto i traditori all’interno del consiglio comunale. Alberto si mostra realmente pentito e ringrazia il fratello per l’aiuto che gli sta dando; i due progettano a questo punto le prossime mosse per incastrare Valenti una volta per tutte, visto che sicuramente avrebbe provato a corrompere altri consiglieri per riprovare la mossa. Nino organizza un nuovo incontro con Valenti e gli chiede più soldi per stare dalla sua parte, dato che la sua ultima mossa era mirata solo a guadagnare di più con un nuovo patto, ed il senatore accetta. I due si incontreranno all’agenzia di Nino per il saldo della tangente, mentre Alberto si apposta nascosto con una videocamera che filmerà il tentativo di corruzione. Al momen-

to della consegna del denaro, Alberto esce allo scoperto ed incastra Valenti: i Caputo non lo denunceranno solo se il senatore si dimetterà per sempre dalla politica e fermerà il progetto per la costruzione del resort. Ovviamente l’uomo non ha scelta e accetta, perdendo tra l’altro i soldi della tangente che saranno destinati al festival di Roccatella. Ora che si è liberato un posto, quello di Cascone, Nino diventerà il nuovo assessore comunale, nonché vicesindaco.

È finalmente arrivato il giorno della tanto attesa esibizione di Andrea, quando Simone confessa a Nino i sentimenti che prova per la nipote. Nino decide di invitarlo al casale per vedere il talent e poi avere un’occasione di farsi avanti con Barbara. Quella sera ci sarà anche Carmela, che ha ottenuto le tante desiderate attenzioni dell’amato, dopo che ha finalmente risposto alle continue provocazioni di Agata. L’esibizione di Andrea affascina tutti quella sera ed ha molto successo anche tra il pubblico in studio, ma egli non viene comunque selezionato per la fase finale. Barbara lascia la sala con sdegno per il responso dei giudici e viene raggiunta da Simone che cerca di consolarla. Durante la loro passeggiata, Simone svela che aveva volutamente cercato di farla ingelosire qualche giorno prima al teatro perché lei gli piace molto. Lei lo bacia appassionatamente. Anche il rapporto tra Nino e Carmela prosegue bene: lui le fa capire che sta dalla sua parte dopo gli screzi avuti con Agata e che la considera “una bellezza”, i due continueranno ad uscire insieme.

Il ritorno di Andrea a Roccatella ha un sapore amaro, il ragazzo promette ai genitori che tornerà a studiare e lascerà stare la musica, ma Alberto gli dice di non mollare. Egli ha capito dagli occhi del figlio la passione che ha per la musica e che, se quello è il suo vero sogno, non deve farselo

scappare per nessuna ragione al mondo.

La permanenza estiva dei Caputo milanesi a Roccatella sta giungendo al termine e la famiglia saluta gli amici siciliani prima di partire. Alberto non tornerà in Sicilia per fare il sindaco perché ha bisogno di stare con la sua famiglia ed è certo che Nino possa sostituirlo alla grande alle prossime comunali, avendo visto crescere in lui la passione per la politica ed ottime idee per i propri concittadini. I 5 sono in auto, si stanno dirigendo in aeroporto, ma provano un’immensa malinconia all’idea di abbandonare quella gente e quella terra. Durante il discorso del vicesindaco Nino Caputo, condito dalla preparazione di innumerevoli festival e sagre, Alberto e la sua famiglia irrompono nella sala, promettendo di trasferirsi in pianta stabile a Roccatella.

FFratelli Caputo è una miniserie che presenta un insieme di elementi molto noti al pubblico televisivo italiano e per questo può essere facilmente apprezzabile da un’audience abituata ad un certo tipo di meccanismi narrativi e non. In questo senso gli autori non optano per eccessivi azzardi, con il rischio però di non emergere con un prodotto particolarmente distinguibile dagli altri.

Innanzitutto un elemento che sicuramente è stato molto utilizzato in altri prodotti televisivi italiani, ma anche vincente, è la delinea-

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zione di due protagonisti, Nino e Alberto, che costituiscono una “strana coppia”. Intorno a questi due personaggi vengono costruite la maggior parte delle vicende della miniserie ed essi sono in una continua oscillazione tra l’amore per un fratello ritrovato ed un conflitto dovuto alle enormi differenze caratteriali e di mentalità. Si può dire che Nino e Alberto siano due personaggi complementari: Nino è mosso dalle passioni e dall’amicizia, ma è spesso dedito a sotterfugi anche illegali, mentre Alberto si fa portatore della giustizia, un personaggio certamente più colto e integro, ma a volte distaccato nei rapporti umani. L’evoluzione dei personaggi porta entrambi a rendere l’altro più simile a sé, per quanto riguarda i pregi, mentre i difetti di ognuno di loro vengono abbandonati grazie al rapporto tra i due. Legata a questo tipo di rapporto “di amore e odio” tra i fratelli Caputo, troviamo la tematica del divario tra nord e sud. I fratelli presentano le caratteristiche della propria terra di provenienza, seppure abbastanza stereotipate, e cercano di mostrare un aiuto del nord nei confronti delle piccole realtà meridionali nell’intraprendere la via del progresso e l’abbandono della mentalità provinciale, volta all’opportunismo.

Nonostante la semplificazione di questa realtà, si può vedere nel racconto un tentativo vincente di comunicazione ed aiuto reciproco tra nord e sud, che arricchisce entrambi. Questo dualismo è reso molto bene soprattutto grazie alle

ottime interpretazioni di Nino Frassica, che si contraddistingue per la sua solita comicità, e di Cesare Bocci, nei panni di un personaggio serioso e molto credibile che fa da contraltare all’altro. Sicuramente la scelta di questi due volti arcinoti della televisione italiana ha garantito un appeal per il pubblico, ma anche una resa qualitativamente alta da un punto di vista della recitazione.

Esclusi i due protagonisti però, ci troviamo di fronte ad una serie di personaggi fortemente stereotipati: la signora anziana del sud che non vuole che il figlio si stacchi da lei, la giovane ribelle che tenta di fuggire dalla famiglia per poi apprezzarne i valori, il giovane che lascia l’università per dedicarsi alla musica e che deve affrontare la disapprovazione dei genitori, la vedova che continua a perseguitare il suo nuovo amore, e tanti altri di minore rilevanza. Tutto questo delinea personaggi poco originali e di conseguenza vicende ad essi collegate molto prevedibili, a causa proprio della ripetizione di meccanismi di evoluzione di tali personaggi che sono già noti al pubblico. Le vicende appunto all’interno di Fratelli Caputo non si distinguono per una grande originalità e non sono un elemento su cui puntare per tenere alto l’interesse del pubblico. Soprattutto spesso le motivazioni che spingono determinati personaggi a compiere certe azioni funzionano tramite l’accordo del “io faccio un favore a te ma in cambio tu devi fare un favore a me”. Non che questo sia un meccanismo motivazionale che non funzioni, ma l’eccessiva ripetizione di questi espedienti per legare una situazione all’altra nel corso della serie risulta alla lunga poco interessante e appunto ripetitiva. Infine da segnalare l’insistenza su alcuni elementi poco concludenti per lo sviluppo complessivo della storia, danno un senso di inserimento solo per raggiungere la durata

necessaria a quel tipo di formato, ma che non hanno un reale risvolto sulla trama.

Positive sono all’interno della narrazione le tematiche relative alla famiglia. Spesso esse sono date per scontate, ma in questa miniserie ci aiutano a comprendere il valore che la famiglia può avere nella vita di tutti i giorni. Il rapporto tra Nino e Alberto per esempio nasce con una gran quantità di motivi di conflitto, ma essi vengono sempre superati grazie all’affetto reciproco tra i due personaggi. Inoltre i valori famigliari si riflettono sui personaggi più giovani, che verso la fine della serie capiscono come rapportarsi ai genitori e viceversa.

Un altro punto certamente a favore di Fratelli Caputo è l’ambientazione. L’atmosfera, resa visivamente da quegli scenari del sud Italia, fa trasparire un clima di serenità, seppur macchiata da alcuni problemi più o meno gravi. Malgrado questi problemi però, la resa complessiva è molto vincente e inserisce lo spettatore in una realtà di piacevole quotidianità, nella quale vorrebbe venirsi a trovare. L’unica pecca per quanto riguarda il lato visivo, semplice ed efficace, è la ripetitività di establishing shots soprattutto del casale dei Caputo, che servono sì a dare un riferimento spaziale, ma sui quali si insiste anche troppo, senza contare che sembrano tutti risultato della stessa ripresa riproposta nella stessa identica maniera.

Complessivamente Fratelli Caputo si delinea come una serie che della leggerezza e della comicità semplice fa dei punti di forza che portano ad una certa scorrevolezza piuttosto piacevole per lo spettatore. È sicuramente un prodotto che non spicca per l’originalità narrativa, ma che può essere apprezzato da una buona fetta di pubblico abituato a questo tipo di serialità molto italiana.

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lEonardo zandron

LA STRADA DI CASA (STAGIONE 1)

IIl cielo fra le spighe di grano, i suoni soffusi della natura al risveglio, l’alba. Da subito la protagonista della fiction è la terra, la campagna piemontese, di cui tutti i personaggi, dal più al meno importante, si rivelano ospiti. Sul fare del giorno Fausto Morra, il più importante agricoltore e allevatore della zona, si aggira solo e agitato in una palude; squilla il suo telefonino, è la moglie Gloria a chiamarlo, preoccupata di non averlo trovato al suo fianco una volta svegliatasi. Fausto la rassicura dicendo di aver deciso lì per lì di andare a pesca dal momento che non riusciva a dormire, e aggiungendo che sarebbe subito rientrato. Le immagini però lo smentiscono: lo vediamo intento a ripulire in tutta fretta il retro del suo pick-up bianco da alcune tracce di sangue. Poi si mette al posto di guida e prima di accendere il motore guarda una foto che ritrae la sua famiglia, in cui ci sono lui e Gloria in compagnia dei loro tre figli, Lorenzo, Milena e Viola; quindi guarda un cartoncino giallo con scritto sopra il numero di un capo di bestiame, 2587. Mette in moto il pick-up. Dopo aver percorso un breve tratto della strada in mezzo ai campi che l’avrebbe riportato a casa, Fausto non riesce a fare a meno di chiudere gli occhi per una frazione di secondo, la stessa in cui a Gloria, scesa in cucina, scivola di mano all’improvviso il bicchiere d’aranciata appena riempito, frantumandosi a terra: il pick-up di Fausto si scontra con un camion rimorchio, carico di balle di fieno, che attraversa la strada.

Ventiquattro ore prima. I campi di spighe sono inondati di sole. Fausto domanda al suo amico e collaboratore Michele come abbia trovato il grano e lui risponde che è tempo di raccogliere e che c’è ragione di credere che sarà un ottimo raccolto. Ma qualcosa preoccupa Fausto, che chiede a Michele se non sia anche lui dell’opinione che si siano spinti troppo oltre. L’amico si mostra tranquillo, convinto che non si possano avere dubbi di fronte a tutta quella meraviglia, costruita da loro. Fausto allora se ne va via a cavallo e Michele lo saluta con il consueto “Stammi bene!”. Vediamo Fausto rientrare a casa, Cascina Morra, dove viene subito salutato festosamente dal cane Luna, mentre sua moglie è in cucina: Lorenzo, il primogenito, e Viola, la più piccola, sono lì con lei per fare colazione, mentre Milena dorme ancora. I ragazzi sono in vacanza ma sanno che quando inizia il raccolto anche loro dovranno contribuire. A Lorenzo non passa inosservata la pillola che la madre beve e lei si giustifica con un lieve malessere della caviglia; in assenza del padre, i ragazzi approfittano per sfogarsi del fatto che si sentano ben poco liberi di prendere delle decisioni: è Viola a dichiarare con decisione che «con papà non si parla, si esegue». Effettivamente il comportamento di Fausto sembra molto sbrigativo e piuttosto asciutto anche nei confronti di Gloria, al cui richiamo risponde di non avere tempo per il caffè andando velocemente a chiudersi nel suo studio. Lì lo vediamo telefonare ai fratelli Crespi, allevatori che hanno iniziato a costruire la loro fortuna dal niente, lavorando nel trasporto del bestiame. Il primo a rispondere è Giacomo cui Fausto

di Riccardo Donna

La strada di casa (Stagione 1) di Riccardo Donna

Paese: Italia, 2017

Produzione: Casanova Multimedia, Rai Fiction

Regia: Riccardo Donna

Sceneggiatura: Francesco Arlanch, Andrea Valagussa, Maura Nuccetelli

Interpreti: Alessio Boni (Fausto Morra), Lucrezia Lante Della Rovere (Gloria), Sergio Rubini (Ernesto Baldoni), Thomas Trabacchi (Michele), Paolo Graziosi (Elia Fattori), Chstiane Filangeri (Veronica Matti), Marco Cocci (Professor Riccardi), Gianluca Gobbi (pubblico Ministero Daniele Giorgi), Benedetta Cimatti (Milena Morra)

Distribuzione: Rai Uno

Durata: 12 episodi da 50 minuti

Uscita: 14 novembre 2017. Presente su Raiplay

dice, facendo riferimento all’ultima partita di bovini da loro ricevuta, che hanno superato ogni limite e non hanno rispettato gli accordi presi; Fausto si dichiara risolutamente deciso a chiudere con quel tipo di affari. Giacomo Crespi allora passa la telefonata al fratello Nicola, che risponde a Fausto che non può in alcun modo tirarsi fuori dopo anni di collaborazione, e senza mezzi termini minaccia la sua famiglia. Come se non bastasse di lì a poco il vecchio Elia, uomo di fiducia di Fausto, entra nel suo studio per avvertirlo dell’arrivo in cascina di Paolo Ghilardi, giovane ispettore della ASL venuto per fare un’ispezione a sorpresa sull’ultima partita di bovini arri-

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vata. Nel frattempo Michele parla con Gloria, intenta a riassettare la cucina: le ricorda che può sempre contare su di lui se ci fosse qualche problema e le domanda come mai Fausto fosse andato a cavallo di mattina presto, come fa sempre quando ha delle preoccupazioni, sapendo che il raccolto aveva ottime stime. Lei cerca di mostrarsi più sicura e serena di quanto non sia, ma a Michele non sfugge la sua inquietudine.

Anche Lorenzo non è del tutto sereno: vorrebbe iniziare a camminare con le proprie gambe introducendo nell’azienda familiare delle innovazioni, come le coltivazioni biologiche, ma è osteggiato dai colleghi più attempati che vedono in suo padre la fonte della loro prosperità e non ha il coraggio di imporsi, dato anche il comportamento autoritario di Fausto. Quando però la sua fidanzata, Irene, si dice pronta a lasciarlo se lui partirà per stare due anni in Germania solo per assecondare la volontà paterna, Lorenzo decide probabilmente per la prima volta in vita sua di non cedere, non volendo perdere Irene, e le promette di essere pronto ad andarsene di casa se sarà necessario. Milena, in compagnia della piccola Viola, incontra fuori casa degli amici venuti da Torino, fra cui c’è anche il suo fidanzatino, Giulio Bettetini, figlio di un ricco allevatore: Milena lo informa del fatto che suo papà ha deciso di farle frequentare da settembre un istituto commerciale in campagna, convinto che il suo futuro consisterà nel lavorare a Cascina Morra, e non tenendo in

considerazione il suo desiderio di iscriversi a un liceo di Torino. Quando il ragazzino invita Milena a fare un giro in moto, lei accetta volentieri e dice a Viola, che si dondola sull’altalena, di non muoversi da quel posto fino al suo ritorno. A trarre subito vantaggio dalla situazione è Vittorio, un complice dei fratelli Crespi, che dopo aver ricevuto per telefono l’ok di Nicola, raggiunge la ragazzina con l’intento di farla allontanare e spaventare così Fausto e la sua famiglia. Intanto, alla cascina, dopo aver passato in rassegna il bestiame, Ghilardi si mette a ispezionare le carte, mostrando una ostile diffidenza verso Elia e Fausto, che decide di telefonare al suo amico Ernesto Baldoni, superiore di Ghilardi al distretto veterinario, per risolvere il problema. Ernesto gli conferma che si è trattato di un’iniziativa personale di Ghilardi, un “crociato” delle ispezioni, e ha intenzione di passare da Cascina Morra, approfittando di un altro appuntamento da quelle parti, per togliergli il giovane di torno.

A casa, Gloria si confida con la sua migliore amica che disapprova il comportamento autoritario di Fausto nei suoi confronti e in quelli dei figli, così come il fatto di averle fatto abbandonare l’università e non averle permesso di trovare un lavoro, e che le suggerisce di parlare con lui o con uno psicologo, smettendo di prendere pillole di testa sua. Gloria le dice che Fausto negli ultimi tempi si dimostra distratto e lei si sta chiedendo se abbia un’amante, ma proprio in quel momento arriva Milena, preoccupatissima di non aver più trovato Viola un’ora dopo averla lasciata. Quando Ernesto arriva in cascina, Fausto e Ghilardi stanno discutendo su un’incongruenza rilevata da quest’ultimo, l’assenza di uno dei sedici vitelli ricevuti la sera precedente, il capo con mar-

ca auricolare 2587: con l’accusa di abuso d’ufficio Ernesto, in qualità di direttore, ordina a Ghilardi di andarsene, dicendogli che dovrebbero essere alleati e non nemici di Morra, la principale risorsa del territorio. Ghilardi replica che è evidente l’amicizia fra Fausto e Ernesto, mostrando di non essere tipo da cedere facilmente né da accettare favoritismi a danno delle ispezioni. Quando Ernesto gli dice che da quel momento è sospeso e sotto procedura disciplinare, Ghilardi abbandona il campo di battaglia con la promessa però di ritornare insieme ai NAS e di smascherare la truffa. Raggiunto telefonicamente da Gloria che spaventata lo informa di quanto accaduto a Viola, Fausto la rassicura pronto ad andare a cercare la figlia e telefona immediatamente a Nicola Crespi. Da questo viene a sapere che Viola sta bene ma si vede contemporaneamente costretto a stare alle sue condizioni, comprendendo che da quel momento in poi la sua sarebbe stata una vita “sotto ricatto”. Senza far sapere nulla di tutto ciò alla moglie, ignara dei problemi causati dai Crespi, le suggerisce un luogo dove ritiene probabile che si sia diretta Viola, il vecchio pozzo. Sentito l’accaduto, il vecchio Elia, che per Fausto è quasi un componente della famiglia, gli suggerisce di sganciarsi dai fratelli Crespi una volta per tutte, di raccontare la verità a Ghilardi e di ricominciare da zero. Fausto lo desidererebbe più di lui ma teme le conseguenze, la fine per la sua azienda. Chiede a Elia di occuparsi del vitello che hanno nascosto a Ghilardi mentre lui farà un giro con quest’ultimo per andare a prendere Viola. Paolo infatti si era fermato in cascina avendo incontrato sua sorella Irene in compagnia di Lorenzo: contrario al loro legame, il giovane aveva provocatoriamente esortato

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Lorenzo a domandare a Fausto di tutti i suoi segreti, ma la conversazione viene interrotta dall’arrivo di Morra che invita Paolo a seguirlo e lui accetta. Da Viola arrivano però prima Gloria e Milena, che la ritrovano al vecchio pozzo intenta a giocare con i cuccioli del cane di Vittorio, il quale finge di essersi preso l’iniziativa di portare lì la ragazzina. Sulla via del ritorno Ghilardi invita Fausto, questa volta con tono più pacato, a raccontargli la verità; Fausto vorrebbe delle garanzie; Ghilardi rifiuta, accusandolo di essere solo un egoista interessato a denaro e potere, mentre Fausto replica di agire per il bene della terra e di tanti lavoratori... si lasciano in disaccordo.

Una volta rientrati tutti a casa, Fausto si mostra molto affettuoso con Viola e altrettanto duro con Milena, nonostante il tentativo di Gloria di fargli comprendere che la ragazza sta già attraversando un periodo difficile per via della rinuncia alla scuola che avrebbe voluto frequentare. Fausto e Milena litigano; lei arriva al punto di dirgli che ormai odia la cascina e non ci lavorerà mai, poi lui scende a piano terra dove Gloria vorrebbe che si fermassero a parlare, per una volta, di loro due. Ma lui rimanda all’indomani, dicendo che quella giornata era stata sufficientemente impegnativa e che fra non molto sarebbero stati presi dalla festa del raccolto.

È sera e il buio della campagna è rischiarato dalla fila di luci che illuminano la strada verso Cascina Morra: al suo interno la vivace allegria ritmata di una festa senza tempo, che sembra affiorare da un passato ancestrale così come dal rincorrersi ciclico delle stagioni. Gli adulti ballano o siedono ai tavoli dove vengono portati ricchi piatti e numerose bottiglie di vino, i bambini giocano con i chicchi di grano, Fausto assiste alla scena

un po’ in disparte A un tratto un uomo smette di ballare e prende la parola: il suo è un discorso di ringraziamento per Fausto, che ha portato il benessere nella zona, con mais pregiato e carne di prima scelta; tutti gli invitati concordano e applaudono al proprietario di Cascina Morra. Ricominciano le danze e Lorenzo approfitta per prendere in disparte suo padre e affrontare il discorso della partenza: Fausto intuisce subito che la principale ragione che trattiene Lorenzo dal partire è la fidanzata Irene, ma non cede di un millimetro. Risponde al figlio che nel bene e nel male lì è già stato fatto tutto da lui, mentre Lorenzo ha bisogno di farsi le ossa in una realtà nuova, e per questo partirà come deciso. Poi Fausto si ferma al tavolo dov’è seduto Ernesto con sua moglie ed è evidente la loro amicizia di antica data; a un certo punto Fausto si dirige in cantina per portargli una bottiglia di vino di qualità: Veronica, una giovane donna molto attraente, lo vede e lo segue. Sono soli all’interno della cantina e lei gli si avvicina con familiarità, lo bacia in modo appassionato; lui non si tira indietro ma poi sente un rumore e la ferma, dicendo che non è serata: all’uscita Fausto trova Michele che con aria di rimprovero gli domanda che bisogno abbia di appartarsi con Veronica anziché andare a ballare con Gloria. Queste parole sembrano risvegliare all’improvviso in Fausto una gelosia che si era smarrita: quando vede la moglie ballare con un altro, li interrompe chiedendo cortesemente di riavere la sua signora. Gloria si dimostra perplessa, gli dice che non deve ritenersi in obbligo di farlo e non perde occasione per dirgli apertamente «non sei più interessato a me da tanto tempo». Allora Fausto la prende per mano invitandola a seguirlo, e lei ne è felice anche se vorrebbe

nasconderlo forse soprattutto a se stessa: si allontanano dalla festa e appena fuori dalla cascina si siedono vicino a un corso d’acqua, che canta sottovoce le sue note fresche sullo sfondo della quiete della campagna notturna. Fausto ricorda gli inizi, quando «non avevano niente ma era già tutto», e le domanda che cosa farebbe se all’improvviso si ritrovassero senza più nulla, senza azienda, campi, bestie, denaro Gloria lo guarda e con sincera naturalezza gli risponde: «Se ho te, ma che cosa m’importa?». Queste parole riaccendono fra loro quella passione autentica che non era mai svanita, ma era stata soffocata da tanti problemi e preoccupazioni, passione che divampa nella notte di pioggia a dirotto. Sul fare del giorno, Gloria si sveglia e non vede Fausto al suo fianco, scende al piano di sotto, arriva all’ingresso, guarda in cortile, vede che non c’è il pick-up

Il cielo fra le spighe di grano, i suoni soffusi della natura al risveglio, l’alba... l’incidente.

Cinque anni dopo. Fausto è in un letto d’ospedale, socchiude gli occhi. Frammenti di luce, il cielo fuori dalla finestra, dettagli della stanza. Milena incredula ed emozionata lo chiama, arriva una dottoressa che lo saluta e gli dice il suo nome, lo informa di aver avuto un incidente. Milena gli dice che

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sono passati cinque anni. Fausto non risponde, ma le lacrime che luccicano nei suoi occhi lasciano intendere che ha compreso.

EPISODIO 2

Torino si risveglia sotto la neve. Gloria e Michele hanno trascorso una notte appassionata e lei gli dice di essere pronta a dichiarare apertamente la loro relazione, di volerne parlare con i figli, per non dover continuare a nascondersi. Precisamente in quel momento suona il telefono, è Milena: negli occhi di Gloria leggiamo l’emozione di chi viene a sapere ciò che non avrebbe più ritenuto possibile, il risveglio di Fausto. Ancora all’oscuro di tutto questo, Lorenzo conduce due funzionari della banca che aveva concesso un importante prestito ai Morra in giro per la cascina: mostra loro le innovazioni portate da lui e da Gloria, come la trasformazione delle vecchie stalle in saloni da ricevimento con prodotti agricoli, la sostituzione di fertilizzanti chimici e pesticidi con residui organici e macerato vegetale, il nuovo esperimento del birrificio. Sottolinea come la domanda di biologico sia in forte crescita ma uno dei due funzionari non esita a replicare che anche il debito dei Morra con la loro banca è in salita. Lorenzo è visibilmente preoccupato ma cerca di dare la migliore impressione possibile per il bene dell’azienda.

Di lì a poco vediamo entrare di corsa in ospedale Gloria, Michele, Lorenzo e Viola, avvertita dell’accaduto mentre era a scuola; in corridoio la dottoressa Madrigali li

ferma e li avverte che questo tipo di risvegli è rarissimo e che Fausto è in rianimazione, in uno stato molto fragile, per cui è bene che veda solo uno di loro e solo per pochi minuti. Naturalmente è Gloria ad entrare in sala rianimazione: gli rivolge qualche parola in tono molto affettuoso, lui si commuove. Di ritorno a casa, Gloria parla con la sua migliore amica, felice e preoccupata al tempo stesso; un bambino la chiama: è Martino, ha cinque anni, è il figlio che Fausto non sa ancora di avere. Mentre a sera Lorenzo confida a Michele che, pensando alla situazione economica, suo padre non avrebbe potuto risvegliarsi in un momento peggiore, il piccolo Martino inizia a fare delle domande su quello che per lui è il “misterioso Fausto” alla sorella Viola, che gli dedica attenzione e lo rassicura ma al tempo stesso è molto attirata da una chat con un certo “Picasso01”.

L’indomani vediamo Ernesto Baldoni in giro per la campagna a raccogliere campioni di latte dagli agricoltori: parlando con uno di questi che gli domanda come mai mandino lui a svolgere questo compito di ben poca importanza e un po’ faticoso, Baldoni risponde di essere ancora in castigo per la vicenda di Fausto Morra. Sentendosi riferire dall’agricoltore quanto trasmesso dalla radio, cioè il risveglio di Fausto, Baldoni, incredulo e felice, decide di recarsi in Procura. Daniele Giorgi, il procuratore, non si mostra invece altrettanto determinato a voler interrogare Fausto: ricorda a Baldoni che quando hanno provato a far incriminare Morra e i Crespi per associazione a delinquere il giudice è stato contrario per insufficienza di prove, che lui in tutto questo non ha fatto bella figura, che Ernesto stesso è caduto in disgrazia col lavoro ed è stato lasciato dalla moglie. Nonostante ciò, Baldoni non

ha intenzione di arrendersi, vuole fare finalmente luce sull’assassinio di Paolo Ghilardi che lavorava sotto la sua responsabilità di cui, dal momento della sua scomparsa, sente tutto il peso.

Risentiamo per la prima volta la voce di Fausto quando ricambia il saluto dell’infermiera Valeria, che lo avverte dell’arrivo dei suoi figli; le chiede uno specchio e lei non sa dirgli di no, indipendentemente dall’approvazione della dottoressa Madrigali. Quando entrano i ragazzi lui li riconosce con emozione e un po’ di stupore per il loro essere diventati più grandi, ma nel momento in cui Viola fa un riferimento a quando si era persa in campagna, lui ammette di non ricordare nulla del giorno dell’incidente. La strada da percorrere è tutta in salita.

In uno dei saloni di ricevimento di Cascina Morra si sta svolgendo una festa di matrimonio e l’amica di Gloria approfitta di un momento di calma per parlarle ed esortarla a non farsi portare via tutto quello che è riuscita a costruire in quei cinque anni da sola: la laurea, la gestione dell’attività, una vita nuova Gloria si dice intenzionata a non farlo, ma è visibilmente tesa per la ricostruzione di nuovi equilibri che il risveglio di Fausto inevitabilmente comporterà. Quest’ultimo non tarda a far conoscere il suo carattere forte e indipendente alla dottoressa Madrigali: è ansioso di fare ritorno a casa ma apprende da lei che ci vorrà tempo, sia per far riacquistare tonicità ai muscoli sia per rimettere in sesto la memoria, cosa più complicata. Fortunatamente nessuna funzione è compromessa. Fausto inizia così la fisioterapia, o meglio la prosegue come avvenuto nei cinque anni del coma, ma per la prima volta in stato cosciente: il fisioterapista è un giovane di colore, Bashir, perspicace, sicu-

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ro di sé e con uno spiccato senso dell’umorismo. Il ragazzo intuisce perfettamente le riserve di Morra nei suoi confronti e sceglie di avere con lui un dialogo molto diretto e franco. Ciò che Fausto non si aspetterebbe mai è di sapere che Milena e Bashir hanno una relazione e il progetto di trasferirsi in Canada entro sei mesi per permettere al ragazzo di non perdere una preziosa opportunità di crescita professionale: i due si guardano bene dal comunicarglielo in tempi brevi. A trovare Fausto un giorno arriva anche Michele, e i due si scambiano qualche scherzosa battuta come ai vecchi tempi. Michele gli dice che è stata dura in azienda senza di lui e che ci sono stati cambiamenti e innovazioni che a poco a poco avrà modo di conoscere; a un tratto Fausto gli domanda se abbia trovato “quella giusta”, lui risponde “forse”, e aggiunge che più avanti avrà modo di conoscerla. A sera Michele raggiunge Gloria a casa e le dice che vorrebbe far sapere il prima possibile a Fausto la verità su di loro; lei si dimostra d’accordo ma è molto ferma nel chiarire di voler essere lei a dirgliela. In realtà vorrebbe proteggere il marito il più a lungo possibile da una notizia come quella, soprattutto dato il delicato impatto che le emozioni potrebbero avere su di lui, come aveva spiegato la dottoressa. Si salutano con un bacio, mentre Milena li vede dalla finestra del piano terra.

Il giorno seguente, durante un massaggio ai muscoli delle gambe e con musica rock nelle cuffie scelta da Bashir, Fausto ha un primo flash, istantaneo, della notte di pioggia a dirotto prima del suo incidente. Iniziano gli incontri di “conversazione” con la Madrigali, finalizzati a ridare stabilità alla mente: pensieri, ricordi, emozioni riaffioreranno gradatamente attraverso un dialogo aperto fra

loro. Inizialmente Fausto si mostra piuttosto ritroso, poco desideroso si parlare di sé con un’estranea; poi però si rende conto che non può che affidarsi alle cure di questa professionista. Mentre è ancora agli inizi del suo percorso di ripresa e in una fase estremamente delicata, non esitano a presentarsi da lui i fratelli Crespi. Lo studiano con curiosità indagatrice, nel tentativo di capire se sia vero il problema della memoria; Nicola lo ringrazia per avergli permesso il salto di qualità, dal trasporto degli animali all’apertura di un proprio allevamento. Fausto li tratta benevolmente e dice loro che magari potranno tornare a collaborare. Uscendo dall’ospedale Nicola e Giacomo si interrogano sulla sincerità di Morra; in modo molto sbrigativo Giacomo dice al fratello che la cascina fallirà e loro potranno rilevarla a un prezzo d’occasione. Gloria arriva in ospedale più tardi di quanto avrebbe desiderato e si scusa con Fausto, cui l’infermiera ha portato il pranzo: lo aiuta lei a mangiare e nella familiarità dei gesti e degli sguardi si sente forte la loro vicinanza. Fausto, che si dispiace per tutto quanto lei ha dovuto affrontare da sola nei cinque anni trascorsi, le domanda: «Siamo ancora noi?». Lei sorride, non ha il coraggio di dirgli di no, o forse non ha tutte le motivazioni per farlo.

Baldoni, alla ricerca di qualcuno che possa avere la sua stessa forte volontà di scoprire l’assassino di Ghilardi, si reca al locale dove lavora Irene, la sorella di quest’ultimo ed ex fidanzata di Lorenzo Morra. Nonostante lui la informi dell’inaspettato risveglio di Fausto, lei sembra intenzionata a non riaprire quel doloroso capitolo, ormai convinta che non si verrà mai a conoscenza della verità sulla tragica fine del fratello. Una visita del tutto inattesa che Fausto riceve è

quella di Veronica che si presenta al di fuori dell’orario previsto e viene presto allontanata dall’infermiera; lui la riconosce come moglie di Marco, lei gli ricorda di esserne la vedova. Si dimostra molto affettuosa e lui la osserva con perplessità, come se avesse dimenticato la loro relazione. Un incontro di cui Fausto appare invece subito contento è quello che avviene, sempre in ospedale, con il vecchio Elia: parlano della notte prima dell’incidente e Elia dice che non c’è giornata in cui non si maledica perché su quel pick-up avrebbe dovuto esserci lui; quando Fausto gli chiede come mai fosse in giro quella notte di cui non ha memoria, gli risponde che era andato a sistemare la pompa del pozzo quattro, che dava sempre problemi. Fausto vuole sapere la verità sulle sorti dell’azienda e Elia gli dice che non ne è al corrente perché non ci lavora più, dato che Lorenzo ha fatto scelte differenti. Il desiderio di tornare a lavorare è sempre più forte e a Fausto sembra che gli esercizi di fisioterapia siano troppo blandi e lenti: vuole provare a camminare con le sue gambe e Bashir lo prende in parola, convinto che solo la prova dei fatti infonderà in Fausto la giusta fiducia nei suoi confronti. Infatti dopo uno sforzo immane e pochi istanti in piedi, Fausto cade a terra. Alla scena assiste anche Milena arrivata da poco. Bashir capisce che è il momento giusto per risvegliare in Morra tutto il suo spirito combattivo e così gli fa sapere che lui e Milena stanno insieme da mesi e hanno intenzione

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di sposarsi. La notizia, unita a una grande forza di volontà, e al desiderio incontenibile di tornare in azienda, sortisce il suo effetto: inizia una fase di lavoro riabilitativo senza tregua e i frutti cominciano a vedersi. Dopo varie settimane Fausto sente ritornare l’energia di un tempo e anche se la terapia non è conclusa e lui gira ancora sulla sedia a rotelle, comunica alla dottoressa Madrigali che ha bisogno di tornare a casa e di stare con la sua famiglia. Lei inizialmente è contraria, gli fa presente che deve fare ancora molta terapia emotiva e anche i suoi famigliari dovranno seguire un percorso; lui promette che rispetteranno tutte le sue indicazioni e si presenterà puntualmente ai tre incontri settimanali con lei. La Madrigali cede e Fausto si fa accompagnare a casa da Milena, senza far avvertire nessuno: vuole che sia una sorpresa. Lungo il percorso guarda il paesaggio come chi lo vede per la prima volta e al tempo stesso come chi ne conosce ogni caratteristica. Una volta arrivato, il cane Luna lo raggiunge festosamente. Lui vuole stare un po’ da solo a guardare la sua terra e la strada di casa dal cortile; Milena lo capisce e lo lascia tranquillo. Quando fa il suo ingresso nel soggiorno a piano terra, sospinto da Milena, lascia tutti senza fiato: Gloria, intenta a guardare delle carte; Lorenzo e Michele, impegnati a riparare un termosifone... lei si alza e lo raggiunge, di lì a

poco lui sente alla sue spalle la voce di un bambino pronunciare il suo nome: Gloria gli dice sottovoce che si tratta di Martino, loro figlio.

Fausto trascorre la notte in una camera a piano terra, che Gloria gli prepara per agevolarlo negli spostamenti, data la necessità della sedia a rotelle. La mattina dopo, a colazione, chiede a Lorenzo e alla moglie di accompagnarlo a fare un primo giro in azienda: Lorenzo è preoccupato ma vuol dare l’impressione che sia tutto sotto controllo e accetta. Poco dopo si presenta alla porta Baldoni che entra in casa nonostante le resistenze di Milena: una volta a tu per tu con Fausto, gli racconta di non essere più direttore del distretto veterinario, e gli domanda se ricorda qualcosa di Paolo Ghilardi, scomparso dal giorno dell’incidente. Sentendosi dire da Fausto che purtroppo non ricorda nulla di quella giornata, Ernesto gli dà una foto di Paolo: Fausto ha un improvviso ricordo, un’immagine rapidissima della pioggia a dirotto di quella notte e di Paolo sdraiato a terra e privo di vita, ma riesce a dissimulare molto bene il suo spavento senza far capire a Ernesto e a Gloria cosa gli sia passato per la mente. Ernesto se ne va salutando con un enigmatico «Tu non sai che felice che sono che sei tornato a casa».

EPISODIO 3

Un flash del passato attraversa la memoria di Fausto: rivede se stesso trascinare il corpo senza vita di Ghilardi sotto una pioggia battente. Milena lo distoglie dai ricordi facendolo ritornare alla realtà nel momento in cui gli porta un programma steso da lei con le date degli incontri con la dottoressa, le medicine da prendere, la dieta da seguire. Lui è assorto nei suoi dubbi e le domanda come mai Ernesto Baldoni gli abbia chiesto di Paolo, avendo facilmente intuito i sospet-

ti dell’amico di un tempo nei suoi confronti. Milena, che avrebbe voluto evitare l’argomento, gli spiega che si tratta di una pura fissazione di Ernesto, come dimostra il fatto che l’inchiesta da lui montata su una presunta truffa realizzata da Fausto in accordo coi fratelli Crespi – consistente nel vendere bovini dell’Est come se fossero italiani – è finita nel nulla; aggiunge che a suo parere Paolo è scomparso di sua iniziativa, è sempre stato un po’ matto. Alla richiesta di Fausto di essere accompagnato a fare un giro in cascina, la ragazza reagisce con ritrosia e titubanza, contribuendo ad aumentare i dubbi del padre.

Nel corso di un incontro con la Madrigali, Gloria racconta il suo passato con Fausto: il matrimonio a vent’anni, l’arrivo del primo figlio, la costruzione dell’azienda, la loro sincera felicità e poi il cambiamento di lui, sempre più sfuggente e autoritario. Fino all’incidente, alla sorpresa di aspettare un altro bambino, alla laurea, al lavoro, all’innamorarsi del migliore amico del marito. La dottoressa raccomanda il massimo della prudenza nel mettere quest’ultimo a parte delle novità per evitare uno shock troppo grande, e Gloria riferisce tutto ciò a Michele, andato a prenderla all’ospedale. Lui le dice di essere determinato a far sapere comunque al più presto la verità su di loro a Fausto, nonostante il parere medico contrario.

Accondiscendendo al desiderio di Fausto, Milena lo porta in azienda: lui non può che meravigliarsi di tutte le novità, dalla chiusura dell’allevamento alla creazione del birrificio, alle numerose serre per l’introduzione del biologico, alla trasformazione delle stalle in location per eventi di cui si occupa Gloria. Le parole di Lorenzo non bastano a placare la sua emozione e il suo rammarico e Fausto sviene:

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ricoverato in ospedale, dovrà fermarsi lì per la notte. Quella sera Ernesto va a cenare nel bar ristorante dove Veronica lavora come cameriera: lei lo esorta a smettere di indagare, dicendosi certa dell’esclusiva colpevolezza dei Crespi; lui non le dà retta e le consiglia di non ricadere nella trappola di una relazione senza futuro. L’indomani la Madrigali dà nuove medicine a Fausto, ricordandogli che il suo caso di risveglio è rarissimo e che la prudenza non è mai troppa; lui le confida di avere una serie di frammenti di ricordi che non sa se attribuire alla realtà o alla fantasia. Solo il passare del tempo e il proseguimento della terapia lo aiuteranno a fare chiarezza.

A sorpresa torna a trovarlo Veronica: nella sua stanza d’ospedale, a porte chiuse, la giovane gli ricorda che il giovedì era il “loro” giorno, quello che aspettava per tutta la settimana; si accorge però suo malgrado che lui non ricorda la loro storia e quando lo bacia la respinge, dicendo con fermezza di dover e di voler stare con la sua famiglia. A quel punto Veronica se ne va. Durante il tragitto in auto di ritorno a casa, Fausto approfitta per domandare di lei a Michele, cui confessa apertamente di aver paura di scoprire di non essere l’uomo che ricordava. L’amico gli risponde che quella storia era iniziata un anno dopo la morte del marito di Veronica, Marco, ed era durata all’incirca sei mesi. Poco dopo Fausto gli domanda se pensa che sia stato lui ad uccidere Paolo e immediatamente Michele lo dissuade, affermando che si tratta di una fissazione di Ernesto e che qualche ora dopo l’incidente risulta che Paolo abbia mandato un sms alla sorella Irene, fatto che dimostrerebbe che il giovane era ancora in vita e ha scelto di andarsene da quei luoghi di sua volontà.

Recatosi in banca per affronta-

re importanti questioni in merito a Cascina Morra, Lorenzo si sente dire che non c’è alternativa al dichiarare fallimento. Di lì a poco vediamo lo stesso funzionario di banca andare dai Crespi a riferire le ultime novità, ossia la cronaca di una fine annunciata che i due fratelli apprendono con una certa soddisfazione. Dal canto suo, Lorenzo si sfoga con Michele: prova una grande rabbia per le truffe del padre e vorrebbe che tutti conoscessero la sua estraneità rispetto agli errori del passato. Michele lo convince ad agire con razionalità, ricordandogli il suo merito nell’aver saputo interrompere gli affari coi Crespi e trasformare radicalmente la cascina. Quindi gli suggerisce una sua idea per scongiurare il fallimento: vendere un terreno a un agricoltore della zona per avere le risorse necessarie ad aspettare l’autorizzazione della banca per le coltivazioni biologiche.

Mentre Fausto prosegue a casa la fisioterapia con Bashir, quest’altro, percependo ancora diffidenza nei suoi confronti e ostilità verso la relazione con Milena, non si trattiene dal dirgli di aver ricevuto un’allettante proposta di lavoro in Canada per avvalorare la sua capacità professionale, pur sapendo di andare incontro alla disapprovazione della ragazza, molto protettiva verso il padre. Poco dopo, fa il suo ingresso in casa Morra Baldoni, questa volta espressamente invitato da Fausto, che da una parte vorrebbe capire di più come possano realmente essere andate le cose e dall’altra vorrebbe che la loro vecchia amicizia potesse tornare come prima. Ma Ernesto si dimostra convinto che Fausto sia stato l’assassino di Paolo e lo fa sentire responsabile della sua retrocessione professionale e della fine del suo matrimonio. Ernesto gli domanda ancora una volta che cosa ci facesse in giro all’alba del

giorno dell’incidente, appurato che sul pick-up non era stato trovato nulla per la pesca, bensì una vanga sporca di terra con cui secondo lui avrebbe seppellito Paolo. Fausto, naturalmente, non conosce risposta.

A cena Fausto guarda i suoi quattro figli con occhi indagatori, come se si trovasse davanti persone sconosciute: Martino si mette a raccontare della volta in cui la mamma e Michele l’avevano portato in ospedale a trovarlo mentre dormiva e ricorda che la mamma aveva pianto; Viola continua a mandare e ricevere messaggi col cellulare nonostante i richiami di Gloria. Quando si ritrovano soli, Fausto nella vasca da bagno domanda alla moglie come mai Viola si comporti in quel modo e lei gli ricorda l’episodio del suo litigio con Milena, nel pieno della sua adolescenza. Lui le confida la sua paura di essere diventato irrimediabilmente estraneo ai ragazzi e lei lo rassicura ma al tempo stesso approfitta di un richiamo di Martino per allontanarsi; Fausto le dice che anche lei adesso è “un’altra” ma lui ha voglia di conoscerla anche più di prima.

L’indomani Fausto si fa accompagnare da Milena a casa del vecchio Elia, per pregarlo di dirgli tutta la verità, qualunque essa sia: l’uomo ribadisce la storia del pozzo e la sua assoluta certezza sulla sua innocenza. Poco dopo che Fausto è andato via, vediamo Elia rispondere alla telefonata di Michele, cui il vecchio dice di aver fatto come volevano “loro” ma che

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non gli piace per nulla mentire a Fausto. Quando Michele taglia corto affermando che è necessario per il bene di quest’ultimo, Elia insinua il dubbio replicando «per il suo o per il vostro». Seguendo il suggerimento di Michele che lo accompagna, Lorenzo parla con Ennio, l’agricoltore interessato all’acquisto di un terreno, del campo che gli potrebbe vendere; appena terminato il loro incontro Ennio telefona ai Crespi per avere conferma del fatto che Cascina Morra stia navigando in cattive acque e, sentendosi proporre da Giacomo la vendita di un terreno di pari estensione a prezzo inferiore, accetta volentieri. Quando Michele informa Lorenzo della perduta occasione di vendita, entrambi si recano dai Crespi e il giovane Morra li affronta con un coraggio degno del padre, dichiarando il suo disprezzo per il loro modo di agire; i due, per nulla intimoriti da un avversario ai loro occhi debole, gli rinfacciano di essersi costruiti tutto da soli mentre lui ha mandato in malora quanto ricevuto comodamente in eredità.

Fausto affronta apertamente con Gloria il loro allontanamento e il suo essere sfuggente e a disagio ogni volta che si crea una situazione di intimità; lei gli risponde che prima dell’incidente erano in crisi, lui le parlava poco ed era sempre scontroso, lei molto sola. Fausto si sente in dovere di rivelarle di essere stato con un’altra, Veronica: molto forte la reazione di Gloria, che fra il dolore e la rabbia gli dice che in cuor suo lo sapeva, e adesso

ne ha l’amara conferma. Fausto, sinceramente dispiaciuto, sostiene di non ricordare nulla, di non riconoscersi più in quello che faceva, ma è certo di amarla e non vuole segreti fra loro. Più tardi, a tu per tu con Michele nei saloni da ricevimento, Gloria gli domanda perché sia stato così leale con Fausto da non dirle niente dell’amante di cui era a conoscenza; lui risponde che se fosse davvero così leale come lei dice, l’avrebbe già messo al corrente della loro relazione. Al distretto veterinario Baldoni sembra essere diventato lo zimbello dei colleghi per via della sua ossessione investigativa; amareggiato ma tenace, lui non ha intenzione di demordere e ricontatta telefonicamente Irene, la sorella di Paolo, che stavolta si dice disposta ad andare a parlare di persona con Morra. Intanto a casa di Fausto arrivano in visita delle vecchie conoscenze: il signor Bettetini, ricco allevatore, con il figlio Giulio. Entrambi dimostrano una certa galanteria verso Milena e Fausto stesso non manca di sottolineare che se Lorenzo ha fatto scelte inaspettate in azienda, come la chiusura dell’allevamento che lui disapprova, Milena l’ha stupito nel non essere più fidanzata con Giulio, come negli anni di scuola. La combinazione vuole che proprio in quel momento si affacci nel soggiorno dove i quattro stanno parlando Bashir, per avvertire Fausto che la seduta di fisioterapia può iniziare; il signor Bettetini lo scambia per un domestico e gli domanda un bicchiere d’acqua: ferito nell’orgoglio e non disposto ad accettare passivamente l’umiliazione, il ragazzo si qualifica come fisioterapista e aggiunge di essere il fidanzato di Milena. Tempo dopo, andati ormai via gli ospiti, Fausto sente Gloria discutere con Viola in cucina a proposito di un brutto voto in discipline grafiche. Sceglie di fare una mossa lungimi-

rante e quando vede la ragazzina fumare nel cortile, non la sgrida ma stabilisce una complicità: visto che lei è convinta di essere molto brava in disegno, metterà a sua disposizione uno spazio per la realizzazione di un murale e il materiale necessario; lei però non dovrà più rispondere male alla madre, che di nascosto ascolta la conversazione e sorride, come se Fausto fosse ritornato quello di un tempo.

Quando a Cascina Morra si presenta Irene Ghilardi, Fausto la accoglie con benevolenza, dispiacendosi della fine del legame con Lorenzo. Alle domande sulla scomparsa di Paolo, con cui la ragazza riconosce che non c’era da parte sua grande unione, Fausto risponde di non ricordare nulla che la possa aiutare. Uscendo, Irene incrocia Lorenzo che la ferma: gli fa sapere che, lasciata l’università, lavora in un locale, e che ha saputo che lui non è mai stato con una certa Marina, come aveva voluto farle credere per giustificare la fine della loro storia. La ragazza se ne va dicendo piuttosto bruscamente: «Quando ti deciderai a dirmi la verità, sai dove trovarmi».

EPISODIO 4

Nottetempo Michele entra in casa Morra aprendosi da solo la porta con le chiavi: camminando in corridoio socchiude la porta della camera a piano terra dove si trova Fausto, che per un attimo si sveglia e subito si riaddormenta, poi sale silenziosamente le scale, raggiunge Gloria affacciata al balcone della sua camera al primo piano. Lei si stupisce e si spaventa, teme che qualcuno l’abbia visto. Lui le dice che ha bisogno di stare con lei e che è pronto a rivelare tutto a Fausto; lei non si sottrae al suo abbraccio ma chiarisce di voler essere la prima a parlargli di una questione così delicata. L’indomani, recatosi al consueto appuntamento con la Madrigali, Fausto si

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dimostra più taciturno del solito e molto teso; dice che a casa va tutto bene, sia con la moglie che con i figli, ma non ha un’aria serena. Poi all’improvviso, come se non riuscisse più a portare da solo un peso troppo grande, confida alla dottoressa il contenuto del suo ricordo più ricorrente: un giovane ispettore della Asl a terra col cranio sfondato, lui lì vicino con una vanga in mano, la forte pioggia in aperta campagna, lui che carica quel corpo sul pick-up. Davanti alla domanda sincera e angosciata di Fausto, «Io non so più chi sono, se fossi un assassino?», lei suggerisce il metodo dell’ipnosi regressiva per completare il puzzle dei ricordi, ossia una tecnica consistente nell’indurre nel paziente uno stato di trance che gli permetta, attraverso delle domande mirate, di rivivere le esperienze del passato. Fausto si dimostra scettico dichiarando che scoprirà da solo la verità. Mentre ci sono alcuni attriti fra Lorenzo, preoccupato della situazione economica, e i contadini che si trovano senza esperienza a occuparsi della produzione di birra da lui introdotta, Michele lo chiama in amministrazione. Ascoltate le parole dell’amministratore che presenta tutta una serie di problemi, legati al fatto che la banca cui si sono rivolti non ha più intenzione di concedere prestiti per mancanza di fiducia nella produzione di biologico e Cascina Morra non riesce a coprire tutte le sue spese nonostante l’attività di Gloria e il birrificio, Lorenzo decide che è ormai tempo di metterne al corrente la madre. Essendo presente durante la loro conversazione, Michele li dissuade dal riferire tutto a Fausto, non ancora pronto a suo parere a prendere in mano la situazione. Proprio a lui Fausto chiede poi il favore di accompagnarlo in macchina a casa di Veronica, non avendo nessun’altro di cui fidar-

si: mentre stanno per uscire dalla cascina Viola raggiunge il padre e gli mostra orgogliosa il bel voto preso in discipline grafiche; lui ne è felice e assicura di mantenere la promessa. Durante il tragitto traspare fra Fausto e Michele una giocosa complicità; Fausto ci tiene a sottolineare che non ha alcuna intenzione di riprendere la relazione, deve solo chiarire delle cose, e chiede a Michele di non riferire nulla a Gloria. Non appena lo vede Veronica si illude che lui sia lì per ricominciare la loro storia, ma subito si rende conto che le intenzioni di Fausto sono molto diverse e in virtù del sentimento che la lega ancora a lui cerca comunque di aiutarlo rispondendo alle domande che le pone. Afferma che anche secondo lei, come pensa Baldoni, è molto più probabile che suo marito Marco sia morto assassinato piuttosto che in un incidente, data la sua lunga esperienza con il bestiame. Veronica mostra a Fausto un corno appartenuto a un suo capo di bestiame – prova legalmente inutilizzabile data l’impossibilità di dimostrarne la provenienza –corno che Marco aveva analizzato, scoprendo che il suo dna apparteneva all’Europa dell’Est in evidente contrasto con il passaporto biologico piemontese, e arrivando alla conclusione che Fausto non era l’autore della truffa bensì la vittima dell’inganno dei Crespi. Fausto la ringrazia e porta via con sé quelle analisi. A sera, Ernesto è a cena nel bar ristorante dove lavora Veronica e non potendo far a meno di notare la sua espressione felice, viene a sapere dell’incontro con Fausto, che lei gli riassume per sommi capi, cercando di convincerlo del fatto che Fausto non ricorda per davvero, mentre lui ritiene che si tratti di finzione, e dicendosi certa che riuscirà a dimostrare la sua innocenza e la colpevolezza dei Crespi.

La mattina successiva mentre Viola è impegnata sui banchi di scuola nella prima lezione di disegno tridimensionale e un po’ distratta dal Picasso01 della chat che non le risponde, alcuni contadini alle dipendenze dei Morra comunicano a Milena la loro preoccupazione per il futuro della cascina e le chiedono di parlarne con Fausto. Michele informa Gloria di aver trovato una finanziaria, la Agrifond, pronta ad aiutarli con un prestito a condizione di diventare loro socia di minoranza; insiste ancora una volta perché lei dica a Fausto la verità su di loro, ma lei vuole aspettare che la situazione economica migliori . Intanto Milena dal corridoio li vede. La ragazza si sfoga con Bashir, mentre lui prepara la stanza per la seduta di fisioterapia, esclamando che da quando suo papà è ritornato a casa non è più sostenibile una cosa del genere; lui la asseconda ma le fa anche notare che nemmeno lei è del tutto onesta con Fausto, non ha il coraggio di dirgli la verità in merito ai loro progetti sul Canada. Quando Bashir la provoca dicendo che forse aver rivisto il suo ex le ha fatto cambiare idea, Milena se la prende e in quel momento entra Fausto che si stupisce nel vederli litigare. Dopo la fisioterapia, Fausto parla con Milena per capire i suoi progetti per il futuro e lei sostiene che la cosa a cui tiene di più sia andare a vivere con Bashir in Canada, indipendentemente dal fatto di stu-

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diare medicina o lettere, scelta su cui deve ancora riflettere. Fausto le dice che solo adesso comprende come mai abbia superato il test di medicina senza poi iscriversi, e aggiunge risolutamente che Cascina Morra ha bisogno di lei. Subito dopo Milena raggiunge sua madre in cucina e le domanda perché abbia detto a Fausto del suo superamento del test, accusandola di averlo fatto perché contraria alla sua partenza; Gloria afferma che non è contraria ma preoccupata. Milena arriva alla questione che le sta più a cuore: dice a sua madre di sapere tutto di lei e Michele, di non poter comprendere la loro relazione adesso che Fausto è uscito dal coma e tornato a casa. Gloria le chiede scusa, le spiega che finora ha taciuto per seguire i consigli della dottoressa, le riconosce di avere ragione ma al tempo stesso si dice decisa a chiedere la separazione, dato che la crisi col marito durava da tanto; Milena la mette davanti a un aut aut: se non dirà al più presto la verità a Fausto, lo farà lei.

Dopo essersi recato di nascosto una notte nell’allevamento dei Crespi, aver prelevato dei campioni dal bestiame e fatto in prima persona delle analisi in laboratorio all’insaputa di tutti i colleghi, Ernesto ne racconta i risultati a Veronica, una sera in cui si ritrova ad essere l’ultimo cliente della trattoria. Le dice che i Crespi non solo non hanno perso il vizio, ma fanno peggio di prima: gonfiano

gli animali con sostanze velenose e molto pericolose. Per scoprire la verità sulla morte di Marco e di Paolo, ha in mente di agire da solo, senza denunciare i Crespi; infatti lo ritroviamo il giorno successivo all’uscita dell’allevamento di questi ultimi, dove ferma una sua vecchia conoscenza, Brina, un veterinario attualmente alle loro dipendenze. Mostrandogli le analisi fatte, mette alle strette l’uomo: dovrà ascoltare e riferirgli quanto si diranno i Crespi e Morra, altrimenti non esiterà ad accusarlo di associazione a delinquere. Mentre Viola risponde al messaggio di Picasso01 accettandone l’invito a un primo appuntamento di persona per l’indomani e si appresta a iniziare il suo lavoro artistico sulla parete messa a disposizione da Fausto, quest’ultimo insieme a Gloria, Lorenzo, Milena e Michele incontra alcuni dipendenti di cui si fa portavoce Claudio, che ne esprime tutte le preoccupazioni e il desiderio di abbandonare il biologico per tornare a lavorare con metodi tradizionali. Sorprendendo Lorenzo, Fausto dice di non conoscere bene il biologico ma di fidarsi delle scelte fatte da lui e da Gloria, sicuramente compiute per il bene dell’azienda. Una volta solo con i suoi familiari però il suo tono cambia, mostrando una sincera preoccupazione: Fausto dice loro di non capire se ci fosse davvero bisogno di un cambiamento così radicale e chiede all’amministratore di preparargli un prospetto dettagliato della situazione di Cascina Morra. In assenza di Fausto, Michele fa sapere a Lorenzo e a Gloria che la Agrifond ha accettato la loro proposta e poi, a tu per tu con Gloria, la esorta a parlare il più presto possibile con Fausto; lei si dice d’accordo, soprattutto per evitare che lo faccia prima Milena.

Viola si reca all’appuntamento con lo sconosciuto di cui è curiosa

di poter finalmente scoprire l’identità e si ritrova davanti il suo professore di disegno, che la mette in guardia sui rischi che potrebbe correre in situazioni del genere e la rimprovera per aver finto di avere diciotto anni al posto di quattordici, ma al tempo stesso le riconosce anche che chattare con lei è stato più interessante che con tante altre trentenni. A casa, Fausto guarda la campagna dalla sua sedia a rotelle, stando all’aperto nel luogo dove è solito fermarsi e da cui domina tutto il paesaggio circostante. Gloria stavolta è davvero sul punto di dirgli la difficile verità su lei e Michele: lo raggiunge e Fausto le dice, proseguendo ad alta voce il corso dei suoi pensieri, che spesso si domanda perché non sia morto e che pur non ricordandosi quasi nulla del giorno dell’incidente, si ricorda le loro chiacchiere durante la festa del raccolto. «“Se io ho te che cosa m’importa”: questo mi hai detto, ti ricordi?», le domanda mentre inizia a fare forza sulle braccia per alzarsi e mentre rifiuta tenacemente qualsiasi tentativo di Gloria di aiutarlo, finendo per abbracciarla – investendola letteralmente con tutto il peso della responsabilità del loro legame, così da impedirle di fare quanto si era ripromessa – e per fare sue quelle parole: «Se io ho te che cosa m’importa? Io ce la faccio!».

A sera troviamo Gloria a casa di Michele: dopo essere stati insieme lei gli dice che quando si trova da sola con Fausto non riesce a dirgli la verità, è confusa; lui le propone di andare subito a farlo, per quanto sia doloroso, e lei accetta. Intanto Milena porta le medicine a Fausto chiuso nel suo studio a ragionare sulla situazione economica della cascina e gli domanda se abbia parlato con la mamma. Lui risponde che anche lei è contraria alla sua partenza per il Canada e le dice che non può tradirlo in un

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momento così difficile: di fronte a quelle parole, Milena rivela la verità, esordendo con un eloquente «non sono io che ti tradisco». Quando Gloria e Michele arrivano, Fausto già al corrente di tutto mette alla porta l’amico di una volta, allontanandolo tanto dalla sua famiglia quanto dall’azienda, e dice a Gloria di andarsene via con lui se è quello che desidera. L’indomani Fausto si fa accompagnare all’allevamento dei Crespi da Milena: riconosce un ragazzo di colore che in passato aveva lavorato alle sue dipendenze, poi mostra ai Crespi il corno datogli da Veronica e cerca di fare luce sulla famosa truffa. I due gli dicono di aver partecipato all’inganno su richiesta di Fausto stesso, inganno che ha permesso a lui di salvare la cascina e a loro di comprare l’allevamento; quanto alla tragica fine di Paolo Ghilardi, gli dicono che è lui a dover raccontare loro l’accaduto e Fausto ribadisce di non ricordare nulla. L’intera conversazione viene ascoltata di nascosto, a pochi passi di distanza, da Brina, l’uomo che Baldoni aveva costretto ad accettare il suo incarico. Mentre quest’ultimo parla ancora con Veronica nel tentativo di evitare che ricada nella trappola di un amore sbagliato, Fausto si decide a chiedere alla dottoressa Madrigali di tentare la tecnica dell’ipnosi. Lei gli spiega il loro obiettivo: distrarre la mente per liberare i ricordi più profondi. Durante la prima seduta, Fausto risponde dettagliatamente alle domande sul ciclo di produzione del mais finché, a un tratto, rivede con gli occhi della memoria la pioggia torrenziale in una campagna buia, se stesso scavare una buca con una vanga, un lampo che rischiara la cappelletta di S.Elena. Richiamato al presente da una brusca interruzione del flash del passato, Fausto dice alla Madrigali che quando avrà trovato quella santella saprà la verità.

EPISODIO 5

In un colloquio con la dottoressa, Lorenzo racconta un episodio della sua adolescenza: la prima volta in cui era andato a caccia con suo padre, l’esitazione che aveva avuto nel prendere di mira il cinghiale e sparare, l’aver ubbidito alle esortazioni sempre più incalzanti di Fausto uccidendo l’animale. Il ragazzo lascia capire che avrebbe preferito non sparare ma in quella, come in tantissime altre circostanze, dire di no a Fausto si rivelava impossibile. La sua più grande preoccupazione ora consiste nel dovergli far sapere, subito dopo la scoperta del tradimento di Gloria con Michele, del fallimento cui sta andando incontro Cascina Morra: se da una parte, infatti, Lorenzo si dice convinto del fatto che suo padre non meritasse più l’amore di sua madre da tanto tempo, dall’altra sa quanto sia sempre stato attaccato alla sua terra, vera ragione di vita.

Intanto a casa Gloria cerca il dialogo con Fausto, benché non sia affatto semplice; gli spiega che senza Michele non sa se sarebbe riuscita a fronteggiare tutto nei cinque anni trascorsi, dai figli all’azienda. Gli dice che ha intenzione di andare a vivere con lui ma desidera portare con sé i due figli più piccoli, Viola e Martino; Fausto si oppone. Milena non riesce a giustificare la scelta di sua madre; Lorenzo si dimostra in collera con Michele per non avergli detto nulla della sua relazione con Gloria e per il fatto che a questo punto suo padre non ne vorrà sapere della Agrifond, trattandosi di un’iniziativa di Michele. Quest’ultimo cerca di fargli comprendere le sue ragioni e lo mette al corrente del fatto che un certo Pasini ha gonfiato la richiesta di fondi alla Comunità Europea e riceverà così molto più del necessario, invitandolo a fare altrettanto, ma Lorenzo si dichia-

ra contrario e afferma che piuttosto che percorrere questa strada preferirebbe fallire.

Fausto si fa accompagnare in auto dal vecchio Elia in cerca dell’edicola votiva apparsagli in un frammento di ricordi e Ernesto li segue di nascosto, per scoprire di cosa siano alla ricerca, non mancando di riferire come al solito a Veronica. Mentre Gloria vede Viola lavorare al suo dipinto sul muro della cascina e la esorta a proseguire il corso con il professor Riccardi o al limite ad avvertirlo in prima persona del suo cambiamento d’opinione se ne è davvero convinta, Lorenzo va al Blue Parrot in cerca della sua ex fidanzata Irene. Avuto il suo indirizzo da una ragazza che lo riconosce, la raggiunge a casa e vedendo un uomo uscire dal suo appartamento crede che si tratti del suo compagno. Una volta entrato, si sofferma con lo sguardo sulla bellezza di Irene e delle sue gigantografie appese alle pareti. Ben presto viene a conoscere l’amara verità sulla sua vita, divisa fra lavoro al locale e prostituzione con clienti abituali: non è senza rancore che Irene sottolinea come le circostanze l’abbiano obbligata in tale direzione e aggiunge che, a differenza che con lui, i rapporti con i clienti sono chiari dall’inizio e questi non si inventano storie per lasciarla. Per l’ennesima volta lei gli domanda perché l’abbia lasciata, per l’ennesima volta lui non risponde e scusandosi se ne va.

A casa Lorenzo vive i suoi momenti più difficili, trovando il coraggio per dire ai suoi genitori e a

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Milena che la banca ha deciso di chiudere la linea di credito e l’azienda sta per fallire; l’origine del problema consiste nel fatto che nei primi cinque anni senza certificato di biologico non è possibile vendere i prodotti a un prezzo adeguato, e di conseguenza si era reso necessario chiedere l’aiuto della banca che adesso si è tirata indietro affermando di non credere più alle loro stime. Fausto, fra il dolore e l’ira, esclama che il suo sistema, semplice, creato da lui che aveva sempre e solo avuto esperienza diretta di lavoro nei campi, funzionava. Quindi se ne va a pensare da solo.

È ormai sera tardi quando Fausto chiama Veronica e lei lo va a prendere in macchina e lo accompagna a casa sua. Si riaccende la passione di una volta, o forse no: nella giovane donna ritorna per davvero una fiamma che non si era mai spenta, mentre Fausto sembra essersi preso solo una rivincita. Sul tradimento, sui problemi economici, su una vita che sembra andare sempre più dalla parte sbagliata. Veronica si accorge di tutto questo e non appena lui le chiede di essere riaccompagnato a casa accondiscende. Ferita da un atteggiamento freddo e completamente diverso da quello che aveva desiderato e aspettato nei cinque anni di coma, Veronica approfitta di un momento in cui Fausto non può vederla per spiare nel suo taccuino, in cui intravede in velocità un elenco di cappellette con i relativi indirizzi. Alle prime luci

dell’alba, facendo ritorno a Cascina Morra, Fausto la invita ad entrare con l’auto nel cortile, in modo tale che per Gloria sia impossibile non accorgersi della sua presenza. La moglie gli dice che sono stati tutti molto preoccupati non vedendolo a casa, poi non può fare a meno di domandargli: «Ancora con quella?». La risposta di Fausto non tarda ad arrivare, nel modo più graffiante possibile: «Io volevo stare con te».

Veronica va da Ernesto, ha bisogno di sfogarsi con un amico: gli racconta quanto accaduto e gli confida di essersi sentita solo usata per la prima volta da quando è iniziata la sua relazione con Fausto. A questo punto lei si dimostra molto solidale con Baldoni nei suoi intenti investigativi, non nascondendo una certa voglia di rivalsa e gli parla del taccuino che lascia effettivamente pensare che i giri in campagna di Fausto ed Elia non siano casuali. Messa alla prova dalla madre sulla sua capacità di assumersi in prima persona le proprie responsabilità, Viola si decide ad andare a scuola a comunicare al professore l’intenzione di smettere il corso; quest’ultimo tuttavia la convince a proseguire, riscontrando in lei un vero talento artistico. Visitando a Torino l’appartamento che Michele ha trovato per la loro futura vita insieme, Gloria non riesce a dissimulare la forte preoccupazione per la sua famiglia e per le condizioni dell’azienda; Michele le dice che l’unica soluzione per la cascina consiste nel far accettare a Fausto l’investimento della Agrifond.

Nel suo studio Fausto parla con il giovane amministratore, Damiano: con grande franchezza gli dice che all’inizio non si era subito fidato di lui, ma poi aveva dovuto ricredersi, perché il lavoro svolto si è dimostrato davvero impeccabile, mentre le scelte sbagliate sono

state quelle compiute da Lorenzo e Gloria. Non molto dopo arriva Michele e Damiano li lascia soli; il dialogo fra i due è inevitabilmente segnato dal rancore, tenuto a bada per il bene dell’azienda. Fausto sottolinea che se fosse convinto che aprire le porte alla Agrifond significherebbe davvero aver trovato una soluzione, lo farebbe nonostante la proposta sia partita da Michele; ma è sicuro che non sia quella la strada da seguire, teme che ne deriverebbero licenziamenti e terreni in vendita.

Dopo aver detto a malincuore al fidanzato di non poter partire insieme a lui per il Canada ma di voler aspettare che la situazione della cascina si risistemi, Milena dà la bella notizia al padre che, molto contento della sua solidarietà, le chiede di accompagnarlo a Torino per affari. Fausto e Milena si recano così dai Bettetini, padre e figlio: Fausto dice loro che vuole tornare a coltivare mais e all’allevamento intensivo, e per far questo ha bisogno dell’aiuto di un amico che gli metta a disposizione la liquidità necessaria a riavviare la cascina. Dopo una breve trattativa il vecchio Bettetini accetta, a una condizione per lui piuttosto vantaggiosa, ma non tirannica nei confronti di Cascina Morra. A sera, mentre Milena informa la madre e il fratello che probabilmente ritorneranno in affari coi Bettetini, il discorso viene interrotto dalla voce di Martino che mostra a Gloria il primo dentino caduto e per festeggiare Fausto propone il battesimo della sella, come aveva fatto con gli altri figli; ma Gloria gli dice che Martino ha paura degli animali e dei cavalli in particolare, e Fausto non perde occasione per dirle: «tanto dove lo porti non ci saranno animali no?». L’indomani su richiesta di Fausto, che desidera consigliarsi con lui, arriva in cascina il vecchio Elia:

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fra l’ipotesi di svendere e salvare il salvabile o rilanciare e rischiare di perdere tutto, Elia gli suggerisce di tentare ancora una volta di fare quello di cui è stato capace tanti anni prima, cioè tenere uniti famiglia e contadini, ritrovando la vecchia forza che ridarà nuova vita a Cascina Morra. Tenace come pochi Ernesto ha seguito anche in questa circostanza la macchina di Elia, e l’ha riferito a Veronica, dicendole che a suo parere l’unica possibile ragione di quei giri in campagna è il tentativo di ritrovare il punto preciso dove è stato sepolto Paolo Ghilardi.

Damiano trova su Internet qualcosa di estremamente interessante per Fausto, un elemento che non può che deporre a favore dell’azienda: da un articolo si evince chiaramente che una vendita di terreni è stata conclusa grazie all’accordo fra i Crespi e la banca che faceva credito a Cascina Morra. Parlando con Gloria che, per fargli capire quanto lei tenga alla cascina, gli vuole restituire il salone delle feste per utilizzarlo per l’allevamento, Fausto le propone di accompagnarlo dal direttore della banca, cui vuole mostrare quell’articolo, perché lei «è sempre stata la sua forza». Gloria è felice di accettare. Così all’appuntamento col direttore si presentano Fausto, Gloria, Milena e Damiano. Dopo un primo scambio di battute in cui Fausto chiede i finanziamenti per realizzare quanto si è prefisso – coltivazione di mais e allevamento intensivo – e il funzionario legato ai Crespi rema contro, interviene Gloria che fa presente al direttore il coinvolgimento del funzionario in un affare con quelli che sono ormai risaputamente i più forti concorrenti di Cascina Morra e Damiano ne fornisce il concreto riscontro. Il direttore mostra a questo punto aperta disapprovazione per l’operato del suo

dipendente. Felice della complicità di Gloria e pensando al bene dei ragazzi, una volta a casa Fausto le dice che Viola e Martino hanno più bisogno di lei che di lui. Tornata a frequentare il corso di disegno, Viola viene a sapere dal professore che il Comune ha accettato il loro progetto di partecipazione alla riqualificazione del quartiere e ne è molto contenta; Bashir si dimostra particolarmente taciturno durante una seduta di fisioterapia con Fausto, convintosi che quest’ultimo non riesca ad accettarlo perché di colore, ma nonostante le difficoltà il ragazzo non ha intenzione di rinunciare a Milena. Gloria riceve una telefonata dalla banca da cui apprende che viene riaperta la linea di credito e lo dice subito a Fausto: entusiasti per la notizia, si abbracciano quasi senz’accorgersene. Poi brindano con il resto della famiglia e Fausto informa per telefono anche Elia, che si era dimenticato di andare da lui e che si trova, a sua insaputa, sempre sotto lo sguardo vigile di Ernesto.

Rimasto solo, Fausto prova a mettersi alla guida della sua auto. Nessuno se ne accorge. È la prima volta da dopo l’incidente. Esita, rivede l’istante dello scontro, poi si calma, mette in moto la macchina. Raggiunta la cappelletta presente a un angolo della strada fra i campi, Fausto scende dall’auto: la guarda da vicino, vi ritrova l’immagine comparsa nel suo frammento di memoria e rivede se stesso scavare in quella notte di pioggia senza fine.

EPISODIO 6

Quando Gloria mostra a Viola e Martino le foto delle loro camere nella nuova casa di Torino, la ragazzina è attirata e incuriosita mentre il bambino dice che gli piace di più stare nella cascina, dove ci sono i fratelli più grandi «e anche Fausto», riaccendendo nella madre un tormento interiore mai sopito. Al

colloquio con la Madrigali, Fausto deve raccontare qualcosa della sua storia con Gloria: ricorda il giorno in cui, dopo tante ore di lavoro nei campi, al tramonto si erano fermati a riposare e guardare le luci del sole sulla campagna; lui aveva preso il cerchietto di plastica della sua bottiglietta d’acqua e l’aveva infilato al dito di lei, sentendosi certo in quel momento che sarebbe stata la donna della sua vita. Ma aggiunge che deve essersi sbagliato dal momento che adesso Gloria sta con Michele; dice inoltre alla dottoressa di aver trovato la famosa santella affiorata nei suoi flash di memoria. Camminando per Torino con Bashir, Milena gli dice che i suoi studi in ragioneria serviranno a qualcosa dato che sta per iniziare a lavorare con l’amministratore Damiano sul contratto Bettetini. Il fidanzato ascolta a tratti, è molto pensieroso, poi la interrompe e, dicendo di avere sbagliato a chiederle di partire e lasciare tutto, le mostra un anello di fidanzamento e le fa la sua proposta di matrimonio per dimostrare la serietà delle sue intenzioni. Capisce che Milena è spaventata e le dice di prendersi tutto il tempo necessario per pensarci.

La sera Fausto ed Elia escono insieme in auto per raggiungere una santella e durante il tragitto Fausto gli dice che, nonostante lui gli avesse detto che il motivo del suo trovarsi in campagna all’alba il giorno dell’incidente derivava dalla riparazione della pompa di un pozzo, ciò che è risalito a galla

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nella sua memoria è ben diverso: ricorda un cadavere e una grande fossa scavata da lui. La loro conversazione è interrotta dallo squillo del telefono di Fausto: a chiamare è Veronica, secondo il suggerimento di Ernesto, preoccupatissimo di non aver potuto seguire Elia in un momento forse fondamentale. Veronica finge di desiderare un incontro con Fausto che rifiuta, ma il vero obiettivo è comprendere se Elia e Fausto fossero fuori insieme per le loro ricerche e il suono di un clacson ne dà la prova a Ernesto che cade nello sconforto più totale. Raggiunta la cappelletta, Fausto ed Elia scavano finché trovano il teschio di un vitello. Elia immediatamente gli dice: «lo sapevo che non sei un assassino». Fausto si domanda perché abbia seppellito una bestia e allora Elia lo porta a casa sua. Lì, gli racconta la verità. Gli dice che i Crespi avevano alzato il tiro da quando avevano messo a tacere Marco, il marito di Veronica, iniziando a importare capi di bestiame malati e Fausto aveva subito deciso di chiudere con loro. Gli dice che il vitello sepolto era malato di tubercolosi e per questa ragione l’avevano soppresso il giorno stesso in cui era arrivato in cascina e sarebbe stato compito di Elia andare a prendere un vitello sano per sostituirlo, ma prima che avessero avuto tempo di sostituirlo applicando al nuovo vitello sano la marca auricolare di quello

soppresso, era arrivato in cascina Paolo Ghilardi a complicare tutto. Dopo la festa del raccolto Fausto era andato a seppellire il vitello malato e dopo l’incidente era stato Elia a prendere dal pick-up la marca auricolare, che ha conservato e che gli mostra, per evitare che venisse trovata da altri. Elia non gli aveva raccontato tutto questo in precedenza perché Michele gli aveva detto di preservarlo dagli shock. Così Fausto scopre che Michele e Lorenzo sapevano della truffa da quando avevano preso in mano l’azienda e per questo motivo avevano rotto con i Crespi e con Elia. Fausto comprende allora perché Lorenzo nutra del rancore nei suoi confronti ed Elia gli fa notare che se Lorenzo non gli ha mai parlato della truffa è stato per proteggerlo, cosa che dimostra quanto gli sia legato. Riaccompagnato a casa Fausto, Elia lo saluta dicendogli mentre scende dalla macchina: «hai fatto degli errori ma li hai fatti per il bene di tutti e cinque anni di coma sono una pena sufficiente, no?».

Trovando Gloria accanto a Martino che non dorme per via di un brutto sogno, Fausto le chiede di lasciarlo provare a parlargli e lei non può che esserne felice. L’indomani la colazione della famiglia Morra è interrotta dallo spiacevole arrivo dei Crespi: Fausto esce in cortile a parlare con loro e Lorenzo un po’ in disparte li ascolta. Dicendo a Fausto che in banca sono venuti a sapere delle insinuazioni da lui fatte sul loro conto, gli propongono di tornare a collaborare e davanti al suo netto rifiuto, Nicola gli promette il fallimento di Cascina Morra in tono minaccioso.

Ernesto si risveglia sul divano di Veronica, e appena lei gli dice di essersi ricordata di aver letto nel taccuino di Fausto il nome di S.Gabriele e quello di un mulino, sente d’improvviso ritornargli tut-

ta l’energia necessaria a riprendere le sue indagini ed esce di corsa. Michele avverte Gloria, intenta a preparare i bagagli per il trasloco in compagnia dell’amica che vuole far sparire dalla sua mente ogni tentazione di abbandonare la nuova vita per tornare con Fausto, del fatto che a causa di un problema idraulico devono rimandare di qualche giorno il trasferimento nell’appartamento di Torino. Gloria non ne è del tutto affranta.

Il professor Riccardi regala a Viola due biglietti per l’inaugurazione di una mostra di Street Art cui sa che lei terrebbe tantissimo, e sentendosi dire che non ha un fidanzato con cui andare si dice disponibile ad accompagnarla. La ragazza ottiene facilmente il permesso di Michele mentre lui le mostra la sua camera nell’appartamento di Torino. Fausto va in campagna con Lorenzo e guardando le serre che stanno per essere smantellate, gli dice che comprende cosa significhi per lui vedere vanificato tutto il lavoro di quegli anni. A sera Lorenzo va nel locale dove lavora Irene e beve parecchio per attutire il dolore della sconfitta; poi le dice di essersi pentito di averla lasciata e le confida il suo fallimento nel lavoro. Mentre, usciti dal locale, camminano per le strade di Torino, Irene lo esorta a non darsi per vinto e a cercare ancora un suo spazio di indipendenza all’interno di Cascina Morra: deve continuare a lottare per quello in cui crede. Finalmente lui le confessa la verità sulla fine della loro storia: aveva dovuto lasciarla per proteggerla, dal momento che lei era la sorella di Paolo e lui il figlio del principale sospettato; non voleva che lei si sentisse obbligata a stare con lui. Spronato da Irene a non smettere di avere fiducia nelle sue capacità, Lorenzo mette al corrente la madre del suo desiderio di volere la parte che gli

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spetta della cascina per poterla gestire a modo suo, e lei lo appoggia pienamente e lo esorta a parlarne subito con Fausto. Così Lorenzo dice a quest’ultimo di volere i campi oltre il canale dove non è ancora stato messo il diserbante, per poter continuare a produrre la sua birra a Km zero, pronto a sentire un netto rifiuto da parte del padre, che invece lo stupisce dicendosi immediatamente d’accordo e affermando che Lorenzo se lo merita dopo tutto il lavoro svolto. Infine il ragazzo aggiunge che avrà come socio Michele, cosa che non può rendere entusiasta Fausto. Poco dopo Lorenzo va a casa di Irene e la sorprende con l’inaspettata proposta di lavorare con lui per vendere la birra; lei replica che non ha bisogno di un principe azzurro da cui farsi salvare: il ragazzo allora le riconosce di essere l’unica in grado di salvare lui dai suoi sensi di colpa e dalla sua angoscia.

Mentre Ernesto, studiando la dislocazione delle cappellette sul territorio, gira alla ricerca di quella indicatagli da Veronica, Giulio Bettetini telefona a Milena per proporle un giro sulla nuova moto come ai vecchi tempi. Lei accetta e il giro si conclude con la sosta in un locale dove lui riesce a convincerla a ballare e poi scatta un selfie che li ritrae insieme; una volta riaccompagnatala a casa, la bacia nonostante lei lo abbia appena informato della proposta di matrimonio di Bashir, dicendole di considerare il gesto come una specie di addio al nubilato. L’indomani Fausto va a casa di Veronica per chiudere definitivamente la loro relazione; nonostante lei se lo aspettasse, ne soffre comunque molto e chiede per telefono a Ernesto di prometterle di trovare la famosa santella. Tornata da una cavalcata per cercare di sfogare la sua inquietudine, proprio com’era solito fare Fausto, Milena

viene raggiunta da Bashir, che le domanda cosa significhi lo scatto fotografico che la ritrae insieme a Giulio, da lui postato su Facebook, e subito se ne va, in collera con lei. Vedendo Martino scendere le scale con un sacchetto contenente alcuni suoi vestiti e sentendosi dire dal bambino che vuole imitare la sorella Viola, regalandoli ai poveri, immediatamente Gloria si insospettisce e telefonando a una compagna di classe della figlia scopre ben presto che l’uscita didattica organizzata dal prof. Riccardi è stata pura invenzione di Viola. Rientrata tardi la sera la ragazzina si trova a dover spiegare quanto accaduto: non solo aveva mentito ai genitori, ma anche al professore cui aveva detto di avere il permesso dei suoi per andare alla mostra in serata. Dopo uno scontro con Gloria e Fausto, Viola per non mostrarsi del tutto sconfitta esclama: «Tanto, vado a vivere da Michele!». Gloria replica decisa: «Le regole di tuo padre valgono ovunque», e una volta che la ragazzina ha lasciato la stanza per andare nella sua camera, Fausto la ringrazia sinceramente.

Il giorno seguente, Michele avverte telefonicamente Gloria del fatto che i lavori dell’idraulico sono finiti e possono tranquillamente trasferirsi nella casa di Torino. Terminata la telefonata, Gloria è in preda a molti e contrastanti pensieri. Guarda l’anello “di fidanzamento” di plastica, ricordo gelosamente custodito in una scatoletta di legno; da sola va verso la campagna, guarda il paesaggio, osserva tutto quello che fino a quel momento è stato il suo mondo, costruito insieme a Fausto. Quest’ultimo la raggiunge e le dà un bacio d’addio in vista dell’imminente partenza per Torino. Gloria arriva da Michele nella casa nuova, ma senza l’entusiasmo che lui si aspetterebbe, anzi: gli spiega in lacrime

la situazione, gli dice di non poter lasciare la cascina perché lì c’è la sua famiglia ma soprattutto perché ama Fausto. Poi torna a casa, con negli occhi una serenità nuova, una libertà nuova: basta uno sguardo fra di loro e Fausto capisce che lei è tornata per restare. Mentre lui la abbraccia appassionatamente lei gli dice: «Promettimi che non mi mentirai mai più».

Durante uno dei soliti giri, Ernesto si sente dire da un contadino di una buca fatta nel terreno proprio nei pressi di una cappelletta, da gente che non lascia in pace neanche i santi. Ernesto vede la terra smossa. Piange di rabbia per non essere stato nel posto giusto al momento giusto.

EPISODIO 7

Scavando Ernesto trova i resti del vitello malato, soppresso e portato nel campo di S.Rocco da Fausto e, recatosi a colazione alla solita trattoria, dice a Veronica che è ormai evidente che Fausto avesse qualcosa da nascondere. Fausto e Gloria si alzano un po’ più tardi del solito, dopo una notte d’amore che sembra aver cancellato per sempre l’incubo iniziato cinque anni prima e, scendendo insieme per la colazione, fanno capire ai ragazzi di essersi ritrovati. Lorenzo e Milena rimangono un po’ sulle loro, lasciando trasparire un certo scetticismo sulla loro unione; Fausto fa per la prima volta gli auguri di compleanno a Martino e Gloria gli promette una bella festa, alla quale il bambino non manca di chiedere se parteciperà anche Michele. In cascina arriva-

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no finalmente le sementi e Fausto chiede a Elia di tornare a lavorare con lui, cosa che rende il vecchio molto felice. Al suo colloquio con la Madrigali, Milena racconta come l’incidente abbia segnato un vero punto di svolta nella vita della sua famiglia, ricordando nitidamente i momenti immediatamente successivi alla notizia, il silenzio sceso sulla casa dopo la telefonata ricevuta da sua madre in cui veniva comunicato che Fausto era stato portato in ospedale... La dottoressa la invita a riprendersi adesso la sua libertà e a non rinunciare a quel futuro professionale per il quale si era impegnata così tanto da riuscire a superare il test di medicina nonostante i precedenti studi di ragioneria: suo padre e Bashir non possono far svanire un desiderio così importante.

Michele si presenta a Cascina Morra portando un regalo per Martino, una scatola di monete per la sua collezione; Gloria lo invita alla festa di compleanno mentre Fausto, appena si accorge della sua presenza, lo tratta in modo molto asciutto; Michele li informa frettolosamente del fatto che un paio di giorni prima ha scoperto la frequentazione di Viola con un ragazzo più grande e poi se ne va. Fausto, comprendendo che si tratta del giovane professore con cui Viola era andata alla mostra, decide di recarsi subito a parlare con la preside e Gloria, non potendo fargli cambiare idea, lo accompagna. Durante l’incontro, che avviene in presenza del prof. Riccardi,

Fausto insiste per il trasferimento dell’insegnante o della figlia ma la preside riesce a calmarlo, a farlo ragionare sui motivi che hanno indotto Viola a falsificare un permesso, a fargli prendere tempo. Quando al ritorno da scuola Viola litiga con entrambi i genitori per la loro iniziativa di parlare con la preside senza avvertirla, Fausto la mette in castigo ritirandole il telefonino e Gloria si dice d’accordo con lui.

Mentre all’uscita dall’ospedale Milena e Bashir fanno pace, Irene raggiunge Lorenzo nel suo birrificio alla cascina: assaggia una birra alla frutta, se ne dichiara entusiasta, dice che accetta la proposta di lavoro. Lorenzo non manca di farle capire che lei gli piace ancora. A sera Michele si presenta alla festa di Martino per consegnargli il suo regalo e Fausto non nasconde il suo disappunto, andandosene nel capannone delle sementi a vuotare alcuni sacchi per rimanere da solo. Quando Michele lo raggiunge, i due si scambiano poche parole: Fausto lo considera un traditore e Michele gli rinfaccia di non aver mai rivelato a Gloria la truffa con i Crespi proprio per lealtà verso di lui. Scatta un vero litigio e i due vengono alle mani, incuranti dell’incendio che prima a poco a poco e poi molto rapidamente divampa nel capannone. Quando se ne accorgono Fausto corre alla pompa dell’acqua e Michele esce dal capannone chiamandolo fuori; non vedendolo demordere, rientra anche lui e insieme riescono con grande sforzo ad azionare la pompa che fa piovere acqua spegnendo le fiamme. Nel frattempo Lorenzo si è accorto di quanto sta accadendo e immediatamente ha avvertito Gloria: tutta la famiglia aspetta con trepidazione che Fausto e Michele escano dal capannone, e alla fine può tirare un sospiro di sollievo. L’indomani mattina troviamo

Fausto e Michele insieme in ospedale per un controllo, e Fausto ringrazia l’amico anche per il suo continuare a mantenere il silenzio con Gloria sulla vicenda della truffa.

Trascorsa quasi tutta la notte nel laboratorio di analisi a cercare di scoprire, in un’attività febbrile, la verità sui campioni di osso del vitello trovato, Ernesto arriva ad avere la certezza che quell’animale fosse affetto da tubercolosi bovina, contagiosissima per gli animali e pericolosa per gli esseri umani. La mattina successiva si precipita dal procuratore Giorgi, affermando che secondo lui Paolo Ghilardi è stato ucciso proprio perché ha visto Fausto seppellire il vitello malato; il procuratore però gli fa notare che non esiste prova per dimostrare che sia stato proprio Morra a seppellire quell’animale e fin quando Ernesto non ne produrrà in tal senso, è impossibile riaprire l’indagine.

Nonostante Fausto abbia creduto fino all’ultimo istante nella possibilità di salvare le sementi, non può che constatare che sono state irrimediabilmente rovinate dall’incendio e si scusa con Gloria per l’accaduto, prendendosela con se stesso per aver agito in modo incosciente. Ora è necessario acquistare nuove sementi e di conseguenza la semina finirà per essere più tardiva. Presto la notizia arriva alle orecchie dei fratelli Crespi che contattano tutti i grossisti della zona per acquistarne i rifornimenti di sementi, così da condannare a morte Cascina Morra. Fausto suggerisce a Elia di provare a contattare dei fornitori in Francia e intanto Lorenzo ha l’idea di chiedere in prestito ai Bellini la loro seminatrice, dato che la loro è ormai inutilizzabile. Milena, preoccupatissima, dice a suo padre che è opportuno concludere al più presto l’affare coi Bettetini, che rischia di saltare se la semina

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non ha inizio; poi cerca di mettersi in contatto con Giulio e si ritrova ad aspettarlo per ore finché lui la raggiunge e la porta a casa sua. Lì davanti a una birra le spiega che aveva trascorso l’intera giornata a litigare con suo padre, cui aveva dato del vigliacco per la sua intenzione di far saltare l’accordo con Morra dopo l’incendio nel capannone. La cosa stupisce Milena, cui Giulio ancora una volta manifesta in modo esplicito i suoi sentimenti, attraverso un bacio appassionato di fronte a cui lei non si tira indietro.

In aperta campagna Ernesto parla con Brina, cui aveva chiesto di fare da talpa per lui, esortandolo a confessare tutto quello che sa su Fausto per cercare di attenuare la sua posizione, dal momento che il traffico di animali provenienti dall’Est e gravemente ammalati sarà una grave accusa. A casa, Fausto interrompe prima del previsto la seduta di fisioterapia con Bashir, che lo mette in guardia dal chiedere troppo al suo fisico, onde evitare un forte contraccolpo: Fausto replica che non saprebbe cosa farsene di un corpo sano se la cascina andasse distrutta. All’ingresso Bashir vede Milena rientrare in macchina da una notte trascorsa fuori casa: le domanda dove sia stata dato che l’ha chiamata invano dalla sera precedente e nessuno dei suoi familiari ne aveva idea. Lei gli rivela la verità: la notte trascorsa insieme a Giulio Bettetini, il fatto che sia stata l’unica volta che è successa fra loro una cosa simile, il suo sentirsi confusa. Lui non accetta l’anello di fidanzamento che lei tenta di restituirgli, poi le chiede di partire subito per il Canada. Infine, andandosene via, le dice di essere consapevole del fatto che lei è arrivata a tanto per strappare un contratto che salvasse la cascina, e per questo non sa se pro-

vare più schifo o pietà. A scuola, Viola si fa prestare un tablet da una compagna di classe e ricomincia a scrivere al giovane professore che risponde però con grande prudenza. Elia è felice di poter dare a Fausto la bella notizia di aver trovato le sementi presso un grossista francese e aggiunge a questo il fatto che Lorenzo ha già portato in cascina la seminatrice dei Bellini. Milena corre da Fausto a chiedergli di prometterle che la semina andrà bene perché per il bene della cascina lei sta mandando all’aria tutta la sua vita e lui assicura che farà del suo meglio. Al tramonto inizia la semina che prosegue anche nelle ore notturne: la terra di Cascina Morra, rischiarata quasi a giorno dai fari dei trattori, sembra rivivere di nuova vita, e una sferzata di energia positiva, di voglia di ricostruzione, contagia tutti. Inaspettato, arriva Ernesto a parlare con Fausto: senza tanti giri di parole, gli fa sapere di avere trovato il vitello malato seppellito nel campo di S. Rocco e gli dice che presto dovrà spiegare alla polizia dove ha sepolto il corpo di Ghilardi. Presto come era arrivato, si dilegua nella notte. Ma Gloria ha avuto tempo di ascoltare qualcosa della conversazione e fa domande a Fausto: lui le risponde che insieme a Elia aveva scoperto il vitello malato e quindi l’avevano soppresso di nascosto, per evitare che anche tutto il resto del bestiame venisse sterminato. Cerca di minimizzare ma a Gloria non è sfuggito il nome di Ghilardi: gli dice che quanto ha detto Ernesto è grave, il fatto che lui sostenga che Ghilardi li abbia visti potrebbe davvero costituire un movente per il suo assassinio. I due si guardano a lungo, alla ricerca di una reciproca verità. Alla domanda diretta di Fausto, «Tu pensi che io sarei capace di uccidere?», Gloria risponde «No».

EPISODIO 8

Durante una seduta di ipnosi regressiva Fausto rivede un altro flash della notte precedente l’incidente e la dottoressa gli domanda se abbia parlato con Gloria della truffa e della sua paura di essere un assassino, dicendogli che nel momento in cui mente agli altri si autorizza a mentire a se stesso. A quel punto Fausto vuole interrompere la seduta, dice alla Madrigali che si tratta del loro ultimo incontro perché è tempo di chiudere con i ricordi e occuparsi del presente.

Dall’ufficio del procuratore Giorgi, Ernesto telefona a Brina che non risponde: Giorgi gli mette il dubbio che i Crespi siano venuti a sapere degli incontri fra lui e il loro veterinario. Ipotizzando il peggio e preso dal terrore di sentirsi un altro morto sulla coscienza, Ernesto si precipita dai Crespi e chiede al ragazzo di colore che lavora per loro notizie su Brina. Si sente rispondere che è stato promosso capo veterinario degli allevamenti dei Crespi ed è appena partito per la Bielorussia. Facendo qualche controllo telefonico, Giorgi ottiene la certezza sulla partenza di Brina appena avvenuta e Ernesto non si dà per vinto, vorrebbe rintracciare il veterinario anche raggiungendolo sul posto, se necessario; ma Giorgi frena, poiché in assenza di prove non ha intenzione di chiedere una rogatoria internazionale.

Mentre Fausto si sta riempiendo un bicchiere d’acqua dal rubinetto della cucina, comincia a rivedere la pioggia a dirotto e altri

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frammenti legati al passato ma il flusso dei ricordi è bruscamente interrotto da Gloria, che si accorge del suo essere soprapensiero. Lui le dice che la terapia con la Madrigali è finita, come se la decisione derivasse dalla dottoressa anziché essere sua, e arriva Viola a dare la bella notizia di un otto in matematica; a Gloria non sfugge l’apparentemente inspiegabile entusiasmo della ragazzina, ancora in punizione. Infatti, appena chiusasi a chiave nella sua camera, Viola accende il tablet ricevuto in prestito e scrive al professore che con simpatia le risponde. Lorenzo mostra con orgoglio in anteprima il macchinario per l’imbottigliamento automatico della birra a Irene, la bacia e lei è felice.

Parrella, la direttrice della ASL veterinaria, viene a sapere da un collega di Ernesto che quest’ultimo ha fatto indagini non autorizzate e gliene chiede conto: lui le porta i risultati delle analisi eseguite sulla sostanza con cui i Crespi dopano i vitelli, spiegando di aver aspettato a sporgere denuncia perché questa è solo la punta dell’iceberg della grande truffa da loro perpetuata da anni. La sua superiore gli dice che per il suo comportamento rischia di essere radiato dall’albo e poi lo manda con il collega a fare dei controlli nell’allevamento dei Crespi. Purtroppo, arrivati da questi ultimi, i due non possono che constatare che i vitelli sono stati recentemente rasati, cosa che significa non poter più dispor-

re dell’unica prova considerata valida in tribunale. Di ritorno dalla direttrice, Ernesto si vede sospendere dall’incarico fino all’esito del provvedimento disciplinare da lei aperto nei suoi confronti e ritirare il pass. Notando il silenzio di Ernesto nei giorni a seguire, Veronica lo va a cercare a casa e lo trova nel più totale sconforto: si sente solo a combattere la sua battaglia contro i Crespi, i Morra, e anche i colleghi del distretto veterinario. Lei gli fa sentire la sua amicizia e gli dice di raccontarle per filo e per segno le ultime vicende.

Fausto chiede a Milena di chiudere il prima possibile il contratto con i Bettetini, di cui Cascina Morra ora ha davvero bisogno e lei gli assicura di riuscirci, puntando anche sul fatto che Giulio ha sempre avuto un debole nei suoi confronti. Ma una volta presentatasi a Torino alla sede della prestigiosa azienda, le viene risposto da una segretaria che è impossibile parlare tanto con il presidente quanto con il figlio, entrambi fuori sede, e per la ragazza inizia un’interminabile attesa. Senza dirle nulla, Bashir comunica a Fausto al termine della sua seduta di fisioterapia l’imminente partenza per il Canada, chiedendogli di non usare adesso verso di lui una finta cortesia; Fausto lo ringrazia per il lavoro svolto e gli augura buon viaggio. Bashir lo lascia con queste parole: «Se davvero ci tiene a sua figlia, la lasci essere Milena prima di essere una Morra». Ernesto porta Veronica nel luogo dove aveva trovato i resti del vitello malato e le spiega il problema di non riuscire a dimostrare che Ghilardi aveva assistito alla sepoltura dell’animale, cosa che poteva costituire un forte movente per ucciderlo. Poi una domanda di lei sul forte odore di stoppie bruciate presente nell’aria, innesca in Ernesto una serie di pensieri a catena: si sofferma

a guardare la cenere che ricopre il terreno, quindi telefona a Irene e le chiede di incontrarlo al più presto per aprire il vecchio box di Ghilardi. Irene si assenta momentaneamente dal lavoro al birrificio spiegando a Lorenzo di dover vedere Baldoni ma senza dirgli il motivo, quindi raggiunge quest’ultimo e gli apre il box assicurandogli che una volta terminate le indagini l’auto di suo fratello non era più stata usata da nessuno. Ernesto preleva del fango da una ruota, senza spiegare dettagliatamente alla ragazza cos’ha in mente: le dice che forse l’intuizione che ha avuto lo condurrà a fare luce sulla morte di Paolo e la prega di non parlare della cosa con nessuno. Poi raggiunge Giorgi all’uscita dalla Procura e lo mette al corrente di tutto, pregandolo di far analizzare il campione di terra prelevato dalla ruota dato che lui non ne ha più la possibilità. Una volta avuti i risultati, Giorgi ammette che questi danno ragione a Ernesto che, entusiasta della notizia, lo prega di riaprire le indagini. Il procuratore ribatte che con quella prova possono solo dimostrare che l’auto di Ghilardi ha transitato nel campo di S.Rocco, ma la zona da esplorare per ritrovare il cadavere è molto ampia. Ernesto però gli fa tornare in mente la telefonata avvenuta proprio la notte precedente l’incidente di Fausto, telefonata di Ghilardi diretta a Lorenzo: secondo Ernesto il contenuto di quella chiamata doveva per forza riguardare la truffa e se Giorgi metterà sotto pressione Lorenzo si verrà a scoprire qualcosa.

Milena trascorre l’intera nottata nella sua auto, sotto una pioggia a dirotto, ad aspettare Giulio che arriva a casa solo all’alba. A quel punto lo rincorre e lo accusa apertamente di averle mentito e di non essere stato mai davvero interessato alla firma del contrat-

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to con i Morra. L’indomani l’assenza di Milena all’inaugurazione del macchinario della birra non passa inosservata agli occhi di Lorenzo e Fausto, e Gloria dice che la ragazza ha avvertito per telefono di essersi fermata a dormire da una sua amica. Lorenzo e Michele hanno deciso di far inaugurare la macchina a Gloria, che felice fa premere a Martino il pulsante di avvio e tutto funziona perfettamente. Fausto abbraccia Lorenzo e gli dice di essere fiero di lui, poi esce di corsa in auto sotto l’acqua di un fortissimo temporale che può rivelarsi pericoloso per il mais piantato con la semina tardiva, e Gloria non riesce a trattenerlo. Al ritorno comunica alla moglie e a Lorenzo e Milena che il raccolto è completamente rovinato: non sarà possibile chiedere lo stato di calamità perché i raccolti altrui si sono salvati dal momento che le piante erano già più forti e l’assicurazione non interverrà trattandosi di semina tardiva. Come se non bastasse, Fausto è stato avvertito dal suo avvocato dell’avviso di garanzia che a breve gli arriverà essendo state riaperte le indagini, in particolare a proposito dell’ultima telefonata ricevuta da Lorenzo da parte di Paolo, e Milena in lacrime gli dice che i Bettetini non intendono più firmare il contratto. Fausto va all’azienda dei Bettetini e li raggiunge in ufficio nonostante il divieto della segretaria ma l’incontro si risolve in un nulla di fatto, dal momento che trova il vecchio Bettetini più informato del previsto sui nuovi problemi che per Cascina Morra si profilano all’orizzonte con la magistratura. Poi, seguendo il suggerimento dell’avvocato di famiglia, di presentarsi spontaneamente in Procura anticipando le mosse del Pubblico Ministero, Fausto, Gloria e Lorenzo vanno da Giorgi; il ragazzo lo fa del tutto controvoglia e prima di andare avverte Irene: fra

i due si fa strada un sottile, reciproco sospetto. Mentre in casa rimane solo Milena, oltre alla donna delle pulizie, si presenta la nuova fisioterapista, da cui la ragazza è così costretta ad apprendere la partenza anticipata e già avvenuta di Bashir per il Canada. Intanto Viola senza dirlo a nessuno va a casa del prof. Riccardi che, sorpreso di trovarsela sulla porta di casa, la fa entrare.

In Procura inizia il serrato colloquio fra Giorgi e Lorenzo, in presenza del suo avvocato, mentre per richiesta del procuratore i genitori rimangono fuori dall’ufficio. Lorenzo conferma la sua precedente deposizione, ribadendo che quella notte era stato chiamato da Paolo Ghilardi solo per una questione interpersonale fra Paolo e la sorella Irene; Giorgi dice di sapere che lui e Irene sono tornati insieme e finge di essere sicuro che Paolo fosse nascosto presso la santella di S. Rocco, mentre seguiva qualcuno che stava seppellendo un vitello ammalato di tubercolosi, nel momento in cui gli ha telefonato: perché avrebbe dovuto chiamarlo per parlargli di Irene in una circostanza simile? Giorgi dice inoltre a Lorenzo che sicuramente si terrà conto del fatto che lui fosse ancora un ragazzino, ma se non si decide a parlare potrebbe indurre la Procura a sospettare che sia stato lui l’assassino di Ghilardi. Terminato l’interrogatorio, Giorgi va a casa di Ernesto: gli riferisce tutto, incluso il fatto di aver visto Lorenzo sul punto di cedere, poi insieme ragionano sul luogo dove potrebbe essere più probabile ritrovare il cadavere di Ghilardi. Osservano la mappa della zona e a un tratto Ernesto si illumina: proprio fra la santella di S. Rocco e il luogo dell’incidente di Fausto si trova la palude dove quest’ultimo era solito andare a pescare. Il cerchio si stringe.

Durante il tragitto di ritorno Lorenzo chiede al padre di fermare la macchina perché non si sente bene, e poi prosegue a piedi fino a casa e raggiunge Irene nel birrificio. Le dice di doverle parlare dell’inchiesta ma proprio in quel momento lei riceve una telefonata di Ernesto: sentendosi dire come cosa sicura che i responsabili della morte di suo fratello sono stati i Morra, Irene decide di non far sapere a Lorenzo chi la sta chiamando e inventa che si tratta di un cliente. I due litigano. Appena arrivato nel cortile della cascina, Fausto vede un grande spruzzo d’acqua proveniente da una macchina agricola che era stata usata sotto la pioggia: per associazione la memoria gli presenta all’improvviso l’immagine di sé che nottetempo getta il corpo senza vita di Paolo nella palude. Rimette in moto l’auto e quando arriva alla palude vede che sono già presenti sul posto sia la polizia sia Giorgi e Ernesto. Quest’ultimo lo intravede nell’oscurità, ma lui non scende dall’auto e se ne va.

EPISODIO 9

Alla palude Fausto ed Elia osservano di nascosto le ricerche iniziate da parte dei sommozzatori e Fausto ha un nuovo flash di memoria in cui rivede se stesso inabissare il cadavere di Ghilardi da una barca, quindi dice all’amico di

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sempre di essere pronto a consegnarsi alla polizia.

A casa Viola piange sotto la doccia e Gloria la sollecita a prepararsi in fretta per non ritardare all’appuntamento con la dottoressa Madrigali; durante il colloquio in ospedale, quest’ultima si accorge che a Viola è successo qualcosa, trovandola molto più taciturna e triste del solito. Quindi la dottoressa riferisce a Gloria le sue impressioni e le suggerisce che probabilmente a Viola è capitato di subire qualcosa contro la sua volontà, e adesso la cosa migliore da fare è darle tempo perché sia lei ad aprirsi spontaneamente. Giacomo Crespi, di ritorno dalla pesca, informa il fratello Nicola, intento a giocare a biliardo con il funzionario di banca loro amico, della presenza dei sommozzatori alla palude. La riapertura delle indagini comporta per loro il rischio che venga fuori tutta la verità sulla truffa e Nicola si dice pronto a tutto, anche a uccidere, pur di non perdere la loro libertà e i loro allevamenti. A guardare con instancabile interesse le prime operazioni di ricerca dei resti di Ghilardi ci sono Ernesto e Irene, che sceglie di non rispondere alla telefonata di Lorenzo.

Inaspettatamente Fausto raduna tutta la famiglia e anche Michele per dire loro che il fallimento di Cascina Morra è una sua responsabilità e per questo ha deciso di ritirarsi dal lavoro cedendo la sua parte a Gloria, Lorenzo e Milena. Per risolvere la situazio-

ne potranno vendere alcuni lotti di terra e poi propone loro una strategia per differenziare la produzione di birra in modo tale da poter avere davvero successo sul mercato: secondo lui bisogna avere il coraggio di pensare in grande e puntare al biologico ma su scala industriale. Se riusciranno a creare un consorzio che coinvolga tutti gli agricoltori della zona come aveva fatto lui trent’anni addietro, allora la produzione sarà davvero forte e invidiabile da parte della concorrenza. Quando si alza e se ne va in un’altra stanza in modo deciso, Gloria lo segue e gli domanda le ragioni della sua scelta di cedere la sua parte ma il discorso viene interrotto dall’arrivo di Martino spaventato che avverte la mamma del fatto che Viola si è tagliata. Gloria la soccorre e la trova in lacrime, la ragazzina dice che non è capace di fare nulla, nemmeno preparare la merenda per lei e Martino. Poi, nella sua stanza, Viola racconta alla madre quella drammatica verità che non riesce più a tenersi dentro: dice di essere andata una sera a casa del prof. Riccardi, per dimostrare a se stessa di essere grande, e che dapprima lui è stato gentile, con il suo comportamento di sempre, ma poi l’ha costretta a stare con lui e lei non è riuscita a fermarlo. Poi Gloria riferisce tutto a Fausto ma si fa promettere che lui fingerà di non sapere, per non tradire la fiducia di Viola ed evitare che lei si chiuda completamente. Vuole parlare con la Madrigali per avere dei suggerimenti su come aiutare la figlia e per il momento non le importa di denunciare l’insegnante, cosa che invece Fausto sarebbe subito pronto a fare.

Per nulla contento dell’idea di Fausto di dare vita a un nuovo consorzio, probabilmente sia per gelosia nei suoi confronti sia perché ci teneva all’idea di un birrificio in

proprio, Michele getta cattiva luce su di lui parlando con Lorenzo: gli dice che se Fausto ha deciso adesso di ritirarsi l’ha fatto perché ha capito di poter guadagnare grazie alla loro idea della produzione di birra e esorta Lorenzo a prendere in mano la sua vita e a occuparsi più del suo futuro che della cascina. Lorenzo si reca a casa di Irene e la informa delle ultime decisioni di suo padre, lei a questo punto vuole essere sincera: gli dice la verità sulla telefonata che aveva ricevuto da parte di Baldoni, in merito alle ricerche alla palude, e aggiunge che Ernesto ha visto Fausto aggirarsi da quelle parti una sera e che se Fausto ha deciso di affidare loro Cascina Morra ciò deriva dalla sua consapevolezza di avere ormai le ore contate. Lorenzo se ne va pronto ad affrontare finalmente la verità ma quando a casa chiede di suo padre, Milena gli risponde che è fuori. Infatti Fausto è a Torino, ad aspettare il rientro a casa del prof. Riccardi: non appena lo vede gli si avvicina, gli rivolge accuse precise, Riccardi tenta di scappare ma Fausto lo ferma e lo picchia violentemente.

A far compagnia a Ernesto che non stacca gli occhi un attimo dalla palude c’è Veronica; cala il buio e Ernesto intravede qualcuno e avverte la polizia che illumina la zona a giorno: si tratta del vecchio Elia, che dice di essere andato lì a pescare anguille e Ernesto lo invita a non prenderli in giro. Allora, Elia afferma di essere stato lui a uccidere Ghilardi: Ernesto non ci crede ma Giorgi lo fa accompagnare in commissariato per interrogarlo. Nella sua versione dei fatti, Elia dice di aver ucciso il vitello malato di tubercolosi per evitare che ci andasse di mezzo tutta la mandria, di aver strappato la marca auricolare che conserva ancora a casa sua, di essersi accorto mentre seppelliva il vitello che Ghi-

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lardi l’aveva seguito. Secondo lui il giovane ispettore della ASL era ossessionato dal successo di Morra e voleva screditarlo; dichiara che Fausto era innocente, all’oscuro anche della vicenda del vitello, e che non c’erano mai state truffe, solo una leggerezza commessa da lui che in quella circostanza, sotto l’occhio vigile di Ghilardi, rischiava di trasformarsi nella rovina di Cascina Morra. Quindi afferma di averlo ucciso con la stessa vanga usata per scavare la fossa per il vitello e di aver poi gettato il cadavere nella palude da una barca che stava sulla riva. Giorgi a quel punto gli chiede indicazioni precise del luogo e proprio grazie a queste, i sommozzatori trovano il corpo di Ghilardi.

A casa Morra squilla il telefono: l’avvocato di famiglia avverte Gloria che il marito ha passato la notte in questura per quanto avvenuto con Riccardi, verso il quale ha decisamente esagerato. Ora rischia una denuncia per reato di aggressione con l’aggravante delle condizioni del professore. Gloria raggiunge Fausto in questura, in collera per il suo comportamento e soprattutto per le sue conseguenze, fra cui il fatto che Viola potrebbe non fidarsi più di lei; mentre stanno per uscire Fausto e Gloria vedono Elia arrestato entrare con i poliziotti: in un rapido scambio di battute, senza che altri possano sentirlo, Elia dice a Fausto che per lui in ogni caso non ci sarebbe futuro, e quindi il suo unico desiderio è che Fausto possa continuare a occuparsi al meglio della cascina, della sua famiglia, della loro terra. Sentita in televisione la notizia del ritrovamento di Paolo Ghilardi e dell’arresto di Elia, Giacomo Crespi tira un respiro di sollievo ma il fratello Nicola gli ricorda che finché Fausto è vivo loro non saranno mai davvero al sicuro. A casa Morra Lorenzo fa notare a

Michele che la confessione di Elia non spiega la truffa dei bovini, ma Michele afferma che secondo lui si tratta di una confessione plausibile. Viola riceve sul tablet dei messaggi da Riccardi che le scrive di non aver denunciato suo padre solo per lei. Quando Fausto e Gloria rientrano a casa, vanno subito da lei ma la porta della camera è chiusa a chiave e lei non risponde, al che Fausto deve aprirla con la forza. Trovano la ragazza distesa a terra e Milena vede subito le pillole che ha ingerito e calmando i genitori inizia a intervenire come farebbe un medico. Una volta in ospedale Viola viene sottoposta a lavanda gastrica e messa fuori pericolo; i medici dicono ai genitori che l’intervento di Milena è stato prezioso. La Madrigali incrocia Fausto in corsia e gli chiede se sia stato davvero Elia il colpevole. Lui annuisce, ma appena lei se ne va la sua memoria torna a tormentarlo.

EPISODIO 10

Di mattina Gloria sveglia Viola, che ha trascorso a casa una notte tranquilla, mentre Fausto non ha chiuso occhio rimanendo nella stessa camera. Irene va con Ernesto all’obitorio per il riconoscimento del fratello, i cui effetti personali non le lasciano dubbi. La ragazza dice a Ernesto di non credere alla confessione di Elia e lui le dà ragione, dal momento che quella confessione nega la verità della truffa attuata dai Morra e dai Crespi. Sempre convinto della colpevolezza di Fausto, Ernesto dice a Irene che l’unica cosa rimasta da fare sarebbe cercare di scoprire qualcosa di significativo a Cascina Morra, se lei è disposta ad agire in prima persona stando il più vicino possibile a Lorenzo e Fausto, e lei accetta. Quando Lorenzo la vede scendere dall’auto di Baldoni lei recita la parte stabilita con Ernesto: finge di essere stata infastidi-

ta ancora una volta da lui e dalle sue ossessioni. Scesa in cucina in tarda mattinata, Viola trova Milena e la ringrazia per il suo capace intervento, poi le dice per la prima volta di averla sempre ammirata per il suo coraggio; grazie a lei ad esempio, da piccola ha vinto la sua paura dell’ospedale, riuscendo ad entrare nella stanza dove Fausto era in coma. Milena riflette su tutto questo e telefona alla segreteria dell’università di Torino per sapere se in qualche modo il suo test d’ingresso ben superato potesse avere ancora qualche valore, nonostante lei non avesse effettuato l’iscrizione per quell’anno, ma si sente rispondere di no. La ragazza confida tutto al fratello Lorenzo e gli dice che vuole riprovare a fare il test per medicina, mentre lui è convinto che l’idea del consorzio possa funzionare e desidera che lei gli stia accanto nella prima fase in cui dovranno cercare di convincere tutti gli agricoltori. Quindi Lorenzo dice ai genitori che mentre lui e Milena si occuperanno di quello, Michele e Irene si dedicheranno alla produzione. Poi Fausto vede Viola pensierosa sull’altalena e la spinge come quando era bambina: lei è contenta e gli confida la paura di non riuscire a reggere lo stress di un processo, il giudizio degli altri per l’accaduto con Riccardi, e lui la rassicura dicendo che non è ancora tempo di preoccuparsi. Ernesto vorrebbe fare un sopralluogo a casa di Elia alla ricerca di qualche prova ma il procuratore Giorgi, pur riconoscendogli che grazie alla sua ostinazione è stato ritrovato il corpo di Ghilardi, nega riso-

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lutamente. È Veronica a dare una mano a Ernesto, suggerendogli di prendere da Cascina Morra una copia della chiave di casa di Elia, essendo l’immobile di proprietà di Fausto. Ernesto si mette immediatamente in contatto con Irene.

Gloria e Fausto sono in banca e il direttore, a fronte della notizia divulgata dalla stampa sulla colpevolezza di Elia, porge le sue scuse e si dice pronto a intervenire con dei finanziamenti a favore di Cascina Morra. Di ritorno a casa, mentre guida, Gloria esprime le sue perplessità sul fatto che Elia possa essere stato un insospettabile assassino ma Fausto sembra avere la mente altrove e lei conclude: «Non si conosce mai davvero fino in fondo la persona che ti vive accanto». Al loro rientro, Fausto trova Irene nel suo studio e gliene domanda le ragioni: lì per lì lei inventa che stava cercando un numero di telefono e Fausto le crede; in realtà dopo un primo tentativo di ricerche della chiave di casa di Elia, aveva chiesto a Martino se ci fosse un altro posto in cui i genitori tenevano le chiavi e lui le aveva indicato la scrivania di Fausto. Di ritorno da un grande giro presso i principali agricoltori della zona, Lorenzo e Milena possono dare a Fausto la bella notizia di averli trovati positivamente interessati all’idea di un nuovo consorzio e Milena non manca di far sapere al padre quanto impegno ed entusiasmo ci ha messo Lorenzo nel convincerli. A cena è presente anche Irene e a un certo punto Martino le domanda davan-

ti a tutti se abbia trovato le chiavi: Fausto lo corregge dicendo che si trattava di un numero di telefono e che è tutto risolto. L’indomani si presenta a Cascina Morra Giulio Bettetini per parlare con Milena, cui dichiara la sua intenzione di dare un contributo economico per il futuro della cascina a titolo del tutto personale, indipendentemente dall’approvazione di suo padre. La cosa non passa inosservata agli occhi di Gloria che in seguito, a tu per tu con la figlia nella sua camera, cerca di comprenderne le intenzioni mostrando di non essere contraria al legame fra lei e Giulio. Milena si dice confusa ma con le idee chiare solo in una direzione: studiare medicina. Intanto Irene recupera di nascosto le chiavi di casa di Elia e con la scusa di desiderare di stare un po’ da sola in chiesa prima del funerale del fratello, saluta Lorenzo un po’ perplesso. Ecco che vediamo Irene ed Ernesto entrare nella casa di Elia: guardandosi attorno non possono fare a meno di notare una serie di post-it sparsi ovunque con promemoria per qualunque genere di cosa e Ernesto si mette a rovistare alla ricerca di qualche informazione sulla salute dell’uomo. Trovato un fascicolo da cui risulta che Elia è affetto dall’alzheimer, Ernesto deduce che il motivo per cui l’uomo si sarebbe dichiarato colpevole al posto di Fausto potrebbe proprio consistere nella sua consapevolezza della malattia e nella sua disperazione, e al più presto riferisce tutto a Giorgi. Quest’ultimo gli fa constatare che si trovano davanti a un delitto perfetto, in cui il capro espiatorio nel giro di alcuni mesi non ricorderà più nulla, e non hanno elementi concreti che possano deporre a loro favore; intanto, una telefonata dalla direttrice della ASL avverte Ernesto che sono arrivati i risultati delle commissioni interne riguardo al suo operato.

Al termine del funerale di Ghilardi, cui partecipa tutta la famiglia Morra, Ernesto raggiunge Fausto e gli dice di seguirlo subito a casa sua, poiché entrambi sanno bene che non è stato Elia il colpevole. Fausto accetta e una volta a casa di Baldoni, quest’ultimo gli mostra il suo enorme quadro di ritagli di giornale e concatenazioni logiche costruito mese dopo mese, anno dopo anno. Gli dice che agli inizi aveva ritenuto Paolo un vero crociato, esagerato nelle sue battaglie, e non gli aveva creduto quando gli aveva parlato degli imbrogli avvenuti nel consorzio poiché aveva cieca fiducia in Fausto. Nonostante gli avesse ordinato di interrompere le sue ricerche, Paolo aveva continuato da solo: ha fatto di tutto per capire la verità sugli allevamenti dei Morra e dei Crespi, è andato all’Est a sue spese, ha studiato con infinita pazienza i movimenti dei camion dei Crespi presso Cascina Morra. Ernesto dice di sentirsi in colpa per non averlo ascoltato come avrebbe dovuto fare e aggiunge che entrambi sono colpevoli, perché se Fausto è stato l’esecutore materiale della morte di Paolo, lui se ne può ritenere in qualche modo il mandante. Infine, mostra a Fausto il fascicolo con le condizioni di salute di Elia, motivazione che può avergli semplificato la decisione di sacrificare se stesso per salvare l’amico.

Contemporaneamente a tutto ciò, Irene dice a Lorenzo che sta per tornare a Torino e gli confessa di essere rimasta con lui per incastrare il vero assassino del fratello. Lo accusa apertamente di averla lasciata, cinque anni prima, perché sapeva che era stato Fausto a uccidere Paolo. Una volta rientrato a casa e solo, Lorenzo scrive una mail alla ragazza, spiegando di volersi finalmente liberare dal segreto che si porta dentro da troppo tempo e che ha finito per divorarlo

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e affermando che ad allontanarli è stato quanto è successo la tragica notte dell’assassinio. Ma appena Irene riceve la mail, la cancella senza nemmeno aprirla. Prima di dormire, in camera Gloria vede Fausto guardare i fogli avuti da Ernesto sul conto di Elia e gli domanda se sia sicuro che sia stato proprio Elia il colpevole; Fausto ha un attimo di esitazione, poi annuisce. Lei sorride e lo abbraccia, con la voglia di gettarsi tutto alle spalle per sempre.

La mattina seguente Milena informa Fausto della sua decisione ormai presa, studiare medicina ripartendo da zero, dal test d’ingresso; sa di dargli un grande dispiacere ma non può commettere l’errore di vivere una vita non sua. Alla ASL Ernesto riceve dalla direttrice la risoluzione del suo contratto: si vede licenziare e con grande orgoglio e altrettanta rabbia raccoglie rapidamente tutte le sue cose dalla scrivania e se ne va a passi svelti verso l’uscita. Un collega lo segue, lo stesso che a lungo l’aveva reso oggetto di scherno per la sua ostinazione nelle indagini: con sincerità lo ringrazia per quanto ha fatto per Paolo. Fuori in auto a sorpresa c’è Veronica che chiama Ernesto e gli propone di andare con lei all’inaugurazione del nuovo consorzio in Cascina Morra con lo scopo di rovinare la festa di Fausto. Lì sono già arrivati numerosi agricoltori che Michele riceve e con i quali prende tempo mentre Fausto e Lorenzo tardano a comparire; Martino va a chiamare Fausto che sembra guardare con gli occhi di un lungo addio il suo cavallo Nuvola. L’uomo approfitta della situazione per far avvicinare il bambino al cavallo ed effettivamente, in braccio a Fausto, Martino non ha più paura e si lascia mettere in groppa all’animale. La parentesi familiare di grande delicatezza e serenità è presto destinata a sva-

nire e vediamo Fausto entrare nel salone del ricevimento, seguito da Lorenzo che vorrebbe parlargli ma a cui lui non può dare retta. Seduti fra gli agricoltori ci sono anche Veronica ed Ernesto. Dopo la breve presentazione di un agricoltore che vuole rendergli onore per la capacità imprenditoriale dimostrata trent’anni prima, Fausto inizia il suo discorso in un tono ben diverso: dichiara di aver commesso un errore enorme dieci anni addietro, quando il mercato della carne aveva vissuto una crisi gravissima. Al bivio fra l’ammissione del fallimento e la chiusura della cascina da una parte, e l’idea di truffare per poter tirare avanti dall’altra, aveva scelto la via dell’inganno, con la speranza di far stare tutti meglio e convinto che sarebbe stata cosa di poco tempo. Invece è andata sempre peggio: prima è stato costretto a far passare per piemontesi dei capi esteri, poi a far passare per sani dei capi malati. Infine dice di aver ucciso lui Paolo Ghilardi. Gloria ascolta sconvolta insieme ai figli, e fa in modo che il piccolo Martino non senta queste ultime parole. Poi furibonda segue il marito in camera e lì si abbandona a tutto il suo dolore, esclamando disperata: «Ce l’hai distrutta la vita, anziché proteggerci!».

Arriva la polizia a prendere Fausto, che prima di andar via si scusa con i figli e li abbraccia uno per uno; Ernesto lo guarda con rinnovata stima, dicendogli: «Finalmente oggi ho rivisto l’uomo che conoscevo».

La sera in prigione, prima di addormentarsi, Fausto osserva il cadenzato cadere di una goccia d’acqua dal rubinetto... ed ecco che un flash di memoria lo travolge: rivede se stesso alzarsi dal letto mentre Gloria dorme e non si accorge di nulla; la forte pioggia fuori; si rivede uscire con il pick-up e il vitello soppresso, poi seppellire il vi-

tello nella buca scavata quando a un tratto sopraggiunge un’auto, da cui scende Lorenzo. Si rivede nascondersi dietro alla santella sotto quell’infinita pioggia scrosciante e rivede, a metà strada fra sé e suo figlio, il cadavere di Paolo steso a terra. Uno sguardo lungo fra lui e Lorenzo Fausto si risveglia di soprassalto, gridando il nome del figlio. Gli manca il respiro. Il detenuto presente nella stessa cella si spaventa e corre a chiamare la guardia per avere soccorsi.

EPISODIO 11

Mentre aspetta, nello spazio dedicato ai colloqui dei detenuti, l’arrivo del suo avvocato, Fausto si ricorda della prima volta in cui aveva portato Lorenzo a caccia. Una volta che l’avvocato lo raggiunge, gli chiede di far in modo che possa parlare da solo con Lorenzo prima del nuovo colloquio con Giorgi, poiché si tratta di cosa della massima importanza. Contemporaneamente, Lorenzo rientra in cascina seguito dai giornalisti cui non rilascia alcuna risposta e si sente dire da un certo numero di contadini che Gloria ha già firmato le loro richieste di licenziamento. Il ragazzo non vuole credere che tutti i nuovi progetti sull’azienda possano naufragare nel nulla ma la madre, in presenza dell’amministratore Damiano e di Michele, gli conferma che vendere è ormai inevitabile e hanno già iniziato a cercare un acquirente. Milena lo ringrazia dicendogli che tutti loro dovrebbero scusarsi con

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lui che, sapendo tutto della truffa come Michele, ha sempre taciuto scegliendo di portare da solo quel peso così grande. Poi fa il suo ingresso l’avvocato che comunica a Lorenzo la necessità immediata del colloquio col padre e i due si dirigono in prigione.

Mentre nella sua camera Gloria in lacrime si confida con la sua migliore amica, dicendole che ciò che più la ferisce è il silenzio di Fausto con lei fino al momento della pubblica rivelazione, Irene a casa sua ripesca la mail di Lorenzo frettolosamente cestinata: il contenuto spiega che, la notte dell’assassinio, Paolo gli aveva telefonato non per parlargli di lei ma della truffa di suo padre, di cui diceva di potergli fornire delle prove, e gli aveva detto di raggiungerlo al campo di S. Rocco, per vedere cosa stava facendo Fausto; Lorenzo l’ha fatto e da quel momento la sua vita non è più stata la stessa. A casa dei Crespi Giacomo informa Nicola della confessione e dell’arresto di Fausto e la notizia, che non aveva dato particolarmente da pensare a Giacomo, preoccupa fortemente Nicola che si pente di non aver eliminato Morra quando ne avrebbe avuto l’opportunità.

Una volta entrato in prigione e sedutosi di fronte a Fausto nella sala dei colloqui, Lorenzo si sente del tutto inaspettatamente dire dal padre che adesso ha la certezza di non essere stato lui l’assassino di Paolo. Ora Fausto ha il tremendo sospetto che ad uccide-

re il giovane ispettore della ASL sia stato suo figlio, cosa di cui si sentirebbe comunque il diretto responsabile. «Tu lo hai ucciso per me e poi hai cercato di rimediare», esclama Fausto senza mezzi termini. Allora Lorenzo gli riferisce il contenuto della telefonata di Paolo e gli dice che quando è arrivato al campo di S. Rocco Paolo era già a terra, immobile e ricoperto di sangue. Allora Lorenzo ha avuto paura ed è scappato, senza dire nulla a nessuno per timore che fosse Fausto il responsabile della morte di Ghilardi. Fausto si rende conto di quanto il figlio abbia dovuto sopportare in quei cinque anni e della rinuncia più grande, ossia Irene; gli domanda come abbia fatto a sostenere tutto ciò e Lorenzo risponde di essersi aggrappato alle contraddizioni: al cadavere mai ritrovato, all’sms in cui Paolo diceva di volersene andare, ai sospetti su Elia che l’hanno indotto a licenziarlo.

I due si guardano a lungo, a fondo, si perquisiscono gli occhi a vicenda in preda alla paura e alla speranza di trovare l’unica cosa che desiderano, l’innocenza. E insieme alla certezza di questa, ritrovano anche tutta la fiducia del passato. Iniziano a fare ipotesi su chi sia stato l’assassino e Fausto ritiene probabili i Crespi, vista la tragica fine di Marco, il marito di Veronica. Lorenzo si dice pronto a fare una nuova deposizione raccontando tutta la verità a Giorgi.

In un nuovo colloquio con il procuratore, in presenza del suo avvocato, Fausto ammette interamente la sua responsabilità nella questione della truffa ma dichiara di essere ormai sicuro della sua innocenza rispetto alla morte di Ghilardi; Giorgi si dimostra piuttosto scettico e sceglie di avanzare una richiesta di detenzione preventiva. L’avvocato gli promette che farà il possibile e l’impossibile per tirarlo

fuori di prigione ma è indispensabile che Fausto non agisca più di testa sua. Cosa che invece Fausto decide esattamente di fare poco tempo dopo, quando una guardia gli porta le medicine in cella e in lui nasce l’idea di procurarsi un malore evitando di nascosto di prenderle.

Irene raggiunge Lorenzo alla cascina e a cuore aperto gli confessa di amarlo e di averlo già perdonato, ma al tempo stesso di non riuscire a convivere con la consapevolezza che sia stato Fausto a uccidere suo fratello; Lorenzo le rivela la verità e ogni ostacolo alla loro relazione svanisce definitivamente. A sera, Lorenzo parla a tutta la famiglia radunata in salotto, presenti anche Irene e Michele, riferendo il contenuto del suo colloquio con Fausto. Spiega che Fausto ha spostato il corpo di Paolo perché pensava che fosse stato lui, Lorenzo, a ucciderlo. Gloria dice che ormai fa fatica a credere a quanto detto da Fausto, e Michele domanda a Lorenzo chi potrebbe essere stato l’assassino, sentendosi rispondere «i Crespi». Poi Lorenzo cerca di convincere la madre a tenere la cascina, sia per dimostrare la loro fiducia in Fausto sia perché per lui e Irene Cascina Morra ha lo stesso identico significato che aveva avuto per Fausto e Gloria. Infine il ragazzo aggiunge che Michele potrebbe ricontattare la Agrifond e se questa sarà d’accordo, anche gli agricoltori ne seguiranno l’esempio. Quando Michele raggiunge Gloria in terrazza, lei gli domanda con aria severa come mai non le abbia voluto dire nulla della truffa e non trova del tutto giustificata la risposta di lui, che fa riferimento al coma di Fausto e al fatto che lei aspettasse Martino; poi Michele dichiara di aver avuto paura di spezzare un equilibrio già delicato e lei ribatte che, se avesse conosciuto la verità, avrebbe potu-

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to fare altre scelte. Infine Michele dice che contatterà la Agrifond solo se sarà lei ad autorizzarlo.

L’indomani Gloria raggiunge Lorenzo nel birrificio e ringraziandolo per aver fatto ben più del suo dovere nel corso di quei cinque anni, caricandosi l’onere di porre rimedio agli errori di Fausto, gli dice che è giusto provare a seguire la sua idea di ricontattare la Agrifond e gli chiede di non nascondere più nulla a Irene. In prigione, durante l’ora d’aria in cortile, Fausto si sente male per non aver più preso le medicine che gli venivano portate dalle guardie e di conseguenza il giudice autorizza gli arresti domiciliari; quando l’avvocato di famiglia lo riferisce a Gloria e ai figli, lei non può che dare il suo consenso perché Fausto torni a casa. In seguito Michele comunica a Gloria e a Lorenzo che la Agrifond è ancora interessata all’affare, anche a patto di entrarvi come socia di minoranza, ma ha posto una condizione secondo lui inaccettabile, ossia che non ci sia il cognome Morra ai vertici dell’azienda, in modo tale da creare una discontinuità sul mercato. Gloria e Lorenzo si dicono subito favorevoli a rendere Michele presidente, se anche Fausto sarà favorevole. L’accoglienza che Gloria riserva al marito arrivato a casa è piuttosto fredda, dopo un breve scambio di battute gli dice a chiare lettere di volere il divorzio. Una volta solo nel suo studio, Fausto riceve la visita di Irene che entra insieme a Lorenzo. Fausto le dice che Paolo aveva ragione a ritenerlo un criminale e Irene comprende quanto sia sinceramente pentito, motivo per cui lo abbraccia e afferma: «Lo finiamo noi il lavoro di mio fratello, insieme. Troviamo chi l’ha ucciso». Quindi i tre si mettono a ricostruire gli avvenimenti della notte della tragedia e arrivano alla conclusione che è stato l’assassino di

Paolo a portare la sua auto a Torino e a mandare a Irene l’sms in cui diceva di volersene andare via. A Lorenzo e Irene viene in mente di provare a recuperare le tracce lasciate dai cellulari nel momento in cui si agganciano ai ripetitori e così hanno l’idea di rivolgersi a una vecchia conoscenza di Fausto, Baldoni, che quel giorno in trattoria, per la prima volta in cinque anni, dice a Veronica, davanti al piatto ancora pieno, di non avere fame. Licenziato e senza più piste investigative da seguire, Ernesto si domanda cosa fare e Veronica gli suggerisce di regalarsi un viaggio. Lui allora ne approfitta per invitarla a cena a casa sua e le lascia capire che se davvero decidesse di fare un viaggio, vorrebbe farlo con lei. Ecco che in quel momento Lorenzo e Irene arrivano in trattoria a cercare Ernesto. Lui li ascolta e insieme si dirigono a casa sua per poter parlare con la dovuta riservatezza: Ernesto si dice ancora convinto del fatto che sia stato Fausto l’assassino e Lorenzo gli chiede di fare almeno un tentativo, di controllare che il cellulare di Paolo, nel momento in cui aveva inviato l’sms a Irene, fosse agganciato alla stessa cella di uno dei cellulari dei Crespi. Ernesto acconsente.

A casa Morra, Viola chiede ai suoi genitori di poter parlare con entrambi contemporaneamente e dice che ha deciso di fare ritorno a scuola e che prima è pronta a sporgere denuncia contro il prof. Riccardi; quando Fausto le domanda cosa le abbia fatto cambiare idea, risponde: «Tu, quando hai confessato davanti a tutti». Di lì a poco vediamo i carabinieri presentarsi a casa di Riccardi e dichiararlo in stato di fermo e poi l’ingresso di Viola in classe, accolta dal silenzio stupefatto dei compagni che presto si muta in un applauso di stima e solidarietà. Costretto a non

muoversi dalla cascina, Fausto ha tempo per stare con Martino e imparare a conoscerlo, ad esempio osservandolo mentre sistema la sua collezione di monete; il bambino gli mostra la prima moneta da lui trovata in giardino, che risaliva al 1966, e dice di aver deciso di cominciare la collezione poiché la mamma gli aveva detto che Fausto era nato proprio in quell’anno. Quando Lorenzo riferisce a Fausto che purtroppo, dopo gli accertamenti telefonici, risulta che i Crespi abbiano un alibi di ferro, lui ipotizza che i due abbiano fatto uccidere Paolo da un loro uomo di fiducia ed esorta il figlio ad andare a chiedere a Elia. Purtroppo alla domanda che Irene e Lorenzo gli rivolgono, il vecchio amico di Fausto non sa dare risposta, e rammaricandosene fortemente, consapevole dell’avanzare veloce della sua malattia, il vecchio dice loro: «Sapete cos’è peggio di non avere una risposta a una domanda? La paura che la risposta l’hai persa».

Mentre i contadini che avevano rassegnato le loro dimissioni tornano a lavorare a Cascina Morra, Nicola Crespi dice al telefono, a qualcuno che lui definisce come al di sopra di ogni sospetto, di eliminare Fausto. Quest’ultimo, trasgredendo gli ordini della polizia, raggiunge Michele nel birrificio e gli chiede se si ricordi chi potesse essere stato cinque anni prima l’uomo di fiducia dei Crespi; Michele dice di non averne idea e intanto approfitta per mettere Fausto al corrente della questione di mettere il suo nome a capo dell’azienda per soddisfare le richieste della

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Agrifond; in quella sopraggiunge l’avvocato a informare Fausto che dovrà fare ritorno in prigione dal momento che il P.M. ha scoperto che aveva deliberatamente sospeso di prendere le medicine.

In privato, fra le mura di casa Morra, Michele propone a Fausto un’altra possibilità, che consisterebbe nel farlo venire a prendere da una persona fidata e farlo portare a un casolare abbandonato, non lontano da lì. Fausto non è convinto, pensa che scappare significhi dichiararsi colpevole, ma Michele insiste nel dire che solo stando fuori dalla prigione avrà davvero il tempo di indagare, e anche Milena sembra di questo parere. Fausto accetta. Saluta Gloria dicendole che ha dato la delega a un divorzista per portare avanti le pratiche e che non farà ritorno fin quando non avrà trovato l’assassino di Paolo. Le dice «ciao», lei lo guarda senza avere il tempo di rispondere perché Michele gli dice di sbrigarsi; Martino fa in tempo a dargli la sua moneta portafortuna. Michele lo conduce all’auto, gli dice che nel casolare troverà un cellulare pulito, con cui potrà chiamarlo appena arriva. Fausto gli chiede di pensare alla sua famiglia, poi si abbracciano, quindi Fausto entra nel bagagliaio, e Michele lo saluta dicendo: «Ciao Fausto, stammi bene». Il suo saluto di sempre. Eppure, solo adesso, nel giro di un istante, Fausto sembra accorgersi davvero per la prima volta di quelle parole e, fulminea come un lampo che squarcia il cie-

lo all’improvviso, la sua memoria gli propone davanti agli occhi il foglio con stampato il testo dell’sms partito dal cellulare di Paolo: il messaggio si chiudeva con “stammi bene”. Il tempo di gridare «Michele, ma tu» e quest’ultimo ha già chiuso il bagagliaio impedendogli di pronunciare anche solo una sillaba in più.

L’auto si mette in moto a velocità sostenuta. Michele telefona a Nicola Crespi, che si trova con Giacomo in un centro di demolizione di automobili: «È partito e adesso tocca a voi».

EPISODIO 12

Non molto tempo dopo, a Cascina Morra arrivano due auto della polizia, da una delle quali scende Giorgi, che vede prima Michele davanti all’ingresso e poi Lorenzo cui dice di dover prelevare suo padre. Una volta raggiunta la camera di Fausto, come il procuratore temeva, non vi trova nessuno. Fausto, chiuso nel bagagliaio di una macchina che non può fermare, cerca di farsi luce e di trovare una via di fuga. Giorgi dà ordine ai poliziotti di cercare ovunque, quindi parla con tutta la famiglia in presenza di Michele, dicendo loro che mantenendo il silenzio possono essere accusati di favoreggiamento in evasione. Più tardi, in una telefonata a Michele, Nicola Crespi, sicuro della tragica fine che attende Fausto, gli dice: «Ora potremo prenderci una volta per tutte la cascina». Michele è nello studio di Fausto, seduto alla sua scrivania e pensieroso, quando nella stanza entra Gloria, che gli mostra gratitudine per aver aiutato il marito a fuggire e per stare vicino a tutti loro nei momenti più difficili, ma al tempo stesso sta sulle sue deludendo le speranze di lui. L’indomani a colazione Michele è di nuovo a Cascina Morra, mentre fuori stazionano dei poliziotti, e a Milena che domanda notizie di Fausto ri-

sponde che è ancora troppo presto per sapere qualcosa; poi informa Lorenzo del fatto che la Agrifond ha accettato la sua proposta e il ragazzo vuole organizzare un incontro il prima possibile. Sentendo la sua determinazione, Michele si reca a casa dei Crespi per parlare con loro e con una dipendente della Agrifond, per avere la certezza che Lorenzo non abbia nessuna possibilità di scoprire l’accordo fra di loro.

In trattoria, Ernesto riflette a lungo sulla notizia della fuga di Fausto ricevuta da Giorgi che l’ha lasciato di stucco e quando Veronica gli domanda perché non vada a cercare Fausto come chiestogli dal procuratore, le risponde che quando in un’indagine si è troppo convinti del colpevole, si rischia di trascurare dettagli importanti. Veronica non perde occasione per ribattere: «Qui l’unica trascurata sono io». La ragazza lo esorta ad andare a casa a sistemarsi per poi passare a prenderla e trascorrere la serata insieme; una volta rientrato a casa, Ernesto ci trova Fausto: si spaventa e cerca di raggiungere il suo cellulare ma Fausto gli spiega di essere entrato grazie alle chiavi che lascia per abitudine fuori dalla porta e lo mette al corrente degli ultimi fatti, rivelandogli che Paolo Ghilardi è stato assassinato dalla stessa persona che ha cercato di uccidere lui la notte precedente, Michele. Fausto gli racconta di essere riuscito a scappare grazie a un colpo di fortuna, utilizzando la moneta prestatagli da Martino per aprire il bagagliaio mentre l’auto era ferma a un semaforo rosso poco prima del centro di demolizione. Ora che Michele e i Crespi lo credono morto, e tutti gli altri in fuga, Fausto ha bisogno dell’aiuto di Ernesto: per far sì che quest’ultimo gli creda, gli dice di controllare se il numero di telefono di Michele avesse agganciato la

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cella della stazione e aggiunge che in qualsiasi momento può chiamare Giorgi per avvertirlo del fatto che si trova a casa sua. Ernesto prova immediatamente a scorrere i tabulati telefonici senza però trovare il numero di Michele, ma Fausto si ricorda all’improvviso che cinque anni prima il numero di Michele era un altro: controllano nuovamente e scoprono che fra le cinque e le cinque e mezza del mattino il cellulare di Michele aveva agganciato la cella della stazione, cosa che combacia perfettamente con l’invio dell’sms dal telefono di Ghilardi alle ore cinque e diciotto. Fausto vorrebbe chiamare subito la polizia ma Ernesto frena, convinto del fatto che la prova che hanno in mano potrà servire solo dopo aver dimostrato la complicità di Michele nella truffa coi Crespi. La fuga di Fausto dagli arresti domiciliari non depone per il momento a suo favore e non ci sono testimoni per dimostrare la responsabilità di Michele nel tentativo di ucciderlo. A un tratto Ernesto si domanda come mai Michele abbia ceduto così facilmente alla volontà di Lorenzo di interrompere ogni affare coi Crespi e di conseguenza a Fausto viene l’idea che Michele possa aver riallacciato con loro di recente, dato che è stato proprio lui nell’ultimo periodo a proporre l’ingresso di nuovi soci in azienda. Sentendo il nome della Agrifond, Ernesto afferma che si tratta di una finanziaria conosciuta in zona e probabilmente affidabile, ma non può rimanere indifferente di fronte all’informazione che Fausto aggiunge: la condizione secondo cui dovrebbe essere Michele il nuovo presidente dell’azienda. Pur nella consapevolezza della difficilissima situazione in cui si trovano, essendo lui stesso ormai licenziato, Ernesto non nega il suo aiuto a Fausto per indagare sul conto di Michele

e Fausto chiede al ritrovato amico d’un tempo di cercare un modo per farlo parlare con Lorenzo, prima che sia troppo tardi e che Cascina Morra venga irrimediabilmente consegnata nelle mani sbagliate.

Mentre Gloria, nello studio dell’avvocato divorzista, aspetta l’arrivo di quest’ultimo per procedere con le necessarie firme, la sua amica le suggerisce di non agire d’impulso, rischiando di prendere una decisione di cui potrebbe pentirsi. Una volta a casa, Gloria domanda a Milena se non ci siano ancora notizie di Fausto e si sente rispondere che è ancora presto per mettersi in contatto; quanto al divorzio, sembra mostrarsi determinata a non tornare indietro e dice alla figlia che si tratterà di una separazione consensuale.

Lorenzo insieme all’amministratore Damiano incontra Michele e la dipendente della Agrifond e, fiducioso nella possibilità di aver trovato la migliore strada da percorrere per il bene della cascina, prende comunque tempo, affermando che potranno procedere con le firme non appena Damiano avrà fatto le abituali verifiche. Ernesto, appostatosi in auto nelle vicinanze, li osserva uscire dalla sede della finanziaria e riferisce a Fausto che devono misurarsi con due problemi: la presumibile vicinanza della conclusione dell’accordo e il fatto che Lorenzo è pedinato dalla polizia.

La sera, Fausto si nasconde nel bagagliaio dell’auto di Ernesto che con un pretesto spiega ai poliziotti di guardia all’ingresso di Cascina Morra di dover parlare con Lorenzo. Entrato, Baldoni trova quest’ultimo in riunione con Gloria, Damiano e Michele e gli chiede di potergli parlare in privato, ricordandogli di averlo ascoltato quando era stato Lorenzo a cercarlo. Così Lorenzo ed Ernesto escono dal salotto e si dirigono fuori dalla

casa, verso un angolo buio della cascina; Michele li osserva uscire con aria preoccupata e Gloria lo vede, quindi gli dice che sta andando in cucina a prepararsi un caffè mentre da lontano segue il figlio. Con il favore dell’oscurità, Fausto riesce a parlare con Lorenzo rivelandogli tutta la verità in presenza di Ernesto: il ragazzo non può che rimanere sconvolto sentendosi dire che il terzo uomo presente al campo di S. Rocco quella notte era Michele, perché è stato lui ad uccidere Paolo. In pochi istanti Lorenzo si rende conto di tutto e, pur rimanendo ferito dalla scoperta della verità più amara sul conto dell’uomo di cui si era fidato come di un secondo padre, mantiene la lucidità necessaria come gli chiede di fare Fausto. Quest’ultimo gli dice che si procureranno due cellulari puliti con cui tenersi in contatto e gli domanda di non rivelare nulla a Gloria per il momento, per evitare di metterla in pericolo. Ma nessuno di loro si accorge della presenza di lei, poco distante, che riesce ad ascoltare tutto a cui in particolare non sfuggono le parole del marito, - «Mi fido di lei» -, pronunciate in risposta a quelle di Lorenzo, «Michele le si sta riavvicinando».

Quando più tardi Michele entra nella camera di Gloria, lei lo guarda con occhi diversi ma fa astutamente in modo che lui non si accorga di niente, dal momento che adesso ne ha paura. Lui le domanda se ha parlato con Lorenzo per sapere cosa volesse Ernesto, e lei dice di non averlo ancora fatto. Trovandola piuttosto fredda nei

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suoi confronti, Michele se ne va. Al mattino Gloria e Lorenzo sono insieme in cucina per colazione: arriva Michele e, visibilmente in collera, chiede al ragazzo come mai non abbia più intenzione di firmare l’accordo con la Agrifond, come ha saputo da Damiano. Lorenzo replica di aver solo richiesto una verifica più approfondita ma Michele si mostra contrariato e convinto che sia stato Baldoni a mettergli in testa inutili dubbi; quando cerca l’approvazione di Gloria si sente dire anche da lei che la prudenza non è mai troppa dal momento che stanno per vendere una grossa fetta della società. Una volta andatosene Michele, Gloria lascia intuire a Lorenzo qualcosa, dicendogli di essere prudente con un tono di voce che lascia intendere che lei ne sa più di quanto dice. Concluse le ricerche, Damiano ne espone i risultati a Lorenzo e Irene: solo apparentemente la Agrifond sembra al di sopra di ogni sospetto, in realtà utilizza strategie economiche per guadagnare a scapito degli agricoltori in difficoltà, come ha fatto con il precedente proprietario di Cascina Crespi, impadronendosi a poco a poco di tutta l’azienda per poi venderla appunto ai Crespi a un prezzo di favore. Avuta la certezza di un’alleanza ancora viva fra i Crespi e la Agrifond, Lorenzo fa sapere alla dipendente di quest’ultima di aver cambiato idea e di essere pronto a far saltare l’affare se non accetteranno la condizione di un Morra a guida della cascina. All’uscita dalla sede

della finanziaria, Lorenzo fa un segnale in codice a Irene che lo vede dalla sua auto e per telefono passa l’informazione a Ernesto, appostato a sua volta in macchina fuori da Cascina Morra per studiare le mosse di Michele. Proprio quando Ernesto riceve un’altra telefonata di Irene che lo avverte che la dipendente della Agrifond è appena uscita dalla sede della finanziaria, ecco che lui vede Michele uscire dalla cascina ed è evidente che non si può trattare di una semplice coincidenza. Ernesto lo segue in auto e poi a piedi all’interno di un centro commerciale affollato e caotico, tenendosi sempre in contatto telefonico con Irene; nel bel mezzo del pedinamento riceve la telefonata di Veronica, in collera per il fatto che lui non aveva mantenuto la promessa della cena e non l’aveva nemmeno avvertita: Ernesto rischia per un istante di perdere di vista Michele ma, chiudendo immediatamente la telefonata e seguendo il suo istinto, scende ai piani inferiori e riesce a ritrovarlo in compagnia nientemeno che dei Crespi e della dipendente della Agrifond. Come un improvvisato detective, Ernesto si nasconde dietro alle auto parcheggiate e scatta varie foto ai quattro, del tutto ignari della sua presenza.

Contemporaneamente a tutto ciò, qualcuno suona a casa di Ernesto: Fausto, l’unico a trovarsi al suo interno, vede dallo spioncino Gloria che lo chiama per nome e lo esorta ad aprire. Una volta entrata gli rivela di essere al corrente di tutto, di aver ascoltato la sua conversazione con Lorenzo, e gli dice di credere a quanto lui e Ernesto hanno scoperto. Non molto dopo arrivano Ernesto e Lorenzo, sorprendendosi di trovarla lì; Ernesto mostra a tutti le foto che testimoniano il legame fra Michele, i Crespi e la Agrifond. Lorenzo vorrebbe provare a ricattare Mi-

chele attraverso quegli scatti, costringendolo a confessare, per poi coinvolgere subito la polizia ma Fausto è contrario perché ritiene la cosa troppo pericolosa. Ernesto però trova che il piano di Lorenzo potrebbe funzionare, dal momento che ci sarebbero comunque loro tre pronti a intervenire per aiutare il ragazzo. Quella stessa sera, Ernesto va a casa di Veronica per spiegarle la delicatissima situazione e mentre lei si mostra ancora molto arrabbiata, lui le confessa di amarla: lei lo bacia, pronta ad aiutare lui e i Morra.

L’indomani il piano di Lorenzo viene messo in atto: il ragazzo aspetta l’arrivo di Michele seduto a un tavolino della trattoria dove lavora Veronica, che con un auricolare si tiene in costante contatto telefonico con Ernesto, appostato in macchina insieme a Fausto di fronte alla trattoria stessa. Appena Michele entra, Veronica avverte Ernesto. Quando Michele domanda a Lorenzo le ragioni del loro incontro in quel luogo, il ragazzo gli risponde di volergli mostrare una cosa lontano da occhi indiscreti e gli mette davanti le foto scattate da Baldoni. Con aria sicura gli dice: «Sei tu il complice dei Crespi, sei stato tu a uccidere Paolo e a inviare l’sms». Michele gli domanda senza mezzi termini che cosa voglia, visto che non l’ha ancora denunciato. Lorenzo risponde: «Tutti i soldi che mi ha offerto la Agrifond a fondo perduto e poi non voglio più sentir parlare dei Crespi, di te, di mio padre». Secondo il piano prestabilito con Fausto e Ernesto, Lorenzo dice a Michele di avere ventiquattrore di tempo per trovare il denaro e ripresentarsi lì, alla trattoria. Ma Michele, con l’aria di chi confessa una verità antica, dice che lui, Fausto e i Crespi sono complici da sempre, e sostiene di non poter prendere decisioni da solo, di do-

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ver parlare con Fausto; aggiunge che Fausto gli potrà spiegare il significato di quelle foto e di volerlo far incontrare subito con lui. Veronica nota immediatamente che sta accadendo qualcosa di diverso dal piano progettato: appena vede Lorenzo uscire dal locale insieme a Michele, lo riferisce a Ernesto. Prima di salire sull’auto di Michele, Lorenzo fa partire dal suo telefono una chiamata diretta al cellulare di Fausto per far in modo che possa ascoltare quanto lui e Michele si diranno e capire dunque dove quest’ultimo abbia intenzione di portarlo. Fausto sente così che Michele sta fingendo di portare Lorenzo a un incontro con suo padre e con i Crespi: a questo punto la preoccupazione di Fausto ed Ernesto sale alle stelle e mentre loro si mettono all’inseguimento dell’auto di Michele, dicono per telefono a Gloria – già a bordo della sua auto – di seguire i Crespi. Inizia così una lunga sequenza mozzafiato. Fausto mostra ad Ernesto i due fucili da caccia che per sicurezza aveva preso da casa sua ma si sente dire che sono privi di cartucce; a un incrocio di strade, per via di un furgoncino, i due perdono di vista l’auto di Michele e dicono a Gloria di raggiungere il prima possibile il luogo dell’incontro. Arrivata al casolare prima di loro, Gloria scende dalla sua auto e vede i Crespi, subito dopo anche Michele e Lorenzo. Il ragazzo domanda dove sia suo padre e Giacomo Crespi gli risponde dicendogli che ha rovinato tutto mentre gli affari avrebbero potuto funzionare, se loro fossero stati a capo della cascina e lui del birrificio. Quando Giacomo aggiunge che hanno commesso l’errore di averlo sempre sottovalutato, Lorenzo replica di aver creduto a lungo che loro fossero solo semplici truffatori e di aver considerato Michele come un secondo padre. Quest’ultimo, nel sentire ciò, ha un’espressio-

ne di sofferenza ma appena Nicola imbraccia il fucile puntandolo minacciosamente contro Lorenzo, non fa nulla per difenderlo, anzi si volta dall’altra parte; Lorenzo teme che per lui sia davvero finita, è pronto a sentire lo sparo ma arriva Fausto che minacciando i Crespi col fucile grida a Nicola di fermarsi. Dalla parte opposta del casolare entra anche Ernesto, anche lui puntando il fucile contro i Crespi e Michele, rimasti disorientati nel ritrovarsi davanti Fausto della cui morte erano ormai certi. Nicola posa il fucile a terra e Fausto, Lorenzo, Ernesto escono di corsa raggiungendo Gloria; allora i Crespi riprendono le loro armi e li inseguono. Inizia una corsa alla cieca fra le spighe di mais, su suggerimento di Fausto, nel tentativo di arrivare al più presto alle auto, mentre dietro di loro risuonano minacciosi gli spari dei Crespi. Fausto si ferma lasciando proseguire i suoi ed Ernesto, aspetta che i Crespi gli si avvicinino e cogliendoli alle spalle riesce a tramortire prima Giacomo e poi Nicola. Dal fucile di quest’ultimo però parte un colpo che ferisce piuttosto gravemente Fausto, che non riesce a trattenere un grido di dolore di cui si accorge Michele. Lorenzo tenendo Gloria per mano le impedisce di tornare indietro, facendola proseguire nella loro disperata corsa verso la salvezza. Di lì a poco Michele, disarmato, vede Fausto seduto a terra fuori dal campo di mais, con accanto il fucile che lui non sa essere scarico: sono soli ed è il momento della resa dei conti. Fausto esclama: «È finita Michele, ma non ti preoccupare, non sono come te, voglio solo che paghi per quello che hai fatto e basta»; Michele ribatte «che abbiamo fatto», e gli dice di essere arrivato a uccidere Paolo in nome della loro amicizia e per salvare Cascina Morra. Gli racconta i fatti di quella ter-

ribile notte: dice che Paolo aveva seguito Fausto e aveva scoperto tutto e per questo lui si è visto costretto a ucciderlo; gli dice che avrebbe voluto spiegargli ma era arrivato Lorenzo e allora lui era scappato. Poi era ritornato, aveva spostato l’auto di Paolo dentro alla quale aveva trovato il suo telefono e gli era venuta l’idea di mandare il finto sms, per cercare di sviare le indagini sapendo che Fausto sarebbe stato l’unico sospettato. «Anche cercare di uccidermi, l’hai fatto per me?» replica, tagliente, Fausto. Michele risponde di non aver avuto alternativa, da quando l’aveva considerato un traditore e gli aveva intimato di non ritornare alla cascina, poi dichiara che è facile dettare le condizioni con un fucile in mano e Fausto gli rivela che è scarico. In quella arriva Nicola, ferito ma ancora con il suo fucile e ancora in grado di sparare: Michele lo esorta a fare fuoco contro Fausto e per lui sarebbe davvero la fine se non arrivasse la polizia insieme ad Ernesto. Fausto sviene e viene portato d’urgenza in ospedale, mentre Gloria è al suo fianco.

Dopo un piccolo salto avanti nel tempo, vediamo tornare a splendere il sole su Cascina Morra: il murale di Viola è concluso e i suoi colori vivaci sembrano l’illustrazione presente sull’ultima pagina di un libro di fiabe a corredo di un sospirato lieto fine. Al birrificio è in corso una festa con ampia presenza di pubblico e Lorenzo tiene un bellissimo discorso di ringraziamento rivolto a sua madre e alla fidanzata Irene, definite come le donne più coraggiose che abbia conosciuto, a

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Milena che gli è sempre vicina nonostante studi medicina a Torino, a Ernesto e Veronica, due persone speciali che non hanno mai smesso di lottare. Infine dice di dover ringraziare più di tutti suo padre, che ha fatto degli errori, ma ha saputo rimediare, e ha fatto la cosa più importante che un padre possa fare per il proprio figlio: gli ha dato “una speranza da coltivare”.

Fausto dorme in un letto d’ospedale. A un tratto apre gli occhi. E la vita continua.

EEssenziale come il suo titolo, La strada di casa ci conduce con semplicità nel più complesso dei labirinti: la ricerca e la riscoperta di sé. Come della sua cascina di cui conosceva ogni angolo il protagonista, Fausto Morra, si trova a dover osservare e imparare quasi dal nuovo le caratteristiche, così è costretto a ripercorrere le tracce del suo passato con gli occhi indagatori di un estraneo, per ricostruire la verità sul suo mondo affettivo e sulla sua etica professionale. Il percorso si rivela tutt’altro che facile, anzi; diventa sempre più arduo e accidentato a mano a mano che Fausto si avvicina al cuore del mistero che lo attanaglia dal giorno del suo risveglio dal coma. Certo, la prima presa di consapevolezza della sua situazione è talmente forte da fargli credere di sprofondare in sabbie mobili senza via d’uscita e da fargli temere di poter restare prigioniero della vo-

ragine delle sue paure; ma superato il traumatico impatto col reale, il terreno apparentemente familiare su cui si trova a camminare comincia a rivelarsi qua e là sdrucciolevole e franoso. Solo per mezzo della propria intelligenza e della disponibilità a correre un rischio totale il protagonista riuscirà a capire davvero a fondo se stesso e chi lo circonda, a scoprire chi l’ha tradito, a ritrovare chi è sempre stato suo amico.

La fiction riesce in modo decisamente efficace a creare un intrigante contrasto fra la dimensione rassicurante degli antichi valori - la dedizione per il lavoro dei campi e l’attaccamento alla famiglia - e la linea narrativa thriller che si sviluppa a partire dalla scomparsa di un giovane ispettore della Asl. L’enigma della tragica fine del ragazzo cessa di restare al di fuori dei confini della cascina e delle pareti domestiche e si trasferisce all’interno delle relazioni umane e del viaggio nel ricordo e nella riappropriazione di sé del protagonista, attraverso la sobrietà di una sceneggiatura che racconta quest’ultimo senza nasconderne le fragilità e senza creare un finto eroe: Fausto Morra è semplicemente un uomo che riesce a ritrovare la strada di casa. La linea della detection si intreccia molto bene con quella del “romanzo famigliare”, in una struttura ben congegnata e bilanciata, dotata di una forte coerenza interna in termini sia drammaturgici sia estetici. Non passa inosservata l’estrema naturalezza della recitazione di Alessio Boni (Fausto Morra) e Lucrezia Lante della Rovere (Gloria, moglie di Fausto), dalle cui espressioni e dai cui gesti traspare l’intensità di emozioni vissute e non esibite; colpisce l’originalità con cui viene ritagliato il personaggio di Ernesto Baldoni (interpretato da Sergio

Rubini), veterinario incaricato di vigilare sulle aziende agricole: un personaggio solo apparentemente minore, che a poco a poco si conquista la scena, grazie alla sua simpatica ostinazione degna di un paladino di Ariosto, fino a diventarne sempre più protagonista verso la conclusione. Nelle ultime puntate il ritmo narrativo che prima si permetteva opportune pause in cui lasciar ascoltare allo spettatore la voce della campagna piemontese, sale di pari passo all’importanza della componente dell’investigazione, in un fortissimo crescendo che raggiunge il suo culmine quando l’ultima tessera della memoria di Fausto ricompone l’intero puzzle. Del tutto fedele alla cifra stilistica dell’essenzialità, l’estremo della tensione si giocherà allora nel più umile degli scenari, - la nuda terra tempestata da una pioggia incessante, che acquisterà a sorpresa la forza del palcoscenico di un dramma shakespeariano - e si manifesterà nel reciproco sospetto fra un padre e un figlio. Un sospetto trasformatosi nel tormento del dubbio, nella tenacia del silenzio, nella capacità dell’attesa, nel coraggio della speranza, fino al momento della verità.

Sullo sfondo di una campagna dai colori accesi, che diventa a tratti, per numerosi personaggi, paesaggio dell’anima, la fiction racconta dunque una storia che invita a metterci alla ricerca delle nostre più profonde e autentiche radici umane, un po’ per giorno, in sintonia con il ritmo della natura cadenzato e rasserenante, perfettamente ritratto da una colonna sonora che si concede di quando in quando lo slancio della felicità e del sogno, rimanendo saggiamente e coraggiosamente ancorata alla fatica quotidiana del lavoro dei campi e del mestiere di vivere.

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FILM

Film e Serial europei della stagione

La rivista, trimestrale, recensisce i film italiani ed europei che escono in Italia e le serie televisive, sempre italiane ed europee.

Pubblicato a cura del Centro Studi Cinematografici è un bimestrale di cinema, televisione e linguaggi multimediali nella scuola con più di trent’anni di vita. Si rivolge agli insegnanti, agli animatori culturali e a tutte le persone interessate al cinema. Ogni numero contiene saggi su temi attuali, schede critiche su film adatti alle diverse fasce di età, esperienze e percorsi connessi con la fruizione di film (serie televisive, immagini in genere), recensioni di libri, dvd e proposte veicolate da internet. Il costo dell’abbonamento annuale è di euro 35.00

Per ogni produzione riporta cast e credit. È uno strumento di lavoro utile per chi voglia avere un panorama della produzione cinematografica e televisiva nazionale e dell’Europa, una rivista di ricerca e approfondimento per cinefili e studiosi, per animatori culturali e insegnanti. Un archivio storico prezioso per Scuole, Università e Biblioteche.

Il costo dell’abbonamento annuo è di €26,00

Per abbonamenti: Centro Studi Cinematografici Via Gregorio VII, 6 - 00165 Roma - Tel/Fax 06.6382605email: info@cscinema.org Disponibile la versione digitale (PDF) gratuita scaricabile da www.cscinema.org www.centrostudicinematografici.it

Dal cuore alla mente!

Quaranta film appassionanti (che fanno riflettere) per imparare a parlare di cinema Un viaggio attraverso alcuni grandi film che hanno fatto la storia del Cinema. Dai capolavori del neorealismo italiano ai grandi classici americani del secondo dopoguerra fino ad alcuni film dei giorni d’oggi.

Per abbonamenti: Centro Studi

Cinematografici

Via Gregorio VII, 6 - 00165 Roma Tel. 06.6382605 - email: info@cscinema.org

Le 43 schede critiche che compongono il volume procedono - come suggerisce il titolodal cuore alla mente, ossia dall’impatto emotivo che normalmente la visione suscita nello spettatore all’analisi delle tecniche compositive e creative di cui il regista si è servito. Un approccio interessante, specialmente per un’arte giovane come il cinema che in poco più di un secolo è riuscita a fare passi da gigante sia dal punto di vista dei contenuti che della forma.

Albatros, Roma 2017 - pp. 460, €20.00 info@gruppoalbatros.com

Gli schermi dellanostalgia

West Side Story, Un eroe NowhereSpecial, È andatotutto bene

Spider-Man: No Way Home House of Gucci, Illusioni perdute CinemAmbiente, Bellinzona, Youngabout…

Mon Oncle d’Amérique Il fascino discreto della borghesia Alba tragica, Suspense

Speciale Centenario

Cinema e Grande Guerra

Il 24 maggio 2015 abbiamo ricordato l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Gli anniversari sono sempre fonte di rivisitazione e di stimolo verso più meditati giudizi su quanto è avvenuto. Lo Speciale propone un saggio e una raccolta di schede che fanno riferimento alla Prima Guerra Mondiale. Pur nella loro diversità tutti gli articoli possiedono un fil rouge che li unisce e che passa attraverso due diverse chiavi interpretative: il rapporto tra Cinema e Storia e il Cinema come elemento che contribuisce esso stesso a creare la Storia. Disponibile la versione digitale (PDF) gratuita scaricabile da www.cscinema.org

Euro 6,00 · Poste italiane SpA. Sped. in a.p. 70%DCRB-Roma Anno XXXVIIInuova seriePeriodico bimestralen. 151
CINEMA,TELEVISIONE ELINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLASCUOLA 151 GENNAIO-FEBBRAIO 2022
RS151_00-00_copertina_RS58_copertina 17/02/22 18:12 Pagina B

Giuseppe Gariazzo, Giancarlo Zappoli

Gli schermi e l’Islam 400 film

Centro Studi Cinematografici, Roma 2016 pp. 204, euro 10.00

Un libro per conoscere senza pregiudizi i mille volti dell’Islam raccontati tanto dai musulmani quanto dagli occidentali. Scheda 400 film, ognuno comprendente cast e credits, un’ampia sinossi e l’indicazione della distribuzione italiana o estera per la reperibilità delle copie.

L’intenzione è, prima di tutto, divulgativa. Il lavoro è stato infatti concepito come strumento utile non solo per gli addetti ai lavori, ma per insegnanti, educatori, associazioni al fine di comprendere in modo chiaro ed essenziale un argomento di estrema e complessa attualità.

Flavio Vergerio (a cura di)

L’invisibile nel cinema Falsopiano/Centro Studi Cinematografici Alessandria 2017 pp.206, euro 10.00

Il cinema che produce pensiero non è quello che mostra ma quello che occulta, che suggerisce, che interpella sull’oltre dell’immagine. Il cinema che invita a vedere, fra gli interstizi della narrazione per immagini, nelle ellissi, nei falsi raccordi di montaggio, nel fuori campo, nella sospensione del racconto. Il volume aggiunge voci diverse e diverse sensibilità di studiosi ai non pochi contributi usciti in questi ultimi anni su questo stimolante argomento.

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