Niente di nuovo sul fronte orientale
-------------------------------------------------------------------------------------------------------Il fragile equilibrio dei paesi di Visegrad, tra democrazia e “democratura” Lo sgambetto all’immigrazione Dal 2023, chiunque vorrà viaggiare da Belgrado a Budapest – e quindi, formalmente, entrare nell’area UE – avrà a disposizione una linea ad Alta Velocità nuova di zecca, finanziata per la gran parte da due aziende cinesi che puntano a trovare così uno sbocco commerciale in Europa. Appare curioso quindi, se non apertamente dissonante, che le centinaia di migliaia di migranti che dal 2015 provano a percorrere lo stesso tragitto trovino, invece, la strada sbarrata. Con la riapertura dell’ormai famigerata rotta balcanica, conseguente alla crisi tra Turchia e Grecia, i confini ungheresi rischiano di diventare uno strettissimo imbuto che potrebbe portare ad una catastrofe umanitaria. Merito – colpa, anzi – del muro fatto costruire dal premier ungherese Viktor Orban ai confini meridionali del paese. In realtà, i muri sono due: quello più celebre è quello al confine serbo, fatto costruire nel 2015 all’epoca in cui le migrazioni di massa erano più intense. Quell’anno furono 177mila i migranti che fecero richiesta d’asilo in Ungheria, e l’episodio della giornalista che sgambettò un padre in fuga con suo figlio in braccio è rimasto tristemente impresso nella memoria pubblica come episodio correlato a quella stagione. Il muro ha contribuito a ridurre gli arrivi nel paese, calati drasticamente fino ai soli 670 richiedenti asilo del 2018. Ma nello stesso tempo la stessa soluzione è stata replicata lungo il confine tra Ungheria e Croazia, con la costruzione di una barriera lunga il doppio rispetto a quella sul confine serbo (348 chilometri contro 175). 36
Scomodo
Marzo 2020