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TECNOLOGIA ALTERNATIVA La nostra epoca è caratterizzata dalla pressoché totale assenza di certezze, tranne una: la fiducia incrollabile nella tecnologia. Un termine derivato dal greco antico, ma per secoli non particolarmente in voga, che nell’odierno mondo globalizzato ha conosciuto una vera e propria apoteosi. Del resto la rivoluzione industriale, proprio grazie alla tecnologia, rendeva possibile, anche in assenza di grandi proprietà terriere, l’accumulo di patrimoni enormi. La tecnologia, non c’è dubbio, è alla base del progresso ed è per questo che, di fronte a ogni problema – dalla fame nel mondo alla sesta estinzione globale – sempre invochiamo la tecnologia che troverà una soluzione. Il discorso funziona alla perfezione finché non si toccano i temi ambientali, oggi al centro del dibattito. Grazie alla tecnologia sarà possibile fare le cose sempre più in grande, sempre di più, ma in base al concetto comune di sostenibilità si cercherà di attenuare il danno tramite nuove soluzioni tecnologiche: un circolo vizioso evidente che non lascia vie d’uscita. Guardando al passato remoto possiamo invece scoprire un numero infinito di forme di insediamento e di trasformazione del
paesaggio che hanno resistito alla prova del tempo, anche per migliaia di anni. Sono realizzate con pochi mezzi, secondo principi rigorosamente Soft- o LowTech e rivelano un incredibile ingegno, saggezza e bellezza. La riscoperta del valore dell’architettura vernacolare, spesso nelle sue forme più arcaiche, era del resto già partita nel 1964 con il celebre, anche se inizialmente aspramente criticato, Architettura senza architetti di Bernard Rudofsky. Oggi una corrente più radicale e di grande interesse, come nel lavoro teorico di Julia Watson, nelle opere di Martin Rauch, di Gilles Perraudin, di Anna Heringer o del neoPritzker Francis Kéré si spinge ancora di più alle origini, alle radici, alla ricerca di esempi e di principi basati sulla profonda conoscenza dell’ambiente e che forniscono una base di apprendimento e di ridimensionamento di una tecnologia di cui ormai la nostra società sembra aver perso il controllo. Tradizioni molto antiche, appartenenti a società che hanno vissuto, se non talvolta prosperato, più a lungo di tanti imperi.
Martin Rauch Artista, artigiano e imprenditore, con la sua società Lehm Ton Erde (terra e argilla) è diventato un riferimento europeo per le costruzioni in pisé. IoArch 20/2008 - bit.ly/3zuXsCi
Diébédo Francis Kéré Premio Pritzker 2022, Kéré fa dell’architettura uno strumento di giustizia sociale, di riscatto e di speranza per comunità povere. IoArch 36/2010 - bit.ly/39okQ9V
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IOARCH_100
Una corrente di grande interesse è rivolta a ritrovare un riequilibrio tra risorse disponibili e contesto ambientale di riferimento, ridimensionando il ruolo di una tecnologia che sembra oggi esserci sfuggita di mano.
Anna Heringer Architetto e attivista tedesca, Heringer ha vissuto diversi anni in Bangladesh. Nel 2020 con l’Anadoly Building ha vinto l’Obel Award. IoArch 70/2017 - bit.ly/3Qe3QUC