FONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano - Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% - D.L. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004 n. 46) - Art. 1 Comma 1 - DCB Milano
ioArch Anno 16 Luglio 2022 euro 9,00
ISSN 2531-9779
100
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26 SOMMARIO ioArch 100
30
DESIGNCAFÈ 12 Grafton Architects vince l’EU Mies Award 14 / 148 / 188 Libri 16 Donne in Architettura, una mostra a Copenhagen
FOCUS
18 Nanda Vigo, the Inner Space a Bordeaux
42 Il teatro ideale di Gabriele D’Annunzio | MARGRAF
20 Joe Colombo, un visionario concreto
44 Isolamento acustico e termico | SCHÜCO PWS
22 Morphology di Antonio Barrese
46 Lucernari nella stazione di Kielce | FAKRO
24 Valencia World Design Capital
48 Serramenti performanti | SECCO SISTEMI
26 Unknown Unknowns, 23ª Triennale Milano
50 Acoustic Technology | CAIMI
30 Le Storie di LPP | GIANCARLO DE CARLO
52 Dalla vetroresina all’isolamento termico | BRIANZA PLASTICA
40 Reinventing Cities 54 I quattro cilindri Bmw 112 Premio architettura Toscana
WORK IN PROGRESS 56 Milano | LA FABBRICA DELLA SCALA 58 Milano | PARK ASSOCIATI, TRASFORMAZIONE URBANA
REPORT 32 Evoluzione dell’imprenditoria di progetto di Aldo Norsa
60 Milano | OBR, BASSI BUSINESS PARK 62 Milano | PARK ASSOCIATI, PROGETTO RESIDENZIALE 64 Segrate | MAB ARQUITECTURA, MILANO4YOU 66 Roma | CHAPMAN TAYLOR, CINECITTÀDUE 68 Durazzo | STEFANO BOERI E SON, PARCO ARCHEOLOGICO 70 Innsbruck | HENNING LARSEN, NUOVA SEDE MCI 72 Göteborg | HENNING LARSEN, WORLD OF VOLVO 74 Tilburg | POWERHOUSE, EDIFICIO UNIVERSITARIO 76 Praga | BIG, NUOVA FILARMONICA 78 Mannheim | HENN, FORUM DELLA LINGUA TEDESCA
92
80 Middelfart | EFFEKT, NATURBYEN 82 Heidelberg | DEGELO ARCHITEKTEN, CENTRO CONGRESSI 84 Dakar | KÉRÉ ARCHITECTURE, GOETHE INSTITUT 86 Nanchino | BÜRO OLE SCHEEREN, NEXUS 88 Lianzhou | PENDA CHINA, CENTRO POLIFUNZIONALE
113 SOMMARIO ioArch 100
ZEITGEIST
149
149 di Carlo Ezechieli 150 Confini fluidi
ARCHIWORKS 90 Parco archeologico di Ostia Antica | STEFANO BOERI
154 Materia profonda
92 Anselm Kiefer in mostra a Palazzo Ducale
158 Tecnologia alternativa
98 L’iceberg | MARIO CUCINELLA ARCHITECTS
162 Virtualità reale
106 Trasformazioni culturali | DAVID CHIPPERFIELD
164 La nuova kunstbau
108 Un workplace fotonico | BIG, HEATHERWICK
168 Estetica neutrale 172 Territorio decentrato
LPP - ARCHITETTI ITALIANI
176 Consumismo divergente 180 Le città del Duemila
113 di Luigi Prestinenza Puglisi 114
2006 | BENEDETTA TAGLIABUE
LUCE
116 2007 | GUIDO CANALI
182 La progettazione illuminotecnica | JACOPO ACCIARO
118 2008 | GUENDALINA SALIMEI 120 2009 | MARIA GIUSEPPINA GRASSO CANNIZZO
ELEMENTS - THE BEST 100
122 2010 | MARIO CUCINELLA
189 a cura di Elena Riolo
124 2011 | ABDR 126 2012 | MARCO CASAMONTI 128 2013 | ALBERTO CECCHETTO 130 2014 | STEFANO BOERI 132 2015 | MICHELE DE LUCCHI 134 2016 | MASSIMILIANO FUKSAS 136 2017 | GIANLUCA PELUFFO E ALFONSO FEMIA 138 2018 | CINO ZUCCHI
189
140 2019 | MASSIMO ALVISI E JUNKO KIRIMOTO 142 2020 | RENZO PIANO 144 2021 | ITALO ROTA 146 2022 | STEFANO PUJATTI
Direttore editoriale Antonio Morlacchi
Contributi Jacopo Acciaro, Luisa Castiglioni Carlo Ezechieli, Roberto Malfatti Aldo Norsa, Luigi Prestinenza Puglisi Elena Riolo
Direttore responsabile Sonia Politi
Grafica e impaginazione Alice Ceccherini
Comitato di redazione Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi, Sonia Politi
Marketing e Pubblicità Elena Riolo elenariolo@ioarch.it
Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it Fotolito e stampa Errestampa
Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00 Abbonamenti (6 numeri) Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386
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Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004. Periodico iscritto al ROC-Registro degli Operatori della Comunicazione. Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano ISSN 2531-9779
› EDITORIALE
La copertina di Emilio Isgrò La Repubblica promuove il patrimonio, 2010 Acrilico su tela montata su tavola 70 x 50 cm Courtesy Archivio Emilio Isgrò
La Costituzione, Articolo 9 La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
Allargare lo sguardo
L’opera di Emilio Isgrò con cui si apre questo numero 100 di IoArch segnala inequivocabilmente l’intrinseca contraddizione di un sistema economico che, basato esclusivamente su prospettive di guadagno a breve termine, non è in grado di aff rontare temi di vasta portata che riguardano la collettività e l’ambiente. Temi che, seppure largamente ignorati, IoArch ha esplorato già dai primi numeri, come ci ricorda il servizio di Carlo Ezechieli che ripropone interviste illuminanti e chiede a nove architetti di nominare l’opera a loro avviso più significativa degli ultimi vent’anni. Abbiamo poi chiesto a Luigi Prestinenza Puglisi di disegnare un ritratto critico di 17 architetti italiani, uno per ogni anno del nostro giornale, per fare il punto sullo stato dell’architettura italiana oggi. Infi ne, qual è stata l’evoluzione del design, dei materiali e IoArch 100 SPECIAL ISSUE La raccolta digitale delle interviste di Carlo Ezechieli
dei sistemi? Più che una rassegna, i 100 The Best di questo numero sono indicativi del grado di innovazione che, spesso silenziosamente, le forze produttive hanno introdotto per migliorare la qualità di vita e limitare l’impatto ambientale della manifattura. Guardare al passato serve per costruire il futuro, scrisse qualcuno. E per avviare un dibattito concreto sui modi e le forme per aff rontare questioni fondamentali e non più rinviabili, a cominciare dal cambiamento climatico.
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› DESIGNCAFÈ
GRAFTON ARCHITECTS VINCE L’EU MIES AWARD 2022 PREMIO ARCHITETTO EMERGENTE ALLA COOPERATIVA LACOL
Co-finanziato dal Programma Europa Creativa e dalla Fundació Mies van der Rohe, il premio biennale dell’Unione Europea Mies van der Rohe Award venne istituito nel 1987 per valorizzare il contributo dell’architettura europea allo sviluppo urbano contemporaneo. All’ultima edizione hanno partecipato 532 opere di 41 Paesi, da cui è scaturita la shortlist che comprendeva anche due opere di architetti italiani: la casa per le arti contemporanee Z33 a Hasselt (Belgio) di Francesca Torzo – finalista – e la scuola Enrico Fermi di Bdr Bureau a Torino. La scelta finale della giuria è caduta sulla Town House della Kingston University London, un edificio di 10mila metri quadrati progettato da Grafton Architects, completato nel 2019 e già vincitore nel 2021 del Riba Stirling Prize. Essenzialmente una biblioteca universitaria in cui trovano spazio molteplici ambienti aperti anche a chi non è studente della Kingston: locali dove studiare insieme, ambienti per la danza, una caffetteria e un’ampia corte ad [ 12 ]
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Sopra, Grafton Architects Town House Kingston University (ph. ©Dennis Gilbert). In basso l’housing collettivo di Lacol per la cooperativa La Borda di Barcellona (ph. ©Alice Clancy).
anfiteatro che può essere temporaneamente chiusa con pareti mobili per ospitare talk, conferenze e performance. La generosità verso la collettività è resa evidente dal lungo colonnato del fronte su strada, rilettura del tradizionale portico urbano, che crea un nuovo spazio pubblico, e dalle terrazze e balconate che ai livelli superiori animano la vita della cittadina e rendono trasparente ciò che accade all’interno dell’edificio. L’attenzione dell’EU Mies Award all’abitare sociale è confermata dal premio Architetto Emergente assegnato a Lacol Arquitectura e alla cooperativa edilizia La Borda di Barcellona per un progetto residenziale di coabitazione basato sulla proprietà e la gestione condivisa di risorse e capacità. Lacol è una cooperativa di quattordici professionisti con conoscenze diverse che considera i propri progetti strumenti attivi per promuovere un cambiamento politico e urbano basato sulla sostenibilità sociale, ecologica ed economica
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L’ex fabbrica di abbigliamento degli anni ’30 situata a Londra, Harella House, rivive in un luminoso spazio di lavoro dopo un attento restauro. L’edificio ha ottenuto la classifica BREEAM Excellent per la riduzione delle emissioni di carbonio del 47% grazie anche alla sostituzione degli infissi “ferrofinestra” con serramenti OS2 75 di Secco Sistemi dalla perfetta somiglianza con gli originali e dalle elevate prestazioni di isolamento. OS2 75 è disponibile in Corten, ottone, acciaio inox e zincato.
credit: AJack Hobhouse
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› DESIGNCAFÈ
Due immagini da Milano ritratti di fabbriche. Sopra, via Giuseppe Ripamonti, a sinistra, via Giovanni Cadolini. ©Gabriele Basilico, Archivio Gabriele Basilico.
L’OMBRA DELLE FABBRICHE
Gabriele Basilico, a cura di Giovanna Calvenzi Milano ritratti di fabbriche 24 Ore Cultura, Milano, 2022 160 pp, 39 euro - ISBN 978-88-6648-603-9
UNA NUOVA EDIZIONE DELLO STORICO VOLUME DI GABRIELE BASILICO CHE RACCOGLIE LA PRIMA GRANDE INDAGINE FOTOGRAFICA DELL’ARCHITETTURA INDUSTRIALE MILANESE
“Preludio involontario a una messa in scena del funerale dell’architettura industriale”, come scrive Fulvio Irace nella prefazione, il progetto fotografico Ritratti di fabbriche intrapreso da Gabriele Basilico di concerto con l’Istituto Nazionale di Urbanistica nel 1978 precedeva di un decennio l’avvio della consultazione per la riconversione della Bicocca che avrebbe dato il via alla radicale trasformazione del tessuto urbano di Milano ancora oggi in corso. Eppure ne anticipava profeticamente la ‘necessità’: dopo un secolo, quelle espressioni architettoniche e urbane dei tempi nuovi che [ 14 ]
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nello sguardo di Basilico apparivano sospese e silenti in una Milano più pulita di quella ritratta da Sironi ma metafisiche come le piazze di De Chirico erano ormai superate. Il colpo di grazia sarebbe arrivato anni dopo, con la liberalizzazione clintoniana dei mercati fi nanziari, e oggi – documenta Stefano Boeri nel suo contributo – 6 milioni di metri quadrati, pari al 13 per cento del territorio comunale, sono stati dismessi. Come i 160mila individui e famiglie rimasti senza lavoro. Ma perché parlarne a proposito di quel che in fondo è un libro di fotografia?
Perché quella ricerca fotografica fu insieme un’opera autoriale, con le ombre nette in bianco e nero e i tagli grafici perfetti, un repertorio urbano e un documento politico. Magnificamente confezionato per la cura di Giovanna Calvenzi, dei quasi 5.000 scatti originali il volume di 24 Ore Cultura ne riproduce 58 a tutta pagina e 156 in miniatura, come nella prima edizione di SugarCo del 1981
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› DESIGNCAFÈ
Da sinistra, Siv Helen Stangeland, Tatiana Bilbao e Débora Mesa. Sopra, le loro installazioni in mostra al Dac (ph. Laura Stamer).
DONNE IN ARCHITETTURA FINO AL 23 OTTOBRE UN’ESPOSIZIONE AL DANISH ARCHITECTURE CENTER DI COPENHAGEN
La visibilità delle donne architetto è tuttora piuttosto scarsa, eppure, integrando per prima la cucina con il living, la danese Ulla Tafdrup (1907-1996) aprì la strada all’attuale tendenza della zona giorno aperta. Inoltre, furono altre donne architetto a sostenere che i bambini dovessero avere una propria camera da letto. Già percorso altre volte, il tema delle donne in architettura può suonare retorico o addirittura un alibi per giustificare il gender gap esistente, e molte donne architetto desiderano essere considerate esclusivamente per la professione e non per il genere, ma oltre a rivelare modi diversi e spesso trascurati di lavorare, l’esposizione solleva un dibattito che la precarietà dei rapporti di lavoro rende attuale. Se da una parte la mostra del Dac si concentra [ 16 ]
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sull’esperienza scandinava, con una parte storica e con i lavori di donne architetto danesi come, tra le altre, Dorthe Mandrup, Lene Tranberg, Lene Dammand Lund, Thea Christine Høeg & Christina Gimenez, dall’altra espone le installazioni site-specific che Tatiana Bilbao, Siv Helene Stangeland (Helen & Hard) e Débora Mesa (Ensamble Studio) hanno realizzato per questa mostra, tutte ispirate al saggio A Room of Own’s Own (una stanza tutta per sé) dove nel 1929 Virginia Woolf scriveva che per contare, le donne avrebbero dovuto prima di tutto diventare indipendenti economicamente. Così, con le strutture circolari di mattoni di A Room, You and Us Tatiana Bilbao sintetizza la sua ricerca di gradualità nella transizione tra lo
spazio pubblico e quello privato, contrapposta alla stretta dicotomia che specie nelle città ciascuno sperimenta ogni giorno. Il guscio in legno Body & Mind Spa sintetizza lo spazio per rituali di meditazione che Helen & Hard hanno concepito per la casa di vacanze dell’artista serba Marina Abramović. In carta e cartone infine, l’installazione The Room è il risultato di un processo creativo con cui, smontando e ricomponendo in altro modo semplici scatole di cartone, Débora Mesa e Antón García-Abril (Ensamble Studio) si interrogano sui reali confini di una stanza: senza pareti e pavimento non lo è più ma diventa un altro genere di rifugio, più intimo e meglio interconnesso con l’ambiente circostante
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› DESIGNCAFÈ ANYWAY: NANDA VIGO A BORDEAUX LA MOSTRA L’ESPACE INTÉRIEUR RICOSTRUISCE LO SPAZIO-TEMPO DELL’ARTISTA E DESIGNER MILANESE SCOMPARSA DUE ANNI FA
Fino all’8 gennaio 2023 al Musée des arts décoratifs et du design (Madd) di Bordeaux la mostra Nanda Vigo, the inner space è prima monografica in Francia dedicata all’artista e designer italiana. Più che una presentazione cronologica della sua carriera, si tratta di un’esperienza che permette al pubblico di vivere la dimensione multipla del suo lavoro non collocabile nei confini dei settori architettura, arte, design. Come lei stessa dichiarò: “Identificazione: incerta. Architetto: riduttivo. Artista: riduttivo. Designer: riduttivo. Pioneer: maybe. Anyway: Nanda Vigo”. Rinnovandosi costantemente, Vigo (1936-2020) si è affermata nell’universo prevalentemente maschile dell’avanguardia guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione di artisti come Lucio Fontana, con cui ha collaborato in diverse occasioni. Per comunicare il valore contemporaneo, innovativo e totale dell’opera di Nanda Vigo, l’esposizione ricostruisce diversi ambienti e installazioni storiche. Vetro, alluminio, specchi e luci al neon, materiali caratteristici del suo lavoro, riecheggiano l’uno con l’altro per fare appello ai sensi dei visitatori e conferire materialità alla riflessione dell’artista. Organizzata in collaborazione con l’Archivio Nanda Vigo, fondato a Milano dall’artista stessa nel 2013, la mostra si sviluppa negli spazi dell’ex carcere di Bordeaux, che dal 2016 ospita mostre temporanee di design. I due cortili e il corridoio sono dedicati a installazioni di grandi dimensioni in cui il pubblico è invitato a entrare, mentre le tredici celle presentano ispirazioni, collaborazioni e alcuni dei suoi interni
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Nanda Vigo e la lampada Golden Gate, Arredoluce 1969-70 (ph. ©Ugo Mulas, Archivio Nanda Vigo).
Ambiente Cronotopico, Eurodomus, Torino, 1968 (ph. ©Ugo Mulas); sotto, Genesis light, 2006 (©Archivio Nanda Vigo).
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› DESIGNCAFÈ JOE COLOMBO UN VISIONARIO CONCRETO Andandosene troppo presto non poteva immaginare il futuro un po’ distopico del cambiamento climatico: quello di Joe Colombo (1930-1971) era ancora il futuro ottimistico della Città Nucleare, con le residenze sopra e le automobili, i servizi e i magazzini sottoterra, ma se fosse rimasto un altro po’ forse le Edicole Televisive che aveva installato alla Triennale di Milano nel 1954 sarebbero diventate i touchscreen inventati invece da qualcun altro, in quell’accelerazione dell’innovazione prodotta dalla globalizzazione dei mercati e della finanza inimmaginabile negli anni Sessanta. Fino al 14 settembre con la mostra “Caro Joe Colombo, ci hai insegnato il futuro” la Galleria d’Arte Moderna di Milano ricorda il profeta del design – come lo definì Stefano Casciani. La mostra, a cura dell’architetto Ignazia Favata, dal 1968 storica collaboratrice dello studio, ripercorre l’intero percorso professionale e di sperimentazione dell’architetto e designer milanese, con gli oggetti prodotti tra gli altri per B-Line, Kartell, Bonacina, Longhi, Olivari, le lampade di Oluce e Stilnovo e immagini, disegni e ricostruzioni degli arredi del jazz club Santa Tecla (con Enrico Baj e Sergio Dangelo), del controsoffitto in metacrilato
dell’albergo Continental a Platamona che gli valse un premio In/Arch nel 1964, del Sistema Programmabile per Abitare e dei suoi Habitat Futuribili. Tra i numerosi premi, Joe Colombo vinse anche due Compasso d’Oro, per la lampada Spider prodotta da Oluce (1965) e per il Candyzionatore della Candy nel 1970. La mostra della Gam è organizzata con il sostegno dei partner B-Line, Bonacina 1889, Oluce, Trep+ e il contributo dei partner tecnici Fantoni e Stilnovo (Linea Light Group).
«Il designer non disegnerà più solo con la matita, ma creerà con la collaborazione di tecnici, scienziati, professori e dottori e, in un futuro abbastanza immediato, con un cervello elettronico»
Joe Colombo
FORMAFANTASMA NELLA DRAGON ROCK Fino al 14 novembre Formafantasma (Andrea Trimarchi e Simone Farresin) si confronta con l’architettura modernista della casa-studio del designer americano Russel Wright (1904-1976) a Garrison (New York). Promossa da Magazzino Italian Art, il centro museale e di ricerca di Cold Spring diretto da Vittorio Calabrese in collaborazione con Manitoga/The Russel Wright Design Center, l’installazione site specific di Trimarchi e Faresin sottolinea la natura parallela delle pratiche di Formafantasma e di Russel Wright: ognuno lavora intuitivamente con l’ambiente circostante per produrre sinergie senza soluzione di continuità. Nel processo curatoriale la selezione dei lavori – circa 20 pezzi scelti tra i primi lavori dello studio – ha tenuto in [ 20 ]
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Photo by Michael Biondo. Courtesy of Manitoga / Michael Biondo Photography
considerazione le narrazioni preesistenti a Manitoga: la casa, il paesaggio e la pratica personale del designer americano, portando alla luce un fruttuoso riconoscimento dell’architettura all’interno del lavoro di Formafantasma
e permettendo a Trimarchi e Farresin di trattare la casa non solo in quanto spazio espositivo ma bensì di introdurvi gli oggetti in accordo con l’ambiente. «Anche se quasi un secolo li separa, sia il lavoro di Wright che quello di Formafantasma affrontano le problematiche ambientali – ha commentato Allison Cross, executive director di Manitoga – chiedendosi se il design può essere custode della natura e del nostro futuro».
B-Line è un’azienda specializzata in arredamento di design che, fin dagli esordi, affianca prodotti contemporanei ad evergreen del passato, come il famoso Boby di Joe Colombo. Progetti concreti, trasversali e flessibili frutto di collaborazioni con designer internazionali e di produzione esclusivamente italiana.
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› DESIGNCAFÈ MORPHOLOGY LA GENETICA META-LINGUISTICA DI ANTONIO BARRESE IN MOSTRA ALLA FONDAZIONE SOZZANI DI MILANO
Dal 1965 Antonio Barrese (Milano, 1945) si è dedicato con pari intensità all’Arte Cinetica, al design – tra il 1975 e il 1989 vinse tre premi Compasso d’Oro – alla narrativa visuale, alla didattica, alla teoria dell’arte e del progetto, alle ricerche morfologiche, alla fotografia e al cinema sperimentale. Un incessante lavoro di ricerca che l’artista definisce di genetica meta-linguistica e che riguarda la genesi stessa della forma, nella convinzione che quest’ultima sia infine il più alto dei contenuti e che determini le strutture linguistiche di un mondo ancora inesplorato, del “mondo che sta per essere” e che l’arte avvera. Curata da Stefania Gaudiosi la mostra Morphology, alla Fondazione Sozzani di Milano fino all’11 settembre, presenta il complesso di opere recenti di Barrese ponendolo in dialogo con le ricerche precedenti e con la globalità del suo lavoro, che si configura nel complesso come corollario di una indiscriminata, estesa e febbrile ricerca formale.
Antonio Barrese, Albero di Luce, 2009/2010. La più grande installazione ambientale cinetica e luminosa mai realizzata. Alto 33 metri, con un diametro alla base di 18, ruotava a circa 40 giri al minuto.
Giacomo Manzù, Cardinale, 1952. A sinistra, Massimo Campigli, Le Amazzoni, 1928 (©2022, ProLitteris).
RITORNO ALL’ORDINE CAPOLAVORI DELL’ARTE MODERNA ITALIANA AL MASI DI LUGANO
Nasce da una collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia la selezione di trenta capolavori dell’arte italiana realizzati tra le due guerre che rimarrà esposta fino al prossimo 29 gennaio nella sede di Palazzo Reali del Museo d’Arte della Svizzera Italiana di Lugano. Era quello il periodo del ‘ritorno all’ordine’ promosso da Margherita Sarfatti che teorizzava il superamento delle avanguardie del primo Novecento – prima fra tutte quella Futurista – in favore del recupero delle forme classiche e della semplificazione compositiva e formale propri della tradizione primitiva [ 22 ]
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e rinascimentale italiana. L’allestimento segue un ordinamento per autore – da Mario Sironi, che con l’autobiografico antieroe de Il Bevitore, dipinto nel 1923/24, apre idealmente la mostra – a Carlo Carrà, Massimo Campigli, Giacomo Manzù, Ottone Rosai e Scipione, con esempi significativi come Le amazzoni e Donna ingioiellata di Campigli, Casine sul Sesia e Mattino sul mare di Carrà, i Giocatori di toppa e il Venditore ambulante di Ottone Rosai, le sculture Ragazza sulla sedia e Cardinale di Manzù e, ancora, la serie di Scipione dedicata al Cardinal Decano.
GUARDIANI DELLA BELLEZZA NELLE SALE VUOTE DELLE RESIDENZE SABAUDE, IL LAVORO DEI PROFESSIONISTI DEL CENTRO DI CONSERVAZIONE E RESTAURO LA VENARIA REALE
Fino al 18 settembre negli spazi della Palazzina di Caccia di Stupinigi le fotografie in grande formato di Silvano Pupella, scattate nel corso della fase più dura della pandemia, documentano la continuità del lavoro di conservazione nelle residenze sabaude. Nelle immagini e nel video-racconto della mostra restauratori, diagnosti e storici dell’arte del Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale si muovono tra arredi e opere d’arte per svolgere l’attività di conservazione preventiva e manutenzione programmata strategica per la tutela presente e futura del patrimonio culturale nazionale. La mostra Guardiani della Bellezza è organizzata in collaborazione con Fondazione Ordine Mauriziano e con il contributo di Fondazione Crt.
› DESIGNCAFÈ L’installazione che accoglie i visitatori all’aeroporto e la Città della Scienza che ospita molte iniziative della Wdc. Sotto, il ventaglio ‘Valencia’ di Luisa Bocchietto (ph. ©Nerea Coll).
VALENCIA WORLD DESIGN CAPITAL 2022 La prima fu Torino nel 2008, cui seguirono Seoul, Helsinki, Città del Capo, Taipei, Città del Messico. L’ultima Lille nel 2020. Ora tocca alla città spagnola scelta come “World Design Capital per il 2022 perché ha saputo raccogliere un’eredità manifatturiera importante per trasformarla in una nuova tradizione legata al design”, come ha spiegato Bertrand Derome, direttore generale della World Design Capital Organization. Il calendario di iniziative – oltre 100 eventi, 150 ospiti internazionali e quasi 100 enti coinvolti – mira a mettere sotto i riflettori alcuni valori universali: salute e benessere, didattica del design, economia e innovazione, patrimonio e identità, sostenibilità ambientale ed equità, inclusione e diversità. Come dire che il design non è più soltanto industria e prodotto, ma anche processo, servizio, strumento di miglioramento della vita quotidiana. L’obiettivo complessivo è quello di [ 24 ]
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provocare un vero impatto positivo su Valencia e sul suo tessuto sociale, economico e creativo. L’evento è infatti pensato per trascendere il 2022: una serie di progetti a lungo termine proseguiranno anche oltre la conclusione della manifestazione. Tra le tante mostre in programma si segnala una retrospettiva sul lavoro di Jaime Hayon; Anni y Josef Albers. El arte y la vida, curata da Julia Garimorth in cui 350 opere tra dipinti, fotografie, tessuti, materiale documentario e mobili raccontano le tappe fondamentali della carriera di questa coppia di artisti; e Disegnar El Aire, mostra collettiva curata da Vicent Martínez sul legame tra design e artigianato, preso in esame attraverso un pezzo iconico di Valencia: il ventaglio. Sono venti gli artisti e designer internazionali invitati, da Nani Marquina a Sohei Arao & Sumiko Arao a Luisa Bocchietto, past president Adi e World Design Organization
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› DESIGNCAFÈ
Unknown Unknowns: sopra, Jessica Wynne, Carlo Rovelli, 2022 (courtesy Edwynn Houk Gallery, ph. Jessica Wynne). A sinistra, il premio Pritzker Francis Kéré che curerà l’installazione Yesterday’s Tomorrow, l’astrofisica Ersilia Vaudo, curatrice della mostra tematica e il presidente di Triennale Milano Stefano Boeri (ph. ©Gianluca Di Ioia).
23A ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI TRIENNALE MILANO
UNKNOWN UNKNOWNS
AN INTRODUCTION TO MYSTERIES La 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano è uno degli appuntamenti più importanti dedicati al design e all’architettura in campo internazionale ed è promossa in collaborazione con il Bureau international des expositions (Bie) e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La mostra tematica Unknown Unknowns, curata dall’astrofisica Ersilia Vaudo, Chief diversity officer all’Agenzia spaziale europea, che ne costituirà il centro nevralgico, cercherà di rispondere a una serie di domande su quello che ancora ‘non sappiamo di non sapere’ in diversi ambiti: dall’evoluzione della città agli oceani, dalla genetica all’astrofisica. Un’esperienza profonda, che coinvolgendo designer, [ 26 ]
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architetti, artisti, drammaturghi e musicisti, darà la possibilità di rovesciare la nostra idea di mondo. In programma dal 15 luglio all’11 dicembre 2022, il percorso presenterà più di cento tra opere, progetti e installazioni di artisti, ricercatori e designer internazionali. Unknown Unknowns affronterà una serie di tematiche tra cui la gravità, considerata il più grande designer, un artigiano che modella l’universo cui apparteniamo; le mappe, sistemi attraverA sinistra, Michelangelo Pistoletto, Mappamondo, 1966-1968 (ph. courtesy Galleria Lia Rumma)
› DESIGNCAFÈ
Sopra, Anna Dumitriu, Alex May, ArchaeaBot: A Post Climate Change, Post Singularity Life-form, 2018 (courtesy Anna Dumitriu e Alex May, ph. Alex May). A sinistra, Kuang-Yi Ku, Moon Ginseng, 2018 (courtesy of the artist, ph. Kuang-Yi Ku). Sotto, Alex Cerveny, Mondo Reale: stop, look and listen, 2022 (ph. Edouard Fraipont).
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› DESIGNCAFÈ
Jaider Esbell, Untitled, 2021 (©Jaider Esbell Estate, ph. Bruno Leão); a destra l’installazione site-specific di Bosco Sodi Perfect Bodies, 2022 (courtesy Bosco Sodi, ph. John Rohrer).
so cui orientare traiettorie e percorsi; le nuove sfide dell’architettura, che si apre a prospettive inedite come quella di abitare lo spazio extraterrestre. La mostra tematica comprenderà quattro special commissions che Triennale ha affidato al designer giapponese Yuri Suzuki, alla designer italiana Irene Stracuzzi, al collettivo di architetti statunitensi Som e all’artista turco-americano Refik Anadol. Oltre alle opere commissionate la mostra includerà una serie di installazioni site-specific tra cui quelle realizzate da Andrea Galvani, Tomás Saraceno, Bosco Sodi, Protey Temen, Julijonas Urbonas e Marie Velardi. Lungo il percorso espositivo saranno inoltre presenti quattro Listening Chambers, spazi in cui il suono si fa parola e il visitatore può abbandonarsi alle narrazioni di personalità del mondo scientifico. E così il neuroscienziato Antonio Damasio affronterà il tema del sé e della coscienza, il fisico teorico Carlo Rovelli quello del tempo, il filosofo della biologia Telmo Pievani rifletterà sull’origine della vita e la fisica teorica Lisa Randall sul mistero di ciò che sta al di là dei nostri sensi. In linea con la tradizione delle Esposizioni Internazionali di Triennale, la 23ª edizione includerà la mostra tematica e una sezione dedicata a 22 partecipazioni internazionali. Francis Kéré curerà gli allestimenti negli spazi [ 28 ]
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comuni di Triennale e l’installazione Yesterday’s Tomorrow, che riunisce le voci del continente africano e della sua diaspora. Oltre alla mostra tematica, l’Esposizione Internazionale ospiterà anche altre due grandi mostre: Mondo reale, ideata da Hervé Chandès, direttore artistico generale della Fondation Cartier pour l’art contemporain, e La tradizione del nuovo, curata da Marco Sammicheli, direttore del Museo del design italiano di Triennale. Ci saranno anche una serie di installazioni e progetti speciali che vedranno coinvolti gli storici dell’arte Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, il musicista e scrittore Francesco Bianconi, il filosofo Emanuele Coccia – curatore del catalogo in due volumi dell’Esposizione e della videoinstallazione
che accoglierà il pubblico introducendo i temi delle mostre – l’artista Romeo Castellucci, Ingrid Paoletti, docente del Politecnico di Milano, per finire con un’opera cinematografica di Andrea Branzi. A queste figure Triennale ha commissionato dei progetti che saranno parte integrante della manifestazione. Nell’ottica del riuso e della sostenibilità, l’allestimento della mostra tematica – progettato da Space Caviar e realizzato da Wasp – sarà interamente creato attraverso la stampa 3D. Verrà prodotto negli spazi di Triennale da grandi stampanti, sviluppate per questa specifica applicazione architettonica, utilizzando solo materiali di origine naturale e in gran parte derivati da sottoprodotti dell’industria agroalimentare
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› DESIGNCAFÈ
GIANCARLO DE CARLO dal Team 10 al Villaggio Matteotti di Luigi Prestinenza Puglisi
le storie di lpp
illustrazione di Roberto Malfatti
Nell’illustrazione, Giancarlo De Carlo e il Villaggio Matteotti di Terni: 240 alloggi realizzati attraverso un processo partecipativo che coinvolse le famiglie operaie a cui le abitazioni erano destinate, improntando il progetto sulle esigenze degli abitanti e educandone al contempo le loro aspettative.
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L’architettura, diceva Giancarlo De Carlo, è troppo importante per essere affidata agli architetti. E molti di loro non gliela hanno perdonata. Era un personaggio difficile. Se ne accorse Ernesto Nathan Rogers che lo aveva coinvolto nella redazione di Casabella quando nel 1957 si dimise, con la motivazione di una gestione troppo personalistica della rivista da parte del suo direttore ma, probabilmente, per la insanabile diversità culturale che oramai li divideva. Giancarlo De Carlo aveva ben chiaro che occorreva uscire dalla crisi del Movimento Moderno, aprendo all’Europa, soprattutto del nord. Da qui la sua adesione al Team 10. E cioè al gruppo che nel 1956 aveva messo in crisi i Congressi Internazionali di Architettura Moderna considerando superato l’insegnamento di Le Corbusier, di Walter Gropius, di Mies van der Rohe, di Sigfried Giedion. Nel 1978, quando in Italia tutti parlano di architettura della città, di Tendenza, di Metafisica, Giancarlo de Carlo pubblica il primo numero di Spazio e Società. In copertina un progetto di Alison e Peter Smithson. Gli anti-Rossi che concepiscono la città per strutture funzionali e non per emergenze monumentali e ripetitività di tipi edilizi. De Carlo è impegnato a partire dagli anni Cinquanta a Urbino. Grazie all’appoggio entusiasta del rettore Carlo Bo progetta il Piano Regolatore e buona parte degli insediamenti universitari: le case per i dipendenti, i collegi, la facoltà di economia e commercio, di giurisprudenza e di magistero e gli interventi a palazzo Passionei, per ospitare la biblioteca, e a Palazzo Battiferri. Una città nella città che ridisegna il territorio e dove la conoscenza e il rispetto della realtà storica urbinate non lascia spazio alla nostalgia.
L’opera, a mio avviso, più emblematica di De Carlo è il Villaggio Matteotti a Terni che lo impegna a partire dal 1970. È una delle prime esperienze in cui la partecipazione degli utenti alle scelte abitative avviene secondo un percorso studiato e programmato. Le esperienze successive dimostrano che Giancarlo De Carlo, fedele ai propri assunti democratici, è stato più volte capace di mettere in discussione il proprio linguaggio. Le abitazioni a Mazzorbo, realizzate tra il 1980 e il 1997, per esempio, hanno ben poco della astrattezza compositiva del Villaggio Matteotti, sono colorate vivacemente seguendo la tradizione locale e rispondono, senza cadere nello strapaese, a un’idea di abitazione più condivisibile dalla popolazione. De Carlo ha goduto poco delle simpatie degli accademici che lo vedevano rinunciare alla coerenza stilistica e, insieme, degli estimatori delle nuove linee di ricerca che lo vedevano restio a inserirsi lungo le più recenti vie della sperimentazione formale. E, in effetti, la sua vita è stata segnata dall’isolamento, a partire dagli anni dell’insegnamento all’università Iuav dove veniva giudicato un urbanista dai professori di composizione e un progettista di architettura dai professori di urbanistica. Sono note le sue polemiche con Aldo Rossi, che si batteva per l’autonomia dell’architettura, e con Giovanni Astengo, che si batteva per una specificità disciplinare dell’urbanistica. Perse con entrambi, e per lui che credeva nell’integrazione tra architettura e urbanistica, fu un’amara sconfitta
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› REPORT
VENT’ANNI DI EVOLUZIONE dell’imprenditoria di progetto di Aldo Norsa
UNA RICOGNIZIONE GENERALE SULLO SVILUPPO DEL MERCATO E SEI INTERVISTE A PROTAGONISTI DELLA PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA E INGEGNERISTICA EMBLEMATICI DELLE FASI STORICHE CHE SI SONO SUCCEDUTE DAL 2006 A OGGI, CON UNO SGUARDO AL 2026
Una ricostruzione dell’evoluzione dell’imprenditoria di progetto nel periodo 2006-2022 deve limitarsi alle evoluzioni qualitative delle società più significative in assenza di dati certi quali sono le classifiche (per fatturato) elaborate dalla società di ricerca Guamari e pubblicate in un Report annuale, la cui serie storica inizia solo nel 2010. Si può comunque rilevare una sempre maggior presenza di realtà imprenditoriali rispetto a studi professionali (anche nella forma associata) e questo si spiega in primis con una committenza – privata ma anche pubblica – che a parità di qualità e creatività dei progetti chiede maggiori garanzie verificate sul piano patrimoniale, organizzativo e in genere sulla capacità di investire nei sempre più impegnativi fattori della produzione di progetto.
Aldo Norsa Già docente all’università di Firenze, al Politecnico di Milano e all’università Iuav di Venezia, è direttore scientifico della società di ricerca e consulenza Guamari di Milano, che cura annualmente (dal 2011) il Report on the Italian Architecture, Engineering and Construction Industry e (dal 2019) il Rapporto Classifiche - le Prime 50 Imprese dell’Edilizia Privata. www.guamari.it [ 32 ]
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Le tappe più significative di questa evoluzione possono essere individuate nelle due grandi occasioni di investimenti in architettura sfidante che hanno connotato il periodo in esame: le Olimpiadi Invernali del 2006 a Torino e l’Expo di Milano del 2015 mentre, in prospettiva, si annuncia la terza opportunità di crescita imprenditoriale: le Olimpiadi invernali Milano/Cortina del 2026. Peraltro, specificamente nel mercato privato (il più esigente e innovativo) l’altra grande occasione è – e sarà – il fiorire di iniziative immobiliari di inusitato impegno, soprattutto concentrate a Milano da una dozzina d’anni e correlate a investimenti di rigenerazione urbana. Ma purtroppo la debolezza dell’offerta nazionale di servizi di progettazione (unita a un certo ‘provincialismo’ della domanda) ha privilegiato le grandi società – e firme – straniere a scapito di quelle nazionali. Fenomeno, per fortuna, che sembra ora attenuarsi con sempre nuove iniziative (seppur di minor impegno) che coinvolgono progettisti italiani che finora hanno dovuto limitarsi a operare come local architects o hanno dovuto farsi le ossa con interventi minori. Per fortuna la “valvola di sfogo” dell’attività all’estero ha permesso ai nostri progettisti più ambiziosi di cercare nel mondo i riconoscimenti negati in Italia (“nemo propheta in patria”) e costruirsi progressivamente un portfolio da spendere anche qui. Tanto che siamo arrivati nella classifica Guamari più recente a 49 società che possono vantare almeno una filiale stabile oltre confine, con presenze italiane in tutti i continenti a eccezione dell’Oceania.
In assenza di una classifica sui dati di bilancio 2006 paragonabile a quella attuale delle top 200 società di architettura e design è interessante fare un’analisi a ritroso delle odierne maggiori 15 realtà. Per prima cosa si nota che cinque società su 15 non erano ancora state fondate nel 2006: le attuali prime tre per fatturato, Lombardini22, Marco Casamonti & Partners (che in realtà è uno spin off di Archea Associati) e ATIProject, nonché One Works, che guidava la classifica nel biennio 2016/17 e la poco ‘trasparente’ Luca Dini Associati. Un altro dato che balza all’occhio è come il vertice dell’architettura (pur perdurando il fatto che una Lombardini22, leader italiana, sia comunque 55 volte più piccola di Gensler, prima al mondo) ha compiuto un deciso salto dimensionale rispetto al 2006: basti pensare che se nella classifica più recente il 15° posto è occupato da Design Group Italia ID con un fatturato di 6,7 milioni di euro, all’epoca solo due realtà superavano questa soglia: Renzo Piano Building Workshop, allora leader con 11,5 milioni, e Progetto Cmr con 7,9 milioni. Allargando l’analisi all’ingegneria, una fotografia del mercato di sedici anni fa è meglio suffragata dai numeri, perché esiste un’edizione 2006 della Rilevazione Annuale sul Settore pubblicata da Oice e curata dall’autore, alla quale avevano partecipato ben 197 aziende associate. Essa mostrava un settore in crescita (il fatturato delle rispondenti era nel 2006 del 19,7 per cento maggiore rispetto all’anno precedente) e già con una forte penetrazione all’estero (59,7 per cento della produzione) anche per via di un contesto italiano dei servizi di ingegneria che lasciava alle società indipendenti una quota inferiore al 10 per cento, mentre le società operanti ‘in-house’ si assicuravano metà del mercato e i liberi professionisti un terzo; invece a tutto il 2021, secondo il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, il 43,7 per cento delle gare per servizi di ingegneria è aggiudicato a società e il 40,3 per cento a liberi professionisti. Aggiornando i dati al 2020 l’Oice comunica una crescita del fatturato totale del 3,5 per cento, non disprezzabile nell’anno della massima crisi sanitaria, e preconsuntiva un ulteriore incremento del 15,5 per cento per il 2021, con l’internazionalizzazione che conferma la propria importanza prevedendo un’incidenza del 56,1 per cento sul fatturato totale.
› REPORT
Quali insegnamenti ha tratto (e quale promozione ne è derivata) dall’esperienza di aver progettato per un grande evento? Ritiene che una nuova occasione di risonanza mondiale come le Olimpiadi Invernali del 2026 aumenterà le opportunità per l’architettura di qualità?
Aldo Bottini | BMS Progetti
Silvia Prandelli | Populous
Il concorso per Palazzo Italia all’Expo del 2015 è stato un’ottima opportunità per confrontarsi con tematiche eccezionali sia tecniche sia concettuali, con sfide in ambito di sostenibilità, efficienza, realizzabilità e con l’impiego di lavorazioni offsite. Le prossime Olimpiadi saranno molto stimolanti per confrontarsi con tematiche Esg ispiratrici dei nuovi progetti.
L’Oval Lingotto (con Studio Zoppini) è stato un progetto bellissimo. Le Olimpiadi sono sempre un evento particolare, per i controlli approfonditi e i tempi stretti. Come progettisti, dobbiamo essere all’altezza di queste sfide e realizzare sempre impianti eccezionali. Certamente le Olimpiadi invernali del 2026 saranno un’occasione importante per il mercato del settore.
Benedetto Camerana | Camerana & Partners
Carlo Ratti | CRA
L’esperienza di Torino 2006 è eccezionale per la grande energia di valori culturali e sperimentali. Ricordo il Villaggio Olimpico, il dialogo tra undici architetti europei da me coordinati, il lavoro sui colori come messaggio e l’invenzione dell’Arco Olimpico, primo caso di design di un’infrastruttura.
Sono casi tutti positivi che hanno lasciato un esito duraturo. Oltre a Milano-Cortina 2026 la prossima sfida è la candidatura di Roma all’Expo 2030, un progetto molto ambizioso che sto seguendo da vicino in prima persona.
Andrea Maffei | Andrea Maffei Architects
Milano-Cortina 2026, render del futuro villaggio olimpico allo scalo di Porta Romana (courtesy SOM).
Nelle Olimpiadi a Torino con Arata Isozaki abbiamo creato un palahockey come ‘fabbrica degli avvenimenti’ che potesse ospitare, dopo i giochi, eventi di vario genere tra cui l’Eurovision appena concluso. L’obiettivo di questi progetti deve essere come utilizzarli dopo i grandi eventi a servizio dei cittadini, altrimenti rischiano di rimanere ‘cattedrali’ troppo costose da mantenere.
Pietro Valle | Valle Architetti Associati
La programmazione di una manifestazione come l’Expo 2015 e il coordinamento delle singole progettazioni è fondamentale. Ma, visto il clima di emergenza con cui venne organizzato l’evento, la realizzazione dell’Open Air Theatre da noi progettato fu una corsa a ostacoli. Quanto al 2026 dovremo pianificare tutto per tempo, coordinarlo con un piano generale e qualificare i singoli interventi coinvolgendo più progettisti possibile con lo strumento dei concorsi.
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› REPORT
Cosa è cambiato nel mercato dell’architettura? L’autorialità è più o meno premiante rispetto alla fornitura di servizi integrati? Le mode sono più o meno influenti? La garanzia di progettare edifici che centrino gli obiettivi in termini di costitempi-qualità è più o meno dirimente? I committenti sono più o meno capaci di esprimere le loro esigenze? Il provincialismo che ha premiato le cosiddette archistar persiste o si stempera?
Aldo Bottini | BMS Progetti
Più che l’autorialità sta prevalendo l’autorevolezza del progetto che nasce da un integrale di competenze calibrate per l’intero ciclo di vita dell’opera. Se le committenze, soprattutto quelle private, hanno obiettivi più chiari, tuttavia non valorizzano la centralità del progetto di cui sottovalutano l’impegno.
chio Hok), ma non è tutto. Abbiamo progettato edifici iconici, ma la nostra esperienza si arricchisce ascoltando le esigenze di clienti, utenti finali e comunità, lavorando con team di specialisti sul territorio. Affrontiamo le sfide che la crisi climatica ci pone: il nuovo stadio di Milano, l’arena Co-op Live a Manchester e la MUCcc Arena di Monaco tracciano nuovi standard della progettazione sostenibile.
Benedetto Camerana | Camerana & Partners
Si va verso una radicalizzazione della genesi del progetto, divisa tra pochi casi di autorialità e molti di progettazione integrata. Il mercato vuole questa polarizzazione: io cerco di essere autore e contemporaneamente di dare un servizio integrato, evitare le tendenze e caso mai anticiparle, aiutare i committenti a ottenere valori che non avevano messo a fuoco.
Carlo Ratti | CRA
Credo che l’epoca delle archistar si avvii fortunatamente al tramonto dovunque nel mondo. All’opposto prevalgono le richieste dei clienti di prestare attenzione al contesto, soddisfare alti parametri di sostenibilità e perseguire un impatto sociale positivo. Pietro Valle | Valle Architetti Associati
Andrea Maffei | Andrea Maffei Architects
Francamente mi sembra che l’architettura stia vivendo un momento difficile in cui ormai quasi tutto è già stato sperimentato. I progetti sono belli esteticamente ma purtroppo non così interessanti. Il motivo è che oggi la ricerca è diventata molto formale e poco di concetto. In alto, Olimpiadi invernali Torino 2006, Oval Lingotto (ph. courtesy Populous).
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Silvia Prandelli | Populous
La reputazione è importante (e la nostra deriva da 35 anni di esperienza, già con il mar-
I meccanismi di seduzione del consumismo propongono la sostituzione continua di beni superflui; la loro ‘impermanenza’. In questa situazione l’autorialità e i servizi tecnici integrati sono due facce di una stessa medaglia di riduzione consumistica dell’architettura. Una valorizzazione in termini di costi-tempi-qualità è più apprezzata all’estero che in Italia. Da noi il committente vuole sempre tenersi aperta la possibilità di cambiare il progetto: serve invece un dialogo propedeutico tra progettisti, cliente e project manager.
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› REPORT
Come è cambiato il volano dell’attività all’estero? E com’erano vent’anni fa i modi di promuoversi rispetto a oggi? Come avviene la selezione dei mercati da esplorare? L’insediamento permanente è premiante e se sì dove e a quali condizioni?
Aldo Bottini | BMS Progetti
Silvia Prandelli | Populous
La crescita imprenditoriale deve passare anche attraverso logiche di promozione all’estero che, dopo aver seguito i grandi gruppi, promuovano rapporti diretti con i committenti stranieri.
Ogni Paese ha identità ed esigenze specifiche legate alla sua storia e alla morfologia. L’Italia ha un territorio così vario che era importante esserci, aprendo il nostro 21° ufficio nel mondo. Oggi in questo Paese c’è un rinato amore per lo sport, complici le Olimpiadi di Tokyo del 2020 e quelle che verranno di Milano/ Cortina. In questo contesto possiamo portare tutte le nostre competenze.
Benedetto Camerana | Camerana & Partners
Lavorare all’estero è premiante: occorrono reti relazionali ma anche struttura e organizzazione: ho costruito rapporti di stima dal Giappone alla California; altri hanno investito in una sola area. Poiché Milano ha ormai fagocitato il mercato immobiliare dal 2019 vi ho aperto uno studio (avendo radici milanesi da sempre). Andrea Maffei | Andrea Maffei Architects
Expo Milano 2015, Palazzo Italia. Progetto di Nemesi Studio con BMS Progetti e Proger (ph. ©Moreno Maggi).
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Per poter lavorare all’estero bisogna prima acquisire una notorietà internazionale che porti a essere invitati da clienti stranieri. L’insediamento fuori dall’Italia funziona per chi trova un bravo partner locale che voglia davvero sviluppare i suoi progetti in un determinato Paese straniero. Il nostro Ministero degli Esteri dovrebbe investire di più nella promozione delle società di progetto italiane.
Carlo Ratti | CRA
L’insediamento permanente è necessario in alcuni Paesi quali gli Stati Uniti e la Francia, mentre in Medio Oriente vi è maggiore apertura a idee nuove anche in assenza di esperienze precedenti in loco. La Cina è un caso a sé perché un partner locale di fiducia è indispensabile. Pietro Valle | Valle Architetti Associati
L’unico modo per promuoversi sia in Italia sia all’estero è dimostrare che si è inseriti in una filiera con alte specialità e che si è capaci di governare un raggruppamento di progettisti verso interventi complessi.
› REPORT
La novità è la grave strozzatura nella filiera della produzione di progetto: carenza di risorse umane in primis. Ve ne erano avvisaglie oppure è stato un fulmine a ciel sereno? La sua società ha saputo tutelarsi per tempo, e come? Ha suggerimenti per affrontare con successo il problema?
Aldo Bottini | BMS Progetti
Eravamo consci che vi era carenza progressiva di figure qualificate: il ‘fulmine a ciel sereno’ è la crescita anomala di una domanda generata da provvedimenti improvvisati. I committenti affidano i servizi tecnici al 5-6 per cento del valore di lavori già stimati al ribasso, ma non considerano il beneficio che l’opera genera, sia essa un servizio o un asset immobiliare. Noi abbiamo al centro delle nostre attenzioni gestione, crescita del capitale umano, continuità, formazione e innovazione insieme a coinvolgimento, consapevolezza e condivisione.
Trovo spesso giovani molto capaci e con una preparazione informatica ben superiore a quella di inizio XXI secolo. Silvia Prandelli | Populous
Abbiamo un approccio a lungo termine di pianificazione strategica aziendale. E per quanto riguarda le risorse umane ci siamo preparati in modo coerente per tempo. Fortunatamente anche durante la pandemia abbiamo avviato nuovi progetti aprendo il nostro ufficio di Milano nel settembre dello scorso anno e reclutando talenti nell’area Emea. Carlo Ratti | CRA
Benedetto Camerana | Camerana & Partners
Expo Milano 2015, Open Air Theater San Carlo. Progetto di Valle Architetti Associati (ph. ©Moreno Maggi).
Le collaborazioni stabili sono cruciali per una sperimentazione costante. Ma il rischio di dispersione è insito nella tendenza dei clienti a pagare poco il lavoro professionale a scapito della densità culturale del progetto salvo stabilire un buono scambio con la competenza e la visione di giovani architetti. Andrea Maffei | Andrea Maffei Architects
Non vedo questa carenza di risorse umane.
Dall’esperienza della nostra società non avvertiamo particolarmente questo problema. Forse il fatto di rivolgerci a un bacino di risorse umane su scala globale ci ha messo al riparo. Pietro Valle | Valle Architetti Associati
La carenza di risorse umane va risolta con una formazione universitaria non olistica e neppure specializzata. Spesso i miei studenti fanno pratica nel mio studio crescendo a livello professionale.
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› REPORT
Qual è la sua tattica nel procurarsi i clienti? Come si è evoluta in questo lasso di tempo? Si sono accentuate o al contrario stemperate le differenze tra committenza pubblica e privata? Lo strumento dei concorsi di progettazione è valido e a quali condizioni? Cosa è cambiato nei concorsi dal 2006 a oggi?
Aldo Bottini | BMS Progetti
Lo strumento del concorso di progettazione è interessante e stimolante per farsi conoscere e misurare le capacità ma temo sia preso con più serietà dai concorrenti che dagli enti banditori e dalle commissioni.
Carlo Ratti | CRA Benedetto Camerana | Camerana & Partners
Nei primi dieci anni ho lavorato soprattutto con la committenza pubblica: oggi scaduta di valore mentre è cresciuta la privata. La tattica vincente sarebbe affidarsi a intermediari o addirittura a lobbies: un percorso che però mi è estraneo. Andrea Maffei | Andrea Maffei Architects
Sopra, render della futura area residenziale di Mind, in corso di realizzazione sull’ex-sito di Expo (courtesy Lendlease).
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nisce le persone, crea esperienze e influisce sul benessere della società. In definitiva, i progetti realizzati sono la nostra risorsa più grande per ottenere nuovi lavori. Il rapporto trasparente con i clienti è il punto fondamentale.
Lo strumento dei concorsi pubblici purtroppo è deludente perché molto spesso non vengono realizzate le opere. Personalmente mi diverto a partecipare alle competizioni, anche se richiedono molte risorse. Si dovrebbero dare maggiori garanzie vincolanti della realizzazione dei progetti vincitori. Silvia Prandelli | Populous
Quando si tratta di promuovere un progetto, sono i clienti a decidere la linea. Siamo orgogliosi del nostro lavoro: ha valore perché riu-
Se un progettista si specializza in una nicchia – nel nostro caso un’architettura che si pone a cavallo tra naturale e artificiale – i clienti possono arrivare da soli anche con inviti a concorsi a numero chiuso. Al di là dei quali è comunque molto importante mettersi in gioco. Il nostro maggiore progetto in questo momento è immaginare un’infrastruttura per la decarbonizzazione del sistema di teleriscaldamento di Helsinki, che prevede circa un miliardo di euro di investimenti. Pietro Valle | Valle Architetti Associati
Ci si promuove con una riconoscibilità della proposta (che però non scada in un brand) e una misurata promozione sui mezzi di comunicazione più seri. Il concorso di progettazione è valido se incentrato sulla qualità del progetto e non su titoli e fatturati, e deve dare la possibilità ai vincitori di realizzare le proposte senza dividere le fasi di progetto tra più soggetti
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› DESIGNCAFÈ REINVENTING CITIES TERZA EDIZIONE RITORNANO I CONCORSI DI RIGENERAZIONE URBANA PROMOSSI DAL NETWORK DEI SINDACI C40
Nato nel 2017 come estensione globale del modello ‘Reinventer Paris’, pensato tre anni prima da Jean-Louis Missika, che il neosindaco di Parigi Anne Hidalgo aveva nominato assessore all’urbanistica, Reinventing Cities è diventato il principale catalizzatore di progetti di rigenerazione urbana delle 40 città del network di sindaci C40. Bandi trasparenti e giurie di qualità mettono a gara asset pubblici che le cordate vincitrici – investitori privati e progettisti – sviluppano con effetti positivi sia sul ritorno del capitale investito sia sull’assetto urbano nel suo complesso. MoLeCoLa in Bovisa (Hines/Park Associati), Green Between a Crescenzago (Redo/Arw), Vitae (Covivio/ Carlo Ratti Associati), L’innesto nel quartiere di Greco (InvestiRE/Barreca & La Varra) sono alcuni dei progetti vincitori delle precedenti edizioni che nei prossimi anni incideranno significativamente sulla qualità urbana di Milano, prima tra le città italiane ad aderire al network C40. Tra le venti città di C40 che mettono in gara propri asset per la nuova edizione di Reinventing Cities, quattro sono italiane. Oltre a Milano (vedi box) troviamo le proposte di Bologna, Napoli e Roma. La capitale, in particolare, metterà in gara tra siti: la ex-Mira Lanza, un’area di 24mila metri quadrati nel quartiere Ostiense; Casal Rotondo, 110mila metri quadrati nel parco archeologico dell’Appia Antica che FS Sistemi Urbani cederà o affitterà al vincitore e per i quali si immagina la valorizzazione attraverso nuove funzioni turistico-ricreative e culturali; e la rigenerazione del complesso di via Vertunni, nel quadrante est in prossimità del Grande Raccordo Anulare, con lo sviluppo di housing sociale e applicando i principi della ‘città in 15 minuti’.
E a Milano diventa Reinventing Home 500 abitazioni di 70 mq a 500 euro al mese. È questo l’obiettivo con cui il Comune di Milano partecipa alla terza edizione di Reinventing Cities. Appartamenti in vendita o in affitto, a condizione però che la rata del mutuo, eventuali forme di riscatto o il canone mensile siano contenuti nei limiti possibili per redditi mediobassi. Sei le zone della città che vengono messe a gara per progetti di riqualificazione o di nuova costruzione: 16mila metri quadrati di alloggi di proprietà di Aler tra via Salomone e via Zama; 8mila metri quadrati di case popolari vicino a piazza Abbiategrasso (via Dini); una superficie asfaltata di 11.700 metri quadrati oggi adibita a parcheggio in piazzale Martesana e altre
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tre aree in via Bovisasca e viale Certosa. Gli aspetti innovativi dei progetti, sia dal punto di vista sociale che costruttivo, daranno luogo a premialità volumetriche.
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› FOCUS
Margraf per il teatro ideale di Gabriele D’Annunzio Completata la riqualificazione del “perfettissimo teatro”, quello che Gabriele d’Annunzio immaginò ma non ebbe il tempo di vedere completato per il parco della sua proprietà a Gardone Riviera (Brescia), il Vittoriale. Scelto un punto panoramico dal quale si possono ammirare l’Isola del Garda, il monte Baldo, la penisola di Sirmione e la rocca di Manerba, nel 1931 il ‘Vate’ affidò l’opera all’architetto del Vittoriale, Gian Carlo Maroni, che per il progetto andò a Pompei per [ 42 ]
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prendere ispirazione dall’anfiteatro romano più antico del mondo. I lavori iniziarono tra il 1934 e il 1935, ma vennero presto interrotti per difficoltà fi nanziarie, aggravate dalla morte del poeta e dall’inizio della guerra. Ripresi per volontà della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani nel 1952, i lavori terminarono l’anno successivo e l’8 agosto 1953 il teatro venne inaugurato con un concerto dell’orchestra del Teatro alla Scala diretta da Carlo Maria Giulini.
Località Gardone Riviera Inaugurazione 4 luglio 2020 Marmo Rosso Verona Margraf Quantità 1500 mq Finitura grezza Elementi realizzati gradoni per rivestimento scalinata Lastre rivestimento gradoni 140 X 80 cm sp. 5 cm
Oggi, dopo quasi settant’anni dall’inaugurazione, grazie al sostegno di Regione Lombardia e della fondazione, il ‘Parlaggio’, come lo volle chiamare d’Annunzio, ha riacquistato lo splendore del progetto originale, con 1.500 metri quadrati di marmo Rosso Verona di Margraf, con finitura grezza, che rivestono i gradoni della scalinata e della platea, in precedenza realizzati in cemento. www.margraf.it
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INIZIA UN NUOVO PERCORSO DI STUDIO, RICERCA, INNOVAZIONE E FORMAZIONE PER AGOSTINI GROUP. In collaborazione con la Scuola e Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, di cui Agostini Group è partner, nel campus
I serramenti “minimal frames”, secondo Agostini Group, rappresentano un nuovo modo di concepire l’habitat nella sua rarefatta essenzialità.
Bovisa si è svolto ai primi di giugno, in concomitanza con il Salone di
DESIGN CONTEMPORANEO, FUNZIONALE E LEGGERO.
Milano, un workshop con gli studenti universitari dell’ultimo anno del corso di laurea della facoltà di Design degli Interni. Abbiamo approfondito con gli studenti e i docenti il nuovo ruolo concettuale che il serramento va ad assumere come elemento di arredo integrato nel progetto di Interior Design. Segui il workshop su instagram.com/frames_perspectives_polimi/
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› FOCUS
Isolamento acustico e termico nel settore hospitality con Schüco Pws Inaugurato nel giugno 2021 e parte del gruppo Omnia Hotels, l’albergo St. Martin di Roma è il risultato della riqualificazione di un complesso per uffici in disuso, a poca distanza dalla stazione Termini: una posizione strategica, ma anche un punto molto trafficato del centro urbano in cui l’inquinamento acustico può raggiungere livelli disturbanti. Una delle principali sfide del progetto, realizzato dagli studi di architettura Ceccaroli e Curti, è consistito nel creare spazi confortevoli dal punto di vista acustico e ambientale. [ 44 ]
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In questo contesto la scelta dei serramenti, la cui posa è stata curata dal partner Schüco Dal Piaz & C di Roma, si è rivelata strategica per combinare precise esigenze funzionali ed estetiche. Nello specifico, la struttura ricettiva necessitava di finestre con sezioni in vista ridotte e un’elevata capacità di isolamento acustico. La soluzione è stata identificata nel sistema per finestre in pvc Schüco LivIng. La performance combinata di vetri e profili ha permesso di raggiungere un abbattimento acustico di 48 dB, ideale per proteggere la
Schüco LivIng è il sistema per finestre in Pvc basato su una tecnologia a 7 camere, che permette di avere il medesimo profilo con due o tre livelli di guarnizione, secondo le esigenze di progetto. La guarnizione continua è in grado di garantire elevate performance di tenuta e isolamento.
tranquillità degli ospiti. Inoltre i profili dei serramenti presentano sezioni in vista ridotte che si adattano all’estetica contemporanea dell’albergo e favoriscono l’ingresso di luce naturale nelle stanze: gli ospiti dell’hotel possono così fruire di ambienti luminosi e confortevoli, godendo appieno della vista sulla città. www.schuecopws.it
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Lucernari Fakro nella ristrutturazione della stazione degli autobus di Kielce Inaugurata quasi quarant’anni fa, la stazione degli autobus di Kielce, non lontano da Cracovia, si caratterizza per una copertura a forma di cupola che fa pensare a un Ufo. L’avveniristico edificio, completato alla metà degli anni Ottanta su progetto dell’architetto Edward Modrzejewski, è parte integrante del patrimonio monumentale della città polacca. Dimensionato per il transito di circa 24mila persone e di 1.500 autobus al giorno, senza alcun incrocio fra flussi pedonali e veicolari, l’edificio è circondato da percorsi carrabili e parcheggi collocati nel verde urbano. La grande hall centrale, a pianta circolare, è sormontata da una copertura a cupola sulla quale si aprono 196 lucernari di forma cilindrica. [ 46 ]
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I 196 lucernari Fakro hanno consentito di soddisfare i due principali obiettivi del committente, l’autorità cittadina dei trasporti di Kielce: contenere il fabbisogno di calore per il riscaldamento della hall – in quanto l’aria con temperatura più elevata tende a concentrarsi nelle parti sommitali della cupola, incrementando le dispersioni – e limitare l’utilizzo dell’elettricità per l’illuminazione, motivo per cui le superfici interne dei tratti opachi dei lucernari sono state rivestite con materiale riflettente.
Nel settembre 2018 è stato avviato un progetto di deep renovation, curato dallo studio locale Marcin Kamiński Bartosz Bojarowicz Architekci, che ha preservato il concept architettonico originale e ha circondato la stazione con una serie di pensiline curve che la rende ancora più simile a un disco volante. Anche Fakro ha dato un contributo alla rinascita dell’edificio: ha infatti progettato e realizzato i nuovi lucernari custom-made in tutto simili a quelli esistenti. I lucernari coniugano elevati livelli di isolamento termico e un’ampia superficie vetrata per l’ottimale flusso della luce all’interno della stazione. www.fakro.it
Inspired by the Sun. Raffreddare un edificio significa prevenire in primo luogo che la radiazione solare diventi calore entrando. Questa è la difesa più naturale e dovrebbe essere sempre la prima opzione. La schermatura solare dinamica delle finestre può mantenere oltre il 90% del calore all’esterno dell’abitazione, riducendo quindi sensibilmente il consumo del raffreddamento con aria condizionata.
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Foto ©Alessandra Chemollo
Foto ©Alessandra Chemollo
Secco, serramenti performanti per il Palazzo della Sapienza di Pisa Da sempre simbolo dell’Università di Pisa e già profondamente ristrutturato nel Novecento, oggi il Palazzo della Sapienza è la sede principale della facoltà di Giurisprudenza dell’Università e della biblioteca universitaria. L’intenso lavoro di restauro e riqualificazione dell’edificio rinascimentale, necessario dopo gli ingenti danni causati dal sisma del 2012, è stato guidato dall’architetto Sandro Saccuti. La riqualificazione dei 1.850 metri quadrati coperti, cui si aggiungono circa 360 mq [ 48 ]
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di corte interna, ha migliorato la staticità dell’edificio, razionalizzato i percorsi, ridefinito impianti e uscite di sicurezza, restituito nuova luce agli spazi interni e modificato la capacità delle aule per far fronte all’aumento di studenti. Grande attenzione è stata riservata agli accessi e ai percorsi, alle aperture e alle finestre a tutt’altezza sul portico. Nell’ottica del miglioramento del comfort degli ambienti, infatti, si è provveduto alla ridefinizione delle aper-
EBE di Secco Sistemi è un sistema versatile per grandi luci con cui dare vita a geometrie e profili diversi, che ben si inserisce in contesti storici dialogando con gli altri materiali ed elementi compositivi della facciata. Dal punto di vista tecnologico si tratta di un sistema che assicura elevate prestazioni di isolamento e tenuta che durano nel tempo: performance garantite dalla giunzione a taglio termico, in poliammide e poliuretano, che permette di sviluppare profili strutturali forti con sezioni contenute. La gamma per finestre OS2, premiata con un Compasso d’Oro, è disponibile in oltre 40 varianti di profili: un sistema integrato e versatile per disegnare un serramento che mantiene le proprie prestazioni inalterate nel tempo.
ture con l’impiego di serramenti più performanti per migliori prestazioni in termini di isolamento termico e resistenza e che, grazie ai profili sottili, permettono un maggiore trasparenza e un afflusso coerente di luce solare. Nel Palazzo della Sapienza sono state utilizzate tecnologie sviluppate da Secco Sistemi nella finitura acciaio zincato verniciato. www.seccosistemi.com
Timeless surface for outdoor and indoor
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Caimi Acoustic Technology Il comfort acustico come risultato di ricerca teorica e tecnologia applicata I nuovi laboratori che Caimi Brevetti ha sviluppato e realizzato in tempo di pandemia oggi sono uno dei più evoluti centri di ricerca e sviluppo sull’acustica esistenti in Europa. Realizzati con un notevole investimento nel cuore della sede di Nova Milanese, impiegano 40 chilometri di cavi elettrici e dati e comprendono due camere acustiche del peso totale di 270 tonnellate che galleggiano su più strati di sabbie speciali con diverse densità. La camera Supernova Lab, costruita per indagare le capacità percettive in ambiente controllato, è completamente isolata dal resto del mondo grazie a una tripla copertura formata da una struttura esterna di 90 tonnellate in calcestruzzo speciale, una gabbia di Faraday intermedia di schermatura e un isolamento semianecoico composto da 1.301 cunei fonoassorbenti in 18 sagome diverse in grado di assorbire il 99,9% dei rumori. Al contrario la vicina camera riverberante Rev Lab – a cui può essere collegata – con una sagoma a pareti inclinate, riesce a riprodurre il riverbero acustico di una grande cattedrale ed è in grado di eseguire contemporaneamente 24 misurazioni acustiche. [ 50 ]
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La camera semi-anecoica degli Open Lab. Sotto, il laboratorio di analisi dei materiali (ph. courtesy Caimi Brevetti).
L’Open Lab – che Caimi mette a disposizione di Università, Istituti di Ricerca, Fondazioni ed enti che potranno usufruirne per studi e ricerche, soprattutto nel campo del suono e dell’acustica, comprende poi altri cinque laboratori per lo studio delle microstrutture dei materiali, per estendere l’analisi dal campo sonoro all’ambiente reale, per elaborare modelli e prototipi anche con tecnologie 3D e per eseguire prove di stress sui materiali. I laboratori sono il contributo concreto di Caimi al progetto di interni abbinato all’acustica: architetti e interior designer sono in grado di verificare immediatamente le qualità acustiche del proprio progetto, gli effetti delle scelte dei materiali con i quali realizzarlo e le modifiche necessarie per migliorare il comfort. Anche sul fronte della produzione Caimi i risultati sono degni di nota, come è apparso evidente al recente Salone del Mobile con le nuove collezioni di imbottiti fonoassorbenti disegnate da Paola Navone, Claudio Bellini, Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro. www.caimi.com
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Giuseppe Crippa fondatore e presidente di Brianza Plastica
Sessant’anni di Brianza Plastica dalla vetroresina alle soluzioni per l’isolamento termico UNA STORIA DI INNOVAZIONI NELL’INTERVISTA AL FONDATORE E PRESIDENTE DI BRIANZA PLASTICA, GIUSEPPE CRIPPA
di Antonio Morlacchi
Nel 1963, esattamente un anno dopo la fondazione di Brianza Plastica, l’italiano Giulio Natta riceveva il Nobel per la chimica. Una coincidenza che dà la misura del Paese negli anni del boom economico: fiducia nel futuro, ricerca applicata, capacità imprenditoriale e un mercato pronto ad accogliere qualsiasi novità che rendesse più confortevole la vita quotidiana.
voluzione: un pannello termoisolante in poliuretano espanso rigido con correntino integrato e dalle eccezionali proprietà isolanti che permise, in un solo passaggio a secco, di realizzare rapidamente un impalcato portante, termoisolante, ventilato e impermeabile alle infiltrazioni accidentali del manto di copertura, velocizzando la posa e permettendo il riefficientamento energetico delle coperture.
I laminati in vetroresina Elyplast conquistarono rapidamente campi di applicazione fino ad allora impensabili, come l’edilizia, le stazioni di servizio, le pensiline e le serre. Tanto che già nei primi anni, dal primo laboratorio artigianale, l’azienda passò allo stabilimento di Carate Brianza, progettato nel 1966 e realizzato nel 1968, con 60.000 mq di superficie, in grado di ospitare ben 160 dipendenti e una produzione che cresceva di giorno in giorno. Tutte le intuizioni che accompagnarono il successo di Brianza Plastica furono figlie del proprio tempo, perché nacquero dalla volontà di risolvere bisogni reali. Peraltro la produzione di vetroresina, sia in lastre piane e curve che in rotoli, nelle versioni ondulata, grecata o liscia, opaca o traslucida, prosegue tuttora per applicazioni nei più svariati settori, dall’agricoltura all’allevamento e all’industria fino all’automotive.
Nato come pannello per coperture, oggi Isotec è una famiglia di prodotti per l’isolamento termico dell’intero involucro edilizio. Uno dei punti di forza è quello di essere un prodotto preaccoppiato, pronto per essere posato così come arriva dallo stabilimento. I tre elementi principali, ovvero l’anima isolante in poliuretano, il rivestimento in lamina di alluminio goffrato e il correntino metallico, durante il processo produttivo diventano un unico elemento, e questo vale sia per Isotec Tetto che per Isotec Parete, una soluzione che permette di sviluppare con estrema semplicità e rapidità una facciata ventilata compatibile con qualsiasi supporto e abbinabile a qualsiasi genere di rivestimento esterno. Quindi, grazie alla famiglia di prodotti Isotec, interveniamo oggi sul riefficientamento dell’intero involucro edilizio.
Il sistema Isotec in effetti fu un’autentica ri-
Brianza Plastica ha sempre lavorato, tramite
Una delle grandi novità di quel periodo fu la vetroresina.
Isotec invece nasce nel 1984, quando erano ben pochi a preoccuparsi dell’isolamento termico. Come venne accolto all’inizio?
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Quali sono stati gli sviluppi di Isotec?
La riqualificazione del patrimonio edilizio esistente oggi è il mercato principale dell’edilizia: avevate già immaginato il ruolo che questa applicazione avrebbe avuto?
In alto, la sede centrale di Carate Brianza. Qui sopra, lastre e rotoli in vetroresina Elyplast.
l’applicazione dei suoi prodotti, alla tutela del patrimonio artistico del nostro Paese; valgano in questo senso gli interventi sulla copertura del Teatro alla Scala, Palazzo Reale e Palazzo Marino a Milano, della Villa Reale di Monza, del Teatro Petruzzelli a Bari e della Reggia di Caserta. Il pannello Isotec permette infatti di intervenire sull’esistente e anche di recuperare, una volta posato, la copertura originaria, preservando quindi l’aspetto estetico del bene. Per sessant’anni avete precorso i tempi. Come vi immaginate l’edilizia del futuro e quali secondo voi le sfide che dovranno affrontare i produttori?
La tecnologia rimarrà il motore del successo, ma la grande sfida degli anni a venire sarà necessariamente l’ottimizzazione delle risorse nel rispetto dell’ambiente
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› DESIGNCAFÈ Torri e museo Bmw, vista da nord. Sotto, due immagini del cantiere e gli uffici nel 1973 (ph. Sigrid Neubert, ©Bmw Ag).
I QUATTRO CILINDRI BMW LA SEDE CENTRALE DELLA CASA AUTOMOBILISTICA COMPIE CINQUANT’ANNI. UN SEGNO ARCHITETTONICO CHE COMUNICA, DA NON CONFONDERE CON L’ARCHITETTURA ICONICA CHE CELEBRA SOPRATTUTTO IL SUO AUTORE
Il 1972 fu per la Germania Ovest il momento culminante della formidabile ripresa economica del dopoguerra, con l’ottimistica affermazione – in piena guerra fredda ma con la Ostpolitik che avrebbe condotto alla riunificazione già attiva – del modello di sviluppo occidentale. Inaugurati quell’anno a completamento degli impianti industriali confinanti con il nascente Olympiapark concepito da Frei Otto, i quattro cilindri della nuova sede Bmw erano diretta espressione di quello spirito: grande esempio applicato di architettura-ingegneria, tecnologia e prefabbricazione, il progetto del viennese Karl Schwanzer, vincitore di un concorso privato dove erano stati invitati altri otto studi, era anche precursore di un modello che oggi si usa definire ‘collaborativo’ e ‘flessibile’, con un layout a quadrifoglio dei piani che favorisce il lavoro in team e un’organizzazione gerarchica ‘orizzontale’ del lavoro, adattabile anche ai frequenti cambiamenti organizzativi tanto da essere usato ancor oggi, dopo la ristrutturazione [ 54 ]
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tecnica e energetica attuata nel 2004/2006, nella sua configurazione originale. Uno dei primi esempi di ‘architettura che comunica’, la sede Bmw fu anche un unicum dal punto di vista costruttivo e della cantierizzazione (convalidato prima dell’avvio dal modello di un piano realizzato in scala 1:1 presso gli studi cinematografici Bavaria). Con i suoi 99,5 metri di altezza era l’edificio sospeso più alto al mondo: quattro travi di acciaio giganti disposte a forma di croce al culmine di un massiccio core in cemento armato sorreggono ciascuno dei cilindri di cui si compone, per un peso complessivo di 16.800 tonnellate. Travi reticolari in c.a. a due terzi dell’altezza e tiranti verticali e colonne di compressione lungo le facciate esterne assorbono le forze fisiche di trazione e compressione indotte. Ciascun livello, a cominciare dai più elevati, venne assemblato a terra per parti, poi sollevate idraulicamente e collegate in quota, il che consentì tra l’altro
di completare l’opera in soli 26 mesi, con gli allestimenti interni dei piani già in opera che procedevano parallelamente al sollevamento dei livelli inferiori ancora da completare. Ben visibili da ogni punto dell’Olympiapark, le quattro torri Bmw – dal 1999 edificio tutelato dallo Stato – oggi fanno da sfondo al Bmw Welt, il progetto iconico di Coop Himmel(b)lau di Wolf D. Prix completato nel 2007, con 500mila visitatori all’anno uno dei musei più frequentati della Germania
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Località Monaco di Baviera Progetto architettonico Karl Schwanzer Altezza 99,5 metri (22 piani) Impronta al suolo 14.730 mq Superficie edificata 53.000 mq Costo all’epoca della costruzione 100 milioni di marchi Cronologia 1970-1972 (inaugurazione maggio 1973)
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MILANO RUBATTINO
LA FABBRICA DELLA SCALA ALL’EX-INNOCENTI È di un team internazionale capeggiato da Massimo Giuliani il progetto, insieme funzionale e di rigenerazione urbana, vincitore del concorso La Magnifica Fabbrica che ospiterà i laboratori, le sartorie, i depositi e le sale prova del Teatro alla Scala di Milano. L’edificio – 66.778 metri quadrati, 25 metri di altezza, quattro campate lunghe 29 metri e 4 carri-ponte – sorgerà nel quartiere milanese di Rubattino sul sito dell’ex-Innocenti, di cui verrà conservata la torre dell’acqua, a memoria del passato industriale. Un involucro in policarbonato traslucido e il ritmo regolare dei prospetti conferiranno eleganza e leggerezza al nuovo edificio, che all’intorno si confronterà con le strutture di archeologia industriale del vicino ‘palazzo di Cristallo’, che verranno conservate trasformando invece l’interno in un giardino d’inverno dove ospitare eventi e celebrazioni legati alla programmazione culturale del Comune e di enti e associazioni, e con il ‘Parco della Lambretta’, che raggiungerà un’estensione di quasi 10 ettari. Alla testa della Magnifica Fabbrica una piazza coperta di più di 4.000 metri quadrati potrà ospitare mostre, laboratori, corsi e grandi eventi. All’interno, un anello a 8 metri di altezza permetterà al pubblico di visitare i diversi ambienti in sicurezza e senza intralciare il lavoro degli addetti del teatro. Un impianto fotovoltaico in copertura [ 56 ]
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e un sistema di geotermia a ciclo aperto renderanno l’edificio uno Zero Energy Building. Nel parco è prevista anche la realizzazione di una vasca di fitodepurazione delle acqua grigie. Il primo atto dei lavori, i cui costi complessivi sono stimati in 120 milioni di euro, riguarderà l’ampliamento del Parco, con inizio previsto nel 2024
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Località Milano Rubattino Committente Fondazione Teatro alla Scala, Comune di Milano Team di progetto (concorso) Massimo Giuliani (capogruppo), Pablo Luis Oriol Salgado, Juan Jose Tur Mc Glone, Davide Canepa, Maddalena Gioia Gibelli, Beatrice Meroni, Paolo Galbiati, Luca Giuseppe Francesco Stefanutti Superficie nuovo edificio 66.778 mq Avvio dei lavori 2024
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MILANO
SOSTITUZIONE EDILIZIA E TRASFORMAZIONE URBANA DI PARK ASSOCIATI L’operazione avviata da Finleonardo, che ha affidato il progetto architettonico a Park Associati, prevede la demolizione dell’exhotel Michelangelo presso la stazione Centrale di Milano e la costruzione di una nuova torre per uffici, il Mi.C. Il progetto include un ampio piano di trasformazione di piazza Luigi di Savoia, oggi caotica nella gestione dei flussi e essenzialmente destinata a parcheggio dei taxi: un investimento importante (più di 4 milioni di euro) condiviso con l’amministrazione comunale che prevede la demineralizzazione di parti della piazza, nuove piantumazioni, aree drenanti, la riqualificazione della zona taxi, una velostazione e assi attrezzati che colleghino la stazione ferroviaria con la nuova torre uffici, al piede della quale saranno create aree di co-working. Il nuovo edificio, che raggiunge un’altezza massima di 93,50 metri per 22 piani (più 4 interrati) sarà formato da due torri adiacenti che si sviluppano da un volume in cortina che lega il complesso al suo isolato. Al piano terra l’edificio arretra rispetto al suo massimo sviluppo in altezza, generando un naturale prolungamento della piazza. Partendo dall’esterno, un articolato sistema di spazi verdi corre come una sorta di ‘spina verde’ all’interno dell’edificio per assumere, in alcuni punti, una dimensione più rilevante che definisce spazi naturali indoor e outdoor.
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La facciata è concepita come un elemento dinamico e tridimensionale composto da cellule a cuspide, in parte opache e in parte trasparenti, che mutano la propria inclinazione via via che acquistano verticalità, aumentando la componente trasparente In corrispondenza dei piani speciali. Il cantiere, già in corso, prevede un processo di decostruzione virtuoso, con il riutilizzo della maggior quantità possibile di calcestruzzo dell’attuale edificio. Il completamento dell’opera e della piazza è previsto entro il 2026
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Località Milano Committente Finleonardo Spa Progetto architettonico Park Associati Progetto strutturale Milan Ingegneria Progetto impiantistico e strategie energetiche Esa Engineering Esperto facciate Faces Cost control B&B Progetti Coordinamento architettonico e urbanistico Luca Mangoni Architetto Project management bi-studio (project manager Diego Imperiale) Investimento complessivo 94,2 milioni di euro Cronologia 2021-2026
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MILANO
OBR VALORIZZA IL BASSI BUSINESS PARK Già ultimati i primi due lotti, è in via di completamento la riqualificazione degli edifici direzionali costruiti negli anni Settanta in via Ugo Bassi. La collocazione, vicino a Porta Nuova e allo Scalo Farini, oggetto di profonda trasformazione con orizzonte il prossimo decennio, conferisce all’intervento un carattere urbano che va oltre la valorizzazione di un asset immobiliare. La nuova accessibilità, la corte interna e le facciate sono gli espedienti per riconnettere il complesso alla città. Pur conservando le strutture esistenti, i vari edifici sono ‘cuciti’ tra loro negli angoli, aprendo nuovi percorsi che favoriscono l’interconnessione con il contesto, trasformando ciò che prima era un fianco in un nuovo fronte urbano. Lo studio Obr ha immaginato un’architettura riflettente di giorno e cangiante di notte. Le ampie superfici vetrate sono caratterizzate da un sistema di brise-soleil verticali e orizzontali disegnati secondo una precisa scala cromatica che oltre a creare uno spazio di [ 60 ]
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termoregolazione degli edifici offre nuove esperienze di tipo percettivo sia dalla strada sia dall’interno. Gli ambienti interni sono caratterizzati da trasparenza e flessibilità, adattandosi a diverse modalità di lavoro: coworking, spazi comuni e individuali, facilmente riconfigurabili, sfumati tra indoor e outdoor, pensati per facilitare l’interazione e stimolare scambi di idee tra persone che lavorano insieme: concepiti cioè – al contrario che in passato – pensando all’ufficio come il miglior posto dove andare per incontrarsi, scambiare esperienze, imparare dagli altri, formare la propria personalità
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Località Milano via Ugo Bassi Committente Generali Real Estate Sgr Progetto architettonico Obr, Paolo Brescia e Tommaso Principi Team Andrea Casetto (design manager), Bianca Dall’Aglio, Giulia D’Angeli, Francesco Cascella, Maria Bottani, Francesca Fiormonte, Giorgia De Simone Direttore artistico Paolo Brescia Direzione dei lavori Starching Progetto strutture e impianti F&M Ingegneria Progetto del paesaggio Openfabric Antincendio GAe Engineering Area di intervento 19.700 mq Superficie costruita 56.000 mq Cronologia 2018 (progetto preliminare) – 2021 (fine lavori lotti 1 e 2) – in corso (lotti 3 e 4)
IL SISTEMA DI CERNIERE A SCOMPARSA PER PORTE CON RIVESTIMENTI
ANSELMI AN 172 3D L’architettura moderna richiede spesso la possibilità di rivestire porte e pareti con diversi materiali estetici per ottenere un design d’interni sempre più omogeneo e minimale. La cerniera a scomparsa AN 172 3D di Anselmi rende possibile tutto questo: regolabile sui 3 assi, con una portata fino a 60 kg con sole due cerniere e disponibile in ben 13 finiture di pregio questa cerniera permette di rivestire pareti ed ante con materiali estetici in grado di far scomparire la porta all’interno della parete. www.anselmisrl.it
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Render dell’esterno e della corte interna della nuova palazzina, in costruzione con tecnologia a secco, con struttura a telaio in acciaio (visualizzazioni Mario Frusca, courtesy Park Associati).
MILANO
PROGETTO RESIDENZIALE DI PARK ASSOCIATI A Milano, contiguo alle sedi di Domus Academy e Naba, è in costruzione un elegante complesso residenziale progettato da Park Associati. I tagli degli appartamenti – mono, bi- e trilocali – e il piano terra riservato alle attività comuni sono legati all’idea iniziale di rivolgersi a un’utenza composta di studenti e docenti dei vicini istituti formativi, anche se lo sviluppo definitivo prevede invece una fruizione più ampia e diversificata, favorita anche dalla particolare attenzione che il progetto dedica alle diverse esigenze legate all’età e all’abilità dei residenti. L’edificio – su tre piani – si sviluppa attorno a una corte verde aperta sulla strada ma protetta da una recinzione. La facciata si snoda in volumi semplici e geometrici, con gli spazi dei balconi scavati in negativo che creano un andamento discontinuo ma armonico tra pieni e vuoti, aperture e punti ciechi. Gli svuotamenti dei balconi sono rivestiti con un materiale innovativo che richiama il klinker, omaggio a un materiale che ricopre tante facciate milanesi. [ 62 ]
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Il verde acqua sfumato dei vuoti è l’unica, discreta nota colorata della facciata, per la quale è stato scelto un colore molto chiaro, frutto dell’unione di tre sfumature di bianco con diversi gradi di riflessione.
Fatto piuttosto inconsueto rispetto ai canoni della produzione edilizia italiana la costruzione a secco, con una struttura a telaio in acciaio e materiali al contempo solidi e leggeri
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Località Milano via Mario Pichi 12 Committente Consorzio Cooperative Lavoratori Progetto architettonico Park Associati (Filippo Pagliani, Michele Rossi) Team Alessandro Rossi (project director) Sharon Ambrosio, Alexia Caccavella, Antonio Cinquegrana, Andrea Dalpasso, Marinella Ferrari, Alberto Ficele, Lorenzo Merloni, Andrea Riva, Cristina Tudela Molino, Marco Vitalini Antonio Cavallo, Stefano Venegoni, Mario Frusca (visualizzazioni) Progetto strutture, impianti e antincendio General Planning Direzione lavori Marinella Nidasio General contractor Mariani Srl Slp 2.244 mq (28 alloggi + 35 box) Classe energetica A1
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Render del nuovo sviluppo residenziale in programma a Segrate. Nell’acquarello a destra, il concept del masterplan (©Mab Arquitectura).
SEGRATE, MILANO MILANO4YOU, MASTERPLAN MAB ARQUITECTURA PROJECT MANAGEMENT DREES & SOMMER Su un’area di 35 ettari alle porte di Milano sorgerà Milano4You, un progetto a scala urbana con appartamenti e ville indipendenti in edilizia libera, housing sociale, una residenza per anziani, un centro culturale e una struttura commerciale. Il tutto in un parco intessuto di percorsi ciclopedonali e attraversato da una promenade centro di socialità dell’intero quartiere. Sagitta Sgr (che agisce per conto del fondo proprietario del terreno) e il developer Red Srl hanno affidato a Mab Arquitectura – in Ati con lo studio Ag&P greenscape per il paesaggio – il masterplan e il piano attuativo dell’intervento. A Drees & Sommer il project management dell’intero sviluppo. Punti di forza dell’operazione l’integrazione tra i sistemi energetici, le infrastrutture [ 64 ]
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digitali, le caratteristiche costruttive e l’ecosistema dei servizi per offrire benessere ai residenti in un contesto di sostenibilità ambientale e economica: un sistema energetico basato su fonti rinnovabili come geotermia e fotovoltaico, abilitato da una smart-grid, consentirà un significativo abbattimento delle spese condominiali e di gestione del quartiere. La progettazione architettonica delle prime residenze in edilizia libera è già stata affidata a Atelier(s) Alfonso Femia. Lo sviluppo del progetto è reso possibile dall’intervento finanziario del gruppo Arrow Global, investitore e asset manager pan-europeo specializzato nell’acquisto, gestione e valorizzazione di crediti non performanti (Npl) sia attraverso un’ottica single name che di portafoglio
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Località Segrate (Milano) Committenti Sagitta Sgr, Red Real Estate Direction Masterplan e piano attuativo Mab arquitectura Project management Drees & Sommer Progetto del paesaggio Mab arquitectura, Ag&p greenscape Progetto urbanizzazione e infrastrutture primarie Alpina Ingegneria meccanica Ariatta + Tekser Ingegneria infrastruttura digitale Laboratorio Marconi, Cisco, Siemens Progetto energetico Politecnico di Milano, Siemens Superficie lotto 350.000 mq Superficie edificabile 90.000 mq Cronologia 2023-2025
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ROMA
CHAPMAN TAYLOR RIDISEGNA CINECITTÀDUE Dall’inaugurazione nel 1988 il mondo è cambiato e nonostante le caratteristiche innovative per l’epoca da tempo CinecittàDue non è più la ‘via dello shopping’ alternativa al centro storico che fu negli anni Novanta. Così, accanto a un totale ripensamento dell’offerta commerciale, la proprietà ha incaricato la società di architettura Chapman Taylor del restyling completo del centro commerciale romano. Pur conservando i piccoli esercizi del piano terra frequentati per acquisti quotidiani e di prima necessità, nelle intenzioni CinecittàDue diventerà un ‘destination center’, con insegne di richiamo e brand emergenti disposti al primo livello su medie superfici. Pur in assenza di una [ 66 ]
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food court è previsto inoltre l’aumento delle attività di ristorazione, con operatori di street e fast food e l’apertura di nuovi ristoranti con servizio al tavolo anche con accesso diretto dall’esterno. Infine l’attività sportiva: alla palestra di recente inaugurazione si aggiungeranno, in copertura del centro, campi da padel. Nel rispetto dell’architettura originaria di Studio Transit, l’intervento di Chapman Taylor conferirà freschezza e luminosità con un nuovo progetto illuminotecnico, la rimozione dei controsoffitti e degli specchi della galleria, la creazione di aree di sosta e conversazione. Particolare attenzione sarà dedicata alla piazza coperta: il progetto intende semplificare i linguaggi architettonici originari sostituendo
la pavimentazione in marmo rosso, scegliendo elementi d’arredo modulari pensati per dare spazio alle iniziative di marketing del centro e inserendo un sistema di videowall pubblicitari. L’intervento include la completa riqualificazione degli impianti per migliorare il comfort climatico e contenere i consumi energetici
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Località Roma, viale Togliatti Committente Silvano Toti Holding Gestione del centro Cushman & Wakefield Progetto architettonico Chapman Taylor Gla 22.000 mq Investimento 10 milioni di euro Fine lavori prevista 2023
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DURAZZO
A STEFANO BOERI E SON ARCHITECTURE L’INCARICO PER IL PARCO ARCHEOLOGICO DELLA CITTÀ ALBANESE Stefano Boeri Architetti e lo studio maltese Son Architecture sono i vincitori del bando indetto dal Ministero della Cultura Albanese e dalla Fondazione Albanese-Americana per lo Sviluppo (Aadf) per la valorizzazione dei beni storici di Durazzo nel quadro del Piano di gestione integrato della città. I due studi si occuperanno dell’interpretazione, presentazione e valorizzazione dell’anfiteatro romano, del foro bizantino e delle terme romane e della progettazione di una serie di percorsi urbani nel centro storico di Durazzo per dare vita a un parco archeologico nel cuore della città per residenti e visitatori. Sul piano urbano, il progetto collegherà il lungomare e il porto di Durazzo con l’anfiteatro e con i molti beni culturali periferici ancora disconnessi e di difficile accesso per residenti e visitatori. Un elemento fondamentale sarà la definizione dello status giuridico di questi percorsi [ 68 ]
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e dei loro attuali diritti di passaggio per tutelarne una protezione futura. Oltre all’anfiteatro romano, anche il foro bizantino e le terme romane sono importanti beni culturali, attualmente chiusi al pubblico e sottovalutati. Le terme romane si estendono su una superficie di circa 700 mq e comprendono diversi ambienti, di cui solo due, il calidarium e la piscina, sono stati indentificati con precisione. L’area archeologica del foro bizantino, anche detto ‘Rotonda’, fungeva da spazio pubblico per l’organizzazione di fiere e convegni e si estende su una superficie di circa 2.530 mq. Contiene i resti di un portico circolare con al centro un podio parzialmente al di sotto del livello della strada. Entrambe le aree sono attualmente separate tra loro da una zona stretta sul livello stradale, e l’accesso è possibile solo con appropriati accorgimenti. Nello sviluppo del progetto Stefano
Boeri Architetti e Son Architecture lavoreranno a stretto contatto con il Ministero del Turismo e dell’Ambiente attraverso l’Agenzia Nazionale del Turismo, l’Agenzia Nazionale del Litorale e l’Agenzia Nazionale per la Pianificazione Territoriale
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Località Durazzo Progetto valorizzazione dell’anfiteatro, delle terme romane e del foro bizantino; creazione di un ‘parco archeologico’ con la realizzazione di nuovi percorsi pubblici tra la città e il porto Committenti Fondazione Albanese-Americana per lo Sviluppo e Ministero della Cultura Albanese Progetto urbanistico e architettonico Stefano Boeri Architetti, Son Architecture In collaborazione con Istituto Nazionale per i Beni Culturali, Direzione del Servizio Archeologico, Centro Museale di Durazzo, Direzione Regionale dei Beni Culturali di Tirana, Consiglio dei Professori dell’Istituto di Archeologia, Comune di Durazzo attraverso i suoi vari dipartimenti, Istituto Albanese di Archeologia.
› WORK IN PROGRESS
In alto. Il render (©Sora) con la grande scala centrale che funziona da auditorium e il concept volumetrico. Qui accanto, sezione del nuovo edificio (disegni courtesy Henning Larsen).
INNSBRUCK
HENNING LARSEN PER LA NUOVA SEDE DELL’MCI Dal 2025 le diverse sedi del Management Center Innsbruck (Mci), università privata fondata nel 1995, convergeranno nel nuovo edificio di 35mila metri quadrati progettato dall’ufficio di Monaco di Baviera di Henning Larsen. Vicino all’Hofgarten della città e all’Università di Scienze Sociali (SoWi) completata nel 1989 su progetto di Henke Schreieck Architekten, la nuova sede dell’Mci è priva di un fronte, con ingressi che si aprono sui quattro lati. Al di sopra dei primi tre livelli, ritagliati nel volume per spezzarne la scala, giardini pensili si affacciano verso [ 70 ]
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l’Hofgarten (a nord e a ovest) e verso la città (a sud e a est) attrezzati con specie vegetali in accordo con il paesaggio, per esempio con vegetazione alpina nel lato nord che ha vista sulle Alpi. Superando la tradizionale concezione dei lunghi corridoi vuoti che danno accesso alle aule di insegnamento, quasi la metà della superficie dedicata alla formazione è formata da spazi aperti: al primo piano aule molto luminose disposte lungo il perimetro dell’edificio liberano un vasto spazio centrale con una grande scala che funziona anche come luogo di incontro e di socializzazione e naturale
auditorium. I piani superiori, dai quali si accede ai giardini pensili ritagliati nel volume, sono serviti da quattro core della distribuzione verticale e sono organizzati in due settori, uno contenente gli uffici amministrativi dell’università e l’altro dedicato a laboratori e ambienti per la ricerca. Immancabile, nello stile dello studio, un grande lucernario centrale dal quale piove la luce naturale che inonda l’edificio. L’avvio del cantiere è previsto per il 2023 e la conclusione dei lavori nei primi mesi del 2025
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ph: David Edwin Zanardi
IPM Italia. Gli Specialisti dei pavimenti continui. Versatili e performanti. Sono i rivestimenti in resina IPM Italia ideali per le pavimentazioni di differenti tipologie di ambienti: dall’hangar allo showroom, dalle sale d’attesa nei terminal ai ristoranti, dagli hotel ai musei. Oltre alla capacità di sostenere elevati picchi di afflusso e alla facilità di pulizia e igienizzazione i rivestimenti IPM Italia hanno una naturale predisposizione al design. Ne è un esempio il Sistema IPM Venexian, utilizzato presso l’aeroporto di Linate a Milano, nel quale i leganti vengono miscelati a materiali di pregio, quali marmi e quarzi. Progetto sviluppato in collaborazione con Pavimart.
› WORK IN PROGRESS il progetto World of Volvo prevede tre strutture circolari tra loro connesse, aperte e integrate con il paesaggio. Sarà costruito in legno lamellare con facciate in vetro (img. @Kvant-1, disegno courtesy HenningLarsen).
GÖTEBORG
WORLD OF VOLVO L’EXPERIENCE CENTER DI HENNING LARSEN Dalle gloriose P144 ‘Amazon’ che partecipavano al rally di Montecarlo alle station wagon che solcavano le autostrade negli anni Ottanta, il marchio Volvo (anche se ormai di proprietà cinese) è per tutti, e a maggior ragione per gli svedesi, inestricabilmente associato alla cultura scandinava, che il progetto World of Volvo di Henning Larsen interpreta a Göteborg con tre strutture circolari tra loro connesse, aperte e integrate con il paesaggio. Il concept alla base del progetto è l’Allemansrätten, ovvero il diritto di tutti di vagare liberamente su qualsiasi terreno (pubblico o privato) con rispetto verso la natura e verso gli altri. Più che un diritto, un principio etico. Così, World of Volvo è allo stesso tempo un’architettura e un progetto di paesaggio che porta in città brani della natura della nazione: arbusti, erbe e bulbi che sbocciano tra affioramenti rocciosi e sentieri serpeggianti nei vasti spazi lasciati vuoti tra i tre edifici circolari destinati alle funzioni espositive e di intrattenimento. Il principale materiale da costruzione è il legno lamellare di travi e colonne e l’X-Lam dei solai: la versione tecnologica [ 72 ]
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moderna delle strutture tradizionali che nonostante i progressi nello sviluppo strutturale, fa notare Filip Francati, lead design architect dello studio, mostra ancora dei limiti sul piano estetico che questo progetto di Henning Larsen cerca di superare. Le facciate in vetro dell’edificio creano una transizione senza soluzione di continuità tra gli spazi interni, il nuovo paesaggio e il vicino corso d’acqua. Attualmente in corso, il cantiere si concluderà nel 2023. L’inaugurazione di World of Volvo è prevista nel 2024
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Località Göteborg Progetto architettonico e del paesaggio Henning Larsen Interior design Nordström Kelly Arkitekter e Henning Larsen Ingegneria strutturale Optima Engineering e BRA Teknik Ingegnerizzazione e produzione in legno Wiehag Rivestimenti interni e facciate Lindner Scandinavia Main contractor BRA Bygg Render Kvant-1 Obiettivi di certificazione Leed Gold e Well Gold Superficie 22.000 mq Cronologia 2018-2024
› WORK IN PROGRESS
Località Tilburg Committente Università di Tilburg Progetto architettonico The Powerhouse Company. (leading partner Stefan Prins, project leader Janneke van der Velden) Architettura del paesaggio Edm Tuin en Landschap Urbanistica Studio Hartzema Ingegneria strutturale Royal HaskoningDhv Contractor Koninklijke Bam Groep Impresa di costruzioni Breed Integrated Design Superficie 5.000 mq Cronologia 2019 – in corso
TILBURG, PAESI BASSI
L’EDIFICIO IN LEGNO DI POWERHOUSE PER IL CAMPUS UNIVERSITARIO Lo studio di Rotterdam lo definisce un ‘cubo circolare’, per l’impronta al suolo quadrata (33 x 33 metri) e per la disassemblabilità e possibilità di riutilizzo dei materiali impiegati: essenzialmente una struttura in legno lamellare con un rivestimento esterno ventilato in lastre di arenaria che, sganciate dal telaio che le sorregge, possono venire riutilizzate anch’esse. Il risultato sarà un edificio ‘carbon neutral’ con la classificazione Breeam di ‘outstanding design’. L’edificio contiene 14 sale conferenze, aree di studio per piccoli gruppi e un foyer. Nella forma, il nuovo edificio si richiama al linguaggio del primo edificio del campus, il Cobbenhagen building di Jos. Bedaux costruito nel 1962, in particolare nel ritmo verticale delle finestre che davano [ 74 ]
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un’impronta modernista alla semplicità quasi monastica dell’edificio. Questo, insieme al colore della pietra e al fatto di trovarsi inserito in un bosco già esistente, dà l’impressione che, anziché un’aggiunta, il nuovo edificio si trovi lì da sempre. Ciascuna delle quattro facciate risponde alle specificità del sito – bosco, parco del campus con i percorsi pedonali, il collegamento principale con la vicina stazione ferroviaria – con caratteri diversi in funzione dell’orientamento. Nei diversi ambienti interni, dall’ampia sala conferenze principale ai locali raccolti dove dedicarsi allo studio da soli o in piccoli gruppi, arredi in legno chiaro si integrano con il legno strutturale lasciato a vista per dare vita a una sensazione complessiva di calma e serenità
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› WORK IN PROGRESS
PRAGA
LA NUOVA FILARMONICA DI BJARKE INGELS Lo studio Big-Bjarke Ingels Group ha vinto il concorso per la costruzione, sulle rive della Moldava, della nuova Filarmonica di Praga. Oltre al programma funzionale – con tre sale, il nuovo edificio sarà sede dell’Orchestra Sinfonica di Praga (Fok) e della Filarmonica Ceca, oltre che del dipartimento di musica della Biblioteca Municipale – il progetto contiene una forte valenza di spazio pubblico, accessibile a tutti, con la creazione di un nuovo parco urbano a est e una nuova piazza a ovest. La riqualificazione urbana permetterà altresì di valorizzare i previsti sviluppi residenziali del nuovo quartiere di BubnyZátory a nord dell’area (è prevista la costruzione di 11mila appartamenti per 25mila residenti!). A sud dell’edificio, il progetto di Big prevede l’accesso diretto all’acqua, con un percorso che dalle sponde della Moldava sale direttamente alla piazza e ai diversi livelli della copertura permettendo a cittadini e visitatori di raggiungere il bar/ristorante panoramico in sommità [ 76 ]
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senza dover attraversare gli spazi interni, godendo così di viste panoramiche sulla città. L’avvio del cantiere è previsto per il 2027, con il completamento dieci anni dopo. Al concorso internazionale indetto dalla municipalità di Praga hanno partecipato 115 team. Tra i finalisti scelti nel novembre scorso, gli studi Barozzi Veiga + Atelier M1, Bevk Perović Arhitekti, Petr Hájek Architekti, Snøhetta
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Località Praga Progetto architettonico Big-Bjarke Ingels Group (Bjarke Ingels e Brian Yang) Team di concorso Aed Project (Aleš Marek, Šárka Schneiderová); John Henley, Karel Košek, Tomáš Hrádek; Nagata Acoustics (Marc Quiquerez, Neza Kravanja); Theatre Projects (Findlay Ross, Mark Stroomer); Buro Happold (George Keliris, Kostis Lysikatos, Michael Keverne); Systematica (Tiffanie Yamashita); Front (Marc Simmons, Jill Fredrickson).
Campus SDA Bocconi, Milano San.Co, brand del gruppo Zanini Italia, da più di 30 anni sviluppa e fornisce soluzioni tagliafuoco e tagliafumo in legno e vetro secondo i più alti standard di sicurezza. Gli edifici moderni sono progettati con particolare attenzione verso l’ambiente: i prodotti San.Co sono certificati FSC, PEFC e VOC Leed v4.1 Per lo studentato milanese di Bocconi, San.Co ha fornito tutte le porte degli alloggi, garantendo un risultato estetico di altissimo livello.
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› WORK IN PROGRESS Render e diagrammi per il nuovo Forum della lingua Tedesca di Mannheim.
MANNHEIM
IL PROGETTO DI HENN PER UN FORUM DELLA LINGUA TEDESCA Parte di un hub culturale che include un teatro per giovani e la rivitalizzazione delle sponde della Neckar, il futuro Forum Deutsche Sprache disegnato dallo studio tedesco Henn è un edificio unico sia per il programma – approfondimento storico dell’evoluzione della lingua, luogo di incontro e conversazione, laboratori di ricerca linguistici – sia per le caratteristiche formali e costruttive. Una ‘scatola’ vetrata, con ampie partizioni apribili, poggia su un piano terra trasparente e avvolge e contiene le differenti funzioni distribuite su tre livelli. Protetto dagli stessi prospetti vetrati, l’ultimo piano è in parte occupato da una caffetteria e una terrazza alberata. Scale e corridoi di distribuzione dei flussi corrono tra le facciate vetrate e il nucleo centrale, su due livelli, della parte ‘museale’ [ 78 ]
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dell’edificio, costruito in terra cruda e rivestito da pannelli verticali di legno che possono essere aperti o chiusi per dare flessibilità e regolare la luminosità degli allestimenti espositivi. Uffici e laboratori del Liebniz-Institut für Deutsche Sprache occupano i livelli superiori. Con ingresso dallo spazio pubblico che dà accesso anche al lungofiume, il piano terra – niente di più appropriato per un forum della lingua – è il luogo della conversazione. Qui sono previste anche cabine di registrazione dove i visitatori potranno lasciare testimonianze del tedesco parlato, contribuendo ad arricchire un database per lo studio dell’evoluzione della lingua. Il Forum Deutsche Sprache dimostra come la collaborazione tra istituzioni scientifiche e pubbliche amministrazioni
può creare centri di aggregazione e di crescita culturale su temi originali e innovativi, senza cadere nella banalità di ‘spazi polivalenti’ che poi per mancanza di idee rimangono vuoti o destinati a eventi di dubbio valore economico e sociale
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Località Mannheim Committente Klaus Tschira Stiftung Progetto architettonico Henn - Martin Henn (partner-in-charge), Armin Nemati (project director), Aselya Iskakova (design director) Progetto strutture, facciate e impianti Buro Happold Antincendio Nees Ingenieure Progetto di paesaggio Latz+Partner Gla 4.800 mq Cronologia 2021 (concorso)
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› WORK IN PROGRESS
Il progetto di Effekt Naturbyen prevede la creazione di un nuovo bosco su un terreno agricolo e la costruzione di 220 abitazioni (render courtesy Effekt).
MIDDELFART, DANIMARCA
NATURBYEN, IL QUARTIERE-BOSCO DI EFFEKT Un tempo le foreste erano poco amichevoli per l’uomo e nemmeno utili, così progressivamente vennero abbattute per cedere terreno all’agricoltura e poi via via a strade, abitazioni, scuole, ospedali, fabbriche e magazzini. Se piantare alberi invece appare oggi come una delle strategie migliori per contrastare il cambiamento climatico – la Danimarca si è data l’obiettivo di coprire di foreste il 20% del proprio territorio entro il 2100 – e nello stesso tempo cresce la domanda di abitazioni, l’idea della municipalità di Middelfart, sull’isola danese di Fyn, è quella di trasformare dieci ettari di terreno agricolo a est della cittadina in un bosco in mezzo al quale sorgerà un [ 80 ]
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nuovo quartiere residenziale. Non edifici inframmezzati da alberi e cespugli ma un vero bosco inframmezzato, invece che da radure, da gruppi di case. L’ambizione è che l’intervento, affidato allo studio danese Effekt, diventi un esempio a livello internazionale di riforestazione e cura e crescita della biodiversità. La salubrità del quartiere e il benessere degli abitanti saranno semplicemente il sottoprodotto di questa strategia perché il primo obiettivo è la riforestazione. Distribuite in piccoli gruppi, le 220 nuove abitazioni disegnate da Effekt sono destinate a residenti che in cima ai propri valori pongono l’interesse per l’ambiente, la possibilità di vivere in mezzo alla natura
e la condivisione delle risorse e che non vogliono abitare una delle villette a schiera che sono la forma residenziale più diffusa nelle periferie urbane del Paese
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Località Middelfart, Danimarca Committente Comune di Middelfart Masterplan e progetto architettonico Effekt Team Sinus Lynge, Daniel Veenboer, Yulia Kozlova, Evgeny Markachev, Gorka Medina Calzada, Marco Antonio Ravini, Joel Brynielsson, Filippa Gurt Superficie dell’area 100.000 mq Abitazioni 220 Cronologia 2020 – in corso
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› WORK IN PROGRESS
In alto, il nuovo centro congressi dalla piazza di Bahnstadt. A sinistra i lucernari dell’auditorium l’atrio e l’impronta a stella del nuovo edificio (disegni courtesy Degelo Architekten).
HEIDELBERG
DEGELO ARCHITEKTEN PER IL NUOVO CENTRO CONGRESSI Smantellate le strutture provvisionali, è già visibile la facciata del nuovo centro congressi di Heidelberg, il progetto dello studio di Basilea Degelo Architekten vincitori nel 2017 del concorso internazionale di architettura indetto per dotare la città di una struttura adeguata al ruolo scientifico di primo piano (è sede anche dal Max-Planck-Institut) della più antica città universitaria tedesca. Pochi minuti a piedi dalla stazione ferroviaria, con un’impronta al suolo a stella che genera spigoli marcati, il nuovo centro congressi si apre verso nord con una parete vetrata a tutt’altezza sulla piazza del nuovo quartiere di Bahnstadt. [ 82 ]
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Una seconda vetrata interrompe il fronte ovest, per il resto opaco come le altre facciate, rivestite in lastre di arenaria rossa del luogo, analoghe a quelle del castello della città e mosse da una leggera trama tridimensionale che genera giochi di ombre e luci nelle diverse ore del giorno e conferisce loro l’aspetto di un sipario teatrale. La sala congressi principale a tutt’altezza, da 1.900 posti, riceve abbondante luce naturale da lucernari collocati alle due estremità di un soffitto voltato in calcestruzzo, bianco come il resto degli interni. Luce, colori tenui e semplicità degli allestimenti interni conferiscono all’insieme una
leggerezza che smaterializza gli ambienti nascondendo la complessità del programma, distribuito sui tre piani dell’edificio. Il progetto rientra tra quelli promossi dall’IBA 2022- International Bauausstellung. L’inaugurazione del nuovo centro congressi è prevista per l’estate del 2023.
Località Heidelberg Progetto architettonico Degelo Architekten Cronologia 2017-2023
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› WORK IN PROGRESS
DAKAR
KÉRÉ ARCHITECTURE PER LA NUOVA SEDE DEL GOETHE INSTITUT La posa della prima pietra è avvenuta lo scorso febbraio, mentre la consegna è prevista entro il prossimo anno. Quella in Senegal – dove è attivo dal 1978 – è la principale presenza dell’istituto culturale tedesco nell’Africa occidentale e la scelta di Francis Kéré testimonia anche la volontà di farne un esempio di come si debbano intendere gli scambi culturali nell’epoca post-coloniale. Al contrario del vicino monumentale museo delle civiltà nere (il Musée Léopold Sédar Senghor) finanziato dalla Cina e inaugurato nel 2018, il progetto di Francis Kéré manifesta un grande rispetto per l’ambiente e la cultura costruttiva locale, a cominciare dal paramento murario esterno, costruito in blocchi di Laterite, una terra locale compatta, di colore rosso perché molto ricca di ferro, che una volta estratta viene tagliata in forma di mattoni e si indurisce al contatto con l’aria. I blocchi di terra compressa formeranno sia l’ossatura strutturale dell’edificio [ 84 ]
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sia, in un’alternanza di pieni e vuoti che fornirà luce naturale e ventilazione agli ambienti, le pareti di tamponamento. I due piani dell’edificio, la cui forma riflette il contorno delle chiome degli alberi che per lungo tempo occupavano il sito, daranno spazio a una vasta gamma di attività, dalle mostre ai corsi di lingua tedesca ai concerti – a piano terra è previsto un auditorium – ai ricevimenti ufficiali. La copertura sarà accessibile, protetta da un pensilina retta da pilastri a forma di baobab, che sta ormai diventando un segno distintivo delle architetture di Kéré. L’uso di materiali locali e naturali – i blocchi di terra compressa possiedono un’eccellente inerzia termica e agiscono da scudo contro il rumore dell’esterno – e la costruzione locale testimoniano della sostenibilità ambientale e sociale del progetto
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Schizzo e render della nuova sede del Goethe Institut di Dakar (©Kéré Architecture).
Località Dakar, Senegal Committente Goethe Institut e.V. Progetto architettonico Kéré Architecture, Diébédo Francis Kéré Team Jaime Herraiz e Andrea Maretto (project architects), Javier Mola Cardenes, Juan Carlos Zapata, Léon Bührer Project management Kéré Architecture (Fabiola Büchele, Linda Franken) Collaboratori Worofila, André Poretti, Delta Ingenieurs Conseils, Dial Consulting, Scat Internationale s.a., Elementerre, Matthias Middelkamp Slp 1.800 mq Cronologia 2018 - 2023
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› WORK IN PROGRESS
Nei render la nuova torre vista dal parco e la conformazione delle facciate. A destra, il concept dello sviluppo architettonico (© Büro Ole Scheeren).
NANCHINO
NEXUS, LA TORRE OTTAGONALE DI BÜRO OLE SCHEEREN Già antica capitale della Cina, malgrado il rapido inurbamento – oggi conta più di 8 milioni di abitanti – Nanchino conserva un centro storico di notevole interesse. Sull’altra sponda dello Yangze è in costruzione lo Jiangbei New Financial Center, dove sorgerà anche la torre Nexus di Büro Ole Scheeren, vincitori di un concorso internazionale: un grattacielo di 350 metri di altezza ad uso misto, con uffici e, nella porzione superiore, un albergo con ristoranti, giardini e all’ultimo livello una terrazza con piscina con viste panoramiche [ 86 ]
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sulla città storica e sul fiume. Aspetti caratteristici di Nexus la forma ottagonale, ottenuta ritagliando gli spigoli del parallelepipedo, e le facciate concave, progettate per migliorare le performance solari dell’edificio e per ridurre i carichi del vento. A diverse altezze i prospetti sono segnati da spazi aperti ricchi di vegetazione – reinterpretazione contemporanea delle serre della provincia dello Jangsu – che lo studio chiama ‘urban windows’, che creano una sorta di dialogo tra la torre e il contesto paesaggistico e urbano.
La pianta ottagonale si dimostra efficiente nell’organizzazione dei piani uffici: ciascun livello si sviluppa in quattro aree operative (working zones) che si incrociano diagonalmente con quattro ‘innovation bays’, spazi maggiormente dedicati alla condivisione. Scelte tecnologiche, funzionali e strutturali definiscono una nuova forma degli edifici alti, replicabile in altri contesti e a diverse scale: come la torre satellite prevista dal piano di sviluppo, alta 100 metri e concepita come un adattamento in scala della forma ottagonale
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© OskarDaRiz
Immaginiamo il futuro
Ci sono idee che devono essere realizzate perché il futuro ne ha bisogno. Amiamo realizzare progetti straordinari in acciaio e facciate che superano i limiti dell’immaginazione. Il futuro è adesso. www.pichler.pro
› WORK IN PROGRESS
Render del teatro outdoor in copertura e assonometria dell’edificio (courtesy Penda China).
LIANZHOU, GUANGDONG
UNA COPERTURA COME IL FIORE DI LOTO NELL’EDIFICIO DI PENDA CHINA L’area intorno al fiume Lianjiang, a due ore di distanza da Canton e Shenzhen, possiede eccellenti qualità ambientali e per incoraggiarne la vocazione turistica vengono sviluppati anche centri polifunzionali come questo di Penda China, prima fase di un più ampio Shili Lianjiang Project pensato per promuovere forme ecologiche di turismo ‘agricolo’ per la nuova classe media cinese di recente inurbazione. Ispirato allo specchio d’acqua popolato di piante di loto a nord del sito, l’edificio disegnato da Penda China, alto 24 metri per 4 piani fuori terra, è formato da due blocchi con una hall centrale da [ 88 ]
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cui si diparte una scala a spirale che conduce alla copertura concava del teatro outdoor attorno al quale, come piccoli terrazzamenti disposti a sezioni di circonferenza in crescendo, vasche di cemento contengono cespugli e arbusti. Con uno sviluppo ridotto che si allunga in direzione nord-sud, l’edificio ha l’ingresso principale sul fronte ovest, caratterizzato da elementi opachi disposti con passo regolare ma orientati con angolature leggermente diverse alla ricerca del corretto equilibrio tra luminosità e viste esterne da un lato e contenimento delle radiazioni solari dall’altro. Generico a sufficienza per essere
adattabile a future esigenze, il programma prevede ambienti multifunzionali, sale espositive, una caffetteria e un bookshop
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Località Lianzhou, Zhuhai, provincia del Guangdong Progetto architettonico Penda China, Sun Dayong & Wan Shuyan Progetto di paesaggio Bowan Architecture Superficie 6.722 mq Cronologia 2020-2023
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› ARCHIWORKS
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› ARCHIWORKS Le 4 strutture modulari all’interno dei fornici esterni del Teatro Romano. Pagina accanto in basso, l’interno delle volte ospita un abaco di soluzioni pensate per appoggiare, appendere o esporre gli oggetti della mostra (ph. ©Lorenzo Masotto).
STEFANO BOERI ARCHITETTI PER IL PARCO ARCHEOLOGICO DI OSTIA ANTICA In occasione della mostra Chi è di scena! Cento anni di spettacoli a Ostia antica (19222022) Stefano Boeri Architetti ha realizzato il nuovo percorso espositivo denominato Quattro Volte del parco archeologico. Il percorso offre al visitatore una nuova esperienza di fruizione degli spazi di uno del sito archeologico che, con un’area di 170 ettari, è il più vasto del mondo insieme a Pompei. Il progetto di allestimento, realizzato con strutture smontabili e riutilizzabili secondo le esigenze del parco archeologico, consiste nella realizzazione di quattro strutture modulari all’interno dei fornici esterni del Teatro Romano, costruito sotto l’imperatore Augusto e ristrutturato nel 1926. Ogni struttura, semi-aperta ai lati, ospita al suo interno un abaco di soluzioni pensate per
appoggiare, appendere o esporre all’interno delle teche gli oggetti della mostra. I dispositivi progettati per l’allestimento si ispirano ad alcune forme e principi del teatro antico: l’anfiteatro in rapporto con lo spettatore a 360 gradi, il proscenio inteso come podio, le gradinate che consentono una maggiore visibilità in uno spazio ridotto, la forma della volta di copertura. Un’attenzione particolare è dedicata alla scelta dei materiali, dettata dai criteri di sostenibilità e di rapporto con il contesto, uniti ad aspetti di sicurezza e resistenza agli eventi atmosferici. La struttura del modulo espositivo è composta da tubolari in acciaio che costituiscono il telaio al quale si agganciano gli elementi di rivestimento verniciati in grigio. Un sistema di tende oscuranti all’ingresso di
ogni portale impedisce invece il contatto diretto dei materiali esposti con i raggi solari rispondendo così alle esigenze di conservazione dei documenti cartacei e dei costumi di scena storici. Anche l’illuminazione delle vetrine, realizzata con Led inseriti a incasso nell’allestimento, tiene conto dei valori di conservazione delle opere esposte, con temperatura e umidità controllate con igrotermometri. Dopo la passerella pedonale di accesso alla Sala Ottagona della Domus Aurea, inaugurata lo scorso anno, la recente aggiudicazione del concorso relativo agli scavi archeologici dell’anfiteatro romano, del foro bizantino e delle terme romane di Durazzo in Albania, Stefano Boeri torna così a misurarsi con il patrimonio archeologico
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› ARCHIWORKS
VENEZIA, MUVE CONTEMPORANEO
ANSELM KIEFER IN MOSTRA A PALAZZO DUCALE MONUMENTALI COME LE SALE CHE LI ACCOLGONO, LE STRATIFICAZIONI MATERICHE DELL’ARTISTA TEDESCO COME UN CONTINUUM CONTEMPORANEO DEI GRANDIOSI CICLI PITTORICI DEL CINQUECENTO
Fino al 29 ottobre Anselm Kiefer espone una serie di nuove opere nella Sala dello Scrutinio e nella Sala della Quarantia Civil Nova di Palazzo Ducale a Venezia per la rassegna Muve Contemporaneo e in occasione della 59. Biennale d’Arte. La mostra, curata da Gabriella Belli e Janne Sirén e realizzata con la collaborazione e il project management della galleria Gagosian, è costituita da un ciclo di dipinti realizzati appositamente da Kiefer per Palazzo Ducale tra il 2020 e il 2021. Si tratta di un’installazione di 800 metri quadrati di pittura che riveste, da pavimento a soffitto, le pareti delle sale. I dipinti sono in dialogo con uno degli spazi più importanti di Palazzo Ducale e con i grandiosi cicli pittorici risalenti alla seconda metà del Cinquecento e alla prima del Seicento. [ 92 ]
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Lo spazio monumentale e le pareti della Sala dello Scrutinio, la sede designata all’elezione del Doge, sono infatti riccamente decorati da dipinti che celebrano il potere della Serenissima Repubblica di Venezia. Le opere di Kiefer, composte da stratificazioni di colate di materia pittorica, piombo, acciaio, gommalacca, resina, tessuto, corda, legno, paglia, libri bruciati e cenere, non seguono nella loro esposizione un ordine cronologico. Come un ‘continuum’ con l’ex residenza dei Dogi, parlano della storia di Venezia e, simultaneamente, dei valori universali che la città incarna. Anselm Kiefer riflette inoltre sulla posizione unica di Venezia posta tra il Nord e il Sud e sulla sua interazione tra Oriente e Occidente. A suggellare il lavoro, al centro di un’enorme tela, campeggiano le parole del filosofo vene-
to Andrea Emo (1901-1983) che danno il titolo alla mostra: Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce, con cui le opere di Kiefer si pongono in profonda consonanza, mentre dal punto di vista storico il riferimento è all’incendio che nel 1577 danneggiò l’intera decorazione pittorica della Sala dello Scrutinio. «In Andrea Emo ho trovato conferma – scrive Kiefer – che la storia è una catena di azioni illogiche, astoriche, avvenimenti che non hanno nulla a che fare con causa ed effetto. Ogni evento è un passo avanti contro la legge della necessità» La mostra è accompagnata da un catalogo pubblicato da Marsilio, con testi delle curatrici e di Salvatore Settis, Massimo Donà, Jean de Loisy, Elisabetta Barisoni. Nel volume anche una conversazione tra l’artista e Hans Ulrich Obrist.
› ARCHIWORKS
In alto a sinistra, Anselm Kiefer ritratto davanti all’opera che dà il nome alla mostra. Sopra, come un big bang veneziano la tela che prefigura una nuova laguna che nasca dall’annientamento della precedente. A sinistra, una bara di zinco aperta è un riferimento alle reliquie di San Marco (ph. ©Georges Poncet, courtesy Gagosian e Fondazione Musei Civici Venezia).
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› ARCHIWORKS
Baldieri Lighting Design Fondata a Roma nel 1968 e dagli anni Ottanta guidata da Massimiliano Baldieri, la società opera nel campo dell’illuminotecnica mettendo a disposizione di architetti, designer, gallerie d’arte e aziende un servizio completo, dal concept iniziale alla fase di costruzione. I servizi includono la produzione di dettagli per la customizzazione dei corpi illuminanti, la visualizzazione delle soluzioni e la presenza in cantiere per la messa a punto finale delle installazioni. Tra i progetti realizzati da Baldieri Lighting Design anche numerose esposizioni d’arte in musei e gallerie pubbliche e private. Il sistema illuminotecnico adottato per l’esposizione veneziana è di Erco, con faretti Parscan a ottiche ellittiche e wallwasher su binari appesi alla sottostruttura. Sistema digitale di controllo e gestione Casambi.
www.baldieri.it [ 94 ]
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Nella foto grande, sulla parete di fondo la tela divisa verticalmente da una scala d’oro. La tela sulla sinistra della foto, con il vessillo imperiale di Venezia, misura 9 metri. Nella foto di sinistra è visibile la sottostruttura staccata dalle pareti che regge le opere e il sistema di illuminazione Erco (ph. ©Georges Poncet, courtesy Gagosian e Fondazione Musei Civici Venezia).
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Un allestimento da record Sono almeno tre le ragioni per le quali la grande esposizione di Anselm Kiefer a Palazzo Ducale diventerà un caso di studio internazionale in termini di allestimenti espositivi: la delicatezza dell’intervento, l’unicità del luogo e le dimensioni delle opere, alcune del peso di 600 chilogrammi. Decisiva la collaborazione della galleria Gagosian, che ha gestito le relazioni tra le curatrici e l’artista e l’impegnativo progetto espositivo, affidato all’ingegnere Enzo Magris. In accordo con il progettista e la Soprintendenza, l’allestimento è stato affidato alla ditta specializzata Tosetto Allestimenti di Jesolo, che ha realizzato una sottostruttura autoportante in acciaio del tutto separata dalle pareti delle sale di Palazzo Ducale. Con bracci superiori che si estendono per 2,5 metri
verso il centro delle sale, oltre alle opere la struttura regge anche i binari dell’illuminazione, affidata da Gagosian allo studio romano Baldieri Lighting Design e realizzata con faretti Parscan di Erco. Integrate nello spazio in maniera da renderle pressochè invisibili, le sorgenti da 8W con temperatura colore di 3.500K illuminano l’ambiente attraverso ottiche wallwasher, in taluni casi ellittiche per aggiungere drammaticità alle opere ma senza enfatizzarne alcun particolare, con un effetto complessivo che le fa apparire come appartenenti da sempre al palazzo. Il risultato, integrato da due lampade a terra (già presenti negli ambienti) rivolte verso il soffitto rinascimentale, è frutto del dialogo serrato e diretto tra Anselm Kiefer, Massimiliano Baldieri e
i professionisti di Gagosian, indispensabile per comprendere posizionamento, orientamento e ottiche di ogni singolo punto luce. Un’ulteriore criticità per il progetto illuminotecnico era poi data dall’afflusso di luce naturale dalle grandi finestre di Palazzo Ducale, che per dare il giusto rilievo alle opere in esposizione paradossalmente richiede un’intensità luminosa maggiore durante le ore diurne. Questo aspetto è stato affrontato con l’adozione del sistema digitale di controllo Casambi, basato sull’IoT, che mette tutti i faretti in comunicazione tra loro e ne consente la regolazione singola, secondo un programma messo a punto solo dopo la verifica diretta delle condizioni di luce, nelle diverse ore del giorno, dell’artista stesso.
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In alto, Kiefer al lavoro su una delle grandi tele. A sinistra un’altra immagine dell’allestimento nella Sala dello Scrutinio (ph. ©Georges Poncet, courtesy Gagosian e Fondazione Musei Civici Venezia). Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce: l’esposizione site-specific di Palazzo Ducale rimarrà aperta fino al 29 ottobre.
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› ARCHIWORKS MC A - Mario Cucinella Architects Fondato nel 1992 a Parigi da Mario Cucinella, lo studio ha sede a Bologna e Milano ed è composto da oltre 100 professionisti. MC A è specializzato nella progettazione architettonica che integra strategie ambientali ed energetiche, con un dipartimento di R&D interno che conduce ricerche sui temi della sostenibilità secondo un approccio olistico. Ha realizzato progetti in tutto il mondo; circa 50 quelli attualmente in corso di progettazione e/o costruzione. Nel 2015 Mario Cucinella ha fondato SOS - School of Sustainability, scuola di formazione post-laurea sui temi della della sostenibilità e del futuro e nel 2018 è nato MC D - Mario Cucinella Design, focalizzato sul tema del riciclo e dell’economia circolare. Nel 2021, alla mostra virtuale Build Better Now di Cop26 a Glasgow, lo studio ha presentato Tecla, il primo modello di abitazione in terra cruda stampata in 3D progettata e costruita con Wasp.
www.mcarchitects.it
POLO CHIRURGICO DELL’OSPEDALE SAN RAFFAELE, MILANO
L’ICEBERG DI CUCINELLA MASSIMO PRAGMATISMO ANCHE FORMALE PER LE FUNZIONI OPERATORIE E LE URGENZE; ALTA QUALITÀ ESTETICA, VERDE E LUCE PER TRASFORMARE LA DEGENZA IN LUOGO DELLA GUARIGIONE: IL PROGETTO DI MARIO CUCINELLA ARCHITECTS RIVEDE MOLTI LUOGHI COMUNI DELL’ARCHITETTURA OSPEDALIERA [ 98 ]
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Innestato alle strutture esistenti con un aereo semiarco a scavalco della strada di ingresso, ciò che in primo luogo colpisce del nuovo progetto di Mario Cucinella Architects per l’Ospedale San Raffaele è la torre: prospetti leggermente curvati, scanditi dalle linee dei frangisole in materiale ceramico slanciati verso l’alto che ne alleggeriscono le masse e creano un elemento di eccezionale chiarezza e riconoscibilità. Destinata agli ambulatori di visita e ai reparti di degenza, la torre è ‘il luogo della guarigione’, alla quale l’architettura deve contribuire attraverso la qualità estetica e l’umanizzazione dello spazio ospedaliero.
La lieve curvatura dei prospetti permette di differenziare la vista esterna dalle camere e migliora l’accesso della luce naturale nella parte centrale della facciata. Un altro elemento caratterizzante dell’involucro sono le ampie superfici vetrate in corrispondenza degli angoli dell’edificio, occupati da soggiorni comuni per le degenze, luoghi di incontro informale. Nel periodo invernale questi ambienti agiscono come serre solari, riducendo il ricorso all’impianto di riscaldamento, mentre in estate sono climatizzati per soddisfare le esigenze di comfort e controllo termoigrometrico. L’integrazione di elementi naturali, quali luce
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Bianca e con una geometria slanciata verso l’alto, la nuova architettura di MC A emerge come un iceberg tra i volumi esistenti dell’Ospedale San Raffaele (ph. ©Duccio Malagamba)
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Prospetto e sezione del nuovo edificio. La luminosa torre delle degenze poggia su una piastra funzionale opaca (ph. ©Duccio Malagamba).
e verde, all’interno del progetto incrementa la qualità degli spazi interni e il benessere degli utenti, che possono godere della vista degli spazi verdi sia dalle camere di degenza che dagli uffici. Interamente rivestito in vetro, l’involucro presenta una serrata scansione dei prospetti realizzata con lamelle verticali a tutta altezza che svolgono una duplice funzione bioclimatica, contribuendo da un lato alla riduzione dei carichi termici causati dall’irraggiamento solare e incrementando, al contempo, la quantità di luce naturale diffusa negli ambienti per effetto della riflessione sulle superfici ceramiche. Uno speciale rivestimento catalitico al biossido di titanio sulla superficie della lamelle intrappola le particelle inquinanti presenti in atmosfera che, inertizzate dai raggi solari, sono poi dilavate dalla pioggia. Lo stesso materiale svolge un ulteriore ruolo attivo nell’intorno [ 100 ]
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dell’edificio, favorendo la trasformazione chimica dell’ozono in molecole di ossigeno. Questo nuovo landmark del vasto complesso ospedaliero sorge su una piastra tecnica che ospita il blocco chirurgico, la terapia intensiva e il pronto soccorso. Affiorante per un solo livello sopra la quota del terreno, la piastra è improntata al massimo pragmatismo, anche formale, per assicurare funzionalità e flessibilità alle attività che accoglie e per dare la massima riconoscibilità agli accessi e ai percorsi. Per quanto riguarda gli spazi interni, il progetto coniuga i migliori standard igienico-sanitari con l’impiego di prodotti esenti dall’emissione di composti volatili organici (Voc). Banditi i materiali di sintesi largamente utilizzati nell’edilizia ospedaliera, come il Pvc, per le superfici interne sono state scelte lastre di grès antibatterico. Gli arredi sono realizzati con materiali eco-sostenibili esenti da formal-
deide e i sanitari sono trattati con un rivestimento antibatterico. L’impiego di materiali riciclati e la presenza del verde contribuiscono a migliorare ulteriormente la qualità dell’aria e il benessere percepito. Completano l’edificio scelte impiantistiche all’avanguardia e altamente efficienti che contribuisco ulteriormente a ridurre i consumi energetici: il nuovo Polo Chirurgico e delle Urgenze sarà il primo ospedale in Italia certificato Leed Gold
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SCHÜCO ITALIA L’andamento curvilineo e la verticalità della costruzione hanno richiesto soluzioni in alluminio speciali, affrontate con particolare impegno da Schüco Italia, per garantire la totale complanarità delle superfici, performance di tenuta all’aria e all’acqua ottimali e sostegno alle lamelle frangisole esterne. La curvatura della facciata ha richiesto l’ingegnerizzazione di un sistema in alluminio ibrido, che consentisse – attraverso guarnizioni e elementi di allineamento che compensano la differenza di inclinazione tra una cellula e l’altra – l’accoppiamento perpendicolare a 90° dei profili stessi. Vetro vision incollato strutturalmente ai montanti e traversi maschera i profili interni ed esterni di
alluminio consentendo di ottenere un effetto ‘tutto-vetro’. All’interno delle cellule è presente un apribile pannellato con apertura manuale ad anta e apparecchiatura a scomparsa SimplySmart. Le specchiature spandrel e i vetri della zona vision sono tutti allineati per ottenere un’unica superficie. Le dimensioni delle cellule sono calcolate per consentire l’inserimento delle lamelle frangisole verticali, le cui dimensioni variano tra 500 a 800 mm di profondità, a tutta altezza. È stata poi condotta un’analisi globale del reticolo di alluminio al fine di verificare, oltre ai profili, anche il sistema di aggancio delle lesene, soggette all’azione del vento tangenziale, per il quale è stato utilizzato
un acciaio duplex con proprietà meccaniche superiori alla media. Oltre alla sagoma e al design dei profili, la profondità di montanti e traversi è stata interamente customizzata. Attraverso uno studio in 3D si è calcolato esattamente come unire le lesene a sbalzo necessarie per formare una specie di ‘bandiera’ alla quale agganciare le lamelle frangisole senza impedirne la rotazione e assolvere a tutte le possibili combinazioni di inclinazione della facciata. Per dare maggiore stabilità ai profili infine sono stati inseriti accessori anti buckling che limitano le deformate dei profili a destra e a sinistra fino a un massimo di 5 mm. www.schueco.it
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Nella soletta che sostiene il ponte di collegamento tra la nuova struttura e quella esistente, il calcestruzzo Holcim è stato pompato per 200 metri in orizzontale (ph. Duccio Malagamba, ©MC A).
HOLCIM ITALIA Fondamentale per realizzare architetture audaci come quella di Mario Cucinella, difficilmente però il calcestruzzo – la ‘pietra plasmabile’ del Moderno – viene considerato un materiale della bioedilizia. In questo senso il lavoro di ricerca di Holcim Italia, che ha già portato a coprire con materiali da riciclo l’80 per cento dell’energia termica necessaria alla produzione di cemento e a ridurre il fattore clinker grazie all’utilizzo di nuove
materie prime come l’argilla calcinata, si rivela prezioso per lo sviluppo di calcestruzzi capaci di unire alle doti di resistenza e pompabilità un minore impatto ambientale. Oltre alla platea di fondazione, dove è stato utilizzato calcestruzzo Holcim Italia a basso calore di idratazione per evitare rischi di fessurazioni, nel nuovo polo chirurgico e delle urgenze dell’Ospedale San Raffaele le sale operatorie
Laura Mancini e Giulio Desiderio di MC A ci parlano delle strategie planivolumetriche per il nuovo polo chirurgico del San Raffaele
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sono pavimentate con calcestruzzo speciale Coésio in C 30/35 a ritiro compensato. Una nota speciale inoltre riguarda l’imponente soletta che sostiene il ponte di collegamento tra la nuova struttura e quella esistente, dove il calcestruzzo Holcim è stato pompato per 200 metri in orizzontale, operazione in genere più difficile del tradizionale pompaggio in verticale. www.holcim.it
Nel corso di cinquant’anni (l’ospedale venne fondato nel 1971 da Don Luigi Verzé) il complesso del San Raffaele era cresciuto in maniera non unitaria, con materiali, volumetrie e espressioni architettoniche eterogenee e frammentarie, tanto che fin dall’inizio uno dei principali focus del progetto è stato quello di costruire un ordine rispetto al coacervo di corpi edilizi esistenti. «Il progetto – ci spiegano Laura Mancini e Giulio Desiderio, rispettivamente project leader e project director di MC A – intende dare forma all’esigenza ormai urgente di dare qualità all’intorno e al contempo costruire iconicamente un nuovo baricentro: la volumetria perentoria del nuovo polo chirurgico e delle urgenze riceve tutte le spinte volumetriche degli edifici intorno e le organizza in un nuovo schema planimetrico rigoroso e chiaro».
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GEZE Nelle strutture sanitarie le porte scorrevoli svolgono due funzioni fondamentali: favorire l’efficienza e la rapidità dei flussi e garantire la massima sicurezza sanitaria arginando il fenomeno delle infezioni correlate all’assistenza che secondo l’Oms coinvolge ancora, in media, l’8 per cento dei ricoverati. Una sicurezza ancora più necessaria nei reparti operatori e di terapia intensiva ma – come la pandemia ha dimostrato – fondamentale anche per le strutture del pronto soccorso. Il nuovo polo chirurgico e delle urgenze dell’Irccs Ospedale San Raffaele conta ben 75 sistemi di porte scorrevoli installate da Geze. Si tratta in particolare di: 37 sistemi di porte lineari scorrevoli ECdrive T2-FR, per vie di fuga e uscite di sicurezza con porte per ante fino a 140 Kg di peso; 25 sistemi di porte scorrevoli automatiche telescopiche Slimdrive SLT-FR per gli ambienti nei quali le partizioni sono più sottili; e di 13 Powerdrive PLT per porte scorrevoli lineari grandi e pesanti (con peso dell’anta fino a 200 Kg). Tutti i sistemi per porte automatiche Geze possono essere dotati inoltre di interruttori di prossimità notouch per l’azionamento di emergenza senza alcun contatto con la porta o con l’interruttore.
Nel nuovo polo chirurgico del San Raffaele sono stati installati ben 75 sistemi di porte scorrevoli Geze.
www.geze.it
Una caratteristica del complesso sono anche gli spazi aperti. Spazi che la verticalità del nuovo volume coglie e salvaguarda, per costruire un rapporto equilibrato tra spazi esterni e interni al nuovo volume. La scelta risponde poi alla tipologia funzionale di riferimento, favorendo una corrispondenza e efficienza dei flussi tra le aree a maggiore complessità e intensità di cura e le altre, dal basso verso l’alto. Come sono stati studiati i flussi verso il blocco operatorio? Il nuovo edificio è composto da due grandi elementi complementari tra loro: la piastra tecnica che ospita le funzioni ospedaliere più importanti – come il blocco operatorio, la terapia intensiva e il pronto soccorso – e la torre, all’interno della quale si trovano i reparti di degenza. Il layout funzionale della piastra garantisce la massima funzionalità dei percorsi
del personale di assistenza e presenta una connessione privilegiata e diretta con l’area della Sterilizzazione posta al piano inferiore e collegata ai depositi del materiale d’uso. Il progetto è caratterizzato dalla massima contiguità tra il Quartiere Operatorio e le Terapie Intensive al fine di efficientare le tempistiche d’emergenza. Inoltre, grazie al posizionamento attento e strategico dei core di circolazione, al centro della distribuzione a ferro di cavallo del blocco operatorio vi è contiguità verticale con i reparti che consente di supportare adeguatamente il lavoro del personale sanitario. Quali sono state le principali problematiche di cantiere? Tutti i progetti che si inseriscono all’interno di un sistema già fortemente urbanizzato come questo del San Raffaele, che vede un sistema di sottoservizi per alimentare le unità operative di tutti i corpi di fabbrica intorno, impongono
in fase realizzativa particolari attenzioni per evitare o almeno ridurre al minimo gli impatti e le inattività che il cantiere può arrecare alla disponibilità funzionale degli edifici intorno. Nel caso specifico, proprio in corrispondenza del sito dove è stato costruito il nuovo complesso edilizio era presente un tunnel impiantistico interrato molto complesso e organizzato su due livelli, che era necessario mantenere per non compromettere la funzionalità degli edifici serviti dai settori energetici principali tramite appunto quel manufatto. Si è reso necessario prevedere quindi delle opere strutturali e impiantistiche, per altro già previste nel progetto, attraverso l’analisi attenta di tutte le interferenze per evitare l’interruzione dei servizi, mediante la realizzazione di un sistema organizzato di bypass temporanei. Antonio Morlacchi
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CREDITI Località Milano Committente Irccs Ospedale San Raffaele Progetto architettonico Mario Cucinella Architects Team Mario Cucinella, Marco Dell’Agli Valletti, Giulio Desiderio, Michele Olivieri, Laura Mancini; Emanuele Dionigi, Martina Buccitti, Alberto Menozzi, Giuseppe Perrone, Matteo Donini, Lello Fulginiti, Daniele Basso. Bioclimatic design: Andrea Rossi. Modelli: Yuri Costantini, Ambra Cicognani, Andrea Genovesi Progetto layout sanitario InAr Ingegneria Architettura Progetto strutturale Ballardini Studio di Ingegneria Progetto impiantistico Deerns Italia Progetto antincendio Ranieri Studio Tecnico Associato Impresa di costruzioni Itinera Facciate Aza Aghito Zambonini Profili di facciata in alluminio Schüco Italia Lame frangisole Laminam Calcestruzzo Holcim Italia Pavimenti e rivestimenti GranitiFiandre Pavimentazione sale operatorie Holcim Italia Porte automatiche Geze Italia Illuminazione iGuzzini Bagni prefabbricati Sterchele Prefabbricati modulari sale operatorie Getinge Italia Schermature elettromagnetiche G-Iron Opere a verde Hw-Style Sistema di regolazione impianti Siemens Superficie 40.000 mq Cronologia 2018-2021
Interamente rivestito in vetro, l’involucro presenta una serrata scansione dei prospetti realizzata con lamelle verticali a tutta altezza che mitigano l’irraggiamento solare incrementando, al contempo, la quantità di luce naturale diffusa negli ambienti per effetto della riflessione sulle superfici ceramiche. Interamente vetrati, gli spigoli sono occupati da ambienti di soggiorno che come giardini d’inverno migliorano il benessere indoor e svolgono una funzione bioclimatica (ph. Duccio Malagamba, ©MC A).
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Qui accanto, il masterplan dell’intervento e il Grand Theatre visto dal boulevard. Sotto, l’ingresso del complesso alberghiero (ph. ©Fangfang Tian).
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JINGDEZHEN, CERAMIC ART AVENUE
TRASFORMAZIONI CULTURALI IL MASTERPLAN E L’ARCHITETTURA DI DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS PER LA RIQUALIFICAZIONE DI UN’AREA INDUSTRIALE DEL XIX SECOLO NELLA CAPITALE DELLA PORCELLANA CINESE
CREDITI Località quartiere Taoxichuan di Jingdezhen (Jiangxi) Committente Jingdezhen Ceramic Culture Tourism Group Masterplan David Chipperfield Architects Berlin Progetti architettonici David Chipperfield Architects Berlin e Shanghai Area del masterplan 235.000 mq Slp Grand Theatre 42.400 mq Slp hotel 91.700 mq Slp Accademia di musica 8.300 mq Cronologia 2018-2022
Mille anni fa, dai forni dei villaggi intorno a Jingdezhen uscivano già le porcellane bianche e blu destinate agli imperatori della Terra di mezzo e oggetto di meraviglia in Europa per la luminosità e la colorazione blu, costosissima da ottenere. La tradizione produttiva è proseguita nei secoli, perfezionandosi e dando luogo a un distretto produttivo recentemente trasformato da David Chipperfield Architects Berlino in un’area turistica e culturale. Tradotto in lingua occidentale con il nome di Ceramic Art Avenue, il masterplan ha previsto il recupero di precedenti strutture industriali del xix secolo, oggi destinate a attività commerciali, di intrattenimento e di ristorazione; l’apertura di un asse pedonale che attraversa i 265mila metri quadrati del sito e la costruzione di un nuovo boulevard sul bordo occidentale che facilita i collegamenti nord-sud e con il centro cittadino. Nuovi edifici residenziali stanno sorgendo lungo il perimetro dell’area, valorizzata da funzioni pubbliche e culturali in parte già realizzate su disegno dello studio berlinese in associazione con la sede di Shanghai. In particolare è già stato completato in stile occidentale il Grand Theatre, che comprende un auditorium per l’opera cinese con tre balconate a ferro di cavallo per
un totale di 1.200 posti e un secondo ambiente, il ‘black box’ rivestito in legno nero, per performance contemporanee. Già completato anche un complesso alberghiero formato da quattro edifici (uno dei quali frutto della riconversione di un precedente dormitorio per i lavoratori costruito negli anni Sessanta) affidati a due diverse gestioni, tra cui un Unbound Collection by Hyatt, con il progetto di interni dello studio Aim di Shanghai. In tutte le architetture gioca un ruolo di rilievo l’uso di mattoni faccia-a-vista, che si ricollegano alle precedenti strutture industriali. Negli edifici adibiti ad alberghi facciate semi-trasparenti e schermature perforate in mattoni per le balconate che si affacciano sulle corti interne vegetate agiscono da filtro tra le aree pubbliche e private. L’edificio del teatro inoltre, che segna il confine nord tra l’area di riconversione e la città moderna, è caratterizzato all’esterno e nel foyer da lunghe colonne a fungo in cemento a vista di wrightiana memoria. In costruzione sul confine meridionale del boulevard, frutto della ristrutturazione e conservazione di due precedenti edifici industriali, un’Accademia di musica di 8.300 mq con una sala concerti da 350 posti, ulteriore attrattiva del nuovo quartiere
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› ARCHIWORKS Big-Bjarke Ingels Group Fondato da Bjarke Ingels a Copenhagen nel 2005 lo studio, oggi guidato da 22 partner, conta sedi anche a New York, Londra, Barcellona e Shenzhen. Con una grande abilità creativa accompagnata da una progettazione basata sull’informazione, le architetture si possono definire ‘utopie pragmatiche’ con le quali lo studio affronta le sfide poste dai rapidi cambiamenti della società. Tra i progetti più noti il Tirpitz Museum in Danimarca, ricavato da un bunker della seconda guerra mondiale, il complesso residenziale Via 57 West a New York e il termovalorizzatore Amager Bakke a Copenhagen. In Italia Big sta realizzando la sede di San Pellegrino e il building direzionale Citywave a Milano Citylife.
www.big.dk
Una vista generale del complesso di Bay View e l’edificio principale e l’auditorium ripresi dall’acqua del parco. Le porzioni che formano la copertura, alternate a grandi lucernari, appaiono all’interno come vele sorrette da pochi ‘alberi’ che danno luogo a un ambiente prevalentemente aperto, organizzato su due livelli, con isole di lavoro sfalsate tra loro che creano un senso di ‘quartiere urbano’ coperto (ph. ©Iwan Baan, courtesy BigBjarke Ingels Group).
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› ARCHIWORKS
GOOGLE BAY VIEW CAMPUS, MOUNTAIN VIEW
INNOVATION, NATURE, COMMUNITY. QUESTO IL BRIEF TRASMESSO DA GOOGLE A BIGBJARKE INGELS GROUP E HEATHERWICK STUDIO PER PROGETTARE UNA SUPERSTRUTTURA CARBON-FREE E CAPACE DI ACCOGLIERE CINQUEMILA DIPENDENTI
UN WORKPLACE FOTONICO Per studiare i fondamentali della navigazione aerea e spaziale, più di ottant’anni fa in California la Nasa creò l’Ames Research Center. Come altri centri di ricerca finanziati con fondi federali ma pragmaticamente aperti alla collaborazione tra pubblico e privato, quel campus divenne una delle cellule germinali della futura Silicon Valley. Qui, tra Mountain View e Sunnyvale, è stata da poco completata una nuova sede di Google. La ricerca di una formula efficiente dal punto di vista economico, dell’organizzazione del
lavoro e dell’impatto energetico delle costruzioni ha dato vita a un nuovo genere di architettura che rende leggibile la logica strutturale e la trasforma in una nuova estetica. L’immensa copertura a scaglie dei tre edifici rende obsoleto il tema dell’integrazione architettonica dei pannelli fotovoltaici: non si tratta più di ‘integrare’ qualcosa di nuovo nelle forme note ma di dare vita a nuove architetture adeguate all’esigenza di ridurre a zero l’impatto energetico e ambientale delle costruzioni. 50mila pannelli argentati instal-
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› ARCHIWORKS Heatherwick Studio Con più di 200 professionisti, il pluripremiato studio londinese opera a livello internazionale con un approccio pragmatico su progetti a tutte le scale. Caratterizzati da una forte inventiva più che da un segno riconoscibile che si replica, tra le opere più recenti dello studio ricordiamo il museo di arte africana Zeitz Mocaa a Città del Capo, ricavato all’interno di silos portuali in disuso, la riconversione in centro commerciale dei Coal Drops Yards a Londra, il Maggie’s Center di Leeds e il Vessel, la scala-scultura costruita nell’area di Hudson Yards a New York.
www.heatherwick.com
CREDITI Località Mountain View, California Committente Google Sviluppo Sares Regis Group (parte di Cbre) A destra, il concept spaziale dei tre edifici (©Heatherwick Studio), collegati tra loro da corti. Nelle foto una vista generale dell’area, dipendenti che fanno jogging nel parco e l’articolazione dell’open space interno (ph. ©Iwan Baan, courtesy Big).
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Progetto architettonico Big-Bjarke Ingels Group e Heatherwick Studio Architetto esecutivo Adamson Architettura degli interni Studios Ingegneria strutturale Thornton Tomasetti Mep e antincendio Integral Group Paesaggio Olin Acustica e facciate Arup Superficie del sito 170.000 mq Superficie costruita 102.000 mq Cronologia 2017-2022
› ARCHIWORKS
lati su grandi vele convesse – sostenute da una semplice struttura a reticolo di tubi Innocenti – catturano ogni singolo fotone e lo trasformano in energia elettrica, con una produzione di quasi 7 MW/p. All’interno la convessità si trasforma nel suo opposto e tra una vela e l’altra, come negli stabilimenti dell’Ottocento ma con ben diversa complessità, si aprono grandi lucernari verticali che portano il massimo di luce naturale agli ambienti evitando al contempo eccessi di abbagliamento. Frutto di una progettazione guidata dall’informazione, il telaio strutturale della copertura riduce al minimo il numero di colonne
di sostegno dando luogo a più di 80mila metri quadrati di spazi interni aperti. Gli ambienti di vita e di lavoro sono organizzati su due soli livelli, con aree di aggregazione, conversazione e ristorazione al primo livello e piattaforme per singoli gruppi di lavoro poste su piani sfalsati più vicine ai lucernari. La missione carbon-free del progetto si traduce anche nell’impiantistica per la climatizzazione, alimentata da un anello geotermico al servizio dei tre edifici in cui si articola la nuova sede – il più piccolo dei quali è un auditorium da 1.000 posti – e la gestione delle acque grigie e meteoriche, che confluiscono
in una vasca di fitodepurazione nel grande parco circostante. Due miglia a ovest di Bay View, Big e Heatherwick stanno completando Google Charleston East, una struttura analoga ma di minori dimensioni
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In alto, sezione e diagramma energetico del progetto (courtesy Big-Bjarke Ingels Group).
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› DESIGNCAFÈ
I VINCITORI DEL PREMIO ARCHITETTURA TOSCANA 2022 Annunciati il 15 giugno i vincitori della terza edizione del Premio Architettura Toscana, scelti dalla giuria presieduta da Gianpiero Venturini e formata da Nicola Di Battista, Gianluca Peluffo, Sofia von Ellrichshausen e dalla sociologa Daniela Ciaffi tra le 140 opere in concorso. Promosso dal Consiglio Regionale e dagli Ordini degli architetti e Ance toscani il premio, riferito a opere realizzate nei cinque anni precedenti la pubblicazione del bando, valorizza sia l’autore sia il committente e l’impresa. Per la categoria nuove costruzioni è stata premiata la scuola comprensiva di Sant’Albino a Montepulciano, progettata da Carlos Machado [ 112 ]
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e Moura, un edificio che si sviluppa su un solo livello assecondando l’andamento naturale del suolo e le pendenze presenti nell’area. Premiato nella categoria opera prima lo studio SuperSpatial, con la trasformazione in showroom sperimentale dell’azienda di cucine Officine Gullo di una cappella rinascimentale parte del complesso monumentale della chiesa di Ognissanti nel centro a Firenze. Il restauro del Museo dell’Opera del Duomo di Pisa e la nuova sistemazione della piazza antistante hanno valso allo studio Guicciardini&Magni Architetti il primo premio della categoria restauro, mentre per le opere di allestimento e di interni è stato pre-
In alto, piazza dell’Isolotto a Firenze (ph. ©Guido Mezzera Roberto Coppa). A sinistra, showroom sperimentale di Officine Gullo (ph. ©Dsl-Delfino Sisto Legnani e Alessandro Saletta); a destra la scuola di Sant’Albino a Montepulciano (ph. ©João Morgado).
miato lo studio b-arch architettura per gli uffici dell’area marketing e il Factory Museum Ginori 1735 di Sesto Fiorentino. Primo premio nella categoria spazio pubblico, paesaggio e rigenerazione a Rpa RossiProdi Associati con il disegno delle trame e dei pattern che definiscono la nuova piazza dell’Isolotto a Firenze (con Frontini Terrana)
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GLI ARCHITETTI DI LPP
Architetti italiani di Luigi Prestinenza Puglisi
2006/2022 ORDINATI CRONOLOGICAMENTE SULLA BASE DI UN’OPERA COMPLETATA IN QUELL’ANNO, I RITRATTI CRITICI DI DICIASSETTE ARCHITETTI ITALIANI
2006
2007
Benedetta Tagliabue
2015
E L’AVANGUARDIA DEL SUCCESSO
Parlamento Scozzese
Padiglione Zero e Centro servizi di Expo 2015
Guido Canali L’IMPECCABILE
2016
Maglificio Gran Sasso 2008
La Nuvola 2017
Centro Italiano Arte Contemporanea Foligno
2010
M.G. Grasso Cannizzo
Bnl-Bnp Paribas Headquarters 2018
Cino Zucchi E LA VARIETAS
Lavazza Headquarters 2019
Alvisi Kirimoto
Mario Cucinella
STRATEGIA HIGH TOUCH
E LA TECNOLOGIA
Accademia della Musica 2020
Renzo Piano
ABDR
IL COMUNICATORE
E L’INGEGNERIZZAZIONE DELLA FORMA
Centro di chirurgia pediatrica di Emergency a Entebbe 2021
Italo Rota
Marco Casamonti
E IL KITSCH
IL PECCATORE
Padiglione Italia Expo Dubai 2020
Cantina Antinori 2013
E L’UNIVERSO DELLE IMMAGINI
Torre di Controllo Porto Marina di Ragusa
Auditorium del Teatro del Maggio Fiorentino 2012
5+1AA
E IL NUOVO MODELLO DI ARCHISTAR
3M Italia Headquarters 2011
Fuksas LA PECORA NERA
Guendalina Salimei E LA COMPLESSITÀ
2009
Michele De Lucchi
E IL CORPO DELL’ARCHITETTURA
2022
Stefano Pujatti
Alberto Cecchetto
LO SPERIMENTATORE
IL PROGRESSISTA
House of Cards
Sede del Cnr all’Arsenale di Venezia 2014
Stefano Boeri L’ARTE DI SEMPLIFICARE
Il Bosco Verticale
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Ph. ©Vicens Jiménez
Parlamento Scozzese
2006
GLI ARCHITETTI DI LPP
Benedetta Tagliabue E IL CORPO DELL’ARCHITETTURA Credo che il grande merito di Benedetta Tagliabue sia stato di custodire la memoria di Enric Miralles, prematuramente e tragicamente scomparso, senza che questa la soffocasse. Infatti con straordinaria abilità, è riuscita a chiudere i progetti iniziati in coppia, come per esempio il Parlamento Scozzese, senza tradirli, come tante volte invece accade con le opere postume. Nello stesso tempo, ha affrontato nuovi progetti, mostrando tempra di grande architetto. Il Padiglione spagnolo all’expo di Shangai, per esempio, è una struttura in acciaio ricoperto da ceste di vimini intrecciate a mano che riesce a far coesistere due stereotipi opposti della contem-
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poraneità: le forme bloboidali e il recupero della dimensione artigianale, l’high tech e il soft tech. La Tagliabue non ha mai cercato di contrabbandare attraverso l’ideologia o la teoria le proprie scelte. Preferisce parlare di attenzione al cliente e allo spazio pubblico e di un metodo di progettazione empirico: con le informazioni ottenute dall’analisi del luogo e della sua storia costruisce collage che producono spunti e generano suggestioni, attivando catene metaforiche. In un territorio disciplinare dove il corpo spesso è bandito in nome della fredda teoria, lo spazio empatico, colorato e materico di Benedetta Tagliabue non può che destare sospetto.
Eppure è proprio la riscoperta della materia e delle sue ragioni, la grande qualità della sua architettura. Caratterizzata da un umanesimo pragmatico e sperimentale, radicato nella storia ma non nostalgico, ecologico ma non minimale o moralista. Dove lo spazio, concepito come un tessuto di relazioni, si vive anche con le mani.
Embt, Parlamento Scozzese, Edimburgo. (ph. courtesy of The Scottish Parliament Corporate).
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Con molteplici linee prospettiche l’edificio si pone volutamente in contrasto con l’antico Holyrood Palace (ph. courtesy of The Scottish Parliament Corporate).
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Maglificio Gran Sasso
2007
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Guido Canali L’IMPECCABILE Guido Canali è nato nel 1935: due anni prima di Renzo Piano (1937), e quattro dopo Aldo Rossi (1931). Fa parte quindi della generazione dei Maestri attivi dagli anni Sessanta e Settanta, anche se maestro lo è sui generis: gode di immenso prestigio ma tra una ristretta cerchia di estimatori. Della sua opera si sa relativamente poco. Provate a cercare notizie su internet o in libreria: non è facile perché non è esposto sui media e non ha un seguito di discepoli fotocopia che si riconoscono nella sua tendenza. Forse è l’unico architetto che riesce a sintetizzare in maniera originale Mies van der Rohe e Carlo Scarpa. Da Mies prende il quasi nulla e la strategia del lavoro per piani che consente di aprire i corpi edilizi allo spazio circostante. Siano questi il cielo o la natura rispetto alla quale gli edifici si pongono in un intenso rapporto, quasi in relazione osmotica. Ne capta la leggerezza e difatti il materiale strutturale da lui preferito è il ferro, con sezioni sottili e profili allungati in grado di sfidare il peso e la legge di gravità. Da Carlo Scarpa, Canali assimila l’interesse per la materia e una visione del dettaglio inteso come nodo visivo delle opere, momento in cui si risolvono in unità le diversità di materiali e direzioni. Non quindi uno spazio omogeneo ma ritmato, denso, composto per continui scorci prospettici. In teoria, l’esigenza del quasi nulla e la poesia della materia dovrebbero essere in contraddizione tra loro. In realtà è questo abilissimo lavorare, rispettando entrambe le polarità, che genera la magia. Si ha sempre la sensazione di architetture che svaniscono e che, nello stesso tempo, hanno una loro concreta presenza. Di una tecnologia asciutta e essenziale ma ricca, visionaria e insieme aperta alla natura.
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Guido Canali, sede del Maglificio Gran Sasso, Sant’Egidio alla Vibrata (Teramo). 2007. Menzione d’onore al Premio Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana 2009.
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Dall’alto, i volumi delle scale d’emergenza e il viale d’ingresso. A sinistra, la passerella d’accaio che collega gli uffici con lo stabilimento.
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Centro Italiano Arte Contemporanea Foligno
2008
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Guendalina Salimei E LA COMPLESSITÀ Nel 2008 la rivista Edilizia e Territorio del Sole 24 Ore individuò come miglior architetto dell’anno Guendalina Salimei: “la punta di diamante di una nuova schiera di progettisti donna che stanno emergendo nel panorama dell’architettura italiano”. Guendalina Salimei, caratterizzata da un carattere energico e determinato, ama lavorare su temi particolarmente difficili e complessi quali i waterfront, il recupero ambientale e l’edilizia sociale. Ma la sua sfida più impegnativa è sicuramente la riqualificazione del piano destinato a servizi a Corviale, il mostro edilizio fuori scala progettato da Mario Fiorentino nella periferia romana. Il suo lavoro per quest’ultima realtà è stato notato
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da un regista, Riccardo Milani, che ne ha tratto la trama di un film di cassetta, Scusate se esisto!, con Paola Cortellesi e Raul Bova. E, così, è diventata il simbolo della donna architetto che emerge in un mondo monopolizzato da personaggi maschili. Il suo principale punto di forza è lavorare all’architettura in una dimensione paesaggistica. Lo fa spesso utilizzando configurazioni aperte disposte su direzioni non ortogonali tra loro che permettono un continuo cambio dell’orizzonte e del punto di vista. In questa apertura al landscape è una delle prime progettiste che, già da epoche non sospette, ha lavorato con i temi del verde, dell’ecologia e della sostenibilità. Ma senza cadere nella trappola
del disimpegno progettuale fatto di alberi piantati dovunque per occultare l’architettura. In tutti i suoi progetti, anche i più astratti come per esempio il Centro di Arte Contemporanea a Foligno, il tema è la costruzione di un habitat che si muove nella polarità tra costruito e vuoto, tra le tracce del naturale e l’artificiale.
Guendalina Salimei, T-Studio, Centro per l’Arte Contemporanea di Foligno. 2008 (ph. courtesy T-Studio).
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Torre di Controllo Porto di Marina di Ragusa
2009
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Maria Giuseppina Grasso Cannizzo E IL NUOVO MODELLO DI ARCHISTAR Non c’è architetto italiano che, al pari di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, con così poche realizzazioni abbia ottenuto tanti riconoscimenti. Tra questi una Medaglia d’Oro alla carriera dalla Triennale di Milano per celebrare poche case private, una piccola torre di controllo a Marina di Ragusa, un paio di locali commerciali, alcune installazioni. La Grasso Cannizzo sa bene che una buona architettura è una precisa operazione mentale, che non parte da preconcetti formali e arriva ad un risultato, spesso inatteso, attraverso una serie di passaggi ineluttabili. Che presuppongono un controllo ferreo del dettaglio e della fase esecutiva, la massima coerenza, il massimo rigore logico. La Cannizzo ha sviluppato questo atteggiamento con uno spirito alla Wittgenstein. Ossessività e perfezionismo dell’imperfezione (che è la perfezione più difficile da perseguire): ve ne accorgete se vi capita di assistere a una sua conferenza. Dove vi racconterà i suoi progetti senza risparmiarvi il minimo particolare, anche il più apparentemente insignificante. È lei l’anti Boeri, l’anti Casamonti, l’anti Zucchi. Perché l’architettura non deve piacere e basta, deve convincere. E per convincere non può addivenire a compromessi. Se no l’incarico lo si lascia, perché non è detto da nessuna parte che lo si debba proseguire ad ogni costo, nel momento in cui perde la sua integrità. In una Italia che non ne può più di loquaci archistar è lei, proprio per il suo non esserlo, la vera archistar.
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Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Torre di controllo del porto di Marina di Ragusa. 2009 (ph. ©Hélène Binet).
3M Italia Headquarters
2010
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Mario Cucinella E LA TECNOLOGIA Cucinella è uno dei pochi architetti italiani a credere a qualcosa di preciso: la tecnologia. E proprio per questo ne ha una visione che non corrisponde con quella dell’immaginario fantascientifico che tende a vederla in termini esclusivi di ferro e vetro. La sua visione la raccontava con una diapositiva nelle sue prime lezioni: un cammello con un’antenna per essere localizzato con il Gps che portava in groppa un pannello solare che serviva a refrigerare un mini frigorifero con delle medicine. Il cammello era infatti il compagno di un medico condotto (niente a che vedere con l’architetto condotto di Renzo Piano, che è una straordinaria finzione retorica per tranquillizzare Sgarbi, Settis e Italia Nostra) che si muoveva tra i villaggi nel de-
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serto per portare assistenza e, appunto, medicinali e vaccini non deteriorati dal caldo. Un esempio quindi in cui convivono, senza troppi problemi di coerenza formale, tecnologie antiche e moderne, tese a perseguire il risultato con il massimo impiego di intelligenza e il minimo impiego di mezzi. In questo senso la lezione principale di Cucinella è che la tecnologia è un metodo di sopravvivenza, di utilizzo delle risorse. Un metodo, non uno stile. Se riuscirà a introdurre in Italia questo modo di ragionare, vedrete che diventerà il nostro più importante architetto. Per farlo non dovrà farsi prendere troppo da ansia da empatia, cadendo nella trappola della comunicazione e del facile
successo. Percorrere questa scorciatoia sarebbe un peccato perché, in fondo, degli eredi di Piano è colui che ha le qualità per tradirlo, denunciandone la deriva, bella ma senza sbocchi significativi, recuperandone l’anima modernamente tecnologica, riuscendo così a mettere a frutto la sua lezione migliore.
Mario Cucinella Architects, 3M Italia Hq, Pioltello (Milano). 2010. (ph.©Daniele Domenicali).
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L’edificio di 10.300 mq è caratterizzato da una struttura lineare, terrrazzata, di altezza variabile tra i due e i cinque piani. Forma e orientamento favoriscono un efficace controllo ambientale, con vetri speciali e particolari sistemi di schermatura. Le terrazze sul fronte sud offrono spazi ombreggiati e agiscono come ‘tampone’ ambientale proteggendo dagli sbalzi climatici. I pannelli fotovoltaici integrati nell’edificio, oltre a produrre energia conferiscono alla costruzione un aspetto tecnologico (ph. ©Daniele Domenicali).
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Auditorium del Teatro del Maggio Fiorentino
2011
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ABDR E L’INGEGNERIZZAZIONE DELLA FORMA Abdr è uno degli studi di architettura più rilevanti nel panorama romano. È stato fondato nel 1982 da quattro soci che si erano formati insieme all’università nel pieno clima della Tendenza: Michele Beccu, Paolo Desideri, Filippo Raimondo e Laura Arlotti (scomparsa nel 2018). All’attivo numerose opere, in Italia e all’estero, tra le quali la stazione Tiburtina a Roma, alcune stazioni della metropolitana romana, il Teatro dell’Opera di Firenze, recentemente completato con l’Auditorium. A caratterizzare l’approccio di Abdr è l’attenzione, anche in termini squisitamente formali, alla cosiddetta ingegnerizzazione del progetto. Intendendo questa come il frutto del contributo di numerosi specialisti, ciascuno ferrato nella propria disciplina, e concependo il progettista architettonico come un direttore d’orchestra che le diverse
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competenze riesce non solo a farle convivere ma a far esprimere al meglio, proprio attraverso la forma che diventa mediatrice delle diverse istanze particolari. Da qui l’attenzione alla qualità acustica, alle qualità ambientali, agli aspetti funzionali, ma sempre in funzione dell’aspetto complessivo che è fortemente unitario e non privo di rimandi alla produzione contemporanea europea e di reminiscenze alla tradizione moderna italiana. Nel caso, per esempio, del Teatro fiorentino vi è una esplicita citazione ad Adaberto Libera, da cui è mutuata l’idea del teatro all’aperto sul tetto. È proprio la compresenza di tecniche moderne e di riferimenti alla storia recente e passata a costituire l’interesse delle opere, sempre di alta qualità, prodotte dallo studio.
Paolo Desideri, Abdr, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Firenze. L’auditorium venne inaugurato il 21 dicembre 2011 con un concerto diretto da Zubin Metha (ph. ©Luigi Filetici).
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Cantina Antinori
2012
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Marco Casamonti IL PECCATORE Grande comunicatore e dotato di una simpatia innata, Casamonti è stato uno straordinario costruttore di network e Area e le altre riviste, che ha instancabilmente fondato, hanno funzionato da catalizzatori. È stato infatti, a partire dalla metà degli anni Novanta, il capofila di un vasto raggruppamento della generazione dei quarantenni e cinquantenni sbucata sulla ribalta nazionale. È in nome di una generica ma totalizzante qualità che Casamonti costruisce, anche grazie all’ausilio di un eccellente studio che gli sta dietro, i propri progetti. Che
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una volta si rifanno ad Álvaro Siza, una volta alle avanguardie degli anni Settanta, una volta alla neo-ecologia, un’altra alle città di pietra. Tutte opere che ci raccontano del sorgere di un nuovo raffinato eclettismo, caratterizzato da riferimenti scelti con gusto e cura. Poi sono arrivate le vicissitudini giudiziarie, ma forse è stato colpito perché era il più esposto, non il peggiore. E, difatti, ne è uscito fuori capendo che avrebbe dovuto tenere un profilo più basso. Personaggio brillante e lavoratore infaticabile, Casamonti si è rimesso pazientemente in gioco:
ha girato per l’Italia, l’Europa e il mondo come una trottola. Sa conquistare clienti e sponsor perché parla un linguaggio schietto e prammatico che riescono a comprendere. Il suo capolavoro alla fine lo ha realizzato: è la cantina Antinori, forse una delle opere più importanti realizzate nel dopoguerra. Una magnifica invenzione di land art, un vuoto che segna la collina. Basta, forse, da sola a fargli perdonare tutti i peccati delle vite precedenti.
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Marco Casamonti, Archea Associati. Cantina Antinori, San Casciano Val di Pesa, Firenze. Progetto 2005, completamento 2012 (ph. ©Pietro Savorelli).
Il progetto è incentrato sul legame profondo con la terra, con una costruzione ipogea che emerge dal terreno con un taglio di 150 metri (ph. ©Pietro Savorelli).
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Sede del Cnr all’Arsenale di Venezia
2013
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Alberto Cecchetto IL PROGRESSISTA Architetto veneziano, ha studiato all’Università Iuav con Giancarlo De Carlo, un personaggio che ha insegnato in controtendenza, se non in antitesi, rispetto al filone storicista e reazionario prevalente nella facoltà. De Carlo ha poi coinvolto Cecchetto nell’esperienza dell’Ilaud, l’Intenational Laboratory of Architecture and Urban Design. All’influsso di De Carlo occorre aggiungere quello di Carlo Scarpa: nella consapevolezza che ogni tema, alla scala urbanistica, edilizia o di interni, alla fine si giudica in funzione della qualità formale raggiunta. Cecchetto è tra i pochi architetti italiani che può vantarsi di realizzazioni che ci restituiscono una natura migliore di quella che gli era stata consegnata. Come avviene, per esempio, nelle Cantine Mezzocorona a Trento. Mostrano la capacità di saper utilizzare tecniche e metodologie decostruttiviste, e cioè il lavoro dell’avanguardia, evitando un gioco di volumi spezzati fine a sé stesso. Da allievo di De Carlo, è molto attento all’uso che
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viene fatto degli spazi. Lo stesso si può dire per i materiali. Se alcuni sono nuovi e hanno importanti qualità che meritano di essere sperimentate, altri sono noti, conosciuti e apprezzati da tempo anche immemorabile. Basta per tutti citare il legno. E la loro presenza, all’interno del progetto, ha anche la funzione di tranquillizzare l’utente rispetto a sperimentazioni altrimenti destabilizzanti. Cecchetto crede nel progresso continuo e senza strappi traumatici. Dove, a mio avviso, rende il meglio di sé è negli interventi in cui si confronta con le preesistenze, soprattutto in territorio lagunare e penso, ad esempio, ai numerosi progetti da lui gestiti con grande perizia nell’Arsenale di Venezia. Il futuro è la chiave per comprendere il passato. I restauri proposti non sono mai ricostruzione à l’identique. Generano spazi contemporanei con una densa stratigrafia storica. In cui l’antico è un materiale di costruzione del nuovo e non viceversa.
Alberto Cecchetto, nuova sede del Cnr presso l’Arsenale di Venezia, 2013. (ph. ©Fulvio Orsenigo e, in alto a destra, courtesy Cecchetto & Associati).
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Il Bosco Verticale
2014
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Stefano Boeri L’ARTE DI SEMPLIFICARE Zygmunt Bauman parlerebbe di lui come di un architetto liquido. Infatti Boeri è anche un politico, un direttore di riviste, un professore universitario, un organizzatore di eventi, un ecologo. Non ci meraviglieremmo se un giorno diventasse deputato, ministro della cultura o direttore di un importante centro di ricerche. Assessore alla cultura del Comune di Milano lo è già stato ed è al secondo mandato come presidente della Triennale di Milano. Come architetto, Boeri è bravo. Ha realizzato buone opere con un occhio alla ricerca d’avanguardia e spesso ricordano lavori fatti da altri. L’edificio della Maddalena, una bella struttura di cui l’Italia si sarebbe potuta vantare con i partner del G8, poteva essere firmato da OMA e il brise soleil rimanda a Herzog & de Meuron. L’edificio di Marsiglia rielabora intuizioni formali dell’Institute of Contemporary Art a Boston di Diller Scofidio + Renfro. Boeri sa che nell’architettura non vincono necessariamente i più talentuosi o gli antesignani ma i più convincenti, spesso i semplificatori che, con straordinaria bravura – perché ci vuole bravura – e un pizzico di fortuna sintetizzano la complessità di un concetto nella felicità di uno slogan. Da qui è nato il Bosco Verticale. Bisogna riconoscere che un prodotto così appetibile erano decenni che gli architetti italiani non lo sapevano più confezionare. Il Bosco Verticale, con la perentorietà di un’icona penetrata immediatamente nell’immaginario collettivo, promette infatti la coesistenza dello sviluppo in verticale con il mantenimento di un equilibrio ecologico. E, nei Paesi in forte sviluppo economico, quali la Cina, devastati dallo smog e dalla polluzione at-
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mosferica, appare come una delle poche soluzioni possibili da praticare e sperimentare. Ma anche a Milano, dove smog ce ne è un po’ meno, è diventato una presenza amica e rassicurante. Un luogo rispetto al quale orientarsi e dove darsi gli appuntamenti. Segno incontrovertibile del successo di questa sua invenzione che ha messo insieme architettura e comunicazione.
Boeri Studio (Stefano Boeri, Gianandrea Barreca, Giovanni La Varra). Bosco Verticale, Milano. Progetto 2006-2008, costruzione 20082014 (ph ©Paolo Rosselli e, sotto, courtesy Coima).
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Padiglione Zero e Centro servizi di Expo 2015
2015
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Michele De Lucchi E L’AVANGUARDIA DEL SUCCESSO Dopo Renzo Piano e forse più di Renzo Piano, non c’è un personaggio che possa rappresentare l’architettura italiana meglio di lui. E non solo per fatturato. De Lucchi è infatti l’incarnazione dello stile italiano che sforna opere tagliate come un bel vestito, sempre calibrate, sempre attente al contesto, sempre appropriate, sempre ecologicamente consapevoli. Inoltre è straordinariamente abile a gestire con intelligenza la sua anima poliedrica, ambigua e polivalente. Gioca la sua immagine professionale su un doppio registro: da un lato da santone new age, dall’altro da imprenditore smaliziato che ha capito dove sta andando il mercato di questa società postindustriale e feticista. Di un innovatore che non vuole tradire il suo imprinting radicale e avanguardista e di un conservatore che ritornerebbe alla baita nella Foresta Nera a giocare con la motosega con la quale produce deliziosi modelli di case in massello.
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A rendere perfetta l’indecisione o, meglio, la decisione di abbracciare gli opposti è una sua definizione di avanguardia lenta se non bradipesca che ricorda il paradosso di Achille e la tartaruga formulato da Zenone: “Avanguardia è portare avanti per piccoli passi il senso di essere moderni, perché ogni volta che la modernità si raggiunge questa è già andata avanti”. Chiedetegli chi sia il suo eroe, e lui vi risponderà Gandhi. Quell’implacabile tradizionalista di Gandhi che, per uno strano paradosso della storia, riuscì, e a dispetto della tecnologia britannica, in un’opera di modernizzazione di un Paese che nessuno avrebbe mai pensato fosse non solo possibile ma neanche immaginabile. Non avrà il carisma e la tempra di Gandhi, ma, siatene sicuri, tra trent’anni, tra i santi fondatori dell’imprenditoria ecologica italiana, troverete sicuramente Michele De Lucchi con la sua barba un po’ brand e un po’ new age.
Michele De Lucchi, padiglione Zero e padiglione dei servizi a Expo Milano 2015 (ph. ©Moreno Maggi)..
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La Nuvola
2016
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Doriana e Massimiliano Fuksas, ph. ©Fabio Lovino
Fuksas LA PECORA NERA Fuksas è uno dei pochi architetti italiani che non segue il mainstream del politically correct. E proprio per questo è mal considerato dalla critica con il birignao, da quella che vorrebbe essere politicamente impegnata. Soprattutto quella dei salotti milanesi. Tanto che gli si rimproverano colpe, per esempio sui costi e i tempi di costruzione della Nuvola, che non si sollevano per opere di altri architetti che come lui si sono scontrati, e con molto peggiori risultati, con la farraginosa macchina degli appalti pubblici italiani. Dimenticando che il progettista romano è stato capace di chiudere il complesso e vasto cantiere
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della fiera di Milano a Rho con ottimi risultati e in poco meno di due anni. Credo tuttavia che ciò che di Fuksas più disturbi sia la felice caparbietà creativa con la quale rivendica che l’architettura è in primo luogo pratica artistica. Mostrandosi decisamente controcorrente in un periodo come questo, segnato dal masochismo e dall’autolesionismo percettivo, dal ‘mediocre è bello’, dalla pseudo metafisica o peggio dall’estetica del piacevole secondo la quale una buona architettura sarebbe come un vestito di buon taglio sartoriale. Ci sono pochi progettisti che, contro queste stu-
pidaggini, in ogni opera hanno tenuto fermo, con tanta bravura, il punto: l’architettura è in primo luogo arte. Certo, l’arte la si può fare in tanti modi diversi, come ci mostrano altri progettisti che all’estero si muovono lungo questa direzione: penso per esempio a Nouvel o a Herzog & de Meuron. Ma proprio perché in Italia in troppi amano dichiarare che l’architettura non lo sia, l’opera che svolge Fuksas è più che di disturbo. E da perfetta pecora nera, fosse solo per questo, bisognerebbe ringraziarlo di esistere.
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Studio Fuksas, centro congressi La Nuvola, Roma Eur, 2016 (ph. Roland Halbe e, ultima a sinistra, ©Leonardo Finotti).
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Bnl-Bnp Paribas Headquarters
2017
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Gianluca Peluffo, Alfonso Femia e Simonetta Cenci ai tempi di 5+1AA (ph. ©Enrica Gaviola).
5+1AA E L’UNIVERSO DELLE IMMAGINI Alfonso Femia e Gianluca Peluffo hanno condiviso oltre venti anni di attività professionale. Poi, seguendo la sorte centrifuga di molti studi professionali italiani, i due soci hanno deciso di separarsi. Forse nel momenti meno opportuno, cioè nel 2017 quando lo studio 5+1AA da loro fondato stava ricevendo apprezzamenti internazionali e rilevanti incarichi professionali. Probabilmente dal 2017 sono passati troppo pochi anni per capire quale sia stato l’apporto di ciascuno al sodalizio 5+1AA, ma abbastanza per intravedere che Peluffo ha un approccio più poeticamente coinvolto che vede il linguaggio architettonico in chiave etica mentre Femia cerca
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di coniugare la dimensione artistica con una più strutturata dimensione professionale. Comunque vadano le cose nel futuro, sappiamo comunque che il sodalizio ha prodotto alcuni degli edifici più innovativi negli ultimi anni di architettura italiana. Anni che altri progettisti hanno invece percorso, per paura di sbagliare, con il freno a mano tirato. L’obiettivo del duo era l’immaginario, di una architettura che ne riscoprisse il valore. C’è stato addirittura un momento, nel 2008, in cui 5+1 AA aveva prodotto un libro fatto tutto di immagini, compresa una di Monica Bellucci. Il corposo volume aveva una copertina rosa e un titolo
che parlava di Ombelico dei sogni. Era il tentativo di aprire la progettazione a un linguaggio che non fosse fondato principalmente su elucubrazioni disciplinari. Ecco: il merito di 5+1 AA è stato riscoprire questo mondo fantastico e riportarlo nella pratica dell’edilizia.
5+1AA, Bnl-Paribas Hq, Roma Tiburtina, 2012-2017, 75.000 mq di superficie costruita per uffici, ristoranti, un asilo e un auditorium da 300 posti (ph. ©Luc Boegly).
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Lavazza Headquarters
2018
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Cino Zucchi E LA VARIETAS Tra le nuove archistar italiane, Cino Zucchi è, formalmente, il più dotato. La sua bravura consiste nel riuscire a coniugare in un’unica opera tensioni contrapposte. La casa che per prima ci accoglie a Venezia alla Giudecca, per esempio, si integra nel difficile contesto lagunare e allo stesso tempo ha un’immagine vivacemente contemporanea grazie alla libertà della composizione delle bucature e alle grandi cornici che la disegnano come un’opera astratta. Come per tutti i miracoli, vi è un prezzo da paga-
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re: quando i segni sono sottratti all’ideologia, non ha più senso rivendicare un’unica cifra linguistica. E anche i fili conduttori, che legano opere diverse della stessa mano, diventano labili. Sino al limite di lasciare spazio alla realizzazione – come avviene alla Giudecca stessa – di edifici ciascuno diverso dall’altro, come se fossero disegnati sulla base di ispirazioni diverse. L’imperativo di Cino Zucchi è la Varietas. Cioè la fine di ogni costrizione o dogma in nome della libertà. Ecco perché è anche un raffinato inventore
di trame diverse tra loro ma riconducibili con certezza al suo stile. Lo si vede bene nelle sue opere più recenti quali il Lavazza Headquarter: se non fossero varie, il pubblico si annoierebbe; se non fossero riconducibili a un brand, l’operazione sarebbe fallimentare. Insomma: pura vertigine dell’immagine. Ed è in questa meravigliosa facilità che sta gran parte del suo successo e del suo fascino.
GLI ARCHITETTI DI LPP
Cino Zucchi (Cza), Lavazza Hq, Torino. Progetto 2010-2017. Il progetto ridisegna un intero isolato della città con nuove edificazioni e la conservazione di precedenti testimonianze industriali, tra cui una centrale elettrica inclusa nel lotto. Al centro del progetto una piazza alberata aperta alla città (ph. ©Cino Zucchi).
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Accademia della Musica
2019
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Massimo Alvisi e Junko Kirimoto
Junko Kirimoto e Massimo Alvisi (ph. ©Ilaria Magliocchetti).
STRATEGIA HIGH TOUCH Nell’opera, sempre di alta qualità, di Massimo Alvisi e di Junko Kirimoto non è difficile trovare due fonti di ispirazione. La prima è riscontrabile nelle opere di Renzo Piano, un architetto di cui Massimo Alvisi è stato collaboratore. All’influenza dell’architetto genovese sono ascrivibili il gusto per accorgimenti semplici ed efficaci e, in particolare, l’uso di tecnologie che ricordano quelle in uso nelle navi. Tanto che per esempio in un edificio di abitazioni da loro realizzato a Trani, la stampa locale ha voluto vedere la metafora di una barca con le vele spiegate al vento. La seconda fonte di ispirazione è il minimalismo poetico. In particolare l’opera di Toyo Ito, un progettista molto apprezzato da Junko Kirimoto per la comune origine giapponese e l’approccio orientale mirato alla ricerca di forme fluide. Non è difficile trovare nei lavori del duo un comune senso della leggerezza e del quasi nulla. È interessante notare che questo approccio sobrio e raffinato è diventato da alcuni anni a questa parte una caratteristica comune di alcuni dei migliori studi di progettazione italiani. Potremmo definirlo High Touch per differenziarlo da altri correnti che non hanno preso troppo piede in Italia quali l’High Tech. L’High Touch si caratterizzerebbe per la trasparenza e la leggerezza ma attraverso l’uso di materiali naturali quali il legno, il disinteresse per l’esibizionismo tecnologico e, infine, per l’apertura al paesaggio e alla natura, nonché per la ricercata accuratezza del dettaglio.
Alvisi Kirimoto (con Harcome), Accademia della Musica di Camerino, 2019 (ph. ©Marco Cappelletti).
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Sotto, optatiatur auditat ouam sitiae cum hilla non era ipiduci enitionectas as mi.discius atio. Et apis arit enitionectas quam sitiae cum hilla non era ipiduci enitionectas as mi.
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Alvisi Kirimoto, Viale Giulini Affordable Housing, Barletta, 2019 (ph. ©Marco Cappelletti).
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Centro di chirurgia pediatrica di Emergency a Entebbe
2020
GLI ARCHITETTI DI LPP
Renzo Piano IL COMUNICATORE Per me la più grande delusione dell’architettura italiana è Renzo Piano. Non perché non sia bravo, forse è il più bravo. Piano monta con abilità i pezzi del suo immaginario tecnologico (che hanno spesso a che fare con la tecnologia delle barche e in generale del mare) e si accosta al paesaggio, con il quale cerca di entrare in sintonia, per successive addizioni. La delusione è legata al suo carattere individualista, alla incapacità di capire che, arrivato alla sua età e alla sua fama, avrebbe dovuto spendersi con più energia e coraggio per l’avanzamento dell’Architettura nel Paese. Avrebbe dovuto essere il promotore della Legge per l’Architettura e della stagione dei concorsi. E, invece, ha agito come un battitore libero, senza porsi una domanda sulle conseguenze del suo atteggiamento quando per esempio non ha detto una parola sul fatto che si abbattesse un capolavoro dell’ingegneria quale il viadotto Morandi sul Polcevera, ancora recuperabile dopo il crollo, per realizzare il proprio progetto di viadotto. Abilissimo comunicatore, Piano ha insegnato agli architetti che un prodotto occorre saperlo vendere con parole accattivanti e soavi. Il grattacielo più grande di Europa occorre promuoverlo come lo Shard, cioè la scheggia, il centro commerciale in Campania è un vulcano buono
Renzo Piano Building Workshop (con TamAssociati e Milan Ingegneria). Centro di chirurgia pediatrica di Emergency a Entebbe, Uganda. 2020 (ph. ©Marcello Bonfanti).
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e il viadotto sul Polcevera è una nave pensata per durare mille anni. La strategia è simile a quella dei prodotti commerciali: delle automobili raccontate come prodotti ecologici e dei biscotti immaginati come prodotti in un mulino. Grazie alla sua lezione di comunicazione, l’architettura italiana non sarà più la stessa.
Ra quidus, optatiatur auditat odiscius atio. Et apis arit quam sitiae cum hilla non era ipiduci enitionectas as mi.
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Il centro di chirurgia pediatrica di Emergency sorge su un terreno argilloso di 120mila mq sulle sponde del lago Victoria. Il cantiere ha fatto largo uso della terra di scavo opportunamente additivata per la costruzione di setti portanti con la tecnica del pisé. L’ampia copertura a tettoia ripara dal sole e sostiene 2.600 pannelli fotovoltaici. Gli ampi spazi verdi e il panorama contribuiscono alla guarigione dei pazienti (ph. ©Marcello Bonfanti).
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Padiglione Italia Expo Dubai 2020
2021
GLI ARCHITETTI DI LPP
Ph. ©Massimo Sestini
Italo Rota E IL KITSCH Italo Rota è uno dei rari architetti italiani controcorrente che fa i conti con una tradizione dimenticata, se non rimossa, dell’arte e dell’architettura: da Dada alla Body Art, dalla Land Art alla Alles Ist Architektur di Hans Hollein, dall’arte povera al concettuale. Un architetto che anche nel suo modo di vestire, eccentrico e colorato sino alla teatralità, non esita a proclamare la sua diversità. Ad attrarlo è la complessità. Quella che impedisce di avanzare sintesi banali in cui il rigore del meno annulli, secondo la formula miesiana, la confusione del più. Anzi se oggi c’è una certezza è che non sia possibile sfuggire al proliferare di immagini, oggetti, simboli che incessantemente e
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liberamente si presentano alla nostra coscienza, mettendo in discussione gerarchie e scale di valori. E rispetto ai quali l’unica soluzione è operare un montaggio che, selezionando alcuni pezzi, racconti la nostra storia. Una buona architettura lavora sulla curiosità, sullo stimolo e su reazioni inaspettate e stridenti. Da qui la scelta, quasi programmatica, per il kitsch e oltre il kitsch. Sono il disagio e la sorpresa generati dal cattivo gusto che ci spingono a entrare nel racconto facendolo percepire come un’opera aperta in cui è sempre possibile aggiungere, con i comportamenti e la partecipazione, qualche cosa. Mentre il bello pacifica e placa, il kitsch stimola e intriga.
Sempre attento alle novità, Rota ha capito che il mondo degli immateriali, del digitale e delle relazioni avrà sempre maggior posto nell’architettura. Da qui una partnership con Carlo Ratti. L’innovazione, sembra dire questa scelta, nasce solo dall’ibridazione, dal mettere insieme idee, mondi e personaggi apparentemente distanti.
Italo Rota e Carlo Ratti, padiglione Italia all’Expo Dubai 2020 (ph. ©Michele Nastasi).
GLI ARCHITETTI DI LPP
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Houses of Cards
2022
GLI ARCHITETTI DI LPP
Stefano Pujatti LO SPERIMENTATORE La qualità principale di Pujatti è l’inesauribile generosità formale, unita all’ansia di sperimentare oltre i confini. Insomma: non abbassare la guardia neanche di fronte ai temi più difficili. Il suo è un decostruttivismo organico imparato mettendo insieme la sua formazione angelena con Tom Mayne di Morphosis e Wolf Prix di Coop Himmelb(l)au con la profonda conoscenza della migliore tradizione italiana, in particolare quella organica. Vi è poi la spericolata sperimentazione di tecniche e materiali. Pujatti non esita a utilizzare lastre di granito per costruire case che sembrano ottenute montando carte da gioco, a impiegare i forati spaccati come
rivestimento, a utilizzare strani contenitori colorati e lamiere stirate. Sembrerebbero spericolate operazioni concettuali, in realtà si tratta di un funzionalismo poetico che reinventa il gioco dei singoli componenti del processo costruttivo ma sempre all’interno di un pensiero laterale sorretto da una logica ineccepibile. Come il tetto esageratamente inclinato della stazione sciistica a Piancavallo. Risponde infatti a una ragione che Pujatti così riassume: “La forma segue la neve, la neve segue l’acqua, e tutte e due devono andare a terra”. E a ragioni funzionali corrispondono tutte le altre scelte che però alla fine determinano un oggetto
poco comune, una presenza iconica che nega sé stessa. Come l’anatra-coniglio esaminata da Wittgenstein, che appare alternativamente anatra o coniglio, questo hotel se lo guardi in un modo dice una cosa (sono un’icona), se lo guardi diversamente ne dice un’altra (sono un’opera funzionale). Inutile protestare: è proprio questa ambiguità congenita, questa richiesta continua e a tratti asfissiante di elasticità concettuale, la forza del talento di Pujatti.
Ra quidus, optatiatur auditat odiscius atio. Et apis arit quam sitiae cum hilla non era ipiduci enitionectas as mi.
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GLI ARCHITETTI DI LPP
Stefano Pujatti (ElasticoFarm). Houses of Cards, residenze a Torrazza Piemonte (Torino). EU Mies Award 2022 nominee (ph. ©Atelier Xyz).
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› DESIGNCAFÈ GAIA, VERSO UNA NUOVA ALLEANZA
GRANDI GIARDINI ITALIANI
Con contributi e conversazioni di grande interesse questo volume – purtroppo solo in inglese – compendia le riflessioni di Stefano Boeri e del suo studio sullo stato del pianeta di fronte alla crisi climatica e sul ruolo di architetti e urbanisti per fondare una nuova alleanza – e quindi nuovi habitat, a cominciare dalle città – tra l’uomo e la natura. Non si tratta semplicemente di porre rimedio all’aumento dei gas serra attraverso la tecnologia più antica che abbiamo a disposizione, ovvero quella degli alberi, che con la fotosintesi assorbono anidride carbonica e in cambio rilasciano ossigeno, bensì di cambiare radicalmente l’atteggiamento che, anche dal punto di vista legislativo, considera gli esseri umani come dotati di diritti e il resto delle specie come oggetto di proprietà. Di fronte alle prospettive catastrofiche della desertificazione e delle conseguenti carestie e migrazioni di massa quei diritti non varranno niente, e gli scenari suggeriti dall’innovazione tecnologica e dall’intelligenza artificiale non sembrano migliori perché senza un profondo cambio di paradigma potranno solo accrescere le diseguaglianze, accentrando ancor più risorse e potere nelle mani dei pochi che detengono i copyright degli algoritmi. L’antropocene è qui e siamo noi, scrive Boeri, quindi è meglio farsene una ragione. Occuparsi di alberi non significa solo immaginare vasti piani di riforestazione (guarda caso in aree del pianeta che riguardano le vite altrui e non le comode esistenze di noi abitanti delle città dell’Occidente o della nuova Cina), bensì pensare a un nuovo antropocentrismo basato sulla consapevolezza. Dovremmo imparare a studiare gli ecosistemi e le necessità delle altre specie e pensare a città dove vi sia spazio per nuove forme di coabitazione tra specie. Quella tra noi e la natura deve diventare, come è intitolato il dialogo tra Boeri e Paul Hawken, una relazione di rigenerazione, al contrario dell’atteggiamento di possesso e ‘estrazione’ tenuto finora. Anche perché gli alberi (il fossile più antico ha 385 milioni di anni) possono bensì fare a meno dell’uomo, ma per sopravvivere l’umanità non può rinunciare alle foreste e alle altre specie.
Con magnifiche immagini a piena e doppia pagina e l’immancabile font Bodoni l’editore Franco Maria Ricci celebra i venticinque anni dell’impresa culturale Grandi Giardini Italiani che riunisce i proprietari e i curatori dei più bei giardini visitabili in Italia. Sono ormai 147, in 14 regioni d’Italia, i giardini esotici e nascosti, rinascimentali e barocchi, gli orti botanici e i Sacri Boschi del network che il monumentale volume documenta e racconta, a cominciare dal labirinto della Masone dove ha sede la casa editrice. Ad arricchire il volume il saggio di Delfina Rattazzi: un itinerario che percorre la sorprendente varietà di questi spazi verdi ricreati, nati a volte da passioni botaniche, come nel caso del centro botanico Moutan a Vitorchiano, che ospita più di seimila varietà di peonie cinesi, a volte dal desiderio di originalità, come nel caso del giardino barocco dell’Isola Bella, e altre ancora da ragioni scientifiche, come nel caso dell’Orto Botanico di Palermo che custodisce, con oltre dodicimila specie in mostra, un’immensa sapienza botanica. A compendio un’antologia curata dalla storica dell’arte Caterina Napoleone, che attraverso un’accurata selezione di testi, alcuni più noti e altri meno conosciuti e originali, conduce il lettore in una passeggiata letteraria tra i giardini creati dalle parole degli scrittori, dall’antichità ai giorni nostri.
Stefano Boeri Architetti Green Obsession. Trees towards Cities Humans towards Forests Actar Publishers, Barcellona-New York, 2021 384 pp, EN, 50 euro ISBN 978-19-4876-558-9
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Grandi Giardini Italiani. L’essenza del Paradiso Testi di Judith Wade, Delfina Rattazzi e Caterina Napoleone Franco Maria Ricci Editore, Fontanellato, 2022 276 pp in grande formato, 70 euro ISBN 979-12-8029-403-6
CAMMINARE TRA I BOSCHI L’esperienza sensibile che sta alla base dell’intelligenza con cui comprendiamo e interpretiamo i dati del mondo è la stessa che muove le nostre emozioni e traduce in poesia la bellezza del mondo. Per questo, oltre ad occuparci di alberi in termini ecologici e di nuovi habitat urbani, dovremmo conservare la capacità di viverli, camminando in silenzio nei boschi che occupano ormai il 37 per cento della superficie dell’Italia, costantemente in crescita negli ultimi tre inventari forestali nazionali. Ci aiuta questa guida di AltraEconomia, realizzata in collaborazione con il Forest Stewardship Council Italia, con 38 itinerari attraverso boschi e foreste di tutta la nazione, dagli abeti e larici del Gran Bosco di Salbertrand in Val di Susa alla macchia mediterranea del parco naturale di Gutturu Mannu, a pochi chilometri dalle spiagge di Chia e dai fenicotteri rosa della laguna di Santa Gilla. Ad essi si aggiungono le utili seppur brevi descrizioni di altri itinerari forestali in aree dove la relazione tra uomini e alberi risale a tempi antichi e la custodia, anche in forme comunitarie anziché di proprietà privata, ha dato luogo a una cura purtroppo assente laddove il bosco si è impossessato di terreni agricoli abbandonati e dove gli alberi sono più soggetti a disastri ambientali come gli incendi che ogni anno distruggono quote importanti di vegetazione.
Aa. Vv. Il richiamo delle foreste AltraEconomia Soc. Coop, Milano, 2022 192 pp, 16,50 euro ISBN 978-88-6516-441-9
› ZEITGEIST
ZEITGEIST di Carlo Ezechieli L’EVOLUZIONE DELL’ARCHITETTURA IN NOVE TEMI E NOVE NOMINATION: UN CAMMINO ATTRAVERSO I 100 NUMERI DI IOARCH
In architettura, qualsiasi reale cambiamento rispetto alla tradizione richiede molto lavoro e molto tempo e solitamente dipende, più che dalla pura inventiva dell’architetto, da mutate condizioni a livello contestuale e dalla sua capacità di coglierle e tradurle in una sintesi progettuale. È a partire da queste considerazioni che nel corso di buona parte dei sedici anni di attività di IoArch ho cercato di approfondire aspetti che caratterizzano la nostra epoca. L’aspirazione è capire la loro influenza sull’evoluzione del nostro modo di vivere, di fare le cose e, naturalmente, sull’architettura. Questo sulla base della raccolta di contributi di autori straordinari tra i quali molti artisti, scienziati, filosofi e letterati: alcuni nomi celebri, altri da noi scoperti, spesso anticipandone l’imminente popolarità. Il numero 100 è finalmente l’occasione per sintetizzare questi contenuti, per tirare le somme, identificando temi portanti, ricorrenti, emersi in questi anni. Senza la pretesa di presentare sviluppi assoluti o incontrovertibili, lo scopo è quello di mettere in luce orientamenti che caratterizzano il nostro tempo e che possano stimolare il dibattito. Sono nove temi, vagamente riferiti alle tre categorie di ambiente, società e tecnologia – la classica suddivisione secondo la quale, nei trattati di architettura, veniva affrontato il tema del rapporto con il contesto – e trovano un’origine e un approfondimento nei contributi raccolti in questi anni. Per ogni tema abbiamo chiesto a nove architetti, scelti tra i nostri autori, di nominare un’opera di architettura che fosse particolarmente rappresentativa dello Zeitgeist, dello spirito di questo ventunesimo secolo in cui siamo ormai del tutto immersi, ma ancora così indecifrabile. Ne è risultata una raccolta del tutto inedita, ricca di sorprese, ma allo stesso tempo rivelatrice di un’affinità e di un pensiero comune.
Edoardo Tresoldi, Looking for, 2015. Installazione temporanea per il Roskilde Music and Arts Festival, ph. ©Fabiano Caputo.
› ZEITGEIST
CONFINI FLUIDI Parlando qualche settimana fa con Telmo Pievani, celebre filosofo della biologia, evoluzionista, saggista, autore televisivo e teatrale, sono emersi temi che riguardano molto da vicino un discorso che, data la sua importanza, sento la necessità di anticipare. Il tema riguarda il nostro rapporto con il mondo che ci circonda e la capacità degli architetti di interpretarlo. L’umanità ha vissuto per secoli, forse per millenni in una grande illusione. Ci siamo sempre ritenuti qualcosa di differente, se non di superiore, rispetto all’ambiente non modificato artificialmente che chiamiamo ‘natura’. È un concetto, potremmo chiamarlo un racconto collettivo, che per un po’ ha funzionato a meraviglia ma che oggi, data la pressione alla quale stiamo sottoponendo l’ambiente, viene messo ovviamente in dubbio. Ed è per questo che secondo Pievani anche la scienza ha bisogno più che mai di poeti, scrittori, artisti, musicisti e, ovviamente, architetti che, toccando le corde più profonde delle nostre emozioni, possano dare forma a questo nuovo nuovo racconto. Partendo da questi presupposti, la ricerca di scienziati come Stefano Mancuso e Stephan Harding, di biologi, antropologi e fotografi
come Cristina Mittermeier, rivela l’emergere della consapevolezza che condividiamo questo mondo con decine di milioni di altre specie, del tutto inesistente fino a venti o trent’anni fa. E questo rappresenta un fattore fortemente destabilizzante e portatore di cambiamento rispetto all’immagine del mondo che vede il genere umano al centro dell’universo, profondamente radicata nella nostra cultura e non priva di ricadute sulla teoria e sulla pratica dell’architettura. Tanto che studiosi come Marianne Krogh hanno inquadrato teoricamente un principio di riconnessione a livello ambientale che lei chiama Connectedness e che ha tradotto in architettura nel padiglione della Danimarca all’ultima Biennale di Architettura di Venezia, di cui è curatrice, opera degli architetti Lungaard&Tranberg. O artisti come Wolfgang Buttress, autore del Padiglione del Regno Unito a Expo Milano 2015. O infine nell’opera, notevolissima e incredibilmente identificata nell’ambito di questa nuova dimensione poetica, di Junya Ishigami.
Junya Ishigami Enfant prodige dell’architettura giapponese e Leone d’Oro alla 12. Biennale di Architettura di Venezia (2010), insegna in Giappone e dal 2014 è Design Critic presso la Harvard Gsd. IoArch 84/2019 - https://bit.ly/3MAWCac
Stefano Mancuso Botanico, accademico e autore di saggi divulgativi, è uno massimi studiosi e pionieri degli studi relativi al comportamento delle piante. IoArch 81/2019 - bit.ly/3xEgGV1
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Una nuova consapevolezza del nostro rapporto con l’ambiente coincide con un cambiamento nel nostro modo di vedere e rappresentare il mondo: una trasformazione densa di ricadute sull’architettura.
Paola Antonelli Architetto e Senior curator del MoMa di New York. è stata curatrice dell’esposizione Broken Nature alla Triennale di Milano. IoArch 81/2019 - bit.ly/3xFlWI0
› ZEITGEIST
Wolfgang Buttress Alla guida del team di progettazione di The Hive, il padiglione del Regno Unito a Expo Milano 2015, l’artista inglese realizza opere che traggono ispirazione dalla natura e dalla scienza per stabilire connessioni con ciò che di elementare e di eterno vi è nel mondo e nelle esperienze individuali. Tra le sue opere ricordiamo Una (Canberra, 2013), scultura che cattura il microcosmo del cielo notturno, Space (Tokyo), con cui nel 2014 vinse il Kajima Sculpture Gold Award, e Lucent (Chicago, 2015). IoArch 63/2016 - bit.ly/3aTKbJq
Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo? “Il Victoria and Albert Dundee di Kengo Kuma. Un architetto il cui percorso si è evoluto negli anni verso la sostenibilità, il rispetto per la natura, per il sito, per la storia” Wolfgang Buttress Vista la predilezione di Wolfgang Butteress per strutture stupende, eteree, evanescenti, composte da materia dematerializzata e rese possibili grazie a una comprensione di incredibile finezza tecnica delle qualità dei materiali, la sua nomina nei confronti dell’opera di Kengo Kuma non mi meraviglia. Kuma è pura arte del costruire, è colui che conosce le leggi di funzionamento della materia per violarle sistematicamente, scatenando meraviglia. È colui che parte dai materiali low-tech, il più vicino possibile allo stato della materia prima, e li compone grazie ai più evoluti strumenti di disegno parametrico. Ma soprattutto Kuma parte da noi e dal nostro rapporto con i luoghi. Come Buttress ho ammirato a lungo il suo progetto per la sede scozzese del Victoria & Albert Museum. Realizzato con una tecnica simile ad un
Stephan Harding Titolare con James Lovelock della Arne Naess Chair all’Università di Oslo, è l’autore di Animate Earth: Science, Intuition and Gaia. IoArch 86/2020 - bit.ly/3Q73orf
blockbau, e modellato come una scogliera, recuperando insieme al rapporto l’acqua, le sorprese e le aspettative che normalmente ricorrono in un paesaggio naturale. Una massa compatta e, riprendendo un’idea ispirata ai templi shintoisti, un vuoto, attraverso il quale passa l’infinito. Se è vero che ogni nuovo racconto collettivo ha bisogno di opere che lo rappresentino, questa architettura riesce a esprimere una consapevolezza differente nel nostro modo di vedere il mondo che ci circonda.
Kengo Kuma, Victoria & Albert Museum Dundee, Scozia. 2018 (ph. ©Danica O. Kus, courtesy Duravit).
Marianne Krogh Laureata in storia dell’arte e PhD in Architettura, è stata la curatrice del Padiglione della Danimarca alla 23a Biennale di Architettura di Venezia. IoArch 95/2021 - bit.ly/3mxSqxp
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› ZEITGEIST
CONFINI FLUIDI
Victoria & Albert Museum Dundee Kengo Kuma (2018)
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› ZEITGEIST
Kengo Kuma, Victoria & Albert Museum Dundee, sulla riva del Firth of Tay (ph. ©Danica O. Kus, courtesy Duravit).
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› ZEITGEIST
MATERIA PROFONDA Secondo James Hillman psicologo della scuola di Carl Jung, presente nella libreria di ogni buon architetto, i luoghi hanno un’anima, e avendo un’anima hanno anche una personalità, e come le persone nascono, si trasformano e alla fine muoiono. Spesso, nel caso dei luoghi, di morte violenta. Questo vissuto, invisibile, che riguarda i luoghi, trascende la materia e sfida i confini fisici. È un sistema di relazioni, invisibile e complesso che si estende molto in profondità nello spazio e nel tempo, ed è costituito dall’insieme delle qualità ambientali e architettoniche che ne definiscono l’individualità. Questo ordine di riflessioni entra in collisione diretta con la tendenza, oggi imperante in architettura come in molti altri campi, di attribuire alla tecnica un valore assoluto. Un atteggiamento, o meglio uno stato mentale, che si manifesta in modo ancora più evidente quando l’argomento tocca le questioni ambientali dove, nell’illusione di risolvere problemi applicando la stessa mentalità che sta alla loro origine, il sistema di relazioni profonde e complesse alla base di ogni solido principio generativo di forma, viene sistematicamente ignorato.
A questa perdita di consapevolezza sopravvivono fortunatamente reazioni opposte basate sul valore di opere di architettura che, guardando lontano e in profondità, sono ancora in grado di coinvolgerci e di emozionarci. Ed è interessante che termini messi al bando dal lessico dell’architettura come trascendenza, ineffabilità, metafisica e soprattutto bellezza - un termine così ricorrente nel linguaggio comune ma pressoché escluso dal dibattito - ricorrano nei discorsi di architetti del calibro di Peter Zumthor, Paolo Bürgi, Renato Rizzi e Alberto Campo Baeza come in quelle di artisti come Edoardo Tresoldi. Deep Matter, Matters: la Materia Profonda, conta.
Peter Zumthor Premio Pritzker 2009 e Riba Royal Gold Medal 2013. Nato a Basilea, apre il suo studio nel 1979. Dal 1996 insegna all’Accademia di Mendrisio. IoArch 33/2010 - bit.ly/3MC7G6T
Paolo Bürgi Architetto del paesaggio, è professore incaricato all’Università di Pennsyivania, al Politecnico di Milano e all’Università luav. IoArch 74/2018 - bit.ly/3zC9uK6
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In contrapposizione al tecnicismo imperante termini come trascendenza, ineffabilità, bellezza e la volontà di rappresentare un sistema relazionale profondo riemergono nel lavoro di alcuni dei più notevoli architetti di questi anni.
Renato Rizzi Professore associato di composizione architettonica all’Università Iuav, Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana nel 2009. IoArch 74/2018 - bit.ly/3HbXZv1
› ZEITGEIST
Alberto Campo Baeza Nato a Valladolid, dove suo nonno era architetto, dall’età di due anni Alberto Campo Baeza ha vissuto a Cadice, dove ha “visto la Luce”. Docente per più di quarant’anni presso la Scuola di Architettura di Madrid (Etsam), ha tenuto conferenze in tutto il mondo e le sue opere hanno ricevuto ampi riconoscimenti. Secondo la sua filosofia, materiali essenziali dell’architettura sono la gravità, che costruisce lo spazio, e la luce, che costruisce il tempo. IoArch 80/2019 - bit.ly/3MHf2pG
Edoardo Tresoldi Artista famoso per le installazioni ambientali in rete metallica, Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana nel 2009 con la Basilica di Siponto. IoArch 82/2019 - bit.ly/3NHBlgh
Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo? “1111 Lincoln Road di Miami di Herzog & de Meuron è l’opera che rappresenta chiarissimamente lo spirito del nostro tempo. È un manifesto di libertà” Alberto Campo Baeza Un’opera incredibile come 1111 Lincoln Road di Herzog e De Meuron meriterebbe in realtà bene più di queste poche righe. Nominalmente un autosilo, di fatto un ibrido funzionale e tipologico. Costruito in uno degli incroci più frequentati della città e concepito dagli autori come un nodo di interscambio tra una modalità di trasporto ed un’altra all’interno di un sistema infrastrutturale, né più né meno che una stazione ferroviaria o un aeroporto. 1111 Lincoln Rd. ha una capacità di 300 posti auto, ospita undici negozi e tre ristoranti al piano strada, ulteriori spazi di vendita al quinto piano, un ristorante sul tetto e residenze di lusso. La sua struttura è completamente aperta, essenziale e coincide con la sua architettura. Secondo Herzog&De Meuron è: “un organismo costituito da una famiglia di lastre di cemento, dal dispiegamento delle superfici dei piani, di colonne e di rampe il cui posizionamento è il risultato di una serie di forze contrastanti”. Invece di una convenzionale pelle di facciata, che nasconde le auto, ogni cosa viene resa evidente. Le altezze variano raggiungendo altezze doppie e triple, allo scopo di permettere l’adattamento a diverse funzioni sia permanenti che temporanee, tanto che l’edificio, viene utilizzato alternativamente per eventi, feste, riprese fotografiche o cinematografiche, sfilate di moda, concerti, cene e ogni genere di attività sociale e commerciale. È un concetto che è la traduzione diretta in forma architettonica dei principi di multipurposing e di contaminazione spaziale e funzionale enunciati, tra gli altri da Robin Chase (IoArch n.64 del 2016) in relazione alle modalità di interazione tra internet e condivisione collaborativa di risorse. Nonché dei principi di neutralità formale, una conseguenza diretta della “heavy rotation” di
Herzog & de Meuron, 1111 Lincoln Road, Miami. 2010. (ph. ©Hufton+Crow).
attività all’interno di spazi architettonici, presenti sia in opere come la Cyclopean House di Ensamble Studio (IoArch n.69 del 2017), sia nelle tendenze a livello di organizzazione degli spazi messi in evidenza da Aldo Cibic (IoArch n.69 del 2017) nel suo lavoro sull’architettura dei processi. 1111 Lincoln Rd. è uno spazio a dimensione di macchina reso curiosamente versatile per attività di qualsiasi tipo e adattato ad una dimensione umana: un edificio che non solo è una brillante interpretazione di un modo estremamente attuale di abitare ma è, per l’appunto, un emblema di libertà.
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› ZEITGEIST
MATERIA PROFONDA
1111, Lincoln Road Herzog & de Meuron (2010)
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Herzog & de Meuron, 1111 Lincoln Road, Miami. 2010. (ph. ©Hufton+Crow).
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TECNOLOGIA ALTERNATIVA La nostra epoca è caratterizzata dalla pressoché totale assenza di certezze, tranne una: la fiducia incrollabile nella tecnologia. Un termine derivato dal greco antico, ma per secoli non particolarmente in voga, che nell’odierno mondo globalizzato ha conosciuto una vera e propria apoteosi. Del resto la rivoluzione industriale, proprio grazie alla tecnologia, rendeva possibile, anche in assenza di grandi proprietà terriere, l’accumulo di patrimoni enormi. La tecnologia, non c’è dubbio, è alla base del progresso ed è per questo che, di fronte a ogni problema – dalla fame nel mondo alla sesta estinzione globale – sempre invochiamo la tecnologia che troverà una soluzione. Il discorso funziona alla perfezione finché non si toccano i temi ambientali, oggi al centro del dibattito. Grazie alla tecnologia sarà possibile fare le cose sempre più in grande, sempre di più, ma in base al concetto comune di sostenibilità si cercherà di attenuare il danno tramite nuove soluzioni tecnologiche: un circolo vizioso evidente che non lascia vie d’uscita. Guardando al passato remoto possiamo invece scoprire un numero infinito di forme di insediamento e di trasformazione del
paesaggio che hanno resistito alla prova del tempo, anche per migliaia di anni. Sono realizzate con pochi mezzi, secondo principi rigorosamente Soft- o LowTech e rivelano un incredibile ingegno, saggezza e bellezza. La riscoperta del valore dell’architettura vernacolare, spesso nelle sue forme più arcaiche, era del resto già partita nel 1964 con il celebre, anche se inizialmente aspramente criticato, Architettura senza architetti di Bernard Rudofsky. Oggi una corrente più radicale e di grande interesse, come nel lavoro teorico di Julia Watson, nelle opere di Martin Rauch, di Gilles Perraudin, di Anna Heringer o del neoPritzker Francis Kéré si spinge ancora di più alle origini, alle radici, alla ricerca di esempi e di principi basati sulla profonda conoscenza dell’ambiente e che forniscono una base di apprendimento e di ridimensionamento di una tecnologia di cui ormai la nostra società sembra aver perso il controllo. Tradizioni molto antiche, appartenenti a società che hanno vissuto, se non talvolta prosperato, più a lungo di tanti imperi.
Martin Rauch Artista, artigiano e imprenditore, con la sua società Lehm Ton Erde (terra e argilla) è diventato un riferimento europeo per le costruzioni in pisé. IoArch 20/2008 - bit.ly/3zuXsCi
Diébédo Francis Kéré Premio Pritzker 2022, Kéré fa dell’architettura uno strumento di giustizia sociale, di riscatto e di speranza per comunità povere. IoArch 36/2010 - bit.ly/39okQ9V
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Una corrente di grande interesse è rivolta a ritrovare un riequilibrio tra risorse disponibili e contesto ambientale di riferimento, ridimensionando il ruolo di una tecnologia che sembra oggi esserci sfuggita di mano.
Anna Heringer Architetto e attivista tedesca, Heringer ha vissuto diversi anni in Bangladesh. Nel 2020 con l’Anadoly Building ha vinto l’Obel Award. IoArch 70/2017 - bit.ly/3Qe3QUC
› ZEITGEIST
Gilles Perraudin Architetto, si è imposto sulla scena internazionale per la sua ricerca nel campo delle tematiche ambientali, concentrata sull’impatto dei processi di cantiere, dei materiali utilizzati e sulla durabilità delle costruzioni. Nel 1995, su un’area di 6 ettari a sud di Nimes, ha realizzato il Domaine Perraudin, vigneti su terreni ghiaiosi e argillosi e una cantina autocostruita in blocchi di pietra che nel 2004 ha ricevuto il Premio Tessenow. IoArch 27/2009 - bit.ly/3mEQcfK
Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo? “La Voute Nubienne, che promuove costruzioni basate sulla tecnica delle volte nubiane. Architetture costruite interamente in terra cruda, molto confortevoli, nonostante il clima torrido” Gilles Perraudin
Julia Watson Con Lo-Tek ha esplorato l’ingegno millenario con il quale gli uomini vivono in simbiosi con la natura. Insegna a Harvard e alla Columbia. IoArch 90/2020 - bit.ly/3tuaU5O
Quando Gilles Perraudin, un maestro, mi trasmise insieme a questa sua nomination alcune immagini iniziali degli interventi di La Voute Nubienne (lvn), associazione internazionale attiva in Africa, non potei fare a meno di chiedermi: “…interessante, ma l’architettura, dov’è?”. Si trattava di costruzioni estremamente modeste, realizzate secondo un tipo edilizio comune, monolitico, apparentemente più edilizia che architettura. Quello che scoprii andando più in profondità era non solo una formula tanto semplice quanto intelligente, ma anche architetture notevoli, adattate a soluzioni tecniche e costruttive del tutto essenziali. Tra queste anche opere degli architetti italiani caravatti_caravatti, da anni partner di lvn, che IoArch aveva pubblicato diversi anni fa. Pensando al quadro demografico e ambientale descritto da Alan Weisman e alla stima delle Nazioni Unite, secondo la quale su una popolazione mondiale di 7,7 miliardi di persone quasi 2 miliardi vivono in baraccopoli, l’azione di lvn forse non familiare alla realtà dei paesi post-industriali, è indubbiamente di grande e problematica attualità. Attiva dal Duemila, l’associazione opera in Burkina Faso, Mali, Senegal, Benin e Ghana per la realizzazione di alloggi adattati al contesto del West Africa. Quasi la metà degli abitanti del Sahel, 100 milioni di persone, sopravvive infatti in condizioni abitative precarie, talvolta estreme. La povertà, l’aumento della popolazione e la scomparsa della vegetazione utilizzata per l’architettura tradizionale stanno privando milioni di famiglie di alloggi dignitosi, tanto che la popolazione si trova a dedicare la quasi totalità delle proprie risorse economiche, già risicate, all’acquisto di costose lastre in lamiera ondulata, di importazione e inadatte a garantire un ragionevole comfort abitativo. Al centro del programma c’è il ritorno alla Volta Nubiana: una tecnica costruttiva low-tech e low-cost, fortemente caratterizzante l’architet-
Scuola primaria del villaggio di Kobà, Mali, 2008-2009, caravatti_caravatti architetti per lvn.
tura tradizionale del luogo, antichissima ma allo stesso tempo innovativa, che utilizza mattoni in terra cruda, immediatamente reperibili e a basso costo, come unico materiale. Il risultato sono abitazioni estremamente confortevoli anche in totale assenza di impianti, e questo in regioni il cui clima, già torrido, è peggiorato ulteriormente negli ultimi anni per effetto del riscaldamento globale. L’esperienza di lvn dimostra che, di fronte all’invasione di una produzione industriale fondamentalmente aliena alle risorse ed esigenze locali, ripartire dai classici principi della firmitas vitruviana può coincidere con una rivoluzione.
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TECNOLOGIA ALTERNATIVA
Programmi di housing e di edifici comunitari La Voute Nubienne (2020-2022)
Dispensario medico per il villaggio di N’golofalà, Mali, caravatti_caravatti architetti per lvn. 2006-2007, ampliamento 2013-2015.
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VIRTUALITÀ REALE Se la natura fosse confortevole, l’umanità non avrebbe inventato l’architettura, diceva Oscar Wilde. Provate però a immaginare una dimensione dove la necessità di avere un tetto sulla testa, o i vincoli di natura statica e normativa non esistano. Tutta l’attenzione finirebbe per rivolgersi al progetto di spazi che permettano di orientarsi, di trasferire un significato, di rappresentare contenuti. Era questo in sintesi il discorso di Patrik Schumacher, quando per la prima volta mi citò il progetto di spazi virtuali interattivi quale campo di innovazione principale per l’architettura nei prossimi anni. Non immaginavo che questo tema, emerso in architettura dai tempi di City of Bits (1996) di William J. Mitchell, e tuttora considerato radicale, fosse al centro dell’interesse di chi, con mentalità pragmatica, è alla guida di uno dei più famosi studi di architettura del mondo. Ma arrivavo in ritardo. Negli ultimi due anni tutto il mondo si è riversato online. La richiesta e l’offerta di digital twins e di contenuti 3D interattivi è letteralmente esplosa, insieme all’interesse verso aziende del calibro di Nvidia, Unreal Engine o Amazon Web Services. E anche se il termine metaverso, venuto alla ribalta in
un libro cyberpunk del 1992, è più presente nelle chiacchiere che nei fatti, il potenziale è, enorme. Refik Anadol lavora sul tema della rappresentazione di realtà digitali con installazioni sviluppate all’interno di spazi architettonici tramite sistemi di intelligenza artificiale. Maxim Zhestkov, un altro artista, sviluppa opere basate sull’interpretazione di modelli di comportamento della materia all’interno di ambientazioni digitali. E per quanto riguarda gli aspetti pratici del progetto, immaginate di fare shopping online entrando in un negozio virtuale la cui architettura – dato che nel mondo digitale non esistono né vento, né pioggia – anziché un ovvio progetto di interni, potrebbe essere una meravigliosa, interattiva, architettura di un paesaggio irreale. Siamo di fronte ad una svolta molto vicina, dove anche astrazioni impossibili, simili a quelle anticipate dalla cinematografia – con la memory maker di Blade Runner o le topografie deformate di Inception – potrebbero presto diventare, oltre all’ambientazione comune della nostra vita online, un magnifico tema di architettura.
Refik Anadol Pioniere dell’estetica legata all’Ai, produce installazioni audio-visuali dinamiche traducendo in forme le nostre memorie virtuali. IoArch 89/2020 - bit.ly/3zNeRXl
Maxim Zhestkov Media artist. Produce commercial digitali in equilibrio tra natura, materia e fisica per brand internazionali come Adobe e Jimmy Choo. IoArch 85/2020 - bit.ly/39nWhdp
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Negli ultimi due anni il mondo si è riversato online rendendo sempre più presente l’esistenza di un mondo virtuale. Scenari irreali potrebbero presto diventare, oltre che un’ambientazione comune, un magnifico tema di architettura.
Patrik Schumacher Laureato in architettura, matematica e filosofia, è alla guida di Zaha Hadid Architects, dove entrò nel 1988. Ha coniato il termine ‘parametricismo’. IoArch 93/2021 - bit.ly/3MBsuLX
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Eric de Broche des Combes Fondatore di Luxigon, studio di visualizzazione architettonica, studia le possibili applicazioni della tecnologia del computer gaming al mondo dell’arte, dell’architettura e dell’urbanistica. Insegna alla Graduate School of Design di Harvard. IoArch 93/2021 - bit.ly/3QqU6Xg
Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo? “Il progetto di Joshua Ramus è come un orologio, apparentemente semplice, molto complesso internamente. Radicale. Moderno. Semplice” Eric de Broche des Combes
Per Eric de Broche des Combes, fondatore di Luxigon, una delle realtà più significative nel campo della Computer Generated Imaging (cgi) applicata all’architettura, teorico e docente all’Harvard Graduate School of Design della nuova dimensione per l’architettura rappresentata dall’universo digitale, credo sia stato spontaneo nominare, anziché un’opera un progetto, non realizzato, ma di particolare
Joshua PrinceRamos (rex), progetto di concorso per la Shenzhen Opera House, terzo classificato, 2020 (img. courtesy Luxigon).
intelligenza. L’autore, Joshua Prince-Ramus (rex), architetto di straordinaria lucidità metodologica ha firmato, a pari merito con oma, opere incredibilmente e sinceramente innovative. Come la Seattle Library che, prendendo consapevolezza di un’epoca in cui i libri sono ormai solo un tassello nell’universo documentario trainato dall’internet, rivoluzionava completamente il concetto di biblioteca. Le opere di Joshua Ramus risultano da un serio lavoro sui processi e sulla tecnologia, fino al punto di proporre revisioni alla tipologia: una situazione che in architettura si verifica solo eccezionalmente. Il progetto di concorso di rex per il nuovo Teatro dell’Opera di Schenzhen riprende coerentemente il filone delle opere precedenti. È una torre di oltre 100 metri di altezza, che si impone come un vero e proprio landmark nella Baia di Guangdong. Gli elementi del programma vengono composti in un insieme unitario. Sfidando la tendenza inaugurata con il Teatro dell’Opera di Sidney, dove i volumi erano avvolti da un incredibile ma costosissimo “lenzuolo iconografico”, ogni elemento non necessario viene eliminato a favore della disposizione verticale dei quattro principali elementi funzionali. «Affermare che l’idea è tutto sarebbe come dire che copulare per qualche minuto valga di più che nove mesi di gravidanza» è una frase di Joshua Ramus riferita all’attuale squilibrio tra composizione puramente formale e capacità di controllo da parte dell’architetto di ogni aspetto tecnico che riguarda la realizzazione di un’opera. È una frase di grande buonsenso, che si rivela in ogni sua opera, anche nel progetto della Schenzhen Opera House.
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LA NUOVA KUNSTBAU Il signor Joseph Paxton era innanzitutto un giardiniere, ma non solo. Era anche un inventore, un architetto e un membro del Parlamento britannico, Insomma, una specie di Leonardo da Vinci della Prima Età delle Macchine. Nell’Esposizione Universale del 1851, Paxton realizzò il Crystal Palace, un padiglione, si fa per dire, alto quasi quaranta metri ed esteso su una superficie di circa dieci campi di calcio. La tecnica applicava soluzioni per quei tempi quasi fantascientifiche: lastre di vetro, componenti in acciaio, perfino le “flushing toilets” che, incredibile a dirsi, più di ogni altra cosa scatenavano la meraviglia dei contemporanei. Facendo le debite proporzioni, sarebbe come se uno dei padiglioni della prossima Expo fosse una grande opera di architettura capace di autocostruirsi secondo logiche simili alla messaggistica cellulare presente in qualsiasi organismo, studiate dai pionieri della biomimetica come Janine Benyus, Steven Vogel o Julian Vincent e teorizzate nella loro applicazione in architettura da Michael Pawlyn. Sono principi che trovano espressione in architetture di grande eleganza come Galaxia di Arthur
Mamou Mani, nelle opere di Nader Tehrani /Nadaaa o nelle installazioni di aspetto paradossalmente neo-barocco di Michael Hansmeyer. La crescente ed esponenziale capacità dei computer permette oggi di modellizzare su base algoritmica leggi e comportamenti secondo procedure in precedenza impossibili, se non probabilmente inimmaginabili. I software Soft Kill Option, ad esempio – messi originariamente a punto dall’ingegnere tedesco Klaus Matteck sulla base di un principio che caratterizza la struttura degli alberi – progettano in modo semi-automatico manufatti estremamente efficienti in termini di solidità e leggerezza. Difficilmente realizzabili con metodi convenzionali, possono essere costruiti tramite procedure di stampa 3D. Nell’era che Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee, rispettivamente di Stanford e Mit, definiscono la Seconda Età delle Macchine, possiamo decifrare la natura, emularne i processi, ricombinarne i codici generativi, inseguire il sogno di strutture che, anziché alterare e contrastare l’ambiente, ne siano un armonico complemento.
Michael Pawlyn Noto per il suo lavoro nel campo dell’architettura biomimetica, per l’Eden Project e per avere avviato il movimento Architects Declare. IoArch 12/2007 - bit.ly/3Ouaq7R
Michael Hansmeyer Architetto e programmatore, usa algoritmi e strumenti di arte generativa per produrre strutture complesse. IoArch 65/2016 - bit.ly/3N4WP5w
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La crescente ed esponenziale capacità di calcolo dei computer permette di modellizzare su base algoritmica leggi e comportamenti secondo procedure in precedenza impossibili, con sviluppi inediti.
Nader Tehrani Co-fondatore dello studio Nadaaa. Già docente in numerose università, attualmente è preside della Scuola di Architettura della Cooper Union. IoArch 71/2017 - bit.ly/3bfPRxG
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Arthur Mamou-Mani Laureato all’Architectural Association, Arthur Mamou-Mani guida uno studio la cui attività è rivolta ad nuovo genere di architettura progettata e realizzata digitalmente. Docente all’Università di Westminster, possiede il laboratorio di fabbricazione digitale Fab.Pub che consente a ricercatori e aziende di sperimentare con grandi stampanti 3D e macchine a taglio laser. Con il progetto Wooden Waves, installato presso la sede di BuroHappold, ha vinto il Gold Prize all’American Architecture Prize e il Rising Stars Award del Riba Journal nel 2017. IoArch 89/2020 - bit.ly/3O7Ed5T
Chris e Fei Precht, progetto Farmohuse, render e moduli costruttivi.
Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo? “The Farmhouse di Studio Precht perchè: è una torre in legno, materiale carbon neutral; è un sistema modulare a circuito chiuso per il fabbisogno alimentare degli abitanti; non è costruita ma è influente sui social. L’architetto pratica ciò che predica e si nutre di ciò che coltiva” Arthur Mamou-Mani «Penso manchi una connessione fisica e mentale con la natura e questo progetto potrebbe essere un catalizzatore per una riconnessione con il ciclo di vita del nostro ambiente». È questa la frase fondativa del progetto della Farmhouse: una sintesi progettuale di un’attualità e di una completezza sorprendente, e una possibile risposta ad alcune delle principali tematiche che caratterizzano il mondo di oggi. Dalla sovrappopolazione, tema ben esplorato da Alan Weisman, alla necessità di riconnessione con l’ambiente naturale, fino alla totale perdita di consapevolezza del nostro rapporto con il cibo. Si tratta di un progetto che riprende, portandola in un contesto urbano, l’esperienza personale di Chris e Fei Precht che, dopo essersi trasferiti dal centro di Pechino alle Alpi austriache, hanno costruito una casa off-grid e, per quanto possibile, autosufficiente dal punto di vista alimentare. La Farmhouse è un organismo edilizio nel vero senso della parola. Funziona a circuito chiuso, ogni processo ne alimenta un altro. Il calore prodotto dall’edificio viene utilizzato per riscaldare le serre, le acque grigie per l’irrigazione, i rifiuti per produrre compost, il tutto riportando a livello locale catene di produzione
e distribuzione di alimenti la cui scala con la globalizzazione è andata ormai completamente fuori controllo. È come se i principi ispiratori di quartieri come Friburgo Vauban e quelli della Biophilia di Edward Wilson fossero condensati all’interno di una singola idea architettonica: una torre verde, incredibile, progettata secondo criteri parametrici, realizzata con una struttura in legno prefabbricata, formata da una stessa matrice che, combinata e ripetuta, forma l’intero l’edificio. A ben pensarci, un concetto soft tech dove materiali e tecniche a basso contenuto tecnologico vengono progettati e trasformati in unità abitative modulari composte e assemblate attraverso tecniche di fabbricazione digitale. E soprattutto è una foresta sospesa che, andando oltre la presenza di una vegetazione puramente decorativa mette in pratica un autentico principio di interazione simbiotica.
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LA NUOVA KUNSTBAU
The Farmhouse Studio Precht (2019)
Chris e Fei Precht, progetto Farmohuse, 2019, render.
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ESTETICA NEUTRALE Malgrado all’inizio del Novecento fossero già servite da elettricità, acqua corrente, reti fognarie e riscaldamento, le nuove abitazioni continuavano ad avere locali enormi, le cui altezze spesso superavano i 4 metri, come se ancora fossero illuminati da candele che annerivano soffitti e riscaldati da camini che bruciavano aria. Un’inerzia quasi trentennale, spezzata dal Movimento Moderno, quando finalmente si cominciarono a realizzare abitazioni dove la luce elettrica permetteva vani alti solo 2,40 e il riscaldamento a radiatori suggeriva la possibilità di volumi ridotti. Oggi è innegabile che internet, inventato ormai più di cinquant’anni fa, sia parte integrante delle nostre vite. È l’infrastruttura che contribuisce a rendere ancora più mobile una società già estremamente dinamica e a rendere possibile un’economia peer-to-peer per la condivisione di attrezzature e servizi, tradizionalmente prodotti accumulati nel corso di più generazioni. Le possibilità offerte dalle piattaforme web, come il car-sharing, si trasferiscono oggi anche all’abitare. Le abitazioni tendono ad avere dimensioni più contenute, al comfort è possibile provvedere con spazi e servizi in condivisione, che vanno dalla camera
dell’ospite alla cucina, al deposito degli attrezzi. A questi non solo corrisponde un fondamentale principio di multifunzionalità ma anche un’ibridazione tipologica e l’affermazione di nuovi paradigmi formali e funzionali. Emergono opere rappresentative di una cultura dell’abitare caratterizzata da ambienti spazialmente fluidi, funzionalmente ibridi ed esteticamente neutrali, dai materiali capaci di trasmettere massa e solidità, che si distinguono per un’intrinseca molteplicità di utilizzo. Se un tempo la qualità di vita individuale coincideva con la capacità di accumulare cose, oggi – in un’era in cui le case si trasformano con facilità in albergo e il soggiorno in ufficio – ha molto più valore la possibilità di disporre liberamente del proprio tempo e quella di estendere la propria esperienza abitativa ovunque, in base alle necessità contingenti e indipendentemente da ambiti spazialmente connotati. Una tendenza che favorisce spazi polivalenti che, in quanto infinitamente adattabili, tendono a non dichiarare né livelli di appropriazione, né una funzionalità specifica. Finiremo per rimpiangere gli schemi tradizionali? Forse sì, ma intanto questo è lo spirito del tempo.
Robin Chase Pioniere e guru della sharing economy, di cui illustra il potenziale in Peers Inc, ha fondato Zipcar, il primo sistema di car sharing al mondo. IoArch 64/2016 - bit.ly/3xCsKpI
Carlo Ratti Architetto e ingegnere, dirige il Senseable City Lab dell’Mit. Secondo la rivista Fast Company è uno dei 50 most influential designer d’America. IoArch 64/2016 - bit.ly/3xCsKpI
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Le possibilità date dalle piattaforme web, come il car-sharing, si trasferiscono oggi anche all’abitare, promuovendo in architettura l’affermazione di nuovi paradigmi funzionali e formali.
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Ensamble Studio Ensamble è stato fondato nel 2000 da Antón García-Abril e Débora Mesa. Nei loro progetti trova spazio la sperimentazione, con l’obiettivo di innovare tipologie, metodologie e tecnologie costruttive. Nel 2020 GarcíaAbril e Mesa hanno lanciato la startup WoHo Lab con l’obiettivo di migliorare la qualità e l’economicità dell’architettura mediante tecnologie offsite sviluppate nella Ensamble Fabrica di Madrid. Entrambi insegnano al Mit, dove nel 2012 avevano fondato il PopLab; Débora Mesa è anche titolare della Ventulett Chair in Architectural Design alla Georgia Tech. IoArch 66/2016 - bit.ly/3HaDMFL
Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo? “Credo che una delle opere più significative di questi anni sia l’Apartment Building di Christian Kerez in Forsterstrasse a Zurigo” Antón García-Abril
Ci sono situazioni in cui le relazioni di progetto, scritte dallo stesso autore, parlano molto meglio di qualsiasi interpretazione critica. L’edificio per appartamenti di Christian Kerez in Forsterstrasse a Zurigo, fortemente riferita ai temi della forma dell’abitare contemporaneo, è uno di questi casi: “Le porzioni di pareti portanti danno luogo e forma ad una struttura aperta senza suddividerla. La luce e le viste che attraversano la casa cambiano continuamente grazie alla configurazione aperta della planimetria. Non esiste alcuna gerarchia o distinzione tra le differenti modalità di utilizzo degli spazi all’interno degli appartamenti. Sono tutti identici in termini di costruzione e materiali. Il verde delle piante e la luce del giorno sono riflesse dalla levigata
impronta di pareti continue che si sviluppano dovunque, fino agli angoli più interni degli appartamenti. Le austere porzioni in muratura fondono le diverse impressioni in una entità architettonica unitaria. Il rigore e la severità del trattamento architettonico degli spazi non è l’obiettivo del progetto ma un mezzo che conferisce unità a una moltitudine differenziata di impressioni spaziali. Le parti in muratura sono poste una sopra l’altra, sospese una sopra l’altra o a sbalzo. Formano la struttura portante. Lo spostamento di una parete ad un piano avrebbe ripercussioni sugli altri piani. Il loro esatto posizionamento e l’essenzialità della loro organizzazione strutturale rimane nascosta sotto l’apparenza di un disegno libero e senza limiti precisi. La combinazione strutturalmente inflessibile di muro, pavimento e soffitto rimane visibile negli appartamenti come nell’involucro e conferisce allo spazio un aspetto chiaramente monolitico. Le stesse porzioni in muratura che racchiudono le zone più interne agli appartamenti generano inoltre aree a giorno completamente vetrate, estrovertite e prive di qualsiasi elemento di supporto visibile. Proprietà antitetiche – tana e padiglione, aperto e chiuso, pesante e leggero – si fondono in un insieme coerente. Sono reciprocamente dipendenti quali manifestazioni differenti di un unico concetto spaziale. L’architettura dell’edificio cerca di precludere una lettura netta, associativa ed inevitabilmente passeggera”.
Christian Kerez, edificio per appartamenti in Forsterstrasse, Zurigo, 1999-2003 (Ph. © Walter Mair).
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ESTETICA NEUTRALE
Edificio per appartamenti, Forsterstrasse, Zurigo Christian Kerez (2003)
Christian Kerez, edificio per appartamenti in Forsterstrasse, Zurigo, 1999-2003 (Ph. © Walter Mair).
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TERRITORIO DECENTRATO Il Trionfo della Città: come la nostra più grande invenzione ci rende più ricchi, più intelligenti, più verdi, più sani e più felici era il titolo di un bestseller del 2012 che alla luce della recente pandemia fa un po’ sorridere. Durante e in seguito al lungo periodo di incertezza appena trascorso si sono venute a determinare due condizioni, reciprocamente interferenti. La prima è la riscoperta – in forma del tutto inedita, mediata dal mondo digitale – di una dimensione locale e di piccola scala, contrapposta a quella metropolitana, imponente, luccicante e in stato di congestione e agitazione permanente. L’altra invece è rappresentata dalla limitazione agli spostamenti di lungo raggio, e pertanto alla globalizzazione, dove appunto le grandi metropoli trionfano in quanto gangli vitali del sistema. Sono i cosiddetti ‘territori interni’, rispetto ai quali Mario Cucinella, con Arcipelago Italia, ha aperto un dibattito inedito in architettura. I luoghi alternativi alle grandi metropoli, di cui l’Italia è ricca, si sono in breve tempo, anche se in forma transitoria, ripopolati. Sembra insomma che si sia verificato una specie di reset, un ritorno a forme di frequentazione dei luoghi fondate su una dimensione locale,
capaci di offrire un’alta qualità di vita, come sottolinea Stefano Fera. Buona parte dell’Europa è caratterizzata da un’incredibile concentrazione di tesori: una ricchezza culturale da scoprire e sulla quale è possibile rifondare un futuro. L’Italia in particolare, con un paesaggio prevalentemente collinare e montuoso popolato di piccoli centri, lontani sia dalle città che dalla pianura. Si tratta di paesi, spesso tra i 500 e i 1000 metri di quota, mediamente dimensionati per una popolazione di circa duemila abitanti: abbastanza per imporsi nell’economia rurale da cui ebbero origine come centri di gravitazione. Quasi tutti, con la trasformazione industriale, hanno visto la propria popolazione dimezzarsi rapidamente per riversarsi nei fondovalle e nelle città. In breve, ci siamo polarizzati su pochi centri metropolitani lasciando in abbandono un incredibile patrimonio edilizio, paesistico e culturale che è alla base della stessa identità nazionale. Di fronte a città la cui egemonia sembra inarrestabile, ma che ciclicamente dimostrano vulnerabilità e incertezze, il recupero di una dimensione decentrata e capace di resistere alle avversità sembra oggi convertirsi da scappatoia in nuova frontiera.
Lars J. Berge Con il suo studio Ljb ha sviluppato numerosi progetti alla scala piccola e media nei quali si fondono architettura e paesaggio norvegese. IoArch 72/2017 - bit.ly/3xkIP1R
Stefano Fera Architetto specializzato nello studio dell’architettura pre-moderna. Famose le sue riflessioni sull’urbanità in tempo di peste, nel 2020 IoArch 88/2020 - bit.ly/3aLM0Ir
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Di fronte a città la cui egemonia sembra inarrestabile, il recupero di una dimensione decentrata e capace di resistere alle avversità sembra oggi rivalutare il potenziale dei paesaggi e dei centri minori.
Antonio De Rossi Ordinario di progettazione architettonica e urbana al Politecnico di Torino e direttore dell’Istituto di Architettura Montana. IoArch 92/2021 - bit.ly/3aFHGdz
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Armando Ruinelli Dopo un apprendistato da disegnatore edile a Zurigo e studi da autodidatta, nel 1996 si iscrive al registro federale deglia architetti (Reg.A) e nel 2000 con Fernando Giovanoli fonda lo studio Ruinelli Associati. Dal 2003 è membro della Società Svizzera degli Ingegneri e Architetti e nel 2008 viene accolto nella Federazione Architetti Svizzeri. Dal 2019 è docente di progettazione architettonica all’Università Politecnica dei Grigioni di Coira. IoArch 77/2019 - bit.ly/3tx2jPF Ph. ©Ursula Haene
Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo? “Casa Rauch a Schlins, dell’architetto Roger Boltshauser, è un progetto che facendo un passo indietro ha poi permesso di farne molti nel futuro” Armando Ruinelli Il futuro ha radici antiche: è difficile pensare a un’opera che rappresenti questa frase in modo più efficace della Haus Rauch, a Schlins in Austria, progettata da Roger Boltshauser con e per Martin Rauch, maestro e pioniere di tecniche moderne di costruzione in terra cruda, nonché colui che ha illuminato i primi passi di architetti straordinari come Anna Heringer, Obel Award 2020. Ebbi l’occasione di visitare questa abitazione nel 2009, poco dopo il suo completamento, per un intero pomeriggio, e fu un’esperienza incredibile. Un blocco monolitico costruito con la stessa terra di scavo dell’abitazione, e con un volume articolato, o per meglio dire, a sua volta scavato in modo da permettere alla luce diretta del sole, così rara e preziosa nel-
le Alpi, di entrare in ogni angolo all’interno. Spazi di concezione moderna articolati magistralmente, in verità niente di più lontano dalla tradizione. Ma ciò che colpiva di più era la coerenza della costruzione e dei dettagli, adattati ad una tecnica costruttiva non convenzionale, il tutto secondo una logica ferrea. Gli inserti in pietra in facciata, un motivo decorativo derivato da una fondamentale funzione di prevenire il dilavamento delle superfici. Gli impianti senza tracce a parete, riducendo notevolmente lo sviluppo dei passacavi, con interruttori posizionati a soffitto, azionati tramite eleganti cordicelle con un pomo in terracotta. I lavandini in ceramica raku, una tecnica giapponese antica di 1500 anni, sempre ricavata dagli stessi materiali di scavo. Come mi fece notare anni prima lo stesso Rauch, la terra risulta dall’erosione, che è una forza capace di scavare vallate e plasmare il paesaggio di intere regioni: un muro in terra cruda non fa altro che rendere questa forza tangibile. E la casa di Martin Rauch un è vero e proprio manifesto della sua ricerca unica, posta all’intersezione tra artigianato, scienza e arte, nonché la dimostrazione di come sia possibile realizzare soluzioni innovative partendo dalla riscoperta di tecniche che, dalla rivoluzione industriale in poi, sono finite dimenticate se non screditate, ma con le quali un tempo si costruivano palazzi, se non intere città. Per riprendere una definizione di Gilles Perraudin, casa Rauch è un autentico esempio di avanguardia vernacolare.
Roger Boltshauser, Haus Rauch, Schlins, Austria, 2008. Costruzione Lem Thon Erde (Ph. ©Beat Bhüler).
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TERRITORIO DECENTRATO
Haus Rauch, Schlins Roger Boltshauser (2008)
Roger Boltshauser, Haus Rauch, Schlins, Austria, 2008. Costruzione Lem Thon Erde (Ph. ©Beat Bhüler).
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CONSUMISMO DIVERGENTE Casas na Areia dei fratelli Aires Mateus è un complesso di quattro case di pescatori sapientemente riadattate in case di vacanza e in seguito convertite in guest house. Il tutto assolutamente glamour, ma secondo un principio fondamentale e inedito: eliminare ogni cosa superficiale e superflua, soprattutto quelle che impediscono un contatto diretto con l’ambiente. A partire dal pavimento, inutile, dal momento che in spiaggia si cammina scalzi, o dalle pareti, serenamente attraversate dagli spifferi. Niente di più lontano dalla tipica casa di vacanza estiva che, anche se abitata solamente per due mesi all’anno, i più caldi, è pensata come una dimora di città, ermetica, con pavimenti in marmo, ma ecologico, e aria condizionata, ma in Classe A. Non solo il mito della sostenibilità serve a minimizzare il danno di un programma mal concepito, ma si ottengono due risultati: da un lato si perde il valore dell’esperienza del luogo e dall’altro, riprendendo una definizione cara a Peter Zumthor, si annulla la capacità dell’architettura di costruire atmosfere. Sorvolando su considerazioni circa i bisogni primari e secondari – e le vacanze, come del resto le stesse Casas na Areia, si collocano in un fondamentale filone consumista – il
concetto che accomuna quest’opera di Aires Mateus al Cabanon di Le Corbusier o a opere poco conosciute, ma eccezionali, come la Guest House di Glenn Murcutt, è una misurata riduzione all’essenziale. Si tratta di una ricerca etica e formale di ciò che basta per soddisfare ogni esigenza (riconducibile al tema dell’enoughness, dall’inglese enough, abbastanza). Abbastanza, un termine che nella società post-industriale odierna è difficile nominare senza che suoni blasfemo. Questa parola dal potenziale sovversivo apre un tema fondamentale: quello della riscoperta del valore dell’esperienza rispetto all’accumulo, che è un principio che si manifesta con sempre maggiore evidenza in moltissimi campi. Trova espressione in cose che vanno dalla possibilità di disporre liberamente del proprio tempo, alla capacità di soddisfare perfettamente ogni esigenza con i mezzi più appropriati, ben esplorata da Aldo Cibic con il progetto Rethinking Happiness presentato alla XII Biennale di Architettura di Venezia. Coincide con la perfezione che si ottiene quando non c’è più nulla da togliere, né niente da aggiungere, e probabilmente corrisponde all’ultima frontiera di un lusso immateriale.
Cristina Mittermeier Biologa marina e pluripremiata fotografa professionista (National Geographic, Time Magazine) attiva nel campo della tutela ambientale. IoArch 88/2020 - bit.ly/3Ha8miE
Manuel Aires Mateus Laureato in architettura all’università di Lisbona, con il fratello Francisco nel 1988 fonda lo studio omonimo. Insegna in diverse università. IoArch 99/2022 - bit.ly/3mUaiTr
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‘Abbastanza’ è un termine dal potenziale sovversivo che apre il tema fondamentale della riscoperta del valore dell’esperienza rispetto all’accumulo: un principio che in architettura si manifesta con sempre maggiore evidenza.
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Aldo Cibic Nel 1981 è tra i fondatori di Memphis. Nello stesso periodo avvia un’attività di ricerca con le scuole che inaugura l’idea di un design dei servizi e propone modalità originali di progettazione dei luoghi rispetto alle dinamiche sociali. Nel 2010 fonda Cibic Workshop, centro volto all’elaborazione di progetti per la valorizzazione del territorio e dello spazio pubblico. Cibic insegna presso il Politecnico di Milano, l’Università Iuav di Venezia, Iaad Torino e la Domus Academy, ed è professore onorario alla Tongji University di Shanghai. IoArch 69/2017 - bit.ly/3NGlKhb
Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo? “La scuola di Gando di Francis Kéré. Pensare a un mondo dove circa due miliardi di persone vivono in abitazioni del tutto inadeguate è sufficiente per ridimensionare ogni nostro parametro rispetto all’architettura.” Aldo Cibic La storia di Francis Diebedò Kéré che ebbi il piacere di conoscere nel lontano 2010, a Mendrisio in occasione della sua premiazione con il BSI Swiss Award, ha dell’eccezionale. Nato e cresciuto in un villaggio rurale del Burkina Faso e trasferitosi in città per gli studi, iniziò da autodidatta a trovare il modo di costruire edifici che fossero belli, utili e solidi. «Dopo aver lavorato per sei anni trasportando pietre e mattoni – mi disse – tagliandomi e pestandomi le dita per riparare in continuazione un tetto in legno, ogni anno, dopo la stagione delle piogge, bisognava ricominciare da capo». Un po’ alla volta, basandosi sulle pure risorse disponibili localmente, Kéré non solo riuscì a realizzare edifici capaci di migliorare la qualità di vita, ma anche a catalizzare l’impegno e le
aspirazioni di tutta la comunità trovando una forma di architettura del tutto originale. La Gando Primary School del 2001, una delle sue prime opere, risolve i problemi principali di tutti gli edifici scolastici fino a quel punto realizzati nella regione est del Burkina Faso: illuminazione e ventilazione scadente. Mattoni realizzati con un mix di terra cruda e cemento per pareti con una eccezionale inerzia termica. Tondini in acciaio che sostengono una grande e ben ventilata copertura in lamiera ondulata a protezione delle torrenziali piogge stagionali. Tecniche assolutamente soft tech che ripercorrono la sapienza di molte stupende architetture senza architetti, e che per intelligenza e efficacia pongono ancora più seriamente un interrogativo sulle grandi scatole in vetro e acciaio, inabitabili senza impianti, che secondo un mai placato spirito colonialista hanno un po’ alla volta invaso anche l’Africa. Oggi Francis Kéré è un Premio Pritzker, dimostrazione che in architettura ogni maestro si distingue per la capacità di porsi delle domande, e per il coraggio e la capacità di lanciare una sfida alle convenzioni.
Francis Kéré, scuola elementare di Gando, Burkina Faso, 2001 (Ph. courtesy of Erik-Jan Ouwerkerk).
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CONSUMISMO DIVERGENTE
Gando Primary School Francis Diébédo Kéré (2001)
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Francis Kéré, scuola elementare di Gando, Burkina Faso, 2001 (Ph. courtesy of Erik-Jan Ouwerkerk).
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LE CITTÀ DEL DUEMILA Se solo cinquant’anni fa avessimo chiesto a chiunque di darci un’immagine della città del futuro la risposta avrebbe delineato un panorama fitto di torri di 100 piani, superstrade e macchine volanti. Trasportato dal treno superveloce della tecnologia industriale e pesante dell’epoca, l’attributo ‘del duemila’ era precisamente ciò che qualificava il progresso. Oggi che ci siamo ormai addentrati nel XXI secolo, la nuova etichetta che identifica il futuro è ‘Eco’. Il fulcro sono le città, ben analizzate da Alan Weisman, sempre affollate, enormi e dense di problemi, dove le città europee rappresentano un caso particolare. Interessate da una crescita relativamente modesta, appartengono a una realtà che negli ultimi 200 anni ha attraversato ogni genere di vicissitudini, precorso fasi e sviluppato anticorpi: una condizione che da un lato fa apparire le vecchie immagini del futuro tanto superate quanto pericolose, e dall’altro rivela che le città ecologicamente orientate del XXI secolo stanno rincorrendo gli schemi tipologici e funzionali della città tradizionale, aggiornandoli secondo alcuni denominatori comuni. Innanzitutto, la presenza dell’automobile
nelle città – che per decenni ha condizionato l’urbanistica in modo pressoché totalizzante – al centro del libro anticipatore di Moshe Safdie del 1997 The City After the Automobile viene oggi considerata indiscutibilmente problematica, e pertanto da arginare. Contemporaneamente il recupero di una dimensione locale e di quartiere, tipica del passato, trova espressione nelle recenti iniziative ispirate ai principi della “ville du quart d’heure” pedonale e ciclabile e la notevole visione di una città organizzata in base ai tempi di percorrenza di Fabio Casiroli. La presenza infine di natura in città – un tempo così facile da raggiungere appena fuori le mura – viene oggi percepita sia come un polmone, necessario per respirare, che come un fegato, indispensabile per depurare. Questa nuova idea di paesaggio urbano, così ben affrontato nei progetti sullo spazio aperto pubblico di Martha Schwartz, capace metodicamente di produrre servizi ecosistemici, segue presupposti ben diversi da quelli ornamentali della tradizione e dal piano astratto dello spazio aperto modernista sul quale appoggiare edifici che, insieme ai confini, perde qualsiasi possibilità di essere identificato come luogo.
Moshe Safdie Cittadino israeliano e canadese, già docente a Yale e Harvard, realizzò tra gli altri il masterplan e il progetto Habitat ‘67 all’expo di Montreal. IoArch 11/2007 - bit.ly/3HG7nXN
Joan Busquets Già docente a Barcellona e Harvard, con il suo lavoro per le Olimpiadi di Barcellona 1992 è diventato una figura di riferimento per l’urbanistica. IoArch 30/2010 - bit.ly/3HBLVmG
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Nel XX secolo l’attributo ‘del Duemila’ era ciò che più qualificava il progresso. Quali sono oggi le nuove etichette che identificano il futuro e quali le città che meglio lo rappresentano?
Alan Weisman Giornalista e scrittore, è l’autore di Conto alla rovescia (Einaudi). Insegna giornalismo internazionale presso l’Università dell’Arizona. IoArch 68/2017 - bit.ly/3Q7VsWJ
› ZEITGEIST
Martha Schwartz Architetto paesaggista, urbanista, artista e attivista ambientale pluripremiata. Con il suo studio Martha Schwartz Partners ha realizzato progetti in tutto il mondo, da installazioni artistiche site-specific a spazi pubblici e parchi. È professore ordinario di architettura del paesaggio presso la Harvard Gsd, membro del gruppo di lavoro Gsd Climate Change e membro fondatore del gruppo di lavoro sulle città sostenibili presso l’Harvard University Center for the Environment. IoArch 17/2008 - bit.ly/3H9HgZf
Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo? “La città di Melbourne. Rob Adams è un genio che ha saputo realizzare la città più ecologica del mondo” Martha Schwartz
Pensare ad un architetto del paesaggio del calibro di Martha Schwartz, autore di interventi riuscitissimi di riqualificazione dello spazio aperto pubblico, che nomina Melbourne come uno dei più brillanti casi contemporanei di progettazione urbana, off re fi nalmente una prospettiva differente rispetto alla visione eurocentrica in cui, in quanto europei, siamo letteralmente immersi. Melbourne è un caso eccezionale e non lo è diventato dall’oggi al domani. Già nel 1985 Rob Adams collaborò a una prima strategia di progetto urbano per la città focalizzata sul progetto dello spazio pubblico e di sistemi di trasporti multi-modali. Il piano comprendeva diversi progetti chiave di recupero di edifici inutilizzati in centro, come Postcode
3000, la creazione di strade pensate per i pedoni come Swanston Street, e un grande parco lungo il fiume chiamato Birrarung Marr. Racconta Adams che, durante un viaggio di studio in Europa nel 1969, visitò le nuove città scandinave trovandole prive di anima. In Germania i grandi nomi dell’architettura non sembravano in realtà aver realizzato nessun ambiente urbano piacevole. Nei borghi italiani ebbe invece un’impressione differente: la gente viveva le strade e le piazze e questo lo portò a chiedersi perché mai non fosse possibile progettare le città in quel modo. La strategia di Adams si concentra su uno sviluppo a media densità, con edifici alti più o meno 5 piani, e con assi commerciali defi niti in relazione all’accessibilità con i mezzi pubblici, scoraggiando lo sprawl. Melbourne – che fa parte del network mondiale C40 Cities da quando venne istituito, nel 2005 – ha investito e investe tuttora in energie rinnovabili, forestazione urbana, facciate e tetti verdi, spazi pubblici e infrastrutture pedonali e ciclabili. Secondo un sondaggio della città di Melbourne nel 2013 circa 21.000 abitanti utilizzavano la bicicletta regolarmente per gli spostamenti casa-lavoro e nel 2017 più del 16 per cento del traffico nelle ore di punta era costituito da biciclette. In fondo la formula di Melbourne parte da una considerazione semplice e forse troppo spesso trascurata: come dice Martha Schwartz, qualsiasi bella città non è fatta solo di edifici.
Melbourne, ph. courtesy Royal Botanic Gardens Victoria.
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› LUCE
VENT’ANNI DI PROGETTAZIONE ILLUMINOTECNICA di Jacopo Acciaro EVOLUZIONE TECNOLOGICA E NUOVE POSSIBILITÀ ESPRESSIVE
Jacopo Acciaro Jacopo Acciaro si laurea in architettura al Politecnico di Milano. Collabora per alcuni anni con Piero Castiglioni prima di fondare Voltaire Lighting Design, uno studio professionale che si occupa di progetti di illuminazione per l’architettura, l’interior e l’urbanistica, oltre a progettare corpi illuminanti custom made. www.voltairedesign.it [ 182 ]
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Per questo numero speciale di IoArch ho deciso di ripercorrere l’evoluzione che il mondo della progettazione illuminotecnica ha vissuto negli ultimi vent’anni, sia dal punto di vista tecnologico che dell’approccio al progetto. In merito al primo, un cambiamento radicale che ha rivoluzionato la produzione mondiale di strumenti per il mondo illuminotecnico è stato l’introduzione della tecnologia a Led. Il suo utilizzo ha infatti incrementato l’offerta di soluzioni tecniche e ha consentito così a noi progettisti e amanti del mondo della luce di moltiplicare esponenzialmente le strade creative. Non sono mancati, tuttavia, anche i momenti di difficoltà rispetto a questo tema: spesso di fronte a cambiamenti così radicali si generano step di sviluppo in continua evoluzione che non consentono di usufruire appieno del potenziale della tecnologia stessa. Oggi siamo in una fase di consolidamento del Led, che sta ancora mostrando l’enorme capacità espressiva che può avere. Oltre all’avvento di questa tecnologia, il settore ha vissuto momenti diversi che hanno caratterizzato questo ventennio di grande fermento. Negli anni intorno al Duemila abbiamo assistito alla massima evoluzione delle tecnologie illuminotecniche che hanno preceduto la rivoluzione del Led: mi riferisco alle sorgenti alogene a filamento, alla fluorescenza lineare e compatta e alle sorgenti a scarica con alogenuri metallici.
Per caratteristiche proprie, ogni famiglia tecnologica aveva il proprio ambito applicativo specifico e la progettazione era caratterizzata dall’utilizzo di tecnologie specifiche destinate a specifici temi progettuali, al di là di qualche utilizzo trasversale. Naturalmente le nuove tecnologie hanno fortemente orientato lo sviluppo dei prodotti e influenzato il modo di progettare la luce. Questo storico periodo ha sancito definitivamente il concetto di integrazione tra architettura e luce; abbiamo visto nascere corpi luminosi e collezioni più orientate all’aspetto della percezione della luce che non all’oggetto luminoso. Proprio il tema della non visibilità dell’oggetto luminoso e della necessità di lavorare con una luce fortemente integrata al progetto ha segnato una grande svolta e la conseguente evoluzione della figura del lighting designer, che è portato sempre più ad esprimersi attraverso la tecnica della luce oltre che con il design dell’apparecchio. Alcuni prodotti in particolare hanno accompagnato questo percorso evolutivo, rappresentandone i principali step di sviluppo. Partirei, in questo senso, da una soluzione che ha rivoluzionato l’approccio al progetto in diversi ambiti ma soprattutto nel museale e nel retail: parlo di Cestello de iGuzzini, declinato nelle molteplici varianti che sono state sviluppate nel tempo. È una soluzione nata dalla collaborazione tra Piero Castiglioni (capostipite dei lighting
› LUCE
Nella pagina accanto, una sala di Palazzo Grassi, Venezia. Architetti Gae Aulenti, Piero Castiglioni e Aantonio Foscari. Ph. courtesy Piero Castiglioni.
Qui sopra, il Cestello de iGuzzini. Apparecchio nato dalla collaborazione tra Piero Castiglioni e Gae Aulenti. Photo Courtesy iGuzzini.
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› LUCE
Sopra, il sistema Tagliatella di Viabizzuno illumina il negozio Max Mara di Londra e quello di Kith a Parigi, foto in basso. Ph. courtesy Jamie McGregor Smith.
designers italiani) e Gae Aulenti per il Museo di Palazzo Grassi di Venezia. L’apparecchio prevedeva l’inserimento di numerosi giroscopi predisposti per ospitare lampade alogene all’interno di un unico telaio in metallo; consentiva di unire in un determinato punto di installazione diverse sorgenti e, grazie al meccanismo del doppio giroscopio, ne garantiva l’orientabilità in maniera estremamente flessibile. Questo sistema è stato declinato in tutte le tipologie di installazione possibili (a parete/plafone, da incasso, a sospensione, a piantana) ed è stato inizialmente pensato per sorgenti alogene ma poi adattato anche per sorgenti a ioduri metallici, garantendo maggior performance e una durata della vita media decisamente più elevata. L’elevata flessibilità unita alla semplicità costruttiva ha reso il sistema Cestello un punto di riferimento per la progettazione illuminotecnica.
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› LUCE
Nel settore dell’Office, la tecnologia monolastra a microprismi di Zumtobel ha rappresentato un’importante innovazione.
Un’altra tappa significativa è stata segnata dall’introduzione da parte dell’azienda Viabizzuno del sistema Tagliatella, disegnata da Mario Nanni: un nome curioso che identifica una soluzione lineare da incasso, nello specifico un canale a sviluppo lineare predisposto nel controsoffitto atto ad ospitare e nascondere le sorgenti luminose. L’integrazione con l’architettura in questo caso rappresenta un connotato determinante in quanto la soluzione illuminotecnica nasceva dalla volontà di progettare il sistema luce insieme all’architettura, diventando essa stessa a sua volta anche un segno molto caratterizzante e identificativo. La soluzione ha avuto notevole sviluppo attraverso differenti declinazioni del concetto di taglio nel controsoffitto, diventando anche elemento in grado di accogliere, oltre a soluzioni illuminotecniche, anche predisposizioni per la diffusione dell’aria e sorgenti sonore.
Cambiando ambito ed entrando nel mondo dell’office, il ventennio trascorso ha visto l’introduzione della tecnologia monolastra a microprismi, di cui Zumtobel è stata una delle protagoniste assolute; una grande innovazione sul tema della distribuzione e del controllo dei flussi luminosi in grado di consentire un innalzamento del comfort generale con un’elevata riduzione dell’abbagliamento (UGR-Unified Glare Rating inferiore a 19) e una maggior flessibilità nella distribuzione dei corpi illuminanti. Questa tecnologia ha sostituito gli apparecchi dotati di schermi lamellari in alluminio che obbligavano ad una distribuzione dei corpi illuminanti estremamente vincolata, in modalità ortogonale rispetto alle postazioni lavoro. Le lastre, essendo dotate di microprismi a base quadrata, consentivano un controllo degli abbagliamenti a 360° e quindi una libertà assoluta nella distribuzione dei corpi illuminanti.
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› LUCE
Il sistema Wallwasher di Erco è stato scelto per illuminare il Museum of Art di Pudong. ©Erco 2022 Ph. by Jackie Chan.
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› LUCE
Inoltre, le performance raggiunte da questa tecnologia in termini di rendimento luminoso e di precisione nel controllo delle luminanze (abbagliamenti) hanno creato nuovi riferimenti per l’ambito office diventando uno standard sempre più diffuso. In ambito museale nell’ultimo ventennio abbiamo visto l’illuminazione proiettiva ricoprire un ruolo da protagonista e Erco è il brand che, secondo la mia opinione, meglio ha saputo interpretare questa tematica realizzando strumenti illuminotecnici di notevole efficienza e precisione. Erco, infatti, è stata un punto di riferimento per una specifica tipologia di corpi
illuminanti, i Wallwasher che, come si può comprendere dal nome stesso, nascono per illuminare in modo uniforme le superfici verticali. In questo senso ha aperto una nuova strada e ha dettato scuola in merito alla precisione e all’efficacia nella distribuzione uniforme della luce sulle superfici verticali: posizionando gli apparecchi a incasso nei soffitti in maniera corretta, il ‘lavaggio’ della parete verticale partiva dallo spigolo di intersezione tra il soffitto e la parete stessa, per mantenere gli stessi valori di illuminamento su tutta la superficie di riferimento. Ritornando al grande cambiamento che
abbiamo vissuto con l’introduzione della tecnologia Led possiamo affermare che questo rivoluzionario componente ha moltiplicato in maniera esponenziale le tematiche progettuali illuminotecniche su cui lavorare (prestazioni ottiche, efficienza, miniaturizzazione, interazione con dettagli architettonici, senza trascurare gli aspetti gestionali e di interaction design) ma da questo breve excursus negli ultimi vent’anni di luce emerge anche in maniera chiara e costante l’importanza della cultura del progetto luminoso, un percorso progettuale complesso, finalizzato al raggiungimento di un risultato integrato e unitario con il progetto architettonico
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› DESIGNCAFÈ L’ORNAMENTO NON È UN DELITTO
IL SACRO QUOTIDIANO
Parte dell’attività editoriale dell’Accademia di Belle Arti di Roma, l’idea del volume nasce dall’incontro di Danilo Lisi con Santiago Calatrava in occasione dell’inaugurazione, avvenuta lo scorso anno, dell’intervento di decorazione totale dell’architetto spagnolo nella chiesa di San Gennaro nel Real Bosco di Capodimonte, ampiamente descritto nel volume da un puntuale intervento di Giovanna Cassese, già direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Impegnato da anni in progetti e opere di edilizia di culto – cinque le chiese realizzate, in Italia e all’estero – attraverso contributi di grande interesse Lisi nel volume sottolinea il legame inscindibile tra liturgia, arte e architettura nel progetto dello spazio sacro. In questo senso l’ornamento non riveste un semplice ruolo di completamento e arricchimento ma è parte di un progetto integrale. Due esempi bastano a confermarlo: la Sagrada Familia di Gaudi, in cui tutto è ornamento, e l’ossessione quasi maniacale di grandi architetti, da Le Corbusier a Carlo Scarpa, da Gio Ponti a Alvar Aalto, di accentrare in sé stessi la figura di artista totale, curando fin nel minimo dettaglio le opere che formano lo spazio sacro. Nella prima parte un’ampia documentazione analizza le opere e il pensiero di maestri della modernità; la seconda parte (sulle orme di Matisse) presenta invece studi, progetti e realizzazioni dei giorni nostri. Tra le introduzioni, anche un intervento di Ugo La Pietra.
Le opere esposte nella mostra dedicata a Maria Lai Ricucire il dolore, tessere la speranza, organizzata l’anno scorso presso lo spazio espositivo delle cantine Antichi Poderi di Jerzu (Nuoro), a cura di Micol Forti, sono raccolte in questo catalogo accompagnate da testi che aiutano a comprendere quanto la ricerca artistica di Maria Lai sia sempre stata sistema di relazioni, bacino di memorie individuali e collettive, deposito di tradizioni, valori e conoscenze. A darle notorietà internazionale, nel 1981, fu la performance Legarsi alla Montagna – primo intervento di arte partecipata in Italia – dove un nastro azzurro legava le case di Ulassai tra loro e poi al sovrastante monte Tisiddu. Quel nastro è il filo che annoda la natura, le case e le vite, le amicizie e i dissapori e che trova espressione – filo di cotone bianco su carta vellutata nera – nelle 14 stazioni della via Crucis realizzata lo stesso anno per la chiesa parrocchiale di Ulassai, tre delle quali in mostra a Jerzu. Perché in quanto oggetto di devozione, la rappresentazione del sacro è la prima genuina espressione di comunità. «Ciò che resta di Cristo nel vangelo – scriveva Maria Lai (1919-2013) – non è la sua presenza fisica o umana, è il suo morire e la sua resurrezione. Ciò che resta dell’arte, nel mondo non è la sua fisicità che costruisce l’opera, è il silenzio, il vuoto di uno stupore. Da quel silenzio ogni lettore dà voce a un sé stesso che gli era sconosciuto e che risorge in quel momento». Così in un’altra sua opera lo stesso filo, questa volta di lana beige, penetra la trama di un’altra tela facendo emergere una forma ispirata a ciò che per la tradizione cattolica è l’impronta per eccellenza, la Sindone, esposta per la prima volta a Jerzu.
Danilo Lisi (a cura di) L’ornato liturgico e l’architettura cultuale Gangemi Editore, Roma, 2022 144 pp, 28 euro ISBN 978-88-492-4152-5
TEORIA E PRATICA DEL MOSTRARE Il volume di Skira approfondisce su carta la mostra omonima tuttora in corso (fino al 28 settembre al campus Bovisa del Politecnico di Milano, in via Candiani 72): quasi una meta-mostra, dedicata a 32 progetti espositivi sviluppati negli anni da Pierluigi Cerri, co-fondatore nel 1974 dello studio Gregotti Associati e poi, dal 1998, dello Studio Cerri & Associati, che gli autori Yuri Mastromattei e Lola Ottolina hanno smontato uno ad uno per comprenderne le intenzioni progettuali. Due le questioni principali che riguardano il progetto di allestimento, per definizione effimero: la prima riguarda la capacità dell’architettura di stabilire un canale di comunicazione con il visitatore, trasformando lo spazio in un racconto (e ben venga anche l’aggettivo ‘emozionale’ se aiuta la scoperta delle intenzioni e delle invenzioni oggetto della mostra); la seconda è nella profonda differenza tra un allestimento temporaneo e un’esposizione museale. Innanzitutto per il luogo: i musei sono architetture edificate allo scopo mentre la maggior parte degli allestimenti si sviluppa in ambienti fluidi, spesso costruiti per altre funzioni, come nel caso dei Venti progetti per il futuro del Lingotto (1984), uno dei 32 allestimenti presi in esame. In secondo luogo per l’approccio statico tuttora alla base della maggior parte delle esposizioni museali e non a caso oggetto di ripensamento proprio nella direzione dell’allestimento come narrazione, di cui Pierluigi Cerri è stato precursore. [ 188 ]
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Yuri Mastromattei, Lola Ottolini Pierluigi Cerri Allestimenti. Idee, forme, intenzioni Skira editore, Milano, 2022 180 pp, 45 euro ISBN 978-88-572-4797-7
Micol Forti (a cura di) Maria Lai. Ricucire il dolore, tessere la speranza 5 Continents Editions, 2021 96 pp, 51 ill, 25 euro ISBN 979-12-5460-001-6
100 THE BEST a cura di Elena Riolo
elements 100 prodotti e sistemi che completano gli ambienti della vita e del lavoro. Un tempo sarebbero stati semplicemente i più amati, come recitava una famosa pubblicità. Noi li abbiamo selezionati con altri criteri: belli perché utili e ‘necessari’; intelligenti nel dare nuova forma alla funzione; durabili come forma di rispetto verso i clienti e l’ambiente; che impiegano il minimo di risorse non rinnovabili e il massimo di materia prima seconda; disassemblabili per un fine vita consapevole. Il contenuto di ciascuno segnala inoltre il grado di innovazione di un sistema produttivo spesso bistrattato che rappresenta invece la grande forza del nostro Paese.
IoArch 100_The Best
CATIFA 46 / ARPER
VICTORIA AND ALBERT / MOROSO
Lievore Altherr Molina_2004
Ron Arad_2000
Progettata nel 2004 per il mercato contract, dopo dodici anni Catifa 46 si è rinnovata con una nuova palette di colori: rosa antico, petrolio, giallo, avorio e grigio tortora; un’opportunità per abbinamenti mono e bicolore, con rivestimento in contrasto o tono su tono. La seduta è ulteriormente personalizzabile con la scelta di tessuti, finiture della scocca e colori del fusto.
La scelta del nome Victoria and Albert è un omaggio al museo di Londra presso il quale nel 2000 si è tenuta una mostra antologica sul lavoro di Ron Arad. Il progetto del divano nasce dall’idea di un nastro piegato e modellato a creare la seduta e lo schienale asimmetrico. Il rivestimento è cucito su misura, le linee sono morbide, disegnate con un tratto continuo.
www.arper.com
www.moroso.it
BIG / CAIMI Marc Sadler_2007 Quasi un’architettura da interni, un sistema essenziale e versatile: Big è una libreria in metallo, caratterizzata da robusti montanti in alluminio estruso e da ripiani in acciaio, dotata di un particolare sistema brevettato di aggancio dei ripiani ai montanti che ne rende invisibili i meccanismi.
www.caimi.com
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FRIDA / PEDRALI Odo Fioravanti_2008 Nel 2011 la sedia leggera e resistente in essenza di rovere ha vinto il Compasso d’Oro ‘per la semplice bellezza scultorea’. Con Frida Pedrali e Odo Fioravanti hanno esplorato nuove possibilità nella lavorazione del legno attraverso la sovrapposizione di una scocca in multistrato curvato tridimensionale a una struttura in legno massello.
www.pedrali.com
PANTON CHAIR / VITRA Verner Panton_1959 Ideata dal progettista danese alla fine degli anni Cinquanta, nel 1967 è stata sviluppata in collaborazione con Vitra come prima seduta interamente in plastica prodotta da un unico pezzo. Insignita di molti premi internazionali, figura nelle collezioni di numerosi musei internazionali. Nell’immagine, la Panton Chair Duo bicolore in edizione speciale limitata disponibile in cinque diverse coppie di colori, realizzata in stretta collaborazione con la famiglia Panton.
www.vitra.com
Foto ©Alberto Parise
BOBY / B-LINE Joe Colombo_1970 Il carrello contenitore che ha fatto la storia del design è stato rimesso in produzione all’azienda padovana nel 1999. La struttura in Abs, composta da moduli con cassetti e ripiani, è montata su 5 ruote piroettanti in polipropilene e offre 4 soluzioni in termini di altezza con diverse configurazioni, per un totale di 14 possibili modelli.
www.b-line.it
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KOAN PLUS / LUALDI Kokaistudios_2020 Il sistema geometrico composto da pannelli fissi e scorrevoli in vetro, alluminio e legno nasce dalla reinterpretazione delle partizioni mobili cinesi in chiave contemporanea. È disponibile con i listelli in rovere naturale o moka e con vetro extrachiaro, grigio, o bronzo, e in una combinazione inedita di listelli verticali e orizzontali.
www.lualdi.com
EXTRASOFT / LIVING DIVANI Piero Lissoni_2008 Evoluzione di Extra Wall, Extrasoft è il primo divano componibile a 360° grazie a isole e piattaforme di diverse dimensioni liberamente aggregabili. Bestseller firmato da Piero Lissoni nel 2008, quest’anno rinnovato introducendo nella partitura morbida e accogliente degli imbottiti nuovi contenitori a contrasto: moduli in legno in 2 altezze e 3 dimensioni che ne seguono il passo, modificano il ritmo e moltiplicano la funzionalità, preservandone il carattere unico.
www.livingdivani.it
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MAARI / HAWORTH Patricia Urquiola_2019 Tra le famiglie di sedute più ampie sul mercato, Maari si caratterizza per la scocca modellata in un unico pezzo, delicatamente strutturata, che connota tutta la collezione, per diverse possibilità di applicazioni. La sua versatilità, espressa attraverso il design e le diverse tipologie di basi, la rendono ideale per ogni spazio. Maari è prodotta secondo criteri di elevata sostenibilità ed è riciclabile al 100%.
www.haworth.com/eu
GENYA / LAMM Dante Bonuccelli Il design minimalista si associa a innovative soluzioni tecnologiche nella poltrona per auditorium e sale conferenza ora disponibile anche nella versione per installazione in curva. Nella configurazione chiusa ha una forma compatta leggermente inclinata con tutti i componenti celati nel volume. Il sedile e i braccioli integrati si aprono automaticamente mediante un movimento sincronizzato a scomparsa brevettato. Nella foto, l’Aula Magna dell’Università Bocconi a Milano.
www.lamm.it
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GASTONIA / RIVA1920 C.R.&S. RIVA1920_1997
ZENIT / RIMADESIO Giuseppe Bavuso_1997 Sono infinite le declinazioni di un prodotto – in produzione da 25 anni – che nel tempo si è arricchito di numerose varianti pur restando fedele a se stesso. Zenit ha introdotto importanti novità nella tipologia di libreria a montante, come il sistema di aggancio che consente di concepire una modularità aperta degli elementi e di produrre un montante in alluminio libero da fori o attacchi prefissati.
www.rimadesio.it
La cassettiera dalle linee classiche nello stile shaker americano è dotata di cassetti assemblati con incastri a coda di rondine. Struttura, top e zoccolo sono completamente in legno massello e assemblati con spine in legno. Gastonia è disponibile in tre diverse misure, con 12, 14, 21 cassetti, nelle finiture ciliegio, acero, rovere, noce.
www.riva1920.it
AUREA / ANAUNIA Adatta a molteplici configurazioni, la parete manovrabile Aurea si impacchetta trasformando lo spazio in funzione delle diverse esigenze. Grazie alle molteplici configurazioni, all’impiego di materiali leggeri come l’alluminio e il vetro e all’assenza di fissaggi a terra, la parete è leggera, elegante, versatile e scompare a seconda delle necessità.
www.anaunia.it
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ROYAL / BESANA MOQUETTE La collezione si caratterizza per la tessitura compatta e semilucida che restituisce un effetto velluto soft touch. Grazie all’ampia gamma colori e alle diverse tipologie di lavorazioni, la moquette Royal si adatta a qualsiasi tipo di progetto di interior.
www.besanamoquette.com
ROPE / PAOLA LENTI 2002 La storia dell’azienda è legata a un filo: un filato tecnico, 100% riciclabile, repellente all’acqua e resistente ai raggi ultravioletti, alle muffe e ai batteri. Rope ha dato origine a decine di lavorazioni diverse, che di volta in volta si sono trasformate in strutture portanti di divani, lettini e poltrone o in rivestimenti di sedute e in tappeti per esterni. Nella foto, Frame, design Francesco Rota.
www.paolalenti.it
Foto ©Alessandro Di Bon
TRILL / NARDI Raffaello Galiotto_2018 Composta da sedia con braccioli, senza braccioli e sgabello in resina fiberglass, la collezione di sedute Trill si ispira ai linguaggi formali tipici dei materiali come il metallo, nel caratteristico profilo a T dei profilati metallici, e il legno, nella planarità specifica dei pannelli lignei. La collezione dalle linee essenziali è concepita sia per l’outdoor sia per l’indoor.
www.nardioutdoor.com
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CAMALEONDA / B&B ITALIA Mario Bellini_1970 Il divano modulare torna in produzione conservando gli elementi che lo hanno reso un classico contemporaneo: il modulo di seduta 90x90, lo schienale, il bracciolo e l’imbottitura in poliuretano che forma il caratteristico capitonné, anche oggi ottenuto attraverso il sistema di cavi, ganci e anelli ideato da Bellini nel 1970, che ne garantiscono la componibilità.
www.bebitalia.com
ELISABETH / DE CASTELLI Nathalie Dewez_2017 La madia in metallo con effetto plissettato risulta leggera e delicata nelle sue proporzioni grazie alla speciale tecnica di piegatura del metallo realizzata da De Castelli. La finitura in rame lucido di Elisabeth produce un gioco di riflessi che rende vibrante il metallo, fra elasticità e rigore. Ante a battente con apertura push-pull.
www.decastelli.com
WILLIAM / ZANOTTA Damian Williamson_2010 Il programma di imbottiti si caratterizza per il volume della seduta suddiviso in tre sottili strati, che assicura leggerezza visiva ed elevato comfort. La collezione include la poltrona, il pouf e i divani monoblocco e componibili per soluzioni lineari o ad angolo. A corredo, una serie di mensole amplia le possibilità compositive d’arredo.
www.zanotta.it
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CLAY / DESALTO Marc Krusin_2015 Il tavolo-scultura nasce da due coni di forma diversa che si incontrano ai propri vertici opposti in un equilibrio all’apparenza instabile. La base è in poliuretano rigido in finitura laccata o rivestita con finiture materiche applicate tramite spatolatura manuale; i piani, tondi o ellittici, sono in cristallo temperato, ceramica, mdf o marmo.
www.desalto.it
LOAD-IT / PORRO Wolfgang Tolk_1995 Il sistema di librerie è un classico che ha saputo mantenere negli anni la sua identità, acquisendo progressivamente nuove possibilità progettuali. L’idea essenziale, che rende portanti le sottili mensole a L in acciaio piegato a freddo, abbinate a pannelli a muro in acciaio o legno, evolve nel tempo sperimentando sempre nuove finiture e funzionalità compositive.
www.porro.com
TONDINA / INFINITI Favaretto&Partners_2014 Si ispira allo stile nordico la seduta composta da pannelli seduta e schienale in polipropilene colorato e una struttura in tondino di acciaio verniciato o cromato. Grazie alle forme arrotondate e all’ampia gamma di soluzioni disponibili, Tondina è adatta come sedia da bar, ristorante, bistro, e anche per sala da pranzo. Disponibile anche in versione tappezzata.
www.infinitidesign.it
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LIBERTY / HUMANSCALE Niels Diffrient_2004 Liberty si caratterizza per la sua qualità ergonomica: il comfort dello schienale in rete a tre maglie assicura in modo appropriato, oltre che automatico, il sostegno al tratto lombare e dorsale. L’azienda ha recentemente messo a punto la versione Ocean in cui la rete schienale è realizzata con un chilogrammo di reti da pesca recuperate negli oceani, riciclate e avviate poi alla produzione.
www.humanscale.com
PEOPLE HOME / MILANI Alessandro Crosera_2021 Si ispira alla casa archetipica dell’infanzia il progetto che disegna un ambiente riservato e acusticamente protetto, definito da due divani dagli schienali alti che si fronteggiano, su cui poggia il tetto a capanna, e da una parete laterale che li connette. Fa parte dell’ampia collezione People sviluppata dal 2017 per rispondere al cambiamento in atto negli spazi di lavoro.
www.sm-milani.com
Foto ©Alberto Sinigaglia
NOMOS / TECNO Norman Foster_1986 L’idea base è semplice: un piano si appoggia su una struttura metallica con una spina centrale, due bracci laterali di sostegno e quattro gambe inclinate a stelo, in analogia con la struttura di vertebra dorsale e costole del corpo umano. Il risultato è Nomos, uno dei prodotti più riconosciuti del design internazionale e della produzione Tecno. Il piano nella versione in cristallo, nell’immagine, è poggiato su ventose. Foto ©Max Zambelli
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www.tecnospa.com
WANDERS’ TULIP ARMCHAIR / CAPPELLINI Marcel Wanders Studio_2010 Rivisitazione dalle proporzioni fuori misura della poltrona classica, la seduta si caratterizza per il calice allungato appoggiato su una base girevole che evoca la silhouette di un fiore. La scocca è in fibra di vetro e resina; l’imbottitura in poliuretano espanso e in schiumato; il rivestimento, fisso, è disponibile in una vasta gamma di tessuti e pelli.
www.cappellini.com
4AKUSTIK / FANTONI Design Centro Ricerche Fantoni_2000 Costituito da lamelle o quadrotte in mdf, nobilitate, laccate o impiallacciate, il sistema fonoassorbente, utilizzabile a parete e a soffitto, unisce le più elevate performance di fonoassorbimento con i massimi livelli di salubrità e sicurezza. Le numerose tipologie di passi e fresature garantiscono coefficienti di fonoassorbimento diversi, rispondendo alle diverse esigenze di progettazione.
www.fantoni.it
AERON / HERMAN MILLER Bill Stumpf, Don Chadwick_1994 Quasi 30 anni fa il suo lancio è stato pionieristico nel settore degli arredi per ufficio. La seduta ergonomica rimane all’avanguardia ancora oggi poiché segue l’evoluzione degli studi e l’innovazione dei materiali. Ora, infatti, la struttura della nuova versione Onyx Ultra Matte è realizzata con plastica recuperata vicino ai corsi d’acqua e destinata altrimenti a finire negli oceani.
www.hermanmiller.com
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IoArch 100_The Best
COMANDO VOCALE DA INCASSO / VIMAR Sviluppato su tecnologia Alexa e dotato di connessione Wi-Fi, il dispositivo attraverso la voce permette di azionare l’illuminazione, movimentare tende e tapparelle, controllare il clima, richiamare scenari, ascoltare la musica e controllare altri dispositivi compatibili con Alexa. Caratterizzato da una sporgenza ridotta, il comando vocale è coordinato con le tre principali serie civili – Eikon, Arké e Plana – adattandosi a qualsiasi contesto.
www.vimar.com
TOLOMEO / ARTEMIDE De Lucchi, Fassina_1986 A bilanciare la lampada più venduta di sempre sono cavi d’acciaio e giunti che li mantengono in tensione. Questa accortezza, unita all’uso dell’alluminio, le conferisce leggerezza e rende superfluo ogni ulteriore trattamento, riducendo anche i costi di produzione. Negli anni la famiglia si è allargata – dalla prima versione da tavola alle declinazioni in varie misure da parete, da terra e sospensione – adattandosi alle nuove tecnologie.
www.artemide.com
ATOLLO / OLUCE Vico Magistretti_1977 Le sue forme geometriche – il cilindro, il cono e la semisfera – hanno dato vita a un prodotto decorativo ed essenziale allo stesso tempo diventato l’archetipo della lampada da tavolo. Oggi è disponibile in tre dimensioni e nelle diverse finiture oro, bronzo satinato, metallo bianco o nero e vetro opale.
www.oluce.com
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ELLISSE / NEMO LIGHTING Federico Palazzari_2014 La collezione si compone di lampade a sospensione, da terra e da parete realizzate attraverso un’innovativa tecnologia sviluppata per l’accoppiamento dei profili in alluminio che ospitano la sorgente led. Il corpo è verniciato nelle finiture bianco opaco, nero opaco, alluminio spazzolato, oro lucido anodizzato o oro verniciato, il diffusore è in metacrilato opalino.
www.nemolighting.com
LUMIERE / FOSCARINI Rodolfo Dordoni_1990 L’ultima nata della famiglia di lampade da tavolo Lumiere che ha riletto in chiave contemporanea la classica abat-jour è Lumiere Nuances. Oggi viene proposta con il diffusore in vetro e la base in metallo cromaticamente coordinati nelle tonalità Cipria, Creta e Sahara. Il vetro si illumina tutto, senza la creazione di ombre, per una diffusione della luce più omogenea grazie al recente lavoro di reingegnerizzazione del gruppo luce.
www.foscarini.com
LUCE MORBIDA / ZUMTOBEL 1997 Nato 25 anni fa con l’idea di creare una luce al servizio dell’uomo, il sistema di apparecchi tridimensionali Luce Morbida, nella sua evoluzione di design e tecnologia, mantiene le peculiarità della distribuzione della luce e del comfort visivo. La nuova generazione si compone di apparecchi con diverse ottiche e opzioni di installazione, come il montaggio in superficie e l’incasso, che completano la famiglia di prodotti esistenti.
www.zumtobel.com
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BELT / FLOS Ronan & Erwan Bouroullec_2020 In equilibrio tra morbidezza e rigidità, la fonte luminosa è alloggiata in cinghie artigianali di cuoio. Le sezioni morbide sono elementi di connessione, mentre le parti rigide integrano la fonte luminosa, un lungo fascio di led. Tutti gli elementi sono realizzati in cuoio, come le cinture da cui la linea prende il nome. Alcuni sostengono il peso, altri convogliano l’elettricità, altri ancora contengono la luce.
www.flos.com
ILLAN / LUCEPLAN Zsuzsanna Horvath_2019 Costituita da un corpo molto leggero, ottenuto da un multistrato in legno sottile e flessibile, tagliato al laser secondo linee fitte ed equidistanti, la lampada Illan, disponibile in più dimensioni fino a un metro di diametro, acquisisce volume per effetto della gravità e assume la sua caratteristica forma che fluttua nell’aria. La sorgente Led a luce calda è posizionata all’interno del corpo, nella parte superiore, creando un’illuminazione diffusa rilassante.
www.luceplan.com
CANNETTATA / DE MAJO Massimo Iosa Ghini_2012 La sospensione si caratterizza per la particolarità della superficie in cristallo. Il telaio interno detiene il vetro toroidale, un unico pezzo prodotto tramite soffiatura con stampo a fermo per ottenere il caratteristico motivo a canne verticali che, illuminato, restituisce una sofisticata rifrazione di riflessi e riverberi. Disponibile con rosone e montatura in oro opaco, alluminio anodizzato o bianco e con vetro in cristallo o fumé, in due misure, anche in versione dimmerabile.
www.demajolight.com
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PARSCAN / ERCO Il sistema di lenti orienta la luce con precisione e senza dispersioni luminose. Con la nuova generazione, Parscan è ora composto da tre famiglie di prodotto con 6 grandezze costruttive, 12 distribuzioni della luce intercambiabili, filtri, tunable white, rgbw. Con la connectivity digitale, i faretti possono illuminare in modo efficiente e vario musei, boutique, uffici o foyer.
www.erco.com
LA SOSPESA / FONTANAARTE Stefano Boeri Architetti_2019 La lampada da tavolo simmetrica nasce dal principio dell’inglobamento di due forme: un cilindro di luce primaria sospeso in un cilindro di luce diffusa. L’essenzialità de La Sospesa è data dal diffusore in vetro lavorato con quattro diverse finiture: trasparente e rigato, sabbiato, verniciato rame, verniciato fumé. Il diffusore interno è in vetro borosilicato sabbiato.
www.fontanaarte.com
GIOGALI / VISTOSI Angelo Mangiarotti_1967 Il sistema decorativo d’illuminazione, basato sull’elemento del gancio di cristallo componibile, è realizzato in vetro soffiato con una speciale formulazione senza piombo che garantisce maggiore trasparenza e durabilità al cristallo. Ogni gancio esalta la trasparenza del cristallo e possiede le virtù dell’acciaio inox, in termini di durevolezza nel tempo e mantenimento delle caratteristiche originarie.
www.vistosi.it
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ELAN / ENTO Patrick Norguet_2020 Trasmette leggerezza e modernità la maniglia disegnata in forme tecniche e organiche. Il suo collo, tagliato di netto e ridotto alle dimensioni minime di fissaggio, si fonde visivamente in una presa sottile ed ergonomica. La maniglia, realizzata interamente in ottone, è disponibile in cromo, cromo satinato, grafite H-Finish e smalto nero opaco S-coating.
www.ento.it
MOOD COLLECTION / COLOMBO DESIGN Colombo Design_2020 La collezione di maniglie celebra, all’insegna del colore, la storia dell’azienda proponendo un ribaltamento nel processo di progettazione: partire da un dettaglio, la maniglia, e dal suo colore, per definire l’identità di una stanza.
www.colombodesign.com
TECTUS ENERGY / SIMONSWERK Il sistema di cerniere a scomparsa che ingloba un cavo a 16 fili per il passaggio di corrente elettrica è in grado di reggere elementi porta fino a 300 kg di peso, permette aperture fino a 180° ed è applicabile su telai in legno, acciaio e alluminio. Regolabili nelle tre dimensioni, le cerniere Tectus sono utilizzate su porte residenziali di pregio e porte funzionali pesanti.
www.simonswerk.it
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WAVE / AGB Giorgio Cesana La maniglia si caratterizza per la completa planarità alla superficie della porta. Il gesto di apertura e chiusura da rotatorio diventa assiale, con un movimento fluido a partire dall’incavo verticale che dà il nome al prodotto. La parte superiore, dedicata alla movimentazione, ospita l’impugnatura mobile; nella parte inferiore alloggia il sistema di chiusura.
www.agb.it
BOOMERANG / FRASCIO Maurizio Duranti_2021
PRESO / MANITAL Mario Mazzer_2008 La maniglia per porta e per finestra in ottone forgiato dalla forma netta e decisa è definita da linee pure evidenziate da un uso raffinato dei materiali e da una palette di colori prevalentemente scuri e caldi. Tra le finiture disponibili: ottone lucido, ottone satinato, ottone bronzato, cromo, cromo satinato, nickel satinato.
Un nuovo concetto di maniglia, che, ruotando, può essere fissata alla porta come si preferisce. Tutto il corpo di Boomerang aderisce e ingloba la rosetta di fissaggio. Per aprire la porta, anziché impugnarla, come si usa fare con tutte le maniglie, basta tirare o spingere anche col palmo della mano o con il gomito. Disponibile in acciaio inox, antracite PVD, nero.
www.frascio.com
www.manital.com
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ONE COLORS / AXOR Barber Osgerby_2022 La collezione bagno si estende con la gamma di miscelatori ed elementi colorati ispirati alla natura. Edward Barber e Jay Osgerby hanno selezionato sei varianti cromatiche pastello per evocare l’interazione dell’acqua con la terra e il cielo: il colore spesso aumenta in vivacità e intensità se visto attraverso l’acqua, e, sempre grazie all’acqua, riflette la connessione elementare del brand con la natura.
www.axor-design.com
SO / FIMA CARLO FRATTINI Davide Vercelli_2019 Frutto di una progettazione basata sulle abitudini di utilizzo, sull’ergonomia e sull’efficienza, il rubinetto si caratterizza per la complementarietà di modelli e abbinamenti il cui leitmotiv è il comando: un cilindro a cui è stata asportata una porzione mediante una sezione longitudinale, che presenta la parte finale leggermente bombata.
www.fimacf.com
ICONA CLASSIC / FANTINI Vincent van Duysen_2016 La reinterpretazione del rubinetto classico gioca in modo sottile e raffinato sulle proporzioni. Proposto in diverse versioni, dal cromo al nickel Pvd, più classico, dal matt gun metal pvd al matt copper pvd, raw metal pvd, pure brass pvd e matt british gold pvd, più moderno, industriale, volutamente più materico e tattile.
www.fantini.it
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ISY / ZUCCHETTI. KOS Matteo Thun e Antonio Rodriguez_2001 Da pochi essenziali pezzi hanno preso vita cinque linee di prodotto complete accomunate dal filo conduttore dell’immediatezza formale e della componibilità. Un sistema essenziale che sfrutta le infinite possibilità compositive delle linee base originarie Isystick, Isyarc, Isybagno a cui si sono aggiunte le collezioni Isyfresh dal peculiare getto a lama e Isyshower a completamento delle proposte doccia.
www.zucchettikos.it
DIAMETRO35 / RITMONIO Davide Vercelli_1999 La serie Diametro35, che da oltre vent’anni ha garantito il successo internazionale dell’azienda, è il fulcro di un vasto progetto di ampliamento attraverso quattro nuove collezioni: Diametro35 S, Impronte, Cross e Elegance. Per tutte e quattro, la massima versatilità è assicurata dalla possibilità di scegliere tra 16 finiture, che possono essere mixate per creare combinazioni uniche e originali.
www.ritmonio.it
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DIP / REXA Monica Graffeo_2021 Dall’ofuro, il rito giapponese del bagno, nasce la vasca freestanding progettata dall’art director dell’azienda. La sua forma, morbida, compatta e profonda, è stata concepita per l’immersione completa grazie alla sua particolare altezza di 85 cm. Può essere completata con accessori dedicati: mensola portaoggetti e rialzo contenitivo per facilitare l’accesso alla vasca.
www.rexadesign.it
BONOLA / CERAMICA FLAMINIA Jasper Morrison_2013 Un segno di assoluta precisione definisce la linea di un lavabo dal profilo fluido e dal bacino circolare, delimitato da un bordo particolarmente sottile, che testimonia la qualità manifatturiera nella lavorazione della ceramica. Nella versione self-standing, la colonna rastremata si raccorda armonicamente al catino, conferendo all’insieme una presenza architettonica di grande leggerezza percettiva. La collezione ha anche la versione bidet.
www.ceramicaflaminia.it
TIPO-Z / IDEAL STANDARD Palomba Serafini Associati_2021 Il lavabo è una lettura moderna dello Zeta di Gio Ponti, creato nel 1954. Grazie all’alta tecnologia applicata, è stato possibile realizzare Tipo-Z in un unico pezzo, una singola struttura completa, dando vita a un lavabo leggero, resistente e ultra-sottile con colonna e bacino integrati, un risultato che non sarebbe stato tecnicamente ottenibile nel 1954. Foto ©Carlo William Rossi+Fabio Mureddu
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www.idealstandard.it
TUBONE / ANTRAX Andrea Crosetta_2006 Un tubolare di acciaio dalla sezione importante – 60 mm – è qui utilizzato per dare vita a un anello dalla forma allungata disponibile in tre differenti moduli, replicabili o sovrapponibili, fino a due corpi scaldanti. Il radiatore è proposto in oltre 200 varianti cromatiche, accessoriabile con maniglione portasalviette e installabile in orizzontale o in verticale.
www.antrax.it
INTROVERSO / ANTONIO LUPI Paolo Ulian_2017 Il progetto nasce dall’osservazione della lavorazione a sbozzo delle sculture in marmo, in cui la forma tridimensionale è delineata da tagli realizzati da una macchina a controllo numerico. Si formano così sottili lamelle di marmo, i cui bordi esterni, una volta spezzati, svelano la scultura grezza celata al suo interno. Stesso concetto e medesima lavorazione sono declinati nella realizzazione del lavabo costituito da un blocco di marmo bianco di Carrara, tornito e alleggerito da una serie di tagli che lasciano intravedere il suo interno.
www.antoniolupi.it
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FENIX NTM / ARPA INDUSTRIALE 2013 Risultato di anni di ricerca, Fenix NTM è il primo nato della famiglia. Interpreta due importanti tendenze nel mondo del design per interni: materiali intelligenti e superfici opache. Un binomio che rende questo materiale flessibile e adattabile ai diversi ambienti. 20 colori con diversi formati e spessori per applicazioni orizzontali e verticali.
www.fenixforinteriors.com
VALCHROMAT / GRUPPO BONOMI PATTINI Il pannello si compone di fibre di legno colorate individualmente con coloranti organici e legate chimicamente tra loro con una resina speciale. Disponibile in 5 spessori e 11 colorazioni, Valchromat ha caratteristiche specifiche di resistenza fisica e meccanica. Atossico, impermeabile, su richiesta ignifugo, garantisce isolamento acustico, comfort termico e, grazie alla forte resistenza all’usura, può essere utilizzato anche come pavimentazione.
www.gruppobonomipattini.com
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GLOCAL / MIRAGE La collezione di cemento rasato in grès porcellanato Glocal è studiata per affrontare differenti esigenze progettuali grazie a una vasta proposta di colori, superfici e formati. Ora a catalogo anche la proposta di grandi lastre e la versione per l’outdoor, studiata con 20 mm di spessore. Ideale sia a pavimento sia a rivestimento, la linea si declina in 10 tonalità neutre e 2 superfici metalliche.
www.mirage.it
DIAFOS / ABET LAMINATI 1987 Il primo laminato traslucente a decorazione tridimensionale è stato recentemente riproposto con nuovi formati e colori da Giulio Iacchetti e Matteo Ragni. Frutto di una lunga ricerca che ha unito tecnologia, design e intuizioni estetiche, la superficie traslucente e capacitiva è uno strumento di progettazione pensato per godere della luce filtrata e non diretta.
www.abetlaminati.com
CALCE POZZOLANICA PANTHEON CALCHÈRA SAN GIORGIO Centro di Ricerca e Formulazione Ottenuta dopo un’approfondita indagine sulle malte romane che strutturano i monumenti antichi, la calce è la sintesi di tutti i leganti descritti nei documenti d’archivio, da Vitruvio alla letteratura più recente. Risulta versatile nella preparazione di ogni tipo di malta per opere di restauro e di edilizia sostenibile. Il legante conferisce all’impasto adesione al supporto, elasticità, traspirabilità, resistenza alle aggressioni alcaline e alle muffe e batteri.
www.calcherasangiorgio.it
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GEODRENA / IPM Il sistema di pavimentazione per outdoor dall’elevata capacità drenante, in graniglie naturali di pregio (marmo, quarzo, porfido, serpentino o granito) permette soluzioni durevoli e di facile manutenzione. Gli inerti naturali sono miscelati in cantiere con un legante eco-compatibile a zero emissioni Voc. IPM GeoDrena è adatto anche ad aree di parcheggio, fondi esistenti anche usurati o nuovi come calcestruzzo, pietre naturali, terreno.
www.ipmitalia.it
MICROVERLAY / ISOPLAM La superficie a base cementizia e polimerica è appositamente formulata per rasature decorative continue senza fughe o giunti di dilatazione. In 3 mm di spessore preserva tutta la robustezza del calcestruzzo tradizionale e consente massima cura del dettaglio, alto valore estetico e comfort abitativo, sia nelle nuove applicazioni, sia come rivestimento per pavimentazioni o superfici già esistenti.
www.isoplam.it
CEMENTORESINA / KERAKOLL 2021 Il pavimento in resina con finitura naturale si distingue per la texture spatolata colorata in pasta caratterizzata da increspature materiche e marezzature frutto delle imperfezioni della lavorazione artigianale. Color Collection è la nuova collezione di colori e superfici per la decorazione di interni di Kerakoll formulata con pigmenti di alta qualità combinati con oli e principi attivi naturali.
www.color.kerakoll.com
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Fotografie ambienti Salva Lopez, Set Design Elena Mora
DEKTON / COSENTINO 2013 La superficie ultracompatta è una miscela di materie prime come vetro, materiali porcellanati di ultima generazione e quarzo. Per la sua produzione viene utilizzata la tecnologia Tsp di sinterizzazione delle particelle, grazie alla quale Dekton possiede proprietà tecniche superiori come resistenza ai raggi ultravioletti, ai graffi, alle macchie, agli shock termici.
www.cosentino.com
BOLON TATAMI / LIUNI Disponibile in teli, piastre autoposanti e in diverse forme geometriche, il pavimento acustico vinilico a effetto stuoia è realizzato in materiale riciclato da rifiuti industriali e bottiglie usate. Lo strato di isolamento acustico è ora costituito da fibre di poliestere riciclato al 90%, provenienti da bottiglie in Pet. Insieme ai residui industriali utilizzati nello strato di supporto inferiore la percentuale totale di materiale riciclato supera il 25%. Nella foto, collezione by Patricia Urquiola.
www.liuni.com
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PAONAZZO SAGEVAN SAGEVAN 2021 Il marmo dal fondo giallo-beige e fitte venature, dai toni verdi a quelli del viola e del nero, viene estratto dalla rinomata cava Calocara Bettogli n° 102-A dal marchio che seleziona, lavora e commercializza i marmi di Carrara. Proposto in lastre, marmette o, su richiesta, cut-to-size, è un materiale con cui realizzare pavimenti e rivestimenti dai colori inattesi.
www.sagevanmarmi.com
CREATIVTOP / BAUMIT Gli intonaci di finitura modellabili, rinforzati con resine silossaniche, sono pensati per la strutturazione creativa di facciate esterne e di pareti interne. Si prestano ad essere strutturati utilizzando la tecnica di modellazione preferita, per creare texture sempre originali e creative, con lavorazioni frattazzate, lisciate, rigate o spatolate, grezze o fini, o anche modellate con pattern specifici, per facciate e superfici che lasciano il segno.
www.baumit.it
NUANCES / ITALGRANITI GROUP Il cemento in grès porcellanato è una superficie innovativa proposta in una palette cromatica di 11 colori ispirati alla terra e 6 superfici decorative che reinterpretano il terrazzo veneziano. La collezione Nuances è realizzata con la tecnologia StrideUp, che garantisce un elevato coefficiente di attrito dinamico: ideale per zone sottoposte a intenso calpestio, lascia la superficie morbida, facile da pulire e igienizzare.
www.italgranitigroup.com
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FLUCTUS / MARGRAF Margraf Innovation Lab_2021 La collezione di rivestimenti 3D, ispirata al movimento delle onde del mare, si compone di moduli standard con finiture tridimensionali, lucide e opache, che attraverso la luce provocano effetti visivi dinamici. È disponibile in 4 texture e nei materiali Fior di Pesco Carnico, di cui l’azienda vicentina detiene l’unica cava esistente al mondo, Crema Nuova e Grigio Carnico.
www.margraf.it
LAPITEC Breton Institute of Technology_2012 Frutto di un processo produttivo coperto da 25 brevetti, Lapitec è una pietra sinterizzata a tutta massa per architettura, interior e product design, realizzata con una miscela di minerali 100% naturali senza resine, inchiostri o derivati del petrolio. Privo di silice cristallina, è disponibile in lastre di grandi dimensioni con tre possibili spessori, 12, 20 e 30 mm, in 16 nuance e 7 finiture superficiali. Le sue elevate performance, unite a una composizione green e ai formati XXL, consentono una grande versatilità di impiego, per facciate ventilate e coperture, rivestimenti indoor e outdoor, piscine e ambienti yacht, top di cucine o arredi.
www.lapitec.com
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SPINE DREAM / WOODCO Sono ben 32 le sfumature di rovere di Slavonia, personalizzabili sia nel formato spina ungherese (590x90 mm) sia nel formato spina italiana (490x70 e 600x90 mm), proposte da Woodco. Sono tutte atossiche e sicure grazie alle vernici prive di solventi e alle finiture con olio-cera, che rilasciano un residuo secco costituito unicamente da componenti naturali.
www.woodco.it
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NOCCIOLIEVE / FIEMME TREMILA 2020 Nocciolieve è il più delicato dei roveri Thermowood: biocompatibile, nodoso, spazzolato, fa parte della collezione Luci di Fiemme. Il processo di colorazione effettuato tramite calore fa emergere dalle trame del legno, in modo naturale, cromie e riflessi. Un leggero processo di sbiancatura ammorbidisce i marroni dell’essenza cotta e li scioglie in sfumature nocciola.
www.fiemmetremila.it
Foto ©Carlo Baroni
SPINA 60° DI ROVERE / CADORIN In Costa Azzurra, un progetto residenziale totalmente custom si caratterizza per la scelta della superficie lignea dalle tenui tonalità chiare: strette liste di rovere europeo a spina 60° dalle fughe appositamente accentuate che riproducono il parquet di un tempo stile Art Déco delle maestose ville francesi.
www.cadoringroup.it
MEDOC / LISTONE GIORDANO Michele De Lucchi, Philippe Nigro_2010 Il taglio a sega imprecisa sulla superficie voluto dai progettisti richiama i vecchi tavolati non rettificati; la sua forma trapezoidale si ispira alla rastrematura dei tronchi d’albero. Ora Medoc è disponibile sul mercato impreziosito da tinte naturali al vino. La rifinitura Terre di Vigna nasce dal procedimento sviluppato da Passoni Design per colorare il legno sfruttando la reazione chimica autocolorante del vino e delle vinacce.
www.listonegiordano.com
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TSA 325 NT / GEZE 2021 Il sistema di porta girevole automatica per porte a tre o quattro ante è personalizzabile in ogni finitura e garantisce sicurezza e rispetto delle normative in ogni suo aspetto. La soluzione per porte interne ed esterne soggette a traffico elevato e per gli ingressi di edifici di rappresentanza a elevata incidenza luminosa è stata scelta per forniture prestigiose come gli hotel Gallia a Milano e Barcelò (nella foto).
www.geze.it
BIGFOOT OUTDOOR / PROTEK 2022 Il sistema di arredo a scomparsa brevettato e 100% made in Italy è ora disponibile anche per gli spazi esterni. Composto da un controtelaio e da un modulo che scorre in esso grazie a una guida, consente di superare ogni limite di spazio e trasformare anche il balcone più piccolo in un’area polifunzionale.
www.protek-controtelai.com
ISOFIRE LZ58 / SAN.CO Michele Chemolli_2008 La resistenza al fuoco della famiglia di porte Isofire LZ58 è stata provata per la prima volta nel 2009. Da quel momento il concetto costruttivo è stato declinato in diverse soluzioni che combinano la tenuta al fuoco e ai fumi, l’abbattimento acustico e i contenuti di Voc, mettendo sempre in primo piano la possibilità di realizzare customizzazioni estetiche. Nell’immagine, l’hotel Eden di Roma.
www.zaniniitalia.com
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METALUNIC V / GRIESSER Il frangisole è composto da guide laterali e lamelle poste a una distanza idonea per intercettare la radiazione incidente in funzione dell’angolo solare. La tenda veneziana può essere a movimentazione manuale o motorizzata, gestita anche da un sistema domotico che ne può determinare l’apertura-chiusura o la movimentazione attraverso sensori. Metalunic V è una schermatura di Griesser, che quest’anno festeggia 140 anni di storia.
www.griesser.it
TEMPOTEST STARLIGHT BLUE PARÀ La prima collezione in Pet riciclato e certificata Grs (Global Recycled Standard) si compone di 16 tessuti per tende da sole che si caratterizzano per l’eccezionale recupero elastico e per una migliore resistenza alle trazioni e alle sollecitazioni, che li rendono particolarmente adatti a strutture di grandi dimensioni.
www.para.it
LIVINGSLIDE PANORAMA EVOLUTION SCHÜCO PWS ITALIA L’alzante scorrevole in Pvc consente di realizzare ampie vetrate dal design minimale e dalle molteplici possibilità di configurazione e personalizzazione. Livingslide Panorama Evolution si caratterizza per le sezioni in vista dei profili ultra-ridotte, sia sulle ante fisse sia su quelle scorrevoli, per le ottime prestazioni di isolamento termico e per l’attenzione alla sostenibilità anche in funzione della durata dei serramenti.
www.schuecopws.it
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SPOSTA / ISOLCASA Il sistema scorrevole in pvc Sposta unisce l’utilità dell’apertura a ribalta alla praticità dell’apertura totale della specchiatura dell’anta mantendo inalterate le prestazioni di tenuta all’aria, al vento e all’acqua quando si trova in posizione chiusa. Disponibile nelle linee moderna e classica, è compatibile con tutti i tipi di serramenti Isolcasa ed è abbinabile a un’apertura a battente.
www.isolacasa.it
FINESTRA F / FAKRO 2015 La finestra per tetti piani rende possibile la ventilazione del sottotetto e presenta elevati parametri termoisolanti. Proposta anche in versione elettrica, con sensore pioggia che attiva automaticamente la funzione di chiusura del battente aperto in caso di precipitazioni, il modello F dispone di accessori per la gestione dell’irraggiamento solare e dell’intensità della luce.
www.fakro.it
FIBEX INSIDE / AGOSTINI GROUP 2008 Il serramento in alluminio e alluminio legno si caratterizza per il corpo centrale isolante in Fibex, un materiale composito realizzato con fibre di vetro unidirezionali non interrotte (Roving), avvolte in un tessuto a fibre pluridirezionali (Mat) e impregnate con resina poliestere. Il sistema, brevettato da Agostini Group, assicura il massimo isolamento termico e un’eccezionale stabilità strutturale.
www.agostinigroup.com
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ASE 67 PD / SCHÜCO ITALIA 2017 Consentono la massima flessibilità e libertà di progettazione gli scorrevoli panoramici in alluminio sviluppati per aumentare l’apporto di luce naturale. I profili molto snelli e la sezione centrale in vista di soli 31 mm massimizzano la quantità di superficie vetrata, a vantaggio del benessere abitativo e del risparmio energico dovuto a un isolamento termico eccellente. La soglia piana, a livello del pavimento, assicura inoltre un facile accesso.
www.schueco.it
KEDRY SKYLIFE / KE 2021 La novità principale della pergola bioclimatica consiste nel tetto a lame mobili retrattili che permette di regolare l’intensità della luce e la ventilazione in funzione delle condizioni meteo. Con un unico movimento le lame ruotano e arretrano, in apertura e chiusura, Il massimo comfort è garantito inoltre da una perfetta automazione: app per smartphone e tablet ne consentono la gestione anche da remoto, permettendo di definire tempo e modalità di apertura e chiusura della tenda.
www.keoutdoordesign.com
MAGIS40 / UNIFORM Ufficio ricerca e sviluppo Uniform Serramento realizzato con solo 40 mm della sezione a vista dell’anta in legno e con telaio a scomparsa rasomuro, magis40 racchiude la tecnologia di uni_one e viene arricchita da profili molto sottili, che permettono una maggiore fruizione della luminosità esterna, senza rinunciare al legno. È disponibile anche con alzante scorrevole e in un modello open-out.
www.uniform.it
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ØG ZERO GRAVITY / SECCO Ufficio ricerca e sviluppo di Secco Sistemi Lo scorrevole sfrutta il principio della levitazione magnetica passiva per fluttuare nell’aria e muoversi nello spazio con la massima facilità. Senza impiegare elettricità e motori è possibile aprire e chiudere manualmente serramenti anche molto pesanti in modo semplice e sicuro. Con il sistema brevettato Ironlev, il serramento viene di fatto liberato dal suo peso e, rallentato solo dall’inerzia della massa, scorre silenziosamente e senza fatica.
www.seccosistemi.com
ENTRE-DEUX / ALBED Alfonso Femia / AF*Design_2021 Un sottile quadro definisce questa famiglia di porte a battente, dove non esiste il concetto di fronte o retro. Lo stipite diventa un volume e si proietta nello spazio, su uno solo o entrambi i lati, con un profilo dalla sezione leggermente rastremata, oppure con spessore costante. Il quadro è realizzato in alluminio in sei possibili finiture, pietra naturale o legno in decine di configurazioni possibili.
www.albed.it
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INGENIUS VMC / ALPAC 2015 La soluzione, integrata a scomparsa nel monoblocco finestra, migliora le prestazioni isolanti dell’involucro edilizio e riesce a ventilare costantemente gli ambienti indoor. È dotata sia di doppio filtro F7+G4 in entrata con cui purifica l’aria esterna da pollini e sostanze dannose sia di scambiatore di calore entalpico a doppio flusso incrociato che permette un recupero dell’energia termica fino al 91%.
www.alpac.it
ECLISSE 40 / ECLISSE Francesco Valentini, Lorenzo Ponzelli_2019 Si ispira alla tecnica della strombatura il telaio in alluminio anodizzato di Eclisse 40, che crea un senso di profondità donando alla porta un aspetto rigoroso e minimale, esaltandola come in una cornice. È disponibile nelle tonalità del bronzo, bianco Ral 9010 e nella versione grezza con rivestimento in primer.
www.eclisse.it
GRETA / SALAMANDER WINDOW & DOOR SYSTEMS 2022 Realizzata con miscele di materiali riciclati prodotti da macchinari alimentati da elettricità verde, la finestra Greta si distingue per la texture superficiale simile al cemento, combinando in modo innovativo i vantaggi dei classici sistemi di profili a camera con il miglior ecobilancio possibile. La materia prima utilizzata è infatti costituita al 100% da vecchie finestre e sezioni di produzione di finestre in pvc e può essere a sua volta completamente riciclata.
www.salamander-windows.com
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IoArch 100_The Best
ISOTEC / BRIANZA PLASTICA Il sistema termoisolante per l’isolamento ventilato è adatto a tutti i tipi di copertura, anche con pendenze della falda molto basse e in abbinamento con qualsiasi tipo di rivestimento. Il pannello Isotec, con anima in poliuretano espanso rigido, è rivestito con una lamina di alluminio che lo rende impermeabile, ed è dotato di un correntino metallico integrato studiato per creare la camera di ventilazione.
isotec.brianzaplastica.it
SCAGLIA 44 / PREFA La scaglia di grande formato in alluminio per coperture e facciate è un sistema di rivestimento che permette, ove necessario, di conferire un’elegante uniformità all’intero involucro. Il sistema di montaggio a scomparsa consente una posa rapida e ottimizzata, mentre la grande varietà di configurazioni, le finiture liscie e opache e le molteplici colorazioni in gamma facilmente abbinabili fra loro, contribuiscono a creare effetti unici.
www.prefa.it
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OPTINET / ALPEWA Lorenz Pichler PM Alpewa e Fielitz Gmbh_2019 La nuova lamiera tridimensionale Optinet coniuga la leggerezza e la trasparenza delle lamiere stirate con il design dei pannelli metallici 3D. Le reti vengono deformate da un’innovativa tecnica a freddo con un sistema di fluidi che permette di ottenere moduli tridimensionali senza spreco di energia. È commercializzata in tre modelli che prendono ispirazione dalle forme naturali dell’acqua e della sabbia.
www.alpewa.com
YTONG / XELLA Il sistema costruttivo Ytong in calcestruzzo aerato autoclavato, prodotto a partire da materie prime naturali, è efficace per realizzare edifici rispondenti ai più severi protocolli di Green Building. Leggero e resistente, possiede proprietà di incombustibilità e ottime capacità termoisolanti, che ne rendono ideale l’utilizzo per pareti monostrato perfettamente isolate senza ulteriori interventi di coibentazione.
EASYWAND / ALUBEL
www.xella-italia.it
2012 Il pannello coibentato completamente liscio per i rivestimenti di edifici industriali e civili è prodotto utilizzando acciaio inossidabile, acciaio corten, alluminio preverniciato. Easywand di Alubel consente una elevata personalizzazione del progetto grazie a texture personalizzate e all’innovativa finitura preverniciata smooth, una verniciatura poliestere dall’effetto tridimensionale.
www.alubel.com
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ECOSE TECHNOLOGY KNAUF INSULATION Tutti i prodotti isolanti in lana minerale Knauf Insulation realizzati con Ecose Technology sono privi di formaldeide aggiunta, coloranti artificiali o acrilici, dunque più sostenibili per l’ambiente, salubri e tecnicamente evoluti e sono caratterizzati da ridottissime emissioni di Voc. Inoltre, la lana minerale Knauf Insulation con tecnologia Ecose richiede minori quantità di energia per la sua produzione rispetto ai processi tradizionali e presenta una bassa energia incorporata: durante un ciclo di vita medio di 50 anni, consente di far risparmiare oltre 500 volte più energia di quella utilizzata nella sua produzione.
www.knaufinsulation.it
PATINA LINE / RHEINZINK Centro Ricerca Rheinzink_1988 La lega metallica con zinco puro al 99,995% Patina Line è un materiale che offre garanzie di lunga durata. Ideale per coperture e facciate, è disponibile in tre finiture: scura Graphite-grey; Blue-grey che presenta l’aspetto tipico della patina dello zinco; Bright-rolled la versione lucida di questo materiale.
www.alpewa.com
GYPROC HABITO FORTE / SAINT-GOBAIN ITALIA 2016 Tra le soluzioni più performanti in gesso rivestito, la lastra a marchio Gyproc si connota per prestazioni tecniche, come la portata ai carichi e la resistenza agli urti, che le permettono di eguagliare le soluzioni offerte dai sistemi costruttivi tradizionali e dalle lastre in gesso fibrato. Gyproc Habito Forte si caratterizza inoltre per l’alto grado di sicurezza contro le effrazioni, l’elevata resistenza al fuoco e le prestazioni di isolamento.
www.gyproc.it / www.saint-gobain.it
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SNOWKING
design (a+b) Annalisa Dominoni, Benedetto Quaquaro
www.caimi.com