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VENT’ANNI DI EVOLUZIONE dell’imprenditoria di progetto di Aldo Norsa
UNA RICOGNIZIONE GENERALE SULLO SVILUPPO DEL MERCATO E SEI INTERVISTE A PROTAGONISTI DELLA PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA E INGEGNERISTICA EMBLEMATICI DELLE FASI STORICHE CHE SI SONO SUCCEDUTE DAL 2006 A OGGI, CON UNO SGUARDO AL 2026
Una ricostruzione dell’evoluzione dell’imprenditoria di progetto nel periodo 2006-2022 deve limitarsi alle evoluzioni qualitative delle società più significative in assenza di dati certi quali sono le classifiche (per fatturato) elaborate dalla società di ricerca Guamari e pubblicate in un Report annuale, la cui serie storica inizia solo nel 2010. Si può comunque rilevare una sempre maggior presenza di realtà imprenditoriali rispetto a studi professionali (anche nella forma associata) e questo si spiega in primis con una committenza – privata ma anche pubblica – che a parità di qualità e creatività dei progetti chiede maggiori garanzie verificate sul piano patrimoniale, organizzativo e in genere sulla capacità di investire nei sempre più impegnativi fattori della produzione di progetto.
Aldo Norsa Già docente all’università di Firenze, al Politecnico di Milano e all’università Iuav di Venezia, è direttore scientifico della società di ricerca e consulenza Guamari di Milano, che cura annualmente (dal 2011) il Report on the Italian Architecture, Engineering and Construction Industry e (dal 2019) il Rapporto Classifiche - le Prime 50 Imprese dell’Edilizia Privata. www.guamari.it [ 32 ]
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Le tappe più significative di questa evoluzione possono essere individuate nelle due grandi occasioni di investimenti in architettura sfidante che hanno connotato il periodo in esame: le Olimpiadi Invernali del 2006 a Torino e l’Expo di Milano del 2015 mentre, in prospettiva, si annuncia la terza opportunità di crescita imprenditoriale: le Olimpiadi invernali Milano/Cortina del 2026. Peraltro, specificamente nel mercato privato (il più esigente e innovativo) l’altra grande occasione è – e sarà – il fiorire di iniziative immobiliari di inusitato impegno, soprattutto concentrate a Milano da una dozzina d’anni e correlate a investimenti di rigenerazione urbana. Ma purtroppo la debolezza dell’offerta nazionale di servizi di progettazione (unita a un certo ‘provincialismo’ della domanda) ha privilegiato le grandi società – e firme – straniere a scapito di quelle nazionali. Fenomeno, per fortuna, che sembra ora attenuarsi con sempre nuove iniziative (seppur di minor impegno) che coinvolgono progettisti italiani che finora hanno dovuto limitarsi a operare come local architects o hanno dovuto farsi le ossa con interventi minori. Per fortuna la “valvola di sfogo” dell’attività all’estero ha permesso ai nostri progettisti più ambiziosi di cercare nel mondo i riconoscimenti negati in Italia (“nemo propheta in patria”) e costruirsi progressivamente un portfolio da spendere anche qui. Tanto che siamo arrivati nella classifica Guamari più recente a 49 società che possono vantare almeno una filiale stabile oltre confine, con presenze italiane in tutti i continenti a eccezione dell’Oceania.
In assenza di una classifica sui dati di bilancio 2006 paragonabile a quella attuale delle top 200 società di architettura e design è interessante fare un’analisi a ritroso delle odierne maggiori 15 realtà. Per prima cosa si nota che cinque società su 15 non erano ancora state fondate nel 2006: le attuali prime tre per fatturato, Lombardini22, Marco Casamonti & Partners (che in realtà è uno spin off di Archea Associati) e ATIProject, nonché One Works, che guidava la classifica nel biennio 2016/17 e la poco ‘trasparente’ Luca Dini Associati. Un altro dato che balza all’occhio è come il vertice dell’architettura (pur perdurando il fatto che una Lombardini22, leader italiana, sia comunque 55 volte più piccola di Gensler, prima al mondo) ha compiuto un deciso salto dimensionale rispetto al 2006: basti pensare che se nella classifica più recente il 15° posto è occupato da Design Group Italia ID con un fatturato di 6,7 milioni di euro, all’epoca solo due realtà superavano questa soglia: Renzo Piano Building Workshop, allora leader con 11,5 milioni, e Progetto Cmr con 7,9 milioni. Allargando l’analisi all’ingegneria, una fotografia del mercato di sedici anni fa è meglio suffragata dai numeri, perché esiste un’edizione 2006 della Rilevazione Annuale sul Settore pubblicata da Oice e curata dall’autore, alla quale avevano partecipato ben 197 aziende associate. Essa mostrava un settore in crescita (il fatturato delle rispondenti era nel 2006 del 19,7 per cento maggiore rispetto all’anno precedente) e già con una forte penetrazione all’estero (59,7 per cento della produzione) anche per via di un contesto italiano dei servizi di ingegneria che lasciava alle società indipendenti una quota inferiore al 10 per cento, mentre le società operanti ‘in-house’ si assicuravano metà del mercato e i liberi professionisti un terzo; invece a tutto il 2021, secondo il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, il 43,7 per cento delle gare per servizi di ingegneria è aggiudicato a società e il 40,3 per cento a liberi professionisti. Aggiornando i dati al 2020 l’Oice comunica una crescita del fatturato totale del 3,5 per cento, non disprezzabile nell’anno della massima crisi sanitaria, e preconsuntiva un ulteriore incremento del 15,5 per cento per il 2021, con l’internazionalizzazione che conferma la propria importanza prevedendo un’incidenza del 56,1 per cento sul fatturato totale.