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La Comunità europea di fronte all’offensiva petrolifera sovietica 1955-1965 di Roberto Cantoni1
Introduzione el corso della seconda metà degli anni ’50 del secolo scorso, la giovane Comunità Economica Europea (CEE) si trovò a dover far fronte a una seria minaccia alla propria economia e alla propria sicurezza. La minaccia era rappresentata tanto dalla strategia di esportazioni petrolifere messa in atto dall’Unione Sovietica e diretta all’Europa occidentale, quanto dalla costruzione di un colossale sistema di oleodotti da parte dell’URSS, che avrebbe permesso un aumento notevole di tali esportazioni. Gli Stati membri della Comunità, come anche alcune grandi compagnie petrolifere occidentali – note generalmente col nome di major – temevano infatti che Mosca potesse usare il petrolio come arma per indebolire l’Occidente militarmente ed economicamente, rendendolo più dipendente dagli approvvigionamenti energetici sovietici. Le inquietudini occidentali erano acutizzate dai risultati spettacolari delle campagne di prospezione petrolifera sovietiche. Tra il 1955 e il 1965, la produzione di petrolio sovietico aumentò infatti notevolmente, passando da 71 a 243 milioni di tonnellate2: quantitativi che, tra l’altro, avrebbero permesso un aumento delle capacità produttive delle industrie pesanti sovietiche, e alimentato il suo apparato militare. In corrispondenza dell’aumento di
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1 Ricercatore post-dottorale - CERI, Sciences Po Paris – 56, rue Jacob – 75006 Paris. Email: roberto.cantoni@sciencespo.fr. 2 John A. Berry, «Oil and Soviet Policy in the Middle East», Middle East Journal, vol. 26, 1972, p. 150. Fonte riportata: Economist Intelligence Unit, Quarterly Economic Review, «USSR Annual Supplement-1971», p. 10; Robert E. Ebel, Communist Trade in Oil and Gas, New York, Praeger, 1970), p. 40; D. L. Spencer, «The Role of Oil in Soviet Foreign Economic Policy», American Journal of Economy and Society 25 (1966): 98.