Stadium n. 1/2022

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CineSport

The Keeper Tra pali e realtà. Tra colpe e perdono. di Andrea Barbetti

Tempi di guerra. Storia, società, sport si intrecciano nella faccia luminosa e sporca del mondo reale, dove una carezza può far male e uno sputo sanare una ferita. Perché anche un campo di calcio può essere in salita. Soprattutto per chi non può né vuole dimenticare La vita di Bernhard Trautmann sembrerebbe un tappeto rosso di gloria e rose: leggendario portiere del Manchester City, dal 1949 al 1964 indossa per ben 545 volte la maglia da titolare; lui, tedesco, diventa il primo calciatore straniero eletto quale miglior giocatore del campionato inglese; al termine della sua ultima gara i tifosi smontano le porte dello stadio perché nessuno avrebbe dovuto più difendere quegli stessi pali. Ma il campo di calcio solo per i distratti è sempre in piano; per qualcuno, pur bravo, l’erba s’ingobbisce e sale, sale, sale. Soprattutto quando parliamo dell’orrore più cupo che noi piccoli uomini fabbrichiamo con cura da sempre: la guerra. Trautmann non è un cognome che passa inosservato nell’Inghilterra del 1945. Chiaramente tedesco. Ancor più visibile in un ragazzo che come tanti è partito volontario al servizio del Reich, scoprendo la rogna dietro i sogni di un popolo ipnotizzato dalla propaganda di regime. Trautmann arriva in Inghilterra non col calcio mercato, ma catturato dai figli di Churchill in continente e portato sull’isola nel campo di prigionia di Ashton. Ovunque macerie. Fuori e dentro le persone e le case. In un tempo in cui anche le foglie di primavera sembrano stanche e grigie. Poi, un mattino, tra i prigionieri, qualcuno tira fuori un pallone e Trautmann ritorna bambino: le corse in cortile, una palla di stracci, le briciole della torta sulla maglietta sudata. Jack Friar è l’allenatore del St’ Helens F.C ed è pure il droghiere che smercia al campo di prigionia. Vede Berhard che para un rigore, e poi un altro e un altro ancora. E lo porta fuori dal campo il tempo necessario per metterlo a guardia della sua difesa colabrodo. Non per filantropia, ma per interesse. Tornano le porte, i compagni di squadra, 42

“The Keeper” è un film biografico anglo-tedesco diretto da Marcus H. Rosenmüller. La pellicola racconta la storia del portiere tedesco Bert Trautmann, interpretato da David Kross.

il pubblico, anche se niente è più come prima. Un tedesco in mezzo alle macerie: davvero troppo. Il campo è in salita: con la squadra, coi tifosi, con la figlia di Jack, Margareth. Perché purtroppo funziona così: odiare è la cosa più facile. Ma come si riesce a perdonare quando hai perso sotto le bombe la famiglia, o al fronte i fratelli, e comunque in cinque anni hai visto volare nell’angoscia il fiore degli anni più belli? Non va meglio quando Trautmann viene acquistato dal Manchester City: l’inizio è un calvario di domande e accuse, come se il giovane tedesco incarnasse da solo tutte le colpe del Reich. Per fortuna qualcuno traccia un perimetro di civiltà: il manager del City ricorda ai giocatori: “nello spogliatoio non si fa la guerra”; il presidente ai soci: “Siamo un club di calcio, non un circolo di odiatori”. Così, anche grazie al determinante sostegno della moglie Margareth, il giovane tedesco diventa a poco a poco il leggendario portiere del Manchester City, per quanto il presente intrecci nuovi e terribili dolori ai fantasmi del suo passato. Il bel film di Marcus Rosenmuller presenta il rigore etico del cinema tedesco e la confezione impeccabile e proletaria di quello inglese – qui richiamata da alcuni attori icona di Ken Loach. Storia, società, sport si intrecciano nella faccia luminosa e sporca del mondo reale, dove una carezza può far male e uno sputo sanare una ferita. Perché anche un campo di calcio può essere in salita. Soprattutto per chi non può né vuole dimenticare.


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