Atlante delle Guerre - seconda edizione

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Medio Oriente

Flavio Lotti

Non più complici ma costruttori di pace C’è chi giura che alla fine il presidente Obama resterà con il cerino in mano. E che neanche lui riuscirà a cambiare il corso della storia in Medio Oriente. Tra di loro ci sono i pessimisti e ci sono i cinici. I pessimisti sostengono che tra gli israeliani e i palestinesi c’è oramai troppa sfiducia e troppo rancore e che entrambi i popoli sono troppo divisi al loro interno per poter forgiare la pace. Per i cinici, invece, saranno i fondamentalisti di una parte e dell’altra a far saltare anche questo tentativo e a dimostrare che, dopo decenni di fallimenti, la pace in Terra Santa è semplicemente impossibile. Ma c’è un altro modo di vedere le cose. 1. In Terra Santa si sta consumando una tragedia umana e politica estremamente pericolosa per tutti. La mancata soluzione del conflitto e la continuazione dell’occupazione militare israeliana comporta immani sofferenze, la violazione sistematica dei fondamentali diritti umani dei palestinesi e il progressivo deterioramento delle loro condizioni di vita. Riduce lo spazio per il dialogo, la comprensione reciproca e la ricerca di soluzioni negoziate tra i due popoli.

Impedisce di risolvere pacificamente il conflitto mediante la creazione di uno stato palestinese accanto a quello israeliano a causa della continua espansione degli insediamenti israeliani. Alimenta la frustrazione, la disperazione, la rabbia e il desiderio di riscatto tra i palestinesi che finiranno con alimentare nuove manifestazioni di violenza. Costringe il popolo israeliano a vivere in una condizione d’insicurezza e di guerra permanente con tanta parte del mondo arabo che comprime i propri spazi di libertà, di sviluppo e di democrazia. Rappresenta un grande ostacolo alla lotta al terrorismo e al fondamentalismo ed è una fonte continua di instabilità e insicurezza internazionale. Frena lo sviluppo del dialogo interreligioso. Limita la nostra libertà e ci impedisce di costruire la pace nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Costringe da decenni l’Europa e la comunità internazionale a spendere inutilmente una enorme quantità di denaro senza ottenere alcun beneficio. Porta inevitabilmente allo scoppio di nuove guerre e atrocità. 2. Continuare a sperare che israeliani e palestinesi possano risolvere il problema da soli è da irresponsabili. Lo squilibrio tra le parti è troppo grande. Sia sul piano militare che economico e politico. Da una parte c’è uno Stato e dall’altra un popolo senza Stato con un’impressionante differenza di mezzi. E tuttavia neanche il più forte tra i due ha la possibilità di sconfiggere definitivamente l’avversario. Per questo è indispensabile l’intervento di un Terzo. Il Terzo (ancora oggi) assente siamo noi: l’Europa, l’Onu, gli Stati Uniti e lo stesso mondo arabo. 3. Serve una politica nuova. Da decenni il mondo intero auspica la pace in Medio Oriente. Da quando nel 1991 a Madrid, dopo la prima Intifada e la prima guerra del Golfo, si è aperta la prima Conferenza Internazionale di Pace sono passati quasi vent’anni. Da allora si calcola che il mondo abbia speso oltre 12trilioni di dollari per promuovere la pace tra israeliani e palestinesi e ancora oggi spendiamo per questo conflitto oltre due miliardi di dollari l’anno. Uno sforzo economico impressionante che, a giudicare dai risultati, è servito a ben poco. Continuare con la politica degli ultimi vent’anni è dunque da irresponsabili. Per fare la pace in Medio Oriente c’è bisogno urgente di una politica nuova e di un inedito impegno. 4. Serve un piano serio per chiudere il conflitto nel più breve tempo possibile. Per chiuderlo e non per continuare a gestirlo. Dopo due decenni di negoziati inconcludenti, la stessa formula della pace “Due Stati per due popoli” è in pericolo a causa della costruzione di sempre nuovi insediamenti israeliani a Gerusalemme e


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