Africa
Enzo Nucci
Un continente in cerca di futuro Il cammino del Sudafrica, definita la locomotiva economica, politica e sociale del continente africano, è stato illuminato per pochi mesi dai preparativi dei campionati mondiali di calcio. Ma già il 4 luglio ovvero una settimana prima che l’arbitro fischiasse il fine partita tra Spagna e Olanda, le strade polverose e malridotte delle township sono tornate ad infiammarsi, proprio come nel maggio del 2008. Nella Regione a vocazione turistica del Western Cape sono ripresi gli attacchi xenofobi contro gli stranieri. Neri contro neri, poveri contro poveri. Nel mirino ci sono gli immigrati provenienti da Somalia, Zimbabwe, Malawi, Mozambico, Nigeria, Paesi da cui scappano per cercare pane e libertà in quella che è denominata la “nazione arcobaleno” per il crogiuolo di culture ed etnie che faticosamente convivono. I disperati abitanti delle periferie (privi di case decenti, scuole, servizi sociali ed assistenza medica) sono delusi dalla lentezza dei cambiamenti promessi e stanchi della corruzione, “un’epidemia che infetta i centri decisionali locali e nazionali, ai livelli alti e bassi “ secon-
do l’analista e docente universitaria Raenette Taljaard. Il Sudafrica, infatti, da solo produce un quarto del reddito dell’intero continente nero eppure la disoccupazione supera il 26% mentre 20milioni di persone (su 48milioni di abitanti) vivono al di sotto della soglia di povertà. Gli immigrati (in maggioranza clandestini) sono tra i due ed i tre milioni: non se ne conosce il numero esatto. Sono tutti disposti a svolgere i lavori più umili e duri (braccianti, minatori) con salari inferiori a quelli previsti dalla legge e senza diritti sindacali. Nasce così la guerra tra poveri con le accuse agli immigrati di “rubare il lavoro”. Eppure una gran parte del miracolo economico sudafricano poggia proprio sulle spalle e la fatica di questa forza lavoro a basso costo e spesso altamente qualificata. Ma basta poco per accendere le township e far scattare la caccia gli stranieri, indifesi capri espiatori della violenza dei delusi. Nadine Gordimer, premio Nobel per la letteratura nel 1991 ed attivista contro l’apartheid, ha spiegato in un’intervista concessami per la Rai che “la presenza degli immigrati in Sudafrica crea un conflitto di interessi con coloro che si ritengono gli unici proprietari dei mezzi di produzione. Mandela ha restituito la libertà anche agli oppressori bianchi liberandoli dai loro sensi di colpa. Ma penso che in realtà il razzismo non sia mai stato sconfitto completamente. Bianchi, neri e meticci non sono in realtà parte di un processo unitario di sviluppo. E negli ultimi anni c’è stata una nuova frattura con l’avanzata della crisi economica”. Parole quanto mai veritiere perché la fragile tregua sociale sottoscritta in vista dei mondiali di calcio è stata spazzata via dal ciclone dello sciopero dei lavoratori dei servizi pubblici in lotta per gli aumenti salariali che nei primi 20 giorni di settembre 2010 ha paralizzato il Paese. Gli enormi investimenti pubblici per la World Cup se hanno contribuito a contenere la recessione economica creando anche 129mila posti di lavoro stagionali ora rischiano di diventare un boomerang per il Governo presieduto da Jacob Zuma, eletto nel 2009 con l’appoggio dei sindacati e dei settori più estremisti dell’African National Congress. Zuma ha fatto grandi promesse all’elettorato più radicale che oggi passa all’incasso. Perché tanta attenzione al Sudafrica? Innanzitutto perché per un cittadino europeo è difficile comprendere la natura di questi rigurgiti xenofobi che rischiano di diventare un’endemica emergenza in un Paese che conta il 90% della popolazione di colore. Poi perché la “nazione arcobaleno” resta il laboratorio politico più in-