STYLE.CORRIERE.IT NUMERO 1/2 - GENNAIO/FEBBRAIO 2022
Il mensile del
Don’t look back New fashion is coming
ABITI: ALEX ANDER MCQUEEN
N° 1/2 gennaio/febbraio – Poste Italiane SpA – Sped. in a.p. – D.L. 353/03 conv. in L. 46/04, art. 1, comma 1, DCB Milano – Il 12 gennaio con il Corriere della Sera 2 € (Style Magazine 0,50 € + Corriere della Sera 1,50 €). Non vendibile separatamente.
sommario gennaio/febbraio 2022
Tra le otto torri del quartiere parigino in stile brutalista Les Olympiades, pelle e boots Seventies. Ispirazione Joy Division.
pag 92
15 Contributors 17 Editoriale - Un messaggio per tutt*
32 Mostra. Il guardaroba è un racconto che cambia
19 Artwork - Emozioni
di Hakim Zejjari
di Alessandro Calascibetta
di Michele Ciavarella
34 Cinema. L’eleganza dello spionaggio 36 Photobook. Il fascino di un uomo di talento
di Alessandro Brunelli
di Michele Ciavarella
Qui mondo
38 Podcast. L’attrazione del crimine
di Luca Roscini
40 Musica. Il cantante che si fa film
di Enrico Rossi
20 Svezia. Arte su tela
di Pier Andrea Canei
Lifestyle
23 Trani. La casa degli abiti di Fiorenza Bariatti
24 Belgio. MoMu: lo sguardo della moda socialmente rilevante
REPORT
43 Primavera-estate 2022
a cura di Fiorenza Bariatti e Luca Roscini
di Luca Roscini
UPCOMING DESIGNER
CHECK
27 Libro. Passato e presente. Al maschile
di Michele Ciavarella
58 Creativi. Rappresentanti di un futuro (quasi) possibile di Giuliana Matarrese
28 Libro. C’era una volta Louis
di Paolo Beltramin
30 Mostra. Genere e sessualità in boutique
di Michele Ciavarella
S T Y L E M AG A Z I N E
9
sommario gennaio/febbraio 2022
STYLE SELECTION
ANNIVERSARI
142 Moda. In campo su misura
62 Yves Saint Laurent. Il genio che parlava con le arti
di Fiorenza Bariatti
146 Incontri. Prove di dialogo
di Michele Ciavarella
di Fiorenza Bariatti
148 Vino. Bollicine di montagna
PORTFOLIO Ritratti che richiamano le fotografie di Samuel Fosso. Ora in mostra in Francia.
pag 122
70 Modelle e celebrità. Il fascino pericoloso dell’occhio indiscreto di Michele Ciavarella
MODA
di Antonio Mancinelli
156 Stile, cultura e divertimento
78 American stories
di Antonio Mancinelli
di Luca Roscini - foto di Albert Watson
160 Classico
92 Il cielo sopra Parigi
di Luca Roscini - foto di Laurent Humbert
10
di Veronica Russo
168 Leisure
di Veronica Russo
di Luca Roscini - foto di Letizia Ragno
pag 132
SPECIALE PITTI IMMAGINE UOMO
152 Il metodo che crea una mostra-evento
102 Temi di moda Elementi classici come perimetro dello stile formale maschile.
di Giacomo Fasola
112 Esercizi di stile
di Fabio Immediato - foto di Bartek Szmigulski
122 Tendenze africane
di Angelica Pianarosa - foto di Stefano Sciuto
132 Il conformista
di Giovanni de Ruvo - foto di Marco Gazza
S T Y L E M AG A Z I N E
L’ULTIMA PAGINA
174 di Jordan Bowen e Luca Marchetto
STYLE Il mensile del
MAGAZINE
anno 18 n. 1/2 gennaio/febbraio - 12 gennaio 2022
STYLE.CORRIERE.IT NUMERO 1/2 - GENNAIO/FEBBRAIO 2022
Il mensile del
DIRETTORE RESPONSABILE
STYLE È PUBBLICATO DA RCS MEDIAGROUP S.P.A.
Alessandro Calascibetta ART DIRECTOR
FASHION DIRECTOR
Tiziano Grandi
Luca Roscini
PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO
Urbano Cairo CONSIGLIERI:
CAPOREDATTORE
Don’t look back New fashion is coming
ABITI: ALEX ANDER MCQUEEN
N° 1/2 gennaio/febbraio – Poste Italiane SpA – Sped. in a.p. – D.L. 353/03 conv. in L. 46/04, art. 1, comma 1, DCB Milano – Il 12 gennaio con il Corriere della Sera 2 € (Style Magazine 0,50 € + Corriere della Sera 1,50 €). Non vendibile separatamente. Nei giorni successivi a richiesta con il Corriere della Sera, Style Magazine 2 € + prezzo del quotidiano.
Alexander McQueen FOTO: Albert Watson STYLING: Luca Roscini
ABITI:
Fiorenza Bariatti
Michele Ciavarella
REDAZIONE
Pier Andrea Canei (vice caposervizio) Giacomo Fasola (vice caposervizio e coordinamento web) Cristina Pacei (vice caporedattore ad personam) Valentina Ravizza REDAZIONE GRAFICA
Laura Braggio Giorgio Fadda PHOTO EDITOR
Chiara Righi PRODUZIONI ATTUALITÀ E COORDINAMENTO MODA
Silvia Giudici PRODUZIONI MODA
Alessandra Bernabei FASHION EDITOR
Giovanni de Ruvo, Angelica Pianarosa (collaboratori) BEAUTY
Gioele Panedda (collaboratore) Rosy Settanni WEB
cairorcs me d i a s . p. a .
Sede operativa via Angelo Rizzoli 8 20132 Milano tel. 02-25841 fax 02-25846848 Vendite Estero 02.2584 6354/6951
UFFICIO DI PARIGI
Annalisa Gali PROGETTO GRAFICO
Tiziano Grandi
DISTRIBUZIONE IN ITALIA M-DIS Via Cazzaniga 1, 20132 Milano tel. 02 2582.1
Nicoletta Porta Chiara Pugliese COORDINAMENTO TECNICO: Emanuele Marini CENTRO SERVIZI FOTOGRAFICI E GUARDAROBA: Eleonora Caglio ADVERTISING MANAGER:
Luciano Fontana VICEDIRETTORE VICARIO
Barbara Stefanelli VICEDIRETTORI
Daniele Manca, Venanzio Postiglione, Fiorenza Sarzanini, Giampaolo Tucci
BRAND MANAGER:
HANNO INOLTRE COLLABORATO A QUESTO NUMERO:
Silvano Belloni, Jordan Bowen, Alessandro Brunelli, Marco Gazza, Laurent Humbert, Fabio Immediato, Antonio Mancinelli, Giuliana Matarrese, Bartek Szmigulski, Luca Marchetto, Letizia Ragno, Veronica Russo, Stefano Sciuto, Albert Watson, Hakim Zejjari
QUESTO NUMERO È STATO CHIUSO IN REDAZIONE MARTEDÌ
S T Y L E M AG A Z I N E
– Sede sociale: via Angelo Rizzoli 8 20132 Milano – Redazione: via Angelo Rizzoli 8, 20132 Milano, tel. 02 2584.1, fax 02 25846810 – Stampa: ELCOGRAF S.p.A via Mondadori 15, 37131 Verona – Registrazione Tribunale di Milano n. 31 del 18/01/2005 – © 2014 RCS MediaGroup S.p.A. – Testi e foto © RCS MediaGroup S.p.A. possono essere ceduti a uso editoriale e commerciale. –Syndication – Press Service: www.syndication.rcs.it, press@rcs.it Responsabile del trattamento dei dati personali (D. Lgs. 196/2003): Alessandro Calascibetta.
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DICEMBRE
2021
ABBONAMENTI Per informazioni telefonare allo 02 63798520 (lun-ven, 7,00-18.30; sab-dom, 7,00-15,00). Poste Italiane S.p.A. – Sped. in a.p.–D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art.1, comma 1, DBC Milano. ARRETRATI Rivolgersi al proprio edicolante, oppure ad arretrati@rcs.it o al numero 02 25843604 comunicando via e-mail l’indirizzo e il numero richiesto. Il pagamento della copia, pari al doppio del prezzo di copertina deve essere effettuato su Iban IT 97 B 03069 09537 000015700117 BANCA INTESA - MILANO intestato a RCS MEDIAGROUP SPA.
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CONTRIBUTORS JordanLuca «La linea JordanLuca l’abbiamo creata qui a Londra nel 2018. La nostra forza creativa nasce dall’unione di autenticità e controcultura. Sintesi dei nostri nomi, è un binomio che unisce il gusto dell’italianità e l’intensità londinese con un istinto viscerale nel pensare alla forma e alle sue possibilità d’espressione». A partire da questo numero Jordan Bowen e Luca Marchetto firmano l’ultima pagina. pag 174
Stefano Sciuto Siciliano, a 24 anni diventa atleta professionista di sci freestyle e freeride. Durante la sua carriera sportiva inizia a scattare le prime foto. Si trasferisce poi a Milano dove diventa fotografo professionista alternando le immagini tra moda, natura e viaggi. pag 122
Bartek Szmigulski Polacco di nascita ma inglese di adozione si distingue per una ricerca estetica del corpo nelle sue forme più complesse. Il risultato sono immagini glam e allo stesso tempo intimiste. Collabora con Man about Town, Wonderland, L’officiel. pag 112
Nato e cresciuto a Edimburgo, in Scozia, si trasferisce nei primi anni Settanta negli Stati Uniti. Da allora il suo obbiettivo ha catturato personaggi quali Alfred Hitchcock, Steve Jobs, Michael Jackson, David Bowie. Tra le altre sue opere il Calendario Pirelli 2019, locandine di film come Kill Bill e Memorie di una Geisha e gli still life del corredo funebre di Tutankhamon. pag 78
FOTO: MARK EDWARD HARRIS
Albert Watson
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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#THESHIRTLEGACY
EDITORIALE
di Alessandro Calascibetta
Un messaggio per tutt*
D FOTO: LEONARDO BECHINI
DOPO VIRGIL ABLOH, che con le ultime due collezioni di Louis Vuitton aveva raggiunto la sintesi perfetta tra moda e contemporaneità, Alessandro Michele, che ha trovato un equilibrio costante attraverso l’introduzione di zone semi-formali nell’uomo Gucci, Sarah Burton, che ribadisce di stagione in stagione un rassicurante approccio sartoriale al menswear di Alexander McQueen, Pierpaolo Piccioli, che sta lavorando sull’estetica onirica dell’uomo Valentino per renderlo più commerciale, e Jonathan Anderson, che con Loewe e JW Anderson è alla continua ricerca della reinvenzione dei volumi, tra i fashion designer di grande successo che si sono affermati nel secondo decennio è Kim Jones il primo ad avanzare l’ipotesi di un nuovo concetto di moda maschile. Lo fa con un taglio netto, praticando un recupero di valori che, fino a ieri, sembravano sorpassati: un «passo indietro» per rivalutare un’idea di menswear che avevamo dimenticato. Con la collezione Dior Men Fall 2022 che ha sfilato a Londra lo scorso dicembre, Jones si lascia alle spalle l’immaterialità di una continua ricerca identitaria che andava un po’ di qua e un po’ di là e svela — verrebbe da dire inaspettatamente — senso pratico e precisione, presentando un abbigliamento portabile. Bello e portabile.
Ho usato apposta il termine «abbigliamento» perché di questo si tratta: un’industria la cui funzione primaria è quella di confezionare e vendere indumenti che servono a vestirci. Poi, se c’è anche una buona dose di creatività
a tradurre il vestito (o l’accessorio) in un oggetto affascinante, desiderabile, bello e capace di trasmettere messaggi, si può parlare di moda. Il futuro della moda è però, almeno in parte, già nelle mani di una platea emergente di talenti che accusa la «stampa che conta» di ignorarli. A nostra discolpa c’è da dire che a loro volta guardano i decani della stampa dall’alto in basso, sul genere «ancora qui, questo?». Non è chiaro se questo snobismo sia farina del loro sacco o indotto da pr che si sentono più star degli stilisti stessi, ma questo è un altro discorso. In questo numero parliamo di alcuni giovani fashion designer: da alcune collezioni emerge tanta passione mentre altre sono ancora dominate dall’incertezza. Sarete voi lettori a decidere, perché tra di voi ci sono i potenziali clienti di queste giovanissime realtà. La moda, come l’arte, è il mezzo più immediato che esiste perché un messaggio arrivi a tutt*, e quello del creatore di moda è uno dei mestieri più affascinanti che io conosca; ma per restare in piedi è indispensabile che la merce esca dalle boutique. Perciò, quando i designer lavorano alla collezione dovrebbero fermarsi un momento a ricordare un concetto molto semplice: nel momento in cui ci guardiamo allo specchio scegliamo vestiti e abiti che ci valorizzano. E lasciamo sulla gruccia quelli che peggiorano il nostro aspetto.
(alessandro.calascibetta@rcs.it) (Instagram @alecalascibetta) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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ARTWORK
di Alessandro Brunelli
Antigone, 2020, fotografia digitale (dettaglio) di Flóra Borsi (Ungheria, 1993).
© FLÓRA BORSI
EMOZIONI
Le manipolazioni fotografiche di Flóra Borsi creano immagini surreali su tematiche di identità, relazioni, emozioni e sogni. La sua tecnica evoca emozioni universali come lussuria, desiderio e disperazione in una rappresentazione che priva il soggetto di età e riconoscimento sociale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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QUI MONDO
Svezia
Arte su tela Solo forbici, colla e jeans di seconda mano. Ian Berry, artista inglese già ritenuto tra i più influenti under 30, crea opere d’arte ESCLUSIVAMENTE IN JEANS, che a prima vista possono essere confuse con tele o fotografie color indaco, ma in realtà sono composte da strati di tessuto denim in diverse tonalità. (l.r.)
© IAN BERRY
«RITRAGGO TEMI CONTEMPORANEI CON IL TESSUTO PIÙ IMPORTANTE DI OGGI»
Fino al 1 maggio le sue creazioni sono esposte presso il Textilmuseet della città di Borås in Svezia. Tra le opere anche ritratti di stilisti, attori, scrittori e musicisti. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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QUI MONDO LIFESTYLE
La boutique barese, ristrutturata dallo Studio Dini Cataldi. Il proprietario, Giuseppe Nugnes (sotto), crede fermamente anche nella vendita online.
Trani
LA CASA DEGLI ABITI: UN’ACCOGLIENTE DIMORA DALLO SPIRITO ECLETTICO
FOTO: PAOLA PANSINI
DI FIORENZA BARIATTI
NEL CENTRO DELLA CITTÀ, dove la strada conduce al porto tra palazzi nobiliari e architetture in pietra bianca, una dimora di fine Ottocento custodisce più di 200 brand, dal lusso classico alla ricerca spinta, selezionati da Giuseppe Nugnes, terza generazione nella boutique Nugnes 1920, e dall’art director Carlo Cellamare. Palazzo Pugliese è tante cose: un percorso in mondi diversi (il su misura, l’area dei globetrotter minimal e la moda donna), uno store di mille mq, un salotto per la community creatasi nel tempo, un club per chi dai dintorni, da Bari e Barletta, viene per vedere (e comprare). Ossia per ammirare il grande chandelier anni Sessanta, calpestare il pavimento in cemento battuto dalla texture irregolare che richiama i frantoi, aggirarsi tra le pareti dai pannelli luminosi con tocchi stracontemporanei, stupirsi con gli oggetti esposti su elementi monolitici in rame, ancora un materiale tipico della tradizione domestica regionale. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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QUI MONDO LIFESTYLE
I nuovi spazi di oltre duemila mq del MoMu, museo della moda di Anversa, che ha riaperto lo scorso settembre.
LO SGUARDO SOCIALMENTE RILEVANTE DELLA MODA NELLA CULTURA DELLA TRANSIZIONE DI LUCA ROSCINI
CECI N’EST PAS LA MODE BELGE. Ma c’è anche quella internazionale. È una palingenesi quella del MoMu-Museo della moda di Anversa, lo spazio espositivo più importante del Nord Europa che, chiuso per ristrutturazione, ha riaperto i propri spazi di duemila mq con un auditorium con tribuna estensibile e nuovi allestimenti per una collezione che comprende più di 35 mila pezzi non solamente di designer belgi (tra cui ovviamente i cosiddetti «Sei di Anversa») ma anche internazionali quali Martin Margiela, Raf Simons, Helmut Lang, Yohji Yamamoto, Bernhard Willhelm, A.F. Vandervost, Olivier Theyskens. A completare questa riapertura una serie di eventi che si concluderanno a fine gennaio per diffondere la cultura della moda ad Anversa: «La città deve respirare la moda» dice Nabilla Ait Daoud, assessora alla Cultura, «ma anche utilizzarla come momento di introspezione». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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© MOMU ANTWERP, FOTO: MATTHIAS DE BOECK, LUCID, FREDERIK VERCRUYSSE
Belgio
CHECK LIBRO
ORDINE ENCICLOPEDICO PER TENERE INSIEME CULTURA UFFICIALE E ALTERNATIVA
Passato e presente. Al maschile DUECENTO ANNI DI MODA RACCOLTI IN UN SOLO TOMO. CON TESTI E FOTO CHE RACCONTANO UN’EVOLUZIONE NON ANCORA COMPIUTA.
FOTO: MARCUS TONDO; MICHAEL SEGAL, COURTESY THE CROSS COLOURSARCHIVE
DALLA A ALLA Z e non solo. Nel mezzo
ci sono subculture, deviazioni, descrizioni, influenze e citazioni. Non è soltanto un frutto del caso il fatto che la moda maschile sia sotto i riflettori proprio mentre la cultura generale si sta interrogando sulle derive del patriarcato e sulla mascolinità tossica che ha generato mentre si indagano i temi del genderless e del guardaroba condiviso. Probabilmente anche da questo nasce la necessità di riunire in forma enciclopedica una serie di nozioni, informazioni e storie. Come fa The Men’s Fashion Book il libro (sarebbe più giusto dire «tomo») che Phaidon manda in libreria con 528 pagine in cui trovano posto 500 voci tra designer (126), marchi (96), personaggi, negozi, modelli (13), stylist, fotografi (35) grafici e tanti altri personaggi che hanno avuto un ruolo importante negli ultimi 200 anni della moda maschile. Fedele alla struttura dell’enciclopedia, che vuole le informazioni raccolte secondo un sistema logico e organico, il volume scritto e curato da Jacob Gallagher con i redattori della casa editrice, procede in ordine alfabetico mettendo insieme immagini e testi, allineando i nomi di Giorgio Armani, Calvin Klein, Rei Kawakubo
DI MICHELE CIAVARELLA
ma anche di sarti storici e personaggi «non ufficiali» come Dapper Dan. Oltre a parlare di mod, punk e rock, di sartoria e di industria, di tessuti, innovazione e tecnologia, di David Bowie e della sua capacità di mimetismo stilistico. MOLTO DIDATTICA è la parte della cronologia
che, dettagliatissima, rende immediata la visualizzazione dello sviluppo di un settore che in due secoli è passato dalla sartoria al design e all’industria senza mai perdere, però, una connotazione di codice necessario a tenere in vita il predominio maschile nella società. Lo si vede anche quando il volume analizza lo street style che, come succede con il sartoriale, resta ancorato a una narrazione di valori prettamente maschili. Almeno finché non irrompono sulla scena personaggi come Harry Styles (con voce dedicata) a rendere non ambigua la capacità di rappresentarsi con gli abiti a cui viene sottratta la connotazione di genere. The Men’s Fashion Book (Phaidon), a cura dei redattori della casa editrice coordinati dal critico Jacob Gallagher, 528 pagine (70 euro). In alto, Fox hat di Stephen Jones per Thom Browne; Billy Brown per Cross Colours, 1991. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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CHECK LIBRO
UN COLPO DI SCENA A OGNI CAPITOLO. E SONO
62, TUTTI BREVISSIMI
C’era una volta Louis SI LEGGE COME BALZAC, MA È L’AUTENTICO VUITTON: L’UOMO CHE DIEDE LE INIZIALI AL MARCHIO, E ALLA MULTINAZIONALE, DEL LUSSO. DI PAOLO BELTRAMIN
Pare che nel dialetto dello Jura il cognome equivalesse a «testa dura». Dall’editore parigino Gallimard, nella collana Hors Serie Litterature: Louis Vuitton, l’audacieux, biografia romanzata dall’autrice Caroline Bongrand. In francese.
si legge come un’appendice inedita della Commedia umana (sempre di Balzac). Quale complimento migliore per un libro (e una vita) che vuole racchiudere l’anima della Francia? IMPOSSIBILE SPOILERARE un racconto che
ha un colpo di scena a ogni capitolo (e sono 62, tutti brevissimi). Basti sapere che il poverello diventa garzone di bottega, e il garzone prima imprenditore di genio e infine venerato maestro. Nel percorso incontra tra gli altri l’imperatrice Eugenia de Montijo, moglie di Napoleone III («le Petit»); la spregiudicata Virginia Oldoini, duchessa di Castiglione, cugina di Cavour e dame de coeur rovinafamiglie; ma anche lo scienziato Louis Pasteur (già allora del resto era evidente quanto sono preziosi i vaccini), il petroliere John Davison Rockefeller nonché lo scultore Auguste Bartholdi. Il quale un bel mattino entra nel negozio di rue Scribe e chiede al vecchio Louis, ormai sul punto di lasciare le redini al figlio Georges, un grande baule su misura per spedire a New York la sua ultima opera: una donna in toga che regge una fiaccola nella mano destra. Ricorda qualcosa? Leggere per credere. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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© ARCHIVES LOUIS VUITTON MALLETIER
L’EPOPEA DELLA CASA DI MODA che ha dato vita alla prima multinazionale del lusso globale (LVMH: 5,3 miliardi di utile netto al primo semestre 2021) comincia in Francia nel 1837 quando un ragazzino di 13 anni, terzo dei cinque figli di un contadino, maltrattato dalla matrigna, scappa di casa e si inoltra nella foresta che circonda il paesino di Anchay, in Borgogna. Non tornerà mai indietro. Quando il giovane Louis Vuitton arriva a Parigi, tutti stanno leggendo Il giglio della valle di Honoré de Balzac, il cui protagonista (lo attestano i dagherrotipi) gli somiglia in modo impressionante. Sarà merito della ricchezza di dettagli e dello stile avvincente di Caroline Bongrand, autrice prolifica e capace di tenere svegli come una buona tazza di caffè (il maestro, si sa, ne beveva almeno 50 a giornata); sta di fatto che questa biografia romanzata, dal titolo Louis Vuitton, l’audacieux, edita da Gallimard (l’edizione italiana è in arrivo)
CHECK MOSTRA
BEAUTIFUL PEOPLE: LO STILE BREVE, RICCO, HIPPIE-CHIC E BOHÉMIEN
Genere e sessualità in boutique IL RACCONTO DI UNA CONTROCULTURA CHE HA FATTO DI BIBA E QUORUM UN INCUBATORE DI ISTANZE SOCIO-POLITICHE. DI MICHELE CIAVARELLA
Sopra, Mick Jagger con la stessa giacca da granatiere vittoriano della cover di Ready Steady Go del 1967. Sotto, una delle giacche con la stampa Golden Lily di William Morris in vendita da Granny Takes a Trip.
e il mondo stava girando a nostro favore. Avremmo cambiato tutto, ma soprattutto avremmo cambiato le regole». LA MOSTRA RICOSTRUISCE gli ambienti
e ripropone gli abiti di quel periodo: la carta da parati e i pavimenti a scacchi di Biba accolgono gli abiti psichedelici, la stanza di Granny è piena delle giacche con le stampe di William Morris, troneggia la giacca da granatiere vittoriano indossata da Mick Jagger sulla cover di Ready Steady Go... La rarità, però, è la ricostruzione di Quorum, tempio della moda colta in cui officiavano Ossie Clark, Alice Pollock e Celia Birtwell, trio insuperato. Ma nel 1975 Biba chiude e Vivienne Westwood apre la boutique SEX: e così le spille da balia e il punk mettono fine alla vita breve del Beautiful People «ricco hippy chic bohémien». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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© COLIN JONES/TOPFOTO; © FASHION AND TEXTILE MUSEUM
NEL 1966 ZANDRA RHODES aprì a Londra The Fulham Road Clothes Shop. Poi diventò una designer di moda chiamata «principessa del punk». Infine, diventata Dame, nel 2003 fondò il Fashion and Textile Museum dove, fino al 13 marzo, è in corso Beautiful People: the Boutique in 1960s Counterculture, la mostra che racconta proprio la cultura da cui nasce la storia della fondatrice del museo. A metà degli anni Sessanta del 1900 una manciata di boutique nel quartiere di Chelsea a Londra (tra cui Biba, Mr Fish e Quorum) ha dato vita a una rivoluzione della moda, tra psichedelia e rimandi vintage, con la costruzione di stili individuali e diversificati legati alle istanze socio-politiche dell’epoca e alla riflessione sul genere e sulla liberazione sessuale. Oggi può apparire un mistero come un gruppo di negozi abbia potuto essere l’incubatore di un vasto movimento di strada fino a formare una controcultura molto decisiva per il cambiamento del costume, ma in realtà il meccanismo non è tanto diverso da quello che oggi crea una community sui social network. Una folla eterogenea di giovani, infatti, si raccolse attorno a quelle esigenze condivise che Marianne Faithfull racconta così: «Eravamo giovani, ricchi e belli
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CHECK MOSTRA
DAL RINASCIMENTO A OGGI PER FARE I CONTI CON LA DIVISA DI BEAU BRUMMELL
Il guardaroba è un racconto che cambia STATUE E UNDERWEAR, NO GENDER E SETTECENTO, DANDISMO E RICK OWENS. LE MILLE VARIABILI CHE FORMANO L’UOMO DI OGGI. DI MICHELE CIAVARELLA
tempi. Se non bastassero i libri di storia, lo dimostra la Storia dell’arte che, come una fotografia, è testimone della variabilità dell’accezione del «maschile» attraverso gli abiti. Quadri e sculture ne sono i primi documenti, anche quando la scultura classica lasciava che sull’essenza della mascolinità si esprimesse il corpo nudo dell’eroe. Mettendo insieme 100 capi di abbigliamento e 100 opere d’arte, Fashioning Masculinities: The Art of Menswear, la mostra che occuperà il Victoria and Albert Museum di Londra dal 19 marzo al 6 novembre, è prima di tutto una riflessione sulla mutevolezza della rappresentazione della virilità e poi una radiografia storica del suo potere. Divisa in tre sezioni, Undressed, Overdressed e Redressed, la mostra non fa il verso a quella del Barbican di due anni fa (Masculinities: Liberation through Photography) ma appare il completamento di quell’indagine perché include le testimonianze pre moderne. E infatti, per celebrare la diversità del corpo Undressed mette a confronto un balletto di Mattew Bourne, Spitfire, in cui i ballerini danzano in underwear, con l’Apollo del Belvedere e dell’Hermes Farnese, come la sezione Overdressed analizza le varianti
e le possibilità della mascolinità attraverso i secoli, dal Rinascimento a oggi, affiancando gli abiti di Gucci (partner dell’esposizione), Harris Reed, Grace Wales Bonner e Raf Simons ai quadri antichi di Sofonisba Anguissola e Joshua Reynolds o alle opere contemporanee di Robert Longo. E POI C’È BEAU BRUMMELL con il quale
occorre fare i conti. Ci pensa la sezione Redressed che affianca la figura maschile inventata dal Lord dandy (che sfocerà nella «divisa borghese») sia alle uniformi militari sia a quelle delle culture giovanili (mod e teddy boys) e agli abiti di Prada e Alexander McQueen indicando la via d’uscita e l’evoluzione nelle espressioni di ricerca di Rick Owens, Rei Kawakubo, JW Anderson e nelle opere dell’artista multidisciplinare e designer sudafricano Lesiba Mabitsela. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sopra, Jean-Baptiste Belley, ritratto a inchiostro su carta di Hahnemühle di Omar Victor Diop (2014). Sotto, Ritratto del Principe Alessandro Farnese, olio su tela di Sofonisba Anguissola (1560).
COURTESY MAGNIN-A GALLERY, PARIS. © OMAR VICTOR DIOP; © NATIONAL GALLERY OF IRELAND
LA MASCOLINITÀ è una convenzione dei
CHECK CINEMA
«IL PEZZO FORTE DELLA COLLEZIONE È UNA GIACCA DA AVIATORE»
L’eleganza dello spionaggio UN ABITO SARTORIALE DOPPIOPETTO MADE IN SAVILE ROW PUÒ ESSERE
GENTLEMEN, L’ATTESA È FINITA! Dopo
vari rinvii, The King’s Man - Le origini, il terzo capitolo e prequel di Kingsman - Secret Service (2014), la saga di spionaggio british folle ed elegante, è appena arrivato sul grande schermo e porta con sé una collezione di abiti maschili. Questa volta il regista Matthew Vaughn ci porta agli albori della prima agenzia di intelligence indipendente, durante gli anni della Grande Guerra con due nuovi protagonisti dallo stile impeccabile: il duca di Oxford (Ralph Fiennes) e il giovane Conrad (Harris Dickinson), un padre e un figlio caratterialmente agli antipodi che dovranno sgominare un piano criminale partorito dalle peggiori menti della storia. Un cinefumetto in salsa vintage, un tripudio di stile che farà venire la voglia di rifare il guardaroba. «Quando ero più giovane, ero influenzato da ciò che gli attori indossavano sul grande schermo» dice il regista. «Un bel look rimane impresso nella mente degli spettatori e aiuta a ricordare il film».
Ralph Fiennes (nel ruolo del duca di Oxford) con la giacca da aviatore in pelle con cintura, parte della nuova collezione del brand Kingsman che si compone di 170 capi.
DI HAKIM ZEJJARI
SE AMBITE ALLA CLASSE BRITISH di questi 007 d’antan, il sito di e-commerce di moda maschile Mr Porter ha rinnovato la sua collaborazione con il franchise di Kingsman creando una collezione insieme al regista Matthew Vaughn e a Michele Clapton, già costumista di The Crown e di Game of Thrones. «L’inizio del Novecento è un periodo ricco nella storia dell’abbigliamento maschile, troverete completi eleganti come anche capi ispirati al mondo militare». Uno dei pezzi forti della collezione è una giacca da aviatore in pelle con cintura (2.415 euro) indossata da Ralph Fiennes nel film, un mix perfetto di tradizione e modernità che rappresenta la sfida di questa collezione: adattare la moda del secolo scorso all’oggi con «materiali più morbidi e silhouette più contemporanee». Non poteva poi mancare la collaborazione con alcuni marchi storici del patrimonio britannico: dal calzolaio George Cleverley al camiciaio del principe Carlo, Turnbull & Asser, fino ai cappelli del prestigioso e antico Lock & Co Hatters. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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© 2020 TWENTIETH CENTURY FOX FILM CORPORATION. ALL RIGHTS RESERVED.
UN’ARMATURA PERFETTA: PAROLA DI KING’S MAN.
CHECK PHOTOBOOK
UN’ODE VISIVA DEL SUO LAVORO DAL
2005 A OGGI. TRA CINEMA E MODA
Il fascino di un uomo di talento IL SECONDO VOLUME DI UNA STORIA PER IMMAGINI CHE PARTE DA UN CAMBIO DI VISIONE E DA UNA SFIDA. DI MICHELE CIAVARELLA
«GLI ULTIMI 15 ANNI di lavoro che non avevo
Un ritratto di Tom Ford di Jeff Burton (in alto). Juliet Ingleby e Lucho Jacob in un servizio che lo stesso Ford ha scattato per il primo numero del magazine CR di Carine Roitfeld.
mia vita. Non c’era nulla prima di me, né sfilate, né collezioni» ha dichiarato Tom Ford al Corriere della Sera in un’intervista specificando che «una delle cose che ti puoi permettere con l’età è essere molto onesto». FORD HA COMPIUTO 60 anni, è nato il 27
La copertina di Tom Ford 002 (Rizzoli), curato dallo stesso Tom Ford, 416 pagine, introduzione di Graydon Carter. 100 euro.
agosto 1961, ha da poco perso suo marito, il giornalista Richard Buckley, dopo 35 anni di vita insieme, e ha un figlio di nove anni «la perfezione assoluta della mia vita». In questo libro, un’ode visiva del proprio lavoro, ci sono la sua mania di perfezione e il senso dell’iper glamour catturato dalle foto di Inez & Vinoodh, Nick Knight, Steven Meisel, Mert & Marcus. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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FOTO: JEFF BURTON - TRUNK ARCHIVE; TOM FORD
mai raccontato» dice Tom Ford, l’uomo che ha fatto sognare il mondo della moda per oltre 20 anni, per sintetizzare il contenuto di Tom Ford 002 (Rizzoli), il secondo volume che racconta il periodo dal 2005 in poi quando, lasciata l’anno prima la direzione creativa di Gucci e di Yves Saint Laurent, ha fondato il proprio marchio con Domenico De Sole, ceo dei due marchi dell’allora gruppo PPR oggi Kering. Seguito di Tom Ford 001 uscito nel 2004, questo nuovo volume, dopo la prefazione di Anna Wintour, l’introduzione di Graydon Carter e un’intervista con Bridget Foley, mette in ordine le immagini che lo vedono lavorare alla costruzione di una reputazione altissima del marchio a suo nome mentre differenzia la propria creatività mettendosi in gioco come regista di due film di successo (A Single Man con Colin Firth e Julianne Moore, 2009; Animali notturni con Amy Adams e Jake Gyllenhaal, 2016). Nello stesso tempo dà al suo stile un’altra direzione rispetto a quell’idea di sensualità molto esplicita con la quale aveva caratterizzato i suoi 20 anni da Gucci contrapponendosi sia al minimalismo sia alla volgarità del trash televisivo. «La rottura con Gucci è stata molto traumatica e deprimente: pensavo che sarei rimasto lì per il resto della
CHECK PODCAST
DALLE KARDASHIAN A LADY GAGA, ALLA FINTA EREDITIERA ANNA SOROKIN
L’attrazione del crimine IL PODCAST «MOST FASHIONABLE CRIME» PASSA IN RASSEGNA I REATI LEGATI ALLA MODA: DAL PLAGIO AL FURTO DEGLI ABITI FAMOSI. DI ENRICO ROSSI Il podcast, in dieci episodi, si avvale di diverse fonti per ricomporre i puzzle. Come del resto fa l’Fbi, che si è fidata di un teenager per recuperare le maglie indossate dal campione di football Tom Brady in due edizioni del Super Bowl, poi ritrovate in Messico. I MISTERI LEGATI AGLI ABITI trasportano
Kim Kardashian, derubata durante la Paris Fashion Week 2016, è protagonista di un episodio del podcast creato da Teryn Parker, disponibile in inglese sulle principali piattaforme.
l’ascoltatore direttamente nel mondo dello showbusiness: da Khloé Kardashian, accusata di frode per il design della sua linea di vestiti Good American (il problema è stato risolto con un accordo segreto), alla sorella Kim Kardashian West derubata durante la Paris Fashion Week. E c’è spazio anche per altre figure controverse: dalla finta ereditiera Anna Sorokin, alias Anna Delvey, per arrivare alla «nonna ladra» Doris Payne. Un pregio di Most Fashionable Crime è quello di affiancare in maniera efficace temi e personaggi popolari ad altri più seri: dallo sfruttamento dei lavoratori nel settore della moda al taccheggio su larga scala a opera delle gang sudamericane. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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GETTY IMAGES
C’È CRIMINE E CRIMINE, ma se si parla di moda copiare il design di uno stilista è quasi peggio che commettere un efferato omicidio. Il podcast americano Most Fashionable Crime indaga sia i casi più eclatanti in materia di appropriazione indebita di idee altrui, sia i misteri legati alle sparizioni di rinomati abiti indossati dalle celebrità. Perché anche un bel vestito può essere tenuto in ostaggio per richiederne il riscatto. Insieme a Teryn Parker, l’host/ detective di Most Fashionable Crime, l’ascoltatore sarà coinvolto direttamente nella ricerca di indizi e nel confronto di ogni ipotesi. Un esempio? L’episodio dedicato al vestito di Lady Gaga, griffato Valentino e disegnato da Pierpaolo Piccioli, indossato dalla cantante nel 2019 per la cerimonia dei Golden Globe. L’abito fu lasciato incustodito nella stanza del Beverly Hilton Hotel, il passaggio dalle mani della cameriera alla casa d’aste americana Nate D. Sanders è stato relativamente breve. Nemmeno la denuncia del furto da parte della Maison romana è servito a recuperarlo.
Forte dei successi nella Coppa del Mondo di sci, la gamma HERO di Rossignol è ormai diventata un’icona sulla neve. Dagli sci, all’abbigliamento e agli accessori, grazie ai prodotti HERO rivivi il brivido della gara e l’emozione della vittoria! Nella stagione 2022-23 la storia HERO prosegue con un nuovo design e caratteristiche tecniche ancora più performanti. Dal 1 febbraio, acquista in anteprima gli sci HERO 2022-23 in una selezione dei migliori negozi di sport.
ANOTHER BEST DAY rossignol.com
CHECK MUSICA
IL PROGETTO
«BLACKALACHIA» E IL SUO AUTORE E INTERPRETE
Il cantante che si fa film VOCE DA BRIVIDI, PERFORMER UNICO, ISPIRATORE DI MODE, REGISTA: NESSUNO È «MUSICAL ARTIST» COME MOSES SUMNEY.
ORMAI PRENDE FORMA sempre più l’idea
di un tipo di «musical artist» a tutto tondo; caso emblematico (verrebbe da dire «tipico», ma non ci sono molti come lui in giro) il 29enne ghanese-americano Moses Sumney: non solo cantante, o cantautore, o performer, ma un talento multidisciplinare capace sì di farsi ricordare per le canzoni ma anche di esprimersi in modalità diverse, dal palco come dai canali social, dalle pagine di un magazine. Così come di dialogare con le energie creative dell’ambiente fashion, e — si vede bene anche dal suo account instagram.com/moses — amplificarle, sfoggiando, con gusto, mise di tutti i tipi. Autore del recentissimo progetto Blackalachia video-documentario (finanziato da WePresent, braccio creativo della piattaforma di scambio file WeTransfer) di cui è regista, autore, interprete: qui Sumney, attorniato da una band in un setting rurale, offre un intenso live senza pubblico, stravolgendo pezzi dai due album che l’hanno imposto sulla scena musicale: Aromanticism (2017) e Grae (2020). Tra gli artisti più eccentrici in circolazione,
DI PIER ANDREA CANEI
ha superato la stasi dei vari lockdown abbandonando Los Angeles per trasferirsi tra le colline della Carolina del Nord e abbracciare uno stile naturale e contemplativo. Di cui è espressione anche questo film-performance nel quale mette i suoi notevoli mezzi vocali al servizio di un soul cangiante, liquido come la sua identità di sperimentatore/stregone a cavallo tra i generi, indipendente, indefinibile. IL RICHIAMO DEL SUO TIMBRO caldo
e sensuale già fa capire che Sumney non è uno schivo rifugiato di campagna. In più l’uomo si diverte a giocare con la propria immagine (e ha incassato il titolo di «Himbo» dell’anno, una sorta di Adone pupillo dei magazine di moda). Ma non è solo narcisismo: Moses si sceglie stylist e talenti «avant street fashion» con lo stesso piacere con cui, statuario, posa seminudo in jeans. E il mondo fashion fa la coda per (s)vestirlo. Moses Sumney e, in alto, un momento del suo film-concerto Blackalachia: dura 67’ e si può vedere su YouTube. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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REPORT
A CURA DI FIORENZA BARIATTI E LUCA ROSCINI
STRESS TEST SU CAPI D’ARCHIVIO Rimarcare la propria storia. Un progetto che custodisce un capospalla e che lo fa interpretare dalle persone nelle loro attività di lavoro.
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il mondo alla attualizzato e trasformato ricerca di tester, in un pezzo icona del marchio ossia viaggiare in marchigiano, il 4 Ganci. lungo e in largo con Archive non «fa collezioni l’obiettivo di trovare persone moda», Archive «lavora con impegnate in lavori duri, chi lavora» ed è per questo pesanti, a stretto contatto con la che ha scelto di comunicare natura. Gente che, soprattutto, attraverso le persone. A loro, questi ambienti difficili – ad ai cosiddetti tester, viene esempio tra i geyser in Islanda data una giacca 4 Ganci o sul vulcano – li abbiano scelti da usare, anzi, come dice volendo seguire le proprie Lupi, «da mettere alla frusta». passioni. Questa è una storia Ora è la volta di Giampaolo che Michele Lupi, Men’s Bergamaschi, trivellatore Collections Visionary per Tod’s, di professione, pilota ha iniziato collaborando con di enduro e artigiano delle Davide Monteleone, fotografo moto – tra gli appassionati del National Geographic e neo è conosciuto con il nome esploratore, quando viveva di Bleu – che vive sull’alta a Mosca; è un racconto che collina al Nord a un passo tra nel tempo si è duplicato: da l’incontro di quattro regioni, una parte in Italia e dall’altra sempre all’aperto a montare Per offrire un capo «sicuro e affidabile» all’estero ma sempre in luoghi motori e telai, un «uomo che alla clientela, Fay Archive cerca tester sul campo come Giampaolo Bergamaschi (sopra). impervi; è una raccolta non torna mai indietro» dice di immagini che provano Lupi, «nemmeno davanti la resistenza umana e quella dei capi Fay Archive. agli ostacoli che paiono insormontabili, capaci Dunque, Archive è un progetto di Fay che vuole di scoraggiare i più». Nei suoi viaggi ora indossa sottolineare radici e origini del marchio produttore di il 4 Ganci ma tra un anno probabilmente quella giacca giacche per i pompieri americani, entrato a far parte finirà in esposizione come se fosse un’opera d’arte del gruppo Tod’s a metà anni Ottanta. Passa il tempo in una teca a riprova della robustezza del materiale e grazie ad Alessandro Squarzi, direttore creativo e della fattura e, perché no, dell’estetica senza di Fay Archive, il capospalla che fu dei Firemen viene tempo di questo capo che nasce come workwear. IRARE
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REPORT
RIVOLUZIONE BOMBER ANNI DUEMILA
Revisione stilistica di capi evergreen: Herno si impegna con la trasformazione del giubbino, ora con cappuccio, in nylon stropicciato e colori brillanti.
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ATO COME CAPO dei
piloti del Royal Flying Corps per coprirsi dal vento e dall’umidità in fase di volo, il bomber continua la sua evoluzione stilistica attraverso processi di sviluppo di silhouette, materiali e colori. Poi ritornato come elemento necessario dell’immagine giovane degli anni Ottanta, rigorosamente nero o blu notte con interno a contrasto arancione. L’ultimo aggiornamento, primavera-estate 2022, arriva da Herno e si chiama Gloss, bomber con cappuccio personalizzato dal logo del brand – la H di Herno – realizzato in nylon stropicciato con effetto opaco. Le cromie, punto di forza di questo prodotto del marchio di outerwear made in Italy, si alternano dall’arancione al verde militare, dal viola al cobalto. L’azienda nata nel 1948, forte di addendi creativi importanti come la ricerca sui materiali e l’entusiasmo della trasformazione pratica di idee, continua a cimentarsi nella riqualificazione di capi della tradizione estetica maschile.
Tre delle cromie applicate al bomber di Herno denominato Gloss.
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REPORT
DESIGN PRAGMATICO Qualunque cosa dalla A alla Z.
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NA CAMPAGNA pubblicitaria di 30 anni fa sullo spirito inclusivo del brand A|X Armani Exchange è stata il motivo ispiratore del progetto Everything from A to X: capi facili da indossare, mescolare e interpretare. Ossia una collezione composta da T-shirt e felpe in cotone organico, giacche a vento, parka, pantaloni chinos, shorts e blazer in maglia; tutti pezzi essenziali che rispondono a un’unica «filosofia di prodotto»: design pragmatico e materiali sostenibili. A questi si aggiungono calzature e accessori (tra cui le sneakers white box e uno zaino in nylon): «Un sistema di elementi» spiegano, «che ognuno può interpretare liberamente, senza bisogno di altro».
Capi essenziali dalla collezione di A|X Armani Exchange.
FUNZIONALITÀ NASCOSTE Caratteristiche multiple applicate a tutte le tipologie di capospalla, in versione tech. Avanguardia e hi-tech per i capispalla della prossima primavera di Geox Respira.
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che va a definire tutte le funzionalità dei capispalla Geox Respira in vista della prossima primavera-estate. Any weather condition, AWC appunto, vuole indicare la versatilità di questi capi: la tecnologia è propria infatti di una fodera interna molto leggera che permette termoregolazione e comfort mentre la membrana a cui è accoppiata assicura la funzione antipioggia del capo stesso. Soluzioni tecnologiche all’avanguardia di una collezione che spazia dal parka al soprabito in twill. Le tradizionali caratteristiche di traspirazione del marchio sono assicurate dal cosiddetto «breathing tape», cioè la fascia di aerazione collocata dietro il colletto. Del tutto invisibile. WC È LA NUOVA SIGLA
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REPORT
COMBINAZIONI PER TIPI DA SPIAGGIA
Un brand eclettico composto da varie collezioni: si va dalle camicie da bowling alle field jacket, dai jeans alle stampe tropicali.
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a specchio, stampe tropicali tante e loghi, nastri dai colori neon sfaccettature. e finiture effetto laminato) La storia di Guess è in un moderno tema rètro inizia 40 anni che abbina tocchi college fa quando i fratelli Marciano a dettagli tecnici. lasciano la Francia per Los Angeles e la scelta ripaga TUTT’ALTRI TESSUTI (lana da subito: il jeans rappresenta leggera, lino tecnico, cotone, il capo del momento e loro lo propongono in una veste misti, seta, pelle, cotone diversa, in tagli differenti dal supima, suède, gabardine solito e con lavaggi innovativi, stretch), stampe (foliage, ossia «in chiave fashion». deserto e righe) e colori Le campagne pubblicitarie (navy, bianco sale, pistacchio, presentano giovani donne, giallo crema, blu mare come Claudia Schiffer, Carré di Turchia, muschio, lilla, Otis, Eva Herzigova e Laetitia blu seta, miele di montagna, Casta, che definiscono legni di nocciolo, blu chiaro appieno lo spirito e crème brûlée) per provocatorio del marchio. la collezione Marciano, di cui Guess Activewear propone capi E così è rimasto, come prova fa parte Gentleman essential. ad alte prestazioni completati da dettagli rètro. anche la linea Activewear Quest’ultima è una capsule primavera-estate 2022 di capi basici per tutti per l’uomo: tessuti mossi, twill di cotone, scuba, i giorni mentre Le jardin du desert si compone nylon stretch stampati con il logo o variazioni del di pezzi eleganti e leggeri con silhouette definite: camouflage nei colori grigio terra, indaco, bianco, camicie e chinos corti sono completati da field mauve scuro, ocean blue, rosso e sfumature erica jacket e maglioni. Camicie da bowling, pantaloni chiare. Dedicato a un viaggio ispirato alla California in gabardine, T-shirt in misto seta, camicie safari negli anni Settanta (beach volley con un tocco e completi in seersucker creano, infine, il look di basket, arricchito da accenti moderni, dettagli chiamato The good italian.
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N BRAND e
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FALL/WINTER 2022-23 COLLECTION Pitti Uomo 11 - 13 / 01 / 2022 Fortezza da Basso, Firenze Padiglione Centrale - Piano Inferiore Stand R/18 Belvest Showroom Corso Giacomo Matteotti 3 – Milano Tel. +39 02 77331795
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REPORT
COLLEZIONISMO IN PISTA Installazioni esposte in una pista da moto trasformate in un corto d’autore.
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PERIMENTAZIONE e funzione sono da sempre i veicoli comunicati da Stone Island. Ora tradotti in video e in opere (presentate allo scorso Art Basel a Miami) che uniscono arte e motocross, binomio apparentemente stridente denominato Annex, realizzato da Thibaut Grevet. «Mettendo l’arte sulla pista di motocross, esponiamo i pezzi in un ambiente che non è tradizionalmente un luogo per l’arte alta. In tal modo mettiamo in evidenza l’influenza di ciascuna opera con un passaggio dall’estetica al pensiero» dice la curatrice Katja Horvat.
Annex è una serie di installazioni, realizzate da diversi artisti per Stone Island, poste lungo una pista di motocross a Miami in occasione di Art Basel.
Top of the pops
L’onda perfetta
Dal palco alle stampe su T-shirt bianche: Jim Morrison, Michael Jackson e Freddie Mercury sono trasformati da icone pop a elementi di comunicazione estetica grazie a Marco Lodola, artista italiano la cui produzione è orgogliosamente pop e da sempre legata alla tradizione musicale più conosciuta. Per Antony Morato ha creato tre stampe iconiche legate ai tre performer musicali su T-shirt in vendita dal prossimo marzo.
Recco, Varazze, Santa Marinella e Forte dei Marmi, Portonovo e anche, a sorpresa, Ostia Lido. Non è necessario sognare la California o le coste dell’Australia per cercare l’onda perfetta: s’ispira ai surfisti italiani la collezione Goldenwave di Sundek. I richiami agli oceani sono dati dai lavaggi tie&dye e dalla tecnica del bleaching, cioè lo sbiancamento irregolare dei colori, non solo sui costumi ma anche sull’abbigliamento.
Freddie Mercury in una rielaborazione grafica dell’artista Marco Lodola per Antony Morato.
I costumi Sundek sono caratterizzati dal lavaggio tie&dye.
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REPORT
IL VALORE TECH DELLA QUOTIDIANITÀ Evoluzione stilistica che trasforma codici urbani in nuova eleganza: il casual di lusso diventa anello di congiunzione tra il nuovo formale e l’essenza leisure.
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OLUMI transgenerazionali.
Sono quelli che diventano oggetto della riflessione stilistica di Loro Piana applicata alla primaveraestate in arrivo. Cosa significa? Ritrovare, attraverso una ricerca che sa codificare gli archivi ma anche intraprendere nuove strade, silhouette di capispalla, abiti e maglieria che siano fuori dalle tendenze più imperative e quindi transgenerazionali. Il risultato sono trench con cintura in microcheck, bomber con cappuccio e parka in cotone con dettagli in pelle, maglieria a coste dalla texture grafica e sneakers con la tomaia in pelle di camoscio o lana con suola bianca a contrasto. I riflettori si orientano su due capispalla che delineano l’idea della collezione: il trench, denominato Clayton, realizzato in cotone e lana, e il giubbino con cappuccio in nabuk color petrolio; entrambi diventano elementi simbolo di una naturale evoluzione dell’eleganza più normcore. L’informale diventa regola.
Clayton: così si chiama il trench focus della collezione Uomo di Loro Piana realizzato in cotone e lana. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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GRAZIE AL GIOCO DEL POLO Le origini in India e nel mondo dei Maharaja.
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ONO AFFASCINATO dalla qualità di gioco dei club indiani di polo, tanto che ho da sempre un sogno: organizzare una cerimonia, una festa, proprio in quella terra con tutti i discendenti delle famiglie dei grandi giocatori per ringraziarli e dare loro un riconoscimento da parte di La Martina. Noi siamo quello che siamo oggi solo grazie alla loro eredità» racconta Lando Simonetti, fondatore di La Martina. Ma la festa è come se fosse già iniziata grazie alla partnership sulla distribuzione di prodotti del marchio con Reliance Limited Industries (compagnia produttrice di prodotti petroliferi, petrolchimici, fibre e articoli per la tessitura): in programma nei prossimi tre anni vari corner e cinque monomarca tutti in India.
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La main collection di La Martina presenta due «facce»: una tradizionale e una «giovane» in cui la vestibilità è over, i materiali più sostenuti e il fit più confortevole.
CORSA NELLA NATURA Outdoor a tutti i livelli.
C Skpr Wr di Rossignol: impermeabili grazie alla nuova membrana Wr-Tex; disponibili in due versioni di colore (su base nera).
ORRERE SU UN SENTIERO con salite e discese non è proprio cosa facile: c’è bisogno di potenza e di preparazione atletica oltre che, ovviamente, di un abbigliamento adatto, in primis delle scarpe. Chi conosce la montagna, d’altra parte, lo sa bene. E Rossignol è, in questo momento, il caso più lampante: esperto degli sport da praticare in quota ha deciso di estendere le sue collezioni e diversificare l’offerta ampliandola al mondo outdoor, con prodotti multi-attività che uniscono versatilità, stile e tecnicità. Senza quindi arrivare all’estrema disciplina del trail running, Rossignol propone le calzature da outdoor Skpr per la corsa, l’escursionismo, le attività sportive in montagna e, perché no, per la città. Tutti i modelli sono dotati della tecnologia Sensor3, una speciale soletta con tre punti di pressione sul piede che alleviano lo stress e migliorano le performance stimolando la circolazione del sangue. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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RESEARCH ATTITUDE myths.it
#P\WKVBRIÀFLDO
REPORT
IL MATERIALE AMA LE TINTURE Un brand risultato di una costante sperimentazione e ricerca del nuovo.
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ICERCA E CREATIVITÀ: con questa «formula» Renato Pigatti e Graziano Moro, designer e comproprietari di Outhere, portano materiali alternativi, come i polimeri di ultima generazione e i nuovi filati che derivano dalla cellulosa, nella realizzazione dei capi, «oltre a raccontare, attraverso contaminazioni outdoor, le attuali tendenze urbane». Il che significa, nella linea Advanced+, ad esempio, l’inserimento della tecnica glass effect grazie alla quale il capo viene sottoposto a una particolare tintura dall’effetto resinato. Novità per la primavera-estate anche il perfezionamento della tecnologia «H2O reactive» del cotton nylon popeline, ancora più resistente a pioggia e vento, e l’innovativa tintura a ultrasuoni che dà un aspetto irregolare alla colorazione.
Elementi riflettenti Unire gli opposti. E quindi scardinare i confini
La proposta di Outhere si sviluppa su tre linee: Master Collection, Under Construction e Advanced+.
Tomaie serigrafate
unilaterali dei codici stilistici: Hogan vuole farlo nel modello stringato creato per la prossima primavera. All’apparenza una classica calzatura dall’immagine tanto british quanto tradizionale ma resa anticonvenzionale dalla suola in gomma ultraleggera e soprattutto dalla pelle nera lucida. Variabili della sua immagine sono i colori delle suole che possono essere rosso mattone o blu cobalto.
Cultura punk
e streetwear giapponese sono gli addendi della collaborazione tra Dr. Martens e Neighborhood, rispettivamente marchio culto della Londra (ex) ribelle e progetto hipster nato tra le strade di Harajuku a Tokyo dalla creatività di Shinsuke Takizawa. Realizzate completamente in UK in versione Chelsea boots o stringate, i due modelli della collaborazione hanno sulla tomaia serigrafie bianche a contrasto come schizzi di pittura «alla Pollock».
La pelle nera lucida è il tratto distintivo di queste stringate firmate Hogan.
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Tutta la collezione Dr. Martens X Neighborhood è realizzata a mano nella fabbrica di Wollaston di Dr. Martens.
REPORT
STILE TUTTO ITALIANO Una scelta formale e una più giovanile: insieme per il colore.
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OLORE, SOLARITÀ, una
nonchalance decisamente italiana». Secondo Harmont & Blaine sono questi tre i valori che condivide con Andrea Pompilio e che hanno dato vita a una capsule dove il vero protagonista è il colore (ricco ma desaturato, esaltato dalla scelta della monocromia e dal lavoro di tintura in capo) cui si aggiungono le linee morbide. Le camicie, così rappresentative per Harmont & Blaine, assumono volumi ampi, patchwork all-over, oppure sono sezionate e ricomposte; i trench hanno interni a contrasto, i piccoli blouson colli in velluto; sahariane, anorak, blazer boxy si mescolano a pantaloni affusolati, shorts, scarpe da boxe, berretti da baseball.
Per la collezione Andrea Pompilio per Harmont & Blaine è stata scelta una sola nuance, dagli abiti agli accessori.
I VESTITI NUOVI DELL’ILLUSTRATORE Prendi un parka e disegnalo su personaggio un po’ manga e un po’ hip hop.
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i suoi personaggi unendo l’hip hop degli anni Novanta ai manga e alla moda popolare: è l’artista canadese Moya Garrison-Msingwana, in arte Gang Box, assurto agli onori della moda grazie alla capsule che ha realizzato con Ten c, brand di abbigliamento e outerwear fondato da Paul Harvey e Alessandro Pungetti (il nome viene dall’acronimo del titolo di una fiaba di Christian Andersen, The Emperor’s New Clothes). Il soggetto dei disegni è l’Artic Down Parka, capo iconico del marchio italiano, indossato da un personaggio di Gang Box, e stampato su tre diverse T-shirt e su una felpa, disponibili solo in due colori, bianco o nero, ma con un tocco, quasi un baffo, del classico arancione Ten c. IPINGE E DISEGNA
La Gang Box Ten c capsule: nero, bianco e un baffo arancione. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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REPORT
MASSIMO PIOMBO SI LEGGE E SI VESTE Dal direttore creativo di OVS: riflessioni, consigli di viaggio, moda per tutti.
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o scegliere un abito, presuppone sempre una riflessione». «Nulla cerchiamo in un libro o in una giacca se non compagni di viaggio del continuo cambiamento». O anche: «Così come leggere è vestire la propria mente, vestirsi è divenire testo per gli altri». Non c’è che dire: Massimo Piombo, lo stilista e direttore creativo di OVS, snocciola massime e trasmette genuino amore per la parola scritta. «Il nome è pesante, il cuore leggero, la testa fantasiosa, gli occhi festosi, l’anima volatile»: così lo fotografa Vittorio Sgarbi nella postfazione a Vestire viaggiare vivere, volume (La nave di Teseo) che raccoglie i testi scritti da Piombo per il quotidiano La verità. Nativo di Varazze, di base a Milano, Piombo è anche viaggiatore appassionato: in coda al libro condivide il suo ricco indirizzario di hotel, osterie, bar da Londra a Los Angeles per vivere alla grande. Così come, attraverso le sue collezioni per OVS, all’insegna di un’eleganza accessibile, realizza la sua massima ambizione di stilista: «Vestire tutti». (p.a.c.)
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CEGLIERE UN LIBRO,
Punk flamboyant L’ispirazione viene dalla scena musicale inglese dei
primi anni del Duemila, quando la musica elettronica ha incontrato l’indie rock; a essere «contagiato» da questo movimento musicale ad alto tasso di energia è Charles Jeffrey LOVERBOY, designer e artista londinese. Il quale, collaborando con Fred Perry, ha utilizzato il filo metallico per ottenere un effetto glitter sui capi. Una sorta di punk flamboyant: dettagli smerigliati su mix di colori per la T-shirt; diverse trame e spessori per la maglietta da rugby lavorata a maglia; bomber dalla fodera imbottita e trapuntata con stampa digitale all-over; shorts oversize con coulisse argentata scintillante…
Ogni capo della capsule collection Fred Perry è firmato da un patch Charles Jeffrey LOVERBOY.
Un look dalla collezione Piombo in OVS per la primavera-estate.
Onde urbane: fluo e tanto street Le suole sono
a forma di onda e sono iniettate con schiuma per ammortizzare attriti al suolo e per aumentarne la performance di velocità. Sono le LV Runner Tatic, ultime creazioni che fanno parte della «famiglia» delle ricercate sneakers Louis Vuitton. La Maison francese si è ispirata al mondo del running e alle morbide silhouette delle scarpe da ginnastica degli anni Novanta. Colori forti, anche fluorescenti, richiamano lo spirito anticonformista e street delle prime formazioni hip hop.
Le sneakers LV Runner Tatic di Louis Vuitton saranno in vendita in Italia dal 20 gennaio. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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REPORT
A FIANCO DELL’ACADEMY DI VALE ROSSI Dalla moto al blouson.
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A STORIA INIZIA più o meno 20 anni fa quando Fila «entra» nel mondo della MotoGP ma oggi segna una svolta grazie alla collaborazione con VR46 Academy, la scuola di rider fondata da Valentino Rossi. Obiettivo: la produzione di una capsule collection di abbigliamento ispirato al mondo del racing. «La collezione» spiegano «è una fusione di sport e stile di vita e prende spunto dal mondo delle due ruote, reinventando allo stesso tempo le radici del brand italiano di sportswear (nato nel 1911 a Biella, ndr) ancora profondamente ancorate nel mondo dello sport. I modelli e la storia di questi capi rappresentano i motociclisti dell’accademia, la loro vita e le sfide che affrontano, come suggerito dai tessuti stampati, dagli stili e dai colori mentre raccontano le storie di amicizia, forza di volontà, passione, perseveranza e determinazione alla base del loro talento».
Questa collezione Fila sarà in vendita da marzo presso lo store ufficiale VR46 e alcuni rivenditori selezionati.
MOCASSINI SENZA TEMPO Forma, pellame e lavorazione sono le parole chiave per le calzature estive.
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in ottone antico; le lavorazioni destrutturate; le tomaie intrecciate a mano; le suole in gomma naturale super flex aromatizzata alla vaniglia; tacchi quasi flat… E poi i pellami (vitelli sfoderati, intrecci e suède) trattati con conce morbide; e una palette di colori in linea con la stagione, dal sabbia al cocco fino al verde oliva, passando ovviamente per tutti i toni del blu. I mocassini di Barrett riprendono lo stile dei modelli classici ma sono nuovamente rivisitati nei materiali, negli accessori e nelle suole allo scopo di renderli più versatili e adattabili a look (abbinamenti casual con chinos di lino o anche bermuda) e situazioni (quando sono richiesti outfit formali). D’altronde non c’è da stupirsi dal momento che stiamo parlando di una calzatura che pare avere origini ben lontane, addirittura gli indiani del Nord America. ETTAGLI: LE FASCETTE
I mocassini Barrett sono tra i pezzi essenziali del guardaroba maschile, purché «attualizzati».
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Firenze. Collezione Autunno-Inverno.
UPCOMING DESIGNER
Diversi per provenienza e formazione, dialogano con Kylie Jenner come anche con Cindy Crawford, non vanno allo scontro generazionale ma spingono per sostituire gli attuali protagonisti del sistema. Dai quali, però, ricevono incoraggiamenti e promozioni.
LO SLANCIO CREATIVO DEI RAPPRESENTANTI DI UN FUTURO (QUASI) POSSIBILE DI GIULIANA MATARRESE
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OPO LA LEVA calcistica del 1968 di degregoriana memoria, forse da oggi si potrà parlare di leva stilistica del 2021. In un Paese conosciuto per la difficoltà con la quale si passa il pallone alle nuove generazioni, c’è un nutrito gruppo di creativi che, diversi per provenienza, valori e lemmi estetici, si è ritagliato uno spazio nel cono di interesse degli addetti ai lavori, così come di un pubblico internazionale di acquirenti. Ad aver conquistato Cindy Crawford e Joan Smalls, e celebrities che influenzano il gusto della Generazione Z come Kylie Jenner, è stato Andrea Adamo con l’omonimo marchio nato nel 2020. Non un nome d’ar-
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te, la sua onomastica sembra obbligarlo alla rilevanza: il crotonese — che ha già militato negli atelier di Dolce&Gabbana, Zuhair Murad e Roberto Cavalli — riprende lo studio sul corpo condotto negli anni Ottanta e Novanta da maestri come Helmut Lang e Thierry Mugler, regalandogli nuovi significati, figli di un’era che celebra la body positivity e la diversità (anche epidermica). I top in maglia a costine, le camicie in popeline di cotone, le gonne asimmetriche si sviluppano in un arcobaleno cromatico che rende il «nudo» un concetto democratico: dall’avorio al nero passando per diverse nuance di beige, nessuna pelle è trascurata. Una strada, quella della svestizione tramite oblò e cut-out, intrapresa anche da Antonio Taranti-
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ni, fondatore di Atxv, e da Alessandro Vigilante, che però riscopre la potenza seduttiva di un materiale come il vinile, tramutato in cappotti a tinte forti e longuette dagli spacchi profondi. A cedere alle sirene evocative degli anni Novanta, è invece Des Phemmes: alle T-shirt e ai maglioni over in tie-dye, che sarebbero piaciuti a Kurt Cobain (e che oggi invece sfoggia Dua Lipa), si aggiunge un’attitudine al decorativismo che il fondatore, il siciliano Salvo Rizza, ha mutuato da Giambattista Valli, nel cui ufficio stile ha militato per diverse stagioni. E se la sinfonia estetica di Des Phemmes suona un grunge ingentilito, quella di Çanaku guarda al rock dei Rolling Stones: icona di riferimento della collezione immaginata da Jurgen Çanaku, origini albanesi
Marco Rambaldi
Jordan Bowen e Luca Marchetto
Jurgen Çanaku
Antonio Tarantini
Jezabelle Cormio
Christian Boaro
Galib Gassanoff e Luca Lin
Alfredo Cortese
Federico Cina
Andrea Adamo
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Sono tutti 30enni, poco di più o poco di meno, e accomunati da esperienze negli uffici stile dei designer delle generazioni precedenti. Tra loro, sono in molti a fare la scelta coraggiosa dell’indipendenza alla ricerca di un’affermazione professionale in modi alternativi ai loro predecessori.
Salvo Rizza
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UPCOMING DESIGNER
Da Alessandro Michele di Gucci a Pierpaolo Piccioli di Valentino fino ad Alessandro Dell’Acqua di N°21: un’inclinazione al mecenatismo che ha contagiato i maggiori creativi italiani
ma trapiantato in Italia, è infatti Mick Jagger. I doppiopetto in velluto senape, le camicie in seta stampata e quelle in pelle arricchite da cravatte lavallière ripercorrono la sensualità sfacciata ed edonista del leader dei Rolling Stones, adattando i volumi ai tempi moderni. E invece in casa nostra guarda Federico Cina, finalista all’ultimo LVMH Prize — la competizione più importante nella moda, creata per premiare le nuove promesse — con una collezione uomo e donna che racconta quanto di più italiano ci sia: il concetto di provincia. Il 27enne di Sarsina — comune che ha regalato i natali anche a Plauto — racconta le estati in colonia con la collezione Infanzia a mare per la prossima bella stagione: i marinière e la maglieria retata si abbinano a pantaloni dai volumi morbidi, con pinces, in nuance color pastello. «Racconto una parte del Paese che la moda di solito non vede» spiega Cina. «La Romagna, poi, è sempre illustrata nella sua accezione godereccia, festaiola, mentre io, con nonni contadini, ne volevo esplorare il fascino bucolico, legato alla terra». DALLA NOSTALGIA ammantata di una nebbia fitta, di quella che ricopre i campi dell’Emilia-Romagna — un vero amarcord felliniano — si risale fino al Sud Tirolo, il cui folklore ispira Cormio. La collezione trasforma i classici cardigan all’uncinetto in vestiti con scollo a barca e crop top, gonne a portafoglio e sciarpe: un heritage che ha ispirato la fondatrice Jezabelle Cormio, italo-americana con studi nell’Accademia delle Belle Arti di Anversa, e che trova nella maglieria una tela sulla quale sperimentare. «Non avendo un background
tecnico» spiega Cormio «piego le classiche regole del knitwear a mio favore, intessendo capi che, di solito, non si costruiscono su quella consistenza, come top che classicamente sarebbero stati in Lycra e crêpe». Un approccio che è piaciuto al direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, che ha inserito Jezabelle Cormio all’interno di Vault, shopping area virtuale dove la Maison promuove le creazioni di diverse realtà emergenti affini alla sua estetica. E all’interno di Vault rivive anche l’universo di JordanLuca, duo italo-inglese formato da Jordan Browen e Luca Marchetto. «Ci siamo conosciuti a una festa» spiega Marchetto. «Jordan ha lavorato nella modisteria con Stephen Jones, io ho passato diversi anni negli uffici stile di Vivienne Westwood ed Erdem, e abbiamo deciso di unire le forze. L’attitudine punk londinese di Jordan si sposa con il mio gusto per la sartorialità: i kilt scozzesi si indossano con maglieria ricavata da filati in cashmere e cotone riciclati, mentre i blazer sono studiati per essere strutturati, ma leggeri». Una ribellione ai classici canoni che definiscono l’eleganza, che passa anche per la comunicazione del prodotto: l’ultima collezione è infatti stata presentata con una serie di fotografie disponibili su OnlyFans, piattaforma di intrattenimento nella quale i creator possono mettere a disposizione, dietro pagamento, foto e video di nudi. E se JordanLuca ha visto in Alessandro Michele un sostenitore, nel caso di Alfredo Cortese, mente di AC9, il mecenate è stato Alessandro Dell’Acqua, che ha visto il talento nel 34enne di Catania, e ne ha presentato le creazioni alla stampa di settore. Maglieria color nude, cotone spalmato e gonne con macro ruches, il
romanticismo è disincantato e non disdegna un flirt con delle vibrazioni rock, costruite su biker jacket cariche di zip e boots con maxi platform. UN’ATTITUDINE al mecenatismo che ha contagiato i maggiori creativi italiani: Valentino ha infatti annunciato che, durante la Fashion Week di febbraio «presterà» il suo Instagram a Marco Rambaldi, bolognese a suo agio con il lessico della Gen Z, di cui trasmetterà la sfilata. «Lo (scorso) show di Marco Rambaldi è stato una celebrazione forte dell’umano e una visione di bellezza caleidoscopica» ha spiegato il direttore creativo Pierpaolo Piccioli. «Abbiamo deciso di iniziare un nuovo progetto partendo dalla sua collezione, e sono sicuro che sarà solo l’inizio di qualcosa che darà nuove energie e ispirazioni a tutti noi». Leggings stampa tattoo, top patchwork ripescati dalle soffitte, giacche animalier, la sua tendenza al massimalismo è sposata, con un vocabolario stilistico diverso, anche da Christian Boaro, con il brand CHB: i completi sartoriali in lana giapponese — già indossati dai Maneskin e da Naomi Campbell, le cui proporzioni perfette rivengono dagli anni nell’ufficio stile di Gianfranco Ferré — trovano il perfetto contraltare in crop top da uomo in pizzo chantilly, cappotti in duchesse con filo metallico, abiti costruiti con il nylon usato per i piumini e trench in canapa, adattando ai canoni classici dell’eleganza la lente della contemporaneità. E rivoluzionando, infine, il presente, così come stanno facendo i suoi «compagni di squadra», pronti, all’esordio della Fashion Week di gennaio, ad andare in rete, dimostrando che quella del 2021 è stata davvero una buona annata. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Un’immagine della campagna pubblicitaria per la collezione Andrea Adamo autunno-inverno 2022.
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ANNIVERSARI
Con un format inedito, una mostra celebra Yves Saint Laurent a 60 anni dalla prima sfilata nella sua Maison portando in sei musei di Parigi, dal Louvre al Centre Pompidou, gli abiti simbolo del suo metodo creativo. Che prevede una corrispondenza fra moda, pittura e letteratura. E un dialogo costante con Marcel Proust. DI MICHELE CIAVARELLA
È
IL 29 GENNAIO 1962. Parigi è in fermento. Yves Saint Laurent, il «piccolo principe dagli occhi pervinca» che soltanto quattro anni prima, il 18 gennaio 1958, aveva salvato la moda francese sostituendo il suo maestro Christian Dior dopo la morte improvvisa e firmando, a soli 22 anni, una collezione memorabile, presenta la prima collezione con il suo nome. L’evento, che cambierà per sempre il corso della moda, si svolge nelle sale dell’hôtel particulier di rue Spontini dove, insieme a Pierre Bergé, il 26enne bello quanto introverso ha aperto la Maison Yves Saint Laurent. In quei quattro anni trascorsi da quando, affacciato sul balcone dell’Atelier Dior in avenue Montaigne dopo la sfilata, fu osannato come il salvatore della moda francese, era successo di tutto, però. Il trionfo senza precedenti della sfilata del 18 gennaio 1958, con la collezione Trapèze e la nascita del Now Look che supera il New
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Look del fondatore, viene offuscato due anni dopo dalla chiamata nell’esercito francese impegnato nella guerra d’indipendenza dell’Algeria. È lì, vicino alla sua città natale di Orano da dove era fuggito anni prima per studiare a Parigi, che si materializza la condanna al dolore della sua vita: la violenza sessuale subita dai commilitoni che gli provoca, oltre al danno fisico, una depressione violenta che non lo lascerà più. Segue il rimpatrio e il ricovero in ospedale, dove riceve la lettera di licenziamento da Dior, ma dove si annuncia anche la sua rinascita: Pierre Bergé, giovane intellettuale amico di Jean Cocteau e della mecenate viscontessa MarieLaure de Noailles, incontrato ai funerali di Christian Dior e diventato dal giorno dopo l’amore inseparabile che durerà tutta la vita, gli promette che fonderà una Maison tutta per lui. Ci riuscirà cercando e ottenendo finanziamenti e nel giro di un anno nascerà il «tempio» in cui Yves Mathieu Saint Laurent sarà il creatore assoluto delle invenzioni più
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© YVES SAINT LAURENT © NICOLAS MATHÉUS; © SUCCESSION PICASSO - GESTION DROITS D’AUTEUR © RMN-GRAND PALAIS (MUSÉE NATIONAL PICASSO-PARIS) / ADRIEN DIDIERJEAN
GLI ABITI NATI DAL GENIO CHE PARLAVA CON LE ARTI
Pablo Picasso, Ritratto di Nusch Eluard, 1937. Nella pagina accanto, Yves Saint Laurent, Giacca omaggio a Pablo Picasso, autunnoinverno 1979.
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straordinariamente innovatrici della moda del secondo Novecento. Inventerà il nude look, la sahariana, lo smoking da donna, i jeans firmati... E quando deciderà di dare vita a una sua linea maschile lo farà declinando sull’uomo il guardaroba che già preparava per Marlene Dietrich, trasformando l’androginia della diva nella prima idea di no gender che la semplificazione dell’epoca ha malamente confuso con l’unisex degli anni Settanta. Ma soprattutto inventerà il prêt-à-porter firmato separando per sempre le strade della Haute Couture, esercizio-invenzione-unicità, da quelle dell’industria, riproducibilità-diffusionedemocratizzazione. Non è esagerato, allora, che a 60 anni esatti
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da quell’esordio la cultura francese dedichi a Yves Saint Laurent non una mostra ma una celebrazione che raccoglie l’essenza del suo genio, e cioè la sua capacità di creare la moda mettendosi in relazione con le arti: pittura, scultura, letteratura, musica. Yves Saint Laurent aux Musées è un’esposizione diffusa che dal 29 gennaio al 5 maggio a Parigi occuperà le sale di Centre Pompidou, Musée d’Art Moderne de Paris, Musée du Louvre, Musée d’Orsay, Musée National Picasso-Paris, Musée Yves Saint Laurent Paris con il patrocinio della fondazione Pierre Bergé — Yves Saint Laurent. Mai successo prima per nessun altro creatore di moda. È un altro record di questo genio universalmente
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© YVES SAINT LAURENT © NICOLAS MATHÉUS; © ADAGP, PARIS © CENTRE POMPIDOU, MNAM-CCI, DIST. RMN-GRAND PALAIS / PHILIPPE MIGEAT
Mai successo prima per nessun altro creatore di moda. È un altro record di Yves Saint Laurent dopo quello di essere stato l’unico stilista vivente ad avere una mostra al Met di New York nel 1983
Martial Raysse, Made in Japan - La grande Odalisque, 1964. Nella pagina accanto, Yves Saint Laurent, pelliccia in volpe verde, primaveraestate 1971.
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riconosciuto della moda dopo che è stato dalla prematura scomparsa, in cui suo maril’unico stilista vivente a cui il Metropolitan to Pierre Bergé racconta con naturalezza la Museum di New York ha dedicato una moloro unica e nello stesso tempo difficile storia stra (YSL: Twenty-five years of design, 14 d’amore, una lunga complicità affettiva che dicembre 1983-2 settembre 1984, a cura ha resistito ai tradimenti e alla dipendenza di Diana Vreeland, l’ex direttrice di Vogue dalle droghe di Saint Laurent e che è rimasta che, convinta della sua unicità, sfidò le tale perfino quando Bergé decise di lasciare ire dei designer suoi contemporanei). Ma la casa comune e andare a vivere in una suquesta volta è diverso: la mostra di Parigi ite dell’Hotel Lutetia, il palazzo accanto alla non celebra semplicemente gli abiti ma è loro casa. Ma proprio perché debitore alla pensata per spiegare il metodo di elaboletteratura della sua formazione, anticipanrazione creativa di un couturier che si è do l’epoca dell’«appropriazione culturale» e trasformato anche in designer e che a oggi dell’«hackeraggio creativo», Saint Laurent ha non ha ancora trovato un suo successore. stabilito il sistema delle «corrispondenze fra L’esposizione parte dal dato di fatto le arti» senza mai separare la moda dalle altre che nella creazione della sua estetica Saint creatività. Volando al di sopra delle soluzioni Laurent non poteva prescindere dalle arti: didascaliche, che sono quelle trappole creati«Ogni uomo per sopravvivere ha bisogno ve costruite dagli inganni della banalità, lui dei propri fantasmi estetici. La vita è posnon trasporta le opere d’arte sugli abiti, non sibile solo grazie a loro. Io credo di averli scrive mai le frasi di Proust sui suoi abiti ma trovati in Piet Mondrian, Pablo Picasso, le trasforma nelle attitudini delle donne che Henri Matisse. Ma anche in Marcel Proust. veste. Così come non trasferisce mai un quaSono assolutamente eclettico» diceva per dro su un tessuto per drappeggiarlo sul manispiegare il suo metodo che riassumeva chino: quel quadro (o quella scultura) diventa nella famosa dichiarazione «la mia arma la struttura stessa dell’abito perché non deve Yves Saint Laurent, Hommage à Piet Mondrian, è lo sguardo che porto sulla mia epoca e essere un’illustrazione ma una costruzione. autunno-inverno 1965. sull’arte del mio tempo». Ed ecco perché il lavoro dei tre curatori Nella pagina accanto, Ma non era affascinato soltanto dalla della mostra, Madison Cox, Stephan Janson Piet Mondrian, Composition en rouge, bleu et blanc, 1937. pittura e dalle arti plastiche. Conosceva a e Mouna Mekouar, non ha incontrato alcun memoria tutta À la recherche du temps perostacolo quando si è trattato di chiedere ai du di Marcel Proust fino a identificarsi con gli enervés del rodirettori dei cinque musei coinvolti (oltre quello di YSL), tra manzo, i nevrotici depressi e insanamente emotivi che l’autore le maggiori istituzioni accademiche nazionali, di far esporre esaltava e di cui lui si faceva un’incarnazione. Eppure, non ha gli abiti nelle sale in cui si trovano le opere d’arte corrisponmai voluto leggere la fine, Le temps retrouvé, perché «se finissi denti. «È stato sorprendente vedere come tutti i direttori abla Recherche qualcosa si romperebbe dentro di me». E il suo biano accettato il progetto con molta naturalezza, riuscendo a personaggio insuperabilmente creativo ma anche estremacogliere un lato straordinario: gli abiti di Yves Saint Laurent mente inquieto e dispotico sembra nascere proprio da quelle possono riuscire a creare un ponte tra visitatori che hanno pagine. Lo si vede anche nel film-documentario L’amour fou, gusti artistici diversi, tra chi ama l’arte antica e chi quella conuscito nel 2011 con la regia di Pierre Thoretton dopo tre anni temporanea che, spinti da questo dialogo creativo, possono
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© YVES SAINT LAURENT © NICOLAS MATHÉUS; © CENTRE POMPIDOU, MNAM-CCI, DIST. RMN-GRAND PALAIS / JACQUES FAUJOUR
Yves Saint Laurent non trasferisce mai un quadro sul tessuto perché l’opera diventa la struttura stessa dell’abito: è una costruzione e non un’illustrazione
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entrare negli spazi di un museo dove mai avrebbero pensato di andare» dice la storica dell’arte, critica e curatrice Mekouar abituata a muoversi tra gli ingranaggi dei Musei pubblici e delle Fondazioni private. Un’abilità che si riscontra nel percorso della mostra. A partire dal Centre Pompidou. È qui che è esposta la pelliccia in volpe verde della collezione primavera-estate 1971. Nessuno lo sospetterebbe, ma quella collezione che fu bocciata dalla critica di moda dell’epoca tanto da essere ricordata come La collection du scandale (fu giudicata troppo rétro nei suoi rimandi ai tempi dell’occupazione nazista della Francia ma in realtà era ispirata al modo di vestire di Paloma Picasso, sua modella e collaboratrice, che comprava gli abiti al Marché aux Puces) viene identificata proprio per questa pelliccia il cui colore, assolutamente innaturale, viene da Made in Japan – La grande odalisque, il quadro di Martial Raysse del 1964 con la figura femminile coperta solo da un turbante. Nessun rimando facile, del resto, si può trovare nella sala del Musée d’Art Moderne de Paris dove accanto alla Struttura al Neon per la X Triennale di Milano di Lucio Fontana del 1951 dialogano, fra loro e con l’opera, la Bluse Normand in satin del 1962, un abito da sera in velluto argentato del 1975 e un cappotto in velluto nero bordato di polvere d’argento del 1983: e nessuno dei tre capi ricalca la referenza. «Come Proust, sono affascinato soprattutto dalle mie percezioni di un mondo in transizione» dice Saint Laurent. Ed eccoci allora al Musée d’Orsay. Qui l’universo proustiano si ritrova nel Cabinet d’arts graphiques e si materializza uno dei temi più cari alla creatività di Saint
Laurent, ancora oggi di grande attualità: la dialettica incrociata tra il maschile e il femminile. Infatti, è qui che si trovano cinque modelli di smoking femminili (il primo del 1966 e poi due del 1967, con quello del 1988 e l’ultimo del 2001) ma anche il grande abito da sera con strascico realizzato per la baronessa Marie-Hélène de Rothschild in occasione del Bal Proust del 1971 accanto a un disegno dello stesso Saint Laurent per la scenografia di una festa a tema di 14 anni prima. Un salto dall’altra parte della Senna ed ecco il Musée Picasso. «Un dramma… non mi veniva nulla. Una domenica andai a una mostra sui Ballets Russes e scoprii i disegni di Picasso per i costumi del balletto Le tricorne di Sergej Diaghilev»: nasce così la collezione del 1979 Hommage à Picasso et Diaghilev esposta nelle sale del museo del Marais. Come una visita al Louvre produsse le giacche incrostate di cristalli di rocca esposte nella Galerie d’Apollon. E prima che ci si riprenda dallo stupore il percorso finisce al numero 5 di Avenue Marceau, sede del Musée Saint Laurent e della Fondation Bergé-Saint Laurent. È qui che si materializzano le sue parole: «È vero, la Haute Couture è fatta di tessuti. Ma nasce da un sussurro che si trasmette e si ripete come, del resto, sussurriamo i nostri segreti. (…) Tutti i miei abiti nascono da un gesto: un abito che non riflette un gesto non è un buon abito. (…) Inizio a lavorare a una collezione sprofondando nell’angoscia senza sapere dove dirigermi fino al momento in cui, tutt’a un tratto, arriva la direzione da prendere. Ed ecco: è la felicità». Quindi, senza riproporre l’inutile dibattito se la moda è arte, questa mostra diffusa ha il pregio di spiegare il meraviglioso rapporto d’amore un po’ incestuoso tra due creatività simili ma differenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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© YVES SAINT LAURENT © NICOLAS MATHÉUS; © FONDATION PIERRE BERGÉ – YVES SAINT LAURENT, PARIS
Senza riproporre l’inutile dibattito se la moda è arte questa mostra diffusa ha il pregio di spiegare quel meraviglioso rapporto d’amore un po’ incestuoso tra due creatività simili ma differenti
Schizzo del décor per il Bal des Têtes del 1957 firmato con il nome intero da Yves Mathieu Saint Laurent. Nella pagina accanto, l’abito che Saint Laurent ha creato per Marie-Hélène de Rothschild per il Bal Proust del 1971.
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MODELLE E CELEBRITÀ: IL FASCINO PERICOLOSO DELL’OCCHIO INDISCRETO
FOTO: ALFONSO CATALANO/SGP
DI MICHELE CIAVARELLA
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Lady Gaga sulla scalinata del Metropolitan Museum of Art di New York prima di partecipare all’evento del Met Gala il 6 maggio 2019. S T Y L E M AG A Z I N E
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Stefano Accorsi e Pierfrancesco Favino al cinema Odeon di Milano il 23 novembre 2019.
Rosario Dawson e Asia Argento alla sfilata di Diesel a Firenze il 21 giugno del 2007.
L
A FOTOGRAFIA meglio riuscita non è quella che nasce dallo scatto rubato ma quella che il paparazzo coglie quando la celebrity si mette in posa ma lui non lo sa. In estrema sintesi, è questa la cosiddetta legge di Ron Galella, il più grande paparazzo di Hollywood e, nello stesso tempo, amico e «persecutore» delle celebrità degli anni Settanta nelle coste East e West degli Usa. Nel libro The Photographs of Ron Galella (Greybull Press), voluto da Tom Ford nel 2002, Diane Keaton, una delle più colpite dall’obbiettivo indiscreto dell’americano, scrive che «tra il paparazzo e la celebrità c’è sempre una relazione. Anche se molti lo negano e alcuni fingono di non conoscerli. È così che le fotografie di ogni paparazzo
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ci restituiscono il vero panorama delle celebrità, cioè le vittime meravigliose e non così misteriose del bacio di Narciso». Nome inventato da Federico Fellini per gli inseguitori di attrici e attori armati di macchine fotografiche nel film La dolce vita, paparazzo è un termine ambiguo. Per chi rientra nel suo mirino può essere la qualifica professionale di un traditore o di un amico ma ha un grande pregio: restituisce a chi guarda le sue foto una parvenza di verità che le immagini concordate (servizi fotografici e film) non riescono a trasmettere. In ogni caso, gli scatti di questi «pasionari dello scatto rubato» hanno una cosa in comune: colgono l’attimo, trasmettono l’imbarazzo e la gioia, la noia e l’improvvisazione, il dispetto e la complicità. E non è una questione di na-
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FOTO: STEFANO TROVATI/SGP, ALFONSO CATALANO/SGP, STEFANO GUINDANI/SGP
Stefano Gabbana, Jennifer Lopez, Marc Anthony e Domenico Dolce alla sfilata Dolce&Gabbana il 25 settembre 2006.
TRA IL FOTOGRAFO E LA CELEBRITY C’È SEMPRE UNA RELAZIONE DI COMPLICITÀ
Naomi Campbell e Kevin Spacey alla sfilata Atelier Versace a Parigi il 7 luglio 2007.
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LE FOTO RUBATE CATTURANO LA NOIA, LA GIOIA E ANCHE LA SORPRESA E L’IMBARAZZO Obbiettivo senza frontiere Moda, sfilate, eventi, impegno sociale e umanitario: sono le parole, insieme a miglia, aereo e viaggio, che caratterizzano la vita di Stefano Guindani che nel 1998 ha fondato SGP Stefano Guindani Foto, un’agenzia con 30 giovani fotografi. I quali vanno ovunque li porti l’esigenza dell’obbiettivo: Milano, Parigi, Londra, New York, Los Angeles,
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Shanghai, Dubai. Curiosi, attenti, rispettosi e per questo molto amati dalle loro «vittime», tutti con la stessa sensibilità che ha portato Guindani a mettere a disposizione il proprio «occhio» alla raccolta fondi di varie Onlus fra cui Francesca Rava Nuestro Pequenos Hermanos Italia Onlus Foundation da cui è nato il libro Do You Know? (Skira).
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In alto, Achille Lauro durante Like a Deejay a Milano il 22 giugno 2019 e Simon Le Bon a inizio carriera. Sotto, Jerry Lewis ospite di una trasmissione di Raffaella Carrà nei primi anni del 2000.
FOTO: FRANCO FERRAJUOLO/SGP, CARLO SCARPATO/SGP, MAX MONTINGELLI/SGP
Eva Herzigova e Afef Jnifen a un party sulla barca di Roberto Cavalli durante il Festival del Cinema di Cannes il 25 maggio 2008.
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Brad Pitt e Leonardo DiCaprio sul red carpet prima della proiezione di Once Upon a Time in Hollywood a Cannes il 21 maggio 2019.
Riccardo Tisci e Mariacarla Boscono a un party a Milano il 22 settembre 2017. PORTFOLIO
A lato, John Fitzgerald Kennedy jr, alias John John, a Milano, dove veniva nel ruolo di editore del magazine George, il 16 novembre 1998.
A sinistra, Maurizio Cattelan al Tribute to Mina al Teatro Manzoni di Milano il 21 settembre 2019.
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FOTO: JOHNNY DALLA LIBERA/SGP, ALESSANDRO LEVATI/SGP, STEFANO TROVATI/SGP
GLAMOROUS PEOPLE E DREAM MAKERS: VINCE CHI SA GESTIRE LA «POSA IMPROVVISATA»
Dean e Dan Caten al compleanno di Fawaz Gruosi al Billionaire di Porto Cervo l’8 agosto 2010.
zionalità, di cultura o di generazione. Lo si vede nelle foto che Stefano Guindani e la crew di fotografi della sua agenzia (tra cui Alfonso Catalano, Stefano Trovati — per tutti «Stefanino» per distinguerlo dal «capo» — Franco Ferrajuolo, Max Montingelli, Carlo Scarpato) hanno scattato tra i protagonisti del mondo della moda in cui i personaggi dello spettacolo figurano come ospiti graditi seppure estranei. Così, si può facilmente osservare che la differenza tra Naomi Campbell e un’attrice o tra un designer e un attore sta nella gestione naturale della «posa improvvisata» perché la moda è più abituata alla gestione dell’attitudine. Glamorous people contro screen dream makers, quindi? Il popolo delle passerelle contro quello dello schermo? Non è certo
una gara in cui si sa in partenza chi possa vincere. Ad aggiudicarsi il podio è sempre chi è più veloce ad assumere una gestualità complice con l’obbiettivo. La prova è nelle foto dei personaggi che vivono una vita al confine tra i due mondi. Ad esempio, Lady Gaga: nella foto di apertura di questo servizio è vestita con reggiseno, mutande e calze a rete e, mentre sale la scalinata del Metropolitan Museum di New York per partecipare al Met Gala del 2019, mette in scena una «perfomance improvvisata» che non ha niente delle coreografie dei suoi spettacoli ma ha molto a che fare con le pose dei servizi di moda. E questo perché, come tutti i personaggi del fashion world, la diva pop usa gli abiti come strumenti della propria rappresentazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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AMERICAN
STORIES
Nuove generazioni in posa, come ritratti fiamminghi, indossano la moda primavera-estate. DI LUCA ROSCINI FOTO DI ALBERT WATSON
Parka e pantaloni in nylon, Bottega Veneta. Nella pagina a fianco: abito in cotone goffrato stampato, Comme des Garçons Homme Plus.
Giacca in nappa e canotta jacquard, Prada.
Abito in gabardine di cotone e seta, Versace.
Giacca, camicia e shorts in cotone, Fendi.
Trench oversize lucido in lana mohair, camicia in pelle, pantaloni e stringate, Zegna XXX.
Mantella in pelle con borchiette applicate, maglia a rete, pantaloni e texani, Celine.
Giacca con tasche applicate, pantaloni in misto lino e sandali, Giorgio Armani.
Abito in raso di seta e lana, Dior Men.
Abito in paillettes e camicia in raso di seta, Dolce&Gabbana.
Giacca e pantaloni in nylon con inserti in tela damier, Louis Vuitton.
Abito in lana stretch, Canali.
Chiodo oversize in pelle, felpa con cappuccio e pantaloni, Balenciaga.
Gilet in crêpe con piume, dolcevita in cashmere con dettagli in pelle e pantaloni in nappa, Gucci. SI RINGRAZIA: PER LA WIGGLE SIDE CHAIR VITRA (DISTRIBUITA DA MOLTENI&C); HA COLLABORATO: GIOVANNI DE RUVO; GROOMING: LUIS GUILLERMO USING ORIBE HAIR PRODUCTS E MAKEUP FOREVER
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IL CIELO SOPRA
PARIGI
Tra le otto torri del quartiere in stile brutalista Les Olympiades, pelle nera e boots Seventies. Ispirazione Joy Division.
DI LUCA ROSCINI FOTO DI LAURENT HUMBERT
Camicia e pantaloni in pelle, Jil Sander; boots, Sonora.
Giacca in pelle e pantaloni, Dsquared2; camicia, Roberto Cavalli; cintura, Saint Laurent; boots, Sonora. Nella pagina a fianco: chiodo in pelle, Balmain; orecchino, Acne Studios.
Trench in pelle, Ernest W. Baker; orecchino, Acne Studios. Nella pagina a fianco: bomber e pantaloni in pelle, Celine; boots, Sonora.
Abito, Gucci.
Giacca doppiopetto, Saint Laurent; orecchino, Acne Studios. Nella pagina a fianco: giacca in pelle e camicia, Sandro Paris. SI RINGRAZIANO: ASL OLYMPIADES, TOUR SAPPORO, MUNICIPALITÀ DI PARIGI; HA COLLABORATO: ANGELICA PIANAROSA; GROOMING: MAYU MORIMOTO
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Chiodo in pelle, Prada. Nella pagina a fianco: giacca e pantaloni in tela di cotone, girocollo e slipper, Zegna XXX.
TEMI
DI MODA
Dieci variazioni per la primavera-estate 2022: dal doppiopetto con la gonna alla maglia lacerata, dall’abito rivestito di paillettes alla giacca stampata animalier. DI LUCA ROSCINI FOTO DI LETIZIA RAGNO
Giacca taglio camicia e pantaloni in lana stretch, camicia e mocassini, Giorgio Armani. Nella pagina a fianco: giacca in tela di cotone e camicia, Dries Van Noten.
Cappotto in panno di lana, girocollo , T-shirt con ricamo, pantaloni e sneakers, Dior Men. Nella pagina a fianco: maglia in lana e cashmere e shorts, Rick Owens.
Giacca doppiopetto jacquard e maglia in cotone, Dolce&Gabbana. Nella pagina a fianco: abito doppiopetto con gonna e mocassini, Balenciaga.
Abito doppiopetto in cotone e paillettes, Moschino. Nella pagina a fianco: maglia in tweed bouclé, pantaloni e slipper, Bottega Veneta. SI RINGRAZIA: ALBERTO LEVI (ALBERTOLEVI.COM) PER IL TAPPETO AMOGHLI; HANNO COLLABORATO: GIOVANNI DE RUVO E ANGELICA PIANAROSA; GROOMING: CHIARA BUSSEI @W-MMANAGEMENT USING R+CO ITALY
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ESERCIZI
DI STILE
Felpe, shorts, stampe a sorpresa e sneakers. La moda outdoor guarda all’Ivy League statunitense. DI FABIO IMMEDIATO FOTO DI BARTEK SZMIGULSKI
Felpa con cappuccio e shorts, Tod’s. Nella pagina a fianco: camicia, shorts, calze e sneakers, Dsquared2.
Bomber e bermuda, Dolce&Gabbana. Canotta, shorts e cappello, Dolce&Gabbana.
Giacca e shorts, Onitsuka Tiger; sneakers, Dsquared2. A destra: maglia e shorts, Prada.
Giacca, Valentino. Nella pagina a fianco: giacca e shorts, Fendi.
Canotta e shorts, Prada. A destra: giubbotto, maglia e shorts, Onitsuka Tiger; sneakers, Dsquared2.
Maglia, T-shirt e bermuda, Brunello Cucinelli.
Ugiae culparibus si simagnimusae quassitate di aut repudicil idem volorum re resto vel excest, vendi in Nella pagina a fianco: gescimillent adit eatur? Elicipid quam, qui del et quiassi maximpe comnimus esero velleni
Felpa con cappuccio, Etro.
Nella pagina a fianco: giacca e pantaloni, Hermès. GROOMING: BRADY LEA @PREMIER
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TENDENZE
AFRICANE
Ispirate al fotografo Samuel Fosso e ai suoi ritratti che creano immagini e miti collettivi. Ora in mostra alla Maison Européenne de la Photographie a Parigi fino al 13 marzo. DI ANGELICA PIANAROSA FOTO DI STEFANO SCIUTO
Cardigan in cashmere, Alanui; camicia e pantaloni, Canali; guanti, Gucci; sandali, Church’s.
Trench in denim, Piombo in OVS; occhiali da sole, Tod’s Eyewear. Nella pagina a fianco: camicia con tasche applicate, Paul Smith; T-shirt, jeans e sabot, Acne Studios; occhiali da sole, Tod’s Eyewear; anello, Magliano; orologio, Bulova.
Canotta tricot, MSGM; pantaloni, Marni; collana, Acne Studios. Nella pagina a fianco: giacca scamosciata, Tagliatore; gilet e pantaloni, Etro; anello, Magliano; orologio, Bulova; mocassini, Gucci.
Cappotto imbottito in lana, shorts e stivali, Maison Margiela. Nella pagina a fianco: tuta con zip e collana, Magliano.
Ugiae culparibus si simagnimusae quassitate di aut repudicil idem volorum re resto vel excest, vendi in escimillent adit eatur? Elicipid quam, qui del et quiassi maximpe comnimus esero velleni SI RINGRAZIA: NOME COGNOME @ TESTO FINTO, NOME COGNOME @ TESTO FINTO
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Camicia in cotone stampato e jeans, Lanvin; anello, Magliano. Nella pagina a fianco: giacca, Kiton; polo, Thom Browne; pantaloni, Etro. SI RINGRAZIA: MARAZZI (MARAZZI.IT) PER LE PIASTRELLE D_SEGNI BLEND; GROOMING: FRANCESCO AVOLIO @ W-MMANAGEMENT USING ELEVEN AUSTRALIA
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IL CONFORMISTA Elementi classici come perimetro dello stile formale maschile tradizionale senza tempo: trench, gemelli, pelletteria preziosa e orologi ricercati. DI GIOVANNI DE RUVO FOTO DI MARCO GAZZA
Trench in cotone, abito e camicia, Fursac.
Camicia in cotone e pantaloni, Ralph Lauren; orologio, Omega; anello, Boucheron; anello, Van Cleef & Arpels. Nella pagina a fianco: cappotto in lana e cotone e camicia, Valentino; clutch, Valentino Garavani.
Borsello in pelle stampa alligatore, Montblanc. Nella pagina a fianco: occhiali da sole, Tom Ford Eyewear; camicia, Salvatore Ferragamo.
Camicia in cotone, cravatta e gemelli, Hermès. Nella pagina a fianco: camicia e pantaloni in cotone, gemelli e stringate, Salvatore Ferragamo; calze, Red.
GROOMING: PIERA BERDICCHIA @W-MMANAGEMENT USING R+CO ITALY E MAC COSMETICS ITALIA
Giacca in fresco di lana e camicia, Berluti; cravatta, E.Marinella; gemelli, Cartier; orologio e anello, Bulgari. Nella pagina a fianco: mocassini in pelle con impunture realizzate a mano, Tod’s. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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In campo su misura DI FIORENZA BARIATTI
Per due stagioni la squadra di football del Paris Saint-Germain vestirà Dior.
Tra i giocatori del PSG: Gianluigi Donnarumma (portiere), Neymar (attaccante), Marco Verratti (centrocampista), Abdou Diallo (difensore), Leandro Paredes (centrocampista) e Sergio Ramos (difensore).
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È INELUTTABILMENTE VERO: c’è sempre una
veste il Paris Saint-Germain (PSG). Ed è da qui infatti che parte la storia: l’altra faccia dell’arte dell’Atelier, l’artigianalità sartoriale, è sempre stata al centro del savoir-faire di Dior e oggi Kim Jones, Direttore artistico delle collezioni Uomo, reinterpreta l’estetica formale della tradizione nel tailoring, persino in questa inconsueta occasione.
FOTO: BRETT LLOYD FOR DIOR
prima volta. Persino quando due mondi che mai si potrebbe immaginare di unire invece si accompagnano molto bene. Succede con una storica Maison nata nell’haute couture francese e una importante squadra di calcio fondata nel 1970 (è il club più titolato di Francia); accade ora che Dior
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Prove di eleganza. Sotto: Alexandre Letellier (portiere) e Ángel Di María (centrocampista o attaccante); a destra, Presnel Kimpembe (difensore). Completano il guardaroba gli accessori: l’emblematica borsa Saddle in pelle di vitello granulata nera, una cravatta con il logo Paris Saint-Germain.
«DIOR È UNA MAISON DAVVERO UNICA E IL PSG È UNA GRANDE SQUADRA: L’ELEGANZA INCONTRA LA POTENZA» SERGIO RAMOS
Sono i dettagli a testimoniare la maestria della sartorialità firmata Dior. Da sinistra: Marquinhos (difensore o centrocampista) e, a fianco, Idrissa Gueye (centrocampista).
A raccontarla è Pietro Beccari, Presidente e Ceo Christian Dior Couture: «La decisione di collaborare con il PSG per il guardaroba ufficiale della squadra è venuta in modo del tutto naturale perché condividiamo valori che consideriamo essenziali, come la ricerca dell’eccellenza, il superamento di se stessi, la performance collettiva e il potere della reinvenzione continua. Questa alleanza simbolica segna un nuovo e del tutto inedito capitolo nella storia di Dior, che per la prima volta ha siglato una partnership nel mondo dello sport con un club la cui fama internazionale e una leadership unica fanno risplendere queste passioni nel mondo. Il calcio infonde spirito di squadra, la perseveranza
e la volontà di non arrendersi mai». Un moderno, e allo stesso tempo classico, stile sartoriale, quindi, che si apre generosamente anche alla più popolare tra le discipline sportive e che, in termini reali, si compone di un’elegante collezione che abbina creazioni casual a modelli formali mescolando il nero e il blu navy in sfumature ideate per l’occasione (i colori sociali del club sono il blu, il rosso e il bianco, gli stessi della bandiera e del blasone parigino). Relaxed sono la giacca Harrington, il maglione e la polo; mentre del guardaroba formale fanno parte il cappotto in cashmere, una giacca, una camicia, i pantaloni e le Derby. Il gioco del calcio mostra (anche) così il suo fair play. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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FOTO: ALFREDO PIOLA
«UNA MERAVIGLIOSA EVOLUZIONE; SEMBRA DI GIOCARE IN PARADISO» ABDOU DIALLO «CI PIACE IL MODO IN CUI DIOR SI È LEGATO ALL’IDEA DEL NOSTRO SPORT» GIANLUIGI DONNARUMMA
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INCONTRI
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Prove di dialogo DI FIORENZA BARIATTI
E domani che sarà? Ne parlano un giovane attore, un pluripremiato regista e una banca. UNA VOCE FUORI CAMPO recita «piantare un albero, costruire una casa, far nascere un sogno: il futuro è anche tutto questo». Termina con queste parole il cortometraggio d’autore – lo ha firmato Ferzan Özpetek – che Banca Mediolanum ha dedicato al dialogo tra generazioni, alla comunicazione, alle scelte, alla vita. Protagonisti di L’uomo che inventò il futuro, questo il titolo, sono Filippo Nigro (il papà) ed Enea Barozzi (il figlio 17enne) ed è proprio quest’ultimo, un «rappresentante» della Gen Z che ci parla di codici e linguaggi. «All’interno della nostra generazione
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si sono sviluppate frasi e neologismi che ci permettono di capirci al volo, va detto però che non sono usate così spesso da non riuscire a capire il senso dei discorsi» spiega. «Penso che un cambio di codici sia inevitabile con il passare delle generazioni, perché ci sono più strumenti nuovi a cui interfacciarsi e le espressioni avranno sempre un’evoluzione parallela. E proprio come il linguaggio, anche il mondo del lavoro è in costante movimento; sono sicuro al cento per cento che un domani ci saranno più lavori diversificati e relativi all’ambito tecnologico e scientifico, mentre
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resteranno invariati i vecchi mestieri manuali e artigianali». Agli occhi di Barozzi l’oggi e il domani appaiono chiari, nonostante la realtà con la quale spesso ci si scontra, ben illustrata da Özpetek, è piuttosto quella di un mondo all’interno del quale un adulto non riesce a trovare facilmente un’apertura incontrando, invece, scetticismo e indifferenza, soprattutto quando il tema è «il domani». Eppure i due mondi non sono così distanti a sentire la voce del giovane attore che definisce la sua generazione «attenta, intraprendente, viziata» e quella dei 50-60enni «vivace, curiosa, testarda».
«È LA VITA STESSA AD OFFRIRCI GLI STRUMENTI PER DETERMINARE IL NOSTRO FUTURO»
Sul set di L’uomo che inventò il futuro: Ferzan Özpetek – regista, sceneggiatore e scrittore turco – dirige Enea Barozzi – milanese, 21 anni, protagonista di due film di Gabriele Salvatores – e Filippo Nigro – attore di cinema e serie tv –.
IN QUESTO CONTINUO passaggio
cinematografico tra parole non dette e altre non richieste, il padre individua il modo giusto per creare un collegamento e riuscire a dare una chiara percezione del tema, sapendo che «la vita ci offre gli strumenti per prendere consapevolezza del nostro futuro e per determinare il destino» come pensano in Mediolanum. Chiamato a raccontare in immagini la storia, Özpetek sottolinea che «in questi ultimi periodi siamo stati messi alla prova sul come e quando immaginare il tipo di futuro che ci aspetta; la continuità del tempo va
salvaguardata, i suoi cicli e ricicli come li definiva il filosofo Giambattista Vico a proposito del ripetersi della storia. Anche se credo che tutto è destinato a cambiare, ad arricchire il corso della nostra esistenza». Ma il più pragmatico è lui, il 20enne: «Molti ragazzi della mia età, me compreso, hanno paura di non essere mai abbastanza perché viviamo in un mondo in cui è difficile trovare vie di mezzo, soprattutto nel campo professionale dove servono, a volte giustamente altre no, maggiori qualifiche rispetto al passato. Sinceramente non saprei in che cosa riporre la mia fiducia, spero solo che
con le nuove generazioni ci sia un cambio di mentalità e che l’Italia possa amalgamarsi meglio con il resto dell’Unione europea». E non è da meno la sua visione realistica e concreta della vita: «Il denaro ha sicuramente un valore e un’importanza capitale in questa società; azioni e investimenti sono la base per un mondo capitalista come quello in cui viviamo». E il tuo avvenire allora? «Sono dell’idea che non ci saranno più fondi per poter dare pensioni ragionevoli a ogni lavoratore, ma magari ci sarà una nuova formula per poter ovviare il problema». Il futuro dunque è ottimismo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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VINO
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Bollicine di montagna DI GIACOMO FASOLA
Trentodoc, l’istituto che riunisce gli spumanti metodo classico del Trentino, guarda al futuro con un’app che permette di scoprire cantine e territorio attraverso 58 itinerari.
IL PRIMO A COMPRENDERE le potenzialità della
per la produzione del metodo classico; solo qui soffia il vento caldo che dal lago di Garda risale verso Nord mantenendo la salubrità delle uve. E se il territorio dà, il vino può restituire. Partendo proprio da quest’idea Trento Doc ha voluto creare un’app mobile che trasforma l’esperienza di degustazione in una scoperta dei luoghi dove lo spumante viene prodotto: 200 punti d’interesse e 58 itinerari, raggruppati in sette aree geografiche, per approfondire la conoscenza di 58 cantine che rappresentano l’eccellenza delle bollicine trentine. OLTRE A PERMETTERE la geolocalizzazione delle cantine, la nuova applicazione Trentodoc contiene le schede tecniche, il catalogo di tutte le etichette e il calendario degli appuntamenti. Uno strumento a disposizione di esperti e viaggiatori, che proietta la Doc di Trento nel futuro senza dimenticare di valorizzare il suo passato «L’applicazione supporta gli appassionati in ogni situazione: sia nelle degustazioni sia nei viaggi sarà possibile reperire le informazioni in modo molto semplice» dice Sabrina Schench, direttrice dell’Istituto Trento Doc. «Si rivela inoltre molto utile in un momento storico in cui il rispetto dei protocolli di sicurezza è diventato più che mai fondamentale». +
sua terra fu Giulio Ferrari, che a inizio Novecento, dopo diversi viaggi a Epernay, intuì le somiglianze fra il Trentino e la Champagne francese e cominciò a sperimentare anche qui il metodo classico basato sulla rifermentazione in bottiglia. Oltre un secolo dopo l’Istituto Trento Doc che riunisce i produttori di spumante metodo classico trentino comprende 74 comuni, 61 case e 188 etichette. Un’eccellenza riconosciuta anche all’estero, come testimoniano il titolo di Wine region of the year attribuito nel 2020 dal magazine statunitense Wine Enthusiast e i premi ricevuti all’ultima edizione di The Champagne & Sparkling Wine World Championships, il campionato mondiale della spumantistica ideato da Tom Stevenson: 72 medaglie che valgono anche il primato fra tutte le bollicine italiane. Il legame che unisce i vini Trentodoc al territorio di montagna in cui nascono è indissolubile. Solo qui, in un’area che si trova per il 70 per cento sopra i mille metri di quota e per il 20 per cento sopra i duemila, i vitigni coltivati fino a 900 metri di altitudine possono approfittare di quell’escursione termica fra giorno e notte indispensabile per raggiungere il grado di acidità ideale
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Trentodoc è prodotto a partire da uve di provenienza trentina, principalmente Chardonnay e Pinot nero ma anche Pinot bianco e Meunier.
COLTIVATI FINO A 900 METRI DI QUOTA, I VITIGNI BENEFICIANO DELL’ESCURSIONE TERMICA FRA IL GIORNO E LA NOTTE
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L'INTRAMONTABILE ATTUALITÀ DELLA MODA MASCHILE CONVIVE CON LA CULTURA IN UNA MOSTRA-EVENTO
Speciale Pitti Immagine Uomo autunno-inverno 2022-23 Incontri di stili CLASSICO LEISURE
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UNA MANIFESTAZIONE DI MODA MASCHILE CON EVENTI, MOSTRE D'ARTE E SPETTACOLI: DUE VOLTE ALL'ANNO A FIRENZE VA IN SCENA IL RITO DELLE IDEE INDOSSABILI.
Il metodo Pitti PER FAVORE, non chiamatela fiera.
Piuttosto mostra, evento o tutt’al più manifestazione, raduno o addirittura rito. Da officiare a Firenze, naturalmente: una città-gioiello che due volte all’anno, in una sorta di una sofisticata inception, con Pitti Immagine Uomo diventa, per quattro giorni, un forziere di vestibili idee in arrivo dal futuro, di previsioni di moda un anno prima che divengano «semplice» merce. Un dialogo con l’avvenire che ambisce a essere — giustamente, visti i 50 anni di vita e le oltre 100 edizioni — non solo un’occasione mercantile, ma una rivelazione, una profezia di mode, modi e vezzi che approderanno nei guardaroba degli uomini (e perché no? anche delle donne). E non solo nei guardaroba: nel corso del tempo Pitti ha generato mostre epocali sul costume come Excess,
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Uniforme, Il quarto sesso e la più recente Romanzo breve di moda maschile; ha ospitato i nomi più sfrontati e rutilanti dell’arte contemporanea, da Vanessa Beecroft a Thomas Demand, da Matthew Barney a Doug Aitken, da Shirin Neshat a Pipilotti Rist; ha diffuso saggi fondamentali in veste di cataloghi o di libri a sé stanti; ha ospitato i défilé dei fashion designer più nuovi, con un puntiglio notarile attento a ogni minimo cambiamento sociale, culturale e dunque anche estetico. Per ricordarci così che il vestire è ormai entrato a pieno titolo tra i linguaggi dell’espressività contemporanea. Ovviamente, Pitti produce utili non solo per chi vi partecipa, ma anche per tutta la regione: «La ricaduta sul territorio, in epoca pre-Covid, forniva circa 400 milioni all’anno solo per quello che riguarda le aziende legate al turismo,
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all’artigianato, all’ospitalità e alla cultura; in un trentennio abbiamo portato nove miliardi» afferma Raffaello Napoleone. Dal 1989 Napoleone è direttore generale e dal 1995 amministratore delegato di Pitti Immagine che resta il più importante e autorevole — se non anche il più esteso — salone dell’abbigliamento da uomo che attira da mezzo mondo buyer, aziende, agenti e produttori, oltre a giornalisti, intellettuali, artisti. La rivalità serpeggiante con Milano, dove ci sono le sfilate delle griffe più blasé, i fiorentini e i meneghini la risolvono con eleganza: «L’importante è fare sistema, non ci sono competizioni, specie di questi tempi» dichiara Claudio Marenzi, presidente di Pitti. Gli fa eco Carlo Capasa, Presidente della Camera della Moda Italiana: «Dobbiamo essere orgogliosi di avere Pitti a Firenze
COURTESY UFFICIO STAMPA PITTI IMMAGINE
DI
P-E 2022 La performance VB53 (2004) di Vanessa Beecroft per Pitti Immagine Discovery al Tepidarium del Giardino dell’Orticoltura di Firenze.
La sfilata di Givenchy il 12 giugno 2019 per la 96esima edizione di Pitti Uomo, nei giardini di Villa Palmieri che ispirarono il Decameron di Giovanni Boccaccio.
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e le sfilate Uomo a Milano, contenti di essere tra quelli che riescono ad andare avanti in un momento in cui non è scontato farlo». Poi magari gli stilisti delle Maison continuano a ritenere Pitti una fiera ipercommerciale, mentre in Toscana persistono nel ritenere Milano gelida e priva di occasioni collaterali che facciano anche un po’ sognare. In effetti, Pitti può contare su un’alleanza con un tessuto urbano insieme al quale predispone un sistema d’intrattenimento d’autore che sfida il carattere chiuso e un po’ conservatore tipico di una certa noblesse indigena e apre palazzi, ville, giardini, chiostri, musei, dimore aristocratiche ma pure spazi industriali dismessi per farne passerelle, spazi per esibizioni estemporanee, luoghi per sfilate anche di massima avanguardia. Tipo quando, nel gennaio 2020, nelle sale di Palazzo Corsini è stato invitato lo stilista american-liberiano Telfar Clemens, autore di collezioni estreme, con i modelli che passavano pericolosamente accanto a mobili antichi, affreschi delicati, fragili lampadari: niente e nessuno ha riportato danni, per fortuna.
L’IMPATTO è stato dirompente, così come ci auguriamo lo sarà la sfilata di Ann Demeulemeester, stilista belga amata dai gentiluomini cerebrali, nel 2020 acquisita da Claudio Antonioli, che il 12 gennaio festeggerà i suoi 40 anni da creatrice alla Stazione Leopolda; quest’ultima nota ai più per essere teatro di esternazioni di Matteo Renzi ma comprata, restaurata e tirata a lucido proprio da Pitti. Delle organizzazioni di mostre e attività collaterali si occupa la Fondazione Pitti Discovery, nata nel 2002, che ha portato in città alcune grandi manifestazioni con l’aiuto di personaggi come Germano Celant, Franca Sozzani, Ingrid Sischy.
Pitti conta su un’alleanza con il tessuto urbano ARTS & COMMERCE, bellezza & business, verrebbe da dire: due realtà che si avviluppano inestricabilmente e su un piano paritario, destinato a causare sindromi di Stendhal per le innovazioni dell’abbigliamento quanto per le glorie architettoniche e finisce per indurre dipendenza ai visitatori «che tornano qui con lo stesso spirito di fare una piccola vacanza in Italia, quasi una versione ridotta dei tour settecenteschi» sorride Francesca Tacconi, coordinatrice degli eventi e responsabile dei progetti speciali. Che poi, a ben pensarci, è un leitmotiv che accompagna quella relazione tra numeri e progetti, fatturati e immaginazione che nel 1951 portò Giovanni Battista Giorgini a inventare la moda italiana facendo sfilare in casa sua alcuni sarti nazionali, di fronte a un gruppo di sparuti compratori che andarono in brodo di giuggiole ammirando abiti, godendosi il paesaggio, apprezzando la cortesia, gradendo cibo, assaporando il vino; insomma vivendo dentro un’opera d’arte totale: i finti snob di oggi la chiamerebbero una «esperienza immersiva», solo che lì c’erano arrivati più di 70 anni fa. «Però la vera svolta è arrivata nel 1987, con l’arrivo alla presidenza di un imprenditore illuminato, Marco Rivetti, che stabilì quella ricetta di equilibrio tra manifestazione fieristica e grandi esibizioni di caratura internazionale» puntualizza Napoleone. Epicentro della fiera (ops! l’abbiamo detto) è la Fortezza da Basso, costruzione
di Antonio da Sangallo (in collaborazione con Pier Francesco Viterbo) datata nel Cinquecento, attorniata da padiglioni creati negli anni Cinquanta del Novecento e da altri che vengono montati con allestimenti ad hoc, due dei quali, per la prima volta nella storia (Show your flags, realizzato nella piazzetta dell’area della Fortezza a gennaio 2020, e From Waste to New Materials, sul tema della sostenibilità), quest’anno sono stati selezionati per il Compasso d’Oro, premio destinato al migliore Design italiano. Lo spazio espositivo è diviso in diverse aree tematiche, che cambiano di anno in anno e che riuniscono al loro interno i vari marchi in base agli stili e alle tipologie di abbigliamento che propongono. «È un’architettura delirante» ironizza Napoleone «ma riflette la natura stessa della moda, che riceve sempre più stimoli da epoche e momenti storici diversi. Del resto, gli espositori che vengono selezionati da una giuria composta da proprietari di boutique, imprenditori, esperti del settore, coprono tutte le possibili richieste di interlocutori di diverse età e differenti desideri, così da far considerare la manifestazione indispensabile per ogni livello di consumatori. Non abbiamo mai accettato le richieste di ricreare la nostra manifestazione all’estero: non è replicabile altrove. Ma abbiamo esportato le nostre mostre per dare un esempio di come lavoriamo. Ma di “mostre” come Pitti, ne esiste solo una. A Firenze».
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STILISTI IN CERCA DI LOCATION E PAVONI CON L'ESIGENZA DELLA VISIBILITÀ: ANEDDOTI E CARATTERISTICHE DI EVENTI IRRIPETIBILI.
Stile, cultura e divertimento DI
QUELLA VOLTA CHE a giugno 2017,
Jonathan Anderson, in giro per Firenze a cercare luoghi adatti dove esibire la sua collezione (JW Anderson), arrivato in piazzale Michelangelo — da cui si ammira uno tra i più bei panorami del mondo — esclamò: «Dovrei sfilare in un parcheggio?!» (poi scelse Villa La Pietra, sede del campus della New York University). Quella volta in cui Hedi Slimane, ora designer di Celine ma nel 2002 firma-prodigio di Dior Homme, volle installare dentro la Stazione Leopolda una riproduzione in scala 1:1 della Galerie des Glaces de Versailles per cui si resero necessarie, immerse nell’oscurità, 34 porte in acciaio inox alte sei metri, larghe tre e spesse uno (il tutto per una spesa esorbitante) e il pubblico chiedeva «dove sono i vestiti?» rischiando, accecato dall’assenza di luce,
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di inciampare negli spigoli. Quella volta che Walter Van Beirendonck, nel 2008, nel giardino del museo di Villa Stibbert, con puntualità belga, aveva vestito e truccato da fauni i modelli con grandi barbe di cera che si sciolsero per il ritardo e il caldo, tutti e due spaventosi. Però, però. Anche quella volta in cui Virgil Abloh, recentemente scomparso, nel 2017 introdusse per la prima volta in Italia la linea Off-White davanti a Palazzo Pitti mentre si svolgeva il Maggio Fiorentino, i cui concerti fecero da involontaria colonna sonora e resero magica, indimenticabile e italianissima quella serata. O quando, a gennaio 2019, Glenn Martens per Y/Project presentò la sfilata nel chiostro di Santa Maria Novella completamente al buio perché non c’erano fondi per l’illuminazione e allora ogni ospite venne dotato di una torcia,
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illuminando durante il percorso per andare al posto l’immenso Crocifisso di Cimabue, cosicché tutti pensarono a una trovata scenografica geniale. O ancora, l’idea di Romeo Gigli che utilizzò gli abitanti del quartiere di San Nicolò per farne i modelli del suo corteo di stile, nel 1991. Per non parlare dei grandi debutti (Dries Van Noten, Roberto Cavalli, Viktor & Rolf ), gli anniversari (lo show G. A. Story di Giorgio Armani con la regia di Bob Wilson, nel 1996) le ultime apparizioni (il défilé di Versace pochi giorni prima di essere ucciso), l’unica sfilata in Italia (Yohji Yamamoto, Rodarte, Cottweiler).
AD ASCOLTARE Lapo Cianchi,
direttore comunicazione ed eventi e Francesca Tacconi, responsabile dei progetti speciali e coordinatrice eventi,
Un rappresentante dei «Pitti Peacocks», i pavoni del Pitti, in posa per i fotografi alla Fortezza da Basso. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Guillaume Meilland e Paul Andrew, autori del menswear di Salvatore Ferragamo alla fine della sfilata in piazza della Signoria l'11 giugno 2019.
Jeremy Scott nel finale della sfilata Moschino il 18 giugno 2015.
Gianni Versace, Naomi Campbell e Donatella Versace a Firenze per la sfilata nell'Anfiteatro del Giardino di Boboli, aperta da un balletto di Maurice Béjart, il 26 giugno 1997.
Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli nel backstage della sfilata dell'11 gennaio 2012 per la loro collezione maschile per Valentino.
Lucie e Luke Meier in passerella alla fine della sfilata Jil Sander l'8 gennaio 2020.
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Marco de Vincenzo alla sfilata del 12 giugno 2019.
c’è da ridere e da commuoversi per la sterminata aneddotica sulle «guest star» invitate a Firenze durante il Pitti con performance ideate ad hoc. «Quando li chiamiamo» dice Tacconi, «si dimostrano in genere molto lusingati e cooperativi, tanto da trovare soluzioni creative perfino se le finanze scarseggiano. Per sceglierli, prima di tutto ascoltiamo suggerimenti delle persone di cui ci fidiamo: a cominciare da Antonio Cristaudo, responsabile marketing del gruppo Pitti Immagine, per brevità Mr. Pitti, un viaggiatore tra le diverse fashion week del mondo, ma che ha trovato sempre nomi nuovi, ad esempio il sudafricano Thebe Magugu, a giugno 2020, ha inaugurato la prima edizione a riaprire tra un lockdown e l’altro. È interessante che siano proprio i nomi più giovani o che vengono da realtà lontane a cercare i luoghi dove vibra di più la storia della città, dove si sente di più la presenza del passato. Può sembrare strano, ma non lo è. Firenze mette in rilievo una specificità identitaria del singolo creatore che vive in un contrasto felice con l’ambiente circostante. A tutti loro viene dedicato tempo e attenzione: è proprio la disponibilità di avere una serata tutta per sé a renderli così felici».
S’INCROCIANO suggestioni estetiche,
sonore, visive, artistiche: una tempesta di stimoli che poi si ritrovano nelle vie, nelle piazze, nelle stradine della città che si trasforma in un palcoscenico dove si riversano signori che, uscendo dalla cittadella fieristica, competono per look stravaganti in modi strani, in contrapposizione ad aspiranti dandy che vestono abiti formali in un colore, una sorta di cobalto, un Bleu Royal, che
Firenze mette in rilievo l’identità del singolo creatore si trova solo qui, e ha determinato la nascita della razza vanitosa di maschi nota come i «Pitti Peacocks» (pavoni di Pitti). Si accalcano come ippopotami all’abbeveratoio, col nodo della cravatta bello consistente, nella piazzetta della Fortezza da Basso, al solo fine di farsi fotografare. E questo da molto, moltissimo tempo, prima che nascessero i fotografi di streetstyle, gli influencer, e le icone più rappresentative di stile, in un crescendo di narcisismo che, chissà, forse è stato anche all’origine del tema di quest’anno: Reflections, illustrato da un video e dalle foto dei Narènte, cioè Lucio Aru e Franco Erre, duo di artisti sardi che vivono in Germania: «L’idea nasce a Kreuzberg, in una libreria che si chiama Motto. Lì ho comprato un libretto dedicato alle opere dell’artista Eric Oglander, che lavora con specchi disposti nel centro di paesaggi a duplicare o nascondere la realtà. Lo specchio come tema del doppio, del riconoscersi, dell’identità propria e dell’altro, segno contraddittorio che è inganno, illusione, alterazione, vanità, narcisismo, voyeurismo, evasione. Ma anche nuovi sguardi, altre prospettive, rifrazioni impreviste» riferisce il direttore generale di Pitti Immagine Uomo, Agostino Poletto. «Certo c’è anche l’esercizio della riflessione, della ripartenza che comporta il mettersi in gioco, il non addormentarsi mai sugli allori» continua. C’è da dire che a Pitti da sempre si sperimentano nuove formule per mostrare la moda senza per forza
né cristallizzarla in un ambiente museale, né spettacolarizzarla in vetrina di ciò che gli uomini indosseranno tra un anno: dalla Stazione Leopolda, teatro di esposizioni fondamentali, alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti, dalla semisconosciuta Villa Palmieri all’Istituto di Scienze Militari Aeronautiche, l’intera città diventa un luogo anche dell’immaginario che ridefinisce le relazioni tra circostanza commerciale e contesto culturale, confermando la perspicacia mercantile rispetto alla staticità delle istituzioni. «Cercando di seguire le evoluzioni del vestire maschile vogliamo “stare sul pezzo”: quando, negli anni Novanta, abbiamo capito che sempre più la moda s’ispirava all’arte contemporanea, si è deciso che aggiungere alla fiera dei momenti dove convergessero menti creative non solo dalla moda ci avrebbe legittimato anche presso una nuova generazione di stilisti, che già avevano iniziato a stabilire quel dialogo: persone che facevano da ponte tra varie forme di espressività» assicura Cianchi. «Abbiamo tentato di concentrare le provocazioni e i mutamenti creativi in una città che diventasse un centro propulsivo di energie». A quali è più affezionato? «A quelli con Raf Simons, Jun Takahashi di Undercover, Rick Owens, Martin Margiela. Con molti si sono attivati circuiti di confronto necessario con storie parecchio diverse: la moda è un enorme estuario dai piccoli e preziosi affluenti che portano anche acqua purissima».
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Classico
REGOLE, CANONI E CONSUETUDINI. LA COMBINAZIONE DELLE NORME DELLA TRADIZIONE HA CREATO UN AGGETTIVO PASSE-PARTOUT CHE HA IL POTERE DI SALVAGUARDARE UNO STILE PUNTUALE. LO STESSO CHE DA OLTRE UN SECOLO DESCRIVE IL GUARDAROBA MASCHILE CON PRECISIONE E POCHE VARIANTI
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Myths
La lana «da combattimento» tra tech e tradizione TESTI DI VERONICA RUSSO
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a lana è la protagonista. Anche in questa collezione di pantaloni Myths per il prossimo inverno. Non una qualsiasi, ma quella garzata, dal tocco soffice, o quella militare, dalla mano più cruda e moderna; e poi la cordura, la «combat wool», la lana da combattimento perché resistente e con una buona capacità termica. Senza dimenticare che prodotti realizzati come si deve nascono da grandi collaborazioni, ad esempio quella fra Myths e Bonotto,
Pantaloni di lana garzata Myths: dal tocco soffice, sono di filati ripresi dagli archivi dei più importanti lanifici italiani. A destra, lo show-room.
lanificio conosciuto in tutto il mondo. Dall’incontro di queste due eccellenze è nata una collezione limited edition: Recycled Luxury Wool, 499 pezzi in filato riciclato numerati a mano e consegnati in una speciale confezione personalizzabile. Per chi poi non volesse rinunciare ai jeans, Denim Myths è un’altra nuova collezione con tessuto riciclato e lavorato in rispetto dell’ambiente.
SONO 499 I PEZZI NUMERATI A MANO DELLA RECYCLED LUXURY WOOL LIMITED EDITION © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lebole Green
La moda rinasce: indumenti vintage diventano i capi per l’inverno
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on è più il momento di sprecare e per questo motivo Lebole – quest’anno fuori dalla Fortezza da Basso – punta sul suo progetto più attento all’ambiente: Lebole Green Eco Friendly. Come si aiuta il pianeta? Con un concetto di moda circolare (l’ultima collezione si chiama The Circular Collection): i capi non si esauriscono in poche stagioni (niente «usa e getta») e sono in lana rigenerata grazie alla collaborazione con Comistra. L’azienda tessile prende indumenti ormai
vintage e li riporta a nuova vita senza utilizzare alcun colorante (il colore resta quello dei capi originali, selezionati a seconda delle tinte). Ma anche tutti i dettagli che impreziosiscono gli abiti sono «eco»: i bottoni sono in Zetabi, cellulosa biodegradabile; l’etichetta è in filati ottenuti dal riciclo delle bottiglie, e perfino le grucce sono naturali perché realizzate con l’amido di mais. Poi, ovviamente, c’è tutta l’eleganza firmata Lebole.
Nel disegno, il modello di un morbido cappotto della collezione sostenibile The Circular Collection di Lebole Green. A destra, alcuni look del brand.
LE GRUCCE SONO ECOSOSTENIBILI PERCHÉ REALIZZATE CON AMIDO DI MAIS MENTRE I BOTTONI SONO BIODEGRADABILI
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Lorenzoni
Tendenza preppy: ispirazione campus universitari
Dolcevita anni ‘70 con lavorazione a treccia di Lorenzoni in cashmere «rigenerato», morbido e sostenibile. Sopra, il loro stile preppy.
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icordate i plaid anni Settanta con gli scacchi in stile inglese? Facevano subito «serate passate a chiacchierare con gli amici davanti a un camino». A quelle suggestioni si ispirano le polo in alpaca spazzolata firmate Lorenzoni, un gusto rètro che ritroviamo anche nei colori verde naturale e kaki. Uno sguardo al passato sempre rivolto anche al futuro: i capi del Maglificio Liliana, di cui Lorenzoni è uno dei brand, sono realizzati in fibre naturali e sostenibili
perché rinnovabili, riciclabili e biodegradabili (anche l’azienda stessa cerca di non impattare sull’ambiente, ad esempio utilizzando un impianto fotovoltaico per il fabbisogno energetico ed evitando tinture aggressive). Tornando allo stile, dilaga quello preppy, con i capi ispirati alle divise dei campus universitari, anche se ciò che si distingue sono i blazer in maglia o in forma di giacca-camicia da indossare sul dolcevita.
LA GIACCA-CAMICIA VA INDOSSATA SOPRA A DOLCEVITA SOTTILI IN COLORI ASSOLUTAMENTE NATURALI © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Briglia 1949
Espressioni genderless come punti di partenza di un nuovo stile
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e linee si fanno più soffici, meno nette, i pantaloni sono più comodi, con un aspetto ammorbidito. Spirito dei tempi: eleganza sì, ma che vada a braccetto con il comfort. Briglia 1949, azienda campana di pantaloni dallo spirito artigianale e sartoriale (con 500 punti vendita nel mondo) propone una collezione leggera, rilassata, a partire dalla scelta dei tessuti: materiali tutti naturali che spaziano dai cotoni alle lane spesso mixati con fibre di nuova
Fibre naturali di origine bio per la collezione Genderless (anche con coulisse e pinces).
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generazione, ma pur sempre di origine «bio» come il modal (ottenuto dalla filatura dell’albero del faggio) e il lyocell (estratto dalla pianta di eucalipto). Ed è anche il debutto della prima collezione invernale Genderless Briglia: pantaloni che sono assolutamente per tutti, a prescindere dal genere, dato che oggi una netta distinzione fra maschile e femminile non ha ormai più senso.
LA CAMPANIA SI CONFERMA BALUARDO DELLA TRADIZIONE DEL MADE IN ITALY PIÙ SOLIDA
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Latorre Cappotto trequarti in cashmere naturale rivisitato per la stagione autunno-inverno 2022-23.
Autosufficienza energetica: i valori aziendali sono green
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a moda deve essere anche gentilezza: verso se stessi, coccolandosi con morbidi cashmere ecosostenibili, e verso l’ambiente che ci circonda. Lo ha ben chiaro Latorre che presenta la collezione «Roots», radici. Per capirla a pieno però bisogna iniziare dalla loro azienda di Locorotondo, Bari: quasi del tutto autosufficiente da un punto di vista energetico, investe nell’ambiente piantando nuovi ulivi e destinando parte del
ricavato dei modelli di punta di questa collezione ad associazioni che si occupano di rigenerazione del territorio. A proposito di modelli: il più iconico è il nuovo cappotto doppiopetto che presenta una martingala posteriore e tasche a pattina. In fibre naturalissime, ovviamente.
TECNOLOGIE ULTRA MODERNE E MANI SAPIENTI GARANTISCONO UNA PRODUZIONE SARTORIALE © © RIPRODUZIONE RIPRODUZIONE RISERVATA RISERVATA
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Belvest
Stile barocco e modernità dei millennials. Ecco il new sartorial
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ono due i temi di ispirazione della collezione Belvest (abbigliamento classico da uomo d’ispirazione sartoriale dal 1964): da una parte c’è un tocco di barocco, dall’altra tutta la modernità dei millennials. Una cosa non esclude l’altra, ed entrambe strizzano l’occhio alla leggerezza che si ritrova nelle tinte vivaci e nei soffici capispalla (come il bomber in lana 14,5 micron). Poi ci sono i blazer in pied-de-poule
Giacca doppiopetto in lana e cashmere firmata Belvest. A destra, giacca e gilet pied-de-poule e peacoat con revers a scialle.
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tridimensionale, il peacoat con collo a scialle, le T-shirt in cotone e cashmere da indossare tutto l’anno e i pantaloni, come il modello «Sartorial Jogger» con la coulisse. Senza scordare un altro capisaldo di Belvest, la sostenibilità, che si persegue ad esempio utilizzando fibre naturali e persino bottoni «bio» come quelli in tagua, l’«avorio naturale» ricavato da noci di cocco.
COS'È LA TAGUA? L' AVORIO NATURALE OTTENUTO DALLA NOCE DI COCCO UTILIZZATO PER REALIZZARE I BOTTONI
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Xacus
Il cotone che non c’era: flessibile e traspirante. Obiettivo relax
A destra e sopra la nuova camicia Flex Shirt di Xacus: in cotone flessibile e traspirante, accompagna i movimenti di chi la indossa senza spiegazzarsi.
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siste una camicia in 3D? Sì, l’ha inventata Xacus presentandola in anteprima a Pitti a Firenze. È la nuova Flex Shirt realizzata in un cotone avveniristico flessibile e traspirante (fibre tecniche di poliammide ed elastene intrecciate a pregiati filati). Il capo, leggero, accompagna nei movimenti chi lo indossa e resta sempre in ordine, da mattina a sera. Poi però la nota camiceria vicentina propone anche morbide
flanelle di diversi pesi (anche stampate, in collaborazione con Liberty of London), velluti a coste o liscio con macro disegni, e continua a utilizzare ampiamente materiali pregiati, ma riciclati. La sostenibilità per Xacus resta infatti centrale, a partire dall’uso del cotone organico o di tessuti che mischiano lana e tancel (filato «bio» ed ecologico che si ricava dalla pianta di eucalipto).
IL BRAND DI CAMICIE VICENTINO SI AVVALE ANCHE DELLE STAMPE DI LIBERTY OF LONDON. ATMOSFERA BRITISH E DETTAMI GREEN © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Leisure
GODERSI IL TEMPO. SOPRATTUTTO QUELLO LIBERO. UN MODO DI VESTIRE CHE SCONFINA VOLENTIERI NELLO SPORTIVO MA ANCHE NELL'URBAN. È IL TEMPO DEL «NON LAVORO», QUINDI QUELLO DEL PIACERE E DEL DIVERTIMENTO, CHE LASCIA SPAZIO ALLA CASUALE CREATIVITÀ DEL SINGOLO
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Paul&Shark
Save the sea from plastic: progetti sostenibili TESTI DI VERONICA RUSSO
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ome sempre l’acqua, in ogni sua declinazione, è fra i primi pensieri del team creativo di Paul&Shark. Anche questa ultima collezione è in buona parte una dichiarazione d’amore: il tema è Wear the Ocean, indossa l’oceano, però proteggilo anche, perché è una delle più grandi risorse che abbiamo. Allora, ad esempio, la nuova maglia ibrida Save the Sea non è solo un capo di design da indossare, ma è pure realizzata in Typhoon Save the Sea, tessuto ricavato
Sopra, il piumino Econyl Sea Shade della collezione Wear the Ocean di Paul&Shark. A destra, giacche nei toni della natura.
dalla conversione di bottiglie in plastica recuperate in mare. In più il brand utilizza, per la tintura dei suoi materiali, la tecnologia e.dye Waterless Color System, capace di ridurre dell’85 per cento il consumo di acqua per la colorazione, di abbattere del 90 per cento le sostanze chimiche nocive, e di produrre il 12 per cento in meno di CO2 rispetto ai metodi di tintura tradizionali. Capi piacevoli, morbidi, sportivi, con un’anima.
ATTRAVERSO L'USO DI MATERIE PRIME E TECNOLOGIE SOSTENIBILI IL BRAND S'IMPEGNA A RIDURRE IL PROPRIO IMPATTO AMBIENTALE © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Impulso
Nato per la sola maglieria si è evoluto con i total look
Overshirt reversibile firmata Impulso: un po’ camicia, un po’ capospalla. Sopra, parka con coulisse in vita realizzato con tessuti tecnici e naturali insieme.
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na delle parole d’ordine è «ibrido»: le maglie e i giubbini non sono più banalmente solo questo, ma coniugano più caratteristiche per trasformarsi in qualcosa di nuovo. Come nelle overshirt reversibili firmate Impulso: un po’ camicia (ne ha tutti i dettagli) e un po’ capospalla in nylon. Un’altra parola d’ordine è «colore»: c’è voglia di un futuro positivo, luminoso, e allora i toni giusti sono il «cardio orange» o il giallo vitaminico anche in pieno inverno, declinati su pullover voluminosi
e morbidi grazie alla lavorazione a trecce. Poi ci sono i giubbini con i tasconi che (altro ibrido) cuciono insieme filati preziosi e tessuti tecnologici e il colore che, invece che aggiunto, viene tamponato via a mano per ottenere il motivo tie&dye, l’effetto marmorizzato. Altro punto di forza del brand sono le tute: in maglia o in interlock (cotone biologico a maglia incrociata), sono pensate per pigri dal cuore sportivo.
L'AZIENDA È UNA GREEN COMPANY E RISERVA MASSIMA ATTENZIONE ALL’AMBIENTE, EVITANDO L’UTILIZZO DI TINTURE AGGRESSIVE E NOCIVE
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Richard J. Brown
Jeans o capo sartoriale? Exclusive denim italiano
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a natura in ogni sua declinazione. Il rispetto e l’amore per l’ambiente come caposaldo di Richard J. Brown, brand di denim di lusso italiano. Anche per la collezione autunnoinverno 2022-23, presentata in anteprima a Pitti, la filosofia intelligente e molto «bio» del brand viene declinata in ogni nuovo capo proposto. La massima espressione di questo modo di pensare la moda si ritrova nei capi con un’anima verde, «With a Green Soul» appunto:
In alto e a destra un modello e un dettaglio di un jeans Richard J. Brown foderato in cashmere. Sopra, denim modello Copper, con la cimosa color rame.
jeans realizzati con un’impronta sostenibile in ogni loro componente: dal tessuto ai bottoni, dalla salpa (l’etichetta posteriore del jeans, quella con il marchio) a tutte le rifiniture. Tra le novità il Manila: i tradizionali pantaloni con pinces sono arricchiti da fibbie laterali. E poi ci sono i tessuti reattivi, che cambiano con il movimento del corpo, i morbidi cashmere che foderano l’interno dei jeans e le gabardine «croccanti».
SALPE, RIVETTI, ETICHETTE E BOTTONI ESCLUSIVI PER AVERE TUTTO PERSONALIZZATO © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lotto Leggenda
Design contemporaneo e anima sportiva dal gusto rètro
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La «prima» scarpa modello Signature firmata Lotto.
a scarpa è già iconica di per sé: ripescata dagli archivi Lotto, Lotto Leggenda s’ispira ai modelli delle sneakers più famose d’Italia – e più amate dagli sportivi – negli anni Settanta (piacevano al tennista John Newcombe), Ottanta (era ai piedi degli «azzurri mondiali» di calcio dell’82) e Novanta (con testimonial, ancora nel tennis, Boris Becker). Per l’autunno-inverno 2022-23, e in anteprima a Pitti c’è la nuova Signature, riproposta in due varianti da indossare sempre, non
ICONICHE CHE PIACCIONO AI CAMPIONI: LE SNEAKERS SIGNATURE, PREFERITE DAGLI SPORTIVI
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solo nello sport: la Edge, con un design rinnovato nei tagli e nei dettagli, e la Mid in pelle bianca o nera, per esaltare al massimo il disegno della scarpa. E poi c’è l’ultima Tokyo, anch’essa ripresa dagli archivi storici del brand trevigiano: è la Tokyo Fuji, evoluzione della Shibuya, con volumi più importanti e un gusto più tecnico. Icone per icone passate e presenti, come il tennista Matteo Berrettini: lui è un fan Lotto.
Fred Mello
Casual made in Usa e gusto europeo
Maglia girocollo a maniche lunghe Fred Mello con grafica che richiama la bandiera Usa, fondo e polsini in costina. Sopra, due look della collezione autunnoinverno 2022-23.
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ispirazione viene dall'America, ma il know-how, la mano e l’artigianalità di Fred Mello sono tutti italiani. Da questo connubio virtuoso nascono capi che seguono ovunque (il famoso casual «made in Usa»), per far star bene sia fra quattro mura sia al grande freddo, con un occhio alle tendenze della moda (il gusto italiano) e un altro rivolto a ciò che, in un armadio, non può mai mancare. Allora largo
ai morbidi parka in cotone e poliestere con l’imbottitura trapuntata (non passa inosservato quello rosso acceso), alle felpe con cappuccio foderate in jersey e ai sempiterni pantaloni cargo: quelli Fred Mello sono in gabardina leggermente elasticizzata e hanno il bottone logato.
A PITTI, OLTRE A QUELLA MASCHILE, ANCHE LA COLLEZIONE DONNA CON MORBIDI PIUMINI IN NYLON CANGIANTE © RIPRODUZIONE RISERVATA
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L ’ U LT I M A PA R O L A
di Jordan Bowen e Luca Marchetto / JordanLuca
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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JANUARY-FEBRUARY, 2022 ENGLISH TRANSLATIONS BY DAVID DICKENS, NICHOLAS NEIGER, CHRIS THOMPSON COPY EDITOR: PIER ANDREA CANEI
EDITORIAL
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A Message to everyone BY ALESSANDRO CALASCIBETTA
The late Virgil Abloh achieved a perfect synthesis between fashion and contemporaneity with his last two Louis Vuitton collections; Alessandro Michele has found an ongoing equilibrium through the introduction of the semiformal in Gucci Man; every season Sarah Burton takes a reassuring sartorial approach to menswear by Alexander McQueen, and Pierpaolo Piccioli is working on the dreamlike aesthetic of the Valentino to render it more commercial, and Jonathan Anderson is engaged in a search to reinvent volumes with Loewe and JW Anderson – and now, among the successful fashion designers who have made a name for themselves in the second millennium, Kim Jones is the first to promote a new concept in men’s fashion. He does so with a crisp cut, restating values that until recently seeemed to have fallen out of favour, taking a step backwards to re-evaluate a concept of menswear we had forgotten. With the Dior Men Fall 2022 collection presented in London last December, Jones left behind the immateriality and somewhat directionless search for identity to reveal – unexpectedly, it could be said with some justification – a sense of practicality and precision, introducing wearable clothing. Attractive and wearable.
dose of creativity to transform the garment or accessory into an object of charm and fascination, something beautiful and desirable that can communicate messages, it might be called fashion. Yet, fhe future of fashion is, at least in part, already in the hands of an emerging cohort of talented individuals who accuse the media that count of ignoring them. In our defence it might be argued that they in turn look down at the doyens of the press as if to say “Still around, that one?” It’s not entirely clear if this snobbery is down to them or those PR people thinking they’re bigger stars than the designers, but that’s another conversation.
among you are many potential clients of those youthful outfits. Like art, fashion is the most immediate medium of communication because the message reaches all, and the job of the fashion creator is one of the most fascinating I know – still, survival depends on goods leaving the shelves. That’s why when designers work on their collections they should stop for a minute and consider a very simple truth – when we look in the mirror we choose the clothes that make us look good, and put the unflattering ones back on the rail. LIFESTYLE
- pag 23
Trani’s house of clothes: an eclectic palazzo BY FIORENZA BARIATTI
In this issue we talk about some young fashion designers. Some collections burn with passionate intensity while others are still dominated by a sense of uncertainty. It’s for you readers to decide, because
In the centre of Trani (BT), where the road leads down to the port passing between aristocratic palazzos and white stone architecture, a late 19th century mansion (pictured) is home
Trani’s palazzo Pugliese
I used the word “clothing” because that’s what it’s all about – an industry whose primary function is to make and sell garments that exist to dress the wearer. If there’s also a healthy
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to more than 200 brands. Classical luxury sits alongside meticulously selected items handpicked by Giuseppe Nugnes, the third generation proprietor of the Nugnes 1920 boutique, and by art director Carlo Cellamare. Palazzo Pugliese is many things: a journey into different worlds (the bespoke, the minimalist globetrotter and women’s fashion), a store spanning a thousand square metres, a lounge for the community that has developed over time, a club for those from the surrounding areas in Bari and Barletta who come to see (and buy). And also for those who come to admire the great 1960s chandelier, tread the unevenly textured wrought concrete floor reminiscent of an olive oil mill, wander past the light panels on the walls with some ultra-contemporary touches or wonder at the items on display in two monolithic elements made of copper, a material typical of the region’s domestic tradition.
As featured in The Men’s fashion book: Stephen Jones’ Fox hat for Thom Browne (1991)
BOOKS
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Menswear past and present
Two hundred years of fashion in “The Men’s Fashion Book”. BY MICHELE CIAVARELLA
LIFESTYLE
- pag 24
Belgium’s top fashion museum is reborn BY LUCA ROSCINI
“Ceci n’est pas la mode belge”: indeed, it is international. Antwerp’s MoMu fashion museum, northern Europe’s largest exhibition space, has experienced a renaissance. After closing for renovation, its 2,000 square-metre spaces include an auditorium with extending stage and new display systems for a collection that comprises over 35,000 pieces. The garments are by Belgian designers, including, of course, the so-called “Antwerp Six” as well as international names like Martin Margiela, Raf Simons, Helmut Lang, Yohji Yamamoto, Bernhard Willhelm, A.F. Vandervost and Olivier Theyskens. The reopening is rounded off by a series of events concluding in late January to promote fashion culture in Antwerp. “The city must breathe fashion”, says Culture Minister Nabilla Ait Daoud, “But also use it as an opportunity for introspection”.
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From A to Z and more: subcultures, deviations, descriptions, influences and citations. It is not just a matter of chance that male fashion is in the spotlight while culture at large is questioning the slide of the patriarchy, and the toxic masculinity it has generated, while investigating the concept of genderlessness and the shared wardrobe. This is probably one of the reasons behind the need to bring together a range of notions, information and stories in encyclopaedic form. Doing just that is The Men’s Fashion Book (it might be more fitting to call it a tome) published by Phaidon with it 528 pages expressing 500 voices including designers (126), brands (96), personalities, retailers, models (13), stylists, photographers (35), graphic designers and many other figures who have played an important role in the last 200 years of men’s fashion. Faithful to the encyclopaedia structure, the information is organized into a logical and organic system. The volume, written and curated by Jacob Gallagher with contributions from the publisher, proceeds in
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alphabetical order bringing together images and texts, including names like Giorgio Armani, Calvin Klein, Rei Kawakubo but also renowned tailors and “unofficial” personalities such as Dapper Dan. Alongside mods, punks and rockers, tailoring and industry, fabrics, innovation and technology, there is also space for David Bowie and his capacity for stylistic mimicry. The highly didactic, and very detailed, chronology makes it easy to observe the development of a sector that, over two centuries, has passed from tailoring to design and industry without ever losing the connotation of a code necessary to preserve male dominance in society. This can be seen also when the book analyses street style that, as occurred with sartorial fashion, continues to be a story of values that are predominantly male. At least until personalities like Harry Styles, who has his own dedicated section, burst onto the scene with an ability to represent themselves with clothes that have been stripped of their gender connotations. BOOKS/2
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Once upon a time, Louis It reads like Balzac but it’s the original Vuitton: a story of the man behind the global brand. BY PAOLO BELTRAMIN
The epic story of the fashion house that created the first global luxury multinational, LVMH (with its €5.3 billion in net profits in the first half of 2021), began in France in 1837 when a 13-year-old boy, the third of five children of a simple farmer, ran away from home and the stepmother that mistreated him and into the forest near the village of Anchay in Bourgogne. He never looked back. When the young Louis Vuitton arrived in Paris, the book of the moment was The Lily of the Valley by Honoré de Balzac, the protagonist of which seemed to be eerily similar to the young Louis. Caroline Bongrand’s biographical novel, Louis Vuitton, l’audacieux, published by Gallimard, boasts a wealth of detail and the compelling style of a prolific author capable of keeping readers
awake just like a good cup of coffee (the man himself was rumoured to have drunk about 50 a day). As a result, the book reads like a previously unreleased appendix to Balzac’s Human Comedy. What better compliment to pay a book (and a life) than to say it encapsulates the very soul of France? It is impossible to spoil a tale that has a twist in every chapter, and there are 62 of them. Just to think that this impoverished boy became an apprentice, the apprentice developed into a talented businessperson and finally a revered maestro. Among those he encountered on his journey are Empress Eugénie de Montijo, wife of Napoleon III (“le Petit”), the famed Virginia Oldoini, Countess of Castiglione, cousin of the Count of Cavour, “Queen of Hearts” and femme fatale, but also the scientist Louis Pasteur (the importance of vaccines was clear even then) and oil baron John Davison Rockefeller as well as the sculptor Frédéric Auguste Bartholdi. One fine morning, in fact, Bartholdi entered the shop on Rue Scribe and asked the aging Louis, who was about to hand over the reins of the business to his son Georges, to make a large bespoke trunk in which to transport his latest work to New York. The work in question was a model of a woman dressed in a toga and holding up a flaming torch in her right hand. Anything come to mind? Read it to believe it. ART SHOW
an exhibition showcasing the culture that nurtured the museum’s founder. In the mid-1960s a handful of boutiques in London’s Chelsea district, including Biba, Mr Fish and Quorum, sparked a fashion revolution based on psychedelia and vintage appeal, giving free rein to wide-ranging individual styles inspired by the socio-political zeitgeist and debate surrounding gender and sexual liberation. It may be a mystery to us now how a group of shops could become the incubator for a vast street movement, creating a counterculture that overturned conventions in dress, but in fact the process isn’t that much different from the phenomenon of creating communities on the social networks. A disparate crowd of young people
How Biba and Quorum turned into incubators for social change. BY MICHELE CIAVARELLA
In 1966 Zandra Rhodes opened her London boutique, The Fulham Road Clothes Shop. She then became a fashion designer, earning the title “Princess of Punk”. She eventually became a Dame, and in 2003 she founded the Fashion and Textile Museum. Until 13 March it is the venue for Beautiful People: the Boutique in 1960s Counterculture,
ART SHOW/2
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Masculinity is a developing story
Statues and underwear, unisex and the 1700s, dandyism and Rick Owens. the thousand variables that shape today’s man BY MICHELE CIAVARELLA
Mick Jagger (circa late Sixties)
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Gender and sexuality in the boutique
appearance on the TV programme Ready Steady Go. The standout piece is the reconstruction of Quorum, a temple of refined fashion presided over by the inseparable trio of Ossie Clark, Alice Pollock and Celia Birtwell. However, Biba closed its doors in 1975 and Vivienne Westwood opened her SEX boutique, and safety pins and punk put an end to the brief but sparkling era of the Beautiful People, “Rich, hippy chic and Bohemian”.
collected around these shared values that Marianne Faithfull described with these words: “We were young, rich and beautiful and the tide – we thought - was turning in our favour. We were going to change everything, of course, but mostly we were going to change the rules”. The exhibition reconstructs the interiors of the period and displays garments from the time. Biba’s wallpaper and chequerboard flooring create a setting for the psychedelic clothing and Granny’s room is packed with William Morris print jackets, especially the resplendent Grenadier Guards jacket worn by Mick Jagger (pictured above) for the band’s
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Masculinity is a convention of the times. If the history books were not enough, the history of art bears witness, just like a photograph, to the variability of the meaning of “masculine” in clothes. Paintings and sculptures are among the first documents, even though classical sculpture left the hero’s body naked to express the essence of masculinity. Bringing together 100 items of clothing and 100 works of art is Fashioning Masculinities: The Art of Menswear. This exhibition at the Victoria and Albert Museum in London, from 19 March to 6 November, is first and foremost a reflection on the changing nature of the representation of masculinity and then a historical examination of its power. Divided into three sections, Undressed, Overdressed and Redressed, the exhibition does not attempt to mimic the Barbican exhibition of two years ago (Masculinities: Liberation through Photography) but appears to complete that investigation by also including evidence from pre-modern times. In fact, to celebrate the diversity of the body, Undressed compares a Mathew Bourne ballet, Spitfire, in which the dancers perform in underwear, with the Apollo Belvedere and the Farnese Hermes, just as the Overdressed section analyses the variations and
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possibilities of masculinities over the centuries, from the Renaissance to today, exhibiting the clothes of Gucci (the exhibition partner), Harris Reed, Grace Wales Bonner and Raf Simons alongside old paintings by Sofonisba Anguissola and Joshua Reynolds or works by Roberto Longo. And then there is Beau Brummell to consider. Doing so is the Redressed section that accompanies the male figure invented by the dandy lord (which would result in the “bourgeois uniform”) both in military uniforms and the clothes of youth subcultures like the mods and teddy boys, and the garments of Prada and Alexander McQueen, indicating a possible direction and evolution in the research expressions of Rick Owens, Rei Kawakubo, JW Anderson and in the works of multidisciplinary South African artist and designer Lesiba Mabitsela. MOVIE
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The elegance of espionage
A double-breasted tailored Savile Row suit is a perfect armour, according to “The King’s Man” BY HAKIM ZEJJARI
Gentlemen, the wait is over! After a series of delays The King’s Man - Origins, the third film of the Kingsman franchise and a prequel to the crazy, ultra-elegant British spy saga Kingsman - The Secret Service (2014), has just appeared on the big screen bringing with it a swish menswear collection. This time director Matthew Vaughn takes us back to the origins of the first independent intelligence agency. The film is set during the Great War and introduces two new characters, both with impeccable style – the Duke of Oxford (Ralph Fiennes) and young Conrad (Harris Dickinson), a fatherand-son team with clashing personalities must destroy a criminal plot hatched by history’s most nefarious minds. It’s a movie comic in a vintage sauce, a celebration of style that will make all of us feel
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Ralph Fiennes
an urge to renew our wardrobe. “When I was younger I was influenced by what actors were wearing on the big screen”, says the director. “An attractive look sticks in the audience’s mind and helps make the film memorable”. Reproducing the typically british class of the 007s of yesteryear, the Mr Porter men’s fashion e-commerce site has renewed its collaboration with the Kingsman franchise, creating a collection with director Matthew Vaughn and Michele Clapton, costume designer for The Crown and Game of Thrones. “The early 1900s was a fascinating period in the history of men’s clothing, with elegant suits and garments inspired by military uniforms”. One of the standout items in the collection is the belted leather aviator’s jacket (2,415 euro) worn by Ralph Fiennes (pictured above) in the film, a perfect mix of tradition and modernity that reflects the challenge met by this collection – to adapt last century’s fashions to modern times, using “softer materials and more contemporary silhouettes”. And once again we see a collaboration with some great names from the pantheon of historic British brands, from shoemakers George Cleverley to Turnbull & Asser, shirt makers to Prince Charles, and headwear from the prestigious, long-established firm of Lock & Co Hatters.
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PHOTOBOOK
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A talented man
A Tom Ford story in pictures, and changing perspectives. BY MICHELE CIAVARELLA
“The last 15 years of work that I had never told” explains Tom Ford, the man who’s had the fashion world dreaming for over 20 years, to encapsulate the contents of Tom Ford 002 (Rizzoli), the second volume that covers the period from 2005 onwards when, having left his role as creative director of Gucci and Yves Saint Laurent the year before, he founded his own brand with Domenico De Sole, CEO of the two PPR Group brands, which today are part of the Kering Group. Following on from Tom Ford 001, released in 2004, this new volume, after a foreword from Anna Wintour, an introduction from Graydon Carter, and an interview with Bridget Foley, lays out the images of him working to build his brand’s lofty reputation, the brand that shares his name, whilst adding new strings to his creative bow by directing two successful films (A Single Man with Colin Firth and Julianne Moore, 2009; Nocturnal Animals with Amy Adams and Jake Gyllenhaal, 2016). At the same time he took his creative style in a different direction, moving away from the idea of ultra-explicit sensuality that had characterized his 20 years at Gucci towards a counterpoise that
encompassed both minimalism and the vulgarity of trash television. “The break with Gucci was very traumatic and depressing: I thought I would be there for the rest of my life. There was nothing before me, no fashion shows, no collections” claimed Tom Ford in an interview with Corriere della Sera, he went on to specify that “one of the things you can allow yourself as you age is to be very honest”.
BY ENRICO ROSSI
Crime investigates the most blatant examples of appropriating other people’s ideas and the mysteries concerning the disappearance of famous garments worn by celebrities, as even a lovely dress can be held to ransom. Together with Teryn Parker, the host/detective of Most Fashionable Crime, the listener becomes directly involved in searching for clues and examining every theory. Take, for example, the episode dedicated to one of Lady Gaga’s dresses, made by Valentino and designed by Pierpaolo Piccioli. She wore the garment in 2019 for the Golden Globes. It was then left unattended in in her room at the Beverly Hilton Hotel, and the journey from the chambermaid’s hands to the American auction house Nate D. Sanders was a relatively short one. Even the Roman fashion house’s reporting of the theft didn’t lead to the return of the garment. In ten episodes the podcast draws on a variety of sources to assemble the pieces of the puzzle. The FBI uses the same method, giving a teenager the job of recovering the jerseys worn by American football champion Tom Brady in two Superbowl matches. They were later found in Mexico.
A crimes is a crime, but if we’re talking about fashion, copying another stylist’s design is almost worse than committing a heinous murder. The American podcast Most Fashionable
These clothing-related mysteries catapult listeners directly into the showbusiness world – from Khloé Kardashian, accused of fraud for the design of her Good American
Ford, who’s just turned 60, he was born on 27 August 1961, recently lost his husband, the journalist Richard Buckely, after 35 years together, and has a nine-year-old son who he describes as “the absolute perfection of my life”. This book, a visual ode to his work, capsulises his mania for perfection and sense of hyper glamour, all captured in photos by Inez & Vinoodh, Nick Knight, Steven Meisel and Mert & Marcus. PODCAST
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A perverse fascination with crime
A podcast about fashion-related misdeeds: plagiarism and theft.
Kim Kardashian
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clothing line (the problem was resolved through a secret agreement) to her sister Kim Kardashian West (pictured below), victim of a jewel heist during the Paris Fashion Week. Many other controversial figures make an appearance, from the fake heiress Anna Sorokin, alias Anna Delvey, to the “Granny Gem Thief ” Doris Payne. One interesting feature of Most Fashionable Crime is how it presents popular and more sinister subjects and characters side by side, from the exploitation of fashion-industry workers to large-scale shoplifting by South American gangs. MUSIC
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Singer making movies
Spine-tingling voice, unique performer, fashion icon, director: Moses Sumney, a true artist. BY PIER ANDREA CANEI
The figure of the all-round “musical artist” is an increasingly important phenomenon. A case in point - the word “typical” can’t really be used, as there aren’t, as yet, many like him about - is the 29-year-old Ghanaian-American Moses Sumney. Not only a singer, singer-songwriter and performer, he is also a multidisciplinary talent capable of penning memorable songs and expressing himself on stage, through the social media or on the pages of a magazine. He can interact with the creative energies of the fashion world, and as his instagram.com/moses account clearly shows, he takes what’s on offer and gleefully gives his own interpretation to all styles. He is the artist behind the recent Blackalachia video-documentary project financed by WePresent, the creative arm of the WeTransfer file transfer platform, acting as director, author and actor. In it Sumney, surrounded by a band in a rural setting, presents an intense live set without an audience, revamping tracks from the two albums that have helped establish a presence on the music scene - Aromanticism (2017) and grae (2020). One of today’s most distinctive talents around, he has responded to the standstills caused by the various
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lockdowns by abandoning Los Angeles for the hills of North Carolina and embracing a natural, contemplative lifestyle. The film-performance is also an expression of this, featuring his shimmering soul music that’s as fluid as his identity as experimenter/ shaman, crossing genders to create an independent, indefinable presence. The warmth of his rich, sensual voice makes it clear Sumney is no simple country boy. He also likes playing with his image, and has won the title of “Himbo of the Year”, a pet hunk (as it were) of fawning fashion media. But it’s not just narcissism: Moses Is equally at home picking out cuttingedge street fashion as he is striking statuesque poses in jeans. And the fashion houses are queueing up to (un)dress him. REPORT
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Spring fashion preview BY FIORENZA BARIATTI AND LUCA ROSCINI
Stress tests for Archive garments Travelling the world in search of testers, i.e. journeying far and wide in order to seek out people engaged in hard, tough jobs in close contact with nature, people whose passions lead them to challenging natural environments, like the slopes of volcanoes or Iceland’s geysers. This is a story that Michele Lupi, Men’s Fay Archive
Collections Visionary for Tod’s, began working on with Davide Monteleone, an explorer and photographer for National Geographic, when he was living in Moscow. It is a double narrative, one side in Italy and the other abroad, and consists of a collection of images that are a testament to human resistance and that of the Fay Archive garments. Archive is a Fay project that aims to highlight the brand’s roots as a maker of jackets for American firemen, acquired by the Tod’s group in the mid-eighties. Years have since passed and thanks to Alessandro Squarzi, creative director of Fay Archive, the Firemen’s outerwear has been updated and transformed into an icon piece of the Marche brand 4 Ganci. Archive doesn’t make “fashion collections”, Archive “works with people who work” and that is why it has chosen to communicate through people. Their so-called “testers” are given a 4 Ganci jacket to use, or rather, in Lupi’s words, “to put to the test”. Now is the turn of Giampaolo Bergamaschi, a driller by profession, Enduro motorsport rider and skilled motor mechanic. Among Enduro enthusiasts he is known as ‘Bleu’ and he lives in the high hills in the north, just a stone’s throw from where four regions meet. Always outdoors assembling engines and motorbike frames, he is a “man who never turns back” says Lupi, “not even when faced with obstacles that seem insurmountable and that would discourage most people”. He is now wearing the 4 Ganci on his travels, but in a year’s time that jacket will probably end up on display as if it were a work of art, demonstrating the robustness of the material and workmanship as well as the timeless aesthetics of this garment, which began life as workwear. A bomber revolution in the 2000s Having begun life as a garment for pilots of the Royal Flying Corps to protect them from wind and humidity while flying, the bomber jacket continued its stylistic evolution with developments in its shape, materials and colours. Then it returned as a
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must for young people in the eighties, strictly black or midnight blue with a contrasting orange interior. The latest update, spring-summer 2022, comes from Herno and is called Gloss, a hooded bomber jacket personalised with the brand’s logo – the ‘H’ for Herno – made of crinkled nylon with a matt effect. The colours, the strong point of this product from the ‘Made in Italy’ outerwear brand, range from orange to military green, purple to cobalt. The company founded in 1948 and reinforced with some important creative additions, such as research into materials and an enthusiasm for the practical transformation of ideas, continues to experiment by reimagining garments from the male aesthetic tradition. Pragmatic design A 30-year-old advertising campaign on the inclusive spirit of the A|X Armani Exchange brand was the inspiration behind the Everything from A to X project: garments that are easy to wear, mix and match. A collection of organic cotton T-shirts and sweatshirts, anoraks, parkas, chinos, shorts and knitted blazers, all are essential pieces that respond to a single “product philosophy”: pragmatic design and sustainable materials. These are joined by footwear and accessories (including box-fresh white trainers and a nylon backpack). “A system of elements that everyone can interpret freely, without the need for anything else.” Hidden functionalities Awc is the new acronym that defines all the functions of Geox Respira outerwear for next spring-summer. Any weather condition – AWC – is intended to highlight the versatility of these garments. The technology involves a very light inner lining that allows thermoregulation and comfort while the outer layer ensures the garment is rainproof. Cutting-edge technological solutions for a collection that ranges from parkas to twill overcoats. The brand’s traditional features of breathability are ensured by the so-called “breathing tape”, a ventilation strip
positioned behind the collar and completely out of sight. Combinations for beach types One brand, many facets. The story of Guess began 40 years ago when the Marciano brothers left France for Los Angeles and their decision to move brought immediate rewards. Jeans were the item of the moment and the Marcianos were proposing them in a different guise, with distinct cuts and innovative washes, in other words “in a fashionable interpretation”. The advertising campaigns featured young women, such as Claudia Schiffer, Carré Otis, Eva Herzigova and Laetitia Casta, fully capturing the brand’s provocative spirit. And that is how it has remained, as can also be seen
Guess Activewear
in the men’s Activewear range for spring-summer 2022: wavy fabrics, cotton twill, scuba, stretch nylon printed with the logo or camouflage variations in earthy grey, indigo, white, dark mauve, ocean blue, red and light heather shades. Dedicated to a trip inspired by 1970s California (beach volleyball with a touch of basketball, enriched with modern touches, mirror details, tropical prints and logos, neon coloured ribbons and laminated effect finishes), the modern retro theme combines college style with technical details. Different fabrics (light wool, technical linen, cotton, blends, silk, leather, Supima
cotton, suede, stretch gabardine), prints (foliage, desert and stripes) and colours (navy, salt white, pistachio, cream yellow, Turkish sea blue, moss, lilac, silk blue, mountain honey, hazelnut wood, light blue and crème brûlée) can be found in the Marciano collection, which includes Gentleman essential. The latter is a capsule collection of everyday garments, while Le jardin du desert consists of elegant, lightweight pieces with defined silhouettes: shirts and short chinos are complemented by field jackets and sweaters. Bowling shirts, gabardine trousers, silk-blend T-shirts, safari shirts and seersucker suits create the look called The good Italian. Art on the track Experimentation and functionality have always been the vehicles communicated by Stone Island. Now translated into videos and works (presented at the recent edition of Art Basel in Miami) that unite art and motocross, a seemingly jarring pairing called Annex, created by Thibaut Grevet. “By putting art on the motocross track, we are exhibiting the pieces in a setting that is not traditionally a place for high art. In this way we are highlighting the influence of each work with a shift from aesthetics to thought,” says curator Katja Horvat. Top of the pops From the stage to prints on white T-shirts: Jim Morrison, Michael Jackson and Freddie Mercury are transformed from pop icons to elements of aesthetic communication thanks to Marco Lodola, an Italian artist whose production is proudly pop and has always been linked to the tradition of popular music. Lodola has created three iconic prints on T-shirts for Antony Morato, all linked to these three musicians. They will be available to buy from March. The perfect wave Recco, Varazze, Santa Marinella and Forte dei Marmi, Portonovo and even, surprisingly, Ostia Lido. You don’t have to dream of California or the coasts of Australia to find the perfect wave:
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Sundek
Sundek’s Goldenwave collection is wholly inspired by Italian surfers. The oceans are referenced in tie-dye washes and the irregular bleaching of the colours, not only on swimwear but also on clothing. The tech value of daily life Transgenerational volumes are the subject of Loro Piana’s stylistic reflection applied to the upcoming spring-summer season. Here’s what this means: using research capable of codifying the archives but also embarking on new pathways to rediscover silhouettes of coats, dresses and knitwear that are outside the most imperative trends and, therefore, transgenerational. The result sees trench coats with micro checked belts, hooded bomber jackets and cotton parkas with leather details, ribbed knitwear with graphic textures and trainers with suede or wool uppers and contrasting white soles. The spotlight is on two outerwear items that define the idea behind the collection: the trench coat, called Clayton, made of wool and cotton, and the hooded jacket in petrol-coloured Nubuck, both symbols of a natural evolution of the most normcore elegance as informal becomes the rule. Thanks to the game of polo “I am fascinated by the quality of play of the Indian polo clubs, so much so that I have always had a dream:
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to organise a ceremony, a party, in that very land with all the descendants of the families of the great players to thank them and acknowledge them on behalf of La Martina. We are what we are today thanks to their legacy,” says Lando Simonetti, founder of La Martina. But the party seems to have already begun thanks to the partnership for the distribution of the brand’s products with Reliance Limited Industries (a company that produces petroleum products, petrochemicals, fibres and items for weaving). Over the next three years, numerous corners as well as five single-brand stores are planned, all in India. A run through nature Running on a trail that includes climbs and descents is not exactly easy: you need power and training and, of course, suitable clothing, primarily footwear. Anyone who knows the mountains knows this. And Rossignol is currently the most blatant case: an expert in highaltitude sports, it has decided to broaden its collections and diversify its range by extending it to include the outdoor world, with multi-activity products that combine versatility, style and technical qualities. Without going as far as the extreme discipline of trail running, Rossignol is proposing the Skpr outdoor footwear for running, hiking, mountain sports and, why not, the city. All models feature Sensor3 technology, a special insole with three pressure points on the foot that relieve stress and improve performance by stimulating blood circulation.
technique, thanks to which the garment is subjected to a special resineffect dye. Also new for spring-summer is the perfection of the “H2O reactive” technology for cotton nylon poplin, which is even more resistant to rain and wind, as well as the innovative ultrasound dyeing process that gives the colouring an irregular appearance. Reflective elements Combining opposites, and thereby breaking down the unilateral boundaries of stylistic codes: Hogan intends to do just that with the lace-up model created for next spring. A seemingly classic shoe with an image that is as British as it is traditional, it is given an unconventional edge by the ultra-light rubber sole and, above all, the shiny black leather. The colours of the soles, which can be brick red or cobalt blue, modify the look. Screen-printed uppers Punk culture and Japanese streetwear in the collaboration between Dr. Martens and Neighborhood, respectively, a (formerly rebellious) London cult brand and a hipster project born on the streets of Harajuku in Tokyo from the creativity of Shinsuke Takizawa. Made entirely in the UK in Chelsea boots or lace-up shoes, the collab’s two models have contrasting white silkscreen prints on the uppers reminiscent of Pollockstyle paint splashes.
The illustrator’s new clothes Canadian artist Moya GarrisonMsingwana, aka Gang Box, paints and draws characters that combine nineties hip hop with Manga and popular fashion. He has risen to fashion fame thanks to the capsule he has created with Ten c, a clothing and outerwear brand founded by Paul Harvey and Alessandro Pungetti (the name comes from the acronym of the title of the Christian Andersen fairy tale, The Emperor’s New Clothes). The subject of the designs is the Artic Down Parka, the Italian brand’s iconic garment, worn by a Gang Box character, and printed on Harmont & Blaine
The material loves being dyed Research and creativity: with this “formula”, Renato Pigatti and Graziano Moro, designers and co-owners of Outhere, are using alternative materials, such as the latest generation of polymers and new yarns derived from cellulose, in the production of their garments, “as well as telling the story of current urban trends through outdoor contaminations”. This means, for example, the inclusion in the Advanced+ range of the glass effect
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All-Italian style “Colour, radiance and a decidedly Italian nonchalance.” For Harmont & Blaine, these are the three values the company shares with Andrea Pompilio, which have resulted in a capsule collection where the real star is colour (rich but desaturated, enhanced by the choice of monochrome and the garment-dyeing process) as well as soft lines. The shirts, so quintessentially Harmont & Blaine, feature large volumes and extensive use of patchwork, or are dissected and reassembled; the trench coats have contrasting linings, the small blousons have velvet collars; safari jackets, anoraks and boxy blazers are mixed with tapered trousers, shorts, boxing shoes and baseball caps.
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three different T-shirts and a sweatshirt, available in only two colours, black or white, but with a touch, almost a whisker, of classic Ten c orange. Massimo Piombo, to read and to wear “Choosing a book or choosing clothes always involves reflection.” “We look for nothing in a book or a jacket but a companion on the journey of constant change.” Or also: “Just as reading is dressing one’s mind, dressing means becoming a text for others.” There’s no denying that Massimo Piombo, designer and creative director of OVS, can come up with a maxim that conveys a genuine love for the written word. “His name is heavy, his heart light, his head imaginative, his eyes joyful and his soul volatile,” this is how Vittorio Sgarbi defines him in the afterword to Vestire viaggiare vivere, a book (published by La nave di Teseo) that collects the texts written by Piombo for the daily newspaper La verità. Born in Varazze, but based in Milan, Piombo is also a passionate traveller: at the end of the publication he shares his extensive contacts book of hotels, eateries and bars from London to Los Angeles. Just as, through his collections for OVS, under the banner of accessible elegance, he fulfils his greatest ambition as a designer: “To dress everyone”. (P.A.C.) Flamboyant punk The inspiration comes from the British music scene of the early 2000s, when electronic music met indie rock: London-based designer and artist Charles Jeffrey LOVERBOY was “infected” by this high-energy musical movement. Working with Fred Perry, he used metal wire to create a glitter effect on his clothes. Call it flamboyant punk: frosted details on a mix of colours for the T-shirt, different textures and thicknesses for the knitted rugby shirt, a padded and quilted bomber jacket with all-over digital print, oversized shorts with glittery silver drawstring... Urban waves: fluorescent and so street The soles are wave-shaped and injected
Barrett
with foam to cushion the impact with the ground and increase speed performance. These are the LV Runner Tatic, the latest addition to Louis Vuitton’s sought-after sneaker family. The French fashion house was inspired by the world of running and the soft silhouettes of nineties sneakers. Strong colours, even fluorescent ones, recall the non-conformist and street spirit of the first American rap groups. Alongside Vale Rossi’s Academy The story began more or less 20 years ago when Fila “entered” the world of MotoGP. Today it marks a turning point thanks to the collaboration with the VR46 Riders Academy, the motorsport school founded by Valentino Rossi. The goal: to produce a capsule collection of clothing inspired by the world of motor racing. “The collection,” they explain, “is a fusion of sport and lifestyle and takes its cue from the world of two wheels, while reinventing the roots of the Italian sportswear brand (founded in 1911 in Biella, Italy), which are still deeply embedded in the world of sport. The designs and history of these garments represent the academy’s riders, their lives and the challenges they face, as suggested by the printed fabrics, styles and colours that tell stories of friendship, willpower, passion, perseverance and determination that underpin their talent.”
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Timeless moccasins Details: the antique brass straps; the deconstructed workmanship; the hand-woven uppers; the super flex natural rubber soles scented with vanilla; almost flat heels... And then there are the leathers (unlined calfskin, braids and suede) treated with soft tans, and a colour palette in keeping with the season, from sand to coconut to olive green, obviously including all shades of blue. Barrett’s moccasins reprise the style of the classic models but are once more revisited in terms of materials, accessories and soles to make them more versatile and adaptable to different looks (casual combinations with linen chinos or even Bermuda shorts) and situations (when formal outfits are required). It’s no wonder, since we’re talking about footwear that originated long ago with the Native North Americans. UPCOMING DESIGNERS
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Creative momentum, and where to find it BY GIULIANA MATARRESE
With a nod to Italian singer-songwriter Francesco De Gregori’s song ‘The football draft, class of ‘68’, perhaps today it is possible to talk about the style draft, class of 2021. In a country known for its reluctance to pass the ball on to the new generations, there is a large group of creative people
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who, with differing origins, values and aesthetics, have carved out a space for themselves in the industry, as well as an international audience of buyers. Andrea Adamo, for instance, won over Cindy Crawford and Joan Smalls, as well as celebrities who influence the tastes of Generation Z, such as Kylie Jenner, with the brand of the same name launched in 2020. Not a stage name, his moniker seems to oblige him to be relevant: the Crotone native, who has already worked in the ateliers of Dolce&Gabbana, Zuhair Murad and Roberto Cavalli, reprises the study of the body conducted in the 1980s and 1990s by maestros such as Helmut Lang and Thierry Mugler, giving it new meanings as they are children of an era that celebrates body positivity and diversity (even epidermal). Rib knit tops, cotton poplin shirts and asymmetrical skirts are developed in a chromatic rainbow that lays bare a democratic concept: from ivory to black, passing through different shades of beige, no skin tone is neglected. This pathway of layers and revelations through portholes and cut-outs is also explored by Antonio Tarantini, founder of Atxv, and Alessandro Vigilante, who rediscovers the seductive power of materials like vinyl, which is transformed into coats in strong colours and longuettes with deep slits. Des Phemmes, on the other hand, succumbs to the evocative sirens of the 1990s: the tie-dye T-shirts and oversized jumpers that Kurt Cobain would have liked – and that Dua Lipa now wears – are joined by a decorative attitude that the founder, Sicilian Salvo Rizza, borrows from Giambattista Valli, in whose style office he worked for several seasons. And if the aesthetic symphony of Des Phemmes plays a mellowed grunge, Çanaku, however, looks back at the rocking Rolling Stones: the reference icon of the collection by Jurgen Çanaku, of Albanian origin and now based in Italy, is in fact Mick Jagger. The mustard velvet double-breasted jackets, printed silk shirts and leather shirts embellished with lavallière ties reprise the Rolling Stones frontman’s brazen and hedonistic sensuality,
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adapting the volumes to modern times. While at home, Federico Cina, a finalist in the latest LVMH Prize – the world’s most important fashion competition for new talents – appears with a menswear and womenswear collection that recounts what is most Italian: the concept of the province. The 27-yearold from the town of Sarsina – also the birthplace of Plautus – let his memories of summer holiday camps inspire the Infanzia a mare collection for the coming summer season: sailor stripes and cable-knits are combined with soft, pleated trousers in pastel shades. “I tell a story about a part of the country that fashion doesn’t usually see,” explains Cina. “Romagna is always portrayed in its fun-loving side, but my grandparents were farmers and I
Andrea Adamo, FW 2022 collection.
wanted to explore its bucolic charm.” From the nostalgia cloaked in a thick fog – just like the fog that covers the fields of Emilia-Romagna reminiscent of a Fellini film – all the way back to South Tyrol, whose folklore inspires Cormio. The collection transforms classic crocheted cardigans into boatneck dresses and crop tops, wrap skirts and scarves: a heritage that inspired founder Jezabelle Cormio, an ItalianAmerican who studied at the Academy of Fine Arts in Antwerp, and who uses knitwear as a canvas on which to experiment. “Not having a technical background”, explains Cormio, “I bend the classic rules of knitwear to my ends,
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weaving garments that are not usually built on that consistency, such as tops that would classically be in Lycra and crepe.” This approach appealed to Gucci’s creative director, Alessandro Michele, who included Jezabelle Cormio in Vault, a virtual shopping area where the fashion house promotes creations by various emerging talents that reflect its aesthetic. Vault also features the work of JordanLuca, Italian-English duo Jordan Browen and Luca Marchetto. “We met at a party,” explains Marchetto. “Jordan worked in millinery with Stephen Jones, I spent several years in the style offices of Vivienne Westwood and Erdem, and we decided to join forces. Jordan’s London punk attitude matches my taste for tailoring: Scottish kilts are worn with knitwear made from recycled cashmere and cotton yarns, while blazers are designed to be structured but light.” This rebellion against the classic canons that define elegance also extends to product communication: the latest collection was, in fact, presented with a series of photographs available on OnlyFans, the entertainment platform that enables creators to monetize nude photos and videos. And if JordanLuca saw Alessandro Michele as a supporter, in the case of Alfredo Cortese, the mind behind AC9, the patron was Alessandro Dell’Acqua, who recognised the talent of the 34-year-old from Catania and presented his creations to the trade press. Nude-coloured knitwear, coated cotton and skirts with macro ruffles, the romanticism is disenchanted and not afraid of flirting with rock vibes, with biker jackets full of zips and boots with maxi platforms. This attitude of patronage has spread among Italy’s leading creatives. Valentino has, in fact, announced that, during February Fashion Week, it will “lend” its Instagram to Marco Rambaldi, a Bologna native at ease with the lexicon of Gen Z, whose fashion show it will broadcast. “Marco Rambaldi’s (last) show was a powerful celebration of the human and a vision of kaleidoscopic beauty,” explained creative director Pierpaolo Piccioli.
“We decided to start a new project from his collection, and I’m sure it will be just the beginning of something that will give new energy and inspiration to all of us.” Tattoo print leggings, patchwork tops rescued from the attic, animal print jackets: this tendency towards maximalism is also espoused, albeit with a different stylistic vocabulary, by Christian Boaro with the CHB brand. Tailored suits in Japanese wool – already worn by Maneskin and Naomi Campbell – with perfect proportions, which derive from the years spent in Gianfranco Ferré’s style office, find their perfect counterpart in men’s crop tops in Chantilly lace, duchesse coats with metallic thread, dresses constructed with the nylon used for down jackets and hemp trench coats, adapting the classic canons of elegance through a contemporary lens. Revolutionising the present, just like the rest of the ‘class of 2021’, all will be ready at the start of Fashion Week in January to take to the net, proving that 2021 was indeed a good year. ANNIVERSARY
course of fashion forever, was held in the interiors of the mansion on rue Spontini. Here, together with the handsome yet introverted 26-year-old Pierre Bergé, he opened the Maison Yves Saint Laurent. The four years since he was hailed as the saviour of French fashion as he looked out from the balcony of the Atelier Dior in avenue Montaigne proved to be eventful ones. The unprecedented triumph of the show on 18 January 1958 with the Trapèze and the birth of the Now Look, superseding the New Look created by the house’s founder, was followed two years later by Saint Laurent’s conscription into the French army, at that time involved in Algeria’s war of independence. There, near his native city of Oran, the place he had
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Clothes inspired by an art-loving genius
Sixty years on from his fashion house’s first runway show, an exhibition with an unusual format celebrates Yves Saint Laurent by showcasing his work in six Paris museums, from the Louvre to the Pompidou Centre. Iconic garments, and examples of his creative method, expressing an interplay of fashion, painting and literature – and an enduring dialogue with Marcel Proust. BY MICHELE CIAVARELLA
On January 29th, 1962, Paris was in ferment. Only four years before, on January 18, 1958, Yves Saint Laurent, the “Little Prince with the piercing blue eyes”, rescued French fashion by stepping into the shoes of his recently-deceased mentor Christian Dior and presenting, at the age of only 22, the first collection bearing his name – and what a show it was! The event, which changed the
Pablo Picasso’s Portrait of Nusch Éluard, 1937
fled from in order to study in Paris, he suffered the experience that was to blight his existence - the sexual violence inflicted by his fellow soldiers that caused him physical damage and sparked a deep, lifelong depression. He was sent back to Paris for hospital treatment, and here he received a dismissal notice from Dior – but his life was soon to take a much more positive turn. At the funeral service for Dior the young Saint Laurent had met Pierre Bergé, a young intellectual who was a friend of Jean Cocteau and the great patroness vicomtesse Marie-Laure de Noailles. The next day they become inseparable and
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life-long lovers. Bergé promised to set up a fashion house just for the young designer. He succeeded after seeking and finding financing, and a year later the “temple” where Yves Mathieu Saint Laurent would reign, becoming responsible for the most extraordinarily innovative fashion creations of the second half of the 20th century, including the Nude Look, Safari Jacket, the Le Smoking suit for women and designer jeans. When he decided to develop a men’s line, he based his designs on the wardrobe he had already prepared for Marlene Dietrich, transforming the diva’s androgynous look into the first nogender concept, which contemporary commentators reductively confused with the Unisex designs of the 1960s. Above all, though, he invented designer ready-to-wear, forever drawing a line between the artisanality, invention and uniqueness of Haute Couture and the industrial production, reproducibility and democratisation of ready-to-wear. It’s no exaggeration to say that exactly sixty years after that debut French culture is not dedicating an exhibition to Yves Saint Laurent but rather holding a celebration that brings together the essence of his genius, his ability to create fashion by drawing inspiration from the arts – painting, sculpture, literature and music. Yves Saint Laurent aux Musées is an exhibition held across several venues, and from 29 January to 5 May it will be occupying the spaces of the Centre Pompidou, Musée d’Art Moderne de Paris, Musée du Louvre, Musée d’Orsay, Musée National PicassoParis and the Musée Yves Saint Laurent Paris. Nothing like this has ever been seen before, and no other fashion creator has been honoured this way. It is another record for this universally recognised fashion genius, the only stylist to have an exhibition dedicated to him while still alive (YSL: Twenty-five years of design, 14 December 1983-2 to September 1984, curated by Diana Vreeland, former editor of Vogue. Convinced of the uniqueness of Saint Laurent’s talent, she defied the resentful anger
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of his contemporaries). But this time it’s different – the Paris exhibition celebrates not only the clothes but also explains the creative techniques of a couturier who transformed himself into a designer and for whom a successor has yet to be found. The exhibition’s starting point is the fact that the arts were a crucial element in Saint Laurent’s creative expression. He explained his method in these words: “In order to survive, every man needs his own aesthetic ghosts. They alone make life possible. I believe I have found them in Piet Mondrian, Pablo Picasso and Henri Matisse. But also in Marcel Proust. I’m totally eclectic”. He famously summed up his ideas by saying “My weapon is the perspective through which I see my society and the art of my time”. He was not, however, fascinated only by painting and the plastic arts. He knew Marcel Proust’s À la recherche du temps perdu almost by heart, identifying with the novel’s “enervés”, the depressed neurotics and insanely emotional characters that the author exalted and embodied. He never wanted to read the final volume, Le temps retrouvé, because “If the Recherche came to an end something inside me would shatter”. His wonderfully creative but also intensely disturbed and domineering persona seems to draw life from these pages. This is also clear in the filmdocumentary L’amour fou, directed by Pierre Thoretton and released in 2011, three years after the designer’s premature death. In it his husband Pierre Bergé provides an unassuming description of their unique yet troubled love story, a long emotional rapport that survived Saint Laurent’s betrayals and drug dependence. Their relationship remained strong even when Bergé decided to leave their shared home and took a suite the Hotel Lutetia, next to their house. His debt to literature in his education and cultural growth enabled Saint Laurent to anticipate the age of cultural appropriation and creative hacking, establishing the system of an interrelationship among the arts, never
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separating fashion from other forms of creativity. Shunning simplistic didactic solutions, creative traps set by the simplistic deceptions of banality, he never featured art works directly on his garments, never writing Proust’s words on his dresses – he transformed them into the attitudes of the women wearing the clothes. He would never transfer a painting onto a fabric then drape it onto a mannequin – the painting or sculpture became the garment’s structure as it was not an illustration but a construction. Which is why the exhibition’s three curators, Madison Cox, Stephan Janson and Mouna Mekouar, met no obstacles when they asked the directors of the five museums
Yves Saint Laurent
(as well as the YSL museum), some of the country’s most important academic institutions, to display the clothes in the galleries housing the corresponding art works. “It was surprising to see how readily all the directors welcomed the project, and the result is something totally new – Saint Laurent’s designs create a bridge between visitors with different artistic tastes, between those who love classical art and aficionados of contemporary art. Encouraged by this creative dialogue, they can enter the spaces of a museum they would never have dreamt of visiting before” says art historian, critic
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and curator Mouna Mekouar, wellaccustomed to handling interactions between state-funded museums and private foundations. This ability is reflected in the way the exhibition unfolds, starting from the Pompidou Centre, where the green fox fur coat from the spring-summer 1971 collection is on display. The collection had an unfavourable critical reception, even being described as the collection du scandale (its recollections of Germanoccupied France were judged to be too retro, although in fact it was inspired by Saint Laurent’s model and collaborator Paloma Picasso’s style of dress – she bought her clothes at the Puces flea market). Unexpectedly, though, it came to be identified with this fur, whose totally unnatural colour was taken from Made in Japan – La grande odalisque, a painting by Martial Raysse of 1964, depicting a female figure wearing only a turban. No facile references can be found in the gallery of the Musée d’Art Moderne de Paris. Here, the satin Bluse Normand from 1962, a gilded velvet evening dress from 1975 and a black velvet coat with powdered silver trim from 1983 enter into a dialogue among themselves and with the Struttura al Neon per la X Triennale di Milano of 1951 by Lucio Fontana. “Like Proust, I’m fascinated most of all by my perceptions of a world in transition”, said Saint Laurent, bringing us to the Musée d’Orsay. Here, the Proustian world can be found in the Cabinet d’arts graphiques, and one of Saint Laurent’s most creatively fruitful themes came to life, one that is still intensely relevant – the dialectic between masculine and feminine. Here, in fact, the five models of the women’s dinner suit are on display, the first from 1966 and then two from 1967, one from 1988 and the last from 2001, as well as the magnificent trailing evening dress made for baroness MarieHélène de Rothschild for the Bal Proust in 1971 and a drawing by Saint Laurent for the set of a themed party fourteen years previously.
On the opposite side of the Seine stands the Musée Picasso. “Big trouble. I seemed to be out of ideas. One Sunday I went to an exhibition on the Ballets Russes and I discovered Picasso’s drawings for the costumes for Diaghilev’s ballet Le tricorne”. This inspired the 1979 collection Hommage à Picasso et Diaghilev displayed in the Marais Museum. A visit to the Louvre reveals the rock crystal encrusted jacket in the Galerie d’Apollon, and before the visitor can recover from this cultural feast, the exhibition comes to its final venue at 5, Avenue Marceau, the site of the Musée Saint Laurent and the Bergé-Saint Laurent Foundation. The exhibits here embody the designer’s words: “It’s true, Haute Couture is defined by its fabrics. But it consists of secrets whispered from generation to generation...all my clothes are born from a gesture – a dress that does not reflect a gesture isn’t a good dress… I start work on a collection in a state of deep anxiety, without knowing where to go until all of a sudden I see what direction to follow. Then I’m happy”. So, without reprising the pointless debate around whether fashion is art, this multi-site exhibition skilfully expresses the wonderful, and slightly incestuous, relationship between two similar yet different types of creativity. PORTFOLIO
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Models and celebs: the dangerous charm of an indiscreet eye BY MICHELE CIAVARELLA
The most successful photography isn’t the stolen snapshot but the images taken by a paparazzo when a celebrity poses without realising it. In concise terms, this is the essence of the so-called Ron Galella Law. Galella, known as the dean of Hollywood paparazzi, was also the friend and persecutor of 1970s celebrities on the East and West coasts of the USA. In the book The Photographs of Ron Galella (Greybull
Lady Gaga
Press), published in 2002 with an introduction by Tom Ford, Diane Keaton, one of the most frequent objects of the photographer’s indiscreet lens, wrote that “There’s always a relationship between paparazzo and celebrity. Even if many deny it and many pretend to ignore it. That’s how every paparazzo’s photos provide a true picture of the celebrity, the marvellous, not-so-mysterious victim of Narcissus’ kiss”. The name Paparazzo, invented by Fellini for those armed with cameras relentlessly pursuing actors and actresses in the film La dolce vita, is an ambiguous term. For the subjects trapped in his lens it might be the professional description of a traitor or a friend but it has one great value – it communicates a semblance of truth that official photos by photographic and film agencies can never achieve. In any case, the images by these “passionate lovers of the stolen snapshot” have one thing in common – they capture the moment, convey embarrassment or joy, boredom and unpreparedness, spite and complicity. It’s not a question of nationality, culture or generation. It can be seen in the photos taken by Stefano Guindani and the crew of photographers from his agency, including Alfonso Catalano, Stefano Trovati — known by everyone as “Stefanino” so as not to confuse him
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with “the Boss” - Franco Ferrajuolo, Max Montingelli, and Carlo Scarpato - in the showbusiness world where the celebrities appear as welcome yet unknown guests. It’s easy to see that the difference between Naomi Campbell and an actress or between a designer and an actor lies in the natural management of the “improvised pose”, because fashion is more accustomed to managing attitude. So does that mean it’s glamorous people against screen dream makers? The denizens of the catwalks against the larger-than-life inhabitants of the big screen? It’s not a competition where the possible winner is known from the start. The victor is always the one who most rapidly adopts a gestural complicity with the lens. The proof can be seen in the photos of people who a life on the border between the two worlds. Take Lady Gaga – in the photos at the beginning of this feature she’s wearing a bra, knickers and fishnet stockings, and as she mounts the stairway at New York’s Metropolitan Museum to take part in the Met Gala 2019, she presents an improvised performance that owes nothing to the choreography of her shows but has everything to do with posing for a fashion shoot. Like all fashion world personalities, the pop diva uses clothes as an instrument in presenting her persona.
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PSG players, from left: Gianluigi Donnarumma, Neymar, Marco Verratti.
STYLE SELECTION
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A tailor-made lineup
Paris Saint-Germain to wear Dior for the next two seasons. BY FIORENZA BARIATTI
There’s no doubt about it: there’s always a first time for everything. And if you thought there were two worlds that couldn’t possibly come together, it turns out they actually fit like a glove. A match-up between a historic fashion house that made its name in French haute couture and a major football team founded in 1970 (and which is the most successful in French football history); Dior will be the official tailor of the Paris SaintGermain (PSG) side. The beginning of a new story: the other face of the Atelier’s art, sartorial craftsmanship, has always been at the heart of Dior’s savoir-faire and now Kim Jones, Artistic Director of men’s collections, has reinterpreted the formal aesthetics of tailoring tradition, even for this unusual occasion. Pietro Beccari, President and Chief Executive Officer of Christian Dior Couture, explains more: “The decision to collaborate with PSG for the squad’s official wardrobe came quite naturally, as we share values that we consider essential, such as the quest for excellence, to better oneself, collective performance and the power of continual reinvention. This symbolic alliance marks a new and
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totally unprecedented chapter in Dior’s history, signing, for the first time, a partnership in the sporting world with a club whose international renown and unique leadership shine a light on these passions across the world. Football instils a sense of team spirit, perseverance and the determination to never give up.” A modern, yet simultaneously classic sartorial style, one that also generously opens up to the most popular of sports and that, in real terms, consists of an elegant collection combining casual creations with formal outfits that blend tones of black and navy blue created for the occasion (the club’s colours are blue, red and white, those found on the coat of arms of Paris). The relaxed outfit is composed of a Harrington jacket, a sweater, and a polo shirt; whilst the formal outfit combines a cashmere coat, a jacket, a shirt, trousers, and a pair of Derbies. And so, (also) in this way, football demonstrates its sense of fair play. STYLE SELECTION
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Testing our future
What about tomorrow? A young actor, an award-winning director and a bank all have their say. BY FIORENZA BARIATTI
“Planting a tree, building a house, making a dream come true – the future is all these”. With these words On set: director Ferzan Özpetek (center), between actors Enea Barozzi and Filippo Nigro
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an offscreen voice closes a short feature by Ferzan Özpetek that Banca Mediolanum has dedicated to the dialogue between generations, communication, choices and life. The film The Man Who Invented the Future, features Filippo Nigro (the father) and Enea Barozzi (the 17-year-old son). Barozzi, a representative of Gen Z, talks about codes and languages, saying, “Our generation has invented phrases and neologisms that enable us to understand each other on the fly. Of course, we don’t use them so much that we lose track of what’s being said. I think it’s inevitable that there’ll be a shift in the codes people use as one generation succeeds the other because there are more new instruments to interface with, and expressions will evolve in parallel with these. And like language, the workplace is also constantly evolving. I’m sure that jobs will become increasingly diversified and involve more technology and science, while the old manual and artisanal trades will remain unchanged”. In Barozzi’s eyes, the shape of present and future appears clear, despite the fact that the reality he comes up against, well-illustrated by Özpetek, looks more like a world where adults cannot easily find an opening – instead they encounter scepticism and indifference, especially when
the subject is “Tomorrow”. But the two worlds are not so far apart if we listen to the words of the young actor, who defines his generation as “Aware, enterprising and spoilt” and that of the 50-60 year-olds as, “Vivacious, inquisitive and stubborn”. In this on-going cinematic journey through words unsaid and sometimes unrequested, the father identifies the right way to create a connection and provides a clear perception of the theme, knowing that “Life offers us instruments to make us aware of our future and determine destiny”, as they believe in Mediolanum. Tasked with telling the story in images, Özpetek emphasises that “In recent times our ability to determine how and when to imagine the kind of future we can expect has been put to the test. The continuity of time’s flow will be protected, with its recurring cycles as described by the Neapolitan philosopher Vico when he wrote about history repeating itself, even though I believe that everything is destined to change, to enrich the course of our existence”. But it’s the 20-year-old who turns out to be the most pragmatic. “Many young people of my age, myself included, are afraid of never being up to the challenge, because we live in a world where it’s hard to find a middle way, especially in the professional world where, rightly or wrongly, we need more qualifications than was the case in the past. To be honest, I wouldn’t know where to place my trust, I only hope that the new generation will promote a change in mentality and that Italy will integrate better with the rest of the EU”. And his realistic, concrete vision of life is equally down-to-earth. “Money has a value and crucial importance in this society. Shares and investments are the basis for a capitalist world like the one we live in”. And what’s your view of the future? “I think we risk running out of money to fund decent pensions for all workers, but we may find a new formula to solve the problem”. Future, then, is optimism.
Trentodoc in a cellar
STYLE SELECTION
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Bubbly from the mountains
The Trentodoc sparkling wine, gearing up for the future. BY GIACOMO FASOLA
The first person to understand the potential of this area was Giulio Ferrari who, at the beginning of the 1900s, after various trips to Epernay, recognised the similarities between Trentino and the Champagne region in France and began to experiment with the classic method based on refermentation in bottles. More than a century later, the TrentoDoc Institute that represents producers that employ the classic Trentino method, includes 74 municipalities, 61 producers and 188 labels. Its excellence is also recognised abroad. In 2020 the US publication Wine Enthusiast crowned Trentino Wine Region of the Year, while at the latest edition of The Champagne & Sparkling Wine World Championships, the brainchild of Champagne veteran Tom Stevenson, Trentodoc won 72 medals, a record for an Italian sparkling wine. The bond between the Trentodoc wines and the mountain territory in which they grow is indivisible. Only here, in a land where 70% of the terrain is located over one thousand metres above sea level and 20% over
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two thousand metres, can the vines cultivated up to an altitude of 900 meters benefit from the thermic excursion between day and night that is indispensable to achieving the ideal level of acidity required for the classic production method. Only here do the warm winds blow northwards from Lake Garda ensuring the health of the grapes. And while the land gives, the wine can give back. With this very idea in mind, Trento Doc intended to create a mobile app that transforms the wine tasting experience into a journey of discovery around places where the wine is produced: 200 points of interest and 58 itineraries, to learn more about the 58 vineyards that represent the excellence of Trentino sparkling wines. As well as the precise locations of the vineyards, the new Trentodoc app provides fact sheets, a catalogue of all the labels and a calendar of events. This tool, which is available for experts and visitors, is projecting the Trento Doc wines into the future, without forgetting the importance of their past. “The application supports enthusiasts in every situation: whether tasting the wines or travelling around the region, information will be close to hand and simple to access”, explains Sabrina Schench, director of the Trento Doc Institute, “What’s more, at a time when safety protocols are now essential, it is sure to be a particularly useful tool.”
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Pitti Immagine Uomo Preview: autumn-winter 2022-23 THE SHOW
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The Pitti method BY ANTONIO MANCINELLI
Please do not call it a trade fair. Rather, call it an exhibition, an event, a gathering or even a ritual. Held in Florence, of course, a jewel of a city that twice a year, with Pitti Immagine Uomo becomes, in a sort of sophisticated inception, a four-day treasure chest of wearable ideas from the future, forecasting fashion a year before it becomes simple merchandise. A dialogue with the future that, given the event’s 50 years of history and more than 100 editions, aspires to be not just a commercial opportunity, but a revelation, a prophecy of fashions, manners and styles that will find their way into men’s (and why not? Also women’s) wardrobes. And not only wardrobes: over the years Pitti has produced epoch-making exhibitions such as Excess, Uniforme, Il quarto sesso and the more recent Romanzo breve di moda maschile. It has hosted the boldest and most glittering names in contemporary art, from Vanessa Beecroft to Thomas Demand, Matthew Barney to Doug Aitken, Shirin Neshat to Pipilotti Rist; it has published important essays in the form of catalogues or books in their own right; it has hosted the défilés of the newest fashion designers, with a notary’s attention to every minimal social, cultural and, therefore, also aesthetic change. It reminds us that what we wear has now become a fully-fledged part of the language of contemporary expression. Obviously, Pitti generates profits not only for those who take part, but also for the entire region. “In the preCovid era, the spin-off for the region was about 400 million a year just for companies linked to tourism, crafts, hospitality and culture. In thirty years we have brought in nine billion,” explains Raffaello Napoleone. Since
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1989 Napoleone has been general manager and since 1995 managing director of Pitti Immagine, which remains the most important and authoritative – if not the largest – menswear trade fair, attracting buyers, companies, agents and manufacturers from all over the world, as well as journalists, intellectuals and artists. The snaking rivalry with Milan, where the most blasé designer labels are on show, is elegantly set aside by the Florentines and Milanese. “The important thing is to work as a system, there is no competition, especially these days,” says Claudio Marenzi, President of Pitti. Carlo Capasa, President of the Italian Chamber of Fashion, echoes these sentiments: “We should be proud to have Pitti in Florence and the men’s fashion shows in Milan, glad to be among those who manage to move forward at a time when it is not easy to do so.” Maybe Milan’s houses continue to consider Pitti a hyper-commercial fair, while in Tuscany they persist in viewing Milan as cold and lacking in collateral occasions that also let you dream a little. In fact, Pitti can count on an alliance with an urban backdrop with which it can provide quality entertainment that defies the closed and somewhat conservative character typical of a certain indigenous noblesse oblige, opening up palaces, villas, gardens, cloisters, museums, aristocratic
residences but also disused industrial spaces that become catwalks, spaces for impromptu exhibitions, venues for even the most avant-garde fashion shows. Like when, in January 2020, the American-Liberian fashion designer Telfar Clemens, a designer of extreme collections, was invited to the rooms of Palazzo Corsini, where models passed dangerously close to antique furniture, delicate frescoes and fragile chandeliers: fortunately, nothing and nobody was damaged. The impact has been disruptive, as we hope will be the fashion show of Ann Demeulemeester, the Belgian designer loved by cerebral gentlemen everywhere, acquired in 2020 by Claudio Antonioli, who on 12 January will celebrate her 40 years as designer at the Stazione Leopolda, known to most for being a venue for Matteo Renzi’s speeches but acquired, restored and polished by Pitti itself. The Fondazione Pitti Discovery, set up in 2002, is in charge of organising exhibitions and collateral activities and has brought some major events to the city with the help of personalities such as Germano Celant, Franca Sozzani and Ingrid Sischy. Arts & Commerce, beauty & business, one might say: two realities that are inextricably entwined and on an equal footing, destined to trigger Stendhal’s syndrome for the innovations in clothing as much as for the architectural glories that visitors can
2004: the Vanessa Beecroft installation for Pitti Immagine at Florence’s Giardino dell’Orticoltura
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become addicted to. They return here in the spirit of taking a short holiday in Italy, almost a Grand Tour redux,” smiles Francesca Tacconi, event coordinator and head of special projects. Come to think of it, this is a leitmotif that accompanies the relationship between numbers and projects, turnover and imagination that in 1951 led Giovanni Battista Giorgini to invent Italian fashion by having a number of Italian tailors show in his home, in front of a group of small buyers who marvelled at the clothes, enjoying the landscape, appreciating the courtesy, savouring the food, tasting the wine; in short, living inside a total work of art: today’s fake snobs would call it an ‘immersive experience’, but this was more than 70 years ago. “But the real turning point came in 1987, with the appointment of an enlightened entrepreneur, Marco Rivetti, as president. He then established the formula for a balance between a trade fair event and a major international exhibition,” Napoleone points out. The epicentre of the fair (oops! we said it again) is the Fortezza da Basso, a construction by Antonio da Sangallo (in collaboration with Pier Francesco Viterbo) dating back to the 16th century, surrounded by pavilions created in the 1950s and by others that are set up with ad hoc installations, two of which, for the first time in history (Show your flags, set up in the square in the Fortezza area in January 2020, and From Waste to New Materials, on the theme of sustainability), have this year been selected for the Compasso d’Oro, Italy’s top design award. The exhibition space is divided into different thematic areas, which change from year to year and bring together the various brands according to the styles and types of clothing they offer. “It’s a delirious architecture,” Napoleon jokes, “but it reflects the very nature of fashion, which absorbs more and more stimuli from different eras and historical moments. Moreover, the exhibitors who are selected by a jury made up of boutique owners, entrepreneurs and experts in the sector, cover all the possible requirements of interlocutors of different ages and different desires, in
such a way that the event is considered indispensable for every level of consumer. We have never accepted requests to recreate our event abroad: it cannot be replicated elsewhere but we have exported our exhibitions to give an example of how we work. However, when it comes to “shows” like Pitti, there is only one. And it’s in Florence.” THE BACKDROP
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Style, culture and entertainment BY ANTONIO MANCINELLI
That one time in june 2017 when Jonathan Anderson, looking around Florence in search of places to showcase his collection (JW Anderson), arrived in Piazzale Michelangelo, which boasts one of the world’s most beautiful views, exclaimed “Will I have to put on the fashion show in a car park?” (He eventually chose Villa La Pietra, the campus of the New York University). And that other time when Hedi Slimane, now at Celine but in 2002 the breakout designer at Dior Homme, wanted to install inside the disused Leopolda Station a full-scale reproduction of the Versailles Hall of Mirrors, which required 34 stainless steel doors, all six metres tall, three wide and one thick immersed in the dark (at outrageous expense). “Where are the clothes?” guests asked as they tried not to trip over in the darkness. Or that other time, when Walter Van Beirendonck, in 2008 in the garden of the museum in Villa Stibbert, with Belgian precision, dressed and made up the models as fauns with long wax beards that melted because of the extraordinary heat and delays. Not forgetting, however, the time when the now late Virgil Abloh, in 2017 presented the Off-White range for the first time in Italy at Palazzo Pitti while Florence’s Musical May festival was underway, the concerts of which provided an unexpected soundtrack, resulting in an evening that was magical, unforgettable and so very Italian. Or when, in January 2019, Glenn Martens for Y/Project presented the fashion show in the cloister of the
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Santa Maria Novella church which was completely dark as there was no budget for lighting and so each guest was equipped with a torch, illuminating Cimabue’s huge Crucifix on their way to their seats: everyone considered it such a clever and spectacular sight. And then Romeo Gigli who had the idea to use the inhabitants of the San Nicolò neighbourhood as models on his fashion parade in 1991. Not to mention the great debuts of Dries Van Noten, Roberto Cavalli, Viktor & Rolf, the anniversaries (the G. A. Story show by Giorgio Armani directed by Bob Wilson, in 1996) the latest appearances (Versace’s show, just a few days before he was killed), the only runway show in Italy (Yohji Yamamoto, Rodarte, Cottweiler).
“Pitti Peacocks” are part of the Florence event
Listening to Lapo Cianchi, head of Communications and Events and Francesca Tacconi, Special projects and event coordinator, and their endless anecdotes about the “guest stars” invited to contribute special performances for the Pitti event in Florence, elicits laughter and emotion. “When we call them,” explains Tacconi, “they are generally flattered and cooperative, finding creative solutions even when finances are tight. When choosing them, first of all we listen to suggestions from people we trust. First among these is Antonio Cristaudo, Marketing Manager of the Pitti Immagine group – Mr. Pitti for
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short – a traveller between the different fashion weeks around the world, who always manages to unearth new names, for example the South African Thebe Magugu, in June 2020, who inaugurated the first edition to reopen between one lockdown and another. An interesting feature is that the youngest names or those from the most distant locations are those who find the places where the city’s history resonates the most, where the past can be felt the strongest. It may seem strange, but it isn’t. Florence brings out a specific identity in the individual creator that exists in a happy contrast with the surrounding environment. Time and attention are dedicated to all of them and it is precisely that willingness to have an evening all for themselves that makes them so happy.” Aesthetic, sound, visual and artistic suggestions intertwine. This storm of stimuli can then be found in the streets, squares and alleyways of the city that transforms into a stage where people pouring out of the trade fair citadel into the centre of the city compete with their extravagant and strange looks, in contrast to the wannabe dandies dressed in formal clothes in a colour, a sort of cobalt, Bleu Royal, found only here, the vain breed of males known as the ‘Pitti Peacocks’. They flock like hippos to the watering hole, their tie knots bulging, to the square in front of the Fortezza da Basso, just to have their photos taken. And all this long before there were photographs of street style, influencers, and the most representative style icons, in a crescendo of narcissism that, who knows, perhaps was also at the origin of this year’s theme: Reflections, illustrated by a video and photos by Narènte, i.e. Lucio Aru and Franco Erre, two Sardinian artists who live in Germany. “The idea came about in Kreuzberg, in a bookshop called Motto. I bought a book there dedicated to the works of the artist Eric Oglander, who worked with mirrors positioned in the centre of landscapes to duplicate or hide reality. The mirror can represent duplication, selfrecognition, personal identity and the identity of the other, a contradictory
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sign that is deceptive, illusory and altering, referencing vanity, narcissism, voyeurism and evasion. But also new viewpoints, other perspectives and unexpected refractions,” explains the general manager of Pitti Immagine Uomo, Agostino Poletto. “Of course, there is also the exercise of reflection, of starting over that requires getting involved and not resting on your laurels,” he continues. It should also be said that Pitti has always experimented with new formulas to show fashion without having to crystallize it in a museum environment or showcase what men will be wearing in a year’s time: from the Leopolda Station, the venue of fundamental exhibitions, to the Museum of Costume and Fashion Lucie and Luke Meier
of fashion, could converge would also legitimise us with a new generation of designers, who had already begun to establish that dialogue: people who were bridging various forms of expression,” explains Cianchi. “We tried to focus the provocations and creative mutations in a city that becomes a throbbing hub of energies.” Which are you most fond of? “Those provided by Raf Simons, Jun Takahashi of Undercover, Rick Owens, Martin Margiela. Many of them began fruitful interactions, all with hugely different stories: fashion is an enormous confluence of small and precious that can carry the purest of waters.” BRAND NEWS/1
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The Classics
A quintessential style for the male wardrobe WORDS BY VERONICA RUSSO
Myths Military-type wool: tech and tradition
at Palazzo Pitti, to the less well known Villa Palmieri at the Institute of Military Aeronautical Science, the entire city becomes a venue also of the imagination, redefining the relationships between commercial surroundings and cultural contexts, confirming the shrewdness of commerce in contrast with the inertia of institutions. “Trying to keep up with developments in menswear, we want to ‘stay on the ball’: when, in the 1990s, we realised that fashion was increasingly inspired by contemporary art, it was decided that adding moments to the fair where creative minds, also from beyond the world
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Wool takes centre stage, and especially so in next winter’s Myths trouser collection. Not just any wool, but brushed wool, with its soft touch, or military-type wool, with a slightly rough, more modern feel; and then there’s cordura, also known as “combat wool”, for its robustness and warmth. Not forgetting that well-made products are often the fruit of great partnerships, such as that between Myths and Bonotto, the world-renowned woollen mill. It is from the collaboration between these two powerhouses that a new limited-edition collection has originated: Recycled Luxury Wool, 499 pieces in recycled yarn that are hand numbered and presented in a special personalised package. For those who can’t do without their jeans, Denim Myths is another new collection made with recycled fabric that’s produced in full respect of the environment. Lebole Green Vintage upcycled to winter favourites We can no longer afford waste, and this is why why Lebole is launching
its most environmentally conscious project to date: Green Lebole - Eco Friendly. What to do to help the planet? By applying the circular fashion concept (the latest collection is called The Circular Collection): the pieces don’t just last for a few seasons (so no “fast fashion”) and, thanks to a partnership with Comistra, they are produced using regenerated wool. The textile company - this year outside the Fortezza da Basso - takes what are now vintage garments and gives them a new lease of life without dyeing them (the colour is the same as the original garments, which are selected on the basis of their colour). Even all the details used to embellish the pieces are “eco”: the buttons are made of Zetabi, a biodegradable cellulose; the label is produced using yarns derived from recycled bottles, and even Lebole’s hangers are made of cornflour, and are therefore natural. And, of course, there’s all the elegance you’d expect of a Lebole garment. Lorenzoni Preppy fashion: campus inspiration Remember 1970s tartan style blankets? They immediately inspired “evenings spent chatting with friends in front of a fire.” And now they’ve inspired Lorenzoni’s brushed alpaca polo shirts, a retro look that’s also available in natural green and khaki. A nod to the past with an eye always turned towards the future: Maglificio Liliana’s garments, of which Lorenzoni is one of the brands, are made using natural, sustainable fibres that are renewable, recyclable and biodegradable (and the company also does all it can to minimise its impact on the environment, including through the use of a photovoltaic system for its energy and by using dyes that are kinder to the environment). Coming back to style, preppy plays a prominent role, with garments inspired by university campus styles, although our personal favourites are the knitted blazers or the shirt-jacket versions that are perfect for wearing over polo necks.
Briglia 1949
energy self-sufficient. The company also invests in the environment through planting new olive trees and allocating some of the revenue generated by this collection’s top models to associations whose activities are geared towards regenerating the local area. Speaking of models: the most iconic is the new double-breasted coat featuring a back martingale and flap pockets. Produced using natural fibres, obviously. Belvest Baroque style and millennial modernity. Presenting the new sartorial
Briglia 1949 Genderless: a whole new style The lines become more subtle, less emphatic, the trousers more comfortable, with a softened look. The spirit of the times: elegance that embraces comfort. Briglia 1949, a trouser company from Campania with a sartorial craftsman’s spirit (and 500 stores worldwide) offers a light, relaxed collection, starting with the choice of fabrics: all-natural materials ranging from cotton to wool, often combined with new generation fibres, but which are always “organic” in origin, such as modal (made from spinning reconstituted beech tree cellulose) and lyocell (extracted from eucalyptus trees). And this is also the debut for Briglia’s first Genderless winter collection: trousers for absolutely everyone, regardless of gender, since clearly distinguishing between male and female is now simply meaningless. Latorre Self-sustaining corporate values Fashion must also be about kindness: towards oneself, with a soft ecosustainable cashmere treat, as well as towards the environment that we live in. Latorre has been quite clear about this in presenting its “Roots” collection. But to fully understand what this really means, we have to start by looking at their company headquarters in Locorotondo, Bari: it’s almost entirely
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Two themes provide the inspiration for the Belvest collection (tailormade inspired classic menswear since 1964): a touch of baroque in perfect union with all the modernity of the millennials. Neither excludes the other, with both doffing their proverbial caps to the lightness offered by the vivid colours and soft outerwear (like the bomber jacket in 14.5 micron wool). Then there are the three-dimensional houndstooth blazers, the peacoat with shawl collar, the cotton and cashmere T-shirts for all-year-round wearing and the trousers, such as the “Sartorial Jogger” model with drawstring. And we mustn’t forget another of Belvest’s cornerstones: sustainability. A value that’s pursued, for example, by using natural fibres and even “organic” buttons such as those made of tagua, “natural ivory” obtained from coconuts. Xacus Flexible, breathable: a brand new cotton Is there such a thing as a 3D shirt? Yes, Xacus invented and premièred it at Pitti Immagine in Florence. It’s the new Flex Shirt made of an innovative cotton that’s both flexible and breathable (high-tech polyamide and elastene fibres interwoven with exclusive yarns). The garment, with its lightness, moves with the wearer and remains immaculate from morning to night. But there’s more, this renowned Vicenza shirtmaker also offers soft flannels of varying weights (also printed, in collaboration with Liberty of London), corduroy or smooth velvet with macro designs, and continues to
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make extensive use of fine, yet recycled, materials. Indeed, sustainability remains at the heart of everything Xacus does, including through the use of organic cotton or fabrics combining wool with tancel (organic, ecological yarn obtained from eucalyptus trees). BRAND NEWS /2
that follow the body’s every move, the jeans’ soft cashmere internal lining and the delightful “crisp” gabardines.
Impulso
Lotto Leggenda Archive design, sporty soul, retro twist
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Leisure
Consciously straddling sporty and urban vibes. It’s “no work” time! WORDS BY VERONICA RUSSO
Paul&Shark Wear the sea – and help save it As always, water, in all its forms, is foremost in the thoughts of Paul&Shark’s creative team. This latest collection is also essentially a declaration of love: the theme is to Wear The Ocean, but also to protect it, since it’s one of our most precious resources. So, for example, the new Save the Sea hybrid jacket is not just a designer piece, it’s also made of Typhoon Save The Sea, a fabric derived from transforming plastic bottles that have been recovered from the sea. Furthermore, the brand uses the e.dye Waterless Color System technology to dye its materials, a textile dyeing approach that reduces water consumption by 85 percent, cuts harmful chemicals by 90 percent, and produces 12 percent less CO2 than traditional dyeing methods. Pleasant, soft, sporty pieces with a soul. Impulso Come for the knitwear, stay for the rest “Hybrid” is one of today’s buzzwords: sweaters and jackets are no longer simply just that, they’re now combining multiple features to become something quite different. And Impulso’s reversible overshirts are a great example: part shirt (with all the details) and part nylon outerwear. Another buzzword is “colour”: everyone’s hankering for a bright, positive future, so cardio orange or vitamin yellow are the perfect tones even in mid-winter, featured
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on pullovers rendered voluminous and soft thanks to their delightful braiding. Then there are the large-pocketed jackets that (another hybrid) combine exclusive yarns and technological fabrics with colour that, instead of being added, is dabbed away by hand to obtain a tie-dye pattern, a marbled effect. Another of the brand’s strengths is its jogging suits: knitted or interlock (in organic cotton) and designed for lazy souls who are sporty at heart. Richard J. Brown Exclusive denim jeans, the Italian way Nature in all its forms. Respect and love for the environment form the foundations on which Richard J. Brown is built, an Italian luxury denim brand. And the 2022-23 autumn-winter collection, previewed at Pitti, is no different: the brand’s intelligent, super “organic” philosophy will feature strongly in each of its new garments. The clearest example of this approach to fashion is provided by the “With a Green Soul” garments: jeans created to boast a sustainable footprint with every component: from the fabric to the buttons, from the rear logo label to all the finishing details. Among the new creations are the Manila: traditional pleated trousers embellished with side buckles. And then there are the reactive materials
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The shoe is already an icon: revived from the Lotto archives, the Lotto Leggenda takes its inspiration from some of Italy’s most famous sneakers - and those most loved by sports stars - in the 1970s (sported by the tennis player John Newcombe), the 1980s (adorning the feet of the Azzurri’s World Cup squad in 1982) and the 1990s (endorsed by stars, staying with tennis, such as Boris Becker). For the 2022-23 autumn-winter season, and being previewed at Pitti, there’s the new Signature, improved and refined to create two variants to be worn whenever, not just for sport: the Edge, sporting a revamped cut and details, and the Mid in white or black leather, to fully exalt the shoe’s unique design. And then there’s the latest Tokyo, also dug out from the Treviso brand’s archives: this is the Tokyo Fuji, an evolution of the Shibuya, with extra volume and a more technical slant. Icons past as well as present, like the tennis player Matteo Berrettini: he, too, is a fan of Lotto. Fred Mello US casual wear with a European touch The inspiration comes from the United States, but Fred Mello’s know-how, hand and craftsmanship are all very much Italian. And this perfect union has created pieces that look great just about everywhere (the famous “made in USA” casual wear), making you feel great both inside as well as out in the cold, with one eye on what’s hot (Italian taste) and the other on what no discerning wardrobe should ever be without. So make way for soft cotton and polyester parkas with quilted padding (the bright red version is hard to miss), jersey-lined hoodies and the ever-popular cargo trousers: those by Fred Mello are in slightly stretchy gabardine and sport a logoed button.