EDITORIALE
di Alessandro Calascibetta
Un messaggio per tutt*
D FOTO: LEONARDO BECHINI
DOPO VIRGIL ABLOH, che con le ultime due collezioni di Louis Vuitton aveva raggiunto la sintesi perfetta tra moda e contemporaneità, Alessandro Michele, che ha trovato un equilibrio costante attraverso l’introduzione di zone semi-formali nell’uomo Gucci, Sarah Burton, che ribadisce di stagione in stagione un rassicurante approccio sartoriale al menswear di Alexander McQueen, Pierpaolo Piccioli, che sta lavorando sull’estetica onirica dell’uomo Valentino per renderlo più commerciale, e Jonathan Anderson, che con Loewe e JW Anderson è alla continua ricerca della reinvenzione dei volumi, tra i fashion designer di grande successo che si sono affermati nel secondo decennio è Kim Jones il primo ad avanzare l’ipotesi di un nuovo concetto di moda maschile. Lo fa con un taglio netto, praticando un recupero di valori che, fino a ieri, sembravano sorpassati: un «passo indietro» per rivalutare un’idea di menswear che avevamo dimenticato. Con la collezione Dior Men Fall 2022 che ha sfilato a Londra lo scorso dicembre, Jones si lascia alle spalle l’immaterialità di una continua ricerca identitaria che andava un po’ di qua e un po’ di là e svela — verrebbe da dire inaspettatamente — senso pratico e precisione, presentando un abbigliamento portabile. Bello e portabile.
Ho usato apposta il termine «abbigliamento» perché di questo si tratta: un’industria la cui funzione primaria è quella di confezionare e vendere indumenti che servono a vestirci. Poi, se c’è anche una buona dose di creatività
a tradurre il vestito (o l’accessorio) in un oggetto affascinante, desiderabile, bello e capace di trasmettere messaggi, si può parlare di moda. Il futuro della moda è però, almeno in parte, già nelle mani di una platea emergente di talenti che accusa la «stampa che conta» di ignorarli. A nostra discolpa c’è da dire che a loro volta guardano i decani della stampa dall’alto in basso, sul genere «ancora qui, questo?». Non è chiaro se questo snobismo sia farina del loro sacco o indotto da pr che si sentono più star degli stilisti stessi, ma questo è un altro discorso. In questo numero parliamo di alcuni giovani fashion designer: da alcune collezioni emerge tanta passione mentre altre sono ancora dominate dall’incertezza. Sarete voi lettori a decidere, perché tra di voi ci sono i potenziali clienti di queste giovanissime realtà. La moda, come l’arte, è il mezzo più immediato che esiste perché un messaggio arrivi a tutt*, e quello del creatore di moda è uno dei mestieri più affascinanti che io conosca; ma per restare in piedi è indispensabile che la merce esca dalle boutique. Perciò, quando i designer lavorano alla collezione dovrebbero fermarsi un momento a ricordare un concetto molto semplice: nel momento in cui ci guardiamo allo specchio scegliamo vestiti e abiti che ci valorizzano. E lasciamo sulla gruccia quelli che peggiorano il nostro aspetto.
(alessandro.calascibetta@rcs.it) (Instagram @alecalascibetta) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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