I Quaderni del San Pietro a Majella II-2021

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Alba Brundo BENJAMIN BRITTEN, OSIAN ELLIS E LA SUITE OP. 83 PER ARPA SOLA

Nato in una cittadina della costa orientale inglese, Benjamin Britten (1913-1976) conobbe fama come compositore subito dopo la guerra con l’opera Peter Grimes del 1945. Il successo di questo giovane autore fu insolito e inaspettato: nel panorama della musica europea, infatti, l’Inghilterra da lungo tempo non aveva prodotto compositori di rilievo ed era rimasta appartata, importando e consumando musica staniera, più che producendo ed esportando compositori e musiche. Soprattutto nell’Ottocento, durante il lungo regno della regina Vittoria, l’alta società britannica aveva preferito consumare musica d’importazione, lasciando ai compositori locali solo la produzione di musiche occasionali, celebrative e da chiesa. La figura del compositore ‘puro’, che viveva della propria arte, risultò inconcepibile per la ricca e pragmatica società inglese fino alla comparsa dei primi compositori come Edward Elgar (1857-1934) e Frederick Delius (1862-1934) che, all’inizio del Novecento, cominciarono a pubblicare e a far eseguire i propri lavori sinfonici, cameristici e operistici nei festival e nei concorsi che si erano diffusi in ogni provincia, a seguito della riforma dell’istruzione pubblica del 1870 che, finalmente, introdusse lo studio della musica nelle scuole britanniche. Contemporaneamente cominciarono a diffondersi in Gran Bretagna anche le avanguardie francesi e tedesche, il Neoclassicismo, il jazz e i nuovi compositori locali poterono ampliare i propri orizzonti musicali e cominciare a dare vita a uno stile nazionale che fu caratterizzato da un ecclettismo ispirato a differenti modelli culturali d’importazione e dal recupero di forme e tradizioni musicali antiche o folkloristiche.1 In questo panorama, Benjamin Britten rappresentò l’esponente di maggiore statura della nuova cultura musicale inglese, per la sua capacità di trarre ispirazione da molteplici spunti per elaborare un linguaggio proprio e sempre nuovo. Riconosciuto da tutta la critica nazionale e internazionale come una delle grandi figure artistiche del Novecento, egli si mostrava sorpreso di tanto interesse nei suoi confronti. «I want my music to be of use to people, to please them, to “enhance their lives”. I do not write for posterity»2 disse Britten, in un suo celebre discorso pubblico, sintetizzando così la sua fede artistica: comporre per il piacere delle persone e non per essere acclamato dai critici o per passare alla storia. Il suo atteggiamento umile e utilitaristico nei confronti del suo lavoro di artista, interessato solo a essere capito e acclamato dal pubblico, fu in completa controtendenza rispetto all’atteggiamento snobbistico e elitario delle avanguardie europee. Il grande desiderio di musica dell’Inghilterra post-bellica e l’aspirazione ad avere una scuola nazionale di compositori in cui riconoscere la propria 1

ANDREA LANZA, Storia della Musica. Il Novecento II, 10 parte seconda, Torino, EDT, 1980, pp. 101-109.

«Voglio che la mia musica sia utile alle persone, per farle felici, per “migliorare le loro vite”. Non scrivo per i posteri». BENJAMIN BRITTEN, On Receiving the First Aspen Award. A speech given by Benjamin Britten on July 31, 1964 <http://www.aspenmusicfestival.com/benjamin-britten> (ultima consultazione 17 maggio 2021). 2

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