Raffaele Mellace LA FAMIGLIA PALOMBA: NOVANT’ANNI DI STORIA DELL’OPERA TRA LEO E ROSSINI Novant’anni di storia dell’opera Novant’anni esatti (1735-1825) della storia dell’opera, a Napoli e ben oltre, sono segnati in termini significativi da un tandem di librettisti, zio e nipote: Antonio e Giuseppe Palomba. Un intervallo considerevolissimo sul piano storico: nel 1735 Carlo ha fondato da appena un anno la dinastia, nel 1825 muore dopo un regno lunghissimo e travagliato il figlio Ferdinando; non meno che su quello musicale: nel 1735 a Napoli sono in cartellone Sarro, Leo e Pergolesi, nel 1825 Mercadante, Rossini e Donizetti. L’attività di questi prolifici, talentuosi ma anche controversi drammaturghi copre in due segmenti diseguali, rispettivamente di trenta e sessant’anni, quasi un secolo di profonde trasformazioni dello spettacolo operistico, trasformazioni cui i due commediografi non fecero mancare il proprio contributo, in grado di ripercuotersi, per il tramite della collaborazione con uno stuolo di operisti di ogni calibro, non esclusi i maggiori, ai quattro angoli d’Europa. Le pagine che seguono si ripropongono di mettere nuovamente a fuoco quella pratica cruciale dell’industria culturale rappresentata dal mestiere del librettista, la cui continuità risulterà forse sorprendente, nel contesto dei mutamenti non proprio irrilevanti delle circostanze storiche e culturali. Antonio e l’affermazione nazionale della commedia musicale L’ambiente in cui prese avvio la carriera di poeta drammatico di Antonio Palomba, classe 1705 e membro del ceto forense («notaro», lo chiamano le fonti), è la curia del collega commediografo, di poco più anziano, Pietro Trinchera, la cui frequentazione in ambito professionale nella seconda metà degli anni Trenta del Settecento si sviluppò, se non in un vero e proprio sodalizio artistico, in una collaborazione stretta che testimonia l’ampia fiducia di Trinchera nelle qualità di Palomba.1 Il primissimo agone in cui quest’ultimo poté dar prova del suo talento dovrebbe essere il famigerato teatro della Pace o del Vico della Lava, sala di quart’ordine sorvegliata dalla polizia e spesso e volentieri chiusa per motivi d’ordine pubblico. Se lì Palomba debuttò plausibilmente con Lo creduto infedele nell’inverno 1735, con musica del bitontino Nicola Logroscino, fu soprattutto a fine anni Quaranta che vi si spese tanto come autore (tre commedie – La mogliere traduta, Lo chiacchiarone e Li dispiette d’ammore – soltanto nel 1747/48), quanto come «concertatore», cioè responsabile dell’allestimento scenico di commedie proprie e altrui.2 A quell’altezza la fama di Palomba è saldamente acquisita, 1
Cfr. GIANNI CICALI, Strategie drammaturgiche di un contemporaneo di Goldoni. Pietro Trinchera (1702-1755), «Problemi di critica goldoniana» 8, 2002, pp. 133-201: 142. 2 Cfr. STEFANO CAPONE, L’opera comica napoletana (1709-1749). Teorie, autori, libretti e documenti di un genere del teatro italiano, Napoli, Liguori, 2011, p. 81. 45