SCOMMETTERE
SUL FUTURO
Azzeccare il titolo di un articolo o lo strillo di una cover è un mestiere, ma talvolta basta una fulminazione. Fatti salvi alcuni gioielli, frutto per lo più di fantasiosi e ironici calembour (ma vale soprattutto per vignette e articoli), quando si deve cercare la sintesi di un’intera rivista, tutt’altro che monotematica, la sfida è complessa. A volte ci riusciamo, talvolta però il giorno dopo. È successo a marzo, quando l’editoriale di apertura, ancorato sulle tragiche vicende della cronaca, e interrogandosi sulla irredimibile convivenza di santità e bestialità in un unico genere vivente, contrastava con lo scanzonato sorriso del protagonista della cover, Fiorello. Lo strillo migliore sarebbe stato L’antidoto dell’allegria. Con riferimento alla quotidiana dose mattutina che lo showman ci somministra in tv. Una modalità che non è mettere la testa sotto la sabbia ma è la capacità, di tanto in tanto, di estraniarsi quanto basta per vedersi meglio, e non prendersi troppo sul serio. Quest’ultima attitudine fonte di tanti umani guai. È capacità di ridere del nostro pressapochismo e della nostra stessa vanità, e soprattutto di quella del potere, fino a ridicolizzarlo. In piccolo, ridotto a varietà, è Il grande dittatore di Charlie Chaplin. Non sempre un’allegria sterile, dunque. E poi sì, c’è pure una componente di vacuità, di cui non dobbiamo vergognarci. Serve a sopravvivere, almeno ponendola come intervallo tra mestizie e gioie, sorprese e routine, tragedie e commedie, ininterrotte sinuosità che compongono la nostra esistenza. Questa volta, forse, ci siamo riusciti il giorno prima. Lo
strillo Affamati di vita è mutuato dall’intervista a Chiara Francini, protagonista della cover di aprile. Ci è sembrato sintetizzasse bene, se non tutti, molti degli articoli di questo numero. Sintetizza quanto di meglio sprigiona la primavera, rappresenta il desiderio laico di affermarsi e risorgere dopo ogni caduta, e quello religioso della Pasqua. Come la cristiana resurrezione dalla morte e nascita a vera vita. O l’ebraica liberazione dalla schiavitù. E, tornando a più laiche riflessioni, di schiavitù da cui liberarci ne abbiamo tante. Così subdole e irriconoscibili che non le percepiamo più neppure come tali. Essere affamati di vita significa anche armarsi di ottimismo, scommettere sul futuro, anche costruendo infrastrutture e ponti, creando posti di lavoro e introducendo nuove tecnologie. Significa, individualmente, aver voglia di ascoltare, vedere, scoprire. E poi sperimentarsi e rischiare, lottare per realizzare un sogno, dare spazio a chi non ce l’ha, regalare e regalarsi emozioni. Significa leggere e viaggiare. E La Freccia cerca come sempre di essere ispirazione e compagna discreta dei vostri viaggi.
UN TRENO DI LIBRI
Nell’Invito alla lettura di questo mese La Freccia propone Una minima infelicità, il romanzo d’esordio di Carmen Verde
52 COLOSSI D’ITALIA
Dal San Carlo di Arona al Cristo di Maratea, un viaggio tra le statue più alte del Paese. Capolavori di arte, fede e ingegneria
90
NEL MONDO FLUTTUANTE
A Torino una mostra per scoprire il mondo del Sol Levante nelle opere dei grandi maestri giapponesi Utamaro, Hokusai, Hiroshige
Tra le firme del mese
21
i metri d’altezza del Redentore di Maratea [pag. 54]
250
GINEVRA BALDASSARI
Con un diploma in Arti grafiche e una laurea in Pittura, scrive per la radio, la tv e diverse riviste musicali. Ha collaborato, tra gli altri, con La Repubblica, Sky e l’edizione francese di Rolling Stone. Già autrice di racconti e testi di canzoni, sta lavorando al suo primo romanzo
i chilometri della Via Amerina [pag. 57]
156
le fotografie di Ruth Orkin in mostra a Torino [pag. 106]
READ ALSO
MATTEO FAVERO
Dopo gli studi in Scienze internazionali e diplomatiche, è stato consulente del ministero degli Affari Esteri per la cooperazione italiana allo sviluppo e del Formez. Ora si occupa di sostenibilità e anima le attività dell’Associazione nazionale per il clima Globe Italia
FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale
PER CHI AMA VIAGGIARE
MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE
ANNO XV - NUMERO 4 - APRILE 2023
REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA
N° 284/97 DEL 16/5/1997
CHIUSO IN REDAZIONE IL 27/03/2023
Foto e illustrazioni
Archivio FS Italiane
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In redazione
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Marco Mancini
Davide Falcetelli
Michela Gentili
Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre
Gaspare Baglio, Angela Alexandra D’Orso, Irene Marrapodi
Francesca Ventre
Giovanna Di Napoli
Claudio Romussi
Ginevra Baldassari, Osvaldo Bevilacqua, Peppone Calabrese, Claudia Cichetti, Giuliano Compagno, Matteo Favero, Fondazione FS Italiane, Enzo Fortunato, Alessio Giobbi, Peppe Iannicelli, Sandra Jacopucci, Silvia Lanzano, Valentina Lo Surdo, Enrico Procentese, Andrea Radic, Gabriele Romani, Davide Rondoni, Floriana Schiano Moriello, Mario Tozzi
REALIZZAZIONE E STAMPA
Giornalista, scrittore, conduttore radiofonico e televisivo. Ama vivere e raccontare la vita. Ha una passione speciale per i viaggi e lo sport, i piaceri della tavola e dell’arte, la buona conversazione e la contemplazione della natura. La sua dote migliore è la curiosità
Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com Coordinamento Tecnico Antonio Nappa
PROGETTO CREATIVO
Team creativo Antonio Russo, Annarita Lecce, Giovanni Aiello, Manfredi Paterniti, Massimiliano Santoli
PER LA PUBBLICITÀ SU QUESTA RIVISTA advertisinglafreccia@fsitaliane.it
FLORIANA SCHIANO MORIELLO
Giornalista, attiva nel campo della comunicazione e degli eventi di promozione territoriale, dell’agroalimentare e dell’enogastronomia. Con la passione vulcanica della natia terra flegrea, ama scoprire e raccontare angoli, sapori e tradizioni d’Italia
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On web
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I numeri di questo numero
POETICA DEL SOGNO
Un’immersione nello spirito fiabesco e onirico di uno degli artisti più significativi del ‘900. È la mostra La magia di Marc Chagall tra realtà e surrealtà, aperta fino al 5 novembre nella cornice del Castello Aragonese di Otranto, in provincia di Lecce.
In esposizione 80 tra acqueforti, litografie originali e dipinti del maestro nato nel 1887 a Vitebsk, in Bielorussia, da una famiglia di religione ebraica, poi esule in Francia. Un genio creativo, quello di Chagall, che ha attraversato quasi un secolo di storia, sospeso – come le sue celebri figure umane e animali librate in volo – tra avanguardia francese, tradizione rurale russa e sapienza chassidica. Famoso per lo stile personalissimo, visionario e fantastico, melanconico e a un tempo intriso di ironia, alla
ricerca di un mondo figurativo che è anche un ritorno sentimentale alla madrepatria lontana.
La mostra, promossa dal Comune di Otranto con Global Art e Guastalla centro arte, ospita le acqueforti realizzate da Chagall a partire dal 1927 per l’edizione illustrata del romanzo di Nikolaj Gogol Le anime morte e il ciclo di incisioni per le Favole di Jean de La Fontaine. E, ancora, le splendide illustrazioni per la Bibbia ideate nel ‘42, quando l’artista si trovava negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni antisemite, le litografie del ciclo Dessins pour la Bible e quelle incise per la monografia del ‘57, in cui sono ricapitolati i temi più cari all’artista: l’amore, il sogno, la memoria dell’infanzia. comune.otranto.le.it
LE
a cura di Enrico Procentese enry_pro
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente e priva di watermark. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica.
PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEMEGabriele, macchinista Frecciarossa
A TU PER TU
di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.itAndrea Tomasoni lavora per la Direzione Business AV di Trenitalia come macchinista dei Frecciarossa, il servizio di punta del Gruppo FS. Quando sei entrato in azienda?
Dopo gli studi all’Accademia aeronautica, dove ho conseguito il brevetto da motorista di elicotteri, ho deciso di avvicinarmi anche al mondo dei treni presentando la mia candidatura in FS Italiane. Dopo circa sei mesi, ho cominciato il programma di selezione e formazione che mi ha portato a ricoprire il ruolo di macchinista sui treni ad Alta Velocità. Come si è svolto il tuo percorso professionale?
La passione per i velivoli ha ceduto il posto a quella per i treni, complice il patrimonio di conoscenze acquisito in quattro anni grazie all’intensa preparazione ricevuta dall’azienda. La formazione procede di pari passo con le nuove normative, regole e direttive di circolazione, ma anche con l’implementazione delle tecnologie e dei servizi offerti. Anche oggi continuo a seguire aggiornamenti teorici e pratici per diventare macchinista esperto.
Su quali treni svolgi il tuo lavoro?
Mi muovo praticamente su tutto il territorio nazionale alla guida degli Etr 1000 e 500 e dell’ultimo arrivato della famiglia Frecciarossa: l’Etr 700. La mia formazione di macchinista è stata incentrata sui treni ad Alta Velocità, con una piccola parentesi all’inizio della pandemia. In quel periodo, infatti, mi è capitato di lavorare anche sugli Intercity perché le corse con le Frecce erano state ridotte per via dell’emergenza sanitaria.
Che rapporto hai con i colleghi degli altri settori?
La sinergia tra macchinista e personale di bordo è fondamentale, come lo è quella con le Sale operative che seguono da remoto la marcia di ogni singolo treno. Siamo proattivi e orientati al problem solving per affrontare al meglio tutte le difficoltà che possono capitare durante un viaggio. Questo impone un’interazione continua con tutti i componenti della macchina organizzativa, in cui bisogna essere pronti nell’immediato a mettere al servizio le proprie competenze.
Un aspetto della tua professione che ti piace in modo particolare?
Vivo con passione e curiosità la partecipazione alle corse di prova programmate per testare l’implementazione dei sistemi di circolazione, monitorare la manutenzione o verificare come si comporta un treno su alcuni tratti di linea soggetti a interventi. Ho la fortuna di lavorare in un settore in continua evoluzione e per me questa esperienza è una delle più coinvolgenti. Rappresenta un’occasione unica per approfondire le caratteristiche di treni e linee insieme agli ingegneri e ai tecnici impegnati nella diagnostica ferroviaria.
LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI
FA VIAGGIARE
Daniele Orazi è un agente cinematografico e televisivo. Ci racconta la sua esperienza in treno tra incontri di lavoro e caccia a nuovi talenti.
Come si lega la tua professione al viaggio?
Sono sempre in giro alla ricerca di artisti, perlopiù attori e attrici italiani e internazionali, ma anche registi e sceneggiatori, che poi seguo nel loro percorso. Il viaggio in treno, soprattutto tra Roma e Milano ma non solo, è diventato parte integrante del mio core business. Come agente mi muovo spesso senza preavviso, anche all’ultimo momento, ed è utile poter contare sulla totale flessibilità del treno, in particolare per quanto riguarda le modifiche last minute. Prossima destinazione?
In questo mese sono impegnato nella presentazione di un corso in dieci lezioni per l’Università telematica Guglielmo Marconi, a Roma, dedicato al lavoro dell’agente. È un’iniziativa unica nel suo genere, e si prefigge di fornire un percorso di formazione capace di facilitare l’accesso a questo tipo di carriera. È un’occasione per mettere in campo la mia esperienza in qualità di formatore e raccontare dei miei innumerevoli viaggi in giro per il Paese alla ricerca dei talenti con cui oggi lavoro.
Cosa ami del treno?
Parte del mio lavoro è riservata alla lettura. Trovare i momenti giusti per concentrarmi sulle sceneggiature o per dedicarmi alla preparazione delle prossime lezioni diventa dunque fondamentale. Considero il tempo trascorso sul treno Roma-Milano un momento tecnico di riflessione e approfondimento utile a immergermi in testi di ogni tipo. Sono anche proprietario di un cane di taglia media che viaggia spesso con me e con le Frecce posso tenerlo sempre vicino in totale comfort.
I viaggi di lavoro possono diventare momenti di piacere?
Nell’ultimo anno ho imparato ad apprezzare il servizio Milano-Parigi, che mi ha consentito di ridurre il numero di spostamenti in aereo, visto che seguo diversi artisti francesi e italo-francesi. Molti di loro utilizzano il treno per muoversi in occasione di tour, eventi, incontri e manifestazioni pubbliche. Appuntamenti che spesso si trasformano in ottime opportunità per visitare l’Italia e, in particolare, le città d’arte.
Quale stazione preferisci?
Una su tutte Venezia, a fine agosto, dove approdano i professionisti del settore in occasione della Mostra internazionale del cinema. Questa città rientra da sempre tra le mie destinazioni più frequenti, anche perché, in qualità di appassionato collezionista, sono un assiduo visitatore della Biennale d’arte. Ciononostante, entrare in Laguna in treno rappresenta sempre qualcosa di talmente magico e romantico che abituarsi è impossibile.
save the date APRILE 2023
MILANO 18>23 APRILE
Ogni anno appassionati e professionisti del design si incontrano tra gli spazi di Fiera Milano a Rho per il Salone del mobile, giunto alla 61esima edizione. Complementi d’arredo, oggettistica, elementi decorativi e tessili fanno mostra di sé tra i padiglioni, mentre negli spazi di Workplace3.0 si possono ammirare le nuove soluzioni pensate per gli spazi lavorativi. Intorno all’evento principale gravita la 24esima edizione del SaloneSatellite, l’appuntamento rivolto ai designer sotto i 35 anni e ai giovani progettisti. Dopo quattro anni di pausa torna inoltre Euroluce, la manifestazione dedicata all’illuminazione. Mentre è alla terza edizione S.Project, spazio trasversale dedicato ai prodotti di design e al progetto d’interni. La presidente del Salone Maria Porro, della storica azienda di design omonima, ha confermato l’importanza della sostenibilità ambientale come valore
fondante della rassegna. Non a caso, tra gli eventi collaterali della Milano design week, si inserisce il progetto Green Island, che quest’anno propone all’interno della stazione Porta Garibaldi l’installazione Kiosk, un chiosco
pop-up firmato dal designer Antonio Scarponi. L’oasi verde si propone come luogo di interazione durante il giorno mentre la sera diventa un palcoscenico per attività performative. salonemilano.it
LES BALLETS TROCKADERO DE MONTE CARLO ITALIA 13>23 APRILE
La straordinaria compagnia americana, composta da soli uomini, torna ad affascinare il pubblico italiano con la sua tecnica impeccabile e l’effetto comico dato dall’enfatizzazione dei tratti iconici del balletto classico. Tra incidenti sul palco e nevrosi da étoile i danzatori en travesti interpretano tutti i ruoli possibili e si trasformano in romantiche principesse o angosciate dame vittoriane. Il tour tocca varie città del Nord Italia e propone un repertorio di coreografie tratte da diverse opere, da Il lago dei cigni a Paquita. Lo spettacolo celebra la danza come forma d’arte universale. Perché anche gli uomini possono ballare indossando le punte, avvolti da vaporosi tutù, soavi nelle loro solide fisicità. trockadero.org
LANA IN FIORE
LANA, CERMES, GARGAZZONE, POSTAL (BOLZANO) 1>30 APRILE
Un tripudio di fiori accoglie la primavera in Alto Adige. Il territorio di Lana, in particolare, vanta il maggior numero di meleti della regione e, in aprile, si ricopre di fiori rosa e bianchi. Per tutto il mese gli abitanti festeggiano il ritorno della bella stagione con laboratori creativi, conferenze a tema, corsi di cucina e decorazione, passeggiate alla scoperta di erbe selvatiche e mercatini, sessioni di yoga e tornei di golf. Graziosi annaffiatoi di colori pastello adornano le strade dei paesi, appesi tra i rami degli alberi o davanti alle porte dei negozi. Inoltre, per l’occasione, domenica 23 aprile masi e tenute della provincia aprono le porte di cucine e cantine, per avvicinare i visitatori ai gusti più autentici del territorio. lanainfiore.it
RENOIR. L’ALBA DI UN NUOVO CLASSICISMO ROVIGO FINO AL 25 GIUGNO
Pierre-Auguste Renoir è conosciuto come il pittore dell’Impressionismo, eppure solo una piccola parte della sua produzione può essere ascritta a questa corrente. Dopo il suo viaggio in Italia, tra il 1881 e il 1882, ispirato dalla lezione dei grandi maestri del passato, iniziò a dipingere tele capaci di anticipare quel ritorno all’ordine che esplose verso la fine del primo decennio del ‘900 in reazione alle avanguardie. Una forma di classicismo moderno, lontana dalle tendenze del tempo, sui cui la mostra a Palazzo Roverella vuol fare luce. Le 47 opere del percorso espositivo, a cura di Paolo Bolpagni, restituiscono un Renoir maturo, dalla pennellata pacata ma sontuosa. Un artista in grado di presagire gli sviluppi successivi dell’arte e tradurre in pittura la propria interpretazione del mondo, originale e controcorrente. palazzoroverella.com
ROLLI DAYS
GENOVA 28 APRILE>1° MAGGIO
Porte aperte ai fasti della nobiltà rinascimentale. In un weekend di aperture straordinarie, si possono visitare i Palazzi dei Rolli, edifici del centro storico inseriti nel Patrimonio dell’Umanità, affiancati da alcune ville suburbane del Ponente, tutte residenze di famiglie facoltose. Tema dell’anno è El Siglo de Los Genoveses, il periodo d’oro della repubblica marinara in cui si è consolidato il legame dell’aristocrazia con la navigazione. Il pubblico può entrare nella villa di Adamo Centurione, armatore amico di Andrea Doria, o dei Lomellini, che smerciavano il corallo in Europa. La loro villa di Pegli quest’anno è raggiungibile, come per gli ospiti illustri di un tempo, anche via mare. All’interno di tutte le dimore, tra cui lo splendido Palazzo Spinola, si possono apprezzare notevoli cicli di affreschi, sculture, arazzi e argenti. visitgenoa.it/rollidays-online
WARHOL
HARING BASQUIAT.
LA MOSTRA BOLOGNA FINO AL 18 GIUGNO
Le forme, i colori e i temi della scena underground newyorkese degli anni ‘80 rivivono in un’esposizione allestita a Palazzo Belloni. La mostra, a cura di Edoardo Falcioni, riunisce per la prima volta in Italia le opere più iconiche di Andy Warhol, Keith Haring e Jean-Michel Basquiat e ne ricostruisce il sodalizio artistico e spirituale. Sullo sfondo il mondo della musica e le atmosfere dei club che ispirarono la loro produzione. Il corpus è ricco e di pregio: dall’inconfondibile copertina del disco The Velvet Underground & Nico, firmata da Warhol, alle cover più famose disegnate da Haring e Basquiat. E, ancora, polaroid originali, riviste, chitarre autografate e memorabilia. Oggetti da collezione che testimoniano l’influenza della pop art e delle sue evoluzioni sulla cultura di fine secolo. nextexhibition.it
ARTEVENTO CERVIA
CERVIA (RAVENNA) 21 APRILE>1° MAGGIO
Un angolo incantevole del Delta del Po, la spiaggia di Pinarella, fa da scenografia per la 43esima volta a uno degli eventi più importanti dedicati all’aquilone come forma d’arte. Il festival è un appuntamento imperdibile per 250 designer e piloti e oltre duemila appassionati. Quella del 2023 è un’edizione da record con 50 delegazioni da tutto il mondo pronte a riempire il cielo di fantasia, tra voli acrobatici e capolavori di creatività. Undici giorni di festa in riva al mare a cui si aggiungono laboratori, performance di teatro-danza e circo contemporaneo e l’originale spettacolo immersivo la Notte dei miracoli. Ospiti d’onore del festival 27 giovani maori del gruppo Kaimatariki Trust & Te Kura O Hirangi che si esibiscono in tipici canti e balli aborigeni. artevento.com
ARMANDO TROVAJOLI. UNA LEGGENDA IN MUSICA
ROMA 11 MARZO>14 MAGGIO
Una mostra al Museo di Roma in Trastevere omaggia il cantore della Città eterna. A dieci anni dalla scomparsa di Armando Trovajoli, pianista, compositore e direttore d’orchestra, viene presentato uno straordinario viaggio attraverso 80 anni di cultura e costume del Paese. Foto, video, documenti, oggetti, tra cui i suoi inconfondibili occhiali, compongono le nove sezioni dell’esposizione. Restano memorabili molti dei suoi brani e delle colonne sonore, come l’accompagnamento a una delle commedie italiane più note, Rugantino di Garinei e Giovannini. A Trovajoli si deve anche Roma nun fa’ la stupida stasera, la romantica canzone dedicata alla sua città, e la colonna sonora del film La Ciociara. Eccezionali anche le sue collaborazioni con registi cinematografici: uno su tutti, Ettore Scola. museodiromaintrastevere.it
EDGARDO CURCIO. ECHI DELLA SECESSIONE VIENNESE A NAPOLI SORRENTO FINO AL 28 MAGGIO
La Fondazione Sorrento, presieduta dall’armatore Gianluigi Aponte, ha organizzato una mostra dedicata al pittore napoletano, nel centenario della sua morte, in una delle location più panoramiche della cittadina, Villa Fiorentino. L’esposizione, curata da Mariantonietta Picone Petrusa, consente di conoscere 60 tra le opere più importanti di Curcio, che subì l’influenza dei secessionisti austriaci, tra cui Gustav Klimt. I temi da lui prediletti sono i paesaggi e le nature morte, ma soprattutto la figura femminile e le scene di convegni familiari. Qui è protagonista la donna borghese, elegante ma senza ostentazione, privata della sua identità e trasformata in un’icona astratta. La mostra è una delle iniziative tese a valorizzare la vocazione turistica della città grazie all’impegno dell’amministratore delegato della Fondazione, lo chef Alfonso Iaccarino, e della storica dell’arte Isabella Valente. P.I. fondazionesorrento.com
SALENTO DIPINTO. OPERE DI MARCO TOMMASO FIORILLO LECCE 23>30 APRILE
Campagne d’ulivi secolari e scogliere a picco sul mare. Distese di sabbia bianca accarezzate dal blu delle onde. Luce chiara ma anche temporali impetuosi. Il paesaggio salentino, nella sua opulenza di forme e colori, ispira le tele di Marco Tommaso Fiorillo, pittore e restauratore di opere d’arte che vive e lavora a Lecce. L’esposizione allestita alla Fondazione Palmieri, negli spazi della chiesa di San Sebastiano, consente di ammirare la produzione dell’artista, già noto a registi come Ferzan Özpetek e Cristina Comencini che hanno scelto le sue opere per impreziosire le scenografie dei loro film. Quella ritratta da Fiorillo è una natura placida la cui vita è resa in pittura attraverso pennellate brevi, sfumate ma controllate, che trasmettono a chi guarda il senso di discreta maestosità del creato. marcofiorillo.it
IT’S ALL MY FAULT
ACI CASTELLO (CATANIA) FINO AL 30 APRILE
La fragilità e la paura sono i motori che hanno spinto l’artista statunitense Ryan Mendoza a scattare 18 fotografie, espressioni allucinate di un mondo che non riesce a proteggere ciò che di buono lo abita. In mostra una realtà distopica in cui gli individui sono indeboliti da riti collettivi impersonali ed è in atto uno scontro tra metaverso e cruda fisicità. Il percorso espositivo è come un viaggio di un bambino verso la maturità, tra visioni conturbanti e deliri estetici. Oltre alla mostra fotografica, l’hotel Four
Points by Sheraton Catania inaugura il progetto di una meta-room d’artista, una stanza d’albergo in cui il visitatore può indossare un visore di realtà virtuale per intraprendere un soggiorno phygital, muovendosi fisicamente e digitalmente dove Mendoza ha avuto la sua residenza d’artista nel 2021. fondazioneoelle.com
GUSTA & DEGUSTA
di Andrea Radic Andrea_Radic andrearadic2019NOVITÀ A MILANO: ZAÏA, UNA CUCINA CREATIVA, LIBERA E DA CONDIVIDERE
Si sta proprio bene, ci si sente a casa». Spesso è questa la sintesi di ciò che fa piacere trovare quando si varca la soglia di un ristorante. Un in-
LA VAL DI NOTO: TRA VINI DI FASCINO E ARCHITETTURE BAROCCHE
Nero d’Avola e Moscato sono i vitigni protagonisti della Val di Noto, incantevole angolo della Sicilia sudorientale. Una zona produttiva di ottimo livello, valorizzata dagli itinerari della Strada del vino, diretta da Frankie Terranova, e dal Consorzio di Tutela Val di Noto, presieduto da Nino Di Marco. Un territorio di grande respiro e notevole eleganza che comprende aziende storiche e giovani realtà, soprattutto nella zona di Siracusa. A Marzamemi si segnala Ramaddini con Carlo Scollo e il suo Patrono, 100% Nero d’Avola, fruttato ed espressivo, a Pachino Barone Sergio, cantina storica oggi animata dalla grande energia di Luigia Sergio e sua sorella Angela. Da gustare anche Cantina Terre di Noto, capace di unire la ricca storia del territorio con la modernità tecnica nella produzione dei vini. Ad Avola si distingue l’azienda Palmeri, grazie al talento dell’enologo Antonio Campisi. Tra i migliori Moscato, invece, quelli di cantine Pupillo e Salvatore Marino. Alto livello anche con Valeria Iovino di Netum produzioni biologiche, vignaiola di grande passione, e con la famiglia Curto, dalle antichissime origini, che produce vini di carattere a Ispica
sieme di buona cucina, stile, capacità di accogliere e cura dei dettagli per far vivere un’esperienza identitaria. Sono le caratteristiche di Zaïa, nuovo indirizzo milanese a pochi passi dalla Darsena. Aperto dal gruppo Aethos, comprende anche un raffinato boutique hotel diretto da Irene Guiotto e un cocktail bar con bancone storico e divani in pelle dove si respira l’atmosfera di un vero club. A guidare la cucina di Zaïa il grande talento di Luigi Gagliardi e Dario Guffanti. I due chef si dividono i compiti e in tavola arrivano piatti di grande fascino e dalle molteplici ispirazioni. Uno stile che declina in un caleidoscopio di sapori materie prime di altissima qualità, spezie mediorientali, cotture e consistenze di ispirazione internazionale. Una cucina pienamente mediterranea, libera e di grande piacere, che viene trasmesso agli ospiti. Uovo all’uovo, ikura (uova di salmone) erba cipollina e pane aromatico è un piatto ghiotto e cremoso. Carote, yogurt speziato e chili è essenziale e ricco di gusto. Trota marinata, mele e carpione è elegantissimo al palato e alla vista. Triglia, porcino, cioccolato bianco, erbe aromatiche è intrigante e saporito. In linea i dolci curati dal pastry chef Francesco Bordignon. Cantina pienamente in grado di soddisfare esigenti appassionati. Da Zaïa si può gustare anche il brunch domenicale e la pizza gourmet, che regna in un angolo all’interno della struttura. aethoshotels.com
Alcuni produttori di Noto (Siracusa) con il sindaco della città Corrado Figura
(Ragusa). Giacomo Tachis, celeberrimo enologo, un giorno disse: «Se qualcosa di grande nascerà in Italia nei prossimi anni, nascerà qui e nascerà dal Nero d’Avola». stradadelvaldinoto.it
FATTORIA SAN FELO: MAREMMA ENOLOGICA DI GRAN CLASSE
La Maremma è terra di meravigliosa bellezza, rude e dolce al tempo stesso. Oggi produce vini di grande fascino ma una volta era il regno dei butteri, antichi mandriani. Ernesto, classe 1912, era uno di loro, soprannominato “lampo”. Lo stesso nome che i nipoti Federico e Lorenzo Vanni hanno deciso di dare al loro Morellino di Scansano di Fattoria San Felo, dedicato al nonno. Una passione di famiglia che ha portato a produrre vini di alto livello, piena espressione del territorio. Le uve di Sangiovese con piccola percentuale di Ciliegiolo, esposte ai venti di maestrale, vengono selezionate a mano, fermentano in acciaio e affinano 18 mesi in botti di rovere. Così nasce Lampo, appunto, vino di grande eleganza. Al naso esprime sentori pieni di frutta rossa e scende al palato avvolgente e di bel carattere.
Il bello di San Felo è la talentuosa capacità di raggiungere livelli enologici ragguardevoli con tutta la tipologia di vitigni a disposizione. Cabernet Sauvignon in purezza per il sorso di gran carattere di Aulus Igt Toscana, ancora eleganza con Balla la Vecchia Doc Maremma Toscana e scommessa vinta con l’identità di San Felo Pinot Nero, perché per vincere ci vuole coraggio. Capitolo vini bianchi da leggere e godere con fiducia. Il Vermentino Le stoppie e il San Felo, Viognier in purezza, sono esempi lampanti di quanto i bianchi della costa toscana possano essere affascinanti. Non manca un metodo classico millesimato da Vermentino, con 48 mesi di permanenza sui lieviti. Chapeau. fattoriasanfelo.com
HILTON ROME EUR LA LAMA: ARTE, DESIGN E PROPOSTE GOURMET DEL NUOVO HOTEL
Progettato da Massimiliano Fuksas, il nuovo Hilton Rome Eur La Lama è già un indirizzo iconico della Capitale. La costruzione di vetro e acciaio, vera e propria “lama” nel disegno urbanistico dell’Eur, sarà presto direttamente collegata alla celebre Nuvola, il centro congressi disegnato dall’archistar. Si sviluppa su 16 piani per 60 metri di altezza, 130 di lunghezza, 16 di larghezza, con sei ascensori panoramici, per ospitare 439 camere, due ristoranti, due bar, una sala fitness e sette sale riunioni. Anima internazionale e tocco tutto made in Italy nella qualità dei servizi, nella cura dei dettagli e nelle piccole e grandi attenzioni agli ospiti. Italiana con tocco globale anche la cucina dei due ristoranti. Al piano terra una proposta gastronomica tradizionale e contemporanea con ghiotte citazioni dei classici romani: puntarelle, carciofi, una cacio e pepe da non perdere e coda alla vaccinara di livello. L’altro di matrice gourmet aprirà al 16esimo piano per un fine dining con vista unica sulla città e sulle architetture dell’Eur.
Il colpo d’occhio nella hall è emozionante: lo sguardo viene rapito dalla scultura di Arnaldo Pomodoro posta al centro dello spazio. Gli arredi interni sono curati da Lorenzo Bel-
lini Atelier con richiami al design decò degli anni ‘30 e ‘40. A impreziosire gli spazi comuni, dalla parete del lungo banco bar fino al tavolo della Library, opere in bronzo di Osanna Visconti di Modrone. Un luogo ricco di bellezza artistica e architettonica ma, al medesimo tempo, caldo e accogliente nei toni e valorizzato dal personale gentile e professionale. hiltonhotels.it
MISSIONE
MUSICA
Èstato la rivelazione del Festival di Sanremo con il brano Supereroi, hit che continua a riscuotere successo con tanto di doppia certificazione platino. Mr. Rain sta scalando tutte le classifiche e, dopo i live primaverili nei club che partono il 6 aprile da Firenze, si prepara anche per il tour estivo. L’avvio è previsto il 27 giugno a Roma, e poi su e giù per l’Italia (almeno) fino al 12 agosto. Per il rapper è un momento d’oro: oltre 700 milioni di stream all’attivo, 13 dischi di platino, successi come Fiori di Chernobyl e Ipernova. E la canzone sanremese tra la più ricercate su shazam e popolarissima su tiktok. Come stai vivendo questo momento?
È un viaggio totalmente inaspettato. Sapevo di partire sfavorito al festival: in gara c’erano artisti importanti, che riempiono gli stadi. Pensavo di fare una competizione parallela portando il mio progetto, me stesso, nella speranza di colpire gli spettatori. Poi mi sono trovato sul podio. Devo ancora metabolizzare tutto, ma sono veramente felice. La mia vittoria più grande, però, è essermi fatto spazio nella vita di tanta gente.
Chi sono i Supereroi del brano?
Tutte le persone che mi hanno aiutato a superare il periodo cupo di qualche tempo fa: la mia famiglia, la mia ragazza, la mia band. Mi hanno dato la forza di accettarmi e chiedere aiuto.
Come continua il tuo viaggio?
Oltre al tour, grazie al quale potrò incontrare chi mi ha supportato, sto lavorando a un disco che uscirà entro l’anno.
Il ricordo più bello e quello più brutto della tua carriera finora?
Sanremo è stato il culmine di tanti momenti belli. Il periodo peggiore risale al 2019, quando ho vissuto un anno buio: mi ero isolato dal mondo dopo avvenimenti personali e lavorativi che mi avevano tolto la voglia di scrivere. Ero molto spaventato: solo grazie alla musica riuscivo a farmi capire dagli altri.
E poi è arrivato il Covid-19, che ha obbligato tutti a chiudersi in casa.
Un bruttissimo periodo che, però, mi ha insegnato molto: ho passato parecchio tempo in solitudine, ridisegnando le mie priorità, mettendo ordine nella mia vita. E trovando il coraggio di fare il primo passo per aprirmi con le persone che amo.
Quindi chi sei oggi?
Un ragazzo normalissimo che non porta maschere, racconta la sua vita e scrive solo nei giorni di pioggia (da qui la scelta del nome Mr. Rain ndr ). Con i miei pezzi cerco sempre di aiutare qualcuno: la musica è una missione. Perché componi solo con la pioggia?
Non ne ho idea. È come se vedessi me stesso da un’angolazione diversa.
Colapesce ha dichiarato che, se fossi nato in Sicilia, non avresti scritto niente visto che lì c’è quasi sempre il sole...
Mi sento di rassicurarlo: avrei trovato il modo.
mrrainofficial
UNA CANZONE CI
SALVERÀ
IL RITORNO SULLE SCENE DI PAOLA & CHIARA, PRONTE A FAR BALLARE I FAN CON CINQUE NUOVI LIVE TRA MILANO E ROMA di Gaspare Baglio gasparebaglio
ASanremo, è proprio il caso di dirlo, hanno fatto Furore. E sul palco da dove tutto è iniziato hanno riabbracciato il pubblico che aspettava una reunion da dieci anni. Paola & Chiara sono tornate con la carica che le porterà anche in tour, per far assaporare ai fan le loro grandi hit: da Vamos a bailar (Esta vida nueva) a Festival, passando per A modo mio e Fino alla fine. Si parte da Trezzo sull’Adda il 5 maggio, poi Milano (il 13 e 14) e Roma (il 19 e 20). Archiviata la primavera, si passa a una caldissima estate: il 7 luglio, da Ferrara, iniziano i summer live che terranno occupato il duo almeno fino al 9 settembre. Con Furore avete sbancato e siete diventate virali sui social: tutti ballano la coreografia del tormentone. Ve lo aspettavate?
[P] Non pensavamo di essere accolte con un tale entusiasmo. Cantando questo brano ci si libera. Ed è la stessa energia che sentivamo dentro per il nostro ritorno. Abbiamo avuto feedback da ragazzi giovanissimi che avevano conosciuto le nostre canzoni grazie ai genitori. C’è una generazione che ci ha scoperte quando eravamo già divise e adesso può finalmente vederci e viverci.
[C] Siamo contente: la nostra mission musicale è divertire le persone ed è successo proprio quello che speravamo. Il risultato è stato commovente. Ci siamo rese conto dell’importanza del nostro messaggio di evoluzione e inclusività.
Facciamo un tuffo in alcune delle vostre hit. Se vi dico Amici come prima cosa vi viene in mente?
[C] Sanremo, la vittoria, quella sensazione di ingenuità assoluta, di un mondo creato da zero nella nostra cameretta dopo un viaggio in Irlanda. Da lì è nato il nostro humus musicale.
E se nomino Per te?
[P] Pensiamo alla sperimentazione stilistica. Abbiamo anche verificato le difficoltà del cambiamento, ricevendo la prima sberla: il pubblico rimase spiazzato, solo col tempo ha compreso che la nostra cifra era il continuo mutamento. L’importante è restare fedeli alla musica.
La gente vi ha poi ripagate con Vamos a bailar (Esta vida nueva)
[C] La nostra forma più idonea, quella della hit estiva, ci appartiene totalmente e non ci ha mai abbandonate. Nell’immaginario collettivo siamo legate all’estate, alla celebrazione della vita e alla libertà di esprimersi, perché ognuno è bello per quello che è, senza limiti.
Arriviamo alla canzone Cambiare pagina. Che cosa ha significato per voi?
[P] In quel periodo eravamo davvero punk: il pezzo che citi era inserito nel disco Win the game, che recuperava il sound degli anni ‘80. E ci vedeva totalmente indipendenti. Ci siamo pagate tutto da sole, ma non abbiamo avuto il sostegno giusto. È stata davvero un’impresa.
[C] La nostra ennesima sperimentazione: ci ha fatte un po’ soffrire, ma ci ha anche aiutate a comprendere quanto in là potevamo spingerci. È come viaggiare: ci piace fare nuove esperienze per poi tornare a casa.
[P] Siamo convinte che finché si potrà intonare una canzone si è sempre salvi: una melodia cambierà il mondo.
L’OSTINAZIONE DI RACCONTARE
DALLA GUERRA IN UCRAINA IN BUNKER KIEV, A TEATRO FINO AL 15 MAGGIO, ALLA
COSTRUZIONE DELLA BOMBA
ATOMICA NEL SUO ULTIMO LIBRO.
STEFANO MASSINI USA
LE STORIE PER SENSIBILIZZARE
SUL PRESENTE di Sandra Gesualdi sandragesu
L’allarme oggi ha suonato di nuovo. Qua sotto c’è posto per 30 persone. Ti guardi intorno: in tutta Kiev ci sono 4.984 bunker, oggi ti è toccato questo, oggi ti è toccato qui». In uno spazio angusto, freddo, nella semioscurità, un uomo parla ininterrottamente. Lo sguardo nel vuoto, le pause di silenzio, il tono concitato, la ripetizione martellante del numero 4.984.
È Stefano Massini che, in un’ideale staffetta testimoniale, si alterna con altri interpreti nei sotterranei del Teatro della Pergola a Firenze dove porta, per ora fino al 15 maggio, il suo Bunker Kiev, progetto speciale per sostenere gli ospedali pediatrici ucraini. In quello che fu un vero nascondiglio durante le incursioni della Seconda guerra mondiale, l’attore e scrittore fiorentino prende la parola per rendere oscenamente viva l’esperienza di cosa significhi sopravvivere oggi a Kiev. Sotto le bombe.
Al buio. Tra le sue parole c’è la sinossi della paura e della banalità del male. Ci sono la grandezza e la miseria della vita.
C’è l’essere umano che si dimentica di essere tale quando il male del mondo si ingoia quotidianità, dignità, raziocinio.
A un anno dall’inizio del conflitto hai scritto un testo molto forte. Cos’è Bunker Kiev?
Una provocazione a teatro. La guerra in Ucraina ormai è diventata un argomento di agile conversazione per talk show, una contesa dialettica. Ci dimentichiamo, però, che dietro a tutto questo ci sono le vite delle persone. Allora il teatro, che da quando esiste ha sempre trattato questo tema, basti pensare alle grandi tragedie greche o a Bertolt Brecht e William Shakespeare, deve denunciare e far capire che cos’è la guerra. Qui c’è un testo drammaturgico realistico ma anche una grande metafora perché il luogo dove le persone assistono non è uno spazio qualunque: scendiamo davvero in un bunker della Seconda guerra mondiale. Per testimoniare che, da allora, l’uomo non ha ancora imparato la lezione. La storia si ripete e il teatro usa questi strumenti per sensibilizzare sul presente e stimolare contro la narcosi da notizie, spesso tante e superficiali, che intorpidiscono il pensiero invece di informare. Non insceno una pièce ma una per-
formance che si conclude senza applausi ed è priva dei riti che di solito si trovano in uno spettacolo. È un atto politico che usa il teatro.
Riscontri dagli spettatori?
Il racconto arriva forte e chiaro e le persone si sentono colpite emotivamente, non solo sul piano della ragione. Attraverso le emozioni, l’uomo conosce e riconosce: la paura è paura, le bombe sono bombe, in qualsiasi conflitto, di qualsiasi Paese.
È appena uscito anche il tuo nuovo libro Manhattan project. Un testo lungo e articolato scritto in due anni: è la storia di come fu ideata, progettata e costruita la bomba atomica. Di come l’umanità arrivò a questo sodalizio terribile tra scienza, politica, economia per realizzare la prima e più grande arma di distruzione di massa. Durante le persecuzioni di Adolf Hitler un gruppo di giovani scienziati ebrei scappò in America dall’Europa. In pochi anni, il timore che il dittatore tedesco si costruisse l’atomica è stata una spinta all’invenzione e all’uso di questo ordigno micidiale. Un racconto ostinato sul rapporto dell’uomo con la paura che genera altra paura, sempre.
Dopo il trionfo ai Tony Awards 2022 con Lehman Trilogy, storia di una delle famiglie più potenti d’America, chi è oggi Stefano Massini?
Difficile dirlo, Stendhal sosteneva che nessun occhio vede mai se stesso. Ho però una lontana memoria di quando, da bambino, tornavo a piedi da scuola e puntualmente raccontavo quello che di sensazionale era accaduto durante il tragitto. Fin da piccolo ho avuto un’ossessione, un’innamoramento profondo per le storie. Raccontarle, in teatro, in tv o in un libro, mi crea una forte sintonia con me stesso ed è, per me, un passaggio fondamentale nella relazione con gli esseri umani.
Che rapporto hai con la presunzione?
Chi è presuntuoso non vede e non ha bisogno degli altri. La narrazione, al contrario, ne ha profondamente e imprescindibilmente urgenza. Se mi accorgessi di non avere più questa necessità smetterei di fare il narratore.
Cosa leggi per scrivere?
Dal mio maestro Luca Ronconi ho imparato a essere onnivoro, divoro di tutto: dai manuali scientifici ai saggi di ogni materia. Se non capisco mi sforzo, è sempre bello entrare in un linguaggio sconosciuto e non confortevole. teatrodellapergola.com
stefanomassini
DI
UNA MINIMA INFELICITÀ
NEL SUO ROMANZO D’ESORDIO CARMEN VERDE TRATTEGGIA
SENZA SBAVATURE IL RAPPORTO TRA UNA MADRE E UNA FIGLIA.
INTRAPPOLATE IN UNA SPIRALE DI LIEVI DOLORI
Annetta, voce narrante, e sua madre Sofia – protagoniste del romanzo d’esordio di Carmen Verde – sono figure complesse, articolate, indecifrabili, mentre i pochi personaggi maschili sono appena abbozzati.
Il padre della piccola Annetta è quasi sempre assente o ritratto nel buio del suo negozio. Solo in un episodio, alla luce del sole, la bambina riuscirà a vederlo in tutta la sua statura e imponenza fisica, mentre nel resto del racconto sarà una figura quasi invisibile e accondiscendente. Gli amanti di Sofia Vivier sono solo delle ombre di passaggio nei lunghi giorni di questa donna tanto bella quanto irrequieta e incapace di colmare il vuoto che la tristezza le scava dentro, impedendole di prestare attenzione a chi la circonda. Annetta osserva, senza giudicare, questa madre splendida che ama in modo disfunzionale e di cui vorrebbe meritare lo sguardo che da sempre le è negato.
La bambina, infatti, non cresce in altezza e non riesce mai a distaccarsi dall’imponente seppur fragile figura materna e da quella della nonna. Il romanzo si svolge per gran parte in casa, nei rituali di una famiglia fuori da qualsiasi logica, che nel
loro ripetersi insensato sono l’unico rifugio di Annetta. Sarà la domestica Clara Bigi, altra protagonista femminile, a invadere quello strano equilibrio, con la sua ostinata volontà di piegare la bambina alle sue regole e di offuscare il carisma della madre, impossessandosi in qualche modo delle loro vite.
Tutti i personaggi sono impregnati di questa infelicità, che non ha una provenienza precisa ma è lì in ogni istante, nello spazio circostante, e viene invocata quando sembra mancare. Non ci sono mai eccessi, sbavature, nella scrittura dell’autrice, sapiente e misurata, e allo stesso tempo trascinante e ipnotica, nel suo esercizio di togliere e suscitare emozioni intense nello spazio di poche parole. L’autrice riesce nel miracolo di trascinarci nel mondo di Annetta, sempre più piccolo e ristretto come le stanze della sua casa, chiuse e disabitate una a una, rendendoci testimoni in prima persona di questa spirale di lievi dolori, che a forza di ripetersi scavano un solco nelle nostre anime.
Una scrittura sobria, minimale, elegante, fatta anche di silenzi e non detti, che alterna ricordi a vecchie foto sbiadite, costruendo un mondo miniaturizzato e complesso, da cui
è impossibile distogliere lo sguardo. Un romanzo maturo, una penna sicura che non ha bisogno di aggiungere, ma dosa anzi ogni parola con minuziosa precisione, per dare ancora più forza a una storia unica e densa di piccoli gioielli nascosti, destinati a restare impressi nella mente di ogni lettore.
MINIMA INFELICITÀ
A tavola con messinscena Di quei nostri pranzi segreti, consumati fuori tempo, ricordo ogni cosa. Le pareti chiare della sala, i lembi ricamati della tovaglia, la sontuosa messa in scena, sempre la stessa: con i piatti di porcellana, i bicchieri di cristallo, le posate d’alpacca, il vassoio d’argento, il centrino bianco con sopra due sottilissime fette di pane. Sedevamo una di fronte all’altra, alle estremità del lungo tavolo di ciliegio: io su tre cuscini, per arrivare meglio al piatto. Nel suo bicchiere c’era cognac (sul bordo rimaneva sempre una macchia di rossetto), nella mia gazzosa. A volte le sfuggiva una lacrima, che subito asciugava, cercando di sottrarsi al mio sguardo. Altre volte capitava che gli occhi le si inumidissero senza che se ne accorgesse: le lacrime allora gocciolavano calde nel piatto e lei inconsapevolmente le ingoiava, insieme a un’oliva o a una tartina.
Finito di mangiare, sparecchiava in fretta, nel timore che papà rincasasse in anticipo e scoprisse quel nostro innocente teatro.
Un matrimonio felice
Papà non compare mai nelle fotografie.
Eppure c’è, sempre: dietro l’obiettivo, è lui a decidere quali dei nostri inutili istanti consegnare al futuro. In posa, io e Sofia Vivier ubbidiamo al suo occhio implacabile.
Antonio Baldini conosceva la fragilità di sua moglie, la sua insicurezza.
Da ragazza, Sofia acquistava scampoli di seta nel suo negozio, riportando indietro la merce il giorno dopo, sempre insoddisfatta. Fin dal momento in cui le consegnava il pacchetto col nastro rosso, lui sapeva che ci avrebbe ripensato e che sarebbe tornata. Curioso come, senza conoscerla affatto, la conoscesse già tanto bene.
Mamma e papà parlavano raramente di quel periodo della loro vita, e sempre in modo vago, con un certo pudore. «Ci fidanzammo ai giardini» si lasciò sfuggire una volta mia madre. «Cosa significa fidanzarsi, mamma?» le domandai. «Sei troppo piccola per queste cose, Annetta».
Beati i giorni in cui mi era ancora concesso di essere piccola. A quel tempo capivo poco del mondo, ma sapevo che ai giardini c’era un odore terribile d’umido e di marcio, in tutte le stagioni. Perché fidanzarsi e poi decidere di sposarsi proprio lí, mi chiedevo. Pure, non ebbi mai il coraggio di mettere in dubbio la felicità del loro matrimonio. Tenni
tutto dentro, nascosto cosí profondamente che finii per dimenticarmene. […]
La domestica crudele
Clara Bigi si sarebbe occupata di me e della casa dalle due di pomeriggio alle sette di sera.
Io e la mamma pronunciavamo il suo nome soltanto quand’era presente; quando non c’era, la chiamavamo semplicemente «lei».
«Ha rotto una tazzina, mamma». «Chi?». «Lei».
Era una donna sciatta. Spolverava ogni cosa con lo stesso straccio lurido. Spesso veniva in camera mia, ad accertarsi che facessi i compiti e a impormi le sue regole insensate: stare dritta con la schiena, non fare cancellature sul quaderno...
Mi permetteva di alzarmi dalla scrivania solamente per andare in bagno. E se giravo la testa per accertarmi che fosse ancora lí, seduta alle mie spalle, mi puniva torcendomi il braccio dietro la schiena. Quando, dopo qualche interminabile secondo, finalmente allentava la presa, rimanevo immobile sulla sedia, come fossi morta.
«Sta’ attenta: ti vedo, sai?».
Mia madre, invece, sembrava non vedermi più.
[…]
L’arte occultissima dell’illusione
Io e mamma tornavamo alla parete della mia stanza anche più volte al giorno, attente a rilevare ogni singolo millimetro guadagnato. Eppure, nonostante le continue misurazioni, non so quando esattamente il mio corpo si rifiutò di continuare a crescere. Dovette farlo di nascosto, in gran segreto, perché ogni volta che chiedevo a mia madre: «Sono cresciuta?», «Un pochino, sí» rispondeva lei, mostrandosi contenta.
Da Sofia Vivier imparai, fin da bambina, l’arte oculatissima dell’illusione. Arrivai a crescere fino a tre volte in una stessa giornata.
Tutte, a scuola, crescevano (Elisabetta e Carlotta più delle altre); e io diventavo sempre più piccola rispetto a loro. La piccolezza progrediva in me inesorabilmente.
Per il mio sedicesimo compleanno, mamma e papà mi regalarono un bel paio di scarpe su misura. Col tacco. Benedetti siano i tacchi. Sollevandomi da terra quel tanto che bastava, mi diedero l’illusione che niente fosse impossibile.
Mamma mi donò anche un diario personale, segreto: con un bel lucchetto lucido, che pareva una spilla. «In futuro
Un assaggio di lettura
ti piacerà rileggerlo» disse. Era la prima volta che mia madre mi parlava del mio futuro.
[…]
Mamma non mi guardava mai Di nuovo, dopo quella giornata al mare, io e papà ci perdemmo di vista. Quando rientrava dal negozio, lo baciavo in fretta sulla guancia ma, prima ancora che si togliesse il loden, tornavo di corsa da lei. Ci sono cose a cui è impossibile resistere. La mia missione – sublime quanto irrealizzabile – era meritare finalmente l’attenzione di Sofia Vivier.
La felicità di poter dire, come il piccolo contadino d’Ars, «Io la guardo e lei mi guarda», a me era negata. Mamma non mi guardava mai. Ma la sua indifferenza non faceva che accrescere il mio amore già smisurato.
È più facile capire le ragioni dell’odio che quelle dell’amore. Sospetto che se mia madre fosse stata una madre migliore, se non mi avesse continuamente esclusa dal suo mondo, se insomma mi avesse amata di più, forse non le avrei voluto cosí bene. La mia fantasia di bambina la trasformava, giorno dopo giorno, in una dea.
Non parlammo mai più di lei, e cosí quel fragile filo di complicità che una volta ci aveva unite si spezzò. Un nuovo silenzio cadde tra di noi, occupando il posto che
era stato di Clara. E a me sembrava di stare peggio, quasi desideravo altre disgrazie, qualcosa che di nuovo potesse avvicinarci.
Soltanto molti anni dopo, il nome della domestica emerse dai ricordi di mia madre, come da una nebbia. E quando lo pronunciò, sembrò a entrambe un triste presagio. […]
La prima volta che la contraddicevo Nel periodo in cui la sua vita era già alla deriva, Sofia Vivier prese a organizzare piccole feste in casa. Vi partecipavo raramente, e quando c’ero me ne restavo comunque in disparte, seduta sulla mia sedia col doppio cuscino, che avrebbe dovuto farmi sembrare un po’ più alta nelle intenzioni di mia madre, e che invece riusciva solo a rendermi più ridicola. Le labbra di Sofia Vivier luccicavano di un rossetto color corallo, che le dava un’aria felice.
Capii chi era quell’uomo appena la sentii ridere nel modo sbagliato, nel momento sbagliato. Non ci presentò, ma più tardi mi chiese: «Simpatico, vero?». «No. Non mi piace». «Perché?». «Perché no».
Era la prima volta che la contraddicevo. «Cosí piccola e cosí crudele, Annetta...» mi disse, a metà di uno dei suoi sorrisi.
Un assaggio di lettura
E mi tirò a sé, lasciandomi sulle guance, come un graffio, l’ultimo filo di rossetto.
Me ne stetti infreddolita sulla soglia per qualche secondo. Poi, con la chiave di casa stretta nel pugno, uscii sul pianerottolo e mi affacciai nella tromba delle scale. Sospesa in quel vuoto, lo inseguii con la mente, la mappa del mondo esterno stampata nella mia testa: la passatoia verde dell’androne, il giardino condominiale, la pasticceria.
«Annetta...». La voce veniva dalla camera matrimoniale in fondo al corridoio. Mi voltai, il cuore in subbuglio. Ci mancò poco che mi cadessero gli occhiali.
«Dove sei?».
«Qui, mamma».
«Va’ a dormire, tesoro. È tardi». Quando tornai a letto, ansimavo come dopo una corsa. Sul palmo della mano la chiave mi aveva lasciato un’impronta simile a una croce. La baciai.
[…]
Non avere nulla da fare
L’articolo che apparve sul giornale locale con la notizia della mia laurea in
lettere celebrava la mia forza di volontà. («La figlia dello storico commerciante Antonio Baldini», c’era scritto). A dire il vero, la cosa più́ difficile per me non era stata studiare, ma dover andare ogni mattina all’università. Facevo una fatica enorme a salire sui treni che la gente prendeva d’assalto al mattino e, se non trovavo posto a sedere, era difficilissimo reggermi in piedi. Capitava spesso, poi, che l’altoparlante annunciasse l’arrivo su un altro binario; nello scompiglio che seguiva, io allora non provavo nemmeno a correre, sapevo già di averlo perso, e me ne tornavo a casa. A volte mi fermavo in pasticceria, da Augusto, e compravo un dolce che mangiavo poi nei giardinetti vicino a casa. Sedevo sempre su una panchina già occupata, in genere da un anziano. Ci salutavamo, riconoscendoci: eravamo quelli che non hanno nulla da fare. […]
Una cosa piccola e morta Pareva inseguita dall’inverno. Lei stessa tracciava attorno a sé un gelido cerchio d’ombra: nelle giornate più tiepide,
quando fuori della finestra anche le foglie dei platani sembravano presentire la primavera, accostava le imposte; nelle belle giornate estive, invece, restava seduta in poltrona, le mani sulle palpebre chiuse, per ripararle dalla poca luce che filtrava attraverso le tende. A volte accendeva la stufa, e si decideva a spegnerla solamente quando sentiva avvampare la pelle: non perché avesse caldo, ma perché desiderava che il freddo tornasse.
Nell’oscurità del salotto, le sue pupille correvano alle pareti ormai spoglie e da lí, seguendo un pensiero infinito, giravano intorno alla stanza, fino a fermarsi nel vuoto sopra la mia testa.
In quei momenti il mio cuore accelerava. «Mammina, sono qui...» avrei voluto dirle, ma sarebbe stata una cattiva idea, perché allora avrebbe subito allontanato lo sguardo.
Imparai negli anni a stare come una cosa piccola e morta sotto gli occhi immobili di mia madre. La più piccola e morta di tutte le cose.
ACCADEMIA MOLLY BLOOM*
La nostra rubrica Un treno di libri è a cura di Molly Bloom, l’accademia fondata a Roma da Leonardo Colombati ed Emanuele Trevi, che riunisce alcuni dei migliori scrittori, registi, sceneggiatori, musicisti e giornalisti del Paese. Con un unico fine: insegnare la scrittura creativa per applicarla ai campi della letteratura, della musica, dello spettacolo, dei media e del business. mollybloom.it
Lo scaffale della Freccia a cura di Gaspare Baglio e Sandra Gesualdi
I GIORNI DELLA LIBERTÀ
Alessandro Milan
Mondadori, pp. 288 € 19
Una storia tra le storie di chi ha combattuto per l’Italia durante la Resistenza. La narrazione prende avvio da una pietra d’inciampo che l’autore nota vicino casa, a Milano, e arriva al campo di deportazione di Fossoli, nel modenese. In mezzo, il racconto si dipana tra biografie di partigiane e partigiani, presente e passato, in luoghi d’Italia legati da giorni intensi prima della Liberazione. Un grande affresco di uomini e donne che, pur non sapendolo, si ritrovano protagonisti e testimoni del ‘900.
LA CRONOLOGIA DELL’ACQUA
Lidia Yuknavitch
Nottetempo, pp. 336 € 17
Lidia nuota e tutta la vita le scorre accanto, fluida e inesorabile come l’acqua. Tutto defluisce, nelle parole come nelle corsie di una piscina in questo memoir che racconta, in maniera cristallina, la storia della protagonista: dolori, lutti, legami tossici, amori, cadute e riprese. Il viaggio di una donna, a tratti fragile ma sempre affamata di giorni, che alterna errori a salvezza, autodistruzione a pacificazione finale. Testimonianza di una struggente consapevolezza femminile.
I SONETTI. DALLA PAGINA AL METAVERSO
William Shakespeare, traduzione e acquerelli Laura De Luca Armando editore, pp. 328 € 24
Disegni ad acquerello illustrano la reinterpretazione dei 154 sonetti originali attribuiti a William Shakespeare, evidenziandone i passaggi più significativi. In questo riadattamento in endecasillabi, amore e bellezza, vita, morte e fugacità sono trattati con delicatezza, mentre sensualità e innocenza si sovrappongono nella descrizione pittorica delle poesie. A ognuna è associato un QR code, tramite il quale è possibile ascoltare un attore o un’attrice che ne recita i versi. I.M.
SOTTO GLI ALBERI DI UDALA
Chinelo Okparanta
Edizioni e/o, pp. 336 € 18
Anni ‘60. Sullo sfondo della guerra civile nigeriana, la giovanissima Ijeoma viene affidata dalla madre a una coppia di amici disposta a pagarle gli studi in cambio di lavori domestici. L’età adulta per lei corrisponde alla scoperta della propria omosessualità, in un Paese che obbliga le donne ad avere una famiglia tradizionale. Con la maternità riprende possesso della propria identità e si batte per un futuro migliore per sé stessa e la figlia. Dalla sua uscita il libro è entrato tra i cult della letteratura arcobaleno.
ROSA Marilù Simoneschi
Mediano editore, pp. 160 € 16
La vita da romanzo di Rosa, la nonna di papa Francesco, è anche la storia dell’Italia di fine ‘800, della guerra agli inizi del secolo scorso, dell’emigrazione verso un altro continente in cerca di un futuro migliore. È la storia diversa e simile a quella di moltissimi connazionali partiti per l’America. Il romanzo regala ai lettori anche un Bergoglio inedito, che fa il garzone nella bottega del nonno a Buenos Aires e balla il tango la domenica, in famiglia.
SUPERMAN: DIRITTO DI NASCITA
Leinil Francis Yu, Mark Waid
Panini, pp. 312 € 33
L’uomo d’acciaio compie 85 anni e per l’occasione esce questo avvincente volume che narra la storia del primo e più grande dei supereroi: Kal-El, l’ultimo dei kryptoniani. Vengono descritti tutti i punti chiave delle vicende dell’alter ego di Clark Kent, dalla nascita all’arrivo sulla Terra a bordo di un’astronave che precipita su un campo coltivato. Poi l’età adulta, il trasferimento a Metropolis, l’amore per Lois Lane, l’incontro col villain Lex Luthor, fino alla consapevolezza delle proprie responsabilità in favore del pianeta.
Invito alla lettura ragazzi
di Angela Alexandra D’OrsoIL DISTILLATO DELLA FELICITÀ
NEL ROMANZO DI TERESA MATTEI
LA FAVOLA DI
UN MONDO AL ROVESCIO, IN CUI
TUTTI I SOLDI SPARISCONO E LE COSE ACQUISTANO
UN NUOVO VALORE
Nella Milano del secondo dopoguerra Genuino Tranquilli, professore di chimica in pensione, trascorre il suo tempo distillando le essenze legate alla vita cittadina per custodirle in un bottiglione che contiene un gas “stranattivo”. In questo speciale contenitore si mischiano il movimento delle gemme di un platano, il canto delle rane, il profumo del pane fresco. Il filtro è il risultato di un processo di sintesi elaborato dallo scienziato nel corso di alcuni anni di studi.
mobili, alimentate a benzina, non valgono più nulla. La città, con la sua economia monetizzata, diventa un deserto arido e la campagna, dov’è possibile sostenersi con il raccolto della terra, è il luogo in cui cercare fortuna. Un mondo capovolto, difficile da preservare, ma che diventa modello per la costruzione di un villaggio solidale aperto a tutte le persone. È questo l’intreccio del “libro dei soldi”, ritornato alla luce nel 2021 dalle carte inedite di Teresa Mattei, dopo il ritrovamento da parte di uno dei suoi figli. Attraverso una cronaca concitata, in cui l’abbondanza di superlativi rende il tono favoloso, Mattei, che fu madre della Costituzione, partigiana e pedagogista, tratteggia il sogno di una società più giusta, in cui la ricchez-
Un giorno però un uccellino entra nel laboratorio e becchetta le provette sparse qua e là, liberando il gas che si diffonde in tutta la città. Le conseguenze sono inimmaginabili: tutto il denaro contante si polverizza, dagli spiccioli dimenticati nelle tasche agli assegni stipati nelle banche, e gli oggetti in circolazione cambiano improvvisamente valore. Ora chi possiede una bicicletta è ricco, al contrario le auto - Salani, pp. 128 € 14,90
za non è data dalla quantità di beni accumulati ma dalla capacità di condividere ciò che si possiede. Qui ogni singolo individuo contribuisce al bene comune in base alle proprie possibilità e nessuno è povero perché tutti hanno qualcosa da offrire. Nel racconto di questa utopia non c’è spazio per la critica sterile al denaro, è possibile, invece, cogliere un invito a riflettere su cosa sia veramente la ricchezza. Anche se l’autrice non dà una risposta chiara e definitiva, qualche suggerimento si nasconde tra le pagine: niente ha valore di per sé ma tutte le cose, anche quelle straordinariamente semplici, possono diventare importanti, a seconda del contesto e dell’esigenza del momento.
LA PRINCIPESSA LUCCIOLA
Fabrizio Silei, illustrazioni Serena Viola Edizioni corsare, pp. 40 € 19 (da 5 anni) Nell’ultimo giorno d’estate, una bambina passa in rassegna gli animali del bosco per salutarli. E riserva un arrivederci particolare alle lucciole, soprattutto a una chiamata Principessa. Poi il punto di vista narrativo si sposta sulla natura: come accade ai bambini che si identificano in ciò che a loro piace, tra la piccola protagonista e gli animali cade ogni confine. Un libro che parla di congedi, più o meno dolorosi, e del saper cogliere la luce e i colori ovunque.
Lo scaffale ragazzi a cura di Claudia Cichetti
SENTIMENTO
Carl Norac, illustrazioni Rébecca Dautremer Rizzoli, pp. 48 € 18 (da 7 anni) Sentimento è il nome di una marionetta uscita male dalle mani del suo creatore: trovandola inquietante, infatti, il signor Stein la butta via a fine lavoro. Ma il burattino prende vita e, pur accorgendosi di non avere un cuore, decide di partire in cerca di amore. Una storia struggente sui sentimenti non ricambiati, sulle partenze che salvano e sul valore delle amicizie inattese. Con le illustrazioni di una grande artista contemporanea.
IL TALENTO DI MR. ALCE
Inga Moore
Orecchio acerbo, pp. 48 € 18 (da 4 anni) Chi ama la lettura ha una grande responsabilità: far appassionare anche gli altri ai libri. È quello che fa ogni sera Mr. Alce, nella sua casa nel bosco, leggendo una storia alla sua famiglia. Un giorno i racconti finiscono, lui si accorge che i vicini non hanno libri nelle loro tane e chiede alcuni prestiti alla biblioteca della città. Fino a quando, decide di attrezzare la sua casa con quattro ruote e portare nel bosco letture per tutti.
SENZA LIMITI
Giacomo Fasola, illustrazioni Giulia Tassi
DeAgostini, pp. 223 € 16,90 (da 9 anni)
I ragazzi e le ragazze con disabilità spesso non trovano modelli a cui ispirarsi per via di un vuoto di rappresentazione. Per alcuni di loro sognare grandi imprese diventa difficile perché «non si può essere ciò che non si può vedere». Questo libro vuole rimediare raccogliendo storie di persone che ce l’hanno fatta, nonostante i limiti imposti dal proprio corpo. Dall’astrofisico Stephen Hawking a Madeline Stuart, la prima modella con sindrome di Down a sfilare sulle passerelle mondiali. A.A.D.
LA SIGNORINA IN DOLCE
Tiziana Di Masi, illustrazioni Anna Sara Benecino
Buk buk, pp. 192 € 16 (da 10 anni) Elisa ha il potere di parlare con i dolci di cui è golosissima. Crostate, meringhe e pan di Spagna le svelano segreti. Grazie a questo speciale canale di comunicazione viene a conoscenza di un fatto di famiglia: la sparizione della zia, gemella di sua madre, avvenuta a New York molti anni prima. Aiutata dai suoi complici zuccherosi la detective del dolce riuscirà a ritrovare, volando oltre oceano, la zia scomparsa. Un libro per chi ama gli intrighi e i personaggi avventurosi. A.A.D.
EHI LAGGIÙ, BASTA COSÌ
Davide Calì, illustrazioni Giulia Pastorino Clichy, pp. 40 € 19,50 (da 4 anni)
Strani oggetti, forse di valore o forse no, arrivano sulle spiagge di un’isola, spinti dalle onde del mare. Gli abitanti si interrogano sulla loro provenienza, li raccolgono e li collezionano pensando di contribuire all’economia locale. Il flusso è continuo e inarrestabile, però, il tesoro del mare diventa troppo grande e gli isolani vorrebbero rimandare tutto al mittente. Una storia per riflettere, con ironia e intelligenza, sull’inquinamento e le sue inevitabili conseguenze. A.A.D.
Il suggestivo boutique hotel PALAZZO MANFREDI si contraddistingue per l’esclusiva posizione nel cuore della Roma Imperiale con una vista unica e spettacolare sul Colosseo, Ludus Magnus e Domus Aurea. Alla posizione unica e vista mozzafiato, l’hotel unisce un’ospitalità di lusso che si traduce in eleganti camere, suite e Grand View Colosseum Suites, dove arredi contemporanei si contrappongono a opere d’arte e dipinti antichi risalenti al XVI secolo. A coronare il soggior no sono le specialità culinarie offerte dal ristorante stellato Aroma, affidato all’executive chef Giuseppe Di lorio in un ambiente romantico che culmina nella scenografica terrazza con vista. Il nuovissimo The Court è il raffinato cocktail bar che propone deliziosi cocktail creati dal mixologist Matteo Zed con incomparabile vista Colosseo e Ludus Magnus.
PALAZZO MANFREDI is an elegant hideaway in the center of what was once imperial Rome. The char ming 17th century palace has spectacular views of the Colosseum and the Domus Aurea, combined with superb hospitality Today it is tastefully ador ned with art ranging from 16th century antique paintings to contemporary pieces. The hotel offers an intimate experience, crowned only by a meal at the hotel’s Aroma Restaurant where the unparalleled vistas of ancient Rome are beautifully matched by the culinary delights. The brand-new The Court, sophisticated cocktail bar with unparalleled views of the Colosseum and the Ludus Magnus and delicious cocktails created by mixologist Matteo Zed.
GEOGRAFIE LETTERARIE
TRE ROMANZI, 24 TRASLOCHI E OTTO
ANNI A WASHINGTON. SONO I VIAGGI IL
MOTORE NARRATIVO DI LORENZA PIERI, UNA DEI NOVE GIURATI DEL CONCORSO
LETTERARIO A/R ANDATA E RACCONTO, PROMOSSO DA FS ITALIANE CON IL
SALONE DEL LIBRO DI TORINO
Scrittrice e traduttrice, Lorenza Pieri ha girato il mondo e pubblicato tre romanzi con la casa editrice e/o. L’ultimo, Erosione, è uscito sei mesi fa, quando è rientrata in Italia dopo aver vissuto a Parigi e a Washington. Oggi è tra i nove componenti della giuria del concorso letterario A/R Andata e Racconto, ideato e promosso da FS Italiane con il Salone Internazionale del Libro di Torino sul tema del viaggio in senso lato, dalle stazioni in transito ai voli con la fantasia.
Con lei, oltre al direttore della Freccia Marco Mancini, gli scrittori Enrico Brizzi, Fabio Genovesi, Antonella Lattanzi, Andrea Marcolongo, Matteo Nucci, Antonio Pascale e Veronica Raimo. Per l’occasione, ogni autore ha realizzato un racconto che si affiancherà ai tre testi vincitori del concorso, premiati durante la prossima edizione del Salone, a Torino dal 18 al 22 maggio, e raccolti in un’antologia ad hoc.
Tre anni prima di Erosione, Pieri ha pubblicato Il giardino dei mostri, candidato al Premio Strega 2020. Anche il suo primo romanzo, Isole minori, ha avuto un notevole successo in Italia e all’estero, ed è stato tradotto in sei lingue. I luoghi dei suoi lavori letterari sono reali e immaginari, geografie da lei disegnate che diventano il motore narrativo delle storie. «Non solo il viaggio ha condizionato il mio scrivere, ma lo spostamento in sé ha influenzato la mia esistenza e il mio modo di vedere le cose. Ho all’attivo 24 traslochi e sono passata da un’isola piccolissima a tre capitali, di cui una oltreoceano. L’idea stessa di muovermi è un impulso narrativo, perché mi costringe a posare lo sguardo sul nuovo, a sentirmi anche straniera».
Quanto hai attinto ai tuoi viaggi nei libri che hai scritto?
Più che altro, i miei romanzi nascono dai luoghi in cui ho vissuto. Scrittori e scrittrici hanno una tendenza diffusa a geolocalizzarsi, identificandosi con il territorio di appartenenza. Io invece ho sempre avuto difficoltà a farlo, non ho mai avuto radici profonde. Ma il motore primo per la crea -
zione letteraria è sempre la curiosità nei confronti di un ambiente specifico. La geografia per me viene prima delle storie. Osservo le persone, come parlano o come cucinano, ma anche il modo in cui la luce si rifrange sulle pietre. Il contesto in cui una storia nasce è sempre fondamentale.
In questo momento dove ti trovi?
Ora sono a Milano, vivo qui da sei mesi e per me è una città nuova. Provengo da otto anni negli Stati Uniti, mentre prima stavo a Roma. Mi trovo molto bene, ma il motivo è anche legato all’entusiasmo di essere tornata in Italia.
Pensi che alla base del viaggio ci sia un’irrequietezza di fondo?
Il viaggio stesso è uno stimolo all’irrequietezza ed è questo il bello. Anche quando ti sposti per necessità, sei costretto ad adattarti rapidamente e questo ti pone in uno stato di duttilità creativa. Ma l’obiettivo non è trovare requie, bensì continuare a provare quel desiderio che spinge a viaggiare ancora. Si crea uno stimolo positivo a voler conoscere sempre più. Viaggiare è uno strumento di conoscenza necessario oltre che uno stimolo impareggiabile per tenere accesa la curiosità, lo stupore, il desiderio. Infatti, l’impossibilità di muoversi ha profondamente intristito tutti durante la pandemia. Cosa ti aspetti dalla lettura dei racconti in concorso?
Diversità. Ne sono arrivati tantissimi, oltre duemila, e sono molto incuriosita dall’idea di scoprire chi ha partecipato, la composizione di genere ed età degli esordienti. La immagino trasversale, spero di leggere scritti di persone di ogni tipo. Mi è capitato di sentire l’annuncio sul Frecciarossa e, guardandomi intorno, cercavo di capire quali passeggeri del mio vagone erano rimasti colpiti. La diversità è ciò che garantisce la creatività, perché differenti punti di vista creano voci uniche. Inoltre, trovo molto interessante il binomio tra letteratura e viaggio sui binari, perché il treno è il mezzo perfetto per leggere. Tra i pendolari è facile incontrare persone con un libro in mano.
Quali criteri utilizzerete per valutare i racconti?
Non si tratta di esercizi di matematica, non ci sono regole fisse a cui attenersi. Ognuno userà la propria sensibilità e, alla fine, ne parleremo insieme. Anche il confronto sarà un bel lavoro.
C’è un consiglio che vuoi dare ai partecipanti?
È importante leggere e scrivere il più possibile. Provare a trascorrere il tempo libero e quello occupato negli spostamenti quotidiani in compagnia di una buona lettura. E avere sempre con sé un taccuino su cui annotare pensieri e idee. Tu viaggi spesso in treno?
Non ho più un’auto, quindi lo uso di frequente. Quando l’ho preso le prime volte dopo il mio ritorno in Italia mi sorprendevo incantata a guardare fuori dal finestrino la bellezza del nostro Paese, rendendomi conto di quanta nostalgia avevo provato stando lontana. Sono ancora nella fase di rinnamoramento. Ancora adesso, guardo tutto con l’occhio della straniera. Anche perché negli Stati Uniti non esiste la stessa cultura del treno: lì è un mezzo molto costoso e non arriva ovunque. Mentre viaggiare sui binari, soprattutto per chi scrive, è sempre un’occasione per entrare in contatto con le vite degli altri e lasciarsi andare all’immaginazione.
RINASCEREI DONNA
RAGAZZA DI PROVINCIA, ATTRICE INTENSA E SCRITTRICE ISPIRATA. CHIARA FRANCINI, IN TEATRO CON UNA STORIA AL FEMMINILE, SI RACCONTA NEL SUO QUINTO LIBRO FORTE E CHIARA di Sandra Gesualdi sandragesu
Sciorina un fiume di parole che scivolano musicali e melodiose. Con quel tono colloquiale, familiare e un po’ melodrammatico tipico della parlata fiorentina con le vocali allungate. Chiara Francini, attrice e scrittrice, alterna risate roboanti a silenzi pieni mentre racconta questo suo periodo colmo di impegni professionali, progetti e scintille di gioia. Dopo la co-conduzione di Sanremo – «ora mi riconoscono anche i tassisti» – non si è fermata un attimo. Oltre ad aver ripreso la tournée con la commedia Coppia aperta quasi spalancata, nei teatri di tutta Italia fino al 20 maggio, il prossimo mese esce per Rizzoli il suo quinto libro, Forte e Chiara
«A volte in 24 ore debutto a Roma, parto per Torino e, nel mezzo, faccio tappa a Milano. Mi capita di non sapere dove mi trovo, ma sto facendo il lavoro che ho sempre desiderato e sono piena di energia». Una e mille Francini, quindi, una donna che le scale preferisce salirle più che scenderle, all’Ariston come nella vita. Con ironia, riflessione ma anche un accenno di malinconia sa essere, tutte in una, ragazza di provincia, diva fasciata da velluti, intensa attrice e scrittrice ispirata.
Sei in teatro con un’opera dell ‘83 firmata da Dario Fo e Franca Rame.
Ci sono dentro da tre anni, adoro questo testo. Può essere una sempiterna favola o un martirio tragicomico, perché affronta l’amore quando si è in coppia. Una storia coniugale in pieno ‘68 che racconta anche il mutamento della coscienza civile nel nostro Paese. Attualissima, descrive l’evoluzione della condizione femminile. La protagonista, Antonia, è convinta di essere felice solo se ha accanto un uomo. Prima è assoggettata ai cliché imposti, poi reagisce. Alla fine, capisce che la sua felicità dipende solo da se stessa, ma prima deve fare faticosi compromessi e subire anche violenze dal marito.
Cosa ci racconta questa commedia?
Parla ancora all’oggi. La grande rivoluzione per le donne avviene quando cominciano ad ascoltarsi, a seguire solo la propria voce. E, se questo accade, sono capaci di cambiare il mondo. Antonia comincia a rinascere proprio nel momento in cui pensava che tutto fosse immutabile. C’è un finale di libertà, in fondo c’è sempre la libertà.
Cosa accade quando si spengono le luci ed entri su un palcoscenico?
Non ho mai paura. Come la maggior parte degli attori, ho anche io una dose di egocentrismo per cui mi piace stare sul palco, ma faccio questo lavoro soprattutto per essere amata. La tv e il cinema sono come delle telefonate d’amore, mentre la scrittura e il teatro li considero degli abbracci. Grazie a loro riesco a dialogare. A teatro si instaura una conversazione vivifica tra i presenti, cosa che avviene anche durante la lettura di un buon libro.
Che genere preferisci?
Sia teatro sia scrittura. Hanno più presenza carnale e creano una sorta di osmosi e condivisione di sen -
timenti che fanno sentire meno soli. Anche se voglio bene a tutti i progetti che faccio, in televisione o al cinema.
A Sanremo non sei passata inosservata. Il tuo monologo sulla maternità mancata ha colpito molto per i contenuti e l’intensità con cui lo hai proposto.
Sono stata molto sincera e questa cosa è arrivata al pubblico. Ho parlato della condizione delle donne, sempre in continua oscillazione tra vari ruoli e doveri e con un atavico senso di inadeguatezza da portare addosso. Noi donne siamo sempre su un’altalena: anche quando raggiungiamo un obiettivo sentiamo comunque di aver perso qualcosa
nel frattempo e questo ci provoca dolore ma ci rende speciali. Riflettevo su questo e, anche dalla mia posizione di successo, c’è sempre del disagio di sottofondo per non aver ottemperato a un disegno previsto dalla società: quello di essere madre. Quando poi sei pronta, ormai non lo è più il tuo corpo. Ecco, fin da piccole siamo allenate a convivere con un costante senso di colpa, ci sentiamo spesso sbagliate. A Sanremo è stata una rappresentazione autentica e volevo arrivasse a tanti e tante senza patetismi e, ne sono certa, se dovessi rinascere, vorrei rinascere donna. «Esserlo è un’avventura affascinante», diceva Oriana Fallaci.
A metà maggio esce anche il tuo nuovo libro, cosa c’è dentro?
È il racconto umano di Chiara, non di Francini attrice e personaggio, scritto con grande verità. Una narrazione biografica con cui voglio comunicare me stessa, tutti i miei colori, di cui il monologo è stato solo un assaggio. Mi scavo dentro e ripercorro la mia vita partendo da quando ero una bambina di Campi Bisenzio, alle porte di Firenze, fino ad arrivare alla donna che sono oggi.
Cosa è cambiato dopo l’Ariston?
Ho ricominciato subito la tournée,
ma ho trovato nelle persone un maggior senso di gratitudine e accoglienza nei miei confronti. Mi fermano e mi ringraziano per le cose che ho detto e per come le ho dette. Lo fanno anche gli uomini. È bellissimo, la riconoscenza è un sentimento cardine per le relazioni umane. Come nascono i tuoi libri?
Sono creativa, non ho riti: mi piace scrivere quando ne sento l’esigenza, nei posti più disparati, anche seduta su un marciapiede. Ma deve essere un atto di felicità perché la scrittura mi offre la possibilità di tirar fuo -
ri quello che sono e di esprimermi, nel bene e nel male. Tutto ciò che dà voce rende liberi e non c’è gioia più grande della libertà. Cosa leggi per avere ispirazione?
Sono una grande amante della letteratura, ma in fase di stesura tendo a non aprire libri, voglio essere una tabula rasa e non farmi influenzare, per restituire alla lettera me stessa. È chiaro, il vissuto e ciò che hai studiato sono memorie fertili, ma voglio che arrivino in maniera spontanea. Colgo qualsiasi suggerimento che il quotidiano mi rimanda, una perso -
na incontrata, una telefonata, tutto diventa fonte d’ispirazione. Scrivere è come respirare, mi nutro del circostante e di quello che affiora dal ricordo.
Quand’è che ti sentirai arrivata e appagata del tuo percorso e della tua carriera?
Mai e poi mai, perché vengo dalla provincia e sono figlia di mia mamma. La meta è il viaggio ed è così bello non essere ancora arrivati. Il mio obiettivo è continuare, in maniera sempre più profonda, a raccontare temi che mi stanno a cuore, che smuovono la mia sensibilità e mi stimolino a progredire, come il mondo delle donne e la loro emancipazione. Dopo Sanremo le persone mi fermano per condividere una riflessione e
non solo farsi un selfie, questi sono piccoli approdi. Si vive per essere aperti, con le antenne sempre alzate. Ci racconti di tua nonna, l’Orlanda furiosa? La citi spesso…
Era una donna di grande cuore e grandissima cultura, nonostante avesse la terza elementare. Da lei ho preso le “pesche sotto gli occhi”, cioè le occhiaie. E quella che sono oggi dipende anche da come lei mi ha nutrito. Sono cresciuta con la sua furia quotidiana, questa vitalità e consapevolezza del dovere e della bellezza. Era affamata di vita, caratteristica tipica della provincia e del paese e questa fame me l’ha trasmessa tutta. Sophia Loren doveva tutto agli spaghetti, io alla schiacciata di Campi Bisenzio e a quello di cui
mi ha imboccata l’Orlanda furiosa. E, quando s’arrabbiava, mi dava gli schiaffi con la mano dell’anello, così mi faceva ancora più male. Quando ti senti felice, Chiara? Molto spesso: quando faccio il mio lavoro, quando vado in scena, quando ceno sul divano con una mia amica. Penso che la vita sia davvero straordinaria, mi sento molto fortunata e ho sempre fame di vita. Traggo gioia dalle piccole cose, come una cenetta, il ritorno a casa dove ritrovo i miei gatti o l’idea di vedere i miei alberi di Natale addobbati di lucine. Ho una vita piena di lucine e, durante la giornata, sono felice molto spesso.
chiarafrancini
PER MICHELE LAMARO, CAPITANO DELLA NAZIONALE ITALIANA DI RUGBY, LA LEALTÀ È LA FORZA DEL GRUPPO.
E LA CULTURA SPORTIVA AIUTA A CRESCERE ANCHE NELLA VITA
di Andrea Radic Andrea_Radic andrearadic2019Sguardo aperto e occhi sinceri, crede nel rispetto verso gli altri e nel valore della forza del gruppo. Compie 24 anni il 25 giugno e, dopo la Scuola germanica, ha conseguito una laurea in Management dello sport. Insomma, ha tutte le carte in regola per essere l’orgoglio di mamma e papà. Ma non solo. Perché Michele Lamaro, romano, è il capitano della Nazionale italiana di rugby e questo lo rende davvero speciale.
Quello scudetto tricolore che hai cucito sulla maglia è sempre un’emozione o ci si fa l’abitudine?
Non è mai scontato, ogni volta che si entra in campo e si canta l’inno nazionale con questo scudetto attaccato al petto è un’emozione forte. Faccio fatica a immaginare di non provarla, è sempre qualcosa di speciale e così deve essere. Sei il capitano, il riferimento della squadra: provi più orgoglio o senso di responsabilità?
Chi rappresenta l’intero gruppo ha sicuramente una responsabilità in più dal punto di vista tecnico e umano. A prescindere dal fatto che io sia, innanzitutto, un giocatore e che in campo debba fare prima di ogni cosa il mio dovere e dare l’esempio. Sono fortunato, il gruppo è eccezionale, competitivo, con una grande voglia di arrivare e portare a casa risultati importanti. Stiamo andando nella direzione giusta e il mio ruolo di capitano è quello di spingere il team verso i migliori risultati. Quando hai preso in mano per la prima volta una palla ovale?
Avevo cinque o sei anni. Un giorno mia mamma portò me e i miei fratelli
a provare questo sport che praticavano alcuni nostri amici. È piaciuto subito a tutti noi, poi qualcuno ha smesso ma io sono ancora qui.
Che momento stai vivendo?
Sono una persona che guarda alla vita come a un’opportunità, soprattutto dopo aver subito la frattura del ginocchio. Pronto ad accogliere sia ciò che arriva perché l’ho costruito con tanto lavoro e con le mie forze, sia ciò che accade a prescindere. Sto vivendo un momento molto positivo e sono contento del percorso che sto facendo sia individualmente sia insieme ai ragazzi. Penso che possiamo andare molto lontano e io continuo a lavorare per questo.
Ti piace il rapporto con i tifosi?
RISPETTO IN CAMPO
Il contatto con i fan è fondamentale, mi consente di capire come viene visto ciò che sto facendo. Mi fa molto piacere recepire l’emozione e la passione che i tifosi trasmettono, un elemento molto importante per continuare a credere in ciò che facciamo.
Hai una famiglia con precedenti sportivi di alto livello: tuo padre è stato anche campione di vela. Che valori hai assorbito?
Mia madre vive lo sport come una necessità fisica e uno svago, mi ha trasmesso amore e passione e mi ha fatto capire che lo sport rende felici. Mio padre, invece, è stato un professionista, olimpionico di vela a Los Angeles 1984 e Seul 1988. Le sue indicazioni mi hanno permesso di superare momenti più o meno difficili, mi ha consigliato molto bene in alcune scelte importanti. Sono molto grato a entrambi. Sei cresciuto a Roma. Che infanzia hai avuto?
Il mio tempo era suddiviso tra lo studio nella scuola tedesca e il rugby, con frequenti allenamenti e partite nel weekend. Un’impostazione un po’ diversa dal solito, che mi ha caratterizzato e ora fa parte di me. Passare tanto tempo all’aria aperta con i miei coetanei, sul campo dell’Acquacetosa, mi ha consentito non solo di migliorare dal punto di vista sportivo ma di superare anche lo stress dell’impegno scolastico. Stavamo insieme prima, durante e dopo l’allenamento e questo mi ha aiutato a crescere come persona e mi ha insegnato ad apprezzare gli altri.
I valori dello sport ci rendono persone migliori?
Non mi prendo la responsabilità di un’affermazione così importante ma sicuramente lo sport aiuta ad avere una visione diversa. È un grande valore nella vita di un ragazzo e di una ragazza. E poi la disciplina insegna a seguire regole, schemi tattici, di allenamento e di gioco.
Il rugby è uno sport divenuto simbolo del concetto di rispetto, anche per la sua percentuale di pericolosità. È così?
I valori che trasmette sono fondamentali anche nella vita. Noi ci affrontiamo viso a viso con lealtà, siamo avversari ma terminata la partita ci abbracciamo come amici. Anche lo scontro fisico fa parte del gioco, più uno dimostra rispetto in questo più viene elogiato, dentro e fuori dal campo. Qual è lo stato di salute della nostra Nazionale?
Sicuramente dobbiamo crescere come tradizione e cultura, ma stiamo facendo grandi passi in avanti nell’esprimere un gioco nuovo che sta facendo appassionare. Sfruttare le nostre qualità è fondamentale per costruire una mentalità e una squadra vincenti. Dobbiamo giocare con la nostra identità, tirando fuori il meglio. Così aumenta il divertimento in campo e il livello delle prestazioni.
Nel poco tempo libero che hai cosa ti piace fare?
Dirlo può far ridere ma anche in quei momenti mi piace fare sport. Magari in montagna e a contatto con la natura, dove è bello sentirsi piccoli e non i supereroi che, a volte, pensiamo di essere. Con la mia ragazza, Martina, passeggiamo nel verde o andiamo in bicicletta e spesso portiamo anche il nostro cane Ares.
Martina viene sempre in tribuna?
Assolutamente sì.
E la cerchi con lo sguardo?
Certo, anche se si fa un po’ fatica a individuare le persone. Ma con il cuore ci guardiamo. Il suo sostegno è importantissimo, come lo è quello della mia famiglia. Se sto facendo tutto questo è per renderli orgogliosi e fieri di me.
Il tuo rapporto con il treno?
Sono un romano che vive a Treviso e quando salgo sul Frecciarossa sono felice perché è sempre un ritorno a casa: verso nord per vedere Martina e i miei compagni della Benetton Treviso, verso Roma per ritrovare la mia famiglia e quella della Nazionale.
Ti piace più stare a tavola o in cucina?
Preferisco sedermi a tavola ma quando mi capita di stare dietro ai fornelli, da buon romano, preparo la pasta. Cucinare è sempre stato un bel momento di condivisione, soprattutto durante le prime esperienze fuori casa. A Padova vivevo con Niccolò Cannone, che è qui con me in Nazionale, e Antonio Rizzi, che oggi gioca a Parma nelle Zebre: cimentarsi con le piccole necessità quotidiane era challenging (stimolante ndr ).
Un detto afferma che il calcio è stato inventato da gentiluomini ma è giocato da galeotti, mentre il rugby, inventato dai galeotti nelle colonie, è giocato da gentiluomini. Tu ti senti uno di loro?
Potrei dire di sì ma semplicemente perché ho imparato che esserlo fa bene a me e al prossimo. Non c’è alcuna necessità di essere cattivi e nemmeno scorretti: è un fatto di educazione. A me è stata insegnata e sono contento di conoscerne il valore.
Se un giorno fosse un giocatore di rugby a governare il nostro Paese staremmo meglio?
Questa è una grande domanda per la quale non ho risposta (ride, ndr ). Quello che posso dire è che lo sport, non solo il rugby, trasmette un senso di collettività e unità. In qualche modo, è quello che serve per governare. Il lavoro individuale messo a disposizione della squadra.
federugby.it
FRECCIAROSSA PER IL RUGBY
ITALIANO
Grazie alla partnership tra Trenitalia e la Federazione italiana rugby (Fir), il brand Frecciarossa è presente sulle maglie di giocatori e giocatrici delle Nazionali seniores e della Under 20 maschile. Inoltre, Frecciarossa, treno ufficiale della Federazione, ha attivato speciali tariffe dedicate ai fan dell’Italrugby per raggiungere in treno le città di alcune partite della Nazionale. trenitalia.com
Salvatore, 24 anni
Corso magistrale in Intelligenza artificiale, impresa e società
open day triennali 15 aprile magistrali e master 18 maggio iulm.it/openday
L’intelligenza artificiale offre nuove opportunità alle aziende.
Voglio essere parte del cambiamento.
IL PARADISO DELL’OUTDOOR
NON SOLO MARE. MA ANCHE TREKKING, ARRAMPICATE ED ESPERIENZE A CONTATTO CON LA NATURA. ECCO PERCHÉ FINALE LIGURE È LA META PERFETTA PER UNA VACANZA PRIMAVERILE di Cecilia Morrico MorriCecili
Ogni anno si conferma Bandiera blu per le sue acque cristalline ma la zona di Finale Ligure, in provincia di Savona, non è una meta da vivere solo in estate. Divisa tra mare e monti, regala in ogni periodo dell’anno panorami inediti e scenari suggestivi, grazie ai suoi boschi millenari e agli scorci sulla costiera. Prima di indossare il costume da bagno sono tante le attività all’aperto da sperimentare sul territorio: da quelle a contatto con gli animali che appassionano soprattutto i più piccoli, alla scuola di arrampicata, adatta a tutte le età, fino al trekking, una costante di questa zona. Senza vincoli di prenotazione e praticabili tutto l’anno ci sono gli itinerari finalesi, piacevoli passeggiate, lunghe ma non troppo, da affrontare in serenità. Sono centinaia i sentieri disponibili e tra questi spicca quello del Pellegrino, da Varigotti a Noli, che con le sue suggestioni e i panorami mozzafiato sul mare è uno dei grandi classici del trekking nella zona. Seguendo il percorso si possono ammirare un’antica mulattiera circondata da uliveti, la baia dei Saraceni, la chiesetta di San Lorenzo, gioiello medievale che merita una piccola deviazione dal percorso principale, la falesia di Malpasso con la bellissima spiaggia e la Torre delle streghe, fino a raggiungere Monte Capo Noli (276 metri).
In un paio d’ore di camminata di media difficoltà, si sperimenta così il connubio unico di natura, mare, paesaggio e cultura, tipico di questo angolo di Liguria. Un altro itinerario, semplice e panoramico, è quello ad anello in Val di Nava che attraversa una delle zone più belle e selvagge dell’entroterra. Dal borgo fortificato
di Boragni, antico villaggio dalle caratteristiche casette in pietra, si arriva alla grotta della Strapatente, ricca di stalattiti e stalagmiti, con il Dolmen, struttura megalitica risalente all’età del bronzo. Si raggiungono poi la suggestiva grotta dei Balconi, quasi un arco naturale segnalato da muretti a secco, e quella della Pollera, una delle più ampie cavità carsiche e dei siti archeologici più noti del Finale, con l’imponente antro a due ingressi che lascia senza fiato. Da qui non è poi difficile arrivare all’altopiano di Pian Marino, con il suo vasto prato.
In questa zona si trova anche la paretina, una delle più semplici e attrezzate per chi vuole provare l’arrampicata insieme alla falesia della Cava di Rio Fine alle Arene Candide. Le pareti più adatte ai principianti si trovano anche sul Monte Cucco, particolarmente indicato a famiglie con bambini grazie alla semplicità delle vie, dai nomi fantasiosi che rievocano la favola di Biancaneve. Ma la zona offre anche adrenaliniche pareti per i più sportivi. Con quasi 200 falesie e circa quattromila vie di arrampicata, Finale Ligure e il suo territorio rappresentano il sogno di ogni climber. Non mancano anche salite a difficoltà medio-bassa, adatte ai principianti che vogliono cimentarsi
per la prima volta con questa disciplina. L’importante è affidarsi a istruttori specializzati, come le guide alpine, che possono affiancare i più inesperti nella scelta della parete più adatta per livello di esperienza e condizioni meteorologiche. Oltre a fornire l’attrezzatura necessaria, garantendo il massimo livello di professionalità e di sicurezza.
Ma questa zona offre anche esperienze nel verde a misura di famiglia. A pochi chilometri da Finale, in uno splendido uliveto di Pietra Ligure, sorge il parco natura AsinOlla, dove si possono trascorrere alcune ore o intere giornate in compagnia di somari e cavalli. Lo slow trekking per camminare insieme ai ciuchini (e non sopra di loro) è pensato per genitori e figli di ogni età e la caratteristica più importante è la tranquillità che si assapora in questa lenta passeggiata. Tenere lo stesso ritmo dell’amico quadrupede fa svanire lo stress e consente di immergersi in un’oasi di pace, tra i profumi della macchia mediterranea. Il parco offre una serie di attività ludiche connesse
a questi animali come la Donkey spa dove spazzolare il proprio ciuco con cura e prendersi cura di lui. Sempre sulle alture di Pietra Ligure lavora anche l’associazione Libelle, nata dall’incontro tra guide ambientali, agricoltori, musicisti e psicologi che considerano il contatto con la natura una condizione necessaria per lo sviluppo sano dei bambini. Durante l’anno vengono realizzate diverse attività outdoor, dai laboratori didattici allo yoga, e per domenica 16 aprile è prevista l’iniziativa Favole in cammino, che accompagna genitori e prole in una passeggiata a ritmo lento capace di unire la geologia al mondo delle fiabe.
Infine, se da Finale Ligure ci si sposta di pochissimi chilometri verso Ponente, si può sperimentare una bella escursione attraverso le antiche borgate di Verezzi, abbarbicate sulla collina sopra Borgio. Tra antichi sentieri, case in pietra e panorami sul mare, è possibile anche soffermarsi a osservare piante e fiori, dal timo agli iris selvatici.
DAL SAN CARLO DI ARONA AL CRISTO DI MARATEA, UN VIAGGIO TRA LE STATUE PIÙ
ALTE DEL PAESE. CAPOLAVORI DI ARTE, FEDE E INGEGNERIA
di Peppe Iannicelli - peppeiannicelli65@gmail.comSvettano altissimi catturando l’attenzione anche dei più distratti. Si scorgono a chilometri di distanza e testimoniano il coraggio di chi è riuscito a realizzarle. Da Nord a Sud, l’Italia è costellata da diversi colossi. Statue imponenti costruite con finalità devozionali, per celebrare imprese militari o grandi personaggi storici, oppure per commemorare i caduti.
ARONA COME NEW YORK
Inaugurato nel 1698, il San Carlo Borromeo di Arona, in provincia di Novara, è uno dei monumenti più alti del mondo. Con il basamento raggiunge i 35 metri e l’indice del santo sfiora i due metri di lunghezza. Attraverso alcune fessure ricavate negli occhi e nelle orecchie, i più ardimentosi possono ammirare lo spettacolare panorama delle vallate circostanti. Il gigante nel borgo piemontese è stato a lungo studiato da Frédéric-Auguste Bartholdi, il progettista francese che ha realizzato la Statua della libertà a New York. Egli soggiornò al cospetto del Sancarlone – come viene chiamato con affetto – studiandone ogni dettaglio, dall’armatura in pietra al rivestimento in rame.
LE STATUE GEMELLE DI
MARATEA E RIO
Al secondo posto nella classifica dei colossi d’Italia svetta il Redentore di Maratea, in provincia di Potenza, com-
pletato nel 1965 e mai ufficialmente inaugurato per una diatriba tra l’imprenditore che decise di costruirlo, il biellese Stefano Rivetti di Val Cervo, e l’amministrazione locale dell’epoca. Il Cristo lucano, collocato sulla cima del monte San Biagio, arriva a 21,13 metri d’altezza, solo la testa è alta tre metri mentre l’apertura delle braccia è di 19. Realizzato utilizzando cemento armato e marmo, ricorda il Cristo sulla cima del Corcovado a Rio de Janeiro; da qualche anno, Maratea e la città brasiliana hanno creato un gemellaggio per promuovere la conoscenza dei due tesori architettonici.
MONUMENTI AI CADUTI
Il Faro della Vittoria di Torino, realizzato dallo scultore Edoardo Rubino, è un monumento in bronzo inaugurato nel 1928 per celebrare il decimo anniversario dalla fine della Prima guerra mondiale. La statua della dea Vittoria, che nella mitologia romana è raffigurata come una donna alata, sorregge tra le mani una fiaccola in cui è alloggiata l’ottica del faro. Posta sul colle della Maddalena, raggiunge quasi 19 metri di altezza e sembra quasi poter prendere il volo.
Anche Trieste espone un imponente Faro della Vittoria per celebrare la Grande guerra e commemorarne i caduti. Sul ballatoio, dal quale si innalza il corpo principale, è posta la statua in pietra del marinaio ignoto, opera dello
scultore triestino Giovanni Mayer, alta 8,60 metri. Sopra la cupola svetta la Vittoria alata (7,20 metri), con una fiaccola nella mano sinistra e una corona d’alloro nella destra.
Raggiunge sette metri d’altezza, invece, il Monumento ai caduti della Prima guerra mondiale in piazza Santa Teresa, a Brindisi. È opera dello scultore Edgardo Simone che ha utilizzato pregiatissimo marmo di Carrara.
SANTI PROTETTORI
La devozione popolare ha contribuito alla costruzione di statue spettacolari come Nostra signora della guardia che, con i suoi 14 metri di altezza, protegge l’omonimo santuario a Tortona, in provincia di Alessandria. I fedeli lo raggiungono per pregare sulla tomba di San Luigi Orione, fondatore della Piccola opera della divina provvidenza, e rendere omaggio alla Madre
celeste, ritenuta particolarmente miracolosa. Sulla sommità dell’edificio è posta infatti la statua in bronzo dorato della Madonna con in braccio Gesù Bambino.
I devoti di San Fedele, invece, osservano il loro santo sulla Torre del popolo di Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia: il monumento è alto 6,8 metri ed è stato collocato sulla cima nel 1938.
COLOSSI IN ONORE DEL RE
Re Vittorio Emanuele II è certamente uno dei personaggi storici più presenti nella toponomastica italiana con migliaia di piazze e strade a lui intitolate e decine di monumenti in suo onore. Il più imponente è la statua equestre collocata nel Vittoriano di Roma, al centro di piazza Venezia, che racchiude anche l'Altare della patria con la tomba al Milite ignoto. Il monarca riesce a farsi notare dall’alto dei suoi 12 metri di altezza e dieci di lunghezza.
Il suo baffo sabaudo è lungo un metro. La statua è stata realizzata con 50 tonnellate di bronzo ottenuto fondendo i cannoni dell’esercito. Per celebrare la sua conclusione, nella pancia del cavallo si svolse un banchetto con 20 partecipanti, che si ritrovarono come novelli guerrieri achei nel ven-
tre dell'animale. Al cospetto di quello capitolino, il monumento equestre di Vittorio Emanuele II a Milano sembra minuscolo, con i suoi 5,6 metri che pure non passano inosservati in piazza Duomo. Ma rimanendo a Roma, a pochi chilometri in linea d’aria dal Vittoriano, c’è la fortezza papalina di Castel Sant’Angelo sovrastata dalla statua di San Michele – 5,4 metri di al-
tezza – tra le più fotografate dai turisti di tutto il mondo.
DAL DAVID DI FIRENZE, AL GIGANTE
DI NAPOLI
Nella galleria dei colossi d’Italia non può mancare uno dei più celebri scultori italiani di tutti tempi: Michelangelo Buonarroti. Il suo David, custodito nelle sale dell’Accademia di Firenze, supera i cinque metri d’altezza suscitando profonde emozioni. Guardando la statua si resta rapiti dalla cura dei dettagli e dal realismo anatomico, ancora più sorprendenti considerata la mole.
Il viaggio si conclude di fronte al Gigante di largo di Palazzo, che rappresenta un Giove barbuto, i cui resti sono custoditi nel Museo archeologico di Napoli. La statua era esposta in piazza Plebiscito, chiamata un tempo Largo di Palazzo, e il popolo, come avveniva a Roma con il Pasquino, la usava per affiggervi irridenti sonetti contro i potenti. Re Giuseppe Bonaparte, indispettito dai continui sberleffi, ne ordinò la mutilazione e la rimozione. La notte precedente l’esecuzione della condanna, al cospetto del Gigante comparve una scritta irridente con le sue ultime volontà: «Lascio la testa al Consiglio di Stato, le braccia ai ministri, lo stomaco ai ciambellani, le gambe ai generali e tutto il resto (avrete tutti capito cosa ndr) a re Giuseppe».
A PIEDI
NELLA STORIA
LUNGO LA VIA AMERINA, ANTICA STRADA DELL’AGRO FALISCO, PER SCOPRIRE IL CAMMINO DELLA LUCE CHE UNISCE ROMA A PERUGIA
Un grande cammino storico per conoscere un territorio remoto, eppure straordinariamente vicino alla Capitale, che ospitò un’antica popolazione italica, oggi sconosciuta ai più. Nasce così la Via Amerina, che in real-
tà è una riscoperta: rappresenta infatti l’asse portante della storia e della cultura dell’Ager Faliscus, l’area geografica così chiamata dai Romani e situata nella bassa Tuscia, tra i confini naturali del Tevere, dei Monti Cimini e Sabatini e del Soratte.
Una zona di straordinaria bellezza naturalistica, dove da millenni l’elemento selvaggio incontra l’architettura antica, dando vita a scenari mozzafiato. A caratterizzare l’ambiente sono le forre: canyon ricoperti da fitta vegetazione, scavati dai numerosi corsi
d’acqua che scorrono al loro interno. È in questa cornice che si diramano numerosi sentieri incuneati nel verde scuro dei boschi, nascondendo spettacolari necropoli e ruderi dalle origini misteriose.
Le caratteristiche di questa antica via, che procede tra ponti e tagliate scavate nel tufo, permettendo di attraversare le forre e abbreviare le distanze, la rendono una delle strade meglio conservate dell’Etruria meridionale.e una delle prime importanti testimo -
nianze dell’espansionismo romano. L’Amerina raggiunge l’Umbria da Roma, facendo capolinea ad Amelia, in provincia di Terni. Costruita nel IV secolo a. C., venne completata dopo la distruzione della capitale falisca Falerii Veteres – l’attuale Civita Castellana – nel 241 a. C. Nello stesso periodo i Romani costruirono la città di Falerii Novi, su un territorio pianeggiante, quindi più facile da controllare rispetto alla prima, arroccata su uno sperone di tufo.
Alberto Renzi, manager nella Destination Management Organization del Biodistretto della Via Amerina e delle forre, spiega che «questo percorso storico, detto anche Cammino della luce, si svolge in circa 250 chilometri suddivisi in 12 tappe, unendo Roma a Perugia in un tragitto bidirezionale, da fare a piedi o in bicicletta». Lungo l’antica via romana, aggiunge, «si possono scoprire paesaggi e borghi splendidi, come Orte, Nepi, Corchiano, Gallese, Vasanello e Castel Sant'Elia,
e una comunità che si prende appassionatamente cura del loro territorio». Altra caratteristica notevole dell’Amerina – peraltro tipica del pensiero romano applicato all’ingegneria civile – è il suo procedere in linea retta, rispetto alle vie tradizionali che seguivano la morfologia dell’ambiente. Tra gli antichi splendori giunti ai nostri occhi, merita una visita speciale il sito archeologico del Cavo degli Zucchi, la più ampia necropoli falisca esistente, ricca di fascino e mistero. Situata a pochi chilometri da Fabrica di Roma, vicino a Falerii Novi, presenta un tratto dell’antica Amerina perfettamente conservato, con alcune tombe impressionanti, scavate sulle pareti della tagliata. I principali reperti recuperati durante gli scavi, oggi esposti al Museo dell’agro falisco di Civita Castellana, testimoniano il ruolo centrale che la via ebbe tra il V secolo a. C. e il X d. C., durante le invasioni barbariche. Le battaglie tra Bizantini e Longobardi si giocarono proprio sull’Amerina, che costituiva il cosiddetto corridoio bizantino, unico collegamento esistente tra Roma e l’esarcato di Ravenna, circoscrizione amministrativa dell’epoca. Successivamente, con la scissione tra la Chiesa di Roma e l'impero bizantino, la via perse la sua importanza.
Oggi il Biodistretto della Via Amerina e delle forre vuole prendersene cura come “bene comune” e stimolare camminatori e ciclisti a riscoprire l’agro falisco. Il progetto è nato nel 2013 grazie all’intuizione dei produttori biologici della zona e di recente è stato riconosciuto ufficialmente dalla Re -
gione Lazio. Il Biodistretto si impegna in difesa del territorio, promuovendo il riciclo dei rifiuti, l’uso dei fitofarmaci, il risanamento delle cave, la gestione sostenibile delle risorse energetiche e un modello biologico di produzione e
consumo. Opera su un’area che conta oltre 70mila abitanti e coinvolge 13 comuni della provincia di Viterbo, da Calcata a Civita Castellana, da Corchiano a Faleria, passando per Nepi, Orte e Vignanello. In questa zona la transizione
ecologica è in piena attuazione, tutti i comuni sono Ogm free e l’agricoltura biologica viene praticata su oltre il 40% della superficie agricola, coinvolgendo più di 600 aziende. Dunque, l’Amerina-Cammino della Luce è il simbolo di questa connessione tra passato e futuro, una spina dorsale da cui si diramano numerose altre proposte escursionistiche nell’agro falisco, dando vita a un distretto non solo del bio ma anche dell’outdoor. Sotto il claim di Alt(r)o Lazio, vengono confezionate proposte indirizzate al turismo sostenibile e alla mobilità dolce, mettendo a sistema anche altri percorsi esistenti come il Cammino Tuscia 103, la rete sentieristica del Club alpino italiano, itinerari in mountain bike e gravel. Ma anche le aree archeologiche, i borghi e i beni ambientali come il Parco naturale Valle del Treja, il Monumento naturale Forre di Corchiano e l’Oasi WWF di Pian Sant’Angelo, a Corchiano, che tutela le proprietà della famiglia di Fulco Pratesi, fondatore del WWF Italia. In questo contesto variegato, gioca un ruolo di primo piano il borgo di Nepi: non soltanto come “città dei Borgia” ma anche per le sue origini etrusche, che rappresentano un’affascinante anomalia in un’area spiccatamente falisca. Fondamentale la presenza della rete ferroviaria, visto che per raggiungere la Via Amerina, è sufficiente prendere un treno fino a Orte. «Si può conoscere l’Alt(r)o Lazio in maniera lenta raggiungendo Orte, Gallese o una delle altre
stazioni collegate con Roma. Quindi proseguire a piedi o in bicicletta scegliendo uno dei tanti percorsi tematici e ad anello per godersi uno o più giorni in un territorio ancora poco conosciuto», commenta Vanessa Losurdo, referente turismo del Biodistretto. Tutti coloro che sono impazienti di mettersi in cammino possono iscriversi all’eco-trekking del 22 aprile a Corchiano sul tema Via Amerina bene comune: alla partenza vengono consegnati a ogni partecipante un sacchetto e un paio di pinze per pulire l’antico basolato. Da segnare in calendario anche
l'iniziativa di Natura senza barriere, prevista nella zona il 24 e 25 giugno, per promuovere la partecipazione all'escursionismo delle persone con disabilità. Da non perdere anche i due appuntamenti di In cammino per la Terra organizzati dal 26 al 28 maggio per conoscere le antiche tradizioni dei Monti Cimini, dal 5 all’8 ottobre per attraversare i borghi sospesi dell’agro falisco. Per chi invece volesse sperimentare un cammino in piena autonomia, è tempo di compiere la propria personale scoperta dell’Amerina. inagrofalisco.it
Cavo degli Zucchi, Civita Castellana e Fabrica di RomaMAGNA GRECIA DELLA NEL CUORE
NELLA PIANA DI SIBARI, ALLA SCOPERTA DEL PARCO ARCHEOLOGICO CHE CUSTODISCE L’ANTICA IDENTITÀ DEL LUOGO. TRA STRATIFICAZIONI DI STORIE E CIVILTÀ MILLENARIE di Giuliano Compagno
Èlunedì 16 settembre 2019, l’una appena passata, e un Frecciargento lascia la stazione di Bolzano per arrivare a Sibari, frazione di Cassano all’Ionio, in provincia di Cosenza. Coprirà 856 chilometri in poco più di nove ore. Non si tratta solo di un risultato importante per il Gruppo FS ma di un evento storico per il trasporto nazionale: per la prima volta le Frecce arrivano nell’alto Ionio cosentino, a servire una popolazione che si aggira sui 220mila abitanti, tagliando la piana di Sibari, tra un litorale di circa 50 chilometri e il massiccio del Pollino.
Tre anni dopo, percorro quella stessa tratta in Frecciarossa, per scendere a Sibari dove mi accoglie un vecchio amico, il cosentino Giancarlo Cauteruccio, tra i più grandi registi del teatro italiano.
In passato ha diretto il Magna Gre -
cia teatro festival e oggi sta lavorando alla creazione di un laboratorio di spettacolo permanente nei siti magnogreci. È stato lui a mobilitare artisti calabresi e siciliani affinché realizzassero un’opera sulla spiaggia di Cutro, il 26 marzo, per ricordare il tragico naufragio dei migranti avvenuto a fine febbraio.
Mi introduce alla scoperta del territorio Annagiusi Lufrano, studiosa di lingue e culture greco-latine, che mi racconta della colonna affiorata dal terreno nel 1932 nel corso degli scavi avviati dal grande archeologo Umberto Zanotti Bianco, liberale confinato dal fascismo e nominato, negli anni ‘50, senatore a vita. La Sibari arcaica, mi spiega, non è ancora venuta alla luce per via delle acque di falda che hanno reso impossibile ogni scavo in profondità. Qualche ora più tardi incontro Donatella No -
vellis, archeologa e archeobotanica: «La conoscenza delle varie tipologie vegetali in antico», mi dice, «aiuta a ricostruire i modelli di vita e di alimentazione delle civiltà di un tempo». Novellis mi mostra il sito con l’amore che userebbe nell’aprire casa propria a un ospite benvenuto. È un incanto l’orizzonte del Pollino verso cui la plateia – la strada, in greco antico – sembra condurre. Col passare dei secoli ogni masso del pavimentum pare aver assunto la propria espressione emotiva. Cauteruccio le definisce “pietre organiche”. Turbato da quella sorta di verità che traspira dalla terra, dinanzi al teatro penso al passaggio dalla tragedia al gioco, dal coro al silenzio del rito. Un’ora più tardi accedo al Museo nazionale archeologico della Sibaritide accompagnato dal suo direttore, Filippo Demma. Ne uscirò con una grande riconoscenza verso un uomo
di profonda cultura che, in pochi anni, ha trasformato uno spazio museale in un luogo aperto, dove i sibariti del XXI secolo si specchiano nella Sybaris di un tempo.
Attraverso il percorso museale, la storia del luogo si rivela nei suoi intrecci più interessanti. Poco distante da Sibari sorgeva Thurii alla cui fondazione, voluta da Pericle, parteciparono anche Protagora, Ippodamo, Empedocle, Erodoto e Sofocle. In età romana fu attestata anche come Copia. La ricostruzione rende palese quanto l’archeologia non rappresenti nulla di estinto: non ci addormenta, ci fa rinascere. Un luogo come Sibari, che in apparenza non esisterebbe su una carta geografica, risorge e si perpetua nella sua triplice stratificazione di civiltà, storia e costume: un incrocio che, nel susseguirsi dei secoli, ha lasciato un’orma indelebile sulla cultura e sulle arti mediterranee. Mi commuove profondamente l’idea di appartenere a una storia che accoglie e protegge chiunque nasca e risieda nel centro del mondo, tra mare e terra, uomini e cose.
È emozionante pensare che opere abbandonate o distrutte dalle guerre possano tornare alla luce grazie all’impegno e all’amore di coloro che le hanno riesumate, difese e custo -
dite per il loro valore inestimabile. Al tramonto, nella calma della marina, dinanzi al golfo più grande d’Italia, mi risuona una frase dello scrittore argentino Jorge Luis Borges: «Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare». S’è fatta sera e, seduto a un tavolino del bistrot La cantina di Corigliano, poco distante da Sibari, assaporo degli antipasti che toccano ogni sapore possibile. Chiedo quale sia il segreto di questa gioia a Beppe e a Patrizia Zanarotti, proprietari del locale. E lui, con un’inflessione bergamasca, mi risponde: «La semplicità. Guardavo la manualità e i pochi ingredienti che usava mia suocera».
Il pomeriggio seguente ritorno a Cassano all’Ionio, ospite di Gianluca Falbo, assessore al turismo del Comune, Rosa Maria Alario, guida e operatrice culturale, e Carlo Forace, architetto e storico del territorio, che mi racconta la storia della Basilica minore dedicata alla Natività della Beata Vergine, di origine bizantina e dall'aspetto barocco. La collezione di presepi conservata in questa chiesa è una meraviglia. Cassano colpisce per la varietà della sua bellezza: dalle grotte di Sant’Angelo di origine preistorica (chiuse fino al prossimo autunno per interventi di manutenzione straordinaria) alle terme del VII secolo, al Teatro comunale
dove è ricordato con una targa Harry Warren, al secolo Salvatore Guaragna, newyorkese di origine sibarita, con padre e madre nativi di Civita, compositore che ha ottenuto 11 candidature all’Oscar e tre vittorie tra il 1935 e il 1946.
Al calare del sole, da quei primi rilievi collinari, contemplo la piana di Sibari fino alla sua costa, e sopra di me le nuvole sono basse, si muovono e mutano colore. La sera ci tengo a incontrare il sindaco, Gianni Papasso, uomo coraggioso e libero che amministra un territorio ricco e complesso. Il suo intento è annullare ogni distinzione, e con ciò ogni barriera, tra i saperi e i mestieri di quelle terre: l’intellettuale, l’artista, l’artigiano e il contadino devono potersi riconoscere ugualmente in un’identità sibaritica.
Unire le energie e l’azione con le forze della storia e del pensiero significa seguire un destino che accomuna queste genti, le loro generazioni e i loro futuri figli. «Chi, se potesse, non vorrebbe vivere tanto a lungo da vedere cosa verrà alla luce a Sibari?», diceva lo scrittore inglese Norman Douglas. Perché un reperto immaginato è anche il simbolo di un’attesa comune, che vale per tutti, anche per il viaggiatore che giunge qui, nel cuore della Magna Grecia.
PROGETTO VENEZIA
DALLA GIUDECCA A VIA GARIBALDI, UN ITINERARIO TRA I LUOGHI PIÙ CREATIVI E AUTENTICI DELLA LAGUNA, CHE GUARDA AL FUTURO PER DIFENDERE LA SUA IDENTITÀ
di Matteo Favero
Arrivando a Venezia ogni visitatore ha l’impressione che l’immensa distesa di tesori in pietra d’Istria e riflessi d’acqua gli vengano incontro. È come se tutti coloro che ne hanno calcato i masegni, i macigni in trachite grigia di cui è
lastricata la città, avessero instaurato con lei un personale rapporto, intimo e romantico. «È come se tutti, nel bene o nel male, se ne fossero portati via un frammento, quasi nella consapevolezza che questo sogno dell’architettura e del genio dell’artigianato
sia una cosa tanto mirabile quanto fragile», racconta Carlo Federico Dall’Omo, architetto dello Iuav di Venezia, istituto universitario completamente dedicato alla progettazione.
La Serenissima è un insieme di isole, ponti, calli, case, palazzi, canali, un luogo di riflessi popolato da tante genti – turisti, residenti, studenti, lavoratori, curiosi ed esuli – e da altrettanti gabbiani bianchi e irosi. Ma non è solo questo, è anche un luogo di battaglie che lotta per non spegnersi perché, come raccontava la scrittrice e antropologa statunitense Jane Jacobs, anche le città possono morire. La Laguna sale spesso alla ribalta della cronaca nazionale e internazionale perché la sua fragilità e la sua bellezza fanno sempre notizia. Questo ne ha forse distorto la narrativa, però, relegandola a due estremi: il turismo di massa e il centro che si spopola. A coloro che decidono di perdersi tra le calli – magari gustando gli splendi-
di cicchetti, i tipici crostini farciti, accompagnati da uno spritz o da qualche vino locale – è rivolto un invito all’attenzione. A notare le sfumature, le sbiadite tracce e le cicatrici delle lotte di Venezia nei confronti di una narrazione netta che non sempre le appartiene.
Alcuni luoghi meglio di altri possono testimoniare questa battaglia per il futuro della città e, per fortuna dell’esploratore, sono anche enclave di sperimentalità creative e culinarie tutte da scoprire. Tra questi, suggerisce Dall’Omo, vale la pena una passeggiata attraverso l’isola della Giudecca, dove sono presenti esperimenti architettonici, artistici e di guerriglia gardening immersi in un tessuto urbano vivace e internazionale. Oltre ai tanti locali che si affacciano sul canale, ci sono alcuni hotspot da non perdere. Tra questi il complesso di Cosma e Damiano, una chiesa sconsacrata riconvertita oltre dieci
anni fa attraverso un radicale intervento di restauro da cui sono stati ricavati 12 laboratori artigianali – qui carta, arte, orologi la fanno da padrone – e quattro grandi sale di circa 400 m² che ospitano il Centro teatro di ricerca di Sonia Biacchi, l’Archivio Luigi Nono diretto da Nuria Shoemberg, otto atelier dei borsisti della Fondazione Bevilacqua La Masa e la Sala del camino, sede espositiva della Biennale. Inoltre, sono stati recuperati all’uso collettivo il grande chiostro quattrocentesco e un giardino di circa 4.000 m². Sempre sull’isola veneziana opera anche Crea cantieri del contemporaneo, fondato da Pier Paolo Scelsi, che collabora con gli artigiani del luogo in una commistione tra arti visive e saper fare.
Un altro spazio da esplorare è via Garibaldi, nel sestiere di Castello, che i veneziani chiamano rio terà, perché nacque in seguito all’interramento di un canale. È l’unica strada di Venezia
percorribile a piedi, oltre alle cosiddette calli, ed esprime il suo meglio durante il periodo della Biennale perché qui fioriscono spazi espositivi paralleli alla mostra ufficiale. A questo si affianca un’alchimia tra residenti, vecchi e nuovi, e un’alleanza tra ristoratori che hanno trovato nell’unione la forza di un’offerta unica e differenziata in città. La via è sempre animata: al mattino si passeggia tra i banchi del mercato, alla sera bacari e osterie brulicano di veneziani intenti a ciacolare (chiacchierare) e turisti che cercano di comprendere qualcosa di quegli infervorati dialoghi tra schei e chicchetti. In questi luoghi la resilienza della città si combina con note popolari che mostrano una Venezia più simile a un crogiolo di storie e vite che a un museo. A queste eccezionalità si possono aggiungere anche il Lido, da anni al centro di un progetto di rilancio, Sant’Erasmo, isola a vocazione agricola conosciuta come l’orto di
Venezia, la Misericordia, uno spazio fluido dove storia e cultura dialogano con il territorio.
Nel processo che punta a reinventare, riprogettare e ridisegnare il domani della città hanno poi un ruolo centrale le università, in primis Ca’ Foscari e lo Iuav. Per rivitalizzare alcuni spazi, quest’ultimo ateneo ha instaurato una serie di rapporti «con eccellenze internazionali della ricerca come il Massachusetts Institute of Technology per i temi delle nuo -
ve tecnologie, il Thomas Jefferson University di Philadelphia per la salute pubblica e la Tongji University di Shanghai per l’economia sociale», spiega Dall’Omo. Il futuro di Venezia si basa infatti sulla capacità di fare progetto, di proiettare nello spazio bisogni, esigenze e desideri coinvolgendo all’interno di uno stesso processo molte generazioni. Questo disegno che descrive come dal passato, attraverso il presente, ci si addentri con consapevolezza verso
il futuro è ciò che gli urbanisti chiamano masterplan. E un ruolo centrale nel definirlo appartiene proprio a coloro che formano le professionalità e le culture di chi sa progettare. L’esploratore è quindi invitato, perdendosi e deliziandosi dell’offerta che la città gli propone, a sentirsi parte di un progetto. A interagire con un cuore curioso con ristoratori e cittadini, turisti e studenti, cercando di leggere i fili e le trame di questo tessuto in evoluzione.
LA BIENNALE DELL’IMMAGINAZIONE
The Laboratory of the Future è il titolo della 18esima Mostra internazionale di architettura organizzata dalla Biennale di Venezia. La rassegna curata da Lesley Lokko, ospitata dal 20 maggio al 26 novembre ai Giardini, all’Arsenale e a Forte Marghera, affronta i temi della decolonizzazione e decarbonizzazione, dedicando grande attenzione al cambiamento climatico e alla promozione di un modello più sostenibile per la progettazione. La mostra, divisa in sei parti, punta i riflettori sull’Africa e la sua diaspora. Provengono da questo continente, infatti, oltre la metà degli 89 partecipanti, in cui l’equilibrio di genere è paritario. «Al cuore di ogni progetto», spiega Lokko «c’è lo strumento principe e decisivo: l’immaginazione. È impossibile costruire un mondo migliore se prima non lo si immagina». M. G.
di Osvaldo Bevilacqua [Direttore editoriale Vdgmagazine.it e ambasciatore dei Borghi più belli d’Italia]
LA PORTA DELL'ANIMA
UN VIAGGIO NEL CUORE VERDE DEL LAZIO ALLA SCOPERTA DI SUBIACO E DELLA VALLE DELL’ANIENE. TRA MONASTERI BENEDETTINI E ANTICHE TRADIZIONI CULINARIE
Per molti viaggiatori esistono dei veri e propri luoghi dell’anima, paesaggi e scenari naturali particolarmente suggestivi dove è possibile ritrovarsi, riunendosi con la parte più autentica e profonda di se stessi. Per il poeta umanista Francesco Petrarca, questo luogo si trovava a circa 70 chilometri da Roma, non lontano dal centro principale della cristianità, nell’allora selvaggia Valle dell’Aniene, a ridosso dei Monti Simbruini.
«All’autore del Canzoniere la sensazione sovraumana di pace e serenità del Monastero di San Benedetto a Subiaco destò una commozione così profonda e vivida da spingerlo a definire il sito Paradisi limen, la soglia del Paradiso», afferma Dom Maurizio Vivera (Dom, dal latino dominus, è un titolo riservato ai monaci benedettini), priore e coordinatore delle visite guidate.
A distanza di secoli il magnifico monastero conserva intatto il suo fascino mistico e la sua sublime serenità. Qui si può ammirare il Sacro speco, la grotta in cui Benedetto da Norcia, patrono d’Europa, aveva trascorso un periodo di vita eremitica in penitenza e contemplazione. Una statua del santo, opera di Antonio Raggi detto il Lombardo, ne ricorda il passaggio. Il complesso religioso, incassato nella roccia del monte Talèo, a strapiombo sulla valle sottostante e formato da due chiese sovrapposte, edificate tra il XII e il XIV secolo, rappresenta ancora oggi un mirabile esempio di architettura sacra, adornata di opere d’arte di incommensurabile bellezza.
Nella cappella di San Gregorio Magno si può ammirare quello che è considerato il più antico ritratto di Francesco d’Assisi, dipinto probabilmente men-
tre il santo era ancora in vita, intorno al 1220. Un’opera di estrema importanza storica e di squisita fattura. La chiesa inferiore, a più ripiani ricavati nella stessa roccia, è rivestita di affreschi con storie di San Benedetto, fondatore dell’ordine monastico famoso per la regola che unisce la preghiera al lavoro, e di 12 monasteri fatti costruire durante il trentennio trascorso in eremitaggio nella Valle dell’Aniene. Di questi il solo sopravvissuto è quello dedicato alla sorella, Santa Scolastica, edificato su un’altura a est di Subiaco. Si tratta del più antico monastero benedettino al mondo ed è considerato la culla della stampa in Italia: nel 1464, infatti, due chierici e allievi di Johannes Gutenberg, Arnold Pannartz e Conrad Sweynheym, impiantarono qui la prima tipografia della Penisola in cui veniva utilizzata la tecnica a caratteri mobili. L’officina arricchì la biblioteca del monastero di preziosi incunaboli, tra cui il De divinis institutionibus adversus gentes di Lattanzio, il primo libro a stampa con data certa, che reca l’anno 1465.
Attualmente, il monastero si presenta come un complesso di edifici costruiti in epoche e stili diversi, sul cui ingresso campeggia la scritta ora et labora. Degni di nota sono anche il campanile del XII secolo e la chiesa attuale, gioiello settecentesco, ultima delle cinque che si sono stratificate qui nel corso dei secoli. «Attorno a questa e alla biblioteca, unitamente agli altri luoghi del lavoro, dell'accoglienza e della vita quotidiana dei monaci, si sviluppa l’attuazione del binomio ora et labora che ha finito per connotare l'impianto propriamente benedettino».
La Biblioteca statale del monumento nazionale di Santa Scolastica è principalmente un luogo di studio e ricerca, riferisce il direttore Dom Fabrizio Messina Cicchetti, «grazie all'ingente patrimonio manoscritto e a stampa che possiede, oltre all'Archivio monastico con le sue 3.883 pergamene e moltissimi documenti cartacei dal XII al XIX secolo». Nella Rocca Abbaziale di Subiaco, nel 1480, secondo molti studiosi, ha visto la luce Lucrezia Borgia, figlia del Cardinale Rodrigo Borgia, commendatario di Subiaco dal 1471 e salito sul soglio pontificio nel 1492 con il nome di Alessandro VI.
IL PAESE DEI MILLE PAESI
Grazia Timperi, consigliera comunale con delega alla Cultura e turismo, invita con slancio a scoprire le bellezze della cittadina: «Subiaco è la Rocca dei Borgia e di Lucrezia, la luce che illumina la stretta valle in cui fragoroso scorre l'Aniene. È fatta di tradizioni, vicoli odorosi e scorci suggestivi». E, in effetti, il fascino della cittadina laziale, che le ha fatto meritare l’ingresso nella lista dei Borghi più belli d’Italia, si manifesta anche nelle vedute del centro storico, quelle che suggestionarono Antonio Fogazzaro.
Lo scrittore, estasiato dalle atmosfere sublacensi che si possono ancora oggi rivivere passeggiando per i suoi vicoli, descrisse quei luoghi esaltandone «l’aria odorata d’erbe selvagge». Altrettanto ammalianti sono le botteghe in cui si trovano esposti i lavori in legno, ferro e terracotta, frutto della maestria degli artigiani locali, o il museo, nell’antico borgo dei cartai, dove i ragazzi delle scuole e i turisti possono divertirsi a produrre la carta a mano, come si faceva una volta.
Per vivere appieno la magia di Subiaco, è immancabile la tappa in una delle numerose trattorie dove è possibile gustare le prelibatezze del luogo, cucinate con le eccellenze della valle. Dal pane di farina di mais alla pulènna colle spuntature de porci, dai broccuji ncancariti a ju salame, fino agli strozzapreti al ju pappaciucco, una pietanza sostanziosa a base di cavoli neri lessati e impastati con pizza di granturco e pane raffermo. Tutto qui ha il sapore della tradizione e delle cose preparate con cura.
STROZZAPRETI ALLA SUBLACENSE di
Una pasta fatta a mano, veloce e appetitosa. Versioni che differiscono di poco si trovano in molte altre regioni italiane, a partire dall’Emilia Romagna dove pare che il piatto abbia avuto origine. L’impasto della tradizione è fatto con farina di grano tenero e sola acqua perché le uova, anticamente, erano destinate al clero. Le povere massaie inventarono questa pasta per pura necessità, augurando però al prete che la divorava con voracità di “strozzarsi”. A Subiaco, zona di grandi monaci, è considerata il piatto tipico.
Nella foto, una preparazione realizzata dallo chef Andrea Cacchioni che, quasi a riscattare il passato, ha aggiunto alla ricetta qualche uovo. Il formato è frutto di secoli di esperienza e di gesti arcaici ormai entrati nel Dna dei sublacensi: le listarelle si schiacciano sulla punta e poi si arrotolano. E, dopo una brevissima bollitura in acqua e sale, il sugo base è un soffritto con olio extravergine di oliva e aglietto tritato, passata di pomodoro, prezzemolo o basilico e peperoncino, possibilmente fresco. Altri condimenti sono carciofi e guanciale, funghi porcini, tartufo nero pregiato o scorzone estivo del Monte Livata.
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Si possono svolgere attività di alta qualità, riconosciute nel mondo, pur vivendo in un piccolo paese. Ne è un esempio Marco Simonit, professionista dall’energia coinvolgente che, insieme al socio Pierpaolo Sirch, è riconosciuto come maestro di potatura delle vigne. La sua consulenza è richiesta dalle principali aziende vitivinicole internazionali.
Decido di andarlo a trovare a casa sua a Cormons, in provincia di Gorizia, per vedere dal vivo come opera. Arrivo con il Frecciarossa fino a Venezia e poi con un regionale veloce passo per Treviso, Conegliano, Pordenone e Udine. La stazione del suo paese, abitato da circa settemila abitanti, è in centro. Decido di farmi una passeggiata e godermi l’aria frizzante a pochi chilometri dal Golfo di Trieste.
Arrivo da Marco che, senza farmi proferire verbo, mi invita a seguirlo in un bar. Il suo sguardo è intenso e attento a tutto quello che succede intorno. È magnetico, in grado di rapire l’attenzione ancor prima di cominciare a parlare. Ci sediamo e, nell’attesa che venga qualcuno a prendere l’ordinazione, mi dice: «Sai da quanto tempo mi dedico a questa passione che oggi è un lavoro a tutti gli effetti?». Io resto in silenzio e aspetto la risposta: «Da circa 30 anni cerco con il mio socio di recuperare il mestiere del potatore, anche grazie alla formazione. Attraverso un rigoroso percorso di tutoraggio insegno un metodo incentrato sul saper fare in vigna, attualizzato alla luce delle più moderne conoscenze in fatto di anatomia e fisiologia delle piante della vite. Cerchiamo di trasmettere una nuova professionalità,
richiestissima nelle principali zone viticole internazionali». Da queste premesse nasce la Scuola italiana di potatura della vite, che ha la sede principale a Capriva del Friuli, in provincia di Gorizia.
Sono curioso di saperne di più e gli chiedo specifiche. Lui mi risponde che, esaminando i fusti delle viti, sono arrivati a capire che i tagli della potatura sono spesso responsabili dell’integrità del sistema vascolare delle piante che, se compromesso, porta alla loro morte. «Così abbiamo messo a punto un metodo di potatura ramificata capace di ridurre l’impatto devastante di queste fessure sul sistema linfatico della pianta, a causa del disseccamento interno che provocano». Non sono un esperto di viticoltura, ho solo appreso le nozioni basiche intervistando i contadini durante la
mia trasmissione Linea verde, e quindi ho bisogno di ulteriori spiegazioni.
Marco è molto paziente, mi domanda se vogliamo ordinare qualcosa prima di continuare. Per me un cappuccino e una fetta di gubana, dolce tipico friulano ripieno di noci, nocciole, pinoli e uva sultanina che una volta veniva preparato per le ricorrenze religiose e per occasioni particolarmente importanti come i battesimi o i matrimoni.
Marco continua e mi dice: «In sintesi, il metodo si fonda su quattro regole base che possono essere applicate universalmente. La prima è quella di
consentire alla pianta di ramificare con l’età, di occupare spazio col fusto e con i rami; la seconda è garantire la continuità del flusso linfatico; la terza è eseguire tagli di piccole dimensioni, poco invasivi, sul legno giovane. Infine, quando necessario, bisogna utilizzare la cosiddetta tecnica del legno di rispetto, un sistema di potatura che consente di allontanare dal flusso principale della linfa la zona del disseccamento conseguente al taglio».
Conoscendo le preoccupazioni degli agricoltori, gli chiedo se esistono metodi per non far ammalare le pian-
te e Marco mi spiega quanto sia fon damentale la prevenzione. «È proprio una corretta potatura che rende le viti meno vulnerabili», precisa. Mi parla poi delle patologie più difficili da cu rare, come il mal dell’esca, causata da un gruppo di funghi che colonizzano i vasi linfatici e il legno. «Pensa che fino a oggi l’unico rimedio possibile preve deva la sostituzione della pianta mala ta con una nuova barbatella. Dopo ben nove anni di sperimentazione, lavo rando moltissimo, abbiamo scoperto che questo problema si può risolvere con la dendrochirurgia». Non cono sco questa parola, ma Marco sorride e chiarisce: «La dendrochirurgia è una vera e propria operazione chirurgica attraverso la quale si asporta la malat tia utilizzando una specifica attrezza tura. A seguito di questa operazione, un’elevata percentuale di piante non manifesta più i sintomi e ritorna a pro durre normalmente».
Faccio i miei complimenti all’esperto e assaggio la mia gubana. Nel frattem po, entrano nel bar cinque ragazzi che mi salutano in inglese e poi abbraccia no Marco come si farebbe con un caro amico o un fratello più grande. Rispon do con un accento approssimativo e capisco che sono studenti di Marco: arrivano da ogni parte del mondo e si trasferiscono alcuni mesi in Friuli per imparare il mestiere. Qui apprendono le tecniche della cura delle viti e se guono i corsi in armonia con la natura. vinemasterpruners.com
di Padre Enzo Fortunato padre.enzo.fortunato padrenzo padreenzofortunato [Giornalista e scrittore]
RITI DI PRIMAVERA
AD ASSISI LE CELEBRAZIONI PASQUALI SEGNANO LA RINASCITA DELLA NATURA, TRA PROCESSIONI RELIGIOSE E TRADIZIONI CHE INCENTIVANO LA COESIONE SOCIALE
Vista sulla cattedrale di San Rufino, Assisi
Le celebrazioni della Pasqua ad Assisi, in provincia di Perugia, assumono significati diversi che abbracciano fede, folclore e tradizione. Ogni anno durante il giovedì santo, che nel 2023 cade il 6 aprile, il Cristo crocifisso nella cattedrale di San Rufino viene calato dalla croce, con il rito detto della “scavigliazione”, ed esposto su un cataletto perché i fedeli possano baciarlo. In una confusione di folclore sacro, persone di ogni età si accalcano per poggiare le labbra sul prezioso legno scolpito. Non una sola volta, ma per l’intera durata della Pasqua, il Cristo viene ripetutamente accarezzato e baciato.
Dalla mattina del venerdì santo fino alla sera dello stesso giorno, lo baciano le suore di clausura, in cerchio
una alla volta, quando viene portato in processione la mattina di buonora. Poi lo baciano gli anziani e i fedeli, che continuano a ricoprirlo di fiori una volta arrivato nella basilica inferiore di San Francesco, dove vi rimane per tutto il giorno. Quando al tramonto le ombre si allungano e comincia a calare la sera del venerdì, la sensazione è che la devozione stessa si allunghi su tutte le persone coinvolte. In quel momento, anche la statua della Madonna Addolorata esce da San Rufino, portata a spalla, per raggiungere quella del figlio nella basilica inferiore di San Francesco, e rientrare insieme nella cattedrale.
Il buio ha conquistato ormai la cit-
tà, solo poche fiaccole illuminano la discesa di Maria, sette spade le ondeggiano nel petto, i lampi dei flash rischiarano la notte e il silenzio è rotto solo ogni tanto da alcuni colpi di tamburo, prima uno e subito dopo due: tum, tum, tum.
Una breve sosta nella basilica consente ai cruciferi e ai portatori della statua di riposare le spalle doloranti. Lungo la navata della chiesa si sente solo un flebile brusio, composto dalle preghiere e dalle chiacchiere di chi rivede amici e parenti durante la processione. Sulla via del ritorno un nugolo di praticanti segue il feretro, trascinando su per le vie di Assisi i propri figli affinché bacino il Cristo. La
BUON VIAGGIO BRAVA GENTE
salita è dura, come quella del Calvario, la stanchezza del venerdì santo pesa sulle spalle e si aggiunge al fardello delle croci di legno, del cataletto col Cristo e della statua della Madonna.
Echeggiano le litanie intonate dalla voce metallica del megafono, con le lamentazioni delle centinaia di persone raccolte lungo il tragitto che si fanno ancora più forti della mattina. Tutti, che siano laici o membri della Chiesa, rispondono alla preghiera con l’andatura oscillante tipica di qualsiasi processione: il passo cadenzato dal canto e dallo scricchiolio ligneo della lettiga, come fossero le articolazioni di chi accompagna la salita.
Il portone si spalanca per accogliere madre e figlio. Ora la cattedrale straripa di persone, in un odore misto di incenso, fede e fatica, e una massa
informe circonda per l’ultima volta quel corpo disteso. La mattina successiva Cristo torna sulla croce, da cui sembra poter osservare il viavai di cesti pieni di cibo della tradizione pasquale, su cui il sacerdote impartisce la benedizione per il pasto della domenica di Resurrezione.
La dimensione antropologica di tutta questa ritualità è molto marcata: una serie di appuntamenti fissi che permettono di riconoscersi e ritrovarsi per uno scopo comune, creando coesione sociale. Quaranta giorni dopo la domenica della Resurrezione, gli assisiati si ritrovano anche sulla cima del monte Subasio per celebrare l’Ascensione e festeggiare la primavera che, finalmente, torna a scaldare l’aria e a far rinascere la natura.
Sui vasti prati del monte – scelti anche come location dalla regista e sceneggiatrice Liliana Cavani per il
film del 1966 Francesco d’Assisi, con Lou Castel – uomini e donne raccoglievano un tempo fiori per addobbare delle “mazze fiorite”, bastoni ingentiliti con la flora locale. Una celebrazione simbolo della rinascita universale, sia religiosa sia laica, visto che la Pasqua coincide con l’arrivo della primavera. Anche se oggi raccogliere fiori sul Subasio è impossibile, perché i suoi settemila ettari di pregio naturalistico e paesaggistico sono tutelati come parco naturale, si possono comunque vivere al meglio i rigogliosi spazi offerti da questo luogo, molto caro a san Francesco. Nel rispetto della natura con la sua grande varietà di specie arboree, floreali e faunistiche, che arricchiscono il monte alle cui pendici, come scrisse Dante nel canto XI del Paradiso parlando di Francesco, «nacque al mondo un Sole».
UN PIANETA DA
IL 22 APRILE SI CELEBRA LA GIORNATA DELLA TERRA 2023. PERCHÉ OGNUNO PUÒ FARE LA PROPRIA PARTE PER SALVAGUARDARE L’AMBIENTE
di Floriana Schiano MorielloGiunto alla 53esima edizione, l’Earth Day si festeggia in 193 Paesi del mondo, un mese e un giorno dopo l’equinozio di primavera, coinvolgendo ogni anno fino a un miliardo di persone. In Italia, le celebrazioni sono davvero speciali grazie all’impegno delle centinaia di organizzazioni e istituzioni aderenti. Oltre al ministero dell’Ambiente e a quello dell’Istruzione, sono tante le associazioni, le imprese, ma anche i singoli scienziati e gli artisti che il 22 aprile si impegnano a promuovere la tutela delle straordinarie bellezze del Pianeta. Quest’anno l’Earth Day Italia, evento ambasciatore dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu 2030, torna anche in presenza, senza tuttavia trascurare la maratona multimediale. «Dopo tre anni in cui la crisi pandemica ha fortemente penalizzato ogni momento di aggregazione, finalmente possiamo organizzare iniziative dal vivo. E tutte rigorosamente gratuite. È una grande emozione, visto che si tratta di uno degli eventi più aperti e coinvolgenti che si realizzano in Italia», spiega Tiziana Tuccillo, fondatrice di Earth Day Italia. Lo slogan di quest’anno recita: c’è un mondo che ti aspetta. Che cosa avete in programma? Roma e Torino saranno teatro dei due eventi ufficiali. Dal 21 al 25 aprile la Capitale ospita il Villaggio per la Terra, al Galoppatoio di Villa Borghese e alla Terrazza del
PROTEGGERE
Pincio. Dalla Nuvola di Fuksas, centro congressi nel quartiere dell’Eur, e in diretta streaming su RaiPlay e sul sito web dedicato, va in onda anche la maratona multimediale #OnePeopleOnePlanet.
A Torino, invece, il Villaggio della Terra trova casa ai Musei Reali, il 22 aprile, grazie anche al sostegno di AWorld, app italiana che promuove uno stile di vita sostenibile. Le iniziative patrocinate sono tante e sparse su tutto il territorio italiano. Come nasce l’idea del Villaggio per la Terra?
Si tratta di un progetto nato dalla collaborazione tra Earth Day Italia e il Movimento dei focolari: uno dei pochi in cui una manifestazione laica voluta dalle Nazioni Unite è riuscita ad amalgamarsi bene con un’organizzazione cattolica. Da quando Papa Francesco ha inaugurato a sorpresa il Villaggio nel 2016, abbiamo assistito a una partecipazione sempre più estesa di partner e di pubblico. Oggi i visitatori sono più di 200mila ed è possibile partecipare a oltre 600 eventi.
Quali sono gli eventi previsti?
A Roma torna il Villaggio sportivo creato in collaborazione con il Comitato olimpico nazionale italiano, decine di federazioni e gruppi sportivi. Qui è possibile cimentarsi in molte attività: ci si può ritrovare a scalare una parete, giocare una partita di tennis o provare nuovi sport internazionali. Nelle 17 piazze dedicate ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, poi, tante associazioni organizzano incontri, dibattiti, presentazioni di libri, laboratori e momenti di confronto. Il Villaggio dei bambini offre esperienze per i più piccoli grazie alla collaborazione con Unicef e all’Associazione nazionale vigili del fuoco che cerca di trasmettere le norme basilari della prevenzione con il progetto Pompieropoli. Il Villaggio della scienza è ricco di proposte divertenti, come il planetario gonfiabile. I carabinieri per la tutela forestale curano invece l’allestimento di un grandissimo Parco della biodiversità con piante, animali e tanti esperti a svelare i mille segreti della natura. E c’è ancora molto da scoprire. La maratona multimediale #OnePeopleOnePlanet è stata ideata a fine marzo 2020 per rispondere all’urgenza della pandemia. Come si presenta oggi?
Anche se siamo tornati in presenza non abbiamo voluto abbandonare la diretta streaming che è stata la nostra particolarità negli ultimi tre anni. Dal primo pomeriggio di sabato 22 aprile, in diretta dalla Nuvola di Fuksas, si susseguiranno 14 ore di spettacoli, premi, documentari, talk show e collegamenti internazionali in diretta. Gran parte dell’evento sarà dedicato ai giovani, il target più interessato a combattere il cambiamento climatico. Inoltre, a partire dalle 19, l’auditorium della Nuvola diventerà un teatro pronto ad accogliere un folto pubblico. La
serata inizierà con Futura Live Show, il format che Earth Day Italia ha ideato per parlare a tutti di innovazione e sostenibilità. Seguirà poi il Concerto per la Terra, che ha visto esibirsi negli anni artisti come Giovanni Allevi, Zucchero, Patti Smith, Fiorella Mannoia, Noemi, Arisa, Carmen Consoli, Ben Harper. Quest’anno sarà presente Leo Gassman, giovane cantautore sensibile alle tematiche ambientali. Ovunque ci si trovi, quindi, il 22 aprile l’appuntamento è alle 14 per seguire la maratona multimediale #OnePeopleOnePlanet e, a Roma e Torino per tutti gli eventi in programma. Durante gli altri giorni dell’anno, rimane fondamentale fermarsi a riflettere per riuscire a combattere la crisi climatica tutti insieme, con gesti concreti, e vincere la sfida per il futuro del Pianeta. earthdayitalia.org onepeopleoneplanet.it
ADOTTA UNA SPIAGGIA CON MAREVIVO
Sono ecosistemi complessi, che ospitano specie di ogni genere. L’inquinamento e il turismo irresponsabile minacciano il delicato equilibrio delle spiagge e causano in tutto il mondo la morte di 100mila animali ogni anno. La onlus Marevivo, che dal 1985 si impegna a tutelare il mare e i suoi abitanti, lancia la campagna Adotta una spiaggia per proteggere le coste italiane, sempre più contaminate dal passaggio dell’uomo. Attraverso una piccola donazione, chiunque può contribuire alle attività di pulizia, sensibilizzazione e monitoraggio che l’associazione svolge su 24 litorali, dal Veneto alla Sicilia, tramite migliaia di volontari e 45 delegazioni sul territorio. Un modo semplice per prendersi cura della Terra e la sua biodiversità. A.A.D. marevivo.it
COLTIVARE LA LIBERTÀ
LA ONLUS AMKA E IL CONSORZIO CAFFÈ SPECIALI CERTIFICATI PORTANO AVANTI IL PROGETTO SOCIALE DOÑA LUCERO CHE CONSENTE ALLE DONNE DEL GUATEMALA DI EMANCIPARSI ATTRAVERSO LA RACCOLTA E LA LAVORAZIONE DEI CHICCHI
Nella provincia di Petatán, nel nord-ovest del Guatemala, il ciclo di coltivazione e lavorazione del caffè scandisce la vita di un’intera comunità. Qui ogni casa ha un angolo adibito a piccolo laboratorio per lo stoccaggio di fertilizzanti e strumenti agricoli. Mentre i tetti sono piatti per accogliere i semi che devono asciugare dopo la raccolta. Dal 2020 Amka, onlus italiana che opera nel Sud del mondo per migliorare le condizioni di vita di chi lo abita, promuove in questa zona il progetto sociale doña Lucero, in cui sono coinvolte 80 donne guatemalteche produttrici di caffè. «Un percorso di empowerment, affinché in futuro possano raggiungere alti livelli di autonomia e diventare delle vere e proprie imprenditrici» afferma Fabrizio Frinolli Puzzilli, presidente della ong.
Il programma ha come finalità il riscatto delle lavoratrici che si dedicano alla coltivazione e alla lavorazione dei chicchi ma non riescono a ottenere i guadagni che meriterebbero. È alto, infatti, il tasso di speculazione che i contadini e le contadine si trovano a fronteggiare qui, come nella maggior parte dei Paesi produttori, dove un caffè di alta qualità viene acquistato a prezzi bassissimi per poi essere rivenduto alle società di esportazione. Un’ingiustizia a cui Amka ha deciso di rispondere stringendo alleanza con il consorzio Csc-Caffè speciali certificati, un’associazione nata in Italia nel 1996 con lo scopo di promuovere la cultura delle miscele pregiate. Le due realtà operano su fronti paralleli: da una parte offrono alle piccole produttrici formazione e assistenza per il miglioramento delle tecniche di coltura, dall’altra
garantiscono al caffè una certificazione di qualità che ne consenta la vendita a un prezzo equo. «Abbiamo seguito con grande impegno questo progetto sin dal primo giorno», afferma Paola Goppion, presidente di Csc, «e siamo contenti del risultato ottenuto, soprattutto per il valore umano che lo accompagna». Fin dai primi campioni assaggiati, gli esperti del consorzio hanno confermato l’alto pregio del raccolto, assegnando al caffè il bollino che ne attesta l’eccellenza. I chicchi sono stati distribuiti nelle torrefazioni, sparse in diverse città della Penisola, che fanno parte della rete Csc, e ognuna ha realizzato la pro -
pria interpretazione del prodotto attraverso diverse ricette. Grazie a questo riconoscimento, le lavoratrici hanno ottenuto un incremento dei ricavi pari a quasi il 50%, un incentivo a proseguire il loro cammino professionale.
Il progetto ha avuto un impatto enorme sulla vita delle donne coinvolte: il pagamento dei semi viene versato direttamente alle produttrici assicurando loro indipendenza economica. Questo ha attivato un circolo virtuoso, un desiderio di lottare per i propri diritti e creare un modello personalizzato di gestione del lavoro. Il gruppo che ha partecipato al programma, infatti, ha eletto una giunta composta da una presidente e altre quattro donne. Si tratta di un primo passo verso l’ambizione più grande di costituirsi come collettivo e associazione. Un sogno luminoso che si accorda alla perfezione con il nome scelto per il caffè e per il progetto sociale, come spiega Frinolli Puzzilli: «Doña Lucero è nato in onore e in ricordo di Lucero, una coraggiosa donna guatemalteca che per più di 10 anni ha lavorato con Amka, una vera guerriera. Il suo spirito e tutto quello che ci ha insegnato sul campo sono dentro ogni tazzina di questo caffè, che profuma di libertà e di autonomia».
amka.it caffespeciali.it
NEL MONDO FLUTTUANTE
A TORINO UNA MOSTRA PER SCOPRIRE IL PAESE DEL SOL
LEVANTE NELLE OPERE DEI GRANDI MAESTRI GIAPPONESI UTAMARO, HOKUSAI, HIROSHIGE. TRA STAMPE, KIMONO E MASCHERE TEATRALI di Francesca Ventre – f.ventre@fsitaliane.it
Vivere solo nell’attimo presente, rivolgere tutta la propria attenzione ai capricci della luna, alla neve, ai ciliegi in fiore, alle foglie degli aceri, cantare, bere sake». Ma anche «rifiutare di lasciarsi scoraggiare, essere come una zucca galleggiante sulla corrente di un fiume: questo è ciò che si chiama ukiyo ». Così recita un racconto giapponese del 1661, per spiegare il concetto di “mondo fluttuante”, simile al carpe diem oraziano, a cui la cultura occidentale è più avvezza.
Una filosofia che si può approfondire a Torino, vicino al castello del Valentino, nel parco omonimo della prima città Capitale d’Italia, dove si nasconde un angolo di Estremo Oriente. Nel palazzo della Società promotrice delle belle arti, fino al 25 giugno, si può scoprire un mondo esotico pieno di bellezza e armonia visitando la mostra Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Geishe, samurai e la civiltà del piacere, Qui sono esposti 300 oggetti
«Essere come una zucca galleggiante sulla corrente di un fiume: questo è ciò che si chiama ukiyo, mondo fluttuante»
e opere d’arte in prestito dal Musec di Lugano, dai musei di arte orientale di Venezia, Torino e Trieste, dalla Fondation Baur Musée des Arts d'Extrême-Orient di Ginevra e da collezioni private. Una panoramica per rappresentare il mondo Edo, che va dal 1603 al 1868: oltre 150 anni di pace all’interno del Paese, in splendido isolamento dal resto del mondo. Si potrebbe definire l’era dell’edonismo nipponico, con discepoli dediti ai piaceri della vita perché consapevoli della sua fugacità. Quando i ricchi mercanti (chōnin) riempivano le loro giornate con spettacoli teatrali e intrattenimenti con geishe nelle case da tè, spendendo le loro fortune per acquistare straordinarie opere d’arte. L’esposizione è un viaggio emotivo e rilassante che conduce nell’universo del Sol Levante. In nove sezioni si possono ammirare capolavori di artisti come Kitagawa Utamaro, Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige e una serie di opere minuziose e pregevoli, dalle stampe ai ventagli, dai paraventi alle maschere, fino a stupefacenti kimono e impressionanti statue vigorose di samurai. Sono rappresentati miti, abitudini e storie di vita quotidiana, utilizzando anche il linguaggio dell’ironia e il codice dell’erotismo.
La mostra, prodotta da Skira, che ha anche pubblicato il catalogo, si apre con le immagini del mondo fluttuante e gli occhi si soffermano su innumerevoli stampe xilografiche incentrate sul gusto per un’esistenza piacevole. I soggetti e le figure ritratte portano a immaginare terre, luoghi e abitazioni ricche di particolari e dettagli. Protagonisti assoluti sono i paesaggi, la natura montuosa o il mare imponente, perché il viaggio era parte integrante della vita
quotidiana dei giapponesi. Su ventagli minuti e piccoli quadri, ecco tripudi di fiori e frutti, pasti gustosi per vivaci uccellini. Dalle camelie invernali tra la neve alla primaverile fioritura dei ciliegi, dalle peonie estive alle campanule dell’autunno, tutte le stagioni sono rappresentate. Il mondo nipponico influenza anche pittori occidentali, come gli impressionisti, che si ispirano ai 15 volumi dei manga di Hokusai, o Vincent Van Gogh che riproduce, nel suo stile, due stampe della serie Cento vedute di luoghi celebri di Edo realizzata da Hiroshige. Proseguendo nell’immersione a Levante, si aprono le sale dedicate al teatro, un piacere della vita che apre a riflessioni filosofiche. In esposizione si ammirano oggetti delle varie forme di spettacolo, kabuki, nō e kyōgen, soprattutto maschere di personaggi, animali fantastici, spiriti e demoni dalle espressioni intense o terribili, sorprese o spaventate. In questa sezione emerge anche un curioso programma del 1890, uno stendardo della metà del XIX secolo in tessuto: una sorta di locandina illustrata, dipinta a mano e stampata in nero, usata per pubblicizzare gli spettacoli.
Negli spazi a seguire fanno sfoggio di sé kimono ricamati con fili d’oro e d’argento, che riproducono paesaggi, monti innevati, draghi, flora e fauna, con i toni del celeste, del bianco, del rosso, del verde e dell’arancio. Incuriosiscono arredi laccati, come mobili per toeletta, e una scatola da viaggio con pettini e pennelli da barba, oppure stampe che ritraggono bambini che giocano a mosca cieca.
Un universo a sé, denso e contraddittorio, è quello femminile, che merita una sezione a parte. Nell’immaginario collettivo, le giapponesi sono identificate spesso con le seduttive geishe. Ma in Estremo Oriente i diritti e le liber-
tà delle donne erano molto limitati, seppur con qualche differenza tra classi sociali. Vengono ritratte con costumi e pettinature tipiche, mentre sono intente in attività quotidiane, nelle stampe di Tsukioka Yoshitoshi o nei trittici di Miyagawa Shuntei, accanto a elementi vegetali che richiamano i mesi dell’anno.
Un capitolo a parte meritano le xilografie a soggetto erotico, realizzate dai più importanti artisti del tempo. Oltre 50 tra stampe e shunpon, libri policromi illustrati, che rimandavano alla sacralità dell’atto sessuale. Ecco nelle vetrine alcuni fogli dell’Introduzione erotica al matrimonio di Utagawa Kunisada, fortunato autore del tempo e di Fare l’amore con una donna d’immensa bellezza, una serie rara di 12 xilografie di Utamaro, maestro di rottura rispetto agli altri autori, che rappresenta il vero amore tra corpo e psiche, esprimendo il piacere femminile attraverso gli occhi socchiusi delle amanti. Dalle battaglie d’amore si arriva, verso la parte
finale della mostra, al mondo dell’eroismo di samurai e guerrieri, grazie all’esposizione di armature e corazze squamate, imponenti e straordinarie, e non mancano storie di eroine entrate nel mito.
La chiusura, infine, è onirica e fluttuante. Nell’ultima stanza ci si immerge nella Grande onda di Hokusai, un quadretto in cui il mare sovrasta su tutto e sembra inghiottire una minuscola imbarcazione. Il battello prosegue il suo navigare, come l’individuo deve imparare a fare nella vita, cosciente della sua piccolezza, sospeso tra il senso dell’effimero e dell’eterno. Prima di uscire, immergersi in questa installazione avvolgente, tra acqua spumeggiante e la vetta del vulcano
Fuji, è un viaggio tra caducità e piacere. hokusaitorino.it
VIAGGIO INTERGALATTICO
Un missile gigantesco nel cortile nobile di Palazzo Strozzi, in procinto di decollare. È il razzo blu metallico di Goshka Macuga, artista polacca che vive a Londra, direzionato verso l’empireo del contemporaneo e pronto a esplorare il firmamento delle stelle più luminose dell’arte italiana e mondiale.
Un viaggio intergalattico alla scoperta dei big e delle maggiori sperimentazioni degli ultimi decenni, a partire dalle indagini del dopoguerra.
E se è vero che le espressioni arti -
stiche sono la cartina tornasole e la lettura alternativa del circostante, allora nel più famoso dei palazzi rinascimentali fiorentini si può trovare la storia degli ultimi 50 anni. Quella della società in evoluzione, con riflessioni individuali e collettive in merito ai diritti civili, alle identità di genere, alle lotte politiche per le minoranze. Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye è la mostra, curata da Arturo Galansino fino al 18 giugno, che non nasconde la sua spettacolarità e celebra i 30 anni della Collezione Sandretto Re Re -
baudengo con oltre 70 opere della raccolta torinese famosa in tutto il mondo.
I nomi e le opere presenti sono davvero stellari: Maurizio Cattelan, Cindy Sherman, Damien Hirst, Lara Favaretto, William Kentridge, Anish Kapoor, Sarah Lucas, Lynette Yiadom-Boakye, solo per citarne alcuni. Con occhi visionari e antenne ipersensibili, gli artisti e le artiste denunciano, raccontano, inneggiano e si schierano per il Pianeta fragile e attanagliato dall’erosione antropica.
Così il razzo gigante che accoglie
Goshka Macuga Conogo (2023) © Ela Bialkowska Okno studioi visitatori è senza motore e quindi non consuma né cielo né carburante e anche le opere di Hirst alludono alla fragilità del genere umano con la vana ricerca dell’immortalità, rappresentata dai processi di imbalsamazione attraverso la formaldeide.
Impertinente e iconico, giocoliere sopraffino e provocatorio, Maurizio Cattelan è uno degli italiani più presenti con cinque opere tra cui una delle prime: il sacco da trasporto pieno delle macerie di una parete del Padiglione di arte contemporanea di Milano colpito, nel ‘94, da una bomba mafiosa. Il suo scoiattolino Bidibidobidiboo, che si è appena suicidato su un tavolo da cucina con una rivoltella, è estraniante e «rovescia il rassicurante scenario disneyano in una totale perdita di speranza», chiarisce Galansino.
Come inquietante è La rivoluzione siamo noi, il pupazzo iperrealista che ritrae l’artista padovano appeso per la collottola a un appendiabiti: i suoi occhi, incorniciati da folti sopraccigli, fissano i visitatori dal basso verso l’alto e creano un vero e proprio disagio dialettico. Il corpo percepito, indossato, rappresentato come identità e il ribaltamento degli stereotipi sono spesso al centro della riflessione delle artiste presenti. Da Cindy Sherman a Barbara Kruger, da Sirin Neshat a Sarah Lucas, fino a Paola Pivi e alla performer genovese Vanessa Beecroft, che in mostra porta il suo “alieno rosso”. Una figura asessuata, esule e flessuosa, senza nessuna plasticità corporea, che riempie lo spazio della tela. «Non si trattava di arte, il disegno doveva visualizzare la mia ansietà… Volevo fare un disegno che mostrasse quello che sentivo», spiega.
Sono le figure monocrome dei suoi primi lavori, ispirate alle linee di Henri Matisse ed Egon Schiele, che
rappresentano le sofferenze per le patologie alimentari, come anoressia e bulimia, riconosciute tali negli anni ‘90.
Se la donna mutilata e senza testa di Berlinde De Bruyckere si raccoglie in un gesto di autoprotezione, quella ritratta dall’iraniana Shirin Neshat è una guerriera coperta quasi completamente dal velo che, sicura di sé, punta la pistola contro chi la osserva. Sulle parti del corpo esposte alla vista, in lingua farsi, l’artista sovrascrive versi di poetesse iraniane. Quando, invece, si incontra il gigante orso di Pivi, ricoperto di piume gialle a manifesto delle identità uniche e non imbrigliabili in categorie standardizzate, è evidente che l’arte possa spronare a superare i confini del pensiero comune e sia capace di spingerci nello spazio aperto delle libertà di essere e di pensiero.
palazzostrozzi.org
palazzostrozzi
LA MODA È UN CAPOLAVORO
APRE A TRIESTE ITS ARCADEMY-MUSEUM OF ART
IN FASHION: 20 ANNI DI TENDENZE ATTRAVERSO LE COLLEZIONI DEGLI STILISTI CHE HANNO PARTECIPATO AL CONCORSO INTERNATIONAL TALENT SUPPORT
Porto di confine multiculturale e aperto al mondo, Trieste diventa anche capitale della creatività. E lo fa tenendo a battesimo Its Arcademy-Museum of Art in Fashion, che apre al pubblico il 18 aprile. Uno spazio dedicato all’arte della moda nato per ospitare le collezioni dei giovani talenti mondiali che, negli ultimi 20 anni, hanno partecipato al concorso International Talent Support. La competizione per designer emergenti è stata concepita nel 2002 da Barbara Franchin, che oggi taglia il nastro del nuovo polo couture ospitato nello storico palazzo della Fondazione della Cassa di risparmio di Trieste. «L’idea alla base del contest non era solo quella di creare un altro concorso di moda. Volevamo costruire un network, continuando a seguire gli artisti selezionati durante tutta la loro carriera. Ma anche documentare l’evoluzione della moda contemporanea, conservando un pezzo della collezione di ogni finalista», racconta.
E da questo obiettivo ha preso forma l’idea di realizzare uno spazio espositivo, che è un archivio creativo e un centro di formazione aperto a tutti, professionisti del settore, appassionati e curiosi di ogni età. «Si tratta del primo museo della moda contemporanea sorto in Italia e il nome scelto sottolinea la connotazione fortemente artistica di ogni suo aspetto. Vogliamo ispirare, sorprendere e guidare il visitatore alla
scoperta di una creatività che, ne siamo fermamente convinti, risiede in ognuno di noi. In maniera inclusiva e trasversale, non soltanto attraverso percorsi espositivi ma anche tramite esperienze formative. Sarà un polo culturale dinamico capace di ospitare conferenze, installazioni, mostre, presentazioni, momenti musicali, didattica ed eventi di ogni genere», spiega Franchin.
Ma il vero tesoro di questa nuova apertura è nella collezione raccolta: 14.758 progetti che arrivano da 80 Paesi, oltre a 1.089 abiti, 163 accessori, 118 gioielli. «Un panorama vastissimo che comprende i primi pezzi disegnati nella carriera da designer come Matthieu Blazy, direttore creativo di Bottega Veneta, Demna, direttore creativo di Balenciaga, Alithia Spuri-Zampetti, designer di Alexander McQueen. E poi ci sono anche 700 progetti fotografici di talenti come Alejandro Guijarro e Noémie Goudal, che ha esposto anche alla Saatchi Gallery di Londra. Grazie al concorso Its Contest li abbiamo colti all’inizio, nel loro momento di massima pu -
rezza creativa perché liberi da qualsivoglia logica commerciale», continua la fondatrice.
La mostra inaugurale è intitolata The First Exhibition: 20 years of contemporary fashion evolution e traccia la trasformazione della creatività contemporanea. A curarla è Olivier Saillard, storico della moda che per molti anni ha diretto il Palais Galliera di Parigi, il tempio dello stile francese. Franchin ha avuto occasione di collaborare con lui diverse volte nel corso degli anni, costruendo un rapporto di incredibile stima: «Lavorare con Saillard è magnifico, sai immediatamente di aver trovato non soltanto una persona unica ma la persona giusta. Ha capito chi siamo e cosa facciamo e ci ha descritti con la forza della semplicità. Ha intuito che qui poteva nascere il primo museo della moda interamente dedicato alle forme e alle espressioni più contemporanee ed è entrato in punta di piedi nel nostro archivio, con un rispetto profondissimo per le collezioni e per i loro creatori».
Il risultato è una mostra totalmente atemporale. «Saillard ha lavorato sui pezzi raccolti in 20 anni di Its Contest come se fossero appena giunti nel magazzino di un museo ancora all’interno delle loro teche da trasporto. Le opere sono state raggruppate facendo riferimento a macrotemi e movimenti artistici, letterari e architettonici facilmente comprensibili anche da un pubblico che conosce poco la moda: Espressionismo, Neo-Futurismo, Art Brut, autoritratti, figurazioni libere, astrazioni liriche. C’è poi la sezione dedicata ad accessori e gioielli e, infine, una selezione di fotografie del concorso», conclude Franchin. «Per una mostra che traccia la descrizione accurata, una delle tante possibili, della storia della moda contemporanea». itsarcademy.org
ANIME D’EUROPA
A REGGIO EMILIA UN RITRATTO FOTOGRAFICO DEL VECCHIO CONTINENTE E DEI POPOLI CHE LO ABITANO.
TRA ANTICHE TRADIZIONI, MELTING POT DI CULTURE E PROSPETTIVE PER IL FUTURO
di Angela Alexandra D’Orso
Multietnico, pluriforme, inquieto. Appare così il Vecchio continente raccontato nella 18esima edizione di Fotografia europea, a Reggio Emilia
dal 28 aprile all’11 giugno.
La rassegna ai Chiostri di San Pietro, che si è aggiudicata il titolo di miglior photo festival dell’anno ai Lucie Awards 2022 di Los Angeles, diventa osservatorio privilegiato delle culture, delle visioni e dei sentimenti che attraversano l’intera Europa. Un territorio che, dopo aver perso nei secoli l’egemonia spirituale e materiale, va ora alla ricerca di una nuova identità, tenendo insieme più voci.
Gli artisti e le artiste in mostra raccolgono i segnali di questa irrequietezza e li traducono in immagini potenti, con accostamenti semantici insoliti in grado di rappresentare il melting pot che contraddistingue il continente.
È il caso di Alessia Rollo, fotografa di origini pugliesi che usa
tecniche di manipolazione analogiche e digitali per raccontare i riti del Sud Italia. Sganciandosi dagli stereotipi culturali tipici del neorealismo, descrive un mondo in cui la magia non è superstizione ma una forma antica di conoscenza. Tenta di restituire corporeità e dignità alle persone, invece, Mónica De Miranda, fotografa portoghese di origine angolana. Attraverso una contro-narrazione costruita dalle biografie di uomini e donne di origine africana che vivono in Portogallo, l’artista svela i pregiudizi radicati nella società. Connesso a questa indagine è il lavoro portato avanti dal duo composto da Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni: una serie di scatti che raccontano Istanbul e i suoi esclusi, l’espressione più sincera di un luogo al di là della facciata solitamente accettata.
A questo elogio al margine si contrappone il progetto di Simon Roberts. Nelle sue fotografie del Regno Unito è pos-
sibile intercettare spunti di riflessione sulle nozioni di identità e appartenenza e su cosa significhi essere britannici in un momento cruciale della storia contemporanea. Così, i bagnanti in abiti vittoriani sull’isola di Thanet, all’estremità orientale del Kent, sembrano rappresentare l’anima antica del continente. L’altra faccia di un’Europa incandescente,
che rifiuta le categorie e si ridefinisce per stratificazioni di colore, lingua e cultura. fotografiaeuropea.it fotografia_europea FotografiaEuropea FotoEuropea
STORIE DA FILM
FINO AL 16 LUGLIO, A TORINO, 156 SCATTI RIPERCORRONO LA CARRIERA DI RUTH ORKIN, LA FOTOGRAFA
STATUNITENSE CHE VOLEVA DIVENTARE REGISTA
PHOTO di Irene Marrapodi foto di Ruth Orkin American Girl in Italy, Firenze, Italia (1951)Talvolta, le occasioni perse generano nuove opportunità e le vocazioni non ascoltate si rimodellano per creare percorsi inediti. Come è successo a Ruth Orkin, che non voleva intraprendere la carriera di fotoreporter. Ispirata dal lavoro della madre Mary Ruby, attrice di cinema muto, aveva preso la decisione di diventare regista. Ma quella strada era disseminata di ostacoli per una donna americana del primo ‘900 e, così, Orkin optò per un altro mestiere che le consentisse comunque di narrare storie.
Il risultato fu un linguaggio nuovo, fatto di immagini che uniscono la staticità del mezzo fotografico ai tempi elastici del cinema. Le sue foto-racconto sono esposte fino al 16 luglio nelle sale Chiablese dei Musei reali di Torino nella mostra Ruth Orkin. Una nuova scoperta, che tramite 156 scatti ripercorre la sua carriera inaspettata, dai primi esperimenti del 1939, quando ancora
17enne intraprese in solitaria un viaggio in bicicletta attraverso gli Stati Uniti, fino agli anni ‘60. Perla dell’esposizione è American girl in Italy, che immortala la studentessa statunitense Nina Lee Craig tra le vie di Firenze nel 1951. La ragazza si è prestata come modella per una serie di foto originariamente intitolata Non aver paura di viaggiare da sola e viene ripresa a passeggio tra gli sguardi di uomini ammiccanti o mentre sfreccia su un motorino guidato da uno di loro. Ma sono tante le storie raccontate dall’obiettivo della fotoreporter, quasi tutte con un finale aperto da indovinare: i bambini di Tel Aviv che si vedono in Seawall , intenti a liberarsi di pantaloni e scarponcini, si saranno tuffati insieme cementando la loro amicizia? Le loro vite avranno continuato a intrecciarsi negli anni? E come sarà proseguito il viaggio delle due donne ritratte in Two american tourists , sedute al tavolino di un bar romano? Ecco
che l’occasione mancata di Orkin di diventare regista si tramuta in una nuova opportunità per chi visita la mostra: fantasticare su avventure immaginarie, sognando a occhi aperti e inventando finali inediti. Ognuno regista delle proprie storie. mostraruthorkin.it
FRECCE TRENITALIA
GUIDA AI SERVIZI
VERSO IL SOLE DEL SUD CON FRECCIAROSSA
Andare in vacanza in Puglia, Calabria e Campania è ancora più semplice. Sono tante le destinazioni e le soluzioni di viaggio con le Frecce a disposizione per programmare un viaggio o un weekend senza stress.
Ogni giorno, fino a 14 Frecciarossa e Frecciargento partono da Roma verso la Puglia e 30 Frecciarossa collegano la costa adriatica alle città del Nord Italia.
Anche raggiungere la Calabria è più rapido con sei Frecciarossa giornalieri da Milano a Reggio Calabria di cui due Fast che riducono ulteriormente i tempi di percorrenza, consentendo di arrivare a Lamezia Terme in poco più di sette ore e in circa otto ore e mezza a destinazione finale, con fermate a Bologna Centrale, Roma Termini, Napoli Afragola, Salerno, Paola, Lamezia Terme, Rosarno e Villa San Giovanni.
Una volta arrivati a destinazione, fino al 31 maggio con il biglietto delle Frecce è possibile noleggiare un’auto a prezzi scontati: sono previste riduzioni del 20% con Avis e del 15% con Budget e una tariffa che parte da 19 € al giorno con Maggiore. Inclusi nel prezzo chilometri illimitati, seconda guida, servizio GPS e supplemento Young Driver. Inoltre, per ogni euro speso, i titolari di Carta FRECCIA guadagnano due punti.
Chi preferisce rilassarsi nelle isole campane, invece, può accorciare le distanze grazie ai servizi SNAV Link e Alilauro Link che consentono di acquistare in un’unica soluzione il biglietto combinato Trenitalia + nave per raggiungere Napoli dalle principali città italiane con le Frecce e poi proseguire il viaggio in aliscafo dal molo di Beverello verso Capri, Procida, Ischia Casamicciola, Ischia Porto e Forio. Oltre al biglietto combinato, chi sceglie di soggiornare a Ischia fino al 10 giugno può usufruire dell’offerta Speciale Eventi e raggiungere Napoli in Frecciarossa e Frecciargento con uno sconto fino al 70% sul prezzo Base. Per ottenerlo è sufficiente inserire il codice GOTOISCHIA in fase di acquisto. Maggiori informazioni sul sito trenitalia.com
VIVI LA GRANDE MUSICA CON FRECCIAROSSA
Frecciarossa è il treno ufficiale dei concerti italiani tenuti dai principali artisti nazionali e internazionali. Agli appassionati di Bruce Springsteen and the E Street Band, che tornano in Italia con un tour di tre date e già esaurite in prevendita (Ferrara, Roma e Monza), Frecciarossa offre l’opportunità di rientrare a casa subito dopo i live di Ferrara e Roma (18 e 21 maggio), grazie ai treni speciali dedicati ai fan in partenza dalle stazioni centrali alle 2 del mattino.
Da Ferrara è previsto un treno con fermata a Bologna Centrale (arrivo alle 2:25 e ripartenza alle 2:35), e arrivo a Milano Centrale alle ore 3:40. Da Roma Termini si parte alle 2 con destinazione Milano Centrale alle 5:35. Le fermate previste sono Firenze Santa Maria Novella (arrivo alle 3:34 e ripartenza alle 3:44) e Bologna Centrale (arrivo alle 4:22 e ripartenza alle 4:25). Per chi, dopo lo show, rientra verso sud, è in programma un treno in partenza da Roma Termini alle 2 con arrivo a Salerno alle 3:50 e fermata a Napoli Centrale (arrivo alle 3:05 e ripartenza alle 3:20). Tutte le tre date prevedono l’inizio dei concerti alle 16.30 e, dopo le band di apertura, l’esibizione di Bruce Springsteen and the E Street Band a partire dalle ore 19:30. Maggiori informazioni su trenitalia.com
CORPORATE TOP TRENITALIA: LA TARIFFA BUSINESS PIÙ FLESSIBILE
Corporate Top è la tariffa riservata ai clienti Trenitalia for Business per viaggiare senza pensieri su Frecce, Intercity e Intercity Notte. L’offerta aggiunge ancora più flessibilità e servizi alla tariffa Corporate con vantaggi esclusivi per chi viaggia per lavoro:
• cambio prenotazione consentito per un numero illimitato di volte fino alla partenza del treno e una sola volta, nella stazione di origine del viaggio, fino a quattro ore dopo la partenza. Il nuovo viaggio potrà essere effettuato entro sei mesi dalla prima richiesta di cambio prenotazione
• rimborso del 100% fino alla partenza del treno
• accesso ad altro treno fino a quattro ore dopo la partenza (con il pagamento di 10 € a bordo)
• cambio biglietto e cambio nominativo consentiti un numero illimitato di volte fino alla partenza del treno. Per il cambio biglietto il nuovo viaggio potrà essere effettuato entro sei mesi dalla prima richiesta di cambio
• in via promozionale, accesso nei FRECCIALounge e FRECCIAClub ai possessori di biglietti validi per il livello di servizio Business, con associata la Carta FRECCIA personale e +20% di punti Carta FRECCIA (qualificanti per raggiungere gli status Argento, Oro e Platino)
Maggiori informazioni su trenitalia.com
LIBERTÀ DI VIAGGIO
E CAMBI ILLIMITATI
Biglietto acquistabile fino alla partenza del treno. Entro tale limite sono ammessi il rimborso, il cambio del biglietto e il cambio della prenotazione un numero illimitato di volte. Dopo la partenza, il cambio della prenotazione e del biglietto sono consentiti una sola volta fino a un’ora successiva.
ECONOMY
CONVENIENZA E FLESSIBILITÀ
Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del secondo giorno precedente il viaggio. Il cambio prenotazione, l’accesso ad altro treno e il rimborso non sono consentiti. È possibile, fino alla partenza del treno, esclusivamente il cambio della data e dell’ora per lo stesso tipo di treno, livello o classe, effettuando il cambio rispetto al corrispondente biglietto Base e pagando la relativa differenza di prezzo. Il nuovo ticket segue le regole del biglietto Base.
BIMBI GRATIS
Con Trenitalia i bambini viaggiano gratis in Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca e Intercity in 1^ e 2^ classe e nei livelli Business Premium e Standard. Gratuità prevista per i minori di 15 anni accompagnati da almeno un maggiorenne, in gruppi composti da 2 a 5 persone. I componenti del gruppo dai 15 anni in poi pagano il biglietto scontato del 40% sul prezzo Base1
MASSIMO RISPARMIO
Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del sesto giorno precedente il viaggio. Il cambio, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti.
CARNET 15, 10 E 5 VIAGGI
I Carnet Trenitalia sono sempre più adatti a tutte le esigenze. Si può scegliere quello da 15 viaggi con la riduzione del 30% sul prezzo Base, da 10 viaggi (-20% sul prezzo Base) oppure il Carnet 5 viaggi (-10% sul prezzo Base). Riservato ai titolari Carta FRECCIA, il Carnet è nominativo e personale. L’offerta è disponibile per i treni Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca e Intercity 2
FRECCIAYOUNG
Riservata agli under 30, l’offerta Young consente di viaggiare su Frecciarossa e Frecciargento a 19€ e 29€ a seconda della relazione di viaggio. Si può viaggiare, ad esempio, tra Firenze-Milano, Bologna-Torino e Bari-Roma a 19 €, mentre tra Milano-Napoli e Roma - Venezia a 29€. L’offerta è riservata ai soci Carta FRECCIA under 30 ed è valida per viaggiare in Standard e in 2^ classe 3
A/R IN GIORNATA
Promozione per chi parte e torna nello stesso giorno con le Frecce a prezzi fissi, differenziati in base alle relazioni e alla classe o al livello di servizio. Un modo comodo e conveniente per gli spostamenti di lavoro oppure per visitare le città d’arte senza stress 4
ME&YOU
La promozione consente di viaggiare in due tutti i giorni con sconti fino al 50% sul prezzo Base su Frecce, Intercity e Intercity Notte. L’offerta è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e i servizi cuccette, VL ed Excelsior 6
SENIOR
Riservata agli over 60 titolari di Carta FRECCIA, l’offerta consente di risparmiare fino al 50% su tutti i treni nazionali e in tutti i livelli di servizio, ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 5
INSIEME
Offerta dedicata ai gruppi da 3 a 5 persone per viaggiare con uno sconto fino al 60% sul prezzo Base di Frecce, Intercity e Intercity Notte. La promozione è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 7
NOTE LEGALI
1. I componenti del gruppo dai 15 anni in poi pagano il biglietto scontato del 40% sul prezzo Base. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Cambio prenotazione/biglietto e rimborso soggetti a restrizioni. Acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza.
2. Il Carnet consente di effettuare 15, 10 o 5 viaggi in entrambi i sensi di marcia di una specifica tratta, scelta al momento dell’acquisto e non modificabile per i viaggi successivi. Le prenotazioni dei biglietti devono essere effettuate entro 180 giorni dalla data di emissione del Carnet entro i limiti di prenotabilità dei treni. L’offerta non è cumulabile con altre promozioni. Il cambio della singola prenotazione ha tempi e condizioni uguali a quelli del biglietto Base. Cambio biglietto non consentito e rimborso soggetto a restrizioni.
3. Offerta valida sui treni Frecciarossa e Frecciargento, in 2^ classe e nel livello di servizio Standard. Prevede l’acquisto a prezzi fissi di 19€ e 29€, a seconda della relazione di viaggio. Tali prezzi non si applicano alle relazioni per le quali è previsto un prezzo Base inferiore ai 38€. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta è a posti limitati che variano in base al treno e al giorno della settimana e non si cumula con altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti, compresa quella prevista per i ragazzi. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
4. Il numero dei posti è limitato e variabile, in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. Il cambio prenotazione/biglietto è soggetto a restrizioni. Si può scegliere di effettuare il viaggio di andata in una classe o livello di servizio differente rispetto a quella del viaggio di ritorno. Il rimborso non è consentito. Offerta non cumulabile con altre riduzioni, compresa quella prevista a favore dei ragazzi.
5. L’offerta è acquistabile entro le ore 24 del sesto giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. La percentuale di sconto varia rispetto al prezzo Base dal 40% al 50% per le Frecce e dal 20% al 50% per gli Intercity e Intercity Notte. Il numero dei posti disponibili è limitato e varia in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. È possibile cambiare esclusivamente la data o l’ora di partenza, una sola volta e fino alla partenza del treno, scegliendo un viaggio con la stessa categoria di treno o tipologia di servizio e pagando la differenza rispetto al corrispondente prezzo Base intero. Il Rimborso e accesso ad altro treno non sono ammessi. Al momento dell’acquisto il sistema propone sempre il prezzo più vantaggioso. A bordo è necessario esibire la CartaFRECCIA insieme a un documento d’identità.
6. Offerta a posti limitati e variabili in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio scelto ed è acquistabile entro le ore 24 del sesto giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza per i treni Intercity e Intercity Notte. La percentuale di sconto varia dal 40% al 50% per le Frecce e dal 20% al 50% per gli Intercity e Intercity Notte. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
7. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia rispetto al prezzo Base dal 40% al 60% per le Frecce e dal 20% al 60% per gli Intercity e Intercity Notte. Lo sconto non è cumulabile con altre riduzioni fatta eccezione per quella prevista in favore dei ragazzi fino a 15 anni. La promozione è acquistabile entro le ore 24 del sesto giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. Il cambio e il rimborso non sono consentiti.
MOMENTI DI GUSTO AD ALTA VELOCITÀ
Il FRECCIABistrò ti aspetta per una pausa di gusto. Nel servizio bar, presente su tutti i Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca, si possono acquistare deliziosi prodotti e menù pensati per ogni momento della giornata. Un’ampia selezione che comprende snack dolci e salati, panini e tramezzini, primi piatti caldi e freddi, insalate e taglieri, bevande alcoliche e analcoliche. L’offerta prevede anche opzioni vegetariane e gluten free ed è arricchita dalle note di gusto del caffè espresso Illy. Il servizio è previsto anche per i clienti dei treni Eurocity.
PORTALE FRECCE
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L’INTRATTENIMENTO GRATUITO AD ALTA VELOCITÀ
Grazie ai servizi e ai contenuti del portale FRECCE il viaggio a bordo dei treni Frecciarossa e Frecciargento e nelle sale FRECCIAClub e FRECCIALounge è più piacevole. Per accedere basta collegarsi alla rete WiFi, digitare www.portalefrecce.it o scaricare l’app Portale FRECCE da App Store e Google Play. Ulteriori dettagli, info e condizioni su trenitalia.com
I FILM DI APRILE
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AUDIOLIBRI Audiolibri di vario genere anche per bambini
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CASHBACK CARTAFRECCIA PIÙ VIAGGI, PIÙ PUNTI E PIÙ SCONTI SULLE FRECCE
Con il Cashback Trenitalia è possibile utilizzare i punti Carta FRECCIA per ottenere sconti immediati sull’acquisto di biglietti e carnet per le Frecce.
Con 300 punti si ha diritto a una riduzione di 10 euro su un ticket, per se stessi o per un’altra persona, che ne costi almeno 20. Con 600 punti, invece, si risparmiano 20 euro sull’acquisto di un biglietto che abbia un importo minimo di 40 euro.
Convertire i punti è semplicissimo: basta selezionare la voce Cashback Carta FRECCIA nella fase di acquisto del biglietto su trenitalia.com o sull’App Trenitalia. È possibile utilizzare il cashback anche nelle biglietterie delle stazioni, nei FRECCIAClub e nei FRECCIALounge.
Il servizio CashBack Carta FRECCIA è soggetto a condizioni. Il regolamento completo del Programma Carta FRECCIA, che ha validità fino al 31 dicembre 2023, è disponibile sul sito Trenitalia o alle emettitrici self-service della rete nazionale o le biglietterie Trenitalia. I premi potranno essere richiesti fino al 29 febbraio 2024.
MOSTRE IN TRENO E PAGO MENO
VIVI LA CULTURA CON LE FRECCE.
SCONTI E AGEVOLAZIONI NELLE
PRINCIPALI SEDI MUSEALI E DI
EVENTI IN ITALIA
Palazzo Reale a Milano ospita fino al 25 giugno l’ampia retrospettiva Helmut Newton. Legacy, prevista per il 2020 in occasione del centesimo anniversario della nascita del fotografo e posticipata a causa della pandemia.
Attraverso 250 fotografie, riviste, documenti e video, si ripercorre l’intera carriera di uno degli artisti più amati e discussi di tutti i tempi. Accanto
alle immagini iconiche, un corpus di scatti inediti e un focus sui servizi di moda più anticonvenzionali svelano gli aspetti meno noti dell’opera di Newton. Polaroid e contact sheet consentono di comprendere il processo creativo dietro al suo lavoro, mentre pubblicazioni speciali, materiali d’archivio e dichiarazioni del fotografo aiutano a ricostruire il contesto che l’ha ispirato. Dopo la tappa meneghina, a settembre la retrospettiva arriverà al Museo dell’Ara Pacis di Roma e, nella primavera del 2024, approderà alle Stanze della Fotografia di Venezia.
Ingresso 2x1 riservato ai clienti Trenitalia muniti di biglietto per Frecce o Intercity con destinazione Milano, in una data antecedente al massimo di tre giorni da quella in cui si intende visitare la mostra. Tariffa ridotta sul biglietto singolo per chi è in possesso di un ticket Frecce o Intercity sempre per Milano e per gli abbonati regionali. mostrahelmutnewton.it palazzorealemilano.it
IN CONVENZIONE ANCHE I MACCHIAIOLI
Fino al 16 aprile al Museo Revoltella, Trieste museorevoltella.it
MUSEO NAZIONALE DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA DI MILANO museoscienza.org
UTAMARO, HOKUSAI, HIROSHIGE
Fino al 25 giugno alla Società promotrice delle Belle arti, Torino hokusaitorino.it
BILL VIOLA
Fino al 25 giugno a Palazzo Reale, Milano palazzorealemilano.it | arthemisia.it
LEE MILLER - MAN RAY
Fino al 10 aprile a Palazzo Franchetti, Venezia leemillermanray.it
FRIDA KAHLO E DIEGO RIVERA
Fino al 4 giugno al Centro culturale Altinate San Gaetano, Padova mostrafridapadova.it
JAGO, BANKSY, TVBOY
Fino al 7 maggio a Palazzo Albergati, Bologna palazzoalbergati.com
ESCHER
Fino al 7 maggio al Museo degli innocenti, Firenze museodeglinnocenti.it | arthemisia.it
REACHING FOR THE STARS
Fino al 18 giugno a Palazzo Strozzi, Firenze palazzostrozzi.org
FONDAZIONE FRANCO ZEFFIRELLI DI FIRENZE fondazionefrancozeffirelli.com
VAN GOGH
Fino al 7 maggio a Palazzo Bonaparte, Roma mostrapalazzobonaparte.it
ARTE LIBERATA
Una selezione di oltre cento capolavori salvati durante la Seconda guerra mondiale è in mostra, fino al 10 aprile, alle Scuderie del Quirinale di Roma. Ingresso 2x1 riservato ai soci Carta FRECCIA muniti di biglietto per Frecce o Intercity con destinazione Roma, in una data antecedente al massimo di due giorni da quella in cui si intende visitare la mostra. Tariffa ridotta sul biglietto singolo per chi è in possesso di un ticket Frecce o Intercity, sempre per Roma, e per gli abbonati regionali. scuderiequirinale.it
Hans Holbein il Giovane Ritratto di Enrico VIII (1540)
Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica
MUSEO CIVICO GAETANO FILANGIERI DI NAPOLI filangierimuseo.it
Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com.
Cartina aggiornata al 27 marzo 2023
Velocità max 400 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 8 carrozze Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 | WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 500
Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze
4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 700
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 497 WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 600
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 485
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA ETR 460
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze
Classi 1^ e 2^ | Posti 479 | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA
ETR 1000
IN TRENO CON DANTE
SULLA STORICA FERROVIA FAENTINA, ATTRAVERSO L’APPENNINO
TOSCO-EMILIANO, PER SCOPRIRE I LUOGHI CARI AL SOMMO POETA
Il Treno di Dante torna a percorrere la storica ferrovia Faentina.
L’itinerario che attraversa i luoghi significativi della vita del Sommo Poeta, inaugurato nel 2021 in occasione dei 700 anni dalla sua morte, si arricchisce ora di due tappe: Ferrara e Bologna. L’appuntamento è per tutti i fine settimana, dall’8 aprile al 4 giugno.
Il panorama dell’entroterra tosco-emiliano è incorniciato dai finestrini
delle mitiche carrozze Centoporte, lungo i binari da Firenze a Ravenna, passando per Borgo San Lorenzo, Marradi, Brisighella e Faenza. Secondo le ricostruzioni storiche, un ramo della nobile famiglia ferrarese
Aldighieri – che poi divenne Alighieri – si spostò a Firenze nell’XI secolo, dando origine alla stirpe. Ancora più tangibile è la presenza del Poeta a Bologna, dove trascorse diversi periodi della vita, tanto che la città
felsinea è spesso citata nella sua produzione letteraria. Il percorso tra storia e cultura sul treno della Fondazione FS Italiane accompagna i passeggeri anche attraverso i luoghi dell’esperienza militare di Dante ventenne, nell’epoca turbolenta dei conflitti tra guelfi bianchi e neri. Per un viaggio all’insegna della conoscenza.
fondazionefs.it
fondazionefsitaliane
L’ ESTASI DEL CANNOLO
Non sono pochi a pensare che il cannolo siciliano dovrebbe essere dichiarato Patrimonio dell’Umanità. Di eredità araba, se ne hanno testimonianze storiche almeno dal XVII secolo. Si tratta di un mistero rivelato, una categoria mistica della conoscenza del mondo reale. La sua fragranza viene conservata dai pasticceri più accorti farcendolo con la ricotta dolce solo
all’ultimo minuto o ricoprendo di cioccolato l’interno del cannolo perché non venga inumidito dal ripieno.
È questo, infatti, che fa la differenza fra un cannolo verace e uno industriale. Non a caso nelle migliori pasticcerie la pasta fritta cilindrica che deve ospitare la ricotta viene tenuta in bella vista assolutamente vuota, per far capire che lì sanno come si fa. Il cannolo è un rito religioso che
non può prescindere dalla fragranza croccante della pasta: il fatto che venga ammorbidita dal contatto prolungato con la ricotta squalifica il pasticcere e non vi consegna interamente l’atmosfera siciliana. Tentare di limitare il numero di quelli che si vuole mangiare è ingiusto, prima che inutile: non ci deve essere alcuna limitazione, sarebbe come porre un freno all’estasi.
LA FAVOLA DELLA VITA
Davanti ai cancelli delle favole chi aspetta il suo turno per essere amata ha tutto il tempo di avere paura
ogni petalo è un mostro che ha tenuto per mano
coi fiori sugli occhi la testa a punta e molti animali randagi nelle vene tu sai che sono una bambina
La vita è forse una lenta disillusione dalle favole? Questo ci è dato scoprire in aprile, il mese che T.S. Eliot definisce «il più crudele dei mesi»? Crudele perché, da un lato, fa sentire tutta la potente promessa della vita e, dall’altro, ci offre pure un brivido, un timore che tale fioritura sia vana, inutile, solo destinata a sfiorire.
O forse anche le favole, come suggerisce questa bella poesia di Eva Laudace, sono luoghi in cui incontriamo i nostri drammi più profondi, i dissidi e i rischi, solamente rappresentati in modo più sognante? In ogni donna esiste una bambina che attende di essere amata, mentre ha «molti animali randagi nelle vene»? Che grande mistero, che grande favola l’esistenza umana, delicatis-
sima e pregiata come una figura favolosa. Ci sono mostri, ci sono cancelli, ci sono rischi che dobbiamo attraversare, avventure dove si rischia di perdersi. Le favole sono la nostra minima e profonda mitologia. E anche le poesie mettono in scena il rischio profondo di vivere, cioè di perdere se stessi, di mancare l’amore. Di non entrare nella vera favola bella che ci aspetta.
PRIMA DI SCENDERE
FOTO DEL MESE di Irene Marrapodi
Poco più di 200 metri separano dalla costa il Museo commemorativo dello tsunami a Iwate, in Giappone. Eppure, dal suo ingresso è impossibile vedere l’Oceano Pacifico. Dopo il grande maremoto del 2011, infatti, il Paese ha deciso di innalzare dei muri protettivi lungo le sue coste nord-occidentali: i bōchōtei che etimologicamente richiama il significato di protezione dal mare, è stata scelta come titolo della mostra ospitata fino al 14 maggio al Museo delle mura, a Roma. Il fotografo Enrico Graziani racconta in 42 scatti l’impatto architettonico che le possenti costruzioni hanno avuto sulle zone costiere, denunciando il malcontento di chi lamenta un peggioramento nella qualità della vita. Nonostante le enormi dighe proteggano gli abitanti e le loro attività commerciali dalle potenziali minacce del mare, il paesaggio è stato completamente deturpato, alcuni habitat naturali sono andati distrutti e il turismo risulta danneggiato. Molti cittadini, inoltre, si sentono menomati per la separazione forzata dal mare, prima parte integrante della loro quotidianità. Bōchōtei - Vite all’ombra del muro è una testimonianza imparziale di un cambiamento ambientale forzato e delle sue conseguenze. Ma anche una riflessione sul profondo legame tra persone e paesaggio, su come la protezione da un pericolo possa implicare la rinuncia a una porzione fondamentale della propria essenza. museodellemuraroma.it