Feltrino News n. 5/2022 Maggio

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Delitti, castighi ed evasioni di Alvise Tommaseo

Celebri evasioni da PAPILLON a CASANOVA

C

arcerati e galeotti, colpevoli o innocenti che siano, per un evidente istinto naturale, da sempre aspirano alla riconquista della libertà perduta. In molti attendono pazientemente l’agognata scarcerazione dopo avere scontato la pena, altri sperano di uscire anticipatamente grazie a qualche indulto o amnistia; i più audaci e spregiudicati aspirano di farsi un baffo della legge e dei secondini architettando la fuga. Molteplici sono state, nel corso dei secoli, le tecniche studiate e poi messe in pratica per il successo dell’evasione. Fantasiosi ed ingegnosi gli strumenti impiegati che sono andati dall’uso di lenzuola, allo scavo di tunnel, al taglio delle inferiate, ai fori nei muri e, perfino, allo spargimento sui sistemi di allarme del burro di arachidi. Ma spesso la soluzione più semplice, e meno pericolosa, è stata la corruzione dei carcerieri; il denaro, è cosa risaputa, da sempre, alletta l’indole umana e ciò in tutti in continenti e a tutte le latitudini. In ogni caso, per il successo della fuga dal carcere ci vuole anche una consistente dose di fortuna e di buona sorte. Tra le evasioni più celebri va sicuramente annoverata quella di Jack Sheppard, un

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ladro britannico, morto per impiccagione nel 1724, alla giovanissima età di 22 anni. Nella sua brevissima vita era riuscito a fuggire dalle carceri inglesi ben quattro volte, ma la quinta cattura gli fu fatale. Ai tempi della guerra civile americana, precisamente nel 1864, nello stato della Virginia, è passata alla storia una fuga di massa, che vide per protagonista un centinaio di detenuti. Riuscirono a conquistare la libertà strisciando nelle fognature infestate da grossi ratti, che si arrampicavano insistentemente sui loro corpi per poi scorrazzare indisturbati sulla schiena e sui capelli dei fuggiaschi. Il francese Henri Charriere, noto come Papillon per il tatuaggio di una farfalla che aveva impresso sul petto, fu arrestato nel 1831 per un omicidio di cui lui, però, si proclamò sempre innocente. Finì per questo in una colonia penale nella lontanissima isola del Diavolo, al largo della Guyana francese. Tentò molte volte la fuga ed alla fine centrò l’obiettivo. Grazie ad una barca, costruita con le noci di cocco, raggiunse, dopo una lunga ed avventurosa navigazione, le coste del Venezuela, nazione che non aveva sottoscritto con la Francia alcun tratta-

to di estradizione. E come non menzionare l’evasione effettuata, nel 1962, da tre detenuti da Alcatraz, la prigione più famosa del mondo. Frank Morris ed i fratelli John e Clarence Anglin, tutti e tre pericolosi rapinatori, fuggirono dai condotti di areazione dello stabilimento penitenziario dopo avere collocato, tra le coperte dei loro letti, alcune teste di legno da loro perfettamente scolpite. Non riuscirono, però, a festeggiare la loro impresa perché sembra siano annegati nelle acque della baia di San Fransisco, che si trova a due chilometri di oceano da Alcatraz. Successo pieno ebbe, invece, la mitica evasione messa in atto due secoli prima da Giacomo Casanova che, nella notte tra il 31 ottobre ed il 1° novembre 1756, riuscì incredibilmente a lasciare la cella dove, da poco più di un anno, si trovava rinchiuso nella prigione dei “Piombi”, struttura penitenziaria ricavata nel sottotetto del Palazzo Ducale di Venezia, fino ad allora considerata inviolabile. Casanova era nato, nella città lagunare, nel 1725, figlio di un attore – ballerino parmigiano, di remote origini spagnole e di un’attrice veneziana. Ebbe una vita


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