Feltrino News n. 10/2021 Settembre

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L'artista di altri tempi di Alice Vettorata

CAMILLE CLAUDEL

Il pensatore”. Titolo dell’imponente statua in bronzo rappresentante un uomo seduto, con il volto appoggiato stancamente su una mano, raccolto in sé stesso. Un’opera che divenne icona di un nuovo stile scultoreo nato a fine ‘800 grazie ad Auguste Rodin, la quale viene ancor’oggi spesso associata alla branca di studi della filosofia. Una figura che rappresenta in modo intenso l'introspezione che può attuare un essere umano, la riflessione profonda di chi indaga nella propria personalità, estraniandosi dal mondo che lo circonda per comprendersi al meglio. Questi sono alcuni tratti salienti di un bronzo che ha fatto la storia dell’arte, e non solo. Permettono anche di comprendere stati d’animo che ognuno di noi può provare nella propria vita, ai

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quali però ciascun individuo può reagire in modo differente. Camille Claudel ad esempio, fu una di quelle persone che reagì in modo più doloroso a questi tentativi di comprensione di sé stessi, causa legami affettivi e dinamiche lavorative complesse da elaborare e gestire. Già da bambina giocava con ciò che in futuro sarebbe divenuto la sua professione, anche se oscurata dalla celebrità altrui, modellando l’argilla. Camille, dopo aver trascorso un’adolescenza dedita alla lavorazione della creta si trasferì con la famiglia a Parigi, luogo nel quale venne seguita nel suo percorso formativo dal maestro Alfred Boucher, nonostante le rimostranze materne che la intimavano di non proseguire la carriera da artista. Professione che non si addiceva ad una ragazza appartenente a una famiglia borghese di fine ‘800. Fortunatamente però trovò supporto da parte del padre e del fratello Paul, noto diplomatico, i quali sovvenzionarono i suoi studi a Parigi e a Roma, certi del suo talento, abituati a vedersi presi come modelli e ritratti nelle piccole sculture della ragazza. Nonostante la memoria collettiva leghi indissolubilmente la Claudel con la figura di Auguste Rodin in quanto suo Maestro, ciò non è completamente corretto, e a breve capiremo il motivo di quest’affermazione data dagli storici dell’arte. Abbiamo citato Boucher, primo

insegnante della ragazza, la quale conobbe solo successivamente Rodin, lavorando nel suo studio e divenendo sua amante. Quest’ultima condizione però non fu quella che, come spesso siamo facilmente indotti a credere, le causò sofferenze tali da farla vivere presso la struttura psichiatrica di Montfavet. Ciò che la fece crollare dal punto di vista psicologico furono gli abbandoni, il distacco della madre e sì, anche il legame con Rodin, ma quello lavorativo. Le sculture che oggi possiamo ammirare e che sono state attribuite a Camille Claudel sono poche rispetto alla mole di lavoro che i suoi conoscenti le hanno visto modellare durante le

loro visite in studio. Indizio del fatto che la sua collaborazione non si limitava a pochi dettagli, come potrebbe fare un allievo in una bottega di un artista, bensì alla creazione di parti estese dei bronzi di Rodin. Esattamente, di Rodin. Noi vediamo la sua firma incisa nelle creazioni, ma non quella della Claudel. Le poche opere superstiti interamente e


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