Il senso religioso di Franco Zadra
E le stelle stanno a guardare... Come di solito evitiamo le domande fondamentali Il nesso più vitale e profondo del senso religioso con la nostra esistenza, e con l’esistenza tout court, è rivelato a chi s’impegna nel considerare la realtà tenendo conto di tutti i fattori in gioco, facendosi carico di un confronto aperto con la realtà tutta intera, così come le circostanze la presentano in ogni istante. Una faccenda semplice a prima vista, che richiede però la massima trasparenza nello smascherare quelle che sono invece posizioni irragionevoli, alibi che di volta in volta costruiamo per sfuggire a quel confronto.
È
irragionevole, ci ricorda don Giussani nel sesto capitolo del suo “Il senso religioso”, «una posizione che pretenda spiegare un fenomeno in modo non adeguato a tutti i fattori implicati». Il meccanismo di rimozione, di occultamento, di negazione, o più banalmente, di svuotamento della domanda di senso, è senz’altro molto subdolo quanto corrente nel nostro quotidiano, però può essere rivelato non solo nei macro fenomeni, nei disastri e fallimenti che segnano fatalmente i nostri rapporti, ma anche nel più piccolo dettaglio, una battuta fortuita che ci capita, sembrerebbe, per caso. Mentre mi accingevo a redigere questo articolo, ho dato prima una veloce occhiata allo smartphone che subito mi indicava una telefonata in ingresso alla quale non avevo risposto, registrata da quello che ormai è una seconda pelle, un potentissimo computer, un paio di ore prima. Non avendo quel numero in rubrica, lo richiamo meccanicamente con l’intento di corrispondere a quella che sembrava una richiesta da parte di qualcuno. Dall’altra parte della linea, una voce di donna mi dice seccata: «io non ho chiamato questo numero, buonasera!», e riattacca senza attendere replica. Da parte mia ho subito
bloccato quel numero per evitare che mi richiamasse. Un fatto insignificante che vi starete chiedendo come possa trovare spazio in questa pagina o richiedere solamente il tempo della vostra lettura. A me però ha subito messo di fronte alla durezza potenziale, la insensatezza, e la capacità distruttiva che ci portiamo in giro nei nostri rapporti quotidiani, come una bomba pronta a esplodere. È un attimo dimenticare che chi ci sta parlando, la persona che incontriamo anche per caso e ci rivolge un saluto, è un essere umano. Come il più scafato dei nazisti, siamo
capaci di liquidarlo senza ripensamenti, farlo scomparire dal nostro orizzonte per non pensarci mai più. Dimenticare o rinnegare qualcosa, pur costretti dalla logica della nostra lettura parziale delle circostanze, è però un errore non da poco, un atteggiamento che definisce statisticamente l’atteggiamento almeno pratico dei più. Siamo umani, ovviamente, e non possiamo mai essere sicuri di niente, ma proprio per questo è necessario che sappiamo aprirci a quel fattore (che esiste!) che trascenda l’umano e ci permetta di far “essere” i nostri rapporti, perché occorre una ragione vera per il rapporto, una ragione che possa connetterlo con il tutto. Riconoscere questo Tutto e scoprirci innestati in Lui, è la grande conquista della vita di chiunque, l’Unico successo auspicabile. Varrebbe la pena rileggere “E le stelle stanno a guardare” (The Stars Look Down), il famoso romanzo di Joseph Cronin, per cogliere quel meccanismo implacabile, come spiega bene Giussani, della «natura che abbandona anch’essa, arida, insensibile, l’uomo nella solitudine totale, quando l’uomo stesso lasci cadere, in qualunque modo, la spinta al mistero, cui le domande costitutive del suo cuore lo sospingono autorevolmente».
augana
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