EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVII N. 6 • Giugno 2022
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6/22 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23/10/1985 – ISSN 0394-2910 Iscritta nel ROC – Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005 Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Stampa
Ufficio stampa e Media Partner
Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (UNICARVE) – Gianni Mozzoni (LEGACOOP) – Manrico Murzi – François Tomei (ASSOCARNI) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata Euro Annuario Carne
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Eurocarni, 6/22
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EUROCARNI
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La prima rivista veramente europea
A pagina 136. In questo numero:
Immagini
Hamburger 4.0 di Centro Carne
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Tendenze
Bio, grafica e visione comunicativa (e di prodotto)
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Naturalmente carnivoro
Candido Passamonti e Riccardo Lagorio
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Le storie di Beppe Romeo La carnicería creativa di Alberto Salto
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Diamo i numeri
L’85,6% degli Italiani non vuole cibi e carni prodotti in laboratorio
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Attualità
Il benessere in etichetta: come si comunica l’animal welfare
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Filiera carne, scenari e prospettive
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La carne in rete
Eurocarni, 6/22 1/21
Social meat
Elena Benedetti
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Speciale Cibus
Cibus 2022 si conferma la piattaforma permanente dell’agroalimentare italiano
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Aziende
Fattoria ai Capitani: la Piemontese come stile di vita
Gian Omar Bison
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Riserva Bervini, l’esperienza di una vita intera
Elena Benedetti
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Il ritorno del Re: Sua Maestà il Bisonte
Massimiliano Gatti 68
Maturmeat® e Cuomo Method® fonte di garanzia a tutela della salute del consumatore
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Roast beef ai sapori d’Irlanda dello chef Simone Rugiati
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Comunicare la carne
La comunicazione delle pratiche di sostenibilità nella filiera della carne e dei salumi
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Tutto il biologico, oggi
Biologico, gli acquisti alimentari delle famiglie
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Fiere
MarcabyBolognaFiere riparte con una grande edizione!
86
Meat franchising
Wagamama, nuovo locale all’interno del Bicocca Village
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Macellerie d’Italia
Gaidolfi Carni, macelleria e Beef Bar con degustazione di Wagyu piacentino
Federica Cornia
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EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVII N. 6 • Giugno 2022
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A pagina 106. In copertina: la carne bovina protagonista delle fiere di maggio (photo © Lisovskaya Natalia).
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Belle Botteghe
Salami morbidi e ricette identitarie
Riccardo Lagorio
102
La Qualità
Il Cordero Segureño IGP
Riccardo Lagorio
104
Prodotti tipici
I prodotti delle Podoliche
Andrea Gaddini
106
Muschiska, condensato di transumanza
Roberto Villa
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Un po’ di Ucraina anche a tavola con l’IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale
Andrea Fioroni
116
Sambucana, Frabosana-Roaschina e Garessina, la loro tutela, il nostro dovere
Riccardo Lagorio
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Razze
A pagina 36.
A pagina 68. A pagina 76. www.eurocarni-online.com 10
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A pagina 72.
A pagina 86. A pagina 98.
Convegni
Tecnologie
Statistiche
Si parla di PSA, allevatori e veterinari riempiono la sala
Anna Mossini
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Bilanci e prospettive delle carni suine e dei salumi in Italia
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L’ERP CSB-System rafforza la resilienza e la competitività delle aziende alimentari
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Marel: trasformare il taglio-porzioni attraverso innovazioni connesse
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Macellazione del bestiame a carni bianche anno 2021 ANAS: i numeri della suinicoltura italiana nel 2021
Aurora De Santis
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RAPPRESENTANTE ESCLUSIVO PER L’ITALIA
IMMAGINI
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Opperaa dei foornittorri di carrne bellga Cosa rende la carne belga un’opera d’arte? È il connubio unico tra la carne fresca e una triade vincente: massimo rendimento, efficienza e flessibilità del servizio. Ecco in cosa eccellono i fornitori di carne belga. Ne vuoi un assaggio?
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TENDENZE
Bio, grafica e visione comunicativa (e di prodotto)
Viviamo in un mondo e in un tempo in cui la comunicazione visiva riveste il ruolo di principale alternativa alla comunicazione testuale. L’elemento grafico fa la differenza, in quanto potente strumento che va dritto all’obiettivo: cattura l’attenzione, diverte, incuriosisce. Se poi è abbinato ad un brand il risultato è assicurato. Lo sanno bene i titolari di Ecològica de los Pirineos SL – Roia, produttori di carne bio di Lleida, Spagna, che con il loro sito, ecologicadelospirineos.com, hanno fatto un vero capolavoro! Perché tutti son bravi a dire che fatto buoni prodotti nel rispetto dell’ambiente e del benessere animale. Ma servono idee e creatività per sviluppare pack e una visione che vada dritta al consumatore. • A pag. 82 si fa il punto sugli acquisti di prodotti bio nel consumo alimentare (photo © ecologicadelospirineos.com).
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NATURALMENTE CARNIVORO
Era il 1956 quando Candido Passamonti, di ritorno dall’Australia, dove si era fermato qualche anno in cerca di fortuna, aprì un piccolo laboratorio di trasformazione di carne. Dove? Nelle Marche, a Monte Vidon Combatte (FM), piccolissimo borgo medievale del Fermano. E ancora oggi lì, tra l’Adriatico e i Sibillini, i nipoti Candido (qui in foto con il giornalista altrettanto “Naturalmente carnivoro” Riccardo Lagorio) e Clotilde sono i prosecutori di una saga familiare dove i salumi vengono realizzati con metodi tradizionali, carni locali e senza l’uso di conservanti. Nelle terre del ciauscolo, i Passamonti producono il salame morbido, anche in vasetto, la coppa di testa marchigiana, salami lardellati e il salame di fegato, il salame arricchito da semi d’anice dal vicino borgo di Castignano e peperoncino e un prosciutto stagionato per un minimo di 18 mesi con un delicato sentore di affumicato. Infine, ad Ancarano, all’interno di una ex tartufaia, hanno iniziato l’allevamento del suino Nero d’Abruzzo, cresciuto allo stato semibrado. Passamonti – Salumieri dal 1956 è un indirizzo che va tenuto in buon conto se si passa da queste parti: ce ne parla Riccardo Lagorio a pagina 102 (photo © www.facebook.com/passamontisalumi).
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LE STORIE DI BEPPE ROMEO
Durano solo 24 ore e sono una via di mezzo tra un diario di bordo e un flusso di coscienza. Le storie su Instagram sono un potente strumento di condivisione e racconto e, quando viene usato bene, crea dipendenza. Come le storie di Beppe Romeo (@bepperomeoo), meat influencer e ambassador di @worldbeststeakrestaurants, che da questo numero cattureremo ogni mese in un’immagine per noi forte e significativa delle sue scorribande carnivore in giro per il mondo. Qui Beppe era a Madrid a El As de la Carnes (elasdelascarnes.com), la stupenda carnicería creativa di Alberto Salto aperta nel dicembre del 2016 e oggi punto di riferimento per gli amanti delle carni. Qui nella foto uno scatto nella lavorazione degli “hamburger-AS ripieni-AS”, una ricetta che propone un mix tra il ripieno dei cachopos tipici delle Asturie e i burger (photo © facebook.com/romeo.giuseppe.121).
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DIAMO I NUMERI
85,6% A favore della tradizione: alla luce del recente rapporto Censis, l’85,6% degli Italiani intervistati dichiara di non volere cibi e carni prodotti in laboratorio, ma da agricoltura e allevamenti tradizionali. Altra alternativa che non convince sono gli insetti, con l’83,9% che non è disposto a mangiarli. A pagina 30 un servizio sulla presentazione degli scenari e delle prospettive della “Filiera carne” da parte di UNAItalia e ASS.I.CA.
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ATTUALITÀ
Il benessere in etichetta: come si comunica l’animal welfare La DGSante ha pubblicato un report sull’etichettatura relativa al benessere animale. Condotta tra aprile 2021 e febbraio 2022, l’indagine ha riguardato 51 schemi dei diversi Stati Membri
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L
a Commissione europea (Direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare, DGSante) ha analizzato 51 schemi di etichettatura del benessere animale, provenienti prevalentemente da filiere private, valutandone l’impatto sui consumatori e sul mercato e sugli stessi animali. Il tutto è stato pubblicato in un report, “Study on animal welfare labelling”, disponibile in lingua inglese, francese e tedesca sul sito ufficiale dell’UE1. La DGSante ha avviato il monitoraggio ad aprile del 2021, raccogliendo i dati degli
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schemi di etichettatura presenti negli Stati Membri dell’UE, nel Regno Unito e in Svizzera, 17 dei quali con informazioni sul metodo biologico. La ricognizione ha tenuto conto anche dei controlli previsti e dell’impatto sul benessere animale e sull’ampliamento del mercato. L’Italia, con la Germania e l’Olanda, è fra i Paesi che hanno solo recentemente avviato schemi di etichettatura per iniziativa di istituzioni pubbliche, ma, non essendo ancora operative, non sono state considerate dallo studio.
La consapevolezza dei consumatori e la necessità di informazioni Che cosa è emerso dall’indagine? Innanzitutto che i consumatori dell’UE hanno un basso livello di consapevolezza riguardo alle condizioni degli animali d’allevamento. Secondo il sondaggio, quasi la metà dei consumatori dell’UE vorrebbe ricevere maggiori informazioni sulle condizioni di macellazione (40%, n. 9.306), alimentazione adeguata (40%), accesso agli spazi aperti (35%) e condizioni gene-
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Secondo i risultati dello studio, i consumatori dell’UE hanno un basso livello di consapevolezza riguardo alle condizioni in cui gli animali d’allevamento sono tenuti. In tutti gli Stati Membri, però, i gruppi di età più giovani e le donne hanno mostrato il massimo interesse per l’introduzione di un sistema di etichettatura sul benessere degli animali. rali (28%). Interessante anche il fatto che le condizioni di trasporto siano risultate di minore interesse nonostante il loro grande impatto sul benessere. Due terzi dei consumatori dell’UE è consapevole che le informazioni a propria disposizione non siano sufficienti per compiere scelte informate sull’animal welfare. Da sottolineare anche il fatto che i consumatori europei interpellati hanno ricevuto informazioni su questi argomenti dai media tradizionali e non attraverso le etichette degli alimenti. Infine, se dovesse essere introdotta un’etichetta, la maggior parte dei consumatori ne preferirebbe una che si applica a tutti i prodotti di origine animale. In termini di differenze per Stato Membro o di caratteristiche socio-demografiche, è emerso che i consumatori degli Stati Membri del Nord Europa e Europa occidentale hanno un livello di consapevolezza dell’allevamento leggermente superiore rispetto a quelli degli Stati Membri del Sud ed Est. Al contrario, la domanda di informazioni sulle
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questioni relative al benessere degli animali è distribuita uniformemente in tutta l’UE. Infine, in tutti gli Stati Membri, i gruppi di età più giovani e le donne hanno mostrato il massimo interesse per l’introduzione di un sistema di etichettatura relativo al benessere degli animali. Disponibilità a pagare di più I consumatori si sono detti disposti a pagare un prezzo più alto per prodotti che dimostrino di provenire da filiere che tutelano il benessere degli animali rispetto ad un prodotto standard. Tuttavia, la maggioranza non sarebbe disposta a pagare un prezzo più alto di quello che paga oggi per i prodotti del settore bio.
Caratteristiche di un sistema di etichettatura I consumatori interpellati hanno dichiarato che il loro grado di fiducia sull’etichetta sarebbe maggiore se lo schema di etichettatura fosse gestito da ONG o da autorità pubbliche europee, piuttosto che da autorità pubbliche nazionali o da operatori del settore alimentare. L’indagine ha inoltre mostrato che i consumatori risponderebbero probabilmente positivamente a qualsiasi futura iniziativa di etichettatura che copra più di una specie animale (ad es. pollame, bovino, suino), diversi sistemi di produzione (ad es. free-range, biologico) e ampia copertura della filiera produttiva
Nel contesto della strategia Farm to Fork, potrà essere l’Unione Europea, attraverso iniziative della Commissione, a dare un valore aggiunto al benessere degli animali e a farne comprendere meglio l’importanza lungo tutta la catena alimentare. C’è una forte domanda al consumo oggi non soddisfatta e una chiara esigenza di semplificazione degli attuali sistemi di etichettatura
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Il pack del Filet d’Ardenne dell’azienda belga Marcassou con il marchio “Le cochon bien-être”, risultato di una collaborazione con tutta la filiera. Per quanto riguarda la modalità di ricezione di informazioni sul benessere degli animale attraverso uno schema di etichettatura, solo una minoranza di consumatori ha espresso interesse per il canale digitale (QR-code e/o sito web), preferendo la classica etichetta con logo e testo (photo © sillonbelge.be). (ad es. compresa la macellazione). Per quanto riguarda la “modalità” di ricezione delle informazioni, la maggioranza dei consumatori dell’UE preferirebbe un’etichetta vera e propria (testo+logo), mentre soltanto una minoranza ha espresso interesse per il canale digitale (QRcode e/o sito web). In termini del necessario sistema di controlli che dovrebbe essere alla base di un sistema di etichettatura del benessere, la letteratura indica che uno schema che includa un mix di controlli pubblici e audit privati è più efficace. Ciò significa che un sistema può fornire un’ampia copertura (tramite revisori di terze parti) e affidabilità (da parte delle istituzioni pubbliche) combinando audit e controlli svolti da revisori di terze parti (per garantire l’indipendenza), insieme a audit interni e controlli da parte delle istituzioni pubbliche. Gli attuali schemi di etichettatura del benessere animale: caratteristiche e problemi L’indagine della DGSante ha rilevato che i sistemi esistenti con-
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tribuiscono a creare distorsioni in termini di concorrenza tra i produttori che commercializzano in più Stati dell’UE a causa della diversità di parametri utilizzati nella valutazione del benessere e dei differenti costi associati che impediscono una competizione su basi uniformi. L’esistenza di molteplici schemi di etichettatura del benessere ha contribuito a creare confusione nei consumatori, che interpretano erroneamente etichette visivamente simili o hanno difficoltà a confrontare prodotti con etichette diverse ma che utilizzano linguaggi e terminologia similare. L’analisi ha mostrato anche che gli attuali schemi di etichettatura del benessere degli animali sono stati un fattore che ha contribuito a una “rinazionalizzazione” di alcuni segmenti del mercato. Lo studio ha infatti rilevato che i regimi esistenti con indicazioni sul benessere spesso includono indicazioni sull’origine nazionale del prodotto (attraverso simboli e colori). Infine, l’influenza dei rivenditori nella filiera di approvvigionamento potrebbe avere
un impatto negativo sui produttori che allevano gli animali secondo standard di benessere più elevati. Questo perché i rivenditori potrebbero decidere di enfatizzare il rispetto del benessere animale di alcuni prodotti con standard medio-bassi di benessere animale come strumento di marketing, spinti dalla combinazione della concorrenza a livello di prezzo con altri rivenditori e dalla convinzione che è improbabile che i consumatori paghino di più per più alti standard di benessere. Conclusioni La generale mancanza di informazioni specifiche dei consumatori, nonostante il loro livello di preoccupazione e la domanda esistente, suggerisce che sarebbero necessarie campagne educative, le quali contribuirebbero anche ad aumentare l’impatto di qualsiasi tipo di intervento, accrescendo la consapevolezza e la motivazione degli acquirenti. L’indagine sulla dimensione economica dei sistemi di etichettatura del benessere degli
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Secondo la DGSante è difficile valutare con precisione in che misura i sistemi di etichettatura sul benessere portino un miglioramento significativo nella vita degli animali, a causa dell’assenza di una chiara baseline, di un monitoraggio limitato e dell’assenza di valutazioni. Stabilire un collegamento chiaro e diretto tra i miglioramenti del benessere degli animali e gli schemi di etichettatura è quindi stato impegnativo (photo © RSPCA Assured). animali evidenzia la complessità delle questioni relative a costi e ricavi degli operatori e alla disponibilità a pagare dei consumatori. L’analisi dei differenziali di prezzo al consumo tra prodotti etichettati e prodotti convenzionali (senza indicazioni sul benessere degli animali) mostra che il prezzo è generalmente, sebbene non sempre, più elevato per i prodotti con indicazioni sul benessere degli animali. La differenza di prezzo all’interno di un campione di prodotti varia da nessuna al 94%. Inoltre, i prodotti biologici (usati come confronto in quanto forniscono anche un maggiore benessere degli animali) mostrano sempre un sovrapprezzo
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rispetto ai prodotti convenzionali. I fattori che determinano queste differenze sono molteplici e sembrano svolgere un ruolo minore rispetto ad altri fattori, come la domanda, se i prodotti vengono trasformati o meno e le strategie di prezzo dei rivenditori. Esistono grandi variazioni tra Paesi, settori e categorie di prodotto. Le dinamiche della catena di approvvigionamento e le strategie di prezzo significano che guadagni e perdite non sono distribuiti equamente tra gli attori della catena di approvvigionamento. Vi è una notevole incertezza sulle specificità della distribuzione del valore, in particolare nelle fasi di trasformazione
e vendita al dettaglio. Ciò ha a che fare col modo in cui i sottoprodotti vengono generati e quindi prezzati dai trasformatori, il modo in cui i rivenditori recuperano i margini persi su alcune categorie di prodotto aumentandoli su altre categorie e la gamma di costi sostenuti dagli operatori stessi. Gli agricoltori tendono a essere ricompensati per i maggiori costi di produzione, ma non è chiaro se tale compensazione sia sufficiente per consentire loro di realizzare un profitto maggiore rispetto ai prodotti non etichettati. I trasformatori, al contrario, hanno l’opportunità di ricavare margini aggiungendo valore al prodotto, e ciò avviene in particolare in relazione ai sottoprodotti (in particolare per i prodotti lattiero-caseari) ma anche generando diversi tagli per la carne, che poi vengono venduti a sovrapprezzo a rivenditori. I dettaglianti sembrano beneficiare maggiormente dei prezzi più elevati pagati dai consumatori per prodotti con maggiore benessere. Se un’iniziativa a livello dell’UE venisse attuata su questo argomento, il suo impatto sul prezzo al consumo dipenderebbe in gran parte dalla struttura dei prezzi esistente in ciascun Paese, dalle strategie di prezzo nelle catene di approvvigionamento, dalla linea di base delle pratiche di benessere degli animali in quei Paesi e dagli standard di benessere degli animali richiesti. Allo stesso modo, l’impatto di qualsiasi iniziativa di etichettatura sulla distribuzione del valore dipenderebbe dal modo in cui opera ciascuna catena di approvvigionamento. Entrambi variano ampiamente tra i settori, i prodotti e gli Stati Membri, in funzione del tipo di rapporto fornitore-acquirente e della misura in cui i produttori sono organizzati o meno per raggiungere il potere contrattuale. Non rientrava nell’ambito del presente studio effettuare un’analisi di questi fattori. Il modo in cui i consumatori risponderebbero a prezzi più elevati è un’altra questione. L’evidenza suggerisce che i consumatori che dichiarano che prenderebbero in considerazione il benessere degli
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animali quando fanno acquisti non sono sempre disposti a pagare un prezzo più alto per prodotti a maggiore benessere. Chi lo è, pagherebbe un premio non super ore a quello dei prodotti biologici. Tuttavia, la disponibilità a pagare aumenta se i consumatori sono informati sulle condizioni dell’allevamento e se ritengono che un prodotto sia di qualità superiore. Pertanto, oltre a soluzioni testate in alcune catene di approvvigionamento per mantenere al minimo gli aumenti di prezzo, esistono soluzioni di marketing per aumentare la disponibilità dei consumatori a pagare per prodotti a maggiore benessere. Questo studio fornisce informazioni limitate sull’entità dell’impatto che un’iniziativa dell’UE sull’etichettatura del benessere avrebbe sull’effettivo benessere degli animali d’allevamento. Tuttavia, osservazioni generali mostrano che una percentuale significativa dei sistemi di etichettatura esistenti in Europa copre l’intera durata della
vita degli animali, incorporando standard per il benessere in azienda, durante il trasporto e la macellazione. Pertanto, esistono precedenti per la potenziale introduzione di uno schema a livello dell’UE che copra tutte le fasi. Allo stesso modo, lo stato dei lavori indica che esistono precedenti da cui attingere per tutte le principali specie allevate nell’UE, nonché un’ampia varietà di sistemi di produzione, poiché i 51 schemi di etichettatura documentati in questo studio coprono le varie specie e tipi di allevamento di produzione nell’UE. Inoltre, la maggior parte degli schemi esaminati include requisiti che vanno oltre la legislazione esistente e utilizzano revisori di terze parti per i controlli. Certamente si può affermare che un sistema di etichettatura relativo al benessere animale potrebbe contribuire ad una migliore conformità alla legislazione sul benessere, introducendo controlli aggiuntivi rispetto a quelli effettuati dalle
autorità nazionali competenti. I regimi con un approccio multilivello fisserebbero il loro livello più basso solo marginalmente al di sopra della legislazione dell’UE, quindi aumenterebbero i loro requisiti per ciascun livello. Ciò può implicare che le etichette che utilizzano uno schema multilivello potrebbero non fornire un miglioramento su larga scala a meno che non includano incentivi affinché gli agricoltori migliorino le loro pratiche nel tempo. I risultati dello studio mostrano anche che, vi è una chiara domanda dei consumatori che attualmente non viene soddisfatta e una chiara necessità di sensibilizzare e semplificare lo stato attuale dei sistemi di etichettatura con indicazioni sul benessere degli animali nell’UE. Nota 1. Lo studio completo è disponibile al link: op.europa.eu/en/publicationdetail/-/publication/49b6b125b0a3-11ec-83e1-01aa75ed71a1/ language-en
Photo © Lev Dolgachov
Filiera carne, scenari e prospettive Secondo il Rapporto Censis, il 78% degli Italiani teme la perdita del potere di acquisto, per il 55% la priorità è contenere il prezzo dell’energia e l’85,6% dice no alla carne sintetica. Per UNAItalia e ASS.I.CA.: “i consumatori vogliono la sostenibilità ma senza maggiori costi. Serve programmare la transizione ecologica e dare garanzie al comparto agroalimentare che paga gli effetti indiretti della guerra e dei rincari” 30
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a crescita dei costi di produzione, a partire da quelli della fase zootecnica, che nei primi due mesi del 2022 registrano un +12,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando per quelli di energia e gas, quadruplicati nel 1o bimestre dell’anno in corso rispetto allo stesso periodo 2021, e per tutti i cosiddetti costi accessori di produzione (plastica, pallet, cartoni, trasporti, ecc…), mette a dura prova il settore avicolo e quello suinicolo, che fanno i conti anche con le conseguenze della crisi ucraina e l’impegno verso una transizione ecologica in linea con le richieste dell’UE e del Green Deal. ASS.I.CA. e UNAItalia hanno analizzato le criticità del momento alla luce dei risultati del Rapporto CENSIS. “Per il buon uso del recovery fund nel rilancio delle filiere della carne”. Il documento, presentato lo scorso 13 aprile nella Sala stampa estera a Roma, certifica le reali aspettative dei consumatori alla luce degli effetti economici e sociali delle emergenze e della crescente centralità della sostenibilità ambientale. Il rapporto evidenzia come la maggioranza degli Italiani consideri la carne parte integrante della propria alimentazione, sia attento alla sostenibilità, purché senza maggiori costi, e tema di perdere capacità di acquisto. Per questo, secondo ASS.I.CA. e UNAItalia, la transizione ecologica deve essere ben programmata, per evitare di mettere a rischio due comparti strategici dell’agroalimentare da 13,9 miliardi di euro e 93.900 addetti, che assicurano ogni giorno beni di prima necessità ai cittadini. Ma anche per evitare che l’inflazione (a marzo +6,7% su base annua, stime ISTAT) e i costi della transizione si ripercuotano sui consumatori che — come emerge dal Rapporto — sentono già minacciato dalle emergenze il proprio potere di acquisto (78%). Il 94,5% ritiene necessario dare molta più attenzione alla sostenibilità sociale ampiamente intesa, come benessere delle persone e condizioni dei lavoratori. Per il 63,6% degli Italiani, infatti, prima
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Ruggero Lenti, presidente di ASS.I.CA., Antonio Forlini, presidente di UNAItalia, e Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis. di passare alle energie verdi e rinnovabili occorre valutarne il costo per imprese e famiglie. E per il 54,9% oggi la priorità è contenere il prezzo dell’energia. «Le filiere della carne vogliono e devono essere parte integrante della transizione ecologica e le associazioni che rappresentiamo lavorano sempre più in collaborazione per favorire tutte le sinergie utili in questa delicata fase storica» sostengono i presidenti di ASS.I.CA. e UNAItalia RUGGERO LENTI e ANTONIO FORLINI. «Quella della sostenibilità è una strada già intrapresa da tempo dai nostri comparti e su cui ad oggi le aziende associate hanno già effettuato ingenti investimenti con fondi privati e avviato progetti come Made Green in Italy per certificare in etichetta le aziende che producono carne suina in modo sostenibile. Occorre ora stringere i tempi e attuare interventi di emergenza per sostenere i consumi e alleggerire i costi di produzione, salvaguardando la marginalità delle imprese. È ora più che mai necessario dare garanzie al settore agroalimentare, lungo tutta la filiera, che sta pagando i rincari dei prezzi delle materie prime e dell’energia e rischia di dover
ridimensionare attività e occupati se dovesse innescarsi una brusca riduzione dei consumi. Abbiamo bisogno che le istituzioni ci aiutino a garantire cibo per tutti, a prezzi sostenibili, con minore impatto ambientale. Per farlo il pilastro è la sostenibilità economica e sociale delle nostre imprese. Altrimenti non c’è partita». Per UNAItalia e ASS.I.CA. occorre una seria e approfondita valutazione dell’impatto della strategia From Farm to Fork, che secondo alcuni studi internazionali provocherebbe un crollo della produzione alimentare UE fino al 25% e un’ulteriore esplosione dei prezzi dei beni alimentari di prima necessità. «Appoggiamo il ministro Patuanelli sulla proposta di posticipare di un anno la data di entrata in vigore della nuova PAC (1o gennaio 2023) — dichiarano i due presidenti — che non tiene conto di uno scenario totalmente mutato». «La ricerca — dice MASSIMILIANO VALERII, direttore generale del CENSIS — mette in evidenza come gli Italiani apprezzino le produzioni sostenibili ma che la priorità per loro è il benessere: bloccare il caro ener-
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No alle presunte alternative Per il 79,9% degli Italiani la carne fatta con prodotti vegetali non può essere considerata carne: per questo vogliono che siano proposti chiaramente come prodotti distinti e diversi da quelli della carne. Lo sforzo promozionale per la carne prodotta in laboratorio — secondo Censis — non conquista quindi gli Italiani: l’85,6% dichiara di non volere cibi fatti in laboratorio, ma da agricoltura e allevamenti tradizionali. Altra alternativa che non convince sono gli insetti, con l’83,9% che non è disposto a mangiarli. Gli Italiani non vogliono ambiguità lessicali e informative: per il 93,4% occorre sempre distinguere in modo inequivocabile nelle etichette i prodotti di carne da animali allevati in modo tradizionale e quelli di carne sintetica creata in laboratorio. Importante l’economia circolare: il 90,5% valuta positivamente le imprese e i prodotti che utilizzano materiali che possono essere recuperati e riciclati. Un fattore comune a tutti i livelli d’istruzione è infine conoscere la provenienza della carne che si consuma e il benessere animale: indipendentemente dal titolo di studio, il 94,1% per i prodotti della carne vuole indicazioni su provenienza e trattamento degli animali.
gia e preservare la capacità di acquisto. Se sostenibile vuol dire meno benessere allora gli Italiani non ci stanno. Il 67,9% ritiene prioritaria la tutela del benessere economico e sociale rispetto alla sostenibilità ambientale. Ed è diffuso il pragmatismo tra i giovani, dove la percentuale sale al 75,3%. Certamente — conclude Valerii — sono idee condizionate dagli avvenimenti in corso, considerato che per il 75,3% degli Italiani bisognerà abituarsi a nuove emergenze nel futuro». E si conferma anche la già percepita contrarietà degli Ita-
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liani all’inflazione dei prezzi dell’energia, quale che ne sia la ragione, perché colpirebbe la sostenibilità economica e sociale. Dai dati dell’indagine, emerge che gli Italiani sono pronti a cambiare abitudini solo se i benefici saranno superiori ai costi: ci si adatterà a uno stile alimentare più sostenibile purché non incida negativamente sul proprio benessere e sulla capacità di spesa. «È fondamentale che l’Unione Europea non imponga misure miopi — dichiara Antonio Forlini — che mettano a rischio produzioni
come quella delle carni avicole che oggi risultano le più consumate dagli Italiani e in UE. Riducendo la produzione metteremmo a rischio un settore oggi totalmente made in Italy e autosufficiente al 107,5%, in un momento in cui occorre invece rafforzare la sovranità alimentare europea e salvaguardarsi dal rischio di import da Paesi Terzi che non hanno i nostri standard in tema di benessere animale e sicurezza alimentare». «La guerra ha fatto peggiorare una condizione per le imprese già emergenziale: l’aumento dei costi
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di produzione di tutti gli anelli della filiera, aggravato dalle difficoltà di approvvigionamento, rischia di far lievitare una pericolosa spirale inflattiva» dichiara Ruggero Lenti. «A questo si aggiungono la minaccia della PSA, malattia veterinaria che espone a rischio gli allevamenti suinicoli e compromette l’export verso Paesi Terzi, e la scarsa chiarezza sull’applicazione del nuovo DLgs in materia di pratiche sleali, che rischia di reintrodurre dalla finestra le cattive abitudini di pagamento che tanto faticosamente erano state allontanate con l’articolo 62, rischiando così di aggiungere ulteriori oneri finanziari alla già difficile situazione economica delle aziende. Mai come oggi appare dunque prioritaria la convocazione del tavolo di filiera suinicolo che coinvolga rappresentanti del mondo mangimistico e della GDO già richiesto l’11 marzo scorso e sul quale attendiamo rassicurazioni dal ministro Patuanelli». Censis: gli Italiani amano la carne perché fa bene alla salute ed è chiaro e forte il loro no a fake news e carne sintetica (85,6%). Sì invece alla chiarezza in etichetta e ai materiali riciclati Secondo i dati del CENSIS, le reiterate campagne denigratorie sulla carne non scalfiscono il buonsenso degli Italiani: l’82,5% dichiara esplicitamente che la giusta quantità di carne bianca e rossa è componente fondamentale di una buona alimentazione e perché parte della Dieta Mediterranea. E il 64,9% non si fa condizionare da eventuali informazioni negative o fake news sul tema. «La reiterazione incessante di semplificazioni e infondatezze su produzione e consumo di carne — afferma il DG Censis Valerii — non fa breccia nel corpo sociale, e ne sono più impermeabili i giovani (67,9%) ed i laureati (67,3%). Di fatto, la maggioranza degli Italiani si è formata una propria idea sulla produzione e sul consumo di carne, che resiste ai condizionamenti esterni ed alla proliferazione di informazioni negative. E infatti il 61,3% è contrario all’idea che si debba smettere di produrre carne e chiudere gli allevamenti perché si salverebbe il pianeta dal riscaldamento globale: il 30,6% la considera una delle tante fake news che circolano sul settore e per un ulteriore 30,7% è una minaccia perché si colpisce un intero settore e un alimento importante. Solo il 25% ritiene veritiero il nesso tra allevamenti e produzione di carne e riscaldamento globale, mentre il 13,7% non ha una opinione precisa in merito». Oggi il 96,5% dei cittadini dichiara di mangiare carne: il 45,9% regolarmente e il 50,6% di tanto in tanto. Gli Italiani sono inoltre consapevoli che la filiera della carne si è evoluta e modernizzata: nessuno è convinto di mangiar carne con le stesse caratteristiche di quella di 30 anni fa. A sorpresa, a mangiare con regolarità carne sono soprattutto i giovani (62,8%), con quota più alta di quella di anziani (30%) e adulti tra i 35 e il 64 anni (47,7%). Fonti: UNAItalia, ASS.I.CA.
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LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. Meat Church BBQ Inizia l’estate ed è tempo di cotture al barbecue. Noi ci prepariamo seguendo i consigli di Meat Church BBQ Supply (instagram.com/meatchurchbbqsupply), azienda texana che produce BBQ rubs. E poi, a dirla tutta, ci piacciono moltissimo le loro t-shirt. Info: linktr.ee/meatchurch (photo © instagram.com/meatchurchbbqsupply).
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2. Le Bœuf Volant È a Parigi, è una micro-steakhouse ed è al 37o posto della classifica del World’s 101 Best Steak Restaurants. L’abbiamo scoperta grazie alle stories di BEPPE ROMEO e ce ne siamo innamorati. Semplicità, cotture perfette, una super selezione delle carni sono alla base del lavoro di Le Bœuf Volant (instagram.com/leboeufvolant). Da seguire e visitare presto! In foto un filetto di manzo Wagyu australiano di @blackmorewagyu (photo © instagram.com/leboeufvolant).
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meat Benedetti
3. WBC, giudici annunciati! È ufficiale! I 13 giudici dell’edizione 2022 del World Butchers’ Challenge sono stati annunciati, uno per ciascun Paese. I giudici avranno il compito di supervisionare il lavoro svolto secondo i criteri del regolamento. Per l’Italia ci saranno il nostro ORLANDO DI MARIO, per la World Butchers’ Challenge, e GIANNI GIARDINA per la World Champion Butcher Apprentice & Young Butcher Competition. In attesa di essere a Sacramento ad inizio settembre noi seguiamo tutti gli sviluppi su instagram.com/ worldbutcherschallenge (photo © WBC).
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4. Il Boss delle Costate Sui social è #ilbossdellecostate! CLAUDIO TROLESE dell’omonima macelleria di Arzignano (VI) conta quasi 18.000 follower su instagram.com/macelleria_trolese_claudio e ha un profilo social veramente ben fatto! Grazie a passione, professionalità, visione e competenza. Insomma, c’è tutto (photo © instagram.com/macelleria_trolese_claudio).
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SPECIALE CIBUS
Cibus 2022 si conferma la piattaforma permanente dell’agroalimentare italiano
Photo © cibus.it
Si torna ai numeri pre-pandemia: 3.000 espositori, migliaia di nuovi prodotti, 60.000 operatori professionali, 3.000 dei quali top buyer esteri, confermano l’esigenza di un appuntamento annuale dedicato al made in Italy agroalimentare. Nonostante la tempesta inflattiva, c’è ottimismo per il ritorno ad una relativa normalità in corso d’anno. Dalle riforme comunitarie ai trend di mercato delle diverse geografie si definiscono i nuovi scenari competitivi per il food made in Italy. Sullo sfondo l’impegno corale su sostenibilità e tracciabilità
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edizione 2022 di Cibus, organizzata da Fiere di Parma e FEDERALIMENTARE, ha superato le attese tornando a numeri pre-pandemia, nonostante l’endemia strisciante del Covid e il conflitto in Ucraina. La 21a edizione della fiera è stata una rappresentazione corale, ma non inaspettata, della vitalità del made in Italy agroalimentare e della manifestazione fieristica che lo rappresenta da oltre quarant’anni. Gli operatori esteri, arrivati grazie al grande lavoro di ICE Agenzia, e quelli italiani hanno potuto approfondire le opportunità dei loro assortimenti scoprendo le migliaia di novità spesso legate alla tradizione dei territori. La vera novità di Cibus 2022 è proprio che la crisi ha dimostrato la solidità delle imprese a carattere familiare del nostro Paese, che hanno continuato a lavorare e a progettare anche durante l’emergenza pandemica e la crisi ucraina senza lasciarsi scoraggiare, anzi, aumentando i loro sforzi per raggiungere
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l’eccellenza e la sostenibilità dei loro prodotti. Tutti gli operatori in fiera hanno confermato che il made in Italy agroalimentare è la ricetta ideale non solo per la ristorazione, come possiamo leggere ormai da decenni sulle tavole di tutto il mondo, ma anche per il retail, dove i nostri prodotti si stanno trasformando da nicchia di importazione a mainstream per i consumatori. Nel corso dei tanti convegni dedicati alle problematiche del fuoricasa, della Grande Distribuzione, delle private label, dell’agricoltura, dell’industria, della ricerca scientifica, è stata ribadita questa migrazione qualitativa dei consumi verso prodotti più sani e più sostenibili dei quali il made in Italy alimentare è campione, proprio grazie alle sue radici e alle sue tradizioni. Questa domanda, che continua a crescere in doppia cifra, ormai da oltre 10 anni, da parte degli importatori e distributori ha imposto agli organizzatori di calendarizzare Cibus anche nel 2023 (dal 29 al 30
L’edizione ammiraglia di Cibus si tiene ogni due anni ma, come da tradizione, anche nel 2023, dal 29 al 30 di marzo, Fiere di Parma organizzerà la versione “light”, Cibus Connecting Foodland, in concomitanza con il Vinitaly, per consentire agli operatori internazionali di spendere più giorni in Italia e conoscere da vicino le imprese delle eccellenze alimentari made in Italy (photo © cibus.it).
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Prosegue la campagna di comunicazione della carne bovina francese con l’appuntamento a Cibus 2022 Dopo due anni di pandemia si è finalmente riaperta la stagione delle fiere con momenti di incontro e di scambio tra gli operatori a livello internazionale. La filiera della carne bovina francese, sotto l’egida di Interbev, non è mancata all’appello di Cibus 2022 ed ha presenziato nel Padiglione 3 con uno stand nel quale erano ben rappresentate le principali aziende francesi esportatrici tra cui Bigard, Charal, Socopa, Elivia, Bressuire Viandes e Sicarev. Durante i quattro giorni della fiera lo spazio è stato animato dal maestro macellaio (e ristoratore) professionista DONATO TURBA che, insieme al figlio DANIELE, ha realizzato per i visitatori tante preparazioni di tendenza a base di carne bovina francese. Gli attori della filiera francese sono stati protagonisti anche nell’area lounge esterna di Cibus After, un’arena di intrattenimento all’interno del quartiere fieristico per dei momenti di incontro conviviali con i propri partner. La partecipazione a Cibus rientra nel progetto di comunicazione e promozione sostenuto da Interbev e dal CVBE (club delle aziende esportatrici), che porta la firma “La nostra passione, il nostro impegno”. Tra le attività previste nel 2022 la formazione rivestirà un ruolo importante: da una parte verrà incrementata la realizzazione di video didattici dedicati agli operatori della macelleria e ai meat lovers. L’obiettivo è quello di fornire una serie di elementi tecnici per valorizzare al meglio la carne, tenendo conto delle caratteristiche di ogni taglio. Verranno così sviluppati due nuovi video in complemento ai cinque esistenti e disponibili sul canale YouTube “Carne bovina francese” e nella sezione Formazione del sito web carnebovinafrancese.it Dall’altra parte verranno coinvolti e sensibilizzati i professionisti del mondo della ristorazione con l’organizzazione di due masterclass dedicate alla carne bovina francese, in collaborazione con Metro Academy e APCI – Associazione Professionale Cuochi Italiani. Infine, continuano anche le attività promozionali in alcune catene di supermercati del Nord e Centro Italia e la campagna media off e on-line sulle principali testate di settore.
A sinistra: Daniele e Donato Turba, butcher milanesi e ristoratori, hanno preparato originali degustazioni a base di carne francese nello spazio gestito da Interbev. A destra: un dettaglio dell’allestimento espositivo dell’area.
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Lorenzo e Luca Levoni del Gruppo Alcar Uno di Castelnuovo Rangone (MO), una realtà che da più di 60 anni è leader nella selezione e lavorazione di tagli primari di carne suina, personalizzati secondo le richieste di mercato, oltre che nella produzione di prosciutti e altre attività nella filiera delle carni.
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Montana, Gruppo Cremonini, lancia gli “Hamburger leggeri”, una nuova linea a tasso ridotto di grassi, senza glutine, da allevamenti 100% italiani All’interno della cornice di Cibus 2022 e nello spazio del Gruppo Cremonini, Montana ha presentato i nuovi “Hamburger leggeri” di carne bovina, surgelati, con tasso ridotto di grassi (solo l’8%), senza glutine, senza conservanti né allergeni e provenienti da allevamenti italiani al 100%. Si tratta di 4 hamburger da 100 grammi, frutto di una nuova ricetta per dare una opportunità di consumo a tutte le famiglie che devono mettere d’accordo diverse necessità in un unico pasto. Sono perfetti per i consumatori più sensibili agli aspetti salutistici, ideali per chi soffre di intolleranze alimentari perché senza glutine e senza allergeni, ma anche per chi cerca prodotti di carne bovina da filiera italiana corta e controllata e, soprattutto, per tutti quelli che vogliono mangiare di gusto. Questa nuova linea si inserisce in una tendenza di consumo consolidata da tempo e rafforzata nel periodo pandemico: l’hamburger rappresenta il surgelato di qualità che permette di avere sempre a disposizione un’ottima soluzione in cucina, facile e veloce da preparare, ed estremamente versatile. Non a caso, sia il consumo di hamburger che di surgelati continuano in GD ad avere crescite a volume superiori al periodo pre-Covid, confermando quindi che il consumatore italiano si è abituato alla qualità a portata di mano garantita dal freezer. La shelf-life, fino a 12 mesi, garantisce infatti una disponibilità di lungo periodo. Inalca Spa è la società del Gruppo Cremonini leader in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne, salumi, bacon e snack (con i marchi Inalca, Montana, Manzotin, Italia Alimentari, Fiorani e Ibis), e nella distribuzione internazionale di prodotti alimentari d’eccellenza (Inalca Food & Beverage). La società, con oltre 6.000 dipendenti, controlla tutta la filiera produttiva, dall’allevamento alla distribuzione, e ha registrato nel 2021 ricavi per 2.387,8 milioni di euro, di cui il 40% in esportazioni. La struttura industriale consta di 24 stabilimenti produttivi (16 dei quali in Italia, 8 nel mondo distribuiti tra Russia, Polonia, Canada, Canarie e Hong Kong) e 55 piattaforme logistiche di distribuzione (di cui 29 della controllata IF&B), in Russia, Polonia, Kazakistan, Angola, Algeria, Congo, Repubblica Democratica del Congo, Mozambico, Costa d’Avorio, Capo Verde, Cina, Tailandia, Malesia, Australia). Le aziende agricole sono 9: controllano oltre 100 allevamenti, per una capacità totale di 180.000 capi allevati ogni anno.
A sinistra: il pack degli Hamburger leggeri, la risposta Montana alla domanda di benessere e praticità, senza dover rinunciare al gusto. Si tratta di un unico pack contenente quattro hamburger senza conservanti, né allergeni né glutine, nel rispetto dei gusti e delle intolleranze alimentari di tutta la famiglia. L’apporto calorico è ridotto rispetto alla media: 161 kcal ogni 100 g (photo © Gruppo Cremonini). A destra: Roberta Ferri, responsabile Marketing e Comunicazione di Inalca Spa, nel corso della presentazione della linea Hamburger leggeri.
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marzo), in armonia con l’altra grande fiera del made in Italy, Vinitaly, in un format più leggero, per consentire agli operatori internazionali di spendere più giorni sul territorio al fine di visitare e conoscere da vicino le imprese che hanno reso celebre l’agroalimentare italiano. Durante la quarta e ultima giornata, Cibus ha voluto sottolineare il ruolo della ristorazione italiana nel mondo, ambasciatrice della cucina italiana e della molteplicità delle produzioni alimentari del Belpaese. Nel corso del convegno “Il futuro del fuoricasa: la ristorazione al servizio del made in Italy”, l’associazione culturale I LOVE ITALIAN FOOD ha riferito di aver creato una rete di circa 20.000 ristoratori, in tutti i continenti, per i quali organizza eventi B2B, food festival e formazione professionale. Le nuove proposte di prodotti alimentari industriali eco-innovativi sono state presentate nella 12a edizione di “Ecotrophelia Italia”, organizzata da FEDERALIMENTARE, in cui hanno
partecipato gli studenti delle Università e degli Istituti Tecnici. Anche quest’anno, infine, si è svolta l’iniziativa Cibus Food Saving, realizzata dal Banco Alimentare per recuperare a fine fiera le eccedenze degli espositori: gli alimenti donati, ancora in perfetto stato, sono andati a 742 strutture caritative convenzionate. È stato poi presentato un progetto di Fondazione Fiera Milano, Fiere di Parma e Federalimentare per realizzare due mense in Ucraina per i profughi che si affollano lungo i confini. Cibus traccia la strada delle riforme comunitarie e il futuro delle private label Uno dei temi della 21a edizione di Cibus è stato quello di come realizzare l’autosufficienza agroalimentare a livello europeo e quindi le riforme PAC e Farm to Fork. Secondo PAOLO DE CASTRO , Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, «si ri-
schia che la transizione ecologica possa mettere gli agricoltori con le spalle al muro, chiedendo loro una forte riduzione della chimica senza alternative concrete». «La pressione sulle aziende rischia di diventare insostenibile e compromettere la qualità di prodotti con degli standard produttivi che non sono solo soggettivi ma anche garantiti dai consorzi di tutela» ha detto GIUSEPPE AMBROSI, presidente EDA (European Dairy Association) e AD AMBROSI SPA. «L’aumento dei prezzi è una prospettiva inevitabile, che rischia di compromettere lo straordinario trend di crescita dei prodotti italiani», ha sostenuto LUIGI SCORDAMAGLIA, consigliere delegato di Filiera Italia e AD di Inalca. Una leva di business decisiva per le industrie alimentari per continuare a crescere sui mercati esteri è rappresentata dai prodotti a marca privata. Se ne è parlato nel convegno “La dinamica delle private label a livello internazionale”. ANNA
Lorenzo Signori, Manuele Beccari, Valentina Avanzi, Stefano Queirolo, Ilaria Barbieri, Salvatore Magro, Francesco Buschi del Gruppo Quabas, con sede a Castelvetro Piacentino (PC). 44
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Fiorani presenta la nuova linea di prodotti da filiera suina certificata FBA all’insegna del benessere animale e della sostenibilità Fiorani, società del gruppo Inalca specializzata nella produzione e commercializzazione di carni suine e bovine, è tornata al Cibus di Parma con contenuti di innovazione e sostenibilità grazie al nuovo progetto di filiera suina certifica FBA – Filiera Benessere Animale. L’obiettivo è la valorizzazione delle produzioni suinicole italiane mediante un sistema certificato di controlli che garantisce in tutte le fasi della filiera il benessere animale, la sostenibilità e sicurezza dei mangimi, l’uso responsabile del farmaco veterinario (assente negli ultimi 120 giorni di allevamento) e i più elevati standard di biosicurezza. Alla filiera aderisce un gruppo selezionato di allevamenti e di strutture di macellazione e lavorazione tra loro integrati e coordinati da Inalca secondo i principi ISO 22005, garantendo un parco di circa 100.000 capi suini certificati fin dalla nascita da un organismo terzo riconosciuto (DQA– Dipartimento di Qualità Agroalimentare) con un controllo del 100% dei soggetti in filiera. I prodotti Fiorani così certificati — hamburger, ribs, tagliata, ecc… — sono caratterizzati da un packaging sostenibile e dal logo identificativo FBA – Filiera Benessere Animale. Come ha spiegato GIOVANNI SORLINI, Responsabile Qualità, Sicurezza e Ambiente Inalca, «la nuova filiera certificata fa perno su principi di benessere animale che vanno molto oltre quanto previsto dalle norme minime di legge. In particolare vengono garantiti maggiori spazi adeguati, attenzione alla salute fisica e psicologica, alla prevenzione dei rischi biologici e ai criteri nutrizionali degli animali. In più, garantiamo l’assenza di trattamenti antibiotici negli ultimi 120 giorni di allevamento e imponiamo controlli stringenti degli indicatori di benessere animale durante tutte le fasi di trasporto e macellazione». Anche CLARA MAFFEI, Quality Assurance Specialist di Inalca, ha sottolineato nel corso della presentazione della nuova linea i punti cardine della nuova filiera: la biosicurezza, la sicurezza alimentare, l’utilizzo consapevole del farmaco e il benessere animale. «Oggi i consumatori sono sempre più orientati all’acquisto delle carni da allevamenti sostenibili», ha spiegato VALERIA FIORANI, responsabile marketing Fiorani&C., riprendendo alcuni dati di mercato di MARK UP di fine 2021. «Fiorani ha lavorato per portare sulle tavole degli Italiani dei prodotti di carni suine certificate all’insegna del benessere animale e della sostenibilità, realizzando un logo dedicato alla nuova filiera certificata FBA per aiutare il consumatore a fare scelte più consapevoli e significative. Inoltre, anche il packaging di tutti i prodotti della nuova filiera è pensato in modo sostenibile, con cartoncini sottovuoto skin e vassoi certificati FSC».
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La nuova Filiera Benessere Animale (FBA) significa: • minore densità in allevamento rispetto ai parametri di legge; • spazi adeguati che favoriscono contatti con i propri simili in tutte le fasi dell’allevamento, con particolare attenzione al parto e allo svezzamento; • giochi a disposizione dei suini per soddisfare la loro naturale curiosità. «Il consumatore oggi ricerca prodotti sempre più locali e per questo motivo la scelta di Fiorani è stata quella di lavorare su una filiera corta certificata dal DQA in un’area geografica delimitata tra allevamenti suini FBA, macelli, centri lavorazione Fiorani» ha sottolineato Valeria Fiorani nel corso della presentazione del progetto (in foto a lato). A fronte della richiesta sempre più incisiva di packaging sostenibili da parte dei consumatori, Fiorani ha sviluppato cartoncini sottovuoto skin che garantiscono una maggiore shelf-life di prodotto riducendo l’invenduto e aiutando la gestione delle scorte, oltre a vassoi certificati FSC (ovvero l’imballaggio da fonti gestite in modo responsabile). Valeria Fiorani ha inoltre anticipato che in un secondo step di progetto già pianificati ci sarà un upgrade dell’attuale Aticelca C del cartoncino che diverrà Aticelca B, riciclabile nella carta.
A Fiorani il Premio Industria Felix Fiorani&C. è stata recentemente insignita del Premio Industria Felix 2022, un importante riconoscimento attribuito alle imprese italiane sulla base del bilancio 2020 analizzando le migliori performance gestionali e di affidabilità finanziaria determinata dal Cerved Group Score Impact. A Fiorani è stata conferita un’Alta Onorificenza di Bilancio perché “tra le migliori imprese a conduzione under 40 per performance gestionale e affidabilità finanziaria Cerved con sede legale nella regione Emilia-Romagna” e annoverata ufficialmente come impresa competitiva, affidabile e sostenibile. L’onorificenza è conferita alle realtà aziendali che favoriscono il benessere sociale e il progresso economico del Paese. «Per me e per mio fratello questa è una grande soddisfazione che attesta l’ottimo lavoro di tutto il nostro team» ha dichiarato con soddisfazione e gratitudine Valeria Fiorani. Fiorani&C. nasce come piattaforma di lavorazione della carne e copacker delle più importanti insegne operanti su territorio nazionale. È partner di Inalca (che ne detiene il 51%), che nel 2018 è stata promotrice del lancio del brand Fiorani con una linea completa di prodotti porzionati e elaborati pronti di carni bovine e suine. L’azienda si avvale di impianti produttivi d’avanguardia specializzati per evitare rischi di cross-contamination: due dedicati esclusivamente alla lavorazione di prodotti a base di carni suine, a Castelnuovo Rangone e Solignano (MO), e uno dedicato alle carni bovine a Piacenza, dove c’è la principale piattaforma distributiva dell’azienda. >> Link: www.fioraniec.com
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Presso lo stand di Quabas i super butcher Andrea Mantovani, Francesco Buschi e Carlo Ferrando con Matteo Marchetti, quest’ultimo per la prima volta presente a Cibus con la sua Lux Trading, società commerciale di realtà leader a livello mondiale nelle carni. Sotto alcuni scatti di tagli esposti da Lux Trading, cucinati e offerti in degustazione con la collaborazione di WeGrill and More.
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Renzo e Fabio Bervini, insieme allo staff di commerciali della Bervini Primo Srl di Salvaterra di Casalgrande (RE), hanno accolto clienti, buyer e visitatori nel loro spazio. La cornice di Cibus è stata l’occasione perfetta per presentare al mercato la nuova linea “Riserva Bervini” che offre le migliori carni bovine, selezionate a mano singolarmente, pezzo per pezzo, taglio per taglio, perché “la perfezione si raggiunge solo con impegno, dedizione e passione” (si veda l’articolo a pagina 64).
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1) Primo piano sul pack della picanha della linea Riserva Bervini. 2) Menù di Medolla (MO) ha presentato la linea di salse e pesti con dosatore salvagoccia perfette per la realizzazione di preparati in macelleria e per le ristomacellerie. 3) Foto di gruppo di Suincom con Roberto Agnani, la figlia Valentina e i collaboratori dell’azienda modenese specializzata nella lavorazione e commercializzazione di carni suine.
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Gian Luca Vercelli con Dante Bosia e Matteo Zanasi nello spazio del Gruppo Vercelli, leader nell’allevamento, macellazione e lavorazione di carne di vitello italiano. Nel corso di Cibus 2022 il Gruppo Vercelli ha organizzato numerosi showcooking per fare assaggiare a tutti i visitatori la bontà della carne di vitello. Con l’occasione è stata anche presentata una nuova linea di prodotti “Già cotti nel sacco”, pronti da scaldare e molto pratici nell’utilizzo.
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1) Dawn Meats è tra i principali produttori europei di carne bovina, ovina e di trasformazione alimentare. In Italia a Fidenza (PR) DMS è la società del Gruppo che gestisce e sviluppa i contatti con la clientela garantendo supporto tecnico-amministrativo e commerciale. In foto, Fabrizio Pavesi, Brian Cullinane, Darragh O’Connor, Erika Untersteiner, Elena Borlenghi, Jane Kehoe, Gary Grady e Dermot Eviston. 2) I preparati a base di carne della cooperativa Terremerse.
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1) Lo staff di Centro Carne di Sant’Omero (TE) ha accolto clienti e visitatori a Cibus 2022 in uno stand ricco di novità di prodotto. Da sinistra, Claudia Corradetti con il socio Luca Nardinocchi, Agnese Nardinocchi, responsabile commerciale, e l’altro socio Remo Antelli. 2) La vetrina con i tagli e le lunghe frollatura di Centro Carne. 3) Il Grill master Daniele Govoni con la nuova linea di Pulled Pork di Centro Carne.
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1) Anche l’Agnello di Sardegna IGP presente a Cibus 2022 con il proprio Consorzio di Tutela. 2) Andrea Petrini e Roberta Panella del Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, che certifica e garantisce la carne prodotta dalle tre razze bovine da carne tipiche dell’Italia centrale: Chianina, Marchigiana e Romagnola. 3) Focus su alcuni pack del Salumificio Sandri di Montescudaio (PI).
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Preparati e carni fresche di selvaggina della spagnola Sierra Wild. VERGA, head of global sales and business development COOP ITALIAN FOOD, ha ricordato che COOP fornisce prodotti a proprio marchio a importanti catene distributive internazionali, mostrando come anche i retailer italiani riescano a fare export in assenza di catene italiane internazionalizzate. Un panel di aziende leader nella private label in Italia e all’estero composto da FORMEC BIFFI, CLAI, ZANETTI FORMAGGI e ZUCCHI ha indicato chiaramente quali sono le linee strategiche di approvvigionamento delle principali catene estere, ovvero puntare sui fornitori italiani per intercettare e soddisfare il gusto dei loro consumatori per continuare ad implementare le loro premium store brand. Infatti, il segmento premium della marca privata è l’unico che cresce a livello internazionale, creando valore sullo scaffale e fidelizzazione dei consumatori. Basti pensare che, pur di avere i prodotti DOP, la Francia ha
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addirittura rinunciato al Nutriscore sulle sue PM. La consapevolezza di questa forza sarà la stella polare per lo sviluppo delle aziende e anche di Cibus nel futuro. GDO, obiettivi e strategie La Grande Distribuzione e l’industria hanno accelerato il loro percorso sulla strada della ecosostenibilità, come riferito nel convegno “La sfida sostenibile del sistema alimentare: il ruolo del packaging”, a cui hanno partecipato tra gli altri FRANCESCO AVANZINI (direttore generale CONAD), GIORGIO SANTAMBROGIO (AD GRUPPO VÉGÉ), MARCO PEDRONI (presidente ADM), con la moderazione di ARMANDO GAROSCI (LARGO CONSUMO). Un sostegno concreto alle imprese sul tema della tracciabilità è arrivato da ICE Agenzia, che nel corso del convegno “Blockchain per l’agroalimentare” ha annunciato un nuovo servizio: «Da giugno ICE offrirà alle imprese servizi di operatori qualificati per tracciare e
certificare l’origine di prodotto nei diversi step di filiera su tecnologia blockchain» ha affermato CARLO FERRO, presidente di ICE Agenzia. «L’obiettivo è duplice: difesa del brand e contrasto all’Italian sounding e marketing della sostenibilità. Infatti, non c’è marketing della sostenibilità se non c’è tracciabilità dell’origine del prodotto. Regole, comunicazione e strumenti per il contrasto all’Italian sounding: più accordi di libero scambio di nuova generazione, la campagna di Nation branding beIT e ora la tracciabilità su blockchain».
Appuntamento a Cibus Connecting Foodland 29-30 marzo 2023 Web: www.cibus.it
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Bernardini Gastone porta a Cibus la nuova linea di preaffettati “Le Sopraffine” Il Pesce, I Salmoni, La Carne, La Selvaggina: sono 30 le referenze, suddivise per le quattro tipologie elencate, che compongono la nuova linea “Le Sopraffine” di Bernardini Gastone, l’azienda di Cenaia Crespina (PI) specializzata nella norcineria d’alta gamma e da qualche anno a questa parte anche nel segmento ittico con una vasta scelta di affumicati. Una linea di preaffettati e tartare confezionati in slimfresh, confezione attenta all’ecosostenibilità e dove è totalmente visibile il prodotto. «Si tratta di referenze derivanti dalle nostre attuali produzioni» mi dice Luca Bernardini (in foto con il padre Mauro, titolare dell’azienda). «La linea è pensata per offrire un maggior servizio alla nostra clientela del canale HO.RE.CA., con uno sguardo al mondo del retail e alla Grande Distribuzione». Anche per i preaffettati della nuova linea resta la grande attenzione alla selezione della materia prima, il gusto “pulito” del prodotto, sia per le referenze carnee che per il pesce, e il confezionamento “pulito”, in skin, con un minor utilizzo di plastica a favore di un miglioramento della shelf-life. Per quanto riguarda la carne, troviamo ad esempio i Carpacci di Black Angus, marinato e affumicato, e, soprattutto, la Tartare di Black Angus. Ottenuta da tagli di bovino con alimentazione controllata selezionati e tagliati a coltello, la tartare della linea “Le Sopraffine” di Bernardini Gastone è un prodotto già pronto, buono, salutare e adatto a diverse occasioni. Si può servire tal quale o condita semplicemente con un buon extravergine di oliva. Spiccano nella linea anche le proposte di selvaggina, da sempre fiore all’occhiello della produzione Bernardini, stante la tradizione toscana dei sughi e dei ragù “selvatici”, con i prosciutti di cervo e di cinghiale, il prosciutto d’alce e lo speck d’anatra affumicato. >> Link: www.bernardinigastone.it
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CONSORZIO SIGILLO ITALIANO Allevamenti sostenibili per il benessere degli animali e dell’ambiente
ALIMENTAZIONE SANA SPAZI ADEGUATI
CONTROLLI VETERINARI
FILIERA TRACCIABILE
QUALITÀ SUPERIORE
SITO PRODUTTIVO - MACELLO PIEMONTE NORD S.R.L. Via Nazionale, 13 - 10010 Carema (TO) | Tel. +39 0125.80.68.62 - Fax +39 0125.19.02.034 info@consorziocarnipiemonte.it | www.consorziocarnipiemonte.it
FEASR Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 Sottomisura 3.2
AZIENDE
Fattoria ai Capitani: la Piemontese come stile di vita di Gian Omar Bison
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a Piemontese per i L ORA , allevatori nelle colline di Ca’ Trenta, a pochi chilometri da Schio (VI), non è solo una razza bovina ma uno stile di vita, che inizia in stalla e finisce sul bancone della macelleria di famiglia o sulla griglia dell’agriturismo in gestione. La loro Fattoria ai Capitani è un progetto completo di filiera che inizia con la nascita dei vitelli in azienda e si sviluppa con un sistema di allevamento semibrado, un po’ stabulato confinato e protetto e un po’ al pascolo tra le colline dell’alta Leogra e la montagna di malga Paù.
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«Il fondatore — ricorda CLAUDIA LORA — è stato mio padre MARCELLO, che è sempre vissuto nel mondo dell’agricoltura e da diversi anni esercita la professione di veterinario con un enorme passione per la zootecnia, in particolare da latte. Nel 2009 ha pensato di intraprendere un’attività nel mondo della carne e per questo ha avviato l’impresa con altri tre soci che, con l’andar del tempo, hanno ceduto il passo dapprima a mio fratello ANDREA e poco dopo a me, cinque anni fa. Andrea e mio padre si occupano dell’allevamento e della campagna.
Io mi occupo della vendita, dello spaccio aziendale e dell’agriturismo che abbiamo in Malga Paù, in concessione dal comune di Caltrano (VI), e che dista una quarantina di chilometri dalla fattoria. Gestiamo Malga Paù ufficialmente dal 2006, ma è solo dal 2012 che abbiamo iniziato li l’attività agrituristica. In stagione trasportiamo col trattore una cinquantina di animali tra vacche adulte, vitelli e cavalli». Sono partiti con circa una trentina di capi vendendo solo pacchi famiglia da 12 kg e occupandosi pure della consegna. Nel 2012 hanno
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Nell’azienda della famiglia Lora sono presenti capi di diverse razze allevate in purezza (Piemontese, Aberdeen-Angus) e in incrocio. In stalla gli animali non risultano sovraffollati e le operazioni di pulizia dei ricoveri sono quotidiane.
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I bovini vivono al pascolo, garantendo loro ampi spazi in proporzione al fabbisogno di erba, acqua pulita e zone d’ombra per il riparo come boschi o tettoie. Nei mesi più secchi o in autunno, l’alimentazione è integrata con fieno. aperto la macelleria aziendale e hanno iniziato ad aumentare il numero dei bovini che adesso sono quasi 200 (tra vacche, vitelli e manzi all’ingrasso), quasi tutti di razza Piemontese, una piccola parte di Angus e qualche incrocio con Grigia alpina e Pezzata rossa. L’anno scorso hanno inaugurato la nuova stalla. «Quella vecchia non bastava più — continua Claudia — e dovevamo prenderne due in affitto. Ora come ora siamo dimensionati ma puntiamo, nel tempo, a crescere di ulteriori 50 fattrici. Acquistiamo il seme e pratichiamo la fecondazione artificiale su quasi tutte le vacche, ma abbiamo anche il toro per l’accoppiamento naturale in particolare d’estate quando sono fuori al pascolo». Da primavera ad autunno inoltrato i bovini della Fattoria ai Capitani fanno praticamente solo pascolo e d’inverno sono ricoverati in stalla. In progetto anche la creazione di spazi di pascolo adiacenti la stalla
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anche per i manzi all’ingrasso che, per ora, dopo lo svezzamento, restano in stalla in box su lettiera da 5-6 capi, liberi di muoversi. Per quanto riguarda l’alimentazione, le fattrici vengono nutrite con solo foraggio prodotto in azienda, misto di fieno ed erba medica. D’estate e al pascolo solo erba. I vitelli durante lo svezzamento si nutrono con latte materno ed erba, se all’aperto, o fieno e latte se in stalla. «Durante la fase d’ingrasso i bovini vengono alimentati con un unifeed preparato quotidianamente a base di fieno, medica e cereali, tutti alimenti prodotti in azienda. In questo modo — precisa Andrea — gli animali raggiungono il giusto stadio di maturazione per garantire una carne tenera e gustosa, non sempre caratteristiche proprie di animali che si muovono parecchio. Macelliamo in un piccolo macello di Velo D’Astico (VI). Pure loro sono azienda agricola e processano non più di 8 capi a settimana».
Il benessere animale e l’attenzione all’indicatore di impronta ecologica è un must per Andrea Lora: laureato in Scienze e tecnologie animali, collabora infatti sulle nuove e corrette modalità di allevamento con l’ente strumentale VENETO AGRICOLTURA. L’indicatore di impronta ecologica è un indice numerico che ha il compito di stimare l’impatto di un settore economico in rapporto alla capacità del territorio ospitante di fornire le risorse necessarie al suo funzionamento, oltre ad assorbirne rifiuti e/o emissioni. «Credo che il sistema di allevamento misto pascolo e stalla sia la sintesi corretta per dare una risposta a queste necessità di ordine ambientale. Inoltre, assicuriamo ai nostri capi il maggior spazio vitale possibile, evitando sovraffollamenti e situazioni dannose per il loro benessere. Un contesto ideale di vita, dove l’animale può esprimersi, con una temperatura adeguata, ampi spazi
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In alto: uno tra i tagli più richiesti dagli amanti della carne alla brace, la costata. Succosa e gustosissima, grazie alle tecniche di allevamento al pascolo, che mantengono gli animali sani e nutriti correttamente, la carne conserva tutte le sue proprietà organolettiche, acquistando sapore e tenerezza. In basso: Andrea e Claudia col padre Marcello Lora.
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e un’estrema qualità di pulizia e procedure che riguardano scarti e deiezioni. E certamente ne giova anche la qualità organolettica della carne». Gli animali macellati sono venduti tutti allo spaccio e durante l’apertura estiva in malga. «Più avanti, quando avremo più carne in disponibilità, ci apriremo al mercato per rifornire altre macellerie e ristoratori con forniture a marchio nostro». Oggi sono presenti due dipendenti a tempo indeterminato occupati nello spaccio ed uno in stalla e campagna. A questi si aggiungono degli stagionali per le attività in malga. Nel punto vendita di Ca’ Trenta, oltre a tutti i tagli di carne, venduti a peso, si possono acquistare pacchi già pronti disponibili solo su prenotazione e confezionati in giornata. I pacchi da 5, 10 o 12 kg sono composti da tagli porzionati ed imbustati, pronti per essere utilizzati e/o congelati. «Non avrei mai pensato di fare la macellaia» ammette Claudia. «Fino a qualche anno fa lavoravo in un bar, quindi ho cambiato totalmente settore. Sono passata dai gin tonic alle bistecche e sono contenta. Anche papà è soddisfatto e secondo me non si aspettava che arrivassimo a questo punto, prendendoci noi fratelli questo carico di lavoro e responsabilità con grande entusiasmo. Dopo 5 anni di attività ho ancora molto da imparare, sia sui tagli che sulle modalità di lavoro. Un taglio che ad oggi ci contraddistingue è la Bisteccona: pesa circa 5 kg e si tratta del taglio trasversale della coscia. Si presenta con un osso al centro e intorno ad esso tutti i tipi di tagli tipici di quella parte anatomica. Ci sta dando soddisfazione. Lavoriamo molto anche con tagli argentini, come diaframma, matambre, asado ecc…». Avviare un’attività di ristorazione vicino allo spaccio? «Abbiamo la stalla vecchia che è rimasta vuota e ci piacerebbe sistemarla e fare lì un piccolo agriturismo. Con calma». Gian Omar Bison >> Link: www.fattoriacapitani.it
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L’Indice FAO dei prezzi della carne raggiunge a marzo il massimo storico I prezzi mondiali dei prodotti alimentari hanno subito una forte impennata nel mese di marzo, raggiungendo i livelli più alti di sempre, con il diffondersi della guerra nella regione del Mar Nero e con le relative ripercussioni che hanno travolto i mercati dei cereali di base e degli oli vegetali: lo riferisce la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. L’Indice FAO dei prezzi dei prodotti alimentari si è attestato su una media di 159,3 punti a marzo. Un aumento del 12,6% rispetto a febbraio, mese in cui era già stato raggiunto il massimo livello dalla creazione dell’indice, nel 1990. L’indice rileva le variazioni mensili dei prezzi internazionali di un paniere di prodotti alimentari diffusamente commercializzati. L’ultimo livello dell’indice è stato più alto del 33,6% rispetto a marzo 2021. Scendendo nei particolari, l’indice FAO dei prezzi della carne ha segnato una media di 120,0 punti, in aumento di 5,5 punti (4,8%) rispetto a febbraio, raggiungendo anche un massimo storico. In marzo i prezzi della carne suina hanno infatti registrato l’aumento mensile più forte dal 1995, a causa della scarsa offerta di suini da macello nell’Europa occidentale e di un improvviso aumento della domanda interna dovuto alle imminenti festività pasquali. I prezzi internazionali della carne di pollame si sono rafforzati, trainati dal calo delle forniture nei principali Paesi esportatori a seguito di focolai di influenza aviaria, nonché dall’incapacità dell’Ucraina di esportare carne di pollame durante l’attuale conflitto. Anche i prezzi della carne bovina sono aumentati, poiché le scorte di bovini pronti per la macellazione sono rimaste scarse in alcune delle principali regioni produttrici mentre la domanda globale è rimasta forte (fonti: www.fao.org – 3tre3.it). •
Maggiori informazioni sono disponibili qui: www.fao.org/worldfoodsituation/foodpricesindex/en
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Riserva Bervini, l’esperienza di una vita intera Lanciata a Cibus 2022 una nuova linea di tagli selezionati manualmente, che nel piatto fanno la differenza di Elena Benedetti
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ervini è un’azienda e un brand che nella filiera delle carni è sinonimo di serietà, selezione delle carni bovine migliori in Europa e nel mondo e garanzia di alti standard di qualità nelle varie linee di prodotto offerte. Una società con oltre mezzo secolo di storia che opera con una visione decisamente moderna e internazionale.
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Dopo due anni di pandemia la cornice di Cibus 2022 non poteva che essere la migliore per lanciare la nuova linea “Riserva Bervini”, che offre le carni migliori, selezionate a mano singolarmente, pezzo per pezzo, taglio per taglio, perché “la perfezione si raggiunge solo con impegno, dedizione e passione”.
Chi conosce i Bervini, ieri Primo, oggi Renzo con il figlio Fabio, affiancati da tutto lo staff commerciale e di gestione, sa che nell’azienda con sede centrale a Salvaterra di Casalgrande (RE) si lavora sodo con l’unico obiettivo di soddisfare una clientela sempre più esigente e alla ricerca di eccellenze. Ecco quindi il perché di questa nuova
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A sinistra: le carni della selezione Riserva Bervini sono il risultato di un controllo manuale attento e rigoroso. Ogni pezzo viene valutato e scelto a mano e solo il meglio di ogni produzione può entrare a far parte di questa linea. Quello che vedete a pagina 64 è il box esclusivo riservato alla ristorazione (photo © riservabervini.it). In alto: l’entrecôte Riserva Bervini, uno dei tagli più richiesti dalla ristorazione in quanto coniuga gusto e qualità. A sinistra: il roast beef.
linea esclusiva di soli tagli più pregiati, entrecôte, roast beef, filetto e picanha, che vengono veramente scelti uno ad uno, per i veri amanti delle carni. Entrecôte Si ricava dalle prime 5 coste della lombata ed è sicuramente uno dei tagli più richiesti dalla ristorazione
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in quanto coniuga gusto e qualità. Succosa e ricca di sapore l’entrecôte Riserva Bervini è caratterizzata da un’elevata marezzatura, garantita da una selezione manuale fatta da personale competente. Roast Beef Questo taglio della selezione Riserva Bervini è una garanzia per la crea-
zione di piatti gustosi e dalla qualità costante nella ristorazione. I tagli perfetti, scelti a mano, garantiscono porzioni uniformi nel piatto, adatti a diversi utilizzi. Filetto È il taglio più pregiato dell’animale, il più tenero e ricercato, caratterizzato da una fibra gentile, qualità che
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Picanha È un taglio immediatamente riconoscibili grazie alla sua tipica forma triangolare, ricavato dal posteriore della coscia, appena sopra lo scamone. La picanha Riserva Bervini è molto tenera e succosa e dal tipico sapore caratteristico una volta cucinata. Anche qui la selezione è rigorosa a garanzia di un’esperienza unica all’assaggio. Il frutto del lavoro e dell’esperienza maturati in una vita «Abbiamo maturato una lunga esperienza in un contesto internazionale che oggi premia il nostro lavoro, fatto di serietà e professionalità con uno stile, il nostro, mai troppo ostentato» mi dice Renzo Bervini in uno dei brevi momenti di pausa nello spazio espositivo all’interno del Padiglione 3 di Cibus. «Sono giornate di lavoro intenso con i nostri clienti, buyer, visitatori e operatori con cui finalmente possiamo incontrarci per raccontare novità e prodotti. Riserva Bervini è sicuramente il progetto che più mi dà orgoglio, in quanto frutto del lavoro e dell’esperienza maturati in una vita». Un’arte, insomma, quella che si esplicita nell’essere profondi conoscitori delle carni bovine, delle razze e dei mercati di origine. Ma anche dei canali di vendita di questi tagli premium, nelle esigenze nell’utilizzo, nel saper valorizzare piatti, gusti, sapori. Il tutto naturalmente sempre con lo stile Bervini, che alla propria immagine preferisce anteporre il valore del prodotto carne che poi è l’essenza del suo lavoro. Elena Benedetti In alto: il filetto Riserva Bervini si presta a tantissimi utilizzi, dalla griglia, per chi ama i sapori più autentici e naturali, fino alle interpretazioni culinarie più elaborate. In basso: la picanha Riserva Bervini è molto tenera e succosa e dal tipico sapore caratteristico una volta cucinata. Anche qui la selezione è rigorosa a garanzia di un’esperienza unica all’assaggio. sta alla base della sua caratteristica tenerezza. Il filetto Riserva Bervini si presta a tantissimi utilizzi, dalla griglia, per chi ama i sapori più autentici e naturali, fino alle inter-
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pretazioni culinarie più elaborate. Anche qui la cura meticolosa dei pezzi, scelti uno ad uno dal personale qualificato, offrono una garanzia di qualità che non ha eguali.
Bervini Primo Srl Via Colonie 13 (42013) Salvaterra di Casalgrande (RE) Telefono: 0522 996055 Web: www.bervini.com www.riservabervini.it
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Il ritorno del Re: Sua Maestà il Bisonte di Massimiliano Gatti
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orse tredici o quattordici i millenni trascorsi senza quel ruggito, senza quella criniera che, come una corona, ti elevava a cospetto dell’umano, senza quel mix di timore, ammirazione e bellezza, tanta da condizionare l’arte del contemporaneo PICASSO; senza quel rifugio, quel tepore, fatto di pelle di lana e nutrimento che dagli albori della nostra civiltà era per noi Vita. È arrivato il momento di riprendere il tuo regno, di tornare a correre veloce e fiero come il vento. Tu, che resiliente come nessun altro non ti arrendi mai e corri incontro alla più terribile tempesta invece che rifugiarti e scappare. La terra è tua, tu la governi, la sostieni e ne crei la vita. È per questo, o per l’insieme delle emozioni che hai diffuso nei secoli, che mi sono innamorato di te. Bentornato al Re, Bentornato a Sua Maestà il Bisonte. Amare è rispettare L’amore che ho nei confronti del bisonte mi impone un profondo rispetto per questo animale. Rispetto, che è divenuto il primo valore nel delineare la nostra filosofia dall’allevamento. Le nostre scelte, sempre dettate dai tempi della natura e dalla bellezza che essa ci offre e sono volte a mantenere intatto il rapporto ancestrale tra uomo e bisonte. Il benessere animale è il nostro impegno quotidiano I nostri bisonti vivono liberi, a uomo assente, monitorati dalla tecnologia, al fine di evitare qualsiasi stress causato dall’uomo e dalla sua mania di addomesticare e umanizzare chi nasce libero. Essi si nutrono di erba del pascolo e fieno coltivato entro 30 km dall’allevamento, con una
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Massimiliano Gatti ha avviato il primo allevamento di bisonti in Italia nel 2018 (photo © carnipregiate.it). piccola integrazione di minerali e cereali che ogni giorno la nostra mangiatoia hi-tech eroga in modo personalizzato ad ogni capo. Vivere liberi è sinonimo di normalità. Per noi è tremendamente normale che la monta sia naturale, che la selezione genetica sia dettata dalle gerarchie del branco, che i piccoli di bisonte restino con le madri, che l’allattamento sia naturale, che lo svezzamento sia dettato dai tempi della natura e che i nostri animali non vengano mai abbattuti prima dei 30 mesi di età. Per scelta, non abbiamo un punto vendita fisico. Non esiste un nostro animale al banco, le sue carni vanno prenotate e solo
quando tutte sono state destinate al consumo umano, decidiamo di abbattere un animale. Abbattiamo i nostri animali in azienda, per evitare lo stress del viaggio al mattatoio, a nostro avviso, sofferenza del tutto evitabile. Ogni vita è un dono. La nostra, la loro. Quella dell’erba, quella dei fiori: per questo, il concetto di economia circolare trova una perfetta attuazione nel nostro progetto d’impresa. Come nostro manifesto, abbiamo scelto che il sacrificio di un animale, oggi come un tempo, non sia vano. Ogni parte dell’animale viene utilizzata, creando oggetti eterni, totalmente naturali, senza l’utilizzo di materiali inquinanti.
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calde temperature della nuova stagione, viene raccolta a mano ciuffo per ciuffo, in mezzo all’erba è lavata, cardata, pettinata e poi filata per la realizzazione di capi di maglieria. Il grasso perirenale, ricco di importanti nutrienti, è destinato alla produzione di saponi artigianali, detergenti e shampoo solido. Oltre a non contenere materiali plastici, i nostri saponi sono completamente realizzati con materie prime organiche, che rispettano la pelle e l’ambiente. Veder correre e giocare i nostri bisonti per l’allevamento è un’emozione nuova ogni giorno per noi e per chi ci viene a trovare. I bisonti sono schivi, poco socievoli con l’uomo; difendono il loro territorio e, da buoni guardiani della natura, mal accettano l’intrufolarsi degli umani. Per questo li alleviamo utilizzando la tecnologia, che ci permette di monitorarli con attenzione ma mantenendo sempre il dovuto rispetto e distacco.
La carne di bisonte apporta fosforo, rame, zinco e le importanti vitamine B6 e B12 per circa 105 Kcal/100 grammi oltre al 70% di ferro in più rispetto al manzo (photo © carnipregiate.it). Le sue pelli vengono conciate al vegetale e lavorate su misura dai nostri esperti artigiani per realizzare scarpe, giacche, cinture, borse e altri accessori. Le sue ossa diventano utensili contemporanei, le corna
oggetti di design come occhiali, bottoni e gioielli. Persino i suoi tendini vengono da noi utilizzati come corde e fili di grande resistenza. La lana, che naturalmente perdono in estate per adattarsi alle più
I bisonti sono animali schivi, poco socievoli con l’uomo, difendono il loro territorio e, da buoni guardiani della natura, mal accettano l’intrufolarsi degli umani. Per questo li alleviamo allo stato brado, senza l’uso di antibiotici. Usiamo invece la tecnologia, che ci consente di monitorarli con attenzione mantenendo il dovuto distacco
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Proprietà nutrizionali di una carne ipocalorica e nutriente È alquanto buffo pensare che un bisonte, così imponente e selvaggio, possa essere associato al pesce; eppure la sua carne, oltre che essere una vera prelibatezza per palati che cercano un sapore elegante, è una grande alleata per chi presta attenzione al proprio benessere. Il bisonte fornisce una carne magra, con circa 105 Kcal/100 grammi, il 70% di ferro in più rispetto al manzo, buona presenza di Omega-3 e Omega-6, solo lo 0,035% di colesterolo, circa l’1,4% di grassi. Inoltre contiene fosforo, rame, zinco e le importanti vitamine B6 e B12. Gusto e tenerezza imbattibili La carne di bisonte è deliziosa e ben si adatta ai gusti contemporanei in fatto di carne bovina. Ha un aspetto brillante, appetitoso ed un gusto eccellente. Estremamente tenera, altamente digeribile, si scioglie come burro in bocca. Ha un sapore rotondo, elegante, persistente al palato, con una punta di dolcezza. Viene venduta fresca (bistecche, tagliate, tartare, hamburger, ribs, T-Bone,
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Carni Pregiate vende carne di bisonte fresca, senza necessità di maturazione, essendo già di per sé estremamente tenera. Il colore è rosso acceso, il sapore rotondo, con una punta di dolcezza, elegante, persistente al palato (photo © carnipregiate.it). bistecche disossate), risultando di un colore rosso acceso. Fantastiche le tartare, in griglia superlativa ma stupefacente nelle lunghe cotture a bassa temperatura. Proprio per la sua versatilità è amata dagli chef per preparazioni gourmet. Qualità tutta italiana La nostra carne è venduta fresca e non necessita di frollatura in quanto è già estremamente tenera. Alleviamo e macelliamo in Italia secondo le stringenti normative di igiene e qualità delle carni italiane. Alleviamo i nostri animali allo stato brado, senza
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l’uso di antibiotici. La loro alimentazione è composta di erba e fieno, integrata con cereali e minerali, in modo personalizzato per ogni capo. Una mangiatoia intelligente li pesa ed eroga la giusta quantità di cibo, mentre monitoriamo la salute di ogni animale controllando i dati direttamente dal nostro ufficio in allevamento. Massimiliano Gatti Carni Pregiate carnipregiate.it Nota Fonte: taste.pittimmagine.com
Maturmeat® e Cuomo Method® fonte di garanzia a tutela della salute del consumatore La corretta maturazione delle carni è scienza e sapiente attesa del tempo. Tecnologia e metodo migliorano la materia prima nel rispetto della tradizione e della sua natura
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a storia della frollatura ci regala un’immagine iconica che appare ancora come “romantica”, con le carni appese dentro le botteghe dei macellai e le teste
fuori a indicare la fresca macellazione. Inoltre, un tempo, i macellai applicavano un metodo empirico per scongiurare un eccessivo calo peso delle mezzene: erano soliti
far vedere le carni appese con la pelle. Ovviamente, queste pratiche innescavano comunque notevoli contaminazioni microbiche, con presenza di funghi, muffe e odori
La chef Maddalena Tessitore felice del suo Maturmeat® nel ristorante Dogana Golosa di Caserta.
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sgradevoli e conseguenze deleterie sulla salute delle persone. Nasce da qui l’abilità dei macellai nel frollare la carne “alla bella e meglio” nella propria bottega, con un processo non controllato ma necessario a scongiurare l’evidente imputridimento del prodotto e ad anticipare i tempi di commercializzazione, a scapito di una maturazione sicura ed efficace. Oggi, per fortuna, il mondo della macelleria è molto più responsabile, anche perché una simile pratica sarebbe a dir poco improponibile, per la mancanza dei minimi requisiti igienico-sanitari e per la necessaria combinazione di parametri basilari utili a garantire le condizioni di un processo di frollatura ottimale, come la verifica di temperatura, umidità e ventilazione, principi fisici in grado di governare in un range sicuro il valore del pH. Ricordiamo che tra i fattori principali che influenzano in modo sostanziale la fase di pre-frollatura, tutti riconducibili al benessere animale, vi sono: il trattamento, l’alimentazione, la temperatura ambientale, le condizioni e la durata del trasporto degli animali al macello. Elementi, questi ultimi, che incidono molto sullo stress pre-macellazione, tanto da influire sulla tensione della muscolatura, abbassando, e a volte annullando, gli zuccheri muscolari, oltre ad alterare il colore, la consistenza e la funzionalità proteica del muscolo. È importante sapere che la norma fissa in sei giorni dalla data di macellazione la durata per le carni fresche refrigerate. Purtroppo, oggigiorno, si trovano spesso in commercio generi di carni originarie di Paesi lontani, macellate da svariate settimane e confezionate per affrontare lunghi viaggi. E tanto le mezzene quanto i diversi tagli anatomici, spesso conservati sottovuoto, non subiscono alcun processo di maturazione e la carne, viaggiando per decine di giorni nelle celle frigorifere di camion o navi, subisce una trasformazione non controllata, con tutte le conseguenze e i rischi alimentari del caso.
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Giovanni Eremita accanto al suo Maturmeat® nella suggestiva Braceria Eremita di Ruvo di Puglia (BA). Comprensibile, quindi, quanto questi processi siano importanti, tanto ai fini di un risultato gastronomico ottimale quanto a garanzia della salubrità del prodotto. Ad ogni modo, per raggiungere tali obiettivi, le macellerie, le griglierie, i ristoranti e le steakhouse hanno l’opportunità di far maturare la propria carne con un metodo e un dispositivo brevettati: a tal proposito
arriva in loro soccorso il Maturmeat®, armadio-vetrina brevettato che si avvale del Cuomo Method®, che consente una maturazione delle carni ottimale e igienicamente sicura, grazie a una sonda intelligente che verifica e governa la pHmetria, ricorrendo allo stimolazione dei soli parametri fisici come temperatura, umidità e aerazione, replicando naturalmente il microclima ideale
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A sinistra: a Melito di Napoli (NA) la nobile carne maturata nella famosa Macelleria Gourmet O’ Sistimato. A destra: il Maturmeat® fa bella mostra di sé nell’elegante cornice di UP Ristorante Enoteca a Velletri (Roma). senza alcuna manipolazione o sofisticazione chimica. Oggi si sa che i tempi di maturazione variano a seconda del risultato che si desidera ottenere in termini organolettici. Nel processo di frollatura, ossia di trasformazione del muscolo in carne e successivo periodo di maturazione, studi scientifici, pubblicati sulle più autorevoli riviste internazionali di settore, sottolineano che i miglioramenti sostanziali riguardano tre indici di incremento: la concentrazione e la persistenza del gusto, la morbidezza delle fibre e l’aumento dei valori nutrizionali. Altro parametro, invece, è la colorazione che assumono le carni maturate: in presenza di ossigeno, si verifica infatti l’ossidazione del-
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le pareti esterne e le parti delle lombate non ricoperte da grasso si ossidano, cambiando colore dal rosso vivo fino alle varie nuance del cioccolato. Nella maturazione è assolutamente naturale che questo avvenga, per cui la carne sarà solo esternamente asciutta e ossidata, mentre all’interno risulterà rossa, fragrante e succulenta. Una bistecca maturata correttamente si potrà consumare in totale sicurezza anche cruda, sotto forma di carpaccio o tartare, perché avrà subito processi controllati che garantiscono la totale assenza di proliferazioni batteriche, funghi o muffe nocive. È fondamentale chiarire che l’influenza di questa tecnologia, specificatamente riferita all’im-
piego dei soli tre parametri fisici fondamentali, determina solo benefici miglioramenti sulle proprietà organolettiche e nutrizionali degli alimenti. Sarebbe incongruente, infatti, promuovere un metodo che per distruggere i batteri ha la necessità di degradare e impoverire anche gli alimenti. Etica, gusto, sostenibilità e salute, sono i punti cardinali di questa opportunità. E non serve altro se si usa il Maturmeat®.
>> Link: www.stagionellostore.com
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Roast beef ai sapori d’Irlanda dello chef Simone Rugiati Un piatto healthy, saporito e versatile da gustare a casa o da portare con sé durante una gita all’aria aperta, per assaporare tutto il buono di una materia prima di eccellenza
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empo di pranzi all’aperto e picnic nella natura: Bord Bia propone la ricetta a base di scamone di manzo irlandese dello chef SIMONE RUGIATI, ambassador della carne irlandese per l’Italia: un roast beef ai sapori d’Irlanda servito a temperatura ambiente con vignarola — ricetta tipica della tradizione laziale preparata con le verdure di primavera nel momento in cui sono di stagione — stufata e accompagnato dalla sua salsa di cottura. Questo piatto permette di
assaporare pienamente il gusto della materia prima. «Stiamo parlando di un taglio e di una preparazione che piace a tutti e che consente di gustare il vero sapore della carne irlandese» afferma lo chef. Una carne di manzo buona per natura, proveniente da bovini che vivono al pascolo e si nutrono principalmente di erba fresca. Un prodotto che si contraddistingue per il sapore intenso, il tipico grasso dorato (golden fat) e il caratteristico color rosso borgogna, risultato di un’altissima concentrazione di be-
tacarotene. Una proposta semplice e versatile, perfetta sia da gustare a casa che da portare con sé per una gita fuori porta, come spiega lo chef: «Io l’ho proposta con verdure di stagione, ma si può personalizzare in mille modi. La carne è magra, molto digeribile ed evitando il fondo di cottura resta un piatto healthy ma saporito. Se avanza si può utilizzare anche in un panino! Inoltre, è semplice da gestire durante i servizi: la consiglio a casa ma anche ad attività del settore ristorativo».
Simone Rugiati.
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Roast beef ai sapori d’Irlanda INGREDIENTI PER 4 PERSONE Per l’arrosto di scamone irlandese: scamone di manzo irlandese intero a temperatura ambiente • 1 testa d’aglio • 4 steli di rosmarino fresco • 4 ciuffetti di salvia fresca • 20 grammi di pepe nero in grani • sale Maldon q.b. • 50 grammi di burro • ½ bicchiere di vino bianco secco. Per la vignarola: 100 grammi di piselli novelli sgranati • 100 grammi di fave fresche sgranate • 2 carciofi spinosi • 4 cipollotti bianco fresco • 1 cuore di lattuga • 2 spicchi di aglio • 2 cucchiai di olio evo • sale e pepe nero in grani • ½ bicchiere di vino bianco secco • 50 grammi di Pecorino romano Esecuzione Per la carne: come prima cosa si inizia dalla lavorazione della carne, protagonista assoluta della ricetta. Rimuovere il tessuto connettivo esterno: si tratta di quella sorta di pellicola trasparente che avvolge la carne che si riesce a togliere anche solo con le mani. Dopodiché, bisognerà rimuovere il tessuto connettivo più resistente, la parte bianca. Inserire la punta del coltello al di sotto di queste parti prestando attenzione a non rovinare la carne a contatto con esse e scorrere la lama delicatamente. Una volta che lo scamone sarà pulito bisognerà solo legarlo in modo tradizionale, assicurandosi di non stringere troppo. Unire il pepe nero (una parte pestata), a piacere strofinare con 2 spicchi d’aglio schiacciati e massaggiare lo scamone assicurandosi che ne sia completamente ricoperto. In una padella grande, rosolare lo scamone a fiamma medio alta, con olio extravergine e burro. Questo procedimento è essenziale per un’ottima riuscita della ricetta: è importante quindi che ci si assicuri di scottare ogni lato della carne, di modo che, sigillandosi, ne conservi tutti i succhi all’interno. Trasferire lo scamone su una teglia da forno e inserire sotto la legatura salvia e rosmarino, di modo che in cottura diano aroma alla carne; unire la testa d’aglio tagliata a metà in teglia e cuocere in forno ventilato a 190 °C fino al raggiungimento di una temperatura al cuore di 54 °C, sarà necessario all’incirca un’ora/un’ora e mezza a seconda del forno. Un termometro da cucina è indispensabile per questo passaggio. Si può aggiungere anche una vaschetta piena d’acqua all’interno del forno per creare umidità. Una volta cotta, coprire la carne con carta forno e stagnola e lasciare riposare a temperatura ambiente; deglassare il fondo della teglia utilizzata sul fuoco con il vino bianco, far evaporare l’alcol, lasciare ridurre, filtrare e lasciare in caldo. Per la vignarola: pulite i carciofi, pelandoli sul gambo ed eliminando le foglie esterne, tagliateli in due con un coltellino, eliminate il fieno del cuore e, infine, tagliateli in sei spicchi. In una casseruola, meglio se antiaderente, mettere l’olio, gli spicchi d’aglio in camicia schiacciati, i carciofi e i cipollotti tagliati a rondelle grossolane e rosolare per qualche minuto, poi sfumare con vino bianco, aggiungere i piselli e le fave (se si vogliono rendere le fave più dolci, prima sbollentarle per un minuto, raffreddarle e schiacciarle in modo da eliminare la pellicina esterna) e bagnare con un mestolo di acqua calda. Aggiungere sale e pepe macinato al momento nell’ultimo minuto di cottura, e unire anche il cuore di lattuga, tagliato finemente. Servire disponendo sul piatto delle fette sottili di roast beef e adagiare on top la vignarola, la salsa di cottura e una spolverata di pecorino romano.
Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2021 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivate a quota 13,5 miliardi di euro, con una crescita del +4% in più rispetto all’anno precedente. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, nel 2021, a 170 milioni di euro e una crescita dell’1%. >> Link: www.irishbeef.it
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COMUNICARE LA CARNE
Uno studio esplorativo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
La comunicazione delle pratiche di sostenibilità nella filiera della carne e dei salumi Contesto e obiettivi della ricerca a sostenibilità della filiera delle carni e dei salumi è al centro dell’attenzione dei consumatori e dei policy-maker, come testimoniato dall’impegno delle politiche europee legate al Green Deal e alla strategia Farm to Fork, così come nell’ambito delle crescenti preoccupazioni riguardanti il benessere dell’uomo e degli animali. Per quanto l’analisi e la mappatura delle pratiche legate alla sostenibilità sia un tema di rilevanza ampiamente riconosciuto nella letteratura scientifica in modo trasversale nei differenti settori, quello della carne e dei salumi è stato oggetto di particolare attenzione da parte dei media generalisti e di determinati filoni di ricerca, soprattutto rispetto l’annosa questione della determinazione del reale impatto ambientale delle produzioni. La filiera delle carni e dei salumi, pertanto, si è ritrovata oggetto di attenzione e pressione crescente, ad ogni livello produttivo: allevamento agricolo, macellazione e trasformazione dei capi, così come a livello della distribuzione e del consumo. In assenza di una mappatura sistematica e ampia della filiera, almeno per il contesto italiano, che miri a ricostruire le pratiche di rendicontazione delle performance di sostenibilità, questo studio ha avuto il principale scopo di mappare le dimensioni della comunicazione e
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rendicontazione del settore a livello della trasformazione. Per questo studio preliminare il team di ricerca è composto da ricercatori e consulenti afferenti
all’Università Cattolica del Sacro Cuore, con competenze diversificate e complementari nelle discipline agrarie e zootecniche, economiche e giuridiche.
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Team di ricerca ALTIS – Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, fondata nei primi anni 2000 con lo scopo di diffondere, attraverso la ricerca, la formazione e la consulenza strategica alle imprese, la cultura del management responsabile, la conciliazione di competitività e responsabilità sociale d’impresa, la buona governance e l’internazionalizzazione sostenibile. Ha già realizzato in precedenza analisi sulla grande distribuzione organizzata e il comparto olivicolo-oleario. • SITO WEB: altis.unicatt.it • COORDINAMENTO: Stella Gubelli • RICERCATORI: Andrea Sartori, Francesca Romana Giannini
VIS – Valore Impresa Sostenibile, un progetto di ricerca-intervento dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, che si propone di coinvolgere e accompagnare imprese e organizzazioni della filiera del salume in un percorso di approfondimento e sviluppo di conoscenze e strategie per la sostenibilità. Ha già sviluppato uno strumento di assessment delle pratiche di sostenibilità delle aziende appartenenti alla filiera, basato sul modello del SAFA – Sustainability Assessment of Food and Agriculture Systems proposto dalla FAO. • Sito web: www.salumisostenibili.it • Coordinamento: Daniele Cerrato • Ricercatori: Andrea Caccialanza, Riccardo Torelli
OPERA – Osservatorio Europeo Per L’agricoltura Sostenibile, nato come Think-Thank a Bruxelles nel 2010 è un centro di ricerca attivo dell’Ateneo che si occupa di sviluppo di standard di sostenibilità metodologici e politici destinati alla comunità scientifica, alla partecipazione civile e privata, agli gli amministratori e decisori. Oggi è un network tra Ong, industrie, agenzie, amministrazioni e autorità impegnato nella ricerca, informazione, formazione del settore agroalimentare ed industriale. • Sito web: www.operaresearch.eu • Coordinamento: Ettore Capri
Campione e metodologia Il campione d’indagine è stato selezionato all’interno delle aziende italiane che operano nella lavorazione e conservazione di carne e produzione di prodotti a base di
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carne (Codice NACE C.10.1). Tra le 3.757 imprese attive censite dalla banca dati AIDA (Bureau van Dijk), sono state selezionate le 46 che superano due delle tre soglie dimensionali di riferimento per l’obbligo
di redazione di una dichiarazione non finanziaria in base alla normativa attualmente vigente (Direttiva 2014/95/UE e DLgs 254/2016) e che saranno appunto ridotte a due con la prevista approvazione della Corporate Sustainability Reporting Directive. Le pratiche di sostenibilità adottate da tali imprese sono poi state analizzate e valutate attraverso una metodologia articolata in due step (Figura 1): 1. una sezione generale valuta la presenza di strumenti di comunicazione e rendicontazione della sostenibilità (sito web e bilancio/report di sostenibilità), il relativo livello di evoluzione e la divulgazione, al loro interno, di eventuali obiettivi di miglioramento delle performance socio-ambientali; 2. la sezione tematica analizza le pratiche adottate per affrontare le tematiche della sostenibilità ambientale, sociale e di governance più rilevanti per il settore, individuate sulla base di un’analisi della letteratura scientifica, dei principali standard internazionali di rendicontazione ESG e dei bilanci di sostenibilità pubblicati dalle imprese analizzate. Ad ogni pratica è stato assegnato un punteggio compreso tra 1 e 2 a seconda del grado di evoluzione dell’approccio manageriale che esse denotano. Sulla base del punteggio ottenuto, le imprese nel campione sono state collocate lungo la scala di integrazione della CSR nelle strategie aziendali proposta da MARIO MOLTENI (2007). Principali risultati Dall’analisi (Figura 2) emergono approcci differenziati alla sostenibilità all’interno del campione, permettendo di individuare gruppi di imprese particolarmente impegnate in determinate aree. I temi relativi alla filiera (87,2%) e ai prodotti e consumatori (80,9%) prevalgono decisamente sui restanti, a indicazione di una comunicazione incentrata prioritariamente sulla dimensione produttiva e di una visione della sostenibilità fortemente ancorata ai
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Figura 1 – Temi di analisi
Figura 2 – Comunicazione per aree
prodotti e ai processi e all’identità territoriale. Risultano meno presidiate, invece, l’area ambientale (46,8%) e la dimensione di governance (44,7%). Tale evidenza non rileva necessariamente una mancanza di attenzione a tali tematiche a livello delle pratiche aziendali, quanto una minore consapevolezza dell’opportunità di divulgare le proprie pratiche gestionali in risposta alle istante avanzate dagli stakeholder legate a queste aree (consumatori, media, ONG e istituzioni pubbliche). Coerentemente con tali risultati, il 70% delle imprese analizzate si colloca nei primi due stadi, “informale” e “corrente”, della scala di Molteni, caratterizzati dall’attivazione di iniziative e pratiche relative a un numero ristretto di tematiche, con un approccio per lo più frammentario. Il restante 30% si ripartisce equamente tra lo stadio “sistematico”, che vede una più decisa formalizzazione e divulgazione di politiche e obiettivi di sostenibilità, e quello “innovativo”, nel quale la sostenibilità è riconosciuta esplicitamente come un’opportunità di vantaggio competitivo e una forma di differenziazione dai competitor. Le imprese di grandi dimensioni appaiono facilitate nell’avanzamento lungo il percorso, ma la presenza significativa di PMI negli stadi più evoluti conferma che un’efficace pianificazione e rendicontazione della sostenibilità può permettere alle aziende di minori dimensioni di colmare con successo il gap di partenza. In tale contesto, la diffusione di un approccio sistematico alla sostenibilità da parte delle imprese, grazie l’acquisizione e lo sviluppo di competenze specialistiche, appare una condizione imprescindibile per determinare un “salto di qualità” nel settore; un supporto nella fase di transizione potrà essere fornito dalle politiche di investimento pubblico e privato nell’agricoltura sostenibile. Nota Il report completo è disponibile agli indirizzi web altis.unicatt.it e www.salumisostenibili.it
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TUTTO IL BIOLOGICO, OGGI
Ismea, la spesa del 2021
Biologico, gli acquisti alimentari delle famiglie
La spesa per il bio è influenzata dalla pandemia ma anche dal ritorno al consumo fuori casa consumi domestici di prodotti certificati bio, a rendiconto del 2021, registrano una flessione del 4,6% rispetto all’anno precedente. Va detto che il 2020 è un anno
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con pochi precedenti in termini di valore degli acquisti realizzati dalle famiglie italiane, costrette al confinamento domiciliare. In tale contesto il mercato del biologico aveva realizzato delle ottime performance (+9,5% su 2019), con un incremento delle vendite superiore
al totale agroalimentare, anche in considerazione di una chiara attenzione al mangiar sano, particolarmente accentuata nei primi mesi dopo l’arrivo del Covid. Enucleata la spesa del 2020, se si confronta il 2021 con l’ultimo anno di normalità, emerge un quadro in linea con la
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Grafico 1 – Bio: variazione % su base annua
Fonte: elaborazione Ismea su dati Nielsen.
Grafico 2 – Bio Vs totale categoria: variazione % mercato bio a confronto con la rispettiva categoria dell’agroalimentare (2021)
Fonte: elaborazione Ismea su dati Nielsen. tendenza di crescita manifestata dal biologico nell’ultimo quinquennio. I 3,38 miliardi di spesa domestica del 2021 sono infatti del 4,5% maggiori di quelli rilevati nel 2019, ultimo anno pre-crisi. Il generale incremento dei prezzi e la manifesta inflazione che ha interessato anche l’agroalimentare negli ultimi mesi del 2021 concorrono all’aumento del valore del mercato del bio in termini nominali (Grafico 1). Dal confronto delle categorie di acquisto del bio con le omologhe del
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convenzionale (Grafico 2), emerge un sostanziale allineamento delle variazioni % caratterizzate, tuttavia, da diversi livelli di intensità. Si registra, ad esempio, una flessione generale nella vendita di frutta che però, nel biologico, è stimata del 8,7% mentre è dello 0,9% nel totale della frutta. Viceversa, in altri settori come latte e derivati, oli e grassi vegetali o uova fresche accade il contrario, con perdite per il biologico più contenute rispetto al totale delle rispettive categorie. Solo in alcuni
Grafico 3 – Mercato bio: composizione dello scontrino nel 2021
Fonte: elaborazione Ismea su dati Nielsen.
Sintesi delle dinamiche 1. La variazione della spesa Il bio ha evidenziato le stesse tendenze del comparto agroalimentare ma con un’intensità maggiore: a un 2020 caratterizzato da un’ottima performance commerciale (+9,5% a fronte di un +7,4% dell’agroalimentare complessivo) ha fatto seguito un rimbalzo negativo nel 2021 (–4,6% del bio a fronte di un –0,3% dell’agroalimentare). 2. Le categorie sotto la lente In un anno fuori dall’ordinario diverse categorie del bio confermano l’interesse dei consumatori: • carni (+13%); • pesce (+16,9%); • vino (+5,7%); Si tratta di categorie che, in peso assoluto, valgono insieme meno del 11,5%. Una conferma di un biologico in crescita soprattutto nei comparti dove l’offerta è meno rappresentata. 3. I canali di vendita I prodotti biologici continuano a essere veicolati soprattutto nei Super e Ipermercati (65,3%). Nonostante un parziale ritorno del consumatore alla normalità l’incidenza delle vendite presso la distribuzione moderna cresce rispetto al 2020 (+1%). 4. Incidenza del bio sull’agroalimentare Nel 2021, il peso del mercato interno del biologico resta stabile al 3,9% dell’agroalimentare totale che è stato caratterizzato dalle stesse dinamiche.
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Biologico: gli acquisti alimentari delle famiglie, spesa del 2021. casi l’andamento è di segno opposto. È quanto accade per derivati dei cereali, carni e bevande analcoliche. La distribuzione della spesa bio tra le diverse categorie di acquisto resta la stessa più volte analizzata nel periodo pre-pandemico (Grafico 3). Il carrello bio resta sbilanciato sui prodotti freschi e non trasformati, in particolare frutta e verdura dove il consumatore riconosce il valore aggiunto dato dalla certificazione. Questo comparto pesa, da solo, il 46,1%, mentre la quota dell’ortofrutta nella spesa agroalimentare italiana è ferma al 19,2%. Di contro, le referenze riferibili a carni o loro trasformati sono ancora poco presenti nel bio, nonostante la crescita che si registra ormai da un biennio. Una nota d’attenzione va alle vendite di latte e derivati, comparto che, nel basket bio, ha un’incidenza di 7 punti percentuali maggiore rispetto al totale della categoria agroalimentare (20,4% vs 13,2%), trainato soprattutto dalle ottime performance dei formaggi biologici. Consumi concentrati nel Nord Il 62,7% delle vendite di prodotti bio sono tracciate nel Nord Italia e presentano la stessa distribuzione territoriale del 2020. Rispetto al totale agroalimentare, è ancora il Mezzogiorno ad evidenziare un
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Bella la grafica della linea di prodotti bio di Ecològica dels Pirineus (photo © ecologicadelospirineos.com). mercato al consumo del bio sottotono. Com’era facilmente prevedibile, gli effetti indiretti di una crisi sanitaria così prolungata si sono amplificati tra i consumatori delle regioni del Sud, dove l’incertezza economica è maggiore e il potere d’acquisto non sempre consente una scelta libera di quei prodotti alimentari reputati più sicuri e sostenibili. Nonostante l’incidenza negli acquisti bio del Meridione sia ancora bassa e non in linea con le attese di crescita manifestate dal settore, le variazioni annue nelle diverse aree geografiche mostrano dei segnali incoraggianti proprio nel Sud, con un +3,1%. Si tratta, peraltro, dell’unica dinamica positiva quando si confrontano gli andamenti nelle vendite di biologico e totale agroalimentare. In definitiva, pure in un contesto in cui la quota di vendite dei prodotti bio rispetto al totale agroalimentare ha un’incidenza limitata, in termini di incremento percentuale nel corso del 2021 il Mezzogiorno si è messo in luce come area di crescita più rilevante. La tendenza negativa riscontrata nel Nord-Ovest per il
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2021 (–3,0%) dipende invece dal ritorno di alcune grandi città, dove gli acquisti di bio sono rilevanti (ad esempio, Milano e Torino), ad una situazione lavorativa caratterizzata da un parziale rientro in ufficio e da un’indiretta riduzione degli acquisti alimentari domestici. Super e Ipermercati rallentano La distribuzione moderna, con i Super e Ipermercati, resta il canale distributivo preferito dai consumatori di biologico, con un’incidenza aumentata dell’1,0% rispetto al 2020. Se si confrontano gli orientamenti col settore agroalimentare nel suo insieme, si delinea la maggior rappresentatività del canale “negozi tradizionali” che, per il bio, significa essenzialmente catena specializzata nella vendita di prodotti biologici e piccoli negozi di prossimità. Sono realtà importanti per il biologico, che regge bene quando si guardano i fatturati complessivi ma che, indubbiamente, ha perso quote di mercato con l’affermazione e la diffusione di apposite aree bio, sempre meglio rifornite, nella distribuzione moderna. Nel 2021 il canale
del “tradizionale” ha comunque subito un rallentamento rispetto al 2020, quando la prossimità territoriale e la marcata affermazione di driver legati a benessere e acquisto consapevole avevano guidato la scelta di molti Italiani. Resta positiva la performance dei Discount che, dopo il +9,4% del 2020, è l’unico canale in crescita anche nel 2021, nonostante molti consumatori possano finalmente tornare a mangiare biologico fuori casa e nei ristoranti. Il format dei Discount, vincente nell’agroalimentare in genere, si sta dunque affermando anche nel mercato del bio, facendo leva su un più profondo assortimento di referenze nel fresco, unito alla logica del prezzo conveniente che risulta efficace nell’attirare e far conoscere il bio a una nuova categoria di consumatori attenti alle offerte e al primo prezzo. Fonte: Ismea – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare Responsabile: Fabio Del Bravo Coordinamento tecnico: Antonella Giuliano Antonella Finizia Redazione: Riccardo Meo
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FIERE
MarcabyBolognaFiere riparte con una grande edizione! 12.000 ingressi e 900 espositori decretano il grande successo dell’unica fiera italiana dedicata alla marca commerciale. Da segnare già in agenda l’appuntamento con la prossima edizione il 18 e 19 gennaio 2023 al quartiere fieristico di Bologna
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arcabyBolognaFiere riparte da dove si era fermata a gennaio 2020, alle porte della pandemia. La 18a edizione, che si è tenuta nel quartiere fieristico di Bologna gli scorsi 12 e 13 aprile, si è chiusa con 12.000 ingressi: un numero che, insieme ai 900 espositori su 23.000 m2, decreta il grande successo dell’unica fiera italiana dedicata alla marca commerciale, una
vetrina delle eccellenze made in Italy dove la DMO (Distribuzione Moderna Organizzata) ha a disposizione più di 1.000 m2 per le proprie insegne. Imprese e professionisti sono tornati ad incontrarsi e stringere accordi visitando i cinque padiglioni della manifestazione, organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM, Associazione della Distribuzione Moderna. E gli stessi imprenditori,
insegne della DMO e buyer hanno già segnato in agenda la data della prossima edizione, la numero 19, che torna al suo calendario tradizionale di inizio anno con le giornate del 18 e 19 gennaio 2023. «MarcabyBolognaFiere — ha dichiarato a caldo ANTONIO BRUZZONE, direttore generale di BolognaFiere — è stata un successo oltre le aspettative. Siamo ripartiti dagli stessi numeri
MarcabyBolognaFiere è l’unica fiera italiana dedicata alla marca commerciale (photo © marca.bolognafiere.it).
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Consumi: meno male che c’è la marca del distributore Si consolida e cresce l’importanza dei prodotti a marca del distributore, anche a fronte dell’aumento dell’inflazione che si è generato nel post pandemia, ulteriormente influenzato dalle conseguenze della guerra in Ucraina. È quanto emerso durante il convegno “Marca del Distributore e consumatore nella società che cambia”, position paper di The European House-Ambrosetti e della ricerca di IPSOS, in apertura dell’edizione 2022 di MarcabyBolognaFiere. Sugli scaffali della Distribuzione Moderna sono oggi circa 70.000 i prodotti contrassegnati con il logo dell’insegna distributiva: si tratta di prodotti di qualità con un prezzo conveniente e un posizionamento mediamente inferiore del 20-25% rispetto ai prodotti a marca industriale. Il 43% degli Italiani ha dichiarato di avere acquistato in prevalenza, nel 2021, prodotti a marca del distributore. Dalla ricerca risulta infatti che l’anno scorso la MDD ha consolidato un percorso di crescita significativo in atto da quasi 20 anni. Parliamo di 11,7 miliardi di euro di fatturato (più che triplicato dal 2003) e una quota di mercato pari al 19,8%. Le previsioni del protrarsi delle tensioni inflattive per tutto il 2022 rendono probabile un ulteriore aumento delle vendite della MDD, già stimati in crescita al 24% di quota di mercato nel 2030 con 15 miliardi di euro di fatturato (fonte: The European House-Ambrosetti). Il 95% dei consumatori italiani conosce almeno una MDD e il 78% conosce anche quelle con nome di fantasia. I prodotti più acquistati sono gli alimentari confezionati, i surgelati, i prodotti per la cura della casa e della persona, le bevande non alcoliche, gli alimentari freschi e i prodotti per animali. Queste modalità di acquisto confermano tra l’altro la capacità della MDD di rispondere ai nuovi bisogni della società italiana, caratterizzata da tre driver: polarizzazione della condizione economica delle famiglie (“accessibilità” della MDD), cambiamento socio-demografici quali denatalità, invecchiamento, famiglie monocomponenti (da cui la scelta di prodotti “ready to eat”), e crescente attenzione alla sostenibilità e al benessere (la quota dei prodotti bio a marchio del distributore ha superato nel 2021 il 44%). La MDD si è evoluta nel tempo, con un’offerta ad alto contenuto qualitativo, di innovazione, sostenibilità, salute e benessere, riconosciuta anche dal consumatore che ne apprezza la capacità di rendere accessibile la qualità. L’81% degli Italiani ritiene che ci sia stato un progressivo miglioramento nell’offerta della MDD negli ultimi 10 anni. In particolare, il 55% ritiene che essa sia attenta ai temi legati all’ambiente e alla sostenibilità, e il 50% pensa che sia attenta ai temi etici e sociali. È stato analizzato anche il contributo della MDD alla crescita e al rafforzamento della dimensione industriale e competitiva della sua filiera di fornitura: una rete di 1.500 aziende MDD partner, con cui la distribuzione moderna instaura relazioni di collaborazione di lungo periodo (photo © Valeriy Muhmed). >> Link: adm-distribuzione.it
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Coop protagonista a Marca 2022: il segmento della marca privata per il colosso della distribuzione vale il 30% del fatturato Il prodotto a marchio Coop come un salvagente per i consumatori che si trovano a dover affrontare la crisi dei prezzi innescata prima dalla scarsità di materie prime post pandemia e poi dalla guerra in Ucraina: è questo il pensiero che ha accompagnato Coop a Marca 2022. «In tutti i momenti di difficoltà economica i consumatori hanno utilizzato il prodotto a marchio come uno strumento per affrontare il loro ridotto potere di acquisto»: ha dichiarato Marco Pedroni presidente Coop Italia e ANCCCOOP (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori). «Sia in pandemia quindi che in questa fase il prodotto a marchio sta incrementando la propria quota di vendita proponendo prodotti sempre più evoluti, articolati, buoni e a prezzi vantaggiosi». Nato più di 70 anni fa, il prodotto a marchio Coop anche nel 2021 ha proseguito il suo percorso di ridefinizione, portando sugli scaffali tutta la nuova offerta dei “rossi” (la linea di pomodori e derivati). E la crescita dei volumi nei primi due mesi per la nuova linea segna un +35% di vendite. Complessivamente la quota del prodotto si aggira intorno al 30% con un fatturato di circa 3 miliardi di euro, il 40% circa dei quali proviene da filiere a completa tracciabilità. Continuano a dare ottimi risultati le linee storiche Viviverde (il bio e l’ecologico), Fiorfiore (l’eccellenza gastronomica) e BeneSì (i prodotti salutistici) che crescono a due cifre; come buoni risultati sta dando la linea Origine (tracciabilità totale della filiera). «L’inflazione partita a metà del 2021 ha subito una grande accelerazione dovuta alla guerra, per questo dobbiamo aspettarci una crescita dei prezzi anche nei prossimi mesi. Al momento abbiamo trasferito sui consumatori non più di 2 punti e mezzo degli aumenti che in realtà nei listini hanno raggiunto anche i 10-12 punti di crescita. Capiamo che per ora il Governo sia intervenuto in soccorso delle famiglie solo sui beni energetici, ma ora è il momento di pensare agli altri beni di prima necessità come quelli alimentari, magari attraverso una mirata e temporanea sterilizzazione dell’IVA. Sappiamo che in questa fase non si può solo chiedere al Governo, ma noi ci stiamo già mettendo la nostra parte e siamo coscienti che da soli non riusciremo a preservare il potere di acquisto delle famiglie, soprattutto di quelle più povere e quindi più esposte a questi rincari», ha concluso Pedroni (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © coopalleanza3-0.it).
che avevamo nel 2020, quando il mondo si è fermato a causa della pandemia. Questa è l’unica manifestazione in Italia capace di interpretare le potenzialità e l’evoluzione del settore della marca commerciale, che a BolognaFiere trova ogni anno la sede più autorevole dove stringere accordi e favorire la crescita e l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, grazie ai rapporti con le insegne della DMO. Ringraziamo le insegne, gli espositori, i professionisti e i buyer, i nostri partner istituzionali, primo tra tutti ICE, e soprattutto ADM, l’Associazione della Distribuzione
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Moderna, che da sempre crede in questa manifestazione e continua a farla crescere con noi». «Il consumatore oggi sceglie la marca commerciale con sempre maggiore convinzione, motivato dai valori che la marca presidia: qualità, convenienza, ma anche i percorsi di sostenibilità e innovazione che la MDD sviluppa con i partner dell’industria» ha dichiarato CARLO ALBERTO BUTTARELLI, consigliere delegato di ADM. «Il patto di filiera si realizza con la MDD, dove l’integrazione tra produzione, distribuzione e consumatore raggiunge la sua massima espressione».
Molto partecipati i momenti di approfondimento per gli addetti ai lavori, promossi da ADM con The European House-Ambrosetti e Ipsos, e con IRI e IPLC, che in esclusiva per Marca hanno fornito dati e trend della marca del distributore in Italia e in Europa. Grande successo anche per le due aree Marca Fresh, dedicata ai prodotti freschi, e Marca Tech, dove le aziende hanno esposto le innovazioni del packaging. A fronte di una sostanziale tenuta della manifestazione rispetto ai livelli precedenti alla pandemia, Marca Fresh ha raddoppiato il proprio spazio espositivo, confermando l’interesse crescente
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In alto: Carlo Faresin, responsabile produzione e vendite, e Davide Maran, responsabile commerciale della Cooperativa Zootecnica Scaligera di Mozzecane (VR), presente sul mercato con linee di prodotto scottona, vitellone, sottovuoto, gelo, skin e bio. Stupendo il loro banco carni allestito all’interno di Marca. In basso: presso lo stand di Food Stage, Enzo Sisto con alcuni collaboratori.
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Marca è un appuntamento immancabile per il Gruppo Alcar Uno, presente a BolognaFiere anche con GlobalCarni e Generalfrigo. Alcar Uno è leader nella lavorazione delle carni suine e nella produzione di prosciutti crudi e, forte delle certificazioni e autorizzazioni, è presente sui mercati internazionali. Da sinistra: Fabio Mussi di Generalfrigo, Lorenzo Levoni di Alcar Uno con Matteo Barbieri e Michele D’Elia della Globalcarni.
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1) Alcuni pack del Gruppo Vercelli di Formigliana (VC), che con la linea “Il vitello di Casa Vercelli” offre una ricca linea di prodotti ready to eat e ready to cook di carne di vitello italiano, di prima qualità e di provenienza certa. 2) Un dettaglio dei burger del Gruppo Chiola, azienda piemontese specializzata nell'allevamento di suini, esposti a Marca 2022. 3) Splendidi tagli di bovino a marchio Consorzio Sigillo Italiano. 4) Gli investimenti sono il motore delle aziende: lo sa bene FABO SI, società di Massa Lombarda (RA) leader nell’affiancamento delle imprese per l’erogazione di finanziamenti a fondo perduto per il settore agroalimentare, che per la prima volta ha scelto MarcabyBolognaFiere per dare consulenza e supporto agli operatori. Allo stand in fiera, da sinistra, Marco Fabbri, titolare insieme al padre Giacomo di FABO SI, insieme ai collaboratori Jessica Baldini e Lorenzo Minguzzi.
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SOA Service 6DL FRV·q LO 6 2 $ " Ë XQ 6RWWRSURGRWWR GL 2ULJLQH $QLPDOH QRQ GHVWLQDWR DO FRQVXPR XPDQR LO FXL VPDOWLPHQWR WRWDOH RYYHUR WUDPLWH LQFHQHULPHQWR q LPSRVVLELOH /D QRUPDWLYD SUHYHGH TXLQGL OD FODVVLÀFD]LRQH H WUDWWDPHQWR GL JUDVVL H SURWHLQH DQLPDOL H UHODWLYR VPDOWLPHQWR R UHLPPLVVLRQH VXO PHUFDWR VRWWR IRUPD GL IDULQH SHW IRRG IHUWLOL]]DQWL DO ÀQH GL WXWHODUH H ULGXUUH DO PLQLPR L ULVFKL OHJDWL DOOD VDOXWH SXEEOLFD GHJOL DQLPDOL H GHL PDQJLPL DG HVVL GHVWLQDWL
Farine e grasso colato Stoccaggio e trasporto di materie animali destinate a diventare farine e grassi
Pet Food Recupero di scarti e contributo nella creazione del pet food per animali
Industria oleochimica Recupero degli scarti animali SHU O·LQGXVWULD ROHRFKLPLFD
SOA Service opera in 4 settori: • • • •
Farine e grasso colato 3HW IRRG ,QGXVWULD ROHRFKLPLFD )HUWLOL]]DQWL
Fertilizzanti Recupero di scarti di origine animale per partecipare alla realizzazione di fertilizzanti
Contatti Via Carrara Arginiello, 1/4– 48022 Lugo (RA) Telefono: 0545 291283 – info@soaservice.it soaservice@pec.it – www.soaservice.it
Consorzio Sigillo Italiano a Marca per un seminario sulla carne In occasione di MarcabyBolognaFiere Consorzio Sigillo Italiano ha proposto ai visitatori una speciale esperienza di degustazione, “Il Codice Sensoriale della Carne”, organizzata in collaborazione con l’Istituto Italiano Assaggiatori De Gustibus Carnis. L’evento è stato realizzato in particolare con la collaborazione di IURI MARTINATO e FERRUCCIO ROSSATO di De Gustibus Carni, ELISA GUIZZO, meat specialist e formatrice in materia di carni nel settore della ristorazione (blog Di Gusto in Gusto), GIOVANNI CAVASIN, che ha realizzato la battuta di carne al coltello, ELISA BAGORDO, dell’Agenzia Olimpia, per la gestione della comunicazione, e SIMONE MELLATO, per l’organizzazione dell’evento. Ispirato alla serie di monografie Codice Sensoriale, che approfondisce il meccanismo percettivo alla base del nostro comportamento, il seminario è stato articolato in due parti: una teorica, dedicata all’approccio psicologico, metodologico e merceologico della degustazione, e una pratica, focalizzata sull’assaggio guidato di diversi campioni di carne bovina certificata con il Sistema di Qualità Nazionale Zootec- Ferruccio Rossato e Iuri Martinato di De Gustibus Carnis, Elisa Guizzo, meat nia. Durante la prima sessione dell’incontro specialist, e Giuliano Marchesin, Consorzio Sigillo Italiano e UNICARVE. è stato teorizzato il linguaggio del prodotto interpretato dai sensi, fondamentale per comunicare correttamente le sensazioni e dare valore agli stimoli. A livello merceologico è stato spiegato come tradurre adeguatamente il collegamento tra il percepito e le variabili di lavorazione: razza, allevamento, alimentazione, macellazione, conservazione e cottura. La seconda parte è stata invece incentrata sull’analisi visiva e olfattiva della carne cruda e l’analisi gustativa, tattile e aromatica della carne cotta, con il supporto di mappe sensoriali. Al termine del seminario i partecipanti erano in grado di descrivere, misurare e valutare le sensazioni rilevabili nella carne e, di conseguenza, garantirne la qualità sensoriale. Questo appuntamento si inserisce perfettamente nella missione del marchio Consorzio Sigillo Italiano, nato proprio per rappresentare una garanzia assoluta sull’origine, la sicurezza alimentare e la qualità delle carni prodotte in Italia. «È stata decisamente positiva e premiata dalle visite di buyer e pubblico la presenza del Consorzio Sigillo Italiano a Marca 2022 con uno stand centrale, realizzato dal Consorzio Carni Piemonte e uno dall’OP Scaligera» ha dichiarato soddisfatto GIULIANO MARCHESIN, direttore del Consorzio e anima di UNICARVE. >> Link: www.sigilloitaliano.it
delle imprese e delle insegne per i prodotti freschi che trovano sempre più spazio nella distribuzione moderna organizzata. Durante la manifestazione sono state presentate soluzioni innovative del packaging, sempre più orientate alla sostenibilità ambientale, con un
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occhio al risparmio energetico e ai costi della logistica. Infine, Marca ha anche un cuore solidale: a conclusione della manifestazione, infatti, tutti i prodotti che le aziende espositrici hanno deciso di lasciare in fiera sono stati donati alla Caritas Diocesana di Bologna.
Prossimo appuntamento 18 e 19 gennaio 2023 Web: www.marca.bolognafiere.it
Eurocarni, 6/22
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Photo © Matteo Zin
MEAT FRANCHISING
Wagamama, nuovo locale all’interno del Bicocca Village
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agamama amplia la propria offerta nel capoluogo lombardo con uno spazio all’interno della Food Court del Bicocca Village, un “entertainment center” che accoglie il brand nell’area esterna di fronte all’ingresso del centro commerciale. Per wagamama questa è la settima sede italiana, la terza a Milano dopo quelle in Via S. Pietro all’Orto e nello Shopping District di CityLife: un nuovo locale con uno spazio interno per 168 coperti e 20 dipendenti. 96
Il concept, gestito in Italia dalla società C&P (Chef Express e Percassi), è una catena di ristorazione specializzata nel segmento del casual dining. Il locale offre un menù di oltre 50 piatti, spaziando dalle bowls di ramen alle profumate zuppe di noodles, proposte vegane e versioni mini per i bambini, il tradizionale donburi, una grande ciotola di riso cotto a vapore e servito con carne e/o verdure, il teppanyaki, noodles saltati sulla griglia con carne, verdure e/o pesce, i bao al vapore e i gyoza,
ravioli ripieni di pollo o gamberi, verdure, maiale, anatra, fino ai piatti iconici come il pollo katsu curry. Per finire, un’ampia selezione di fresche centrifughe preparate al momento e una piccola selezione di dessert ispirati ai sapori asiatici. Oltre alla proposta del ristorante e all’ingresso dedicato per ordinare e ritirare take away in sicurezza, sarà presto disponibile l’opzione delivery, per la quale è stata creata un’apposita entrata con sala d’attesa per i rider. Eurocarni, 6/22
Conosci wagamama? wagamama propone una cucina di ispirazione giapponese, unendo cibo fresco e nutriente ad un servizio amichevole dal buon rapporto qualità-prezzo. Dall’apertura del primo ristorante a Londra nel quartiere di Bloomsbury nel 1992, wagamama è attualmente presente in 22 Paesi con più di 200 ristoranti. Il brand ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui il premio Confimprese 2018 come miglior format premium internazionale in Italia e il premio britannico per l’azienda migliore e più ammirata nei CGA Peach Hero e Icon Awards 2017. Sempre nel 2017 ha ricevuto il multiple casual dining
award come marchio dell’anno e, in precedenza, il CGA Peach Honours Award nel 2015 come “Best Evolutionary Brand”. Da ricordare anche il Consumer Choice Award nel 2014 (votato da oltre 20.000 consumatori inglesi) come brand numero uno del Regno Unito. wagamama è presente in Italia dal 2017, con 7 locali: nell’aeroporto di Malpensa, in centro a Milano (via San Pietro all’Orto, CityLife e Bicocca Village), nel centro commerciale di OrioCenter (BG), nel Designer Outlet di Serravalle e nel Parco Commerciale Da Vinci di Roma. >> Link: www.wagamama.it
Chef Express è la società che gestisce tutte le attività di ristorazione del Gruppo Cremonini, con oltre il 54% dei ricavi derivante dalle attività in concessione (stazioni, aeroporti e autostrade in Italia, e a bordo treno all’estero). In questo settore Chef Express è leader in Italia nel mercato dei buffet di stazione, con punti vendita in 49 scali ferroviari, è presente nel settore della ristorazione aeroportuale in 12 aeroporti italiani, e gestisce 54 aree di ristoro sulla rete autostradale italiana e sulle strade di grande comunicazione. Nel mercato della ristorazione a bordo treno Chef Express è leader in Europa con oltre 140 treni serviti quotidianamente in 5 Paesi Europei. Nel canale degli shopping mall, outlet e retail park opera con la società C&P (JV col Gruppo Percassi) che annovera in portafoglio il brand wagamama. Infine nella ristorazione commerciale controlla le catene casual dining Roadhouse Restaurant, Calavera e Billy Tacos, e la catena anglosassone Bagel Factory. C&P è la società nata nel 2019 da un accordo con il Gruppo Percassi e Chef Express per la creazione di un operatore di riferimento nell’offerta di ristorazione multibrand, dedicato al settore dei centri commerciali, shopping mall, outlet e retail park. L’azienda opera gestendo in licenza i marchi di Piadina di Casa Maioli, Caio Antica Pizza Romana e wagamama, locali distribuiti in Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Toscana. L’azienda ha un importante piano di sviluppo di nuove aperture per i prossimi anni.
Eurocarni, 6/22
MACELLERIE D’ITALIA
Gaidolfi Carni, macelleria e Beef Bar con degustazione di Wagyu piacentino di Federica Cornia
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iamo a Rivergaro, in provincia di Piacenza, piccolo centro della bassa Val Trebbia, dove la vallata inizia a restringersi e le colline annunciano le prime propaggini dell’Appennino ligure. In questo piccolo borgo, sulla riva destra del fiume Trebbia, Carlo Gaidolfi, insieme alla moglie Valentina Miserotti, ha dato forma alla sua visione di macelleria. La passione per i sapori genuini e l’attenzione per le carni pregiate lo accompagna da una vita: dopo gli studi alla scuola alberghiera e l’esperienza maturata lavorando in attività del settore, 15 anni fa ha rilevato la storica macelleria di Rivergaro, in attività dagli anni ‘70, e aperto la Macelleria Piasinteina. «Per 12 anni siamo rimasti in linea con la gestione precedente. Poi, due anni, fa abbiamo cambiato sede del negozio ed è arrivata per noi un’occasione di rinnovamento. Abbiamo cominciato a dar corpo alla nostra nuova concezione di macelleria. L’avevamo in mente da un po’: una macelleria con cucina, nella quale la somministrazione fosse agile e veloce». È nato così il Beef Bar, che già dal nome allude ad una formula più spiccia di quella di una normale braceria, con carne cotta alla griglia o al barbecue da abbinare, oltre a birre artigianali, anche a cocktail. «L’idea era quella dell’aperitivo abbinato al consumo di carne, diversa da quella della classica braceria. Il progetto è partito 5 anni fa con la ristrutturazione dei nuovi locali, poi è arrivata la pandemia che ha rallentato i lavori.
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Dopo il primo lockdown abbiamo deciso di aprire il locale comunque. Oggi — ci dice Carlo divertito — vedendo la scritta Beef Bar in molti entrano e chiedono un caffè. Questo mi fa pensare che devo trovare il modo per comunicare meglio il format. Alla fine, avendo la macchinetta, il caffè lo faccio comunque e intanto spiego anche la formula del Beef Bar».
Carlo, nell’unico ambiente dei nuovi locali, ha predisposto due zone separate col bancone dedicato in parte alla macelleria, una zona destinata alle celle frigo per la frollatura della carne e in parte alla somministrazione espressa della carne per il Beef Bar. «Il core business del locale — ci tiene a sottolinearlo — rimane comunque la macelleria. A questa affianchiamo
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A Rivergaro (PC) Carlo Gaidolfi, insieme alla moglie Valentina, ha dato corpo alla sua idea di macelleria unendo due proposte in un unico locale: da una parte macelleria, dall’altra Beef Bar per la somministrazione espressa di carne cotta al BBQ. Specialità: la carne di Wagyu piacentino. la somministrazione di carne cotta al barbecue, con affumicatore e legna locale. Si tratta di cotture a bassa temperatura e quindi molto lunghe. In base al tipo di carne e da quando inizia, la cottura può richiedere dalle 8 alle 10 ore. Il risultato è una carne più morbida, perché ci sono meno perdite di acqua, e dal gusto affumicato. Si può consumare sul posto o acquistarla da asporto. Confezionata anche sottovuoto, la si trova a banco, in buste monoporzione da rigenerare una volta a casa in acqua bollente. Le indicazioni su come procedere sono tutte sulle busta. Di solito diamo anche insalata e formaggio per fare il panino, oppure la serviamo direttamente nel piatto con gli stessi ingredienti». Il Beef Bar è aperto per pranzo durante la settimana e a cena solo il venerdì e il sabato perché c’è già la macelleria che fa orario continuo. Una proposta alternativa in paese, dove le macellerie sono confinate in un discount e al supermercato, che punta a richiamare un target giovane con una formula agile e accattivante. Carlo ci racconta anche di un altro progetto avviato, tutto da sviluppare: «Qualche anno fa ho iniziato una collaborazione con un veterinario di Piacenza, il primo ad importare da queste parti embrioni di Wagyu, circa 12 anni fa, quando ancora non era una moda. Nel tempo si è costruito una mandria di capi di Wagyu piacentino. Mi riserva 8 capi l’anno. La macellazione avviene in macelli autorizzati della zona». Eurocarni, 6/22
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Carlo Gaidolfi e Valentina Miserotti.
L’assortimento del banco di Gaidolfi Carni. Naturalmente la carne di Wagyu finisce sia nei panini, cotta al barbecue, che nel piatto, cotta alla brace, che a banco vendita. È un progetto su cui Carlo punta molto: «Il nostro obiettivo è offrire un prodotto un po’ diverso. A Piacenza non c’è nessun altro che alleva Wagyu sul territorio. Abbiamo creato anche un sito per le vendite on-line della carne di wagyu: wagyupiacenza. com. Per il resto il banco macelleria di Gaidolfi Carni è quello di una macelleria di paese». E specifica meglio in che senso: «è sempre tutto organizzato in maniera stagionale per cui, in inverno, troviamo i tagli per il bollito, perché da noi c’è ancora chi fa il brodo, per poi arrivare alla stagione primaverile ed estiva, dove l’offerta è più rivolta a tagli diversi, come per esempio le bistecche con osso, le tagliate e gli spiedini di manzo. Per utilizzare e valorizzare la parte
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anteriore del bovino, i cui tagli di solito sono destinati, perché più adatti, a preparazioni invernali e a lunghe cotture, li metto in insalata o realizzo salumi cotti. Per esempio la “pancetta di manzo cotta”, da mangiare in alternativa al roast beef o alla carne salada. Ovvio che non si tratta propriamente di un salume perché non c’è stagionatura ma è carne arrotolata e poi tagliata a fettine sottili che in comune con il roast beef ha questa modalità di servizio. In inverno vendere le parti anteriori è più facile, d’estate diventa più difficile, per questo creo proposte di preparazioni alternative». L’ottica di Gaidolfi Carni è quella di un consumo etico e consapevole di carni locali. «Cerchiamo di far consumare le parti anteriori anche d’estate, altrimenti dovrei acquistare dei capi esteri, cosa che non corrisponde al mio intento.
Così invece uso fornitori locali. L’obiettivo infatti è quello di rimanere sul territorio. I miei fornitori hanno piccoli allevamenti. Le razze predilette sono la razza Piemontese o un incrocio con la Piemontese». Oltre alla carne bovina Carlo a banco ha mantenuto anche la carne equina, un lascito dell’attività precedente. In macelleria, dotata di laboratorio interno, si lavora tutta la carcassa dell’animale. Le frollature, ci dice, sono abbastanza classiche: dai 40 ai 50 giorni sulla parte posteriore, dai 10 giorni per la parte anteriore. Non mancano a banco i pronti a cuocere, diventati un must: «L’unica differenza è che prima dell’apertura del Beef Bar ne preparavamo di più, mentre ora ci teniamo su preparazioni classiche perché vogliamo sviluppare il discorso di macelleria-gastronomia attraverso il Beef Bar» Insomma, da fare ce n’è per Carlo, la moglie e i loro giovani collaboratori. Federica Cornia Gaidolfi Carni & Beef Bar Via Trebbia 1 29029 Rivergaro (PC) Telefono: 0523 958716 Web: www.gaidolfi.it
Eurocarni, 6/22
BELLE BOTTEGHE
Visita al salumificio artigianale Passamonti
Salami morbidi e ricette identitarie di Riccardo Lagorio
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n un piccolo paese marchigiano costruito di mattoni ocra, si nasconde una delle più preziose testimonianze di norcineria non compromessa dalla sfrenata ricerca di modernità e incrinata dai falsi miti della tecnologia. Si cela in un edificio del Settecento, Palazzo Rossi, proprio di fronte al casino di caccia La Palombara dei Marchesi Pelagallo. Era il 1956 quando CANDIDO PASSAMONTI, tornato dall’Australia, dove si era fermato qualche anno in cerca di fortuna, aprì un piccolo laboratorio di trasformazione di carne. E lì, tra l’Adriatico e i Sibillini, i nipoti CANDIDO e CLOTILDE sono prosecutori di un’incantevole saga familiare dove i salumi vengono realizzati con metodi tradizionali, carni locali e senza l’uso di conservanti. Un indirizzo che va tenuto in buon conto se si passa da queste parti. Terra di ciauscolo, che qui chiamano salame morbido perché per vantare il nome (si tratta di una IGP) bisogna sottostare a regole che solo l’industria può seguire. Il loro salame morbido è, quindi, al pari di
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tutto ciò che si produce in queste tortuose stanze (il palazzo ha mantenuto la sua originaria struttura), privo di conservanti. La macinatura di spalla e pancetta è relativamente più grossolana che in altre aree dove storicamente si trova questo salume, in particolare la montagna. Più ci si avvicina al cuore dell’Appennino, più il salume è generoso di grasso. «Il Fermano è una zona più ricca rispetto alla montagna. Pertanto le condizioni economiche si sono incrociate con quelle climatiche e hanno dato vita a un salume che non necessariamente aveva una funzione energetica, ma di piacere. Quindi con l’aggiunta di più carne e addizionando poi solo aglio, sale, pepe e un pizzico di scorza d’arancia». C’è anche la versione in vasetto, che andrebbe definita “crema di suino spalmabile” e va strofinata sul pane caldo. Chi ama i sapori forti può scegliere l’adattamento con peperone e peperoncino. Nella coppa di testa, altro prodotto clou dei fratelli Passamonti, si protrae il profumo di agrumi con un
tocco di scorza di limone, accompagnato da mandorle, noce moscata e olive tenere d’Ascoli. «Ogni prodotto di salumeria ha un proprio condimento, una propria identità» sottolineano i Passamonti. Dettaglio non sempre facile da riscontrare nella elaborazione dei salumi in quanto i preparati di spezie imperversano un po’ ovunque. Facilità d’impiego o incapacità di formulare una propria ricetta? Difficile a dirsi: certo è che queste scorciatoie vanno a favorire la standardizzazione dei salumi. «Ogni prodotto deve avere un proprio gusto» rimarcano. La produzione vanta poi salami lardellati, lonze, lonzini e il salame di fegato. In questo caso il fegato suino è pari a circa il 6% dell’impasto totale, che segue la ricetta del salame spalmabile con una porzione maggiorata di scorza d’arancia. Tutto riporta a un perfetto equilibrio di parti morbide e compatte, di aromi regolati da antiche gestualità. Una squisitezza locale è il salame arricchito da semi d’anice dal vicino borgo di Castignano e peperoncino.
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In alto: a sinistra, il centro storico medievale di Monte Vidon Combatte. A destra, alcuni salumi del Salumificio artigianale Passamonti. Nel particolare, la crema di suino spalmabile, perfetta sul pane caldo. Il prodotto di punta del piccolo laboratorio è il prosciutto stagionato per un minimo di 18 mesi. All’assaggio si registra un piacevolissimo incontro di dolcezza e sapidità con un delicato sentore di affumicato dato dal legno aromatico arso nel grande camino della sala asciugatura. Un
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metodo lento e complicato ormai pressoché in disuso ovunque che conferisce dal gusto inconfondibile soppiantato da camere a temperatura e umidità controllate, sicuramente più comode e rapide ma che non riportano agli stessi risultati. Nell’antico granaio, trasformato
in sala di stagionatura, i pavimenti sono in cemento per permettere la traspirazione e la riproduzione delle muffe utili alla stagionatura. «Ad Ancarano, all’interno di una ex tartufaia, si sta allevando il suino Nero d’Abruzzo. Viene cresciuto allo stato semibrado e le carni risultano più marezzate del suino bianco. Il sapore è più intenso e la carne appare più matura». Fattosi prosciutto, lo si riconosce a prima vista dallo zampetto lasciato intero. In bocca è una leccornia che esprime al meglio la marezzatura, dolce e sapida, e lo stile totalmente artigianale della casa. Nella macelleria, di non meno importanza, carni fresche e salsicce che attendono solo di essere messe sulla griglia. Riccardo Lagorio Salumificio Passamonti Via G. Leopardi 10 63847 Monte Vidon Combatte (FM) Telefono: 0734 656109 E-mail: cpassamonti@libero.it Web: facebook.com/passamontisalumi
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LA QUALITÀ
Il Cordero Segureño IGP di Riccardo Lagorio
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ell’Unione Europea vengono allevati più di 70 milioni di ovini e caprini (85% di ovini e 15% di caprini), spesso cresciuti in aree economicamente fragili come le regioni montuose. L’Irlanda produce agnelli pesanti (di peso superiore ai 13 kg), in alcuni stati meridionali come la Grecia e l’Italia si allevano agnelli leggeri, mentre la Spagna e la Francia hanno una produzione mista. Proprio la Spagna, con oltre 9,7 milioni di capi ovini macellati copre il 27% della produzione europea, seguita da Romania (6,3 milioni e 17% della produzione) e Grecia (4,3 milioni che rappresenta il 12% di capi macellati). L’Italia e l’Irlanda seguono a ruota, con 3 milioni di capi ed esprimono ciascuna l’8% della produzione europea. Nell’ultimo anno il Paese iberico ha incre-
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mentato dell’11,3% la produzione in termini di peso, collocandosi intorno alle 8.000 tonnellate e, dopo la caduta subita tra dicembre 2021 e febbraio 2022, il prezzo della carne d’agnello è da qualche mese in costante recupero. Nel nostro Paese, tra le carni rosse, il consumo di agnello è del tutto marginale rispetto alla carne bovina e suina (circa l’1,6%); in Spagna rappresenta una percentuale quasi doppia benché si sia dimezzata rispetto al 2006, quando il consumo era di 2,67 kg pro capite (dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentación, Sector ovino y caprino de carne en cifras). Analizzando più in dettaglio il consumo di carne d’agnello, c’è evidenza sia maggiore in corrispondenza di quei territori dove esiste una denominazione di origine: la
Spagna protegge la propria carne di agnello con 4 IGP. La più caratteristica è quella del Cordero Segureño, allevato sulla Cordigliera betica, cioè dove le province di Albacete, Almería, Granada, Jaén e Murcia si toccano, in territori dall’altitudine media di 500 metri sul livello del mare e con clima continentale. La pecora Segureña deve il nome all’area montana di Segura, nella parte nordorientale dell’Andalusia. «Gli ovini di questa razza, riconosciuta ufficialmente nel 1978, si sono adattati alle condizioni marginali e difficili della zona, caratterizzata da scarsa vegetazione. Si potrebbe definire una razza atletica, buona arrampicatrice e pascolatrice, con un’evidente propensione alla produzione di carne» spiega CRISTÓBAL A LMENARA G ARCÍA , agronomo e direttore tecnico del mattatoio di
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In alto: il Cordero Segureño IGP viene allevato nella parte nordorientale dell’Andalusia sulla Cordigliera betica dove le province di Albacete, Almería, Granada, Jaén e Murcia si toccano, in territori dall’altitudine media di 500 metri sul livello del mare e con clima continentale. A pagina 104: la carne del Cordero Segureño è dolce e succulenta, non è caratterizzata dal forte aroma di agnello, e all’assaggio risulta morbida e fine (photo © carniceriacanadas.com). Huéscar, in provincia di Granada, dove ha anche sede il Consorzio di tutela. Il capo è di media dimensione e il tronco si presenta privo di lana e corna; il vello è bianco uniforme e il ventre è glabro. Gli agnelli in particolare mostrano un aspetto agile e gracile. «Fu l’Associazione Nazionale Allevatori di Ovini della Segura (ANCOS) a promuovere l’ottenimento dell’IGP e dopo quasi 10 anni di lavoro, nel dicembre 2013 l’Agnello della Segura venne iscritto nel registro europeo» ricorda Almenara García. Per poter vantare l’IGP l’agnello deve essere nato e allevato in maniera semi-estensiva nell’area prevista dal Disciplinare. Al momento della nascita agli agnelli viene applicato un auricolare che garantisce la provenienza da genitori di razza di Segura. La macellazione e il sezionamento vengono di solito effettuati nella zona di allevamento, ma si possono eseguire anche fuori da essa.
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La carcassa deve avere un peso variabile tra 9 e 13 kg e presentarsi senza difetti, con carne rosata e un livello di copertura di grasso bene distribuito. Con un sistema a catena le due mezzene vengono marchiate con inchiostro alimentare dalla testa alle zampe posteriori. Ad esse viene fissata un’etichetta numerata con il contrassegno dell’IGP. «L’importanza di questi allevamenti ha effetti benefici sul territorio e sul paesaggio, oltre che sull’economia» rimarca Almenara García. Tra le operazioni di promozione in capo al Consorzio di tutela, va segnalato il coinvolgimento di alcuni ristoranti locali che assicurano la presenza del Cordero Segureño IGP durante tutto il corso dell’anno. Cuevas Alkadima di Huéscar fa parte del gruppo di questi esercizi. «La carne IGP è gustosa e succulenta. Malgrado la presenza di grasso, apporta un alto valore nutrizionale. Dal punto di vista organolettico
non ha forte aroma di agnello, è morbida e fine. Per questa ragione i nostri piatti più richiesti sono l’agnello al forno, le costolette di agnello alla griglia e le crocchette d’agnello», afferma il proprietario RAÚL GARCÍA RUIZ. Per la sua delicatezza il migliore vino di accompagnamento è di uva Vigiriega, pressoché scomparsa e che si sta recuperando sull’Alpujarra da parte della cantina Señorío de Nevada (senoriodenevada.es). Il bicchiere aromatico ricorda l’ananas e la pesca bianca e cede spazio a un gradevole amaro finale celando il buon grado alcolico. Il modo migliore per gustare il territorio. Riccardo Lagorio Asociación IGP Cordero Segureño Calle San Francisco 50 11830 Huéscar (Granada) Telefono: +34 663930877 E-mail:info@igpcorderosegureno.com Web: igpcorderosegureno.com
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PRODOTTI TIPICI
I prodotti delle Podoliche di Andrea Gaddini
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l ceppo Podolico è un gruppo di razze bovine Grigie di grande rusticità, diffuse in Italia e nei Balcani, discendenti da un’unica popolazione originaria, probabilmente arrivata in Europa insieme alle migrazioni umane dell’era neolitica. Molto popolari fino ai primi decenni del Novecento, per le loro eccezionali doti di resistenza nel lavoro, furono quasi spazzate via dall’avvento della
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meccanizzazione, e solo alcune di esse riuscirono a sopravvivere grazie ad una selezione per i caratteri di produzione carne. Le razze Podoliche si caratterizzano per una grande frugalità, essendo in grado di vivere e produrre con risorse alimentari di bassa qualità e di pascolare in zone impervie, non accessibili alle razze più selezionate. Un’altra caratteristica positiva di queste razze è di
essere associate a prodotti locali tipici, che vantano quindi un’immagine di tradizionalità, sicurezza e legame con il territorio, in linea con le richieste che emergono dai consumatori. I prodotti alimentari legati alle podoliche sono spesso protetti dai marchi dell’UE, la Denominazione di Origine Protetta (DOP), l’Indicazione Geografica Protetta (IGP) e la Specialità Tradizionale Garantita
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In alto: il peposo, ricetta toscana simile ad uno spezzatino. Il tipo di cottura necessita di una carne come il muscolo che, con le sue nervature di connettivo e di grasso, diventerà lentamente morbida. Si prepara tradizionalmente con la carne di razza Maremmana. A sinistra: esemplare di Podolica al pascolo nell’altopiano della Sila.
(STG) o sono registrati dalle singole Regioni come PAT (Prodotto agroalimentare tradizionale). Carni e prodotti a base di carne in Italia La IGP Vitellone bianco dell’Appennino Centrale, istituita con Regolamento europeo il 20 gennaio 1998, comprende le carni di bovini macellati tra i 12 e i 24 mesi, allevati in varie province delle regioni Emilia-
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Romagna, Marche, Lazio, Umbria, Abruzzo, Molise e Campania, di razza Chianina, Marchigiana e Romagnola. Le ultime due razze fanno parte del ceppo Podolico, mentre la Chianina è normalmente considerata non Podolica, nonostante la forte somiglianza con la razza Marchigiana, che ha avuto origine da insanguamenti di tori Chianini su vacche Podoliche marchigiane. Diverse carni delle razze Podoliche
sono registrate come PAT: la regione Emilia-Romagna conta la carne bovina di razza Romagnola, Vidlò, Tor, Burela (vitellone, toro e vacca) e la carne della razza bovina Marchigiana, quest’ultima è registrata anche dalla Regione Marche. La razza Romagnola è anche inserita nell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food, che raccoglie i prodotti tradizionali e le razze locali. La carne della Romagnola era ed è
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La carne della Grigia ungherese è tradizionalmente usata per la preparazione del pörkölt, lo stufato di carne con paprika e cipolle noto come gulash.
utilizzata per il tipico lesso romagnolo, con il relativo brodo destinato a cuocere cappelletti, passatelli e garganelli. La carne della razza Maremmana è registrata come PAT dalle regioni Toscana e Lazio e inserita nell’Arca del Gusto e come presidio Slow Food dall’omonima fondazione. In passato è stata studiata la possibilità di istituire una IGP, ma l’idea è stata abbandonata per gli alti costi e le ridotte produzioni. Un’antica ricetta della tradizione toscana legata alla carne di
Maremmana è il peposo, uno stufato fatto con i tagli più ricchi di connettivo, cotto a fuoco molto basso per varie ore con vino rosso e pepe in grani. Il piatto è noto perché il BRUNELLESCHI lo avrebbe modificato con l’aggiunta delle spezie, per proporlo come pasto agli operai che costruivano la cupola del Duomo di Firenze, e la cottura lenta avveniva all’imboccatura delle fornaci nelle quali si cuocevano i mattoni per la cupola. La regione Lazio ha registrato come PAT il vitellone di Itri, prodot-
Le razze rustiche, tra le quali le Podoliche, rispondono perfettamente allo scopo di garantire un allevamento sostenibile, a basso impatto sull’ambiente e sul clima, con la loro capacità di fornire prodotti sfruttando risorse marginali e con la loro resistenza alle avversità climatiche e ambientali, richiedendo tra l’altro meno interventi veterinari, farmacologici e tecnologici
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to nell’omonimo comune in provincia di Latina, nella zona dei monti Ausoni ed Aurunci. È un meticcio risultante da Maremmana e Podolica, incrociato di solito con Marchigiana in F1, anche con possibile incrocio F2 ancora con Marchigiana. La razza Podolica è registrata come PAT in varie regioni: si contano la carne Podolica lucana, la carne Podolica calabrese, la carne di bovino Podolico dalla regione Campania e nella regione Puglia la carne Podolica, bovino pugliese. Anche per la razza Podolica è stata studiata la possibilità di istituire una IGP, che per il momento non è stata messa in atto. La razza bovina Podolica calabrese e la Vacca podolica del Gargano sono anche registrate come presidi Slow Food e inserite nell’Arca del Gusto insieme alla vacca Podolica della Basilicata. Esiste anche una limitata produzione di salsicce e salami di carne di bovino Podolico, pura o miscelata
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con carne suina. Questo tipo di prodotti non è molto comune in Italia, dove si preferiscono quelli di suino, mentre è molto più diffuso nei Paesi balcanici, che vantano una tradizione per questo tipo di salumi. Carni e prodotti a base di carne all’estero In Croazia la carne della razza istriana (Istarsko Govedo) è utilizzata per produrre salami misti con carne suina, in rapporto di circa 1:1, aromatizzati con tartufi, erbe aromatiche o vino Terrano locale. Si producono anche salsicce aromatizzate con Malvasia e affettato freddo di coscia in olio extravergine di oliva. I prodotti sono commercializzati dall’Agenzia statale per lo sviluppo rurale dell’Istria (AZRRI – Agencija za ruralni razvoj Istre) usando i nomi tradizionali che venivano dati ai bovini istriani, come Bakin, Kaparin, Morožin, Viola e Gajardo. In Ungheria la IGP Magyar szürkemarha hús riguarda le carni della razza Grigia ungherese (Magyar szürkemarha), che è stata inserita dalla Fondazione Slow Food nell’Arca del Gusto e che manifesta una forte somiglianza con la nostra Maremmana. La razza è allevata al pascolo da aprile a novembre e la sua carne contiene soltanto una minima quantità di grasso intramuscolare (circa l’1,2%). Questo prodotto ha un forte richiamo per i consumatori ungheresi per il suo legame con l’epopea dei mandriani della puszta (la vastissima steppa ungherese) e con la loro vita in un ambiente molto difficile, spesso ai confini della legalità. L’attrattiva verso la carne DOP della Grigia va al di là della zona di produzione, e si estende a tutta l’Ungheria. La carne della Grigia ungherese è tradizionalmente usata per la preparazione del pörkölt, lo stufato di carne con paprika e cipolle, da noi conosciuto come gulash, che valorizza tagli di carne di minore tenerezza. Il nome gulash deriva dal termine gulyás-leves, ossia la zuppa del mandriano. Il pörkölt, nella tradizione dei mandriani ungheresi, è cotto in grandi pentoloni e accompagnato dalla puliszka, una sorta di
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La Grigia bulgara, con carne piuttosto grassa, si usa per la produzione di insaccati come il salame Smyadovska lukanka.
polenta di grano tenero, oppure da pasta molto cotta. Altra specialità dei mandriani della puszta sono le palacsinte, delle crêpes ripiene di carne macinata. La razza Grigia ungherese fornisce tradizionalmente anche prodotti non alimentari molto apprezzati, come le ampie corna e vari oggetti fabbricate con esse. In Serbia la carne della razza locale, la Podolsko goveče, inserita nell’Arca del Gusto di Slow Food e usata per la produzione del tradizionale Podolski goulash, derivato dall’analogo ungherese. Oltre al goulash la carne della Podolica serba è usata nella regione di Bačka Topola, al confine con l’Ungheria, per produrre salsiccia essiccata e affumicata, pasticcio di carne, prosciutto, carne secca stagionata e affettati di carne. La proposta di istituzione di una denominazione geografica per la carne presso l’Unione Europea incontra l’ostacolo del basso numero di capi allevati, che rende insostenibili i costi per
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la procedura di registrazione e per la successiva gestione. In Romania la razza Sura de Stepǎ è stata inserita dalla Fondazione Slow Food nell’Arca del Gusto e non si segnalano particolari prodotti di carne. In Bulgaria la razza Grigia bulgara (Balgarsko Sivo Govedo), anch’essa inserita nell’Arca del Gusto, ha una carne piuttosto grassa, particolarmente adatta per la produzione di insaccati, ed è una delle due tipologie di carne usata per la produzione di Smyadovska lukanka, un salame tradizionale. Tra i salumi registrati con denominazioni geografiche si conta il Gornooryahovski Sudzhuk della regione di Veliko Tărnovo, di sola carne di bovino, aromatizzata con pepe nero, cumino e santoreggia, che dal 2011 ha ottenuto dall’Unione Europea la registrazione come Indicazione Geografica Protetta (IGP) e le Specialità Tradizionali Garantite (STG) Pastarma govezhda,
di sola carne bovina cruda pressata e stagionata, e la Lukanka panagyurska, insaccato misto di bovino o bufalo e suino. In Grecia la carne della razza Katerini è usata, insieme a quella del suino nero greco, per produrre salsicce, da consumare cotte, aromatizzate con porri e spezie, soprattutto origano locale, e affumicate con legno di faggio, secondo una ricetta tradizionale. Si produce inoltre il pastrami, prodotto da pezzi interi di manzo della coscia, marinati e ricoperti con grani interi di spezie e peperoni. Anche questo prodotto è affumicato e cotto lentamente su legno di faggio, e si consuma soprattutto per riempire panini. La Katerini fornisce inoltre nella zona di produzione della Tessaglia, carni pregiate ai ristoranti, anche gestiti dagli stessi allevatori. Le carni sono anche vendute come specialità gastronomiche nei negozi di Atene e Salonicco. La carne della
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razza Sykià è venduta localmente. L’Austria non ha dato origine a razze podoliche, ma il Parco nazionale di Neusiedlersee-Seewinkel, ai margini della steppa pannonica, forma un tutt’uno con il parco nazionale ungherese Fertő-Hanság Nemzeti Park. Nel parco si allevano capi della razza Grigia ungherese, localmente detta Steppenrind. La carne di questi bovini rifornisce ben sedici ristoranti convenzionati, che servono specialità di podolica, come le salsicce Steppenrindwurst o il prosciutto bovino, che sono anche venduti on-line, soprattutto in Austria. In Ucraina la razza podolica locale, la Razza grigia ucraina, è stata inserita dalla Fondazione Slow Food nell’Arca del Gusto. La carne della razza è magra, dato che il grasso tende a depositarsi nello strato sottocutaneo, anziché come grasso di marezzatura. Non si segnalano prodotti a base di carne ottenuti da questa razza. Formaggi Le razze podoliche erano specializzate nella produzione del lavoro, ma le condizioni estremamente disagiate delle regioni in cui vivevano le rendevano di fatto a triplice attitudine. In diversi luoghi di allevamento venivano munte nel passato e fornivano una piccola quantità di latte, oltre a quello destinato al vitello, con un alto tasso di grasso e proteine, destinato soprattutto all’uso familiare. Nel Sud Italia la razza podolica fornisce tuttora la materia prima per la produzione di formaggi molto pregiati, anche se la scarsa quantità di latte disponibile porta spesso ad integrarlo con quello di razze lattifere specializzate come la Bruna Alpina e la Pezzata Nera. Il caciocavallo silano, formaggio di latte di vacca semi-duro a pasta filata, protetto fin dal 1955 con Decreto del Presidente della Repubblica, e registrato come DOP nel 1996. Il formaggio è prodotto in varie province di Calabria, Campania, Molise, Puglia e Basilicata.
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Il caciocavallo Podolico del Gargano riconosciuto come presidio Slow Food, mentre diverse regioni hanno registrato delle PAT, come il caciocavallo podolico dauno della Regione Puglia, il caciocavallo podolico lucano, della Regione Basilicata, il caciocavallo podolico e il caciocavallo podolico dei Monti Picentini della Regione Campania e il caciocavallo podolico della Regione Calabria. Il cacio di Vacca bianca è un formaggio a pasta morbida ottenuto da latte generalmente di razza Marchigiana o Podolica, prodotto in tutto il territorio della regione Abruzzo, che lo ha registrato come PAT. Il latte delle Podoliche è anche usato per produrre altri latticini, come la ricotta, ed altri formaggi, come la mozzarella, la scamorza o il primo sale. Nei Balcani invece le Podoliche oggi di solito non vengono munte, e quando lo sono il latte viene piuttosto utilizzato tal quale, visto che la produzione del formaggio di latte vaccino non è molto comune nelle tradizioni gastronomiche locali, mentre c’è preferenza per i formaggi di latte ovino e caprino. Conclusioni Come è noto è molto diffusa una “informazione” secondo la quale l’allevamento, e in particolare quello bovino, sarebbe il principale responsabile del cambiamento climatico, tramite la produzione di gas a effetto serra. Un recente convegno dell’IFAD (International Fund for Agricultural Development), il fondo delle Nazioni Unite per lo sviluppo agricolo, ha decisamente smentito questa valutazione, attribuendo agli allevamenti solo il 5% delle emissioni dirette, e il 14% di quelle indirette, invitando anche ad utilizzare per il calcolo sistemi di stima più affidabili, come quello della FAO, organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura. Il convegno dell’IFAD ha messo anche in luce l’importanza vitale dell’allevamento zootecnico per la sopravvivenza di molte popolazioni,
Caciocavallo podolico, varietà prodotta esclusivamente con il latte delle vacche Podoliche (photo © Claudio Rampinini).
il suo grande rilievo sociale per l’occupazione in loco, e quindi contro l’emigrazione, e in particolare per l’occupazione femminile. Agli allevamenti è comunque richiesta una riduzione delle emissioni e più in generale dell’impatto sull’ambiente, e le scelte politiche legate ai gravi problemi derivati dal cambiamento climatico fanno sì che l’esistenza stessa degli allevamenti zootecnici venga messa in questione, o come minimo venga richiesta una riduzione del numero dei capi allevati. Le razze rustiche, tra le quali le Podoliche, rispondono perfettamente allo scopo di garantire un allevamento sostenibile, a basso impatto sull’ambiente e sul clima, con la loro capacità di fornire prodotti sfruttando risorse marginali, e con la loro resistenza alle avversità climatiche e ambientali, richiedendo tra l’altro meno interventi veterinari, farmacologici e tecnologici.
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Queste caratteristiche sono in linea con le richieste delle norme della Politica Agricola Comune del ciclo 2023-2027, che impongono, in particolare agli allevamenti bovini, una maggiore sostenibilità verso l’ambiente, il clima e il benessere animale, e una riduzione dell’uso di farmaci. Quindi le razze rustiche, comprese le Podoliche, non sono un residuo del passato, da conservare come in un museo, ma costituiscono una risorsa indispensabile per un nuovo sviluppo più sostenibile. Andrea Gaddini Bibliografia 1. BODÓ IMRE (a cura di, 2011), Characterization of Indigenous and Improved Breeds, Te-Art-Rum Bt., Budapest, Ungheria. 2. KARETSOS SOTIRIOS (2021), Comunicazione personale. 3. MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE , A LIMENTARI E F ORESTALI
(2021), Aggiornamento dell’Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali ai sensi dell’articolo 12, comma 1, della legge 12 dicembre 2016, n. 238. 4. ŠIMIC FILIP, ŠAKIĆ BOBIĆ BRANKA, ČOP TAJANA, GRGIĆ ZORAN (2018), Isplativost uzgoja Istarskog goveda. Proceedings of 53rd Croatian and 13th International Symposium on Agriculture, 18-23 febbraio 2018, Vodice, Croazia, pp. 170-174. 5. STOJANOVIĆ SRDJAN (2021), Comunicazione personale. Sitografia • AZRRI – Agenzia Sviluppo Rurale dell’Istria, www.azrri.hr/index. php?id=241&L=2 • Commissione europea eAmbrosia, Registro delle Indicazioni Geografiche dell’UE, ec.europa. eu/info/food-farming-fisheries/food-safety-and-quality/ certification/quality-labels/geographical-indications-register
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Carne secca, alimento dei pastori, è un PAT della Puglia
Muschiska, condensato di transumanza di Roberto Villa
Storia e legame col territorio: Dauni, Romani, Arabi ed Aragonesi a transumanza è un fenomeno che ha caratterizzato per secoli l’area appenninica centro-meridionale, la dura e scomoda vita dei pastori erranti — così meravigliosamente dipinta da GIACOMO LEOPARDI nell’omonimo sofferente canto, laddove l’Asia è unicamente presa a simbolo del remoto, tanto nel paesaggio quanto nelle imperscrutabili risposte dell’animo umano1 — si è caratterizzata attraverso riti, usanze, cibi. Tra questi ultimi la muschiska o mesciske dell’areale garganico, altrimenti nota come micischia o vicischia nei vicini Abruzzo e Molise. L’origine del nome sembra derivi dall’arabo mosammed, che significa “cosa dura, secca”, e che ha una relazione anche col termine mosciame, carne essiccata di tonno e di altri pesci diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo. Come per molti alimenti legati alla tradizione rurale, vieppiù per quella pastorale, non ci
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sono tracce scritte che consentano di datarne la nascita in modo esatto, pertanto è lecito supporre che già al tempo dei Romani, e fors’anche in precedenza, venisse prodotta con tecniche non molto dissimili dalle attuali. Insieme a formaggio e prodotti da forno secchi (taralli, scaldatelli, ecc…), accompagnati da qualche verdura sottolio, costituivano l’alimento principale nei lunghi periodi stagionali di transumanza dal piano al monte e relativo ritorno. La transumanza era un’attività talmente diffusa che nel 1447 re Alfonso I d’Aragona, ricalcando la struttura del Honrado consejo de la mesta (onorato consiglio della mesta) — un’associazione di proprietari di ovini transumanti della Castiglia, fondata quasi duecento anni prima — volle regolamentarla ed istituì quindi a Lucera la “Regia Dogana della mena delle pecore di Puglia”, trasferita poi a Foggia nel 1468 e soppressa solamente nel 1806 durante l’occupazione francese del Regno di Napoli.
I centri nella Puglia settentrionale maggiormente noti per la muschiska sono Sannicandro garganico e Rignano garganico, un prodotto analogo si trova in alcune aree montane abruzzesi e molisane. È inserita nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Puglia, depositato presso il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Descrizione del prodotto La carne di pecora, capra o più raramente di vitello, viene disossata, accuratamente sgrassata, stesa su un piano e abbondantemente salata su tutta la superficie con una concia composta di sale, aglio, peperoncino, semi di finocchio; nelle regioni limitrofe come l’Abruzzo si usano anche altre erbe aromatiche come il rosmarino o erbe di montagna. Segue l’essiccamento all’aria per almeno 20 giorni e il taglio in strisce larghe circa 2 o 3 cm e lunghe da 20 a 30 cm, per favorirne sia il trasporto sia il consumo (pre-tagliato, un po’
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La transumanza era un’attività talmente diffusa in queste zone che nel 1447 Alfonso I d’Aragona volle regolamentarla istituendo la “Regia Dogana della mena delle pecore di Puglia”, soppressa solo nel 1806. come il sushi, se vogliamo rifarci ad un cibo di un’altra cultura millenaria). Era uso in passato appendere le strisce in estate su un filo teso esposto al sole affinché perdessero ulteriormente umidità e si concentrassero i sapori. Oggigiorno, sebbene perda un po’ della romanticità indissolubilmente legata al prodotto, l’essiccamento a livello artigianale può essere fatto in forni a temperatura e umidità controllate per avere un risultato più rapido e costante. La conservabilità è ottima, sufficiente a passare tutta la stagione tra la primavera e la metà dell’autunno. Confezionata sottovuoto mantiene inalterate le proprie caratteristiche organolettiche e nutrizionali fino a 10 mesi ed oltre. Ne esiste oggi anche la versione più fresca e meno serbevole, ideale per una rapida cottura. Le razze locali impiegate per la produzione sono la pecora Gentile di Puglia, la capra Garganica e il
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vitello di razza Podolica, in tempi recenti si usano anche altre razze diffuse nell’allevamento. Occasioni di consumo, abbinamenti gastronomici e enologici Si può consumare sia cruda, come cibo rapido e pratico, da viaggio o per uno spuntino veloce — in un altro articolo su EUROCARNI n. 1/20222 ho raccontato quanto sia previsto in crescita il settore della carne secca e quanto potrebbero goderne le nostrane produzioni tipiche se ben valorizzate e promozionate — ma anche dopo averla sottoposta a cottura, ad esempio i pastori le scaldavano sulla brace ma nella versione più fresca si possono anche passare brevemente al forno o rosolate in padella. Il colore è bruno scuro per l’intensa ossidazione dovuta all’azione dell’aria ed eventualmente del sole. L’abbinamento enologico più frequente nella zona di produ-
zione è col Nero di Troia IGP, servito fresco, ma nulla vieta di accompagnarlo, sempre rimanendo entro i confini amministrativi regionali, con un Negroamaro DOC anche nella versione rosato o con un giovane Salice Salentino DOC Negroamaro o rosso (non monovarietale). La si trova nelle macellerie locali e la si può gustare nella sagra della carne di capra e della muschiska di Rignano garganico all’inizio del mese di agosto3. Roberto Villa Note 1. www.giacomoleopardi.it/?page_ id=6396 2. www.pubblicitaitalia.com/ it/carne/prodotti/eurocarni/2022/1/20274 3. www.prolocorignanogarganico. it/attivita/sagra-della-capra-edella-musciska * A pagina 114, muscisca del Gargano, photo © www.apuleat.it
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RAZZE
Razze Chianina, Marchigiana e Romagnola
Un po’ di Ucraina anche a tavola con l’IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale di Andrea Fioroni
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Le razze da cui si ottengono le carni certificate “Vitellone Bianco dell’Appennino centrale IGP” sono rustiche e ben si adattano a condizioni ambientali spesso difficili. Il loro mantello, costituito da peli bianchi che risaltano sulla cute nero-ardesia, gli consente di ben tollerare le radiazioni solari tipiche dei pascoli appenninici.
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n questi giorni bui per l’Europa e per il mondo, abbiamo iniziato a conoscere meglio l’Ucraina e la sua geografia. Nelle mappe militari proposte dai media, spesso appare nella zona il centroaltopiano granitico dove si trova Leopoli. Molte razze bovine allevate in Europa provengono anticamente dalla Podolia, regione compresa tra i Carpazi ed il Ripiano Podolico nell’Ucraina occidentale. Sono appunto le cosiddette razze Podoliche. Il ceppo Podolico è un antichissimo gruppo di razze bovine considerate le più dirette discendenti dell’uro (Bos primigenius), il bovino selvatico europeo che si estinse probabilmente nel diciassettesimo secolo. Le podoliche sono attualmente diffuse solo in Italia, nei Balcani, in Ucraina ed in Russia. L’uro era comune in Europa nell’età antica e può essere arrivato in Italia a seguito delle orde barbariche o forse già presenti nel Mediterraneo in epoche molto più antiche. C’è chi ritiene che i bovini podolici siano il risultato della domesticazione dei bovini selvatici, avvenuta direttamente in Italia. Oggi le razze podoliche diffuse in Europa sono: • Ukrainian grey, Ucraina; • Podolsko goveče, Serbia; • Sură de stepă, Romania; • Iskar, Bulgaria; • Istriana, Croazia; • Sykia, Grecia; • Hungarian grey, Ungheria; • Boskarin, Albania, Montenegro; • Katerini, Grecia;
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La diffusione delle razze Podoliche (photo © Andrea Gaddini). • • • • • •
Boz irk, Turchia; Slavonski podolac, Croazia; Maremmana, Italia; Podolica, Italia; Romagnola, Italia; Marchigiana, Italia. In Italia l’ANABIC gestisce il Libro Genealogico Nazionale delle 5 razze italiane da carne — Chianina, Marchigiana, Romagnola, Maremmana e Podolica —, discendenti da un medesimo ceppo originario. I bovini sono diffusi su tutto il territorio italiano, con prevalenza nelle regioni centro meridionali. Le aziende, che seguono la linea vacca-vitello, sono di piccole o medie dimensioni e situate per la maggior parte in zone collinari-montane. Attualmente le razze autoctone contano in totale 120.000 capi in selezione. Le loro ottime caratteristiche produttive e riproduttive, l’eccellente qualità delle carni le hanno rese famose in tutto il mondo, dove sono allevate con successo sia in purezza che in incrocio. Le razze rustiche: Maremmana e Podolica Rusticità è sinonimo di frugalità, resistenza costituzionale, capacità di vita in ambienti difficili caratterizzati da risorse foraggere scarse e discontinue. Maremmana e Po-
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dolica presentano queste preziose caratteristiche al massimo grado. Allevate con sistemi di allevamento completamente bradi, vivono all’aperto tutto l’anno in zone marginali dove si procacciano cibo e riparo dalle intemperie, partorendo senza aiuto e prodigando tutte le cure necessarie alla prole. In tali condizioni il loro tipo morfologico non può che distaccarsi da quello ideale dell’animale da carne; ciò non ne diminuisce l’importanza perché le loro produzioni, vitelli puri o meticci, sono le uniche in grado di assicurare un reddito a vaste zone dell’Italia centro-meridionale altrimenti destinate allo spopolamento e al degrado. In presenza di più favorevoli condizioni ambientali, Maremmana e Podolica dimostrano sorprendenti capacità di recupero e potenzialità di accrescimento prossime a quelle delle razze specializzate. Le razze specializzate certificate IGP: Chianina, Marchigiana e Romagnola Utilizzate in passato per il lavoro nei campi, Marchigiana, Chianina e Romagnola sono oramai da molti anni selezionate per la produzione di carne. Questa specializzazione appare evidente se si osserva la loro conformazione somatica. La mu-
scolosità è molto sviluppata in ogni regione del corpo e particolarmente nella parte posteriore, ricca di tagli pregiati. Il tronco è cilindrico, ben sviluppato in larghezza, lunghezza e profondità. La struttura scheletrica è solida e leggera, la giogaia ridotta, la pelle fine; tutto ciò si traduce in elevatissime rese di carne. L’ottima conformazione si accompagna ad altre preziose caratteristiche quali la facilità di parto, la vitalità dei vitelli, la buona attitudine materna, la precocità. Queste tre razze sono certificate IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale. L’Indicazione Geografica Protetta “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale” è stata la prima denominazione geografica di qualità per le carni bovine fresche approvata dalla Comunità Europea per l’Italia. Un sinonimo di garanzia per la salute di quanti lo includono nella propria dieta quotidiana. Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, una IG e un nome per indicare, certificare e garantire la carne prodotta dalle tre razze da carne tipiche dell’Italia centrale: Chianina, Marchigiana e Romagnola IGP è l’acronimo di “Indicazione Geografica Protetta”, uno dei due sistemi che l’Unione Europea adotta per riconoscere e proteggere i prodotti agroalimentari di qualità le cui caratteristiche sono strettamente legate e dipendenti dalla storicità e dalla zona tipica d’origine e produzione. L’espressione “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale” ha un significato ben preciso e ricco di contenuti: • “Vitellone”, perché con questo termine nel Centro-Italia vengono da sempre indicati i giovani bovini da carne di età compresa fra i 12 e i 24 mesi. A questa età la carne di queste razze resta molto magra e con una composizione in acidi grassi favorevole all’alimentazione moderna; • “Bianco” perché i bovini di queste razze hanno il mantello bianco (alla nascita è rosso fromentino, ma nei primi mesi di età cambia colore) che ben risalta sulla cute nero-ardesia e
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Con il termine “Vitellone” nel Centro Italia vengono da sempre indicati i bovini da carne di età compresa fra i 12 e i 24 mesi. che permette loro di tollerare ottimamente le radiazioni solari degli ambienti pascolativi; • “dell’Appennino Centrale” rappresenta l’indicazione di origine, perché questa è la zona dove, tradizionalmente, i bovini delle razze Chianina, Marchigiana e Romagnola sono allevati da oltre 1.500 anni, alimentandosi con foraggi e mangimi tipici dell’area. Il caratteristico profumo delle essenze dei pascoli appenninici di cui si nutrono gli animali si ritrova infatti nell’aroma della loro carne e contribuisce a distinguerla da tutte le altre produzioni. Le carni prodotte dalle razze Chianina, Marchigiana e Romagnola (le uniche a potere essere certificate con l’IGP “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”) si collocano tra le produzioni animali di alto pregio, anche grazie ad una fortunata combinazione che associa alla predisposizione genetica sistemi naturali di allevamento e di alimentazione. Il bovino IGP è considerato tra i più resistenti al clima tra le razze bovine: la sua adattabilità a terreni difficili lo rende un ottimo animale da pascolo. La moderna opera di selezione ne
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ha inoltre migliorato l’attitudine alla produzione di carne, tanto in termini di resa al macello che di qualità del prodotto. Preservare ed incentivare l’utilizzo di queste razze autoctone significa favorire il mantenimento dell’occupazione nelle aree di allevamento e dunque evitare lo spopolamento delle zone rurali marginali; problema, nelle zone montane della dorsale appenninica, tra i più gravi a livello sociale. Promuovere ed incentivare l’allevamento di questi bovini, storicamente presenti nei pascoli appenninici, significa preservare il patrimonio storicoculturale del territorio. L’ottenimento dell’IGP ha permesso a questa carne di qualità di assumere una propria identità sul mercato e staccarsi dalle altre produzioni non certificate. Proprio in tal senso è opportuno ricordare che l’IGP indica ai consumatori non solo le caratteristiche tecniche del prodotto, ma anche l’origine, il sistema di allevamento e alimentazione del bestiame, la provenienza di ogni singolo capo, dalla nascita al banco della macelleria o del punto vendita. Andrea Fioroni Zoonomo, agronomo Quality Sales Manager
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gni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, perse per sempre. La stragrande maggioranza si estingue per ragioni che hanno a che fare con qualche attività umana”. A queste allarmate parole di PAPA FRANCESCO riportate nell’enciclica Laudato si’ del maggio 2015 (laudatosi.va), il Parlamento europeo ha
risposto nel giugno 2021 con una risoluzione, la Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 (ec.europa. eu), impegnandosi a proteggere almeno il 30% sia delle zone terrestri e marine europee, oltre a preservare almeno il 10% di oceani e territori dell’UE. La biodiversità, ovvero la varietà e variabilità di tutte le forme di vita presenti sulla terra, è importante
perché permette lo sfruttamento di aree marginali riducendo l’impatto dei pericoli naturali, assicura un ambiente sano e sempre più numerosi studi sembrano confermare il nesso tra diminuzione della biodiversità e diffusione di elementi patogeni anche per l’uomo. L’abbandono dell’attività di pastorizia ha messo a rischio sopravvivenza numerose specie ovine che nel corso dei se-
Daniele Giordano è uno degli allevatori più attivi di Sambucana, con circa 200 capi. Le riconosce una ad una dal loro carattere, dalla forma del corpo o del muso.
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coli si sono adattate all’ambiente, hanno fornito latte, lana e carne, e mantenuto un ambiente idoneo alla presenza dell’uomo. Nel Cuneese azioni mirate da parte di enti pubblici e la sensibilità di privati hanno permesso di recuperare tre razze ovine che si avviavano verso l’estinzione. Il riscatto meglio riuscito è quello della pecora Sambucana. Per la tutela della razza si sono costituiti a Pietraporzio (CN), in alta Valle Stura, un Consorzio, L’Escaroun, un centro di allevamento di arieti e un Ecomuseo della Pastorizia. Nello stesso piccolo centro montano DANIELE GIORDANO è uno degli allevatori più attivi, con circa 200 capi. Le riconosce una ad una dal loro carattere, dalla forma del corpo o del muso. «La vita della pecora Sambucana è scandita dal ritmo delle stagioni: durante i mesi invernali trascorre le giornate in stalla in attesa della tosatura e della nascita degli agnelli. In estate il gregge pascola a Cima Montagnetta, a 2.324 metri». I parti avvengono tra fine settembre e aprile. «Vendiamo gli agnelli quando raggiungono i 20 kg di peso, dopo circa 2 mesi trascorsi con le madri. Se seguono il gregge in alpeggio diventeranno agnelloni e li denominiamo tardoun». Da Natale a giugno si può così contare su una quantità di latte sufficiente per produrre delle gustose tome. Frugalità e rusticità sono le caratteristiche salienti della Sambucana, adatta ai pascoli d’altura. Con semplicità e genuinità che traspare in ogni sua parola, Giordano spiega che «l’agnello pos-
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All’interno del Parco Naturale delle Alpi Marittime è Franco Fantino il Noè della pecora Frabosana-Roaschina, dal profilo montonino, corna appiattite e ricurve, avvolte a spirale nei maschi e all’indietro nelle femmine. siede una massa muscolare molto sviluppata, compatta e con assenza di grasso». Chi desidera provarlo, si dirige al Ristorante Della Pace a Sambuco (CN), solo qualche tornante più sotto, con i piatti cucinati da BARTOLOMEO BRUNA. In meno di un’ora di automobile si raggiunge Roaschia (CN), paese composto da 57 frazioni, molte delle quali oggi disabitate. All’interno del Parco Naturale delle Alpi Marittime è FRANCO FANTINO il Noè della pecora FrabosanaRoaschina, dal profilo montonino,
corna appiattite e ricurve, avvolte a spirale nei maschi e all’indietro nelle femmine. «La pecora Frabosana-Roaschina è una buona produttrice di latte: Raschera DOP e seirass del fen, la ricotta stagionata nel fieno, sono i due prodotti più significativi di questo suo attributo. Le zampe sottili e la taglia media hanno permesso a questa razza di sfruttare i pascoli più scoscesi e sassosi» commenta. La carne degli agnelli possiede un gusto molto delicato, specie se sono stati allevati solamente con latte materno. La carne degli ani-
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La pecora di razza Garessina è ridotta allo stato di reliquia: si contano meno di 100 capi iscritti all’albo genealogico. L’allevamento più significativo è quello di Paolo Sappa, che gestisce l’Agriturismo Ca’ del Duduro. mali adulti trova impiego in salami e mocette, salumi ottenuti da tagli di coscia o spalla messi in salamoia e poi lasciati stagionare. Ad un’ora da Roaschia, nella valle del fiume Tanaro, si incontra Garessio (CN). Qui la pecora di razza Garessina è ridotta allo stato di reliquia: si contano meno di 100 capi iscritti all’albo genealogico. L’allevamento più significativo è quello di PAOLO SAPPA, che gestisce l’Agriturismo Ca’ del Duduro. L’agnello farcito con castagne è il piatto più rappresentativo del locale. «L’esiziale decrescita del numero di animali è avvenuta a partire dagli anni ‘60 a causa dell’incrocio con altre razze. La Garessina però
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si è dimostrata ideale per questo territorio: pascolando tiene pulito il sottobosco e i castagneti, che non si possono sfalciare, li concima e con gli zoccoli crea un effetto drenante al terreno, evitando i tristi eventi di inondazione ai quali siamo abituati» rivela Sappa. Gli agnelli, macellati tra i 15 e i 18 kg, hanno un lento accrescimento: la razza stessa si presenta di taglia ridotta, dagli arti brevi e robusti. «Pensare di avere un reale ritorno economico da questo allevamento è un’utopia. Me lo sento più come dovere nei confronti del lavoro dei miei avi»: insomma, una missione. Riccardo Lagorio
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CONVEGNI
Si parla di PSA, allevatori e veterinari riempiono la sala È successo a Cremona il 20 aprile scorso, all’evento svoltosi nel prestigioso Palazzo Trecchi, che per la prima volta ha aperto le sue porte al mondo produttivo. Per delineare lo scenario nazionale e quali misure adottare per uscire dall’emergenza sono intervenuti i maggiori esperti in materia di Anna Mossini
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a prima volta degli allevatori a Palazzo Trecchi, Cremona: è infatti in quel prestigioso palazzo, sede dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI) e di EV Edizioni Veterinarie Srl, che il 20 aprile scorso si è tenuto il convegno “Emergenza PSA: un presente da gestire, un futuro da difendere”, organizzato da EV Edizioni Veterinarie, che ha potuto contare sulla partecipazione dei più autorevoli esperti a livello nazionale. «Dopo la scoperta delle prime carcasse di cinghiale risultate positive al virus della PSA — ha introdotto i lavori GIANCARLO BELLUZZI, medico veterinario e coordinatore dell’evento — era doveroso organizzare un incontro dedicato agli allevatori e ai veterinari per affrontare in tutte le sue pieghe un’emergenza sanitaria che in altri Paesi, a partire dalla Cina, come tutti ricorderanno, ha avuto e sta tuttora causando enormi problemi sia alla filiera suinicola che all’economia. Oggi, con la presenza dei maggiori esperti in materia, potremo quindi fare il punto nella speranza che, grazie all’adozione di tutte gli strumenti e le misure messe in campo, nel nostro Paese la malattia possa essere eradicata nel più breve tempo possibile».
Angelo Ferrari, Commissario all’emergenza PSA, durante il suo intervento.
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Una corsa contro il tempo E che la lotta alla Peste Suina Africana sia scandita da una vera
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e propria corsa contro il tempo è stato sottolineato in più occasioni dai relatori che hanno animato il convegno, posto che da inizio anno, quando nel Novarese è stata rinvenuta la prima carcassa di cinghiale positiva al virus della PSA, lenta e inesorabile la malattia, al momento di andare in stampa, ha purtroppo abbondantemente superato i 100 casi, interessando una vasta area compresa tra Piemonte e Liguria, senza però e fortunatamente mai arrivare a lambire gli allevamenti di suini presenti in zona, che soprattutto in Piemonte, e più precisamente nella zona del Cuneese, sono particolarmente numerosi: non dimentichiamo infatti che la regione si colloca al secondo posto, dopo la Lombardia, per produzione suinicola. Come abbiamo già illustrato in un precedente articolo uscito su EUROCARNI n. 3/2022 (“La PSA è arrivata in Italia, misure, task force e progetti a salvaguardia del settore”, pag. 28), all’indomani della scoperta della prima carcassa di cinghiale infetta tutte le istituzioni sanitarie competenti si sono mosse, a dimostrazione che il problema, o meglio l’emergenza, non è stata minimamente sottovalutata. Recinzioni e biosicurezza da adottare sia all’interno che all’esterno dell’allevamento sono al momento le uniche armi a disposizione.
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In alto: Vittorio Guberti, ISPRA, e Francesco Feliziani, del CEREP. Al centro: Giovanni Guadagnini, veterinario. In basso: la platea al convegno.
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In aiuto degli allevatori il MIPAAF stanzia un fondo da 15 milioni di euro Alla fine dello scorso mese di aprile il ministro delle Politiche Agricole, STEFANO PATUANELLI, ha firmato il riparto del Fondo biosicurezza, il decreto che suddivide tra Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana lo stanziamento per gli interventi strutturali e funzionali volti ad arginare le gravi ripercussioni sulla salute animale dei suidi e le pesantissime perdite economiche per l’intera filiera suinicola nazionale legati all’emergenza PSA. La dotazione del Fondo ammonta a 15 milioni di euro per l’intero 2022 e dà la priorità alle aree delimitate a causa dell’emergenza e alle province confinanti con quelle interessate dai provvedimenti di blocco della movimentazione degli animali. I criteri da rispettare per il riparto dello stanziamento prevedono la consistenza suinicola, la realizzazione di progetti di riduzione dell’uso delle gabbie, il numero delle strutture produttive a maggior rischio comprese quelle a uso familiare che praticano l’allevamento semibrado. Dal canto loro le Regioni hanno chiesto al Ministero di chiarire la tipologia di interventi finanziabili e i relativi beneficiari, la possibilità per le Regioni di intervenire con risorse proprie in aggiunta a quelle previste, il quadro di riferimento applicabile per gli aiuti di Stato.
Formare e informare Una vera e propria task force è stata messa in campo e, alla guida, il Ministero della Salute ha collocato ANGELO FERRARI, nominato infatti Commissario all’emergenza PSA. Un compito, il suo, non semplice. «In tutti i modi — ha scandito all’inizio del suo intervento — bisogna lavorare per scongiurare il passaggio della malattia dall’animale selvatico, il cinghiale, al domestico, quindi i suini presenti negli allevamenti della zona. Il Commissariato non ha i superpoteri e nemmeno una dotazione finanziaria particolarmente cospicua per poter intervenire anche a sostegno di quegli allevatori che oggi si ritrovano nella zona di restrizione e che, nonostante la malattia non sia entrata nelle loro porcilaie, sono stati costretti ad abbattere i loro animali e a rispettare un vuoto sanitario che durerà 6 mesi. Il virus si sta spostando verso ovest e per sperare nell’eradicazione dobbiamo agire con risposte veloci e concrete in un clima di grande coordinamento. L’eradicazione deriva infatti da un’efficace azione di contenimento che stiamo portando
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avanti con le risorse attualmente a disposizione. Con la condivisione da parte di tutti i Comuni che rientrano nella zona di restrizione di Liguria e Piemonte del tracciato su cui verranno installate le recinzioni volte a impedire ai cinghiali di invadere altri territori, pensiamo di riuscire a ultimare l’opera in tempi ragionevolmente brevi. In questo contesto non possiamo però non considerare l’importanza della formazione e della corretta informazione da indirizzare all’intera popolazione nazionale, perché il problema della PSA non riguarda solamente il mondo produttivo. A scanso di equivoci, va sempre ricordato che questa malattia non è contagiosa per l’uomo e quindi non esiste alcun pericolo per l’essere umano. Diverso il discorso se guardiamo la vicenda da un punto di vista economico: la diffusione della malattia in un allevamento, infatti, vuol dire la morte e/o l’abbattimento di tutti i suini presenti, un vuoto sanitario di 6 mesi e una perdita economica incalcolabile non solo per l’azienda zootecnica ma per l’intera filiera che rappresenta per la nostra economia
una delle voci più importanti. Nei giorni immediatamente successivi alle prime scoperte di carcasse positive alcuni Paesi, tra cui la Cina, verso la quale è destinata un’elevata percentuale di tagli che in Italia e in Europa non sono più richiesti, ha decretato il blocco alle importazioni dall’Italia. E sulla sua scia si sono incolonnati il Giappone, Taiwan, Messico, Perù, Filippine, Indonesia, Cuba, Thailandia, Vietnam e Serbia. Come si vede, una rosa non indifferente di Stati che hanno deciso, legittimamente dal canto loro, di tutelarsi. Cosa che altri Paesi potrebbero malauguratamente copiare». Una catastrofe economica «Nel 2021, rispetto all’anno prima, il nostro export di animali vivi, carni, frattaglie e carni trasformate di origine suina — ha sottolineato nel suo intervento DAVIDE CALDERONE, direttore generale di ASS.I.CA. (Associazione industriali delle carni e dei salumi) — ha registrato un +10,9% in valore, pari a un totale di 2,205 miliardi di euro. 181 milioni di euro (+1,3%) hanno interessato le carni, mentre per i salumi l’incremento rispetto al 2020 è stato del 12%, pari a un valore totale di 1,836 miliardi di euro. Nello specifico, verso i Paesi che ha elencato Angelo Ferrari l’Italia ha esportato nel 2021 carni e prodotti per un valore di circa 165 milioni di euro. Qualora la situazione epidemiologica legata alla PSA in Italia dovesse peggiorare, e la zona sottoposta a restrizioni subire un ampliamento interessando territori a maggior vocazione di prodotti di salumeria, stimiamo che il danno per l’intero comparto potrebbe arrivare a circa 60 milioni di euro per mancato export di carni e salumi per ogni mese di blocco. Una catastrofe che ovviamente auspichiamo di riuscire a scongiurare». Secondo quanto riportato dal Manuale Operativo sulle Pesti Suine redatto dal ministero della Salute in collaborazione con FRANCESCO F ELIZIANI e C ARMEN I SCARO , del Centro di referenza per le Pesti suine di Perugia, e da VITTORIO GUBERTI, dell’Istituto superiore per la protezione
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e la ricerca ambientale (ISPRA), una volta introdotto il virus si diffonde «tra le popolazioni locali di cinghiale attraverso la continuità di areale della specie, diffondendosi in funzione della densità del cinghiale e della sua distribuzione spaziale: si stima che l’onda epidemica abbia una velocità variabile tra i 20 e i 40 km/anno. Con queste modalità, 350.000400.000 km2 dell’Unione Europea sono attualmente interessati dall’infezione, con una popolazione post-riproduttiva, certamente e largamente sottostimata, di oltre 500.000 cinghiali coinvolti». L’endemia uccide la suinicoltura «Un panorama — ha dichiarato Vittorio Guberti — a dir poco inquietante. Secondo le nostre stime, allo stato, la percentuale di carcasse di cinghiale infette recuperate è molto ridotta rispetto al dato reale e non supera il 15-18% del dato effettivo. Allo stesso tempo, non è possibile fare ipotesi sull’evoluzione della malattia: l’onda epidemica legata alla PSA difficilmente si arresterà spontaneamente. Riteniamo invece che con la corretta applicazione delle recinzioni sarà possibile eradicarla. Tuttavia, il ruolo epidemiologico delle carcasse richiede una verifica più accurata che tenga conto dei tempi, della densità dei ritrovamenti e delle temperature ambientali». Nessuna cura, nessun vaccino È anche per questo che la Peste Suina Africana fa così tanta paura, perché, come abbiamo più volte detto, il suo ingresso in allevamento ne decreterebbe la distruzione. «Dove la PSA diventa endemica la suinicoltura muore». È stato questo l’attacco frontale di Francesco Feliziani, responsabile di Laboratorio del CEREP. «Purtroppo la lotta che stiamo portando avanti riguarda proprio una situazione endemica, dove il nemico è un virus ad alta virulenza. In questo momento la nostra arma più potente è la sorveglianza passiva. Per questo il contenimento della malattia non può che passare
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La Peste Suina Africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali, ma che non è trasmissibile agli esseri umani. Recinzioni e biosicurezza da adottare sia all’interno che all’esterno degli allevamenti di suini sono al momento le uniche armi a disposizione. dalla ricerca sul territorio di carcasse di cinghiale infette. Sarebbe però un errore pensare che nel frattempo, a livello internazionale, non si stia lavorando alla ricerca di un vaccino. In questa direzione infatti l’impegno di tutta la comunità scientifica è molto intenso e anche presso il nostro Centro sono in corso due interessanti sperimentazioni. In ogni caso i tempi per ottenere un risultato concreto non saranno brevi e per questo dobbiamo unirci per fare squadra contro un nemico comune che dobbiamo riuscire a sconfiggere e che è presente in tutti i 5 continenti, con l’Europa, purtroppo, che può parlare senza ombra di dubbio di situazione endemica». Le recinzioni costano Recinzioni e biosicurezza. Ma a che punto siamo e quali sono i costi che gli allevatori dovrebbero affrontare soprattutto per recintare le loro porcilaie? «Una spesa compresa tra i 77.000 e i 120.000 euro ad azienda — ha spiegato GIOVANNI GUADAGNINI, veterinario aziendale — e in tempi resi così difficili dai rincari delle materie prime e dei costi energetici
chiedere agli allevatori di sostenere anche questo tipo di investimento è davvero difficile. Ciononostante il problema non può per questo essere derubricato. Occorre allora aumentare i livelli di biosicurezza esterna ed interna l’allevamento e appoggiarsi, oggi più che mai, alla figura del veterinario aziendale che è essenziale per il monitoraggio degli allevamenti. È lui la sentinella epidemiologica in grado di intercettare precocemente eventuali problematiche sanitarie che non siano solamente la PSA. Lo stretto contatto che ha con l’allevatore e l’allevamento gli permette di lavorare costantemente sulla biosicurezza in collaborazione con il suinicoltore e il veterinario ufficiale, individuando precoci segnali clinici e segnalando un eventuale sospetto per bloccarne la diffusione. Anche in una situazione emergenziale come quella che stiamo vivendo, abbiamo davanti a noi un’occasione importante per potenziare questa prima linea di difesa dell’azienda. E si tratta di un’opportunità da non perdere». Anna Mossini
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Bilanci e prospettive delle carni suine e dei salumi in Italia Appello dal settore: la crisi delle commodities aumenta la pressione sui margini aziendali. Ruggero Lenti, presidente di ASS.I.CA.: «Aumento dei listini inevitabile per sopravvivenza delle imprese». Il seminario è stato promosso nell’ambito del progetto europeo “Trust Your Taste, choose European Quality”
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a preoccupazione per il futuro del settore dei salumi, colpito dagli aumenti dei costi delle materie prime e utilities è stato al centro del convegno di ASS.I.CA. (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi), che si è tenuto il 5 maggio durante il salone di Parma Cibus, e ha chiesto ad esperti del mondo dell’economia di fare il punto della situazione, per capire quali possano essere le strategie per
reggere l’ennesimo tsunami che colpisce gli imprenditori. Il presidente di ASS.I.CA., RUGGERO LENTI, ha aperto il dibattito ponendo l’attenzione sulle aziende del settore carni suine e salumi che stanno affrontando un aumento dei costi importantissimo e senza precedenti in questo periodo a partire dai prezzi dell’energia, quadruplicati rispetto a quelli dello scorso anno, fino ad arrivare ai costi dei materiali
accessori e di confezionamento come plastica e cartoni, e per giungere fino ai trasporti. A questi costi si è aggiunto anche l’aumento della carne suina e delle altre materie prime carnee che costituiscono la base per la produzione dei salumi. «L’aumento dei costi dei fattori di produzione è indubbiamente un problema che incide su tutto l’agroalimentare nazionale, ma la filiera suinicola, in particolare
Il convegno, evento centrale all’interno di Cibus 2022 a Parma e moderato da Davide Calderone, direttore di ASS.I.CA., ha visto la presenza di Ruggero Lenti, presidente di ASS.I.CA., Fabio Del Bravo di Ismea, Ciro Rapacciuolo del Centro Studi Confindustria e di Marco Limonta di IRI Worldwide (photo © ASS.I.CA.).
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Fabio Del Bravo di Ismea ha tracciato l’andamento del mercato mondiale negli ultimi due anni, quando — a partire dalla fine del 2020 — la repentina ripresa della domanda mondiale dopo la prima ondata pandemica ha determinato una serie di problemi organizzativi e logistici nei principali scali mondiali con conseguenti gravi rallentamenti delle catene di fornitura globali e aumenti vertiginosi dei costi dei trasporti. le aziende di macellazione e i salumifici, risulta particolarmente colpita da questa dinamica e vede i propri margini assottigliarsi in maniera preoccupante. La filiera inoltre deve fronteggiare un altro importante fattore di perdita della redditività: la presenza della Peste Suina Africana (PSA) sul territorio continentale italiano. Un fatto, questo, che da gennaio 2022 ha portato alla perdita di circa 20 milioni di euro al mese di export che espone le aziende al rischio di ulteriori danni se la malattia veterinaria, che non colpisce l’uomo, dovesse diffondersi nei territori a maggior intensità di allevamenti suinicoli e aziende di trasformazione: un’eventualità che metterebbe a rischio la stessa possibilità di produrre, tra le altre, le pregiate DOP di Parma e San Daniele, simbolo della salumeria made in Italy nel mondo. Senza un riconoscimento di adeguati aumenti del listino sarà
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difficile che le aziende continuino ad operare. È dunque necessario far sedere attorno ad un tavolo tutti gli attori della filiera suinicola, dai mangimisti alla GDO, per trovare insieme una soluzione che permetta di superare questa difficile fase, salvaguardando i margini delle aziende e al contempo i consumi che sono gravemente minacciati dall’erosione del potere d’acquisto delle famiglie». FABIO DEL BRAVO di ISMEA – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare – ha tracciato il mercato mondiale e nazionale negli ultimi due anni, quando a partire dalla fine del 2020, la repentina ripresa della domanda mondiale dopo la prima ondata pandemica ha determinato una serie di problemi organizzativi e logistici nei principali scali mondiali con conseguenti gravi rallentamenti delle catene di fornitura globali e aumenti vertiginosi dei costi dei trasporti.
«Lo scoppio del conflitto RussiaUcraina si è inserito improvvisamente in un uno scenario globale caratterizzato, già da fine 2021, da rincari record per le materie prime riconducibili a un insieme complesso di fattori di natura congiunturale, strutturale, geopolitica, nonché speculativa. In dettaglio, le tensioni innescatesi sui mercati dei cereali e dei semi oleosi rendono l’Italia particolarmente vulnerabile, in considerazione dell’elevato grado di dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti di mais e soia, che rappresentano la base della razione alimentare negli allevamenti nazionali. Per la filiera suinicola, lo scenario appare ulteriormente complicato da tensioni sul mercato comunitario innescatesi come conseguenza di una minore disponibilità di prodotto, a sua volta derivante dalla lunga crisi che ha costretto alla chiusura molti alleva-
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Il presidente di ASS.I.CA., Ruggero Lenti, ha aperto il dibattito facendo il punto sulle aziende del settore carni suine e salumi che stanno affrontando un aumento dei costi importantissimo e senza precedenti in questo periodo a partire dai prezzi dell’energia, quadruplicati rispetto a quelli dello scorso anno, fino ad arrivare ai costi dei materiali accessori e di confezionamento, come plastica e cartoni, per giungere fino ai trasporti. A questi costi si è aggiunto anche l’aumento delle materie prime carnee che costituiscono la base per la produzione dei salumi. Una situazione ancora più critica di quella 2019/2020 in cui già gli operatori denunciarono un insostenibile aumento dei prezzi delle carni e da cui ancora devono riprendersi. Senza un riconoscimento di adeguati aumenti dei listini, sarà difficile che le aziende continuino ad operare. menti e ha indotto quelli rimasti a contenere le perdite riducendo la produzione. Sul mercato interno diverse criticità si segnalano già come conseguenza dell’inflazione e della conseguente perdita di potere di acquisto dei consumatori, che potrebbe modificare le abitudini di acquisto e penalizzare soprattutto i prodotti di fascia premium». CIRO RAPACCIUOLO di CSC – Centro Studi Confindustria ha concentrato il suo intervento analizzando l’impatto che hanno i rincari sull’industria. «I prezzi internazionali delle commodity sono saliti in misura enorme, fin dalla fine del 2020 e per tutto il 2021, con un pesante impatto addizionale della crisi tra Ucraina e Russia nei primi mesi del 2022. La Russia e l’Ucraina, infatti, sono grandi esportatori di
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numerose commodity, tra le energetiche, le alimentari e anche tra i metalli. Perciò, il conflitto peggiora anche la scarsità di materiali in Europa. Importante per le imprese italiane è capire se i rialzi sono temporanei o persistenti: a seguito del conflitto, le quotazioni sembrano ormai destinate a restare elevate anche nel 2022. L’impatto dei rincari sull’industria italiana è pesante: sono stati assorbiti a fatica lungo le filiere, attraverso una forte compressione dei margini. Il rincaro di gas ed elettricità, in particolare, è insostenibile per le imprese italiane. Inoltre, l’inflazione al consumo è balzata proprio a causa dei prezzi energetici e non è più previsto un ribasso nel 2022. Le risposte di politica monetaria sono più pru-
denti rispetto agli USA, ma anche nell’Eurozona si avvicina un primo rialzo dei tassi». MARCO LIMONTA, di IRI Worldwide, ha invece analizzato con dati e numeri alla mano la questione dal punto di vista delle vendite, interpretando i comportamenti dei consumatori alla luce della situazione internazionale. «Il mercato del Largo Consumo si è caratterizzato per una forte crescita: nel biennio 2020-2021 il fatturato dei prodotti di Largo Consumo Confezionato è cresciuto di un 5% medio annuo, pari a quasi 9 miliardi di euro aggiuntivi. A questa crescita si deve aggiungere quella, seppur più contenuta, di tutti i prodotti a peso variabile (+1,4% medio annuo in Iper+Super). I salumi, nel loro complesso, hanno seguito questa crescita: nella
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sola GDO tradizionale, la crescita è stata in due anni del 6,8%. Questa media sintetizza un andamento differenziato tra prodotti a peso variabile e quelli a peso imposto: i primi in sofferenza nel 2020 e in recupero nel 2021, i secondi in forte crescita nel 2020 e con un trend appiattito nel 2021. Le vicende internazionali e, soprattutto, gli aumenti dei prezzi, stanno producendo difficoltà nei primi mesi dell’anno: a fronte di forti aumenti di materie prime e di altri fattori produttivi, non tutta l’inflazione — e non subito — è stata scaricata sui prezzi al consumo. Inoltre, gli aumenti dei prezzi sono molto disomogenei, con forte variabilità da categoria a categoria. Secondo le rilevazioni dell’Osservatori prezzi IRI, solo nelle ultime settimane abbiamo visto un aumento dei prezzi importante. Inoltre, a fronte di aumenti pronunciati registrati da alcune categorie, altri sono risultati addirittura in deflazione (ad esempio, il prosciutto, cotto e crudo, a peso variabile). A partire da questi aumenti, o meglio, dalla percezione che lo shopper ha dell’aumento dei prezzi, il consumatore sta mettendo in atto strategie di “messa in sicurezza” del suo portafoglio: maggiore scelta di alcuni canali di vendita, piuttosto che ricomposizione del carrello della spesa. Di fronte a questa situazione, il mercato dei salumi deve reagire con forza, sfruttando le sue eccellenze, senza rinunciare alla qualità, per cercare di vincere la sfida dei consumi nei prossimi mesi».
Il seminario è stato promosso nell’ambito del progetto europeo “Trust Your Taste, Choose European Quality”, nato per stimolare un’innovazione del settore verso un nuovo modello di filiera e per migliorare l’immagine e il percepito di carne suina e salumi, rendendo i consumatori più informati e consapevoli nelle loro scelte alimentari. >> Link: www.trustyourtaste.eu
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TECNOLOGIE
L’ERP CSB-System rafforza la resilienza e la competitività delle aziende alimentari
“I
l più grande nemico del progresso non è l’errore, ma l’inerzia”, ha detto lo storico britannico HENRY THOMAS BUCKLE. Questa frase non si applica certamente all’industria alimentare che in questi ultimi due anni di pandemia si è distinta per la sua grande resilienza. Anche se la maggior parte delle aziende ha superato la crisi, la situazione nel complesso resta tesa. Soprattutto nel settore della ristorazione, le vendite sono diminuite drasticamente.
La vendita al dettaglio di prodotti alimentari è andata meglio, ma non tutti i fornitori della GDO hanno iniziato l’anno con un aumento delle vendite. E ora il conflitto armato tra Ucraina e Russia e le tensioni politiche a livello internazionale hanno aggiunto nuove sfide per le aziende alimentari: catene di approvvigionamento sotto costante stress, costi energetici alle stelle, carenza di lavoratori qualificati ed elevate esigenze di produttività in un ambiente altamente competiti-
vo; la pressione sui prezzi rischia di intensificarsi ulteriormente. Tutto questo ha accelerato enormemente l’interesse per la digitalizzazione. L’impiego dell’ERP e di soluzioni digitali CSB-System, infatti, è sicuramente d’aiuto perché garantisce tre cose: 1. flessibilità: le tecnologie digitali consentono alle aziende di gestire efficacemente l’atteso e l’imprevisto; 2. efficienza: soprattutto nei mercati just-in-time, i margini già ridotti
Numerosi clienti CSB-System hanno già implementato standard innovativi nell’intralogistica.
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non devono essere consumati da processi inefficienti; 3. trasparenza: un buon sistema KPI fornisce non semplici numeri ma vere e proprie informazioni alla base di processi decisionali giusti. CSB-System offre una vasta gamma di soluzioni I clienti CSB-System, che hanno investito nell’integrazione e nella digitalizzazione dei propri processi grazie all’ERP ora lavorano meglio con i loro partner. Le catene di approvvigionamento digitalizzate sono una buona difesa contro l’incertezza della pianificazione o i ritardi di consegna. Tuttavia, la digitalizzazione dovrebbe coinvolgere quanti più processi possibili: dalla ricezione delle merci alla produzione, dall’imballaggio e dal magazzinaggio alla consegna, rendendo la lavorazione degli alimenti il più flessibile, efficiente e trasparente possibile. La softwarehouse CSB-System è in grado di accompagnare l’azienda nell’implementazione di una vasta gamma di soluzioni digitali che interessano tutte le aree aziendali. Per esempio: • un controllo digitale delle materie prime al ricevimento della merce consente una valutazione continua dei fornitori: un fattore essenziale quando si ha a che fare con materie prime che non hanno una qualità standardizzata; • una chiara identificazione tramite codici a barre, chip RFID, sensori per il riconoscimento delle immagini garantisce totale consapevolezza della merce a disposizione e una documentazione completa. Allo stesso tempo, è garantita una tracciabilità senza lacune, poiché i dati vengono instradati elettronicamente da una fase di lavorazione all’altra; • la produzione supportata da software e la sua pianificazione su scenari temporali diversi aiutano ad ottimizzare l’intero processo (risorse umane, mate-
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Preparazione dell’ordine al CSB Rack. rie prime e set-up delle macchine) anche in presenza di lotti di produzione dalle dimensione ridotte; • l’ottimizzazione digitale del magazzino aiuta ad evitare scorte eccessive, garantendo allo stesso tempo un riordino tempestivo; • monitorando da remoto gli
impianti, è possibile anticipare i problemi e pianificare i necessari lavori di manutenzione. Ciò riduce al minimo i tempi di fermo e consente il raggiungimento della massima efficacia dell’impianto (OEE); • l’ERP CSB-System comunica con gli impianti di produzione
Nonostante le soluzioni CSB-System per la digitalizzazione e l’automazione siano all’avanguardia e già collaudate nella pratica, il gruppo CSB-System continua ad investire in ricerca e sviluppo, perché in questo settore si può fare ancora tanto: Intelligenza Artificiale (AI), Internet of Things (IoT), big data e blockchain giocheranno senz’altro un ruolo ancora più centrale nel futuro prossimo
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Controllo Qualità con dispositivo mobile. e picking. I sistemi pick-by-voice e pick-by-vision guidano i dipendenti nell’area giusta del magazzino e segnali luminosi o numeri segnalano la posizione esatta degli articoli; • l’introduzione dell’automazione e della robotica supporta anche l’interazione efficace dei flussi di dati e merci. Numerosi clienti CSB-System hanno già implementato standard innovativi nell’intralogistica, in particolare sistemi automatizzati di produzione e confezionamento, sistemi automatici di depallettizzazione, sistemi di smistamento e magazzini a scaffalature alte per pallet o singole scatole anche multiprodotto.
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Sempre con uno sguardo al futuro Nonostante le soluzioni CSB-System per la digitalizzazione e l’automazione siano all’avanguardia e già collaudate nella pratica, il gruppo CSB-System continua ad investire in ricerca e sviluppo, perché in questo settore si può fare ancora tanto: • Intelligenza Artificiale (AI); • Internet of Things (IoT); • big data e blockchain sicuramente giocheranno un ruolo ancora più centrale nei prossimi anni. Sapientemente combinato, tutto questo rinforzerà l’industria alimentare con chiari vantaggi economici sotto forma di aumenti delle vendite e margini più elevati.
Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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Marel: trasformare il taglio-porzioni attraverso innovazioni connesse
I
l taglio di porzioni fresche e pronte per la cottura di qualsiasi dimensione e forma è ora più che mai un processo vitale per l’industria delle carni a livello globale. Questo vale sia per le aziende di trasformazione che riforniscono la vendita al dettaglio che la ristorazione, sia per le macellerie artigianali tradizionali. MAREL ha una lunga storia di fornitura di soluzioni di taglio-porzioni in tutto il mondo. Con le recenti acquisizioni di MAJA e TREIF, Marel è ora in grado di fornire a macellai e addetti alla lavorazione delle carni una selezione impareggiabile di soluzioni per ogni loro esigenza, unitamente a soluzioni software all’avanguardia del settore, che consentono di migliorare le prestazioni e aumentare la produttività. Ciò offre ai suoi clienti il vantaggio di potersi adattare in modo rapido ed efficiente alle richieste dei clienti e alle tendenze del mercato in rapida evoluzione. Offrendo il portafoglio più ampio e versatile del mercato, Marel aiuta a trasformare le carni fresche in porzioni uniformi di elevato valore sia a peso che spessore determinati nonché di forma regolare. Gli esperti Marel sono in grado di aiutare i clienti a definire le soluzioni di taglio-porzioni più adatte alle loro esigenze individuali. Due nuove soluzioni volumetriche per il taglio-porzioni di prima qualità La V-Cut 300 viene presentata ad IFFA come il nuovo fiore all’occhiello della gamma completa Marel di porzionatrici volumetriche a peso controllato. È stata sviluppata per le esigenze di lavorazione delle carni dedicate alla vendita al dettaglio e al foodservice per capacità produttive medio-alte. V-Cut 300 è in grado di 140
offrire multifunzionalità col più alto grado possibile di flessibilità e livello di resa, combinato con una qualità imbattibile delle porzioni. L’esclusivo stampo dotato di funzione di pressatura laterale della V-Cut 300 offre rese migliori con riduzione del give-away. Grazie a V-Cut 300 anche i tagli anatomici più ampi e irregolari non necessitano di pre-taglio prima di essere inseriti nello stampo. Per evitare il dosaggio manuale delle porzioni e il caricamento dei vassoi, il processo di taglio può essere combinato con il modulo “portion-to-pack”. Per le macellerie di medie dimensioni e i trasformatori industriali che gestiscono piccole linee, Marel lancia ad IFFA V-Cut 180, porzionatrice volumetrica multifunzionale in grado di adattarsi al crescere del business. La macchina sarà offerta in una fascia di prezzo attraente, basata sulle prestazioni. I clienti potranno configurare la loro attrezzatura con componenti aggiuntivi personalizzati, come i moduli per il taglio di braciole con osso, per cubetti e strisce uniformi, o per il collegamento a Innova, il software Marel di controllo della produzione progettato per ottimizzare le prestazioni. Taglio di porzioni sottili senza crostatura La domanda di porzioni più leggere e sottili è in costante crescita: rappresenta la base per piatti di tendenza, come la paillard francese, lo Shabu-Shabu giapponese, la Wiener Schnitzel austriaca, ecc… Il taglio di porzioni più sottili permette inoltre di tagliare le parti di materie prime meno tenere in porzioni con tempi di cottura brevi. Ciò consente ai trasformatori di conferire maggior valore alle materie prime meno
pregiate. Il taglio di porzioni sottili, di peso accurato ed esteticamente accattivanti rappresenta una sfida. Spesso questo processo richiede il congelamento della superficie facendo lievitare sia l’investimento che i costi di gestione. Ad IFFA Marel presenta una nuova soluzione per il taglio di porzioni sottili fino a 3 mm, che consente di produrre fettine individuali o gruppi di fette accorpate senza richiedere la crostatura. Presentazione perfetta del prodotto grazie a TREIF Quando si tratta di affettare e tagliare prodotti a base di carne, TREIF offre una vasta gamma di opzioni per i trasformatori industriali e i macellai, combinando elevata precisione, affidabilità, basso costo di proprietà e sostenibilità. Ad IFFA viene presentata la nuova Divider LineUp, un’affettatrice plug-andplay con funzionamento semiautomatico. Offre caricamento veloce ed ergonomico, sistema di taglio intelligente e sorprendente flessibilità sui prodotti. La nuova generazione di affettatrici aiuta a risparmiare costi energetici. Non necessitano di tagli a vuoto come altri sistemi di affettamento, richiedono quindi meno rotazioni delle lame a parità di produzione. Questo permette di affettare a temperature prodotto più alte, impattando positivamente anche sui costi di tempering. Grazie a Eco Slicing, lavorazioni più lunghe e minori costi energetici. •
Alla IFFA 2022, troverete Marel, MAJA e TREIF per la prima volta insieme nel Padiglione 12 stand D51.
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STATISTICHE
Macellazione del bestiame a carni bianche anno 2021 di Aurora De Santis
A
partire da gennaio 2002, l’Istituto nazionale di statistica effettua mensilmente una rilevazione del bestiame a carni bianche macellato con la finalità di ottenere informazioni sul numero di capi ed il relativo peso (vivo e morto) degli animali abbattuti ogni mese sul territorio nazionale. Gli animali considerati, suddivisi in categorie, sono i volatili da cortile (avicoli, tacchini, faraone, anatre ed oche), la selvaggina da penna e i conigli. L’indagine viene eseguita presso l’intero universo di mattatoi, pubblici e privati, a bollo CEE e a capacità limitata e riguarda sia il bestiame indigeno sia quello di provenienza estera. L’indagine è compresa nel Programma Statistico Nazionale con il codice IST001636 e per essa è previsto l’obbligo di risposta. I risultati I risultati dell’indagine relativa a tutto il 2021 evidenziano una ma-
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cellazione di 579 milioni di capi avicoli il 67,4% dei quali è costituto dall’abbattimento di polli da carne di peso superiore ai 2 kg; l’insieme delle due categorie dei polli da carne, di peso inferiore e superiore a 2 kg, costituisce il 95,3% del totale avicoli. La produzione di carne avicola in totale è risultata pari a 1.068 mila tonnellate. La resa media degli avicoli risulta pari al 70,0% con un picco per la categoria dei polli livornesi e golden con il 76,3% (Tavola 1). Il totale dei tacchini macellati è costituito da circa 28,2 milioni di capi per un peso morto pari a circa 298 mila tonnellate, una resa media del 75,2 ed un peso medio di 14,0 chilogrammi (Tavola 1). Per quanto riguarda la categoria delle faraone, i capi macellati in totale nel 2021, sono circa 4,5 milioni per un peso vivo di circa 6,9 mila tonnellate ed un peso morto
di circa 4,9 mila tonnellate (resa del 70,8%). La macellazione delle anatre ammonta a circa 1.270.000 capi, con resa media del 70,4%, peso morto complessivo pari a circa 2.844 tonnellate e peso medio di 3,2 kg (Tavola 1). I conigli macellati in questo periodo sono circa 15,8 milioni con una resa del 57,4%, un peso per capo di 2,6 kg ed una produzione pari a circa 23,7 mila tonnellate di carne (Tavola 1). La sezione selvaggina, in cui sono compresi quaglie e piccioni, fa registrare complessivamente, nel periodo considerato, circa 12,9 milioni di capi macellati. La produzione risulta pari a circa 2.134 tonnellate di carne macellata (peso morto) e la resa è al 68,3% rispetto al peso vivo (Tavola 1). Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it
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Tavola 1 – Macellazione per categoria del bestiame a carni bianche (gen.-dic. 2021) Capi migliaia
Peso vivo kg
Peso medio kg
Peso morto kg
Resa media %
Polli da carne < 2 kg Polli da carne ≥ 2 kg Galline da riproduzione Galline ovaiole Capponi Polli livornesi e golden
161.621 390.441 2.003 21.370 2.322 1.509
270.960.188 1.195.232.126 7.986.876 43.489.381 4.930.575 3.299.918
1,7 3,0 4,0 2,0 2,1 2,2
184.793.028 845.823.456 5.870.190 25.924.824 3.569.841 2.518.044
68,2 70,8 73,5 59,6 72,4 76,3
Totale avicoli
579.266
1.525.899.064
2,6
1.068.499.383
70,0
Tacchini maschi da carne Tacchini femmine da carne Tacchini da riproduzione
13.974 13.853 368
271.381.833 119.867.672 4.938.777
19,4 8,7 13,4
205.995.713 88.222.950 3.611.954
75,9 73,6 73,1
Totale tacchini
28.195
396.188.282
14,0
297.830.617
75,2
Totale faraone
4.456
6.943.309
1,6
4.913.871
70,8
Totale anatre
1.270
4.039.304
3,2
2.844.256
70,4
Totale conigli
15.798
41.344.044
2,6
23.751.513
57,4
Quaglie Piccioni
12.468 475
2.880.023 245.854
0,2 0,5
1.942.950 191.016
67,5 77,7
Totale selvaggina
12.943
3.125.877
0,2
2.133.966
68,3
Categorie
Fonte: ISTAT.
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ANAS: i numeri della suinicoltura italiana nel 2021
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Suinicoltura italiana nel 2021 Produzione degli allevamenti italiani Numero suini grassi nati in Italia di cui, per il circuito DOP Valore franco azienda (IVA esclusa) Macellazioni (n. capi) Produzione carcasse suine (t) Import suini vivi (n. capi) (*) di cui – suini < 50 kg – suini ≥ 50 kg Valore import suini vivi Import carni (inclusi lardo, grasso, strutto, frattaglie e fegati) Valore import carni Export totale (peso equivalente carne fresca, inclusi lardo, grasso, strutto, frattaglie e fegati)
Valore export totale Utilizzo (equivalente carcassa) Grado di autoapprovvigionamento %
10.178.000 capi 8.254.198 capi
+1,7% rispetto al 2020 +0,6% rispetto al 2020
2.425.950 milioni di €
+11,7% rispetto al 2020
10.943.687 capi
+3,2% rispetto al 2020
1.394.663 t
+3,4% rispetto al 2020
588.403 capi
–24,1% rispetto al 2020
470.155 capi 107.000 capi
–20,0% rispetto al 2020 –36,5% rispetto al 2020
56,802 milioni di €
–28,8% rispetto al 2020
1.100.616 t
+12,3% rispetto al 2020
1.991,525 milioni di €
–3,6% rispetto al 2020
413.763 t
+7,2% rispetto al 2020
2.076,228 milioni di €
+10,5% rispetto al 2020
2.081.517 t
+7,1% rispetto al 2020
62,30%
(*) Si segnala che i dati della BDN (Anagrafe Zootecnica istituita dal Ministero della Salute presso il CSN - Istituto G. Caporale di Teramo) indicano un numero totale di suini importati nel 2021 pari a 1.087.556 capi (–14,4% rispetto al 2020) pertanto, i dati di fonte Istat sono sottostimati. Elaborazione ANAS su dati Istat. Il dato relativo alla produzione DOP è di fonte RIFT (Registro Italiano Filiera Tutelata).
Scambi commerciali e bilancio cosce suine in Italia nel 2021 Importazioni 2021
Tonnellate
Stima cosce (n.)
Diff. % 21/20
Cosce fresche e congelate
583.899
58.389.876
20,3%
Carcasse/mezzene importate
116.277
2.583.944
–11,4%
60.973.819
18,5%
Stima cosce (n.)
Diff. % 21/20
Totale cosce importate Esportazioni 2021 Cosce fresche e congelate
Tonnellate 8.414
623.293
–19,2%
Prosciutti crudi e speck
70.747
7.860.731
17,6%
Prosciutti cotti
22.058
2.205.762
23,9%
2.837
43.652
–52,0%
10.733.437
15,1%
Carcasse/mezzene esportate Totale cosce esportate
Secondo stime ANAS elaborate su dati ISTAT, nel 2021 l’importazione di cosce suine fresche e congelate (incluse le cosce importate con le carcasse/mezzene) è aumentata del 18,5% rispetto al 2020, per un totale di circa 60,974 milioni di pezzi. Per quanto riguarda l’export, si è registrato un incremento del 17,6% delle esportazioni di prosciutti crudi e speck e del 23,9% dei prosciutti cotti, mentre si registra un calo del 19,2%% delle esportazioni di cosce fresche e congelate. Stimando una produzione nazionale di circa 20,4 milioni di pezzi e considerati l’import e l’export di cosce suine, il numero delle cosce utilizzate in Italia nel 2021 dovrebbe ammontare a circa 70,6 milioni di pezzi, in aumento del 13,6% rispetto al 2020 (i dati sono suscettibili di aggiornamenti; elaborazione ANAS su dati ISTAT).
Eurocarni, 6/22
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