Autunno
la pietanziera on la sua arma, la pietanziera, Marcovaldo combatte la fame nera: è un recipiente rotondo e piatto che per quell’uso ad arte è fatto.
C
Ma quel proposito dura ben poco e presto alla fame dà libero sfogo: il pasto è già freddo e mette tristezza, però sa di casa e va via l’amarezza.
Già il movimento di svitare il coperchio produce un suono che arriva all’orecchio, preannuncia la vista della minestrina e in bocca richiama l’acquolina.
Seduto sulla panchina di un viale, vicino alla ditta dove va a lavorare, mangia all’aperto guardando la gente ed i pensieri gli riempion la mente.
Senza coperchio offre alla vista una pietanza pigiata e mista: uova o polenta, lenticchie e salame, per dare pace alla sua grande fame.
Pensa mangiando e si domanda perché la gioia sia così tanta e invece, a casa, la stessa pietanza non riesce a gustarla con tanta appetenza.
Il coperchio svitato diventa il piatto dove versare quel miscuglio compatto e Marcovaldo ne aspira il profumo come se nulla ci fosse di più buono.
Saranno le liti, i problemi, gli strilli che saltano fuori con la moglie e i figli, non riesce a capire come questo si avveri, eppure è l’avanzo della cena di ieri.
Svolge le posate da un fagottino e, pure se il cibo è pochino pochino, fa sì che duri più a lungo ogni istante mangiando con gusto assai lentamente.
Così lo riavvolge la scontentezza, mangiare gli avanzi gli mette tristezza, ma poi si riprende e cambia d’umore, senza Domitilla è più buono il sapore.
58