Il Vicenza - Marzo 2023

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Parlano gli “spin doctor” della campagna elettorale dei due maggiori candidati. Il ruolo degli altri

IL VICENTINO CHE RIDISEGNA CITTÀ IN ITALIA: “LA MIA RICETTA PER VICENZA”

Piero Pelizzaro ha lavorato a Milano, Bologna e ora a Roma. “Il problema del Veneto: i giovani scappano”

Cosa cercano gli elettori

Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<

“Cos’è di destra? E cos’è la sinistra?” Lo cantava Giorgio Gaber, che ci manca molto a vent’anni dalla morte per la sua disincantata capacità di raccontare i nostri difetti, sempre navigando controcorrente. È vero che il bagno è di destra e la doccia di sinistra? Che una bella minestrina è di destra e il minestrone rigorosamente di sinistra? E poi i jeans, che sono un segno di sinistra, portati con la giacca giocoforza virano verso destra. Così come il concerto nello stadio è sicuramente di sinistra ma i prezzi sono un po’ di destra. segue a pag 5

Al centro del giornale scopri l’inserto con le nuove offerte

MATTEO SALIN “Vi spiego l’intelligenza artificiale” 6 POLIZIA LOCALE Nives Pillan “Così i vigili sono cambiati” 12 PARLA L’ESPERTO La montagna e i ghiacciai che si sciolgono 13 AERONAUTICA Cento anni ma senza il Dal Molin 37 PERSONAGGI Mascherati da Palladio Che successo! 20 ENOGASTRONOMIA Il ranpussolo con il salame alla griglia 39 Servizi alle pagg. 8, 9 e 10
ELEZIONI TRA INCOGNITE, STRATEGIE E L’EFFETTO SORPRESA
Servizio a pag. 17
MARZO 2023 Periodico d’informazione localeAnno XXIX n. 3
del giornale L’INFORMAZIONE LOCALE

NOI SIAMO verde

ANTENORE verde

Santa alleanza anti truffe

Cosa cercano gli elettori

La verità è che le nostre categorie mentali hanno subito uno scossone, un terremoto. Non esistono molte certezze sulle appartenenze. Così, anche nella Vicenza che vede avvicinarsi le elezioni, più dei fattori ideologici – che sotto sotto serpeggiano – contano altre variabili: la simpatia dei candidati, per esempio, o la loro empatia. E qui ciascuno può stilare la propria classifica. Personalmente, ritengo che la discussione che periodicamente riemerge su chi è civico e chi no abbia molto da condividere con i dubbi del maestro Gaber. A mio parere, i cittadini elettori cercano persone di cui si possano fidare e che abbiano buon senso (e senso pratico) per risolvere i guai di una città che ne presenta sempre uno in più di quanti si possano immaginare.

Si cercano nel candidato soprattutto la sintonia e l’affidabilità, e perfino la fantasia al potere (pensate che rivincita della storia rispetto ai desideri del ‘68 rivoluzionario) visto che i poteri dei sindaci sono quelli che sono e quindi conta molto anche la capacità di individuare nuove strade per finanziare, gestire, risolvere. Un guaio per tutti: San Biagio, lastricato di una jungla autentica e di buone intenzioni irrisolte da 40 anni.

Cinquantamila brochure con i consigli dei carabinieri agli anziani per evitare le truffe in distribuzione nel Vicentino e nel Veneto.

L’Arma ha redatto un vero e proprio decalogo con i suggerimenti per evitare di cadere nei tranelli dei truffatori.

L’iniziativa è stata presentata dal comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Giuseppe Moscati, con il prefetto di Vicenza, Salvatore Caccamo, il vescovo mons. Giuliano Brugnotto e Roberto Volpe, presidente regionale dell’Uripa, l’associazione che riunisce le case di riposo private.

“Truffe agli anziani - I consigli dell’Arma” è una brochure che è stata stampata grazie all’Uripa e viene diffusa attraverso molti canali: a cominciare dalla rete delle 350 case di riposo del Veneto, nelle quali saranno diffuse 10mila copie, fino ai comandi provinciali dei carabinieri. Un ruolo importante l’hanno anche gli incontri informativi che i carabinieri tengono con gli anziani: da settembre 2022 (quando è subentrato il col. Moscati) sino a oggi le conferenze sono state 31 e hanno interessato 1000 persone, a Vicenza e negli altri Comuni.

Anche la diocesi sfrutterà i propri canali: il volantino è stato allegato al numero del settimanale diocesano La voce dei Berici

Insomma, è una santa alleanza, si potrebbe definire, per tutelare gli anziani dalle truffe.

La migliore prova che queste iniziative sono efficaci l’ha fornita proprio il colonello Moscati.

Ha riferito che a Chiampo cinque persone che vivono da sole hanno sventato altrettante truffe tentate nei loro confronti.

è una testata giornalistica di proprietà di Srl

Carabinieri, prefettura, case di riposo e diocesi distribuiscono 50mila copie dei “consigli”

I Navy Seals americani, sicuramente il più famoso corpo militare d’élite, spiegano come lavorano: in un grafico tra prestazioni e fiducia, la migliore combinazione – sostengono – è quella di chi offre una prestazione media (e lo dicono loro!) ma sa suscitare un’alta fiducia. Tanto per confermare il ragionamento di prima. E questo è il punto. Tra i nostri schieramenti contrapposti a Vicenza le crepe si formano proprio riguardo alla fiducia nei candidati. A destra s’è parlato a lungo delle perplessità di una parte di FdI su Rucco e degli ex assessori licenziati che cercano rivincite. Così come a sinistra, spesso e volentieri malata di tafazzismo, alcune perplessità sulla candidatura di Possamai pure esistono, anche se sono più sotterranee. Per conquistare un obiettivo, tanto per restare nella metafora militare, la prima regola è di avere un esercito compatto alle spalle. Altrimenti si finisce come nella seconda crociata, che 850 anni fa si risolse in un fiasco completo perché gli eserciti cristiani marciarono disuniti, ognuno per conto suo, e furono polverizzati dagli avversari.

È un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto. Chiuso in redazione il 17 marzo 2023

Direzione, Amministrazione e Concessionaria di Pubblicità Locale: via Lisbona, 10 · 35127 Padova tel. 049 8704884 · fax 049 6988054 >redazione@givemotions.it < > www.ilvicenza.com <

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Periodico fondato nel 1994 da Giuseppe Bergantin

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dell’Arma
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Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199
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Il vescovo Brugnotto, il prefetto Caccamo e il comandante dei carabinieri Moscati

Il personaggio. Parla Matteo Salin, imprenditore e ricercatore, da oltre 30 anni in prima linea sul fronte della tecnologia

“Intelligenza artificiale, doppio allarme”

“Sarà sempre più difficile essere umani, perché non si distingueranno i prodotti della macchina e quelli dell’uomo”. “C’è bisogno anche di un comitato etico che fissi le regole per l’uso di questa nuova tecnologia”

Se ne parla tanto, sempre di più, anche se forse non ancora quanto servirebbe. I progressi dell’intelligenza artificiale sono uno dei temi caldi del momento, trascinati dal clamore che ha accompagnato la diffusione di Chat Gpt, il nuovo strumento di elaborazione dei linguaggi capace di creare testi che sembrano uscire dalla penna - meglio, dalla tastiera - di un copywriter.

Chat Gpt è però solo una delle ultime e più evidenti applicazioni di un processo che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante: tra avatar e metaversi, strumenti grafici capaci di disegnare da soli e voci sintetiche degne di un doppiatore, gli universi virtuali e le intelligenze artificiali sono di fatto una realtà.

“È la direzione in cui si sta

spostando l’innovazione e lo sviluppo di internet - conferma Matteo Salin, docente, ricercatore, imprenditore, componente dell’accademia Olimpica, da sempre molto vicino e attento alle novità e agli sviluppi della tecnologia, che recentemente ha affrontato proprio questi temi in una serie di conferenze. “Il famoso test di Turing dice che c’è intelligenza artificiale quando non siamo più in grado di distinguere se stiamo interagendo con un uomo o con una macchina - continua Salin - E ormai ci siamo”.

Negli ultimi anni l’accelerazione è stata impressionante. Il miglioramento della velocità delle connessioni, l’aumento della potenza di calcolo dei nuovi hardware, e la mole di dati accumulati in anni di Internet, ha reso possibili appli-

cazioni che solo pochi anni fa sembravano confinate ai film di fantascienza. E che invece, da Alexa ai navigatori, fanno oggi parte della quotidianità. Quello che latita, caso mai, è una riflessione sulle implicazioni di questi nuovi strumenti, e non solo a livello pratico. “C’è intanto una questione di identità - osserva Salin - Distinguere se quello che abbiamo davanti e ci sta dando delle risposte è un umano o una intelligenza artificiale sarà sempre più complicato, in alcuni casi è già oggi impossibile, e questo vuol dire che sarà sempre più faticoso, per quanto possa sembrare assurdo, dimostrare di essere umani. E al tempo stesso sarà sempre più complicato elaborare con un giudizio critico il valore di qualcosa, capire se mi sto confrontando

con qualcosa di nuovo e originale oppure con qualcosa di elaborato. Al punto che sarà necessario mettere una firma per capire se quell’oggetto è frutto del lavoro dell’uomo o della macchina”. Manca, inoltre, un dibattito sulle regole e sui limiti da dare alle nuove realtà.:“Tra gli addetti ai lavori se ne parla molto, ma manca una discussione a livello pubblico - aggiunge ancora il ricercatore - L’intelligenza artificiale va istruita, e quello che fa dipende da come viene istruita. Su questo c’è una necessità fortissima di regole e di una riflessione. Come ci si occupa di bioetica, e per esempio si stabilisce che non

è corretto clonare degli essere umani per usarli come schiavi, servirebbe un comitato etico, a livello internazionale, per fissare delle regole, altrimenti prevale la logica del più forte”. I rischi, potenzialmente, possono nascondersi ovunque, dall’influenza sulle scelte di acquisto, alla manipolazione di atteggiamenti e orientamenti dell’opinione pubblica. Probabilmente cose del genere sono già successe, e nemmeno ce ne siamo accorti. Già oggi è possibile scrivere articoli, e creare notizie, o false news, con l’intelligenza artificiale”, conclude Salin.

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Attualità
Il ricercatore Matteo Salin

riesce a mobilitare entusiasmi”

“Vicenza appare nel quadro veneto una città appannata, in crisi di energie e fermenti. Per questo motivo la spinta che dà Possamai risulta due volte importante.

La campagna elettorale ha molti punti in comune con quella del 2022 di Verona, dove i cittadini hanno giudicato negativamente l’operato del sindaco uscente”

14 - 15 Maggio 2023

ricorda ai soggetti interessati la propria disponibilità ad ospitare per le Elezioni amministrative del 14-15 Maggio 2023 messaggi politici elettorali e inserti pubblicitari allegati al giornale.

(In ottemperanza alla legge 28 del 22 Febbraio 2000).

Veneziano, 45 anni, giornalista di formazione e di professione con una passione per la politica che lo ha portato negli anni sia a ricoprire incarichi in prima persona che a seguire numerose campagne elettorali, Matteo Bellomo è lo “spin doctor” della campagna elettorale di Giacomo Possamai, che si candida a sindaco di Vicenza sfidando l’uscente Francesco Rucco.

Come vede lei da esterno Vicenza?

Mi sembra un po’ più seduta rispetto ad altre città del Veneto. La sensazione è che non ci sia quel fermento che si trova in altri centri. Anche dal punto di vista regionale, mentre una volta Vicenza era una polarità fondamentale del Veneto, a prescindere da chi la governasse, oggi è un po’ uscita dai grandi ragionamenti, non è culla di un fermento che invece in altre città si vede, spinto anche dalle amministrazioni locali.

Una situazione imputabile all’amministrazione uscente?

Sono stati certamente anni complicati tra pandemia e inflazione, ma l’atteggiamento che noto, ad esempio rispetto ad un centro come Padova, è che lì l’amministrazione rilancia, mentre a Vicenza l’atteggiamento è di resa.

In che senso?

È innegabile che ci siano delle grandi difficoltà, ma tutto sta nel modo in cui vengono affrontate; mi sembra che a Vicenza vi sia una filosofia di resa rispetto alle difficoltà che questo periodo storico comporta.

Come vede questa campagna elettorale?

Mi sembra interessante perché si nota questo fenomeno di abbandono da parte di alcuni protagonisti dell’attuale amministrazione; una campagna elettorale dove tre assessori si schierano contro il loro sindaco è particolarmente significativa, da studiare anche come fenomeno dal punto di vista culturale e politologico. Di contro assume particolare significato la figura di Possamai, che a discapito della giovane età dimostra esperienza, competenza e soprattutto una grande capa-

cità di fare rete, di mobilitare entusiasmi. Trova dei parallelismi con altre tornate elettorali?

Riconosco dei punti di contatto con quanto è successo a Verona: anche lì si confrontavano una candidatura forte alternativa, quella di Damiano Tommasi, con quella di un sindaco uscente il cui operato è stato giudicato negativamente e che ha prodotto delle spaccature all’interno della coalizione. Verona l’anno scorso ha rappresentato una delle poche eccezioni rispetto a elezioni post covid dove l’elettorato ha dimostrato un attaccamento quasi emotivo ai sindaci uscenti che hanno rappresentato i propri cittadini durante il difficile periodo della pandemia. Vicenza, con le vicissitudini che ha vissuto la maggioranza, con le candidature di Cicero e Zoppello e con l’appoggio di Tosetto a Possamai, mi sembra aderire al registro veronese. Lei ricopre incarichi politici in prima persona, essendo segretario cittadino del Pd di Venezia e assessore al comune di Dolo. Non crede che questo possa influenzare la campagna e le elezioni, andando a compromettere l’immagine da “civico” di Possamai?

Nonostante i tentativi maldestri di chi gestisce la comunicazione di Rucco che fanno leva proprio su questo, credo che i cittadini non siano degli sprovveduti; non è un mistero che Possamai sia capogruppo del Pd in Regione, il civismo si misura in termini di indipendenza e di capacità di assumersi responsabilità e decisioni che non siano eterodirette da un partito, cosa su cui Possamai è una garanzia. Se volessimo fare una polemica su questo, dovremmo ricordarci di come Rucco abbia dovuto attendere le decisioni dei direttòri romani dei partiti che lo sostengono per poter avere il via libera a candidarsi per un secondo mandato.

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Elezioni Amministrative
Politica e amministrazione
Visti da vicino/ 1. Matteo Bellomo, che coordina la sua campagna, spiega il punto di forza del candidato di centrosinistra
“Possamai
Matteo Bellomo, 45 anni, “spin doctor” della campagna di Giacomo Possamai

Ha centinaia di campagne elettorali alle spalle. Lui precisa che sono state 864 in trent’anni e ne ha vinte l’87%. Ha lavorato con nomi importanti a livello nazionale (Veltroni, Cacciari) e locale (a Padova con Destro, Zanonato e Peghin) fino alle recenti regionali in Lombardia. Adesso Marco Marturano, 55 anni, milanese, giornalista e docente universitario, è lo “spin doctor” della campagna elettorale di Francesco Rucco che, da sindaco uscente, si ricandida per il secondo mandato.

Tracciamo il quadro: come vede Vicenza un “foresto” come lei?

È una città straordinariamente operosa, questo è noto. Nonostante il covid e grazie a come è stata gestita la pandemia, ho visto il dinamismo di una città, proprio uno scatto. Aveva gli stessi soldi delle altre amministrazioni, ma si muoveva in modo più veloce. Per esempio?

Pensi a come sono state gestite scuole e asili rispetto alla difficoltà di molti a prendersi responsabilità. Pensi al centro vaccinale, pensi alla velocità degli appalti.

Poi sono arrivati i soldi del Pnrr: c’è stata polemica per un bando perso dal Comune per trenta secondi È anche vero, però, che non tutti i Comuni riescono ad avere così tanti soldi come Vicenza. E non sono tutti diretti a finanziare infrastrutture, ma anche a sostenere interventi che cambieranno l’immagine della città: uno su tutti, Campo Marzo.

Come vede la campagna elettorale?

Come un momento di costruzione di quello che si può migliorare, puntando anche a non avere, come alle recenti regionali, il 40% di votanti. Bisogna far venire voglia agli elettori di contare.

In che modo?

Parlando, appunto, del loro futuro e di come può cambiare. Parlando di quanto l’amministrazione sta realizzando incide nel migliorare la vita dei cittadini. Credo in questa impostazione: il riepilogo di quanto fatto lo do per scontato.

è il lato migliore dei vicentini”

“Incarna molte caratteristiche di questa città in modo naturale. Ne cito due: il carattere (non ha sempre l’umore alto…) e la determinazione. Lui è un vero civico e i partiti sono soltanto dei suoi interlocutori. Tant’è vero che il sondaggio della Swg premia largamente lui e i suoi assessori. Positiva la gestione del covid”

Quante possibilità ha il sindaco di essere rieletto?

Non faccio previsioni, mi fido del clima attorno a questa amministrazione che è stato misurato dal sondaggio Swg, il quale ha registrato l’approvazione del 71% dei vicentini verso l’operato di Rucco e della giunta.

Il sindaco ha lanciato la campagna ripartendo dalla sua lista civica che dopo cinque anni, a dire la verità, è un po’ malconcia. Anzi, diciamo dimagrita.

Dice? Centocinquanta persone che si sono ritrovate attorno a lui sono tante. Si moltiplicheranno per dieci nei prossimi mesi. Anche con Fontana al primo incontro c’erano cento persone. Che anche lei ha fatto vincere. E a Vicenza che idee ha per far vincere Rucco?

Deve puntare sul suo modo di essere vicentino, perché lui incarna molte caratteristiche di questa città in modo naturale. Ne cito due: il carattere (non ha sempre l’umore alto…) e la determinazione.

Dovrebbe scattare, quindi, un meccanismo di identificazione. Ma i vicentini, cioè gli elettori, cercano anche una guida, un leader.

Magari il personale non ha

reso al massimo, ma lo staff è come lui perché Rucco e lo staff hanno passione e determinazione. Il rapporto tra Rucco e partiti vede il sindaco come il vero regista: i partiti sono più degli interlocutori del sindaco, tant’è che il giudizio positivo dei vicentini riguarda lui e la sua amministrazione.

Secondo lei qual è il punto debole del principale avversario?

Mi limito a dire che il tema centrale dei candidati è l’evoluzione verso il civismo, che Rucco ha sicuramente avuto, pur partendo da un partito. Possamai è invece l’opposto, perché ha un profilo di appartenenza a un partito. Sicuramento ha talento, ma è un natural born Pd.

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Visti da vicino/ 2. Marco Marturano, che segue la sua campagna, spiega perché il sindaco uscente può vincere
“Rucco
Marco Marturano, “spin doctor” della campagna elettorale di Francesco Rucco

Gli altri volti in lizza. Da Matteo Tosetto a Claudio Cicero sino alla coppia

campo

L’incognita del voto: chi sarà la sorpresa?

Quale risultato possono ottenere le cosiddette liste minori? C’è chi parla di pochi o pochissimi punti percentuali e chi ritiene, fra gli osservatori, che possano calamitare un consenso relativamente più largo pescando tra delusi, contestatori e chi cerca una via nuova della politica rispetto ai fronti conosciuti

Se il panorama politico vicentino è polarizzato dall’attenzione per i candidati di centrodestra e centrosinistra, Rucco e Possamai non esauriscono l’offerta elettorale. Almeno altri tre volti puntano a raccogliere consensi il 14 e 15 maggio. Si tratta degli ex assessori Claudio Cicero, Matteo Tosetto e Lucio Zoppello. Assieme a quest’ultimo si schiera anche un altro ex assessore, Marco Lunardi. S’è detto della loro storia e del loro licenziamento da parte del sindaco, come della voglia di rivincita che li ha spinti a presentare tre liste: Tosetto, ex Forza Italia, s’è schierato con Possamai, gli altri due corrono autonomamente. Un eventuale ballottaggio lascia indifferente Cicero, che ha già annunciato la sua astensione. Un primo interrogativo riguarda il risultato che queste liste minori sono in grado di conseguire. Escluso che possano arrivare a un ballottaggio, c’è da chiedersi quale percentuale riescano a ottenere. E qui le risposte possono essere diverse: da chi ritiene che i risultati siano poco sopra l’1 per cento e comunque ben lontani dalla doppia cifra, a chi – invece – suggerisce che queste liste, oltre che disturbare Rucco visto che si muovono in gran parte nell’ambito del centrodestra, esercitare un loro richiamo verso la schiera degli incerti e delusi, verso chi cerca un riferimento per la sua protesta, verso chi cerca una nuova via al di là degli schieramenti consolidati.

È quest’ultima la stessa scommessa che sta giocando il (cosiddetto) terzo polo, che dopo i risultati delle regionali di febbraio ha il fiato corto. Con difficoltà ulteriori a Vicenza, visto che è stato il primo a muoversi, poco prima di Natale ha convocato un’ari-

da conferenza stampa senza annunciare né programma né candidato, ma anche il più inconcludente, stretto fra le diverse anime al suo interno: quella pro Calenda, spostata ufficiosamente verso Possamai, quella di Italia Viva e quella di “Per una grande

Nelle

Vicenza” che s’è molto impegnata nei convegni ma senza altri concreti risultati. Comunque fino a metà marzo non sono uscite posizioni

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23 Edizioni Locali. Oltre 500.000 famiglie raggiunte.

ufficiali del “terzo polo”. Sui temi affrontati, da segnalare la netta preferenza da parte di Tosetto, portabandiera della lista “Ripartiamo

da Vicenza” per quelli sociali: del resto, Tosetto si fa forte della sua esperienza quadriennale da assessore in quel settore, che ha richiamato su di lui commenti largamente favorevoli da parte del variegato mondo del volontariato. Col che, dato pur atto dello stile e dei meriti, va sempre ricordato che faceva parte di una giunta e le decisioni non erano autonome.

Claudio Cicero ormai è veterano di elezioni, essendosi presentato già nel 2008 e poi successivamente, ottenendo consensi che vanno da quasi il 9 al risicato 3 per cento. La sua bandiera è naturalmente l’alta velocità, più esattamente il percorso in galleria del tratto a est di Vicenza. La sua lista è come sempre intitolata “Impegno a 360 gradi”, con il segnale stradale della rotatoria, tanto per non fare dimenticare le origini (e anche i successi) del suo impegno amministrativo.

Infine Lucio Zoppello, ingegnere di professione, ha cooptato nella sua lista “Rigeneriamo Vicenza” anche Andrea Maroso che era stato promotore nel 201 8 di una lista venetista. È intervenuto su temi a lui cari, come la mobilità e l’alta velocità, ma ha espresso il suo punto di vista anche sulla sicurezza, contestando “una strategia fallimentare su tutta linea”, perché “non solo i cittadini non si sono riappropriati di Campo Marzo, ma vedono compromessi anche i luoghi in cui vivono quotidianamente”. Affermazioni che, in riferimento soprattutto al quartiere di laghetto, hanno sollevato la risposta critica del questore Sartori.

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foto, Lucio Zoppello, Matteo Tosetto e Claudio Cicero

Donne protagoniste

“Tocchiamo con mano i guai della città”

Trent’anni fa il primo verbale per divieto di sosta, poi la carriera con tre diversi comandanti. “Il nostro merito è anche quello di saper ascoltare”. “Quando inizi il turno non sai mai a quali storie vai incontro”. “Vicenza è diventata una città multiculturale”

Da trent’anni e una manciata di settimane è nel corpo della polizia locale del Comune di Vicenza: da quasi due anni Nives Pillan ne è vicecomandante e ha un patrimonio di storie e di avvenimenti da raccontare come pochi.

Sposata, due figli e due splendidi cani weimaraner, vive a Camisano. In famiglia ha presto respirato il senso del servizio e del rispetto della cosa pubblica dal padre, attivo membro dell’associazione ex combattenti. E in via Soccorso Soccorsetto è arrivata il 30 dicembre 1992, assieme ad altri 27 colleghi selezionati ed assunti per dare una svolta e rilanciare l’immagine dei vigili urbani del tempo. Sei mesi di corso con lo scrupoloso comandante Enrico Rossi, (“una bella esperienza, ho approfondito il lavoto sotto molti punti di vista sia teorico che pratico con lo psicologo e con prove pratiche”, ricorda con piacere e nostalgia Nives) e poi il 2 luglio 1993 il primo verbale per divieto di sosta. Addirittura il Corriere della Sera di allora si era occupato di questo determinato manipolo di giovani vigili e ne aveva celebrate le doti di scrupolosità e di precisione.

“È stata un’esperienza brusca quella di andare finalmente a contatto con i cittadini, nelle strade o nei luoghi più disparati della città – sottolinea Pillan – ma è stata anche una insostituibile occasione per

cementare amicizie e rapporti leali con i colleghi con cui si entrava in servizio e si andava di pattuglia. Sono relazioni importanti che aiutano, sostengono, incoraggiano e mi accompagnano da sempre e anche ora che ho un ruolo di responsabilità”.

Un ruolo tutto conquistato sul campo, da sottufficiale con il comandante Rossi, poi ufficiale con il comandante Rosini e infine vice dell’attuale comandante Massimo Parolin. S’è occupata della centrale operativa, del controllo del vicinato, del commercio e dei pubblici esercizi.

Un percorso lineare e riconosciuto, scevro da incomprensioni o da problemi legati al fatto di essere donna e, in particolare, la prima nella storia del comando di polizia locale a ricoprire questo importante incarico.

“Quando cominci il turno non sai mai che cosa succederà e con quali storie rientrerai al

comando la sera. Veramente tocchiamo con mano la stratificazione della nostra società, le contraddizioni e il grande bisogno di umanità che ci viene espressamente o indirettamente manifestato. Con noi - racconta - alla vista della divisa e talvolta se c’è anche una donna in pattuglia, le persone, in particolare gli anziani, si aprono facendo emergere sofferenze esistenziali e rabbie che traggono origine da chissà quante e quali storie personali. E noi sappiamo di dedicare loro del tempo, quello che è necessario, per dirimere conflitti o superare ostacoli che possono essere anche semplici se affrontati con buonsenso e disponibilità da parte di tutti”. Ovviamente non mancano le giornate pesanti e le persone difficili, arroganti o aggressive, ma per il vicecomandante Pillan sono situazioni che si originano da una aumentata e diffusa povertà sociale, comune a tutti gli insediamenti

urbani, in particolare nei grandi centri.

E in questo ambito, in questi trent’anni di servizio e di presidio del territorio urbano, comunque Vicenza è certamente cambiata ma è rimasta una città bellissima.

Vicenza è diventata una città multiculturale, con fenomeni e dinamiche sociali nuovi e complessi da governare; deve fare i conti con l’irrimediabile piaga delle dipendenze che non accenna ad essere debellata. Ma è una città che sa di poter fare affidamento sulla sensibilità, la cultura e l’animo dei vicentini che sono comunque rispettosi delle regole, solidali con chi è in difficoltà, generosi e riconoscenti.

“Sono numerosissimi i cittadini che ci ringraziano e che io incontro al comando, perché ci vogliono manifestare la loro gratitudine per i servizi che svolgiamo, ma anche per

chiederci attenzioni particolari in situazioni che potrebbero diventare problematiche. Ai vicentini – sottolinea Pillan –non sfugge nulla, vedono tutto e sanno guardare lontano cercando di intervenire in anticipo prima che la situazione degeneri. E noi siamo al loro fianco. È una delle attività che noi della polizia locale svolgiamo con piacere, sebbene non sia nota, perché anche questo dell’ascolto è un modo nobile per essere al servizio del cittadino”.

Un impegno che comporta fatica e pazienza, e che richiede lucidità ed empatia. Una fatica che Nives Pillan, la prima donna del capoluogo che può esibire stellette e alamari da vicecomandante, mitiga e recupera con lunghe passeggiate o viaggiando alla scoperta di altre culture.

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Il personaggio. Nives Pillan è la prima donna a essere diventata vicecomandante della polizia locale di Vicenza
La vicecomandante della polizia locale, Nives Pillan, e nella foto di archivio una pattuglia di agenti a palazzo Trissino

Parla l’esperto. In un incontro al Cai, Anselmo Cagnati ha messo in guardia dai pericoli dei cambiamenti climatici

“Le nostre montagne hanno la febbre alta”

Cagnati per 40 anni ha lavorato al centro valanghe di Arabba. “Serve molta prudenza nell’affrontare sentieri ed escursioni rispetto al passato. Se per venti giorni la temperatura a duemila metri non è scesa sotto lo zero, è ragionevole aspettarsi un evento estremo”

Due gradi in più sulle nostre montagne negli ultimi trent’anni, il doppio di quanto sta succedendo a livello mondiale. E così le nostre care vette rosate che tutto il mondo ci invidia, che l’Unesco invita a rispettare e che gli olandesi si portano a casa a pezzetti per ricordo e come trofeo da esibire in giardino, stanno soffrendo. Patiscono il caldo, la sete, l’incuria e la superficialità di un turismo che a volte le ha scambiate per un parco dei divertimenti, con le comitive scaricate sui passi dolomitici che affrontano in infradito il Giau o le torri delle cime di Lavaredo.

È una sofferenza che aleggia anche negli incontri che il meritevole Cai ha promosso invitando Anselmo Cagnati, un grande esperto e innamorato delle nostre cime. Ha spiegato qual è lo stato di salute delle nostre montagne, quali cambiamenti le stanno minacciando in questa nuova era caratterizzata dai profondi cambiamenti climatici.

Cambiamenti che non avvengono per caso ma perché una categoria di mammiferi che la popola, il genere umano, non si limita a consumare ciò che gli serve, ma deve esagerare, correre sempre più veloce, bruciare sempre di più energia. E la Terra si scalda inesorabilmente, come le nostre vette, che perdono metri di ghiacciaio ogni estate, che registrano crolli di torri e seracchi, che piangono torrenti muti e sorgenti inaridite.

“La febbre delle nostre Dolomiti è alta”, avverte Cagnati, laureato in scienze forestali, per 40 anni in servizio al Centro Valanghe di Arabba, con all’attivo numerose spedizioni scientifiche in zone polari e sub-polari, 140 pubblicazioni scientifiche, 500 salite alpinistiche in Dolomiti, tra cui 20 su vie nuove.

Secondo Cagnati, rispetto

a 20-30 anni fa si devono affrontare sentieri ed escursioni con un atteggiamento diverso. Dobbiamo avere memoria di quello che è accaduto in questi anni lassù, con eventi estremi sempre più frequenti e in luoghi finora risparmiati. Quando per 20 giorni di seguito la temperatura a duemila

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metri non va sottozero, dobbiamo aspettarci qualche cosa di preoccupante. Il ghiaccio e il permafrost si deteriorano, si trasformano, si muovono e non chiedono permesso a nessuno per precipitare. È quindi un compito di grande responsabilità per guide, albergatori, formatori e associazioni, nuovo e pressante: sensibilizzare al rispetto della montagna, incoraggiare a studiare i fenomeni atmosferici, accompagnare nella comprensione delle dinamiche della montagna avendo ben chiari i pericoli a cui ci si espone se non si ama, e quindi se non si rispetta, la montagna.

A Vicenza Alfredo Cagnati ha illustrato i cambiamenti climatici nelle aree montane, i molti disequilibri che il processo di deglaciazione sta provocando nel già delicato sistema dolomitico, mettendo in evidenza conseguenze del riscaldamento globale in alta montagna, con i relativi effetti sui ghiacciai, sul manto nevoso, sul permafrost e sulle valanghe.

“Se il riscaldamento globale è un fenomeno troppo grande e troppo lontano perché possiamo intervenire – ha ammonito Cagnati – quello che però possiamo fare è comunque molto, a partire prima di tutto da una percezione nuova del pericolo e nel rapporto con la montagna, ma soprattutto nel modificare i nostri semplici comportamenti quotidiani che bruciano risorse e arrostiscono il mondo”.

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Ambiente
Anselmo Cagnati e un’immagine dell’Ortles, nelle Alpi Retiche, com’era in passato e com’è adesso. Il ghiacciaio s’è molto ritirato
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L’analisi. Quello che s’è appena concluso è stato per gli istituti di credito il miglior esercizio da molti anni in qua

Utili bancari sulla pelle dei cittadini

Nessuno fa più caso alla commissione sull’addebito della rata del mutuo in conte corrente, oppure al pagamento per aver utilizzato l’home banking, ma anche questi fattori incidono sulle munifiche entrate delle banche. Le filiali sono diventate veri e propri bazaar

Andrea Orcel, ceo di Unicredit dal favoloso stipendio di 7,5 milioni di euro l’anno, ha ammesso che per le banche il 2022 è stato l’esercizio migliore da moltissimo tempo.

Infatti, il rialzo dei tassi di interesse (e quindi del costo del denaro) deciso dalla Bce ha già provocato, oltre alle apprensioni di aziende e privati che stanno vedendo schizzare all’insù il costo di affidamenti e mutui, anche un impatto generoso per i bilanci delle aziende di credito. Si parla di ricavi aggiuntivi per oltre 24 miliardi di euro. Appare del tutto comprensibile che le banche beneficino di tassi d’interesse in aumento, esattamente come appare evidente che nella precedente fase di tassi calanti le banche abbiano visto ridursi la loro

remunerazione.

Allora, perché da parte di molti commentatori si parla oggi, con malcelato fastidio, di extra-profitti bancari e se ne stigmatizza l’emersione?

Una ragione c’è. Negli ultimi otto anni – almeno – le banche hanno reagito all’abbassamento generale dei propri introiti derivanti dall’intermediazione di denaro (la cosiddetta “forbice” tra tassi attivi e passivi), storico core business, con il graduale aumento delle voci relative a spese, commissioni, compensi di gestione del risparmio. Accanto a ciò sono state create dal nulla voci prima inesistenti.

Percepire una commissione fissa sull’addebito automatico della rata in conto corrente, ad esempio, è divenuta la regola, come far pagare una commissione a chi effettui un bonifi-

co da casa propria, attraverso l’home-banking.

Spesso poi le filiali sono divenute veri e propri bazar nei quali si poteva acquistare di tutto: dalle polizze assicurative, ai prodotti finanziari atipici, da vere e proprie merci come automobili o elettrodomestici ai diamanti o ai vini pregiati.

La quantità esorbitante di voci di costo che hanno portato mediamente il rapporto bancario italiano ad essere il più costoso in Europa certo non vedrà alcuna riduzione e si andrà semplicemente ad aggiungere all’aumento dei profitti innescato dal rialzo dei tassi d’interesse.

A perderci, come sempre, saranno gli utenti.

E ciò, è costretto ad ammettere lo stesso Orcel, appare ingiusto oggi che, in uno sce-

nario di guerra e di corsa al rialzo dell’inflazione, la gente davvero ha già perso una percentuale cospicua del proprio potere d’acquisto.

Grazie al nuovo trend della Bce le banche non solo stanno guadagnando di più, ma continueranno a farlo nei prossimi mesi.

A differenza delle imprese energetiche, sempre più spesso sul banco degli imputati della pubblica opinione per i

loro enormi profitti sulla pelle dell’intero sistema, le banche hanno goduto fino ad oggi di un trattamento molto più benevolo.

Anche se, a ben guardare, l’ingiustizia dei maxi ricavi appare eguale; un’ingiustizia, aggiungiamo, che creerà forse un po’ di imbarazzo nei banchieri.

Niente che non si possa curare con qualche dollaro in più.

Giuseppe de Concini

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Economia
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Il personaggio. Il vicentino Piero Pelizzaro riprogetta quartieri e città. Dirigente a Milano, Bologna ora

è a Roma e giudica Vicenza

Via le auto, il futuro è il tram in centro

Èl’uomo che riprogetta quartieri e città. Li fa rivivere, li rigenera, pianifica il loro futuro. Ha avuto questo incarico al Comune di Milano, dove è stato cinque anni direttore dell’ufficio resilienza. Ha poi lavorato al Comune di Bologna come direttore del settore Europa e internazionale, mentre adesso a Roma è responsabile dell’Officina per la rigenerazione dell’immobile pubblico all’Agenzia del Demanio. “Lavoriamo su 43mila beni immobili che valgono 62 miliardi”. Una prima volta per l’Agenzia del Demanio, che ha creato questa start up all’interno della pubblica amministrazione.

Ha 40 anni Piero Pelizzaro (con una “elle” sola) ed è vicentino dei Ferrovieri. È stato tra i più giovani dirigenti del Comune di Milano e sicuramente è assai giovane anche per l’anagrafe del Demanio.

Come vede dall’esterno Vicenza?

Come il resto del Veneto ha un grave problema: i giovani che se ne vanno. Belluno ha perso 15mila under 35, il Veneto ha visto andare via 45mila under 35 in due anni. Milano ha 40mila nuovi cittadini all’anno, un 5% sono veneti.

Perché accade?

Per molti motivi. Il primo è un difetto cronico: il conservatorismo nei processi di cambiamento. Un esempio semplice per la protezione della salute di tutti noi: io non possiedo auto, quando torno a Vicenza e cammino venti minuti a piedi, mi guardano come se fossi matto. Ma non cambia la mentalità dei vicentini col tempo?

Sì e no. Le politiche degli ultimi 20 anni sia del governo regionale che di molte città hanno fatto sì che i giovani abbiano lasciato il Veneto. Le città sono gestite con una visione stantia, finisce che il centro storico si svuota. Come accade anche a Vicenza. Il sindaco non è vecchio… Sì, ma la prima cosa che ha fatto è stato riaprire corso Fogazzaro alle auto, contro ogni logica anche commerciale. La Regione è prima per Pil in Italia, ma i giovani partono lo stesso. Non sa valorizzare questo patrimonio. Le università fanno sforzi enormi, ma non c’è sinergia fra università, istituzioni e imprese per rendere il territorio attrattivo. Decisivo anche il costo della

vita, che è alto. Ma lo è anche a Milano.

Vicenza è la terza città per valore di affitti in Italia. In cambio che servizi offre? Il trasporto pubblico è molto carente, la gestione dei rifiuti è positiva – anche se la separazione sta peggiorando – ma riguardo alla filiera dell’acqua dopo il caso Pfas credo che nessuno possa dire che il territorio sia protetto. Le falde sono inquinate e manca un controllo di processi industriali e agricoli. Il Veneto ha riconvertito le aree da uso abitativo a prosecco: il vino ha prosciugato la falda.

Vicenza è attrattiva?

Negli ultimi cinque anni i turisti in realtà si sono allontanati, attirati dai grandi poli. Vicenza si sta impoverendo di capitale umano e aumentando il capitale infrastrutturale, come la base americana, la tangenziale, la Tav, cui peraltro sono favorevole.

Però la mostra in Basilica ha contato 45mila ingressi e la città ha registrato 400mila visitatori nei musei e monumenti in un anno. Non le basta?

Che la singola mostra vada bene è un conto. Ma l’indotto?

Se tutto va così bene perché stanno chiudendo attività in centro?

Bologna diventa “second destination city”, perché la gente

Piero Pelizzaro, vicentino dei Ferrovieri e attualmente dirigente del Demanio a Roma e il tram in corso San Felice oltre un secolo fa a Vicenza

dorme a Bologna e non a Venezia. Perché Vicenza non riesce a intercettare queste presenze?

Perché magari la sera ci sono pochi locali aperti, perché non c’è una jam session, niente di niente. Il turista vuole trovare una città dinamica, viva. Non una che si spegne perché il vicino protesta a causa del rumore. È un problema annoso di Vicenza

Una città presidiata diventa anche più sicura. Invece percorri corso Fogazzaro di sera e hai quasi paura. Vicenza ha tutte le capacità per diventare come Bologna. È in mezzo all’asse delle Dolomiti e all’asse con Venezia.

Perché non viene fatto?

La ragione va cercata nella poca propensione al cambiamento che esiste. Guardi come sono cambiate le aziende: Dainese, Campagnolo, Fiamm… e invece le istituzioni? Ferme. Ma a lei non va bene niente?

Dico solo che un giovane, una famiglia hanno voglia di uscire, di vivere la musica e l’arte.

Anche i numeri che abbiamo spiegano una cosa sola: museo, basilica e teatro sono poli, non è cultura diffusa. Solo con il Palladio Museum dovremmo fare i fuochi d’artificio. È da vent’anni che funziona questa dinamica. C’è stato un barlume con Bulgarini, ma poi s’è spento. Se

» I giovani scappano da Vicenza e dal Veneto e noi sviluppiamo strade invece dei cervelli

» Più che sulle tangenziali avrei puntato sul bus in corso San Felice e fino in stazione

» Dovremmo fare i fuochi d’artificio con il museo su Palladio e invece…

» Vicenza è un deserto alla sera ma potrebbe diventare come Bologna

» C’è una mentalità conservatrice che ancora non si riesce a vincere

» Ragioniamo con modelli vecchi di decenni

» Vicenza terza città in Italia per costo degli affitti

ci pensa, anche Variati che torna a fare il sindaco dopo l’esperienza degli anni ‘90 è segnale emblematico di un ricambio che non arriva. Non può dare tutte le colpe a questa amministrazione, è ingiusto.

Certo che no. Tra l’altro conosco bene Mattia Ierardi, ci confrontiamo spesso. È stato lui a mettere gli alberi in viale Verona, ha aggiustato le piste ciclabili, ha sostituito gli alberi a Campo Marzo, sarà stato doloroso ma è stato fatto. Bravissimo amministratore, anche se si è innamorato un po’ troppo dell’asfalto ultimamente… Come valuta la situazione della mobilità a Vicenza?

È una delle peggiori città, resto basito. Ci si mette di più in auto che a piedi per molte tratte. Vicenza è talmente piccola che tutto il centro storico dovrebbe essere pedonalizzato. Personalmente non avrei chiesto compensazioni in tangenziali, anzi avrei chiesto nuove linee di tram su rotaia, da Corso San Felice in avanti togliendo le auto, lasciando ai soli residenti l’acceso. Non è possibile che pensiamo ancora alla Valdastico e alla Pedemontana quando da Vicenza a Padova impiego venti minuti e da Vicenza a Verona trenta in treno: serve un sistema metropolitano regionale su ferro.

Questo si sostiene da trent’anni e passa. Intanto?

Intanto l’auto va garantita a chi ha disabilità, chi sta bene si muova a piedi. Però anche a piedi troviamo criticità, in collina non trovi sentieri segnati, stiamo parlando dei Colli Berici… una bellezza unica. Per non parlare delle biciclette. Il turismo lento ha sentieri meravigliosi tra le Ville Palladiane

ma non ha indicazioni. Concludendo: di quale innovazione ha bisogno Vicenza?

Di saper gestire lo spazio pubblico, di come farlo vivere. Cosa ci mettiamo al centro: persone, auto o supermercati? Penso all’operazione rotatoria a San Felice: erano edifici meravigliosi da poter essere utilizzati in molti modi, invece è stato costruito un supermercato. E la scelta non è stata di questa amministrazione.

Lei parla di innovazione, ma spieghi meglio cosa si può fare nei vecchi edifici da recuperare

Quelli che noi chiamiamo processi di rigenerazione, come al Lingotto di Torino: c’è spazio per musica, studentato, per il commerciale, lo sport, la sanità, per i laboratori culturali e artistici. Che non vuol dire fare teatro con i bambini ma produrre arte. E a Vicenza, nel Veneto raccontiamo che siamo creativi e poi non troviamo destinazione d’uso per gli spazi?

Uno sguardo sulla sua città Mi fa dispiacere che siamo un pezzo di territorio con risorse, tanto capitale umano ma non riusciamo a valorizzarlo

Ci riusciremo?

Ci vorrà una generazione. Temo che dovremo prenderci degli schiaffi per poi svegliarci e combinare qualcosa. Vicenza dovrà attraversare una crisi. Non è ottimista.

Non molto. Si stanno sbagliando le leve. Investiamo su settori che non sono quelli giusti, cioè la rigenerazione, guardiamo modelli vecchi. Anche i ragazzi hanno modelli diversi, mentre noi abbiamo quelli di dieci anni fa. Non ho fiducia nel futuro ma ho fiducia nella sua imprevedibilità.

www.ilvicenza.com 17 L’intervista
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Il personaggio. Luca Dal Lago, celebre sommelier e ristoratore al Casin del Gamba ad Altissimo, ne ha raccolti centinaia

Isolatori elettrici, passione da collezione

È sicuramente una raccolta inconsueta ma più diffusa di quanto si pensi. Esistono club, pagine Facebook e offerte su eBay che mettono in contatto gli appassionati. I primi pezzi fanno data dall’Ottocento.

La scelta fra ceramica (in Europa) e vetro (appannaggio degli americani)

Ha 42 anni Luca Dal Lago ed è un collezionista speciale. Ha raccolto centinaia di isolatori elettrici, che servono a separare i conduttori e che si vedono sui tralicci dell’alta (o media) tensione, o anche un tempo sulle pareti delle case e dei condomini. Quelli piccoli, magari anche di un solo centimetro, un tempo si trovavano nelle abitazioni, soprattutto di campagna. Luca Dal Lago è uno dei non pochissimi appassionati di questi strumenti. Non è un professionista, sia chiaro, perché lui di lavoro è un sommelier e gestisce assieme ai genitori, Antonio e Daria Dal Lago, un ristorante di alto livello ad Altissimo, il celebre Casin del Gamba, che inin-

terrottamente dal 1 992 a oggi si fregia di una stella Michelin. È un record sicuramente nel Triveneto, mentre in Italia forse c’è un altro ristorante che può vantare un’incoronazione della Michelin da così tanto tempo.

Appassionato di isolatori, Luca Dal Lago spiega che i pezzi più vecchi risalgono all’Ottocento: del resto, bisogna pensare che la completa rete elettrica a Vicenza fa data dal 1908.

C’è inoltre una partizione fondamentale: l’Europa ha iniziato con gli isolatori di ceramica per poi arrivare al vetro, mentre il cammino degli americani è stato opposto, sono partiti dal vetro per arrivare alla ceramica. Le forme e le dimensioni degli isolatori elettrici sono

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estremamente variabili: dai piccoli rocchetti di circa 1 centimeri, usati una volta negli impianti delle abitazioni, alle lunghe catene di isolatori sospesi, pesanti diversi quintali e lunghe qualche metro, per le linee di alta.

I materiali tradizionali per realizzarli sono il vetro e la ceramica, cui si sono affiancati, negli anni ‘70 e ‘80 i materiali di origine sintetica.

Gli isolatori in ceramica sono mediamente più resistenti dal punto di vista meccanico di quelli in vetro, che però risultano essere maggiormente usati, per i minori costi di fabbricazione, dovuti essenzialmente alla pressoché totale assenza di scarti di lavorazione.

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Luca Dal Lago con un grande isolatore elettrico della sua collezione

Amarcord. Per fortuna ho iniziato a sciare da piccolo così ho potuto smettere presto. Sofferenza mascherata da divertimento

Errare è umano ma sciare è diabolico

Le piste sull’Ekar erano divise in tre parti come la Gallia di Giulio Cesare. La “Baby” era per i piccoli che imparavano subito a non accettare caramelle da alberi sconosciuti. Nella “direttissima” si raggiungevano velocità che neanche al ciclotrone di Ginevra. Tutto il santo giorno su e giù senza un minimo di tutela sindacale

Errare è umano, sciare è diabolico. Ringrazierò sempre i miei genitori di avermi insegnato lo sci durante la prima adolescenza, avendo così modo di abbandonarlo in modo definitivo non appena girato l’angolo della maturità. E già, perché sciare è sempre stato per me una sofferenza mascherata da divertimento, un sacrificio spacciato per festa e senza dubbio il passaggio traumatico dall’innocente e spontaneo mondo suicidario dell’infanzia su slitta e su bob a quello, altrettanto suicidario, ma più triste e disciplinato dello sci.

Teatro di questa tragica formazione furono gli impianti di risalita dell’Ekar, sull’altopiano di Asiago. Come la Gallia di Giulio Cesare era divisa in partes tres, altrettanto lo erano le piste di Gallio: c’era la “Baby” per i più piccoli che imparavano subito a non accettare caramelle da alberi sconosciuti, la “Direttissima” dove si raggiungevano velocità che neppure al ciclotrone di Ginevra e la più rilassante pista “Primavera”, che scendeva per una lunga e dolce spalla del monte, la preferita da poeti, pensionati e malati di nervi.

La giornata sciistica iniziava al mattino presto e andava avanti fino al tramonto, con una breve pausa per ingollare un panino: tutto il santo giorno su e giù, su e giù senza un minimo di tutela sindacale e mai nessuno schiavo che osasse ribellarsi e fuggire via dalle piste, scendendo verso la pianura, la libertà, fuori dalla Valsugana, verso il mare!

Alla partenza degli ski-lift l’aria era pesante come alla barriera di Milano, ma i fumi del gasolio nella purezza alpina potevano dare una sconcertante euforia come il napalm al colonnello-surfista di Apocalypse now. Io odiavo le belle giornate, quando si poteva sciare in bermuda e a petto nudo e invece si

doveva morire dal caldo dentro delle tute da cui non traspiravano neanche le bestemmie. Inoltre con il bel tempo si vedeva tutto il lentissimo percorso che si doveva fare dalla base alla cima dell’impianto e questo, dal quarto giro in poi diventava una tortura tibetana. Al contrario la giornata umida e nebbiosa trasformava ogni risalita in una nuova avventura verso l’ignoto, un procedere

lento e faticoso come una ritirata sul Don. Presto il rumore del diesel veniva inghiottito dalla massa lattiginosa di nebbia e di neve e faceva compagnia soltanto il lieve fruscìo degli sci, intervallato dal metallico tintinnare delle ruote dei tralicci.

E mentre le dita dei piedi lentamente congelavano dentro le bare di ghiaccio degli scarponi

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e quelle delle mani venivano rianimate bocca a bocca, si saliva passando accanto impotenti ai poveretti appena deragliati dai piattelli e sprofondati in metri di neve che gridavano aiuto, poi a quelli di caduta meno recente il cui lamento diveniva sempre più debole e poi ancora ai cippi e le pietre tombali con i nomi e le foto degli sciatori periti nell’esercizio del dovere.

Ma in pochi secondi la nebbia inghiottiva tutto e si andava avanti sospinti dalla cieca e furiosa forza del diesel, che da valle tutto trainava verso il proprio ineluttabile destino. La selezione naturale continuava poi anche all’arrivo, dove grandi cartelli ordinanti di liberare il gancio e andare a sinistra venivano interpretati al contrario da un venti per cento di utenti che mollavano il gancio e andavano a destra, scomparendo dentro un gabbiotto dove erano triturati in modo terrificante ma per fortuna rapido. A questo punto non restava che scendere: di solito noi ragazzi ci si buttava giù per la Direttissima come kamikaze alla battaglia delle Midway, senza casco, senza airbag salvaschiena, e senza speranza, con l’unica garanzia di essere imbullonati a sci pesanti come tubi Innocenti, grazie allo speciale attacco a morso di cavallo con molettone anteriore. Un sistema durato poco visto l’enorme numero di dita amputate registrato, ma comunque tale da assicurare lo sci allo scarpone in modo efficace.

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Vestiti da Palladio incantano a Venezia

Paolo Di Prima e Cristina Sartori, impiegati nella vita professionale, coltivano da sedici anni questa passione per i costumi. Ogni anno ne presentano due. Hanno vinto anche un concorso con 1200 partecipanti ad Abano. Hanno in mente un museo per le loro creazioni. Si sono conosciuti alla compagnia teatrale “Astichello” di Aldo Zordan perché entrambi sono anche attori

Hanno riscosso un grande successo al carnevale di Venezia con le loro maschere che rapprentavano Palladio con tanto di modelli di ville venete e vestiti con rappresentate le ville palladiane vicentine. Sono stati fermati da studenti (“io quella villa la conosco”) e da stranieri. Protagonisti sono marito e moglie di Monticello Conte Otto, Paolo Di Prima, 53 anni e Cristina Sartori, 55 anni. La loro è una storia di attori prima che di costumisti. Si conoscono al teatro Zuccato di Polegge nel 1994, con il regista Aldo Zordan che aveva appena dato vita alla compagnia “Astichello”. Nel 1994 recitavano nella commedia “Quando al paese mezogiorno sona” di Eugenio Ferdinando Palmieri, e non si lasciano più. Per Cristina e Paolo i costumi diventano molto presto un pretesto per poter evadere, anche se per un solo giorno all’anno, dalla routine quotidiana. Una passione in comune in grado di legarli non solo nell’indossarli, ma di appassionarli soprattutto nella sfida di realizzarli. Oggi Cristina ha lasciato le scene al contrario di Paolo che invece recita ancora. Han-

no due figlie adolescenti, Sofia e Chiara, che, come ogni teenager che si rispetti, un po’ si vergognano dei loro genitori mascherati.

Chi è la mente?

“Generalmente io (Cristina) lancio l’idea, poi però è un vero lavoro di squadra. Dalla progettazione alla realizzazione”.

Siete costumisti professionisti?

“No, siamo entrambi impiegati. Realizziamo i costumi nel tempo libero cercando di conciliare la nostra passione con le nostre vite”.

Quanto tempo impiegate a realizzare i costumi?

“Dipende. Se è molto rifinito, come i costumi del Palladio, circa un anno. Cominciamo a lavorare poco dopo la fine del carnevale”.

E quanti ne avete realizzati fino ad ora?

“Difficile dirlo con precisione. Abbiamo cominciato nel

2007 con “Il Sole e la Luna”, e quasi ogni anno ne abbiamo realizzati due per ogni carnevale passando per temi come i pavoni o i vini del Veneto. In più abbiamo partecipato ad alcuni concorsi con delle creazioni ad hoc”.

Concorsi?

“Si. Oltre al carnevale di Venezia abbiamo partecipato anche a “Maschere alle Terme” di Abano. Un’edizione era incentrata sui cappelli. Tra 1200 in concorso, io sono stata selezionata tra i dodici vincitori per la realizzazione di un calendario”.

Quanto costano due vostri costumi?

“Precisiamo che non sono in vendita ma realizzarli costa di solito dai 400 ai 500 euro la coppia, considerando materiali e interventi di Sabrina Chilò. È la nostra sarta di fi-

ducia: alcuni procedimenti richiedono una figura professionale”. Se non li vendete il vostro armadio dev’essere un luogo curioso e affollato.

“Magari bastasse un armadio. Abbiamo dovuto traferire tutto nella cantina del papà di Paolo. E comunque non ci sono tutti. In alcuni casi abbiamo smontato i vestiti per realizzarne di nuovi. Con quello che costano, se si possono riutilizzare è meglio”.

Com’è nata l’ultima creazione?

“Ci siamo presentati come

ambasciatori di Vicenza e del Palladio; abbiamo prodotto costumi dal taglio cinquecentesco con le foto delle ville palladiane stampate sui tessuti. Avevamo due aste di legno in mano alla cui sommità abbiamo installato due modellini. Uno de “la Rotonda”, realizzato da un nostro amico, Daniele Ferrando, simbolo del Palladio nel mondo, e l’altro di villa Valmarana Bressan, a Vigardolo, realizzato da Paolo e simbolo di… casa nostra”. E per il prossimo carnevale?

“Qualcosa bolle in pentola ma come sempre, fino al grande giorno resta tutto segreto. Possiamo dire che stiamo pensando di esporre i lavori collezionati fino ad ora vicino a casa nostra. E ho detto anche troppo”.

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I personaggi. Marito e moglie di Monticello Conte Otto hanno realizzato due costumi particolari nel recente carnevale
Arte
Roberto Meneghini Paolo Di Prima e Cristina Sartori travestiti da Palladio e ville palladiane e in una foto… in borghese

Casino & Misericordia, la Vicenza del ‘700

Nel febbraio del 1784, visto che neve ce n’era, la nobiltà vicentina ebbe l’idea di dar vita a una gara di slitte lungo il corso. Fu un evento memorabile per tutti, come conferma la lettera d’un anonimo testimone: “Le finestre, i poggioli e le logge delle case e dei palazzi erano coperte di spettatori affollati che applaudivano alla magnificenza della corsa e alla vivacità di sì brillante invenzione”. Già, perché la sfilata era stata preparata e realizzata senza badare a spese. Nella cronaca del conte

Arnaldo Tornieri si legge: “Erano venti slitte circa addobbate superbamente e assistite ognuna di esse da uomini a cavallo, i quali accesero le torce al vento e durò lo spettacolo fino a un’ora di notte. Tutto il corso era per questo motivo illuminato da un capo all’altro che pareva una processione continua”. Immaginiamoci dunque gli aristocratici sui loro destrieri – i vari Trissino, Bissari, Velo, Caldogno, Verlato, Velo – impegnati a trainare quegli slittoni fastosamente addobbati sui quali sedevano, elegantemente imbacuccate, le rispettive dame. Nessun limite alle trovate e ai riferimenti allora d’attualità: pensate che “la slitta del Nobile Signor conte Enrico Tornieri, unito ai Nobili Signori Conti Chiericati e Balzi, era tirata a quattro cavalli e rappresentava il globo aerostatico del signor Montgolfier”.

Il documento più prezioso che su quella festosa manifestazione ci rimane lo dobbiamo a un altro conte Tornieri che vi partecipò, Arnaldo, autore de “La corsa delle slitte in Vicenza nel Carnovale 1784”, opuscolo stampato (pare in appena trenta copie) presso il libraio Giacomo Leoni e dove, assieme alle stanze poetiche,

sono contenute le incisioni dipinte a mano che illustrano nel dettaglio le fogge dei mezzi in corsa, con tanto di didascalie riguardanti i nomi dei proprietari.

Sin qui la storia certificata. Sulla quale ora se ne innesta un’altra e ben più ampia, condita d’un gustoso intreccio romanzesco: quella scritta

da Sergio Merlo in “Casino e Misericordia. Parigi, Venezia, Vicenza: 1784”, volume edito da Mazzanti Libri.

Quarant’anni di lavoro in biblioteca Bertoliana (è laureato in conservazione dei beni culturali), titolare di saggi e raccolte poetiche, segretario del Cenacolo dei Poeti Vicentini, Merlo fa leva sul suo vasto bagaglio di conoscenze relative al passato della città per

condurci proprio attraverso i suoi luoghi deputati - e altri assai meno noti - in compagnia di personaggi che la vivono e la animano in quello scorcio di Settecento ormai prossimo al deflagrare della Rivoluzione Francese. Tant’è vero che il capitolo d’avvio e la conclusione vedono in scena nientemeno che la regina Marie Antoinette. Altri sfondi riguardano Venezia, l’allora Serenissima Dominante, ma ovviamente il cuore del racconto batte per le piazze e le vie d’una Vicenza dove il carnevale e la corsa delle slitte fungono da cornice a una ben più intricata (e appassionante) narrazione in cui la rievocazione si tinge di “giallo”, di mistero, di erotismo, nel mentre s’accende una sorta di caccia a un segreto tesoro sulle tracce lasciate dal religioso cinquecentesco Gellio Ghellini. Figura realmente esistita, fondatore dell’Istituto del Soccorso, circa la quale qui s’interrogano, grazie alla fantasia di Merlo, i due sulfurei saltimbanchi Casino e Misericordia (mai sentito parlare del Casino dei Nobili e dell’Ospedale della Misericordia?), il giovane scapestrato Giovanni, amante della contessa Elisabetta Chiericati nata Loschi, un vecchio che forse la sa lunga e una Teresa chiamata pure Venere.

Quel che ne esce è un originale “prosimetro” (proprio così: parti in prosa alternate ad altre in versi) del quale è vietato “spoilerare” il finale, ma che per tutte le sue trecento pagine tiene avvinto il lettore mescolando nobiltà e popolino, dramma e ironia, sacro e profano, sbalzando una Vicenza antica e vivissima, scrigno di memorie e di scorci ancor oggi riscontrabili. Provare per credere.

Il racconto ha al centro la corsa delle slitte in corso Palladio nel carnevale innevato del 1784. Poi si allarga a due sulfurei saltimbanchi e altri protagonisti in un articolarsi sapiente di versi e prosa. Vicenza appare antica e vivissima nei luoghi e personaggi. Appare anche la regina francese Maria Antonietta, che apre e chiude il libro

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Libri Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario
L’autore. Sergio Merlo ha pubblicato un volume di 300 pagine tra realtà e fiction sulla città com’era nel secolo dei lumi
La copertina del libro e l’autore Sergio Merlo, bibliotecario di lungo corso

Il personaggio. Il vicentino Paolo Morellati apportò delle modifiche al fortepiano di Cristofori che si rivelarono decisive

Il geniale meccanico che anticipò il piano

Vissuto fra il 1741 e il 1807, Morellati fu compositore, strumentisa e organaro. Studiò a Bologna con padre Martini, insegnante anche di Mozart. Il suo “cembalo” esprimeva suoni più o meno intensi a seconda della forza con cui si pigiava il tasto, il che rappresentava un miglioramento notevole rispetto al passato

Com’è noto, l’invenzione del pianoforte è da ascrivere al padovano Bartolomeo Cristofori che, a cavallo dei secoli XVIII e XIX, produsse vari prototipi di quello che, col tempo, sarebbe diventato lo strumento a tutti noto. Ciò che pochi sanno, forse, è che un contributo importante allo sviluppo e all’evoluzione della meccanica di questo strumento lo diede Paolo Morellati, compositore, strumentista e organaro.

Nato a Vicenza il 2 maggio 1741, dopo una formazione musicale nella sua città, si era recato fino a Bologna per studiare contrappunto con padre Martini, il celebre insegnante che di lì a qualche anno potrà vantare (1770) fra i suoi allievi una delle menti più geniali apparse sulla Terra: quella di Mozart.

La parallela passione per la matematica, unita ad esigenze di carattere pratico legate alla sua professione, portò tuttavia Morellati ad affrontare una nuova sfida, tutt’altro che semplice da condurre in porto: l’intento era quello di costruire uno strumento a tastiera che potesse in qualche modo risolvere alcune problematiche riscontrate dal fortepiano di Cristofori, ancora sperimentale per ciò che riguardava il funzionamento della meccanica. Dai primi “cembali a martellini” – uno dei

quali copia dello strumento posseduto dal famoso castrato Farinelli, amico di Morellati, costruito proprio da uno degli allievi di Cristofori – il vicentino raggiunse via via risultati sempre più soddisfacenti coi suoi strumenti, l’ultimo dei quali fu pure presentato sulle pagine del Giornale enciclopedico di Elisabetta Caminer

Turra nel luglio 1775 (Lettera

Scritta dal S. Paolo Morellati celebre Maestro di Musica Vicentino intorno all’eccellente Cembalo a Martelli da lui costruito). Si trattava di un nuovo cembalo – destinato alle esecuzioni cameristiche del rinomato salotto della nobile contessa vicentina Teresa Gualdo Valle – che racchiudeva alcune significative innovazioni rispetto ai modelli allora in circolazione, cosa che il costruttore non mancava di evidenziare per discernere la differenza che passa con gli altri cembali finora lavorati in Inghilterra e in Germania. In sostanza: lo strumento, di 56 tasti, esprimeva il forte e piano gradatamente in proporzione alla maggior, o minor forza, con cui si preme il tasto. Il martelletto che percuoteva le corde ritornava alla posizione di quiete, sebbene il suonatore non avesse levato la mano dal tasto stesso. Ciò, naturalmente, semplificava il compito dell’esecutore il quale – grazie ad un gioco di leve

meccaniche che consentiva al martelletto di percuotere la corda con una forza sei volte superiore a quella impressa dal dito – poteva finalmente esprimere liberamente e con poca fatica una serie molto estesa di forti e di piani. Sembra che un certo successo Morellati lo raggiunse: lo storico Girolamo Gasparella riferisce che i suoi pianoforti “erano giudicati i migliori per pastosità e rotondità di voce, ed erano assai ricercati all’estero, specialmente a Londra” mentre Mantese azzarda che il vicentino abbia prestato la sua collaborazione alla fabbrica di pianoforti Érard, ditta francese che annovererà anche Liszt fra i suoi illustri clienti.

Con la morte di Morellati, avvenuta nella sua città natale il 17 febbraio 1807, un velo d’oblio cadrà sulla sua figura anche perché, ahimè, nulla si è salvato degli strumenti da lui costruiti. Ed è alquanto curioso che esattamente cento anni dopo la sua dipartita, si spegneva nella città berica un altro importante organaro, quel Vincenzo Maltarello che, a metà Ottocento, proveniente dalla natia Rovigo, aveva impiantato a Vicenza una vera e propria fabbrica di pianoforti, che largo seguito avrà in Italia e all’estero. Ma questa è un’altra storia.

• Chi è Oreste Palmiero

Oreste Palmiero è bibliotecario, archivista, musicista e storico della musica. Ha pubblicato diversi libri con l’Accademia Olimpica e lavora alla “Bertoliana”

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illustri
Vicentini
Oreste Palmiero Il compositore vicentino Paolo Morellato che studiò innovazione rispetto al fortepiano di Bartolomeo Cristofori (nella foto)
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#Regione

Ormai l’ipotesi sta diventando una pista d’atterraggio del dibattito politico, peraltro così sgombra da far prevedere che l’aereo delle buone intenzioni plani in sicurezza e in (relativamente) poco tempo. L’idea è quella del terzo mandato per i governatori, argomento che interessa da vicino il Veneto, visto che Luca Zaia terminerà il suo compito nel 2025. Ma davvero lo concluderà? Sarebbe il terzo mandato, che in verità è il quarto perché Zaia presidente lo è diventato nel 2010. E, a voler essere precisi, è in giunta dal 2005, quando era vicepresidente di Giancarlo Galan, non proprio un incarico da niente.

Era l’anno, il 2005, quando i consiglieri della Lega, per fare sentire la propria forza, alla seduta inaugurale entrarono volutamente insieme, in leggero ritardo e facendo

Il Punto Quarto potere

perfino rumore. Volevano fare capire che erano ben vivi nel Veneto in cui Forza Italia aveva ottenuto il 22% mentre la Lega era rimasta al 14%. Insomma, un po’ orgogliosi e un po’ arroganti.

Cinque anni dopo, nel 2010, i risultati sarebbero stati opposti: Lega al 35% mentre il Pdl, l’evoluzione di Forza Italia, al 24%. Iniziava l’era di Zaia, eletto governatore con il 60% dei voti quando nel 2005, Berlusconi imperante, Galan aveva ottenuto “appena” il 50%.

Il resto è cronaca, vale a dire le due riconferme di Zaia del 2015 e del 2020, quest’ultima con la percentuale stellare del 77%. Ha ragione Crozza: non è un’elezione, il Veneto è un principato, un sultanato.

E il futuro? Niente di più facile che sia Zaia a succedere a se stesso. È vero che l’eurodeputato Variati ha bocciato questa idea, ma la pensano così nel Pd del Veneto non in tutta Italia. I democratici, infatti, hanno molto a cuore la rielezione di Vincenzo De Luca in Campania. Quindi, uno a me e uno a

te, tra destra e sinistra è assai probabile che si trovi un accordo per abolire quella norma che impedisce ai governatori di candidarsi per un terzo mandato, norma che appunto è scattata dopo il primo quinquennio di Zaia e che lo porterebbe al quarto incarico da governatore.

L’unico ostacolo su questa strada è Fratelli d’Italia che vorrebbe mettere la sua bandiera sulla prestigiosa poltrona, visto che anche nel Veneto supera abbondantemente il 30 per cento. Ma, fanno notare a Roma, qualcosa agli alleati i Fratelli devono pur concederla, mentre Luca De Carlo, senatore e timoniere veneto di FdI nelle dichiarazioni ufficiali ha spiegato: “Noi siamo assolutamente favorevoli all’eliminazione del tetto dei mandati perché sono i cittadini che devono poter scegliere. Valuteranno i partiti e i candidati il da farsi”.

La riforma. Dopo il via libera del progetto da Consiglio dei Ministri e Conferenza delle Regioni

Autonomia, la parola passa al Parlamento

Intanto Ciambetti incontra il ministro Calderoli: “Coinvolgere anche i Consigli regionali sui processi decisionali”

Altri due passi avanti sulla strada dell’autonoma differenziata, che a metà marzo ha incassato il via libera definitivo dal Consiglio dei Ministri. Ma il cammino è ancora lungo e non privo di incognite, adesso che la palla passa al Parlamento. E si sa quanto l’Aula possa rivelarsi insidiosa anche per progetti che godono di un ampio consenso e per riforme che sembrano mettere tutti d’accordo. Intanto il disegno di legge che porta il nome di Roberto Calderoli, ministro per gli affari regionali e le autonomie, ha fatto importanti passi avanti nel giro di pochi. L’ultimo in ordine di tempo è l’approvazione definitiva del disegno di legge dal Consiglio dei Ministri. Una decina di giorni prima era arrivato il via libera da parte della Conferenza delle Regioni e dalla Conferenza Unificata, aprendo di fatto il confronto parlamentare sul percorso di autonomia differenziata. Il governatore

veneto Luca Zaia non può che compiacersi: “Con alto senso di responsabilità e volontà di inclusione porteremo avanti questo progetto, ascoltando tutti, consapevoli che questa è una scelta di modernità.

Adesso serve che prosegua con efficacia il lavoro per LEP, i livelli essenziali delle prestazioni. Dovrà continuare l’impegno di tutti anche nel far capire che l’autonomia non spacca certo il Paese, né impoverisce qualcuno, ma è una grande opportunità per tutti i territori”.

Zaia si spiega meglio e aggiunge: “Prende sempre più forma il progetto per dare compimento al dettato costituzionale. L’autonomia, infatti, è prevista dalla Costituzione ed è la chiave per un profilo di modernità, di efficienza e di modernità dell’amministrazione della cosa pubblica che avrà quella ricaduta positiva attesa dai cittadini. Il centralismo è l’equa divisione del malessere,

l’autonomia è l’equa divisione del benessere. Questa Italia a due velocità deve finire e le regioni devono essere tutte messe nelle condizioni di dare servizi e risposte ai loro cittadini”.

Detto questo il presidente del Veneto si rivolge anche alle quattro Regioni che invece avevano espresso parere contrario: Campania, Puglia, Emilia Romagna e Toscana: “Rispetto la scelta: hanno fatto dei distinguo ma, è da notare, che non si sono pronunciate contro l’autonomia, lamentandosi più che altro delle modalità. Da parte nostra c’è soddisfazione ma colgo anche

un grande senso di responsabilità da parte di tutti noi e del ministro Calderoli a cui va il mio ringraziamento per l’impegno che continua a dimostrare. Da parte nostra c’è la volontà di vedere riconosciuto fino in fondo che questo è un progetto serio, che non spacca l’Italia e darà opportunità a tutti, anche a quella foresta che cresce e che non ha ancora voce”.

Di autonomia hanno parlato anche i presidenti dei consigli regionali in occasione dell’incontro a Roma con il ministro Calderoli. “Il confronto con gli enti territoriali è sempre proficuo, - ha dichiarato - sull’au-

tonomia c’è coinvolgimento e attenzione” ha dichiarato il ministro. “E’ stato un incontro costruttivo e molto utile - ha sottolineato il presidente del consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti - abbiamo apprezzato la concretezza del ministro. Abbiamo concordato su come la natura del processo decisionale, connesso all’esercizio di più ampie funzioni delegate alle Regioni, debba coinvolgere anche il rispettivo Consiglio regionale e abbiamo auspicato che il Ministro possa farsi portavoce di questa sensibilità in Parlamento, quando avranno luogo le audizioni dei soggetti istituzionali deputati”.

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Luca Zaia Roberto Ciambetti

Dopo le primarie. Il segretario regionale Andrea Martella traccia la rotta

“Un Pd più forte per un Veneto che vuole voltare pagina”

“Nessun’altra forza politica si apre all’esterno così tanto e sa ascoltare la richiesta di cambiamento, siamo in campo su sanità, scuola, transizione ecologica e sviluppo”

Si sono concluse le Primarie del Partito Democratico con l’affermazione nazionale di Elly Shlein e il Veneto, in questo senso, non ha fatto eccezione tributando alla neo-segretaria un’affermazione molto netta percentualmente superiore alla media nazionale. Uno sforzo organizzativo importante che ha visto allestire nella Regione oltre 400 seggi che hanno consentito a migliaia di militanti e simpatizzanti di esprimersi, nonostante anche condizioni meteo non agevoli, prova di attaccamento e grande attenzione verso la nostra forza politica.

“Abbiamo dato una grande prova di partecipazione –commenta il segretario regionale, Andrea Martella - grazie all’immane lavoro di centinaia di militanti che sono riusciti a garantire che tutto si svolgesse al meglio e in modo capillare.

Siamo una grande comunità. Non c’è nessun’altra forza politica che si apre all’esterno così tanto, che ascolta i simpatizzanti e che può contare su di una militanza così preparata e disponibile.”

“La vittoria di Elly Shlein - continua - rappresenta certamente una richiesta, che viene dalla base, molto forte di impegno e cambiamento. I cittadini, i nostri elettori, i nostri iscritti ci hanno detto in modo molto chiaro che dobbiamo tornare tra le persone, nei luoghi del lavoro, nelle periferie, ci hanno richiamato al dovere di rappresentare, in primo luogo, chi vive condizioni di difficoltà, chi fatica. Non un partito chiuso, ma capace di tornare alle radici profonde dei suoi valori e del nostro Paese coniugando le esigenze di chi produce lavoro e benessere con quelle di chi ha il diritto di averlo un lavo-

ro e di poter contare su di una retribuzione adeguata, sicura e al passo con i tempi. Sono ancora troppe le persone che pur lavorando non hanno diritti, non hanno sicurezze, non hanno un reddito sufficiente per affrontare con tranquillità le proprie vite.”

“In Veneto – spiega Martella –in questo anno abbiamo compiuto dei passi importanti, ci siamo rinforzati e affrontiamo con fiducia la tornata elettorale che ci vedrà protagonisti il prossimo 14 e 15 maggio con le nostre e i nostri candidati e con le nostre idee e programmi. Il rinnovamento che l’elezione di Elly Shlein ha avviato nel partito e sulla scena politica italiana, ne siamo certi, avrà riflessi anche nella nostra Regione nella quale lo strapotere della Lega, dati alla mano, appare ormai al tramonto e quello di Fratelli d’Italia non sembra in

grado, affidandosi al solo traino nazionale di Giorgia Meloni, poterlo sostituire. Del resto tocchiamo tutti con mano l’incapacità che oggi ha la Regione Veneto di garantire le giuste risposte ai cittadini, di far crescere il nostro territorio, di proporsi sulla scena nazionale ed europea, di sostenere chi ha più bisogno, di governare i processi di transizione economici e sociali.”

“Noi siamo in campo - conclude il segretario regionale del Pd - con quattro caposaldi essenziali: Sanità Pubblica, efficiente, accessibile e veloce; scuola pubblica per tutti nella quale il ruolo degli insegnanti sia realmente valorizzato e gli studenti possano trovare tutti gli strumenti per aprirsi al meglio al mondo; transizione ecologica, sostenibilità, energie rinnovabili e rivoluzione green; sviluppo e produzione per sostenere

Sanità. La proposta di Elisa Venturini, capogruppo di Forza Italia in Consiglio Regionale

Elisa Venturini, capogruppo di Forza Italia in Consiglio Regionale ha depositato una Mozione in Regione sul tema dell’età della pensione obbligatoria per i medici.

“È importante che la Regione, si attivi perché ai professionisti vicini alla pensione venga data la possibilità, su base volontaria, anche una volta raggiunta l’età pensionabile, di rimanere

in servizio fino ai 72 anni con compiti di formazione rivolta ai neo laureati.

L’inserimento nel mondo di lavoro del medico è articolato e richiede dopo la laurea un corso di specializzazione che varia da 4 a 6 anni a seconda del settore prescelto. Proprio per questo penso sia opportuno non disperdere questo patrimonio di esperienza e conoscenze;

inoltre l’interazione tra professionisti affermati e giovani neo laureati potrebbe rendere maggiormente attrattiva, per questi ultimi, la permanenza all’interno del servizio pubblico. Per questo ho depositato una mozione con la quale chiedo alla Regione di farsi parte attiva nel chiedere al Governo che si individuino percorsi per rendere attrattiva la permanenza

in servizio dei medici in età pensionabile in servizio presso l’azienda Ospedale-Università di Padova con funzioni di didattica a favore delle nuove generazioni di medici. Questo percorso permetterebbe quel passaggio di competenze e quella protezione formativa che i medici più esperti potrebbero offrire ai medici di più recente nomina”.

i lavoratori e le nostre imprese. Ma prima di tutto dobbiamo restituire centralità alle persone e alle comunità, perché paradossalmente questa destra sul territorio ha accentrato e polarizzato tutto sull’uomo solo al comando. È un’agenda importante che dobbiamo ampliare per coinvolgere quante più energie è possibile. Siamo certi che ci sia la possibilità di cambiare, di innovare il nostro territorio, di riavvicinare decisamente i cittadini alla politica: noi abbiamo iniziato organizzando un importante seminario con documenti e piattaforme che adesso svilupperemo e con il nostro congresso. Siamo consapevoli di come sia solo il primo passo.”

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“Impieghiamo i medici vicini alla pensione per formare i giovani”
Andrea Martella

Emergenza siccità. Inaugurato il primo stralcio del Leb, che preleva le acque dell’Adige

Il canale artificiale che disseterà le campagne

A“dissetare” la campagna veneta alle prese con la siccità ci penserà un canale artificiale lungo 48 chilometri, che permetterà, una volta completato, di distribuire acqua irrigua su 350 mila ettari tra le province di Verona, Vicenza, Padova e Venezia. E’ il Leb (Lessino Euganeo Berico, dal nome dei territori attraversati), la prima opera irrigua finanziata dal Pnrr con 20 milioni di euro, ai quali se ne aggiungeranno altri 33 che permetteranno di completare entro il 2025 i primi due stralci da quasi 13 chilometri e risparmiare circa 120 milioni di metri cubi d’acqua, risorsa sempre più preziosa.

Una volta completato il canale sarà lungo 48 chilometri, in parte a cielo aperto (16,25 km) ed in parte in condotto sotterraneo (27,7 km). Preleva le acque del fiume Adige, a Belfiore, e nel suo percorso si dirama in un fitto sistema idraulico a beneficio di un comprensorio di 350mila ettari di campagne, di cui 90mila ettari irrigui, nelle province di Verona, Vicenza, Padova e

Venezia. A tagliare il nastro il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini ed il presidente della Regione Luca Zaia, che non hanno mancato di sottolineare quanto sia sentito questo intervento in tempi crisi climatica.

Il Leb è nato dalla volontà di tre consorzi di bonifica veneti per gestire al meglio l’acqua per l’irrigazione delle campa-

Salvini e Zaia all’inaugurazione della prima opera irrigua finanziata con i fondi del Pnrr, due anni per completare il tratto iniziale

gne: Alta Pianura Veneta di San Bonifacio (VR), Adige Euganeo di Este (PD) e il Bacchiglione con sede a Padova. Il presidente Moreno Cavazza ha sottolineato: “Siamo arrivati alla conclusione del cantiere in anticipo rispetto alle previsioni progettuali, nell’imminenza della riapertura delle paratoie e dell’avvio della stagione irrigua 2023. Abbiamo ottimizzato un’infrastruttura esistente e fondamentale per la nostra regione. A questo impegno si aggiunge il progetto di ricerca e sperimentazione sviluppato dal Consorzio con le Università di Verona e Padova sem-

pre volto all’ottimizzazione dell’acqua irrigua nelle campagne. L’attività sperimentale si sta orientando anche nella valutazione di fattibilità delle potenzialità energetiche dell’infrastruttura Leb sia sotto il profilo fotovoltaico che di micro-idroelettrico”.

Zaia, che di lì a pochi giorni avrebbe annunciato la necessità di razionalizzare l’acqua in tutta la regione, ha aggiunto: “È un grande intervento e un modello di eccellenza del Veneto che andrà a interessare una vasta zona di quasi 100mila ettari. È fondamentale dare l’avvio a quello che ho definito il piano Marshall per l’acqua. Bisogna investire sulla rete irrigua per efficientare la distribuzione della risorsa”. Un plauso anche da Salvini, che ha sottolineato la necessità di una nuova coscienza idrica e una nuova politica dell’acqua, risorsa che ormai è oro. In Italia conteniamo

solo l’11% dell’acqua piovana. Ho chiesto intanto risorse per un miliardo di euro per realizzare e chiudere alcuni piccoli invasi e dighe. Occorrerà una nuova coscienza ambientale superando le politiche dei no perché l’acqua è vita e non possiamo più permetterci di disperderla”. “L’importanza di questo canale - ha spiegato Francesco Cazzaro, presidente veneto dell’Anbi, che riunisce tutti i consorzi di bonifica, - risiede nell’essenza stessa dell’uso dell’acqua. Dove c’è acqua, c’è resilienza al cambiamento climatico, c’è produzione agricola di qualità, c’è vita, c’è collaborazione, cooperazione per gli obiettivi comuni, tenuta del tessuto non solo infrastrutturale ma anche sociale ed economico del territorio. Oggi il Leb rende concreta una parola che usiamo spesso senza magari ricordarne appieno il significato: sostenibilità”.

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In foto Matteo Salvini con Luca Zaia all’inaugurazione del Leb

L’intervista. Massimo Bressan, presidente di Coldiretti Padova

“La nostra agricoltura traina l’economia va difesa da calamità e concorrenza sleale”

L’ agricoltura in Veneto è patrimonio culturale, un’eccellenza. I numeri: il settore primario nel 2022 valeva 7,7 miliardi di euro, un dato che colloca il territorio al secondo posto tra le regioni italiane per produzione. Il Veneto è inoltre al terzo posto in Europa per l’export di vino, dietro Francia e Spagna, con oltre 2.700 milioni di euro. Ne parliamo con Massimo Bressan, presidente di Coldiretti Padova. Dopo la pandemia, l’invasione della cimice asiatica, i rincari dovuti alla guerra, il comparto appare in ripresa. Possiamo essere fiduciosi?

“Abbiamo quasi superato i 10 miliardi di export e siamo primi in alcuni prodotti, non solo il pomodoro, ma anche l’uva, il kiwi, e secondi con altri, come le mele e le angurie. Questa è stata una buona annata per le rese produttive, però venivamo da anni di continue emergenze, dal ghiaccio, alla cimice, e ora la guerra in Ucraina e i rincari. Tutto questo ha portato a raddoppiare i costi purtroppo. Quindi ragionare sulla filiera nel suo complesso è fondamentale per dare anche un po’ di reddito ai nostri agricoltori e cercare di superare il gap logistico rispetto ad altri paesi europei come la Spagna. Ora c’è il Pnrr, un’opportunità per recuperare terreno. E l’altro mio auspicio è che anche nel mondo dell’ortofrutta, che negli anni è sempre stato molto frammentato, si cerchi di far squadra; di unirsi con i vari elementi per dare delle risposte”. Quanto incide la concorrenza delle produzioni straniere?

“La concorrenza sleale è data da vari fattori: una su tutte è la mancanza della reciprocità. Cioè non usiamo le stesse armi in tutti i paesi, non abbiamo le stesse regole. Poi però ci sono anche altre barriere, come quelle commerciali che vengono messe alla faccia del libe-

ro scambio. Un esempio su tutti è la pera, che noi non possiamo esportare in Cina perché ci mancano delle autorizzazioni, mentre i cinesi possono portare qui le loro. E poi c’è tutta la concorrenza sleale data dall’italian sounding che ci porta via più di 120 miliardi. Vogliono sottrarre valore alle nostre imprese, ai nostri prodotti, usando i nostri nomi, che evocano eccellenze, valori e territori. Questa è una telenovela infinita. Speriamo

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che si arrivi a un punto”. Agricoltura non è soltanto produrre cibo, ma è anche risposta sul piano ambientale. Coldiretti Padova ha da poco promosso un evento importante: “Valorizzare per non Sprecare”, dedicato proprio alla sensibilizzazione sulle iniziative anti-spreco in ambito alimentare.

“È stato un bel momento, a Padova, organizzato tra l’altro dalla fondazione Nero Pasini per i 1 40 anni delle Cucine Economiche Popolari. La migliore economia circolare è tornare a quello che si faceva un tempo, a quello che insegnavano i nonni, nel creare i cibi, anche nella modalità di cottura e nelle varie ricette tipiche. Allo stesso tempo va valorizzata la vendita diretta, grazie alla capillarità dei nostri mercati di Campagna Amica, per due ragioni; da un lato si spreca meno cibo, perché essendo più fresco si rischia meno di scartarlo, dall’altro lato si inquina meno riducendo la percorrenza dei prodotti. Detto ciò, però dobbiamo anche dare risposta a quella parte delle aziende che vengono alla Gdo, ai mercati all’ingrosso e guardano all’export. Serve un lavoro di squadra, non solo da parte della produzione - nel cercare di utilizzare al meglio per sprecare meno - e della distribuzione, ma anche dei cittadini”.

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Inflazione. Le iniziative per sostenere i consumatori alle prese con i rincari

Risparmio e qualità: un binomio possibile anche nel carrello della spesa

Tra inflazione, rialzo dei prezzi e carrello della spesa sempre più caro le famiglie italiane si trovano a fronteggiare una perdita del proprio potere d’acquisto. In questo contesto tutte le insegne della GDO hanno attivato iniziative e promozioni per sostenere le famiglie italiane, offrendo la possibilità di fare la spesa a prezzi convenienti, senza rinunciare alla qualità.

E questo è anche l’impegno di Aspiag Service, concessionaria del marchio Despar per il Triveneto, l’Emilia-Romagna e la Lombardia: contro i rincari sugli scaffali dei punti vendita dell’abete è da sempre presente la linea di prodotti a marchio S-Budget, un paniere completo di 500 prodotti, alimentari e non, come pasta, farina, burro, surgelati, prodotti per l’igiene della casa che, oltre a garantire un risparmio medio del 30% sul carrello, consente di effettuare una spesa completa a meno di 15 euro. Caratteristica fondamentale di S-Budget è proprio quella di essere una linea di primo prezzo che alla conve-

nienza abbina elevati standard di qualità, garantita dai severi controlli applicati a tutta la filiera, dalla selezione delle materie prime, alla loro lavorazione fino alle fasi di confezionamento e distribuzione.

S-Budget è un marchio esclusivo di Aspiag Service Despar, sviluppato in collaborazione con le organizzazioni SPAR di Austria, Slovenia, Ungheria, Repubblica Ceca e Croazia, appartenenti al Gruppo SPAR Austria, di cui Aspiag Service

fa parte. E proprio la partnership internazionale è la ragione della sua convenienza: i grandi volumi prodotti a livello internazionale consentono infatti un notevole risparmio di costi a cui concorre anche l’immagine della linea e il packaging volutamente semplici per non pesare sul prezzo finale.

Il marchio S-Budget è stato ideato e realizzato da SPAR Austria, casa madre di Aspiag Service, nel 2007, ed è stato poi sviluppato in Italia nel 2008 partendo

dei generi di prima necessità. Oggi rappresenta in termini di fatturato il quarto brand dei prodotti a marchio Aspiag, con una crescita costante che ha registrato nel 2022 un +20% rispetto all’anno precedente. L’obiettivo è quello di arrivare a coprire tutti i bisogni del cliente, presidiando tutte le famiglie merceologiche: un progetto a cui Aspiag Service Despar sta lavorando intensamente e che nel 2023 vedrà il lancio di 200 nuovi prodotti.

IL PUNTO

Che rapporto c’è tra “primo prezzo” e qualità? Spesso questi concetti sono visti in antitesi l’uno con l’altro; è davvero così? Sicuramente il primo prezzo può essere associato da alcuni consumatori ad un concetto che risponde all’equazione “prezzo basso=qualità bassa”, ma ovviamente l’argomento non può essere ridotto a questa semplificazione. Tra i “primi prezzi” troviamo prodotti differenti, con qualità differente, esattamente come nei prodotti delle altre gamme. Ogni prodotto presente nei nostri supermercati, compresa la nostra linea di primo prezzo S-Budget risponde a standard qualitativi determinati e obbligatori. La convenienza è sicuramente il valore fonda-

mentale, ma allo stesso tempo S-Budget è una scelta sicura e garantita grazie agli accurati controlli effettuati sulla filiera: dalla selezione delle materie prime, alla loro lavorazione fino alle fasi di confezionamento e distribuzione.

Posto che la qualità del prodotto rimane ottimale, quali fattori incidono nella riduzione del prezzo al cliente dei prodotti S-Budget?

Con la nostra linea di primo prezzo S-Budget abbiamo potuto garantire ai consumatori ottimi livelli di qualità agendo su fattori “esterni” al prodotto, come ad esempio la grammatura del packaging o l’importante logica delle economie di scala. Facendo Aspiag Service Despar

parte di un Gruppo Internazionale, ed essendo questo progetto nato dalla nostra Casa Madre Spar Austria (e da qui sveliamo il significato della “S” di S-Budget, che in tedesco significa “Sparen”, ossia risparmio), sicuramente l’abbattimento dei costi dato dalla produzione di elevate quantità è stato uno dei fattori essenziali che ha permesso di portare al consumatore prodotti che, pur essendo qualitativamente ottimali, risultano appartenere alla fascia del “primo prezzo”.

In che modo garantite qualità e sicurezza dei prodotti S-Budget?

Ci tengo a fare una premessa: quando parliamo di sicurezza dobbiamo fare molta attenzione. La sicurezza è infatti garantita per tutti gli alimenti da un requisito legislativo e, di conseguenza, non potrà mai

venire meno in nessuna delle diverse linee di prodotto. Per quanto riguarda la qualità invece, oltre a quanto già detto, essa viene sempre garantita grazie, ad esempio, all’utilizzo di specifici capitolati di fornitura adottati da Aspiag Service Despar per tutti i suoi fornitori, dal monitoraggio analitico realizzato dagli uffici qualità e dai diversi audit svolti in sede dei produttori.

Filiera ed economie di scala, la ricetta per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie Nonostante i dati dell’Istat sui prezzi al consumo a febbraio diano un primo segnale di un rallentamento dell’aumento generalizzato dell’inflazione, permane un sentimento diffuso di incertezza e servirà ancora parecchio tempo per smorzare gli effetti dell’aumento dei prezzi che rappresenta una delle preoccupazioni principali delle famiglie italiane con conseguenze inevitabili anche sui comportamenti e le abitudini d’acquisto. Sostenere il potere d’acquisto e fornire un aiuto concreto alle famiglie contro il caro prezzi è allora una priorità su cui anche Aspiag Service Despar ha lavorato intensamente per non trasferire completamente i rincari sul cliente finale. Per questo abbiamo scelto di offrire ai nostri clienti la possibilità di fare la spesa a prezzi convenienti senza rinunciare alla qualità impegnandoci, insieme ai nostri fornitori, per sostenere le comunità e le persone, anche attraverso campagne e promozioni che puntano a incrementare le occasioni di convenienza. Il nostro gruppo lavora in filiera e questo è un vantaggio per gestire al meglio aumenti importanti di prezzo e favorire economie di scala che consentono di calmierare il costo del prodotto. Inoltre, essere parte di un gruppo internazionale come SPAR Austria rappresenta un vantaggio competitivo che si riflette anche nella gestione degli assortimenti. In un contesto di incertezza come quello attuale, filiera ed economie di scala sono dunque le parole chiave per fronteggiare il caro-prezzi. In questo modo vogliamo dare un sostegno concreto per mitigare l’effetto del caro-vita sulle famiglie, in linea con il nostro impegno al fianco delle persone e delle comunità che è il fulcro della nostra strategia di sviluppo in un’ottica di sostenibilità e vicinanza.

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Direttore Regionale Aspiag Service per il Veneto Tre domande ad Arianna Zoccarato, Responsabile PL di Aspiag Service Rapporto tra primo prezzo e qualità Arianna Zoccarato, Responsabile PL

Passi d’argento per invecchiare bene

Over 64 con l’obiettivo di un invecchiamento sano e attivo. Un osservatorio nazionale monitora dal 2016 lo stato di salute degli anziani raccogliendo i dati, anche a livello regionale e locale con il coinvolgimento di 18 regioni e 86 Aziende sanitarie, con la finalità di far percorrere “Passi d’Argento” sereni e nel benessere agli anziani che sono sempre più numerosi e sempre più rappresentano una risorsa per le loro famiglie e l’intera comunità.

A Treviso i dati raccolti sono stati presentati a inizio marzo a tutti i sindaci del territorio compreso nell’Ulss 2 Marca trevigiana, ne è stato disegnato un quadro dello stato di salute delle persone dai 65 anni in su per valutare e programmare azioni di miglioramento di benessere e qualità di vita.

Nel territorio in questione l’edizione 2022 di Passi d’Argento ha visto impegnati in un lavoro di rete i Servizi sociali ed Epidemiologia dell’Ulss 2, le amministrazioni comunali e i loro Servizi sociali, i centri di servizi, le associazioni di volontariato e i sindacati.

Prosegue alla pag. seguente

www.ilvicenza.com 33 Salute on-line: /category/salute/ MARZO 2023
I risultati dell’indagine sullo stato di salute degli anziani

Salute

Papilloma Virus e prevenzione

Vaccinazione e screening contro l’infezione da HPV

In occasione della Giornata di sensibilizzazione, lo scorso 4 marzo, l’assessore alla Sanità della Regione Veneto Manuela Lanzarin illustra i risultati raggiunti

NelVeneto il 77% delle ragazze nate tra il 1996 ed il 2009 ha aderito alla proposta vaccinale contro il papilloma virus (HPV) ed il 74% ha già completato il ciclo vaccinale; quanto ai ragazzi, di coloro che sono nati tra il 2004 e il 2009 ha aderito il 72% e ha già completato il ciclo vaccinale il 66%. Nel 2021 nella Regione Veneto sono state invitate allo screening della cervice più di 323.000 donne, hanno aderito circa in 169.000. Nello stesso anno, in circa 5.700 donne sono stati effettuati degli approfondimenti di secondo livello e nel 13% di tali donne è stata identificata una lesione precancerosa.

Grazie all’impegno delle Aziende sanitarie l’attività dei programmi di screening è tornata ai livelli pre-pandemici.

“L’HPV - ricorda l’assessore - è la causa più frequente di infezione trasmessa per via sessuale. L’HPV non è un’infezione che colpisce esclusivamente la salute della donna ma riguarda anche quella dell’uomo. Nel Veneto esistono efficaci strumenti di prevenzione che possono aiutarci a debellare la malattia. Siamo tra le prime regioni in Italia ad aver dato vita a percorsi di vaccinazioni mirate per fasce d’età, dedicati non solo alle donne, che hanno visto una massiccia adesione”.

Esistono oltre 100 tipi di papillomavirus, differenziati in base al genoma. Alcuni sono responsabili di lesioni benigne come i condilomi, altri rappresentano la principale causa del tumore al collo dell’utero, ma sono responsabili anche di alcuni tumori in altre sedi, come vulva, vagina,

I risultati dell’indagine sullo stato di salute degli anziani

In provincia di Treviso vivono 200.000 persone con più di 64 anni, il 23% della popolazione, che diventeranno 300.000 tra 15 anni e che già oggi per i 2/3 della nostra spesa sanitaria riguardano gli over 64.

pene, ano e oro-faringe. Il tumore al collo dell’utero è la prima neoplasia ad essere riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità come totalmente riconducibile all’infezione da HPV e, quindi, eliminabile attraverso una efficace strategia basata sulle vaccinazioni e sulla diagnosi precoce con lo screening per il tumore della cervice uterina.

La vaccinazione gratuita contro l’HPV è raccomandata ed accessibile per le ragazze e ragazzi a partire dagli 11 di età, per soggetti che risultano a maggior rischio di lesioni correlate all’HPV.

I tecnici della sanità regionale fanno presente che l’uso del preservativo non elimina il rischio di trasmissione.

Perciò il vaccino deve essere somministrato prima dell’inizio dell’attività sessuale e viene offerto ai ragazzi e alle ragazze. Lo screening ha lo scopo di favorire la diagnosi precoce di tumori e di lesioni che potrebbero evolvere in tumore (lesioni pretumorali), per ridurre la mortalità e accrescere le possibilità di cura e di guarigione. E’ gratuito per tutte le donne residenti in Veneto dai 25 o 30 anni di età, a seconda dello stato vaccinale contro l’HPV, e fino ai 64 anni.

Lo screening prevede come test di primo livello il Pap test ogni tre anni alle donne dai 25 ai 29 anni non vaccinate contro HPV; il test HPV ogni 5 anni a tutte le donne dai 30 ai 64 anni.

Qualora la donna risultasse positiva ai test di primo livello, sono previsti altri esami strumentali di secondo e terzo livello utili alla diagnosi precoce.

Grazie al lavoro di un centinaio di volontari sono state intervistate 1872 persone (il miglior risultato in Italia) che hanno risposto a un questionario di 80 domande riguardanti la qualità della vita, l’autonomia nelle attività quotidiane, i fattori di rischio comportamentali, le patologie croniche, la depressione, l’aiuto ricevuto da familiari e comunità, la capacità di accesso alle cure, la sicurezza domestica e di quartiere, la situazione socioeconomica, il sostegno fornito dalle persone più anziane a famiglia e collettività. Condizioni sociali. Il 23% degli over 64 vive da solo (circa 46.000 persone); il 30% lamenta difficoltà economiche (circa 60.000) e il 15% ha visto diminuire il suo reddito rispetto al 2021; il 43% ha un basso titolo di studio; il 9% si sente poco sicuro dove vive. L’8,2% (circa 17.000 persone) non scambia quattro chiacchiere con nessuno. Anche l’isolamento è associato soprattutto alla condizione di disabilità e cresce con il diminuire del reddito (16%) e del livello di istruzione (11%).

Lo stato di salute e le malattie croniche. La maggior parte delle persone intervistate riferisce di sentirsi in buona salute, solo il 9% (circa 18.000) dice di stare male o molto male. Una percentuale che aumenta con l’età (diventa il 23% tra chi ha più di 85 anni), ma è più diffusa anche tra chi lamenta difficoltà economiche (31%) e tra chi ha un titolo di studio più basso (12%). Una condizione che limita la salute delle persone più anziane è la presenza contemporanea di più malattie croniche: circa 14.000 over 64 ne hanno di più di tre; anche questa situazione è presente maggiormente tra persone a basso reddito e bassa istruzione.

In particolare la presenza di importanti sintomi di depressione riguarda circa 16.000 persone tra le quali 1 su 4 non chiede aiuto a nessuno per avere un sollievo da questo problema.

Fragilità e disabilità. La perdita di autonomia nelle attività della vita quotidiana è il fattore determinante per la perdita di qualità di vita delle persone: riuscire a ritardare questo evento è uno dei compiti principali dei servizi socio-sanitari. Tra le persone intervistate (tutte non istituzionalizzate) il 13% (circa 26.000 persone) era in condizione di fragilità (autonomo nelle attività di base, ma non in quelle “strumentali” come far la spesa o prendere le medicine) e l’11% disabile (cioè non autonomo nelle attività basali come lavarsi, vestirsi...).

Il 38% dei “fragili” vive solo, condizione che potrebbe aumentare il rischio di un peggioramento della situazione e il 17% ha avuto almeno un ricovero in ospedale nell’ultimo anno. Tra i disabili questa percentuale sale al 27%.

Cadute. Sono un importante fattore di rischio per la perdita di autonomia: il 21% è caduto negli ultimi 12 mesi (circa 42.000 persone). Di questi circa il 16% ha riportato fratture e circa 1 su 3 ha dovuto ricorrere a cure mediche. Tra i disabili la frazione di chi è caduto sale al 36%.

Aiuto ricevuto. L’accudimento delle persone fragili o disabili è ancora in gran parte deputato alle famiglie o comunque alla cerchia amicale: quasi tutti (86,5%) gli anziani non autonomi ricevono aiuto dai propri familiari; Il 21% ha una badante e un 15% riceve aiuto da conoscenti.

Cure. Circa il 36% degli anziani fa uso di almeno 4 farmaci la settimana: in un caso su cinque le modalità di assunzione di questi sono state ricontrollate negli ultimi 3 mesi dal medico di base. Sempre negli ultimi 3 mesi il 54% è stato visitato almeno una volta. Nell’ultimo il 13% è stato ricoverato in ospedale e l’1% in RSA.

Aiuto agli altri. In provincia di Treviso circa 92.000 persone con più di 64 anni hanno aiutato gli altri e di questi circa 68.000 lo ha fatto spesso. Vengono accuditi soprattutto non conviventi (lo fa il 37,6%), ma anche conviventi (30%) e circa 1 over 64 su 4 fa volontariato attivo.

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Università di Padova. Lo studio condotto dai ricercatori dello Ior e del Vimm

Cellule tumorali e sistema immunitario, una scoperta apre la strada a nuove vie terapeutiche

Unostudio fa luce sulla modalità con cui le cellule tumorali interagiscono con il sistema immunitario e apre nuove strade per prevenire o ritardare alcune malattie oltre al cancro legate all’età, come l’Alzheimer e il Parkinson.

I ricercatori dello Istituto Oncologico di Ricerca e dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (Vimm), guidati dal Professor Andrea Alimonti, oncologo di fama internazionale e che del Vimm è Principal Investigator, grazie al supporto del premio “Prostate Cancer Foundation 2019 SPGFZE-PCF Challenge Award” assegnato allo stesso Alimonti e del “ 2019 Merck & AstraZeneca-PCF Young Investigator Award” vinto da Arianna Calcinotto, hanno infatti identificato, con la collaborazione di ricercatori dell’Università di Padova, un nuovo meccanismo di resistenza alla terapia che coinvolge i neutrofili.

I neutrofili rappresentano il 50-70% dei globuli bianchi circolanti nel sangue umano e sono principalmente coinvolti nell’immunità innata contro gli agenti patogeni. Grazie alla produzione di sostanze specifiche, i tumori sono generalmente in grado di attirare un tipo particolare di neutrofili detti “immunosoppressivi”, in quanto in grado di bloccare il nostro sistema di difesa favorendo la crescita tumorale e la resistenza ai trattamenti farmacologici. Questo meccanismo era già stato dimostrato in buona parte nei tumori della prostata in fase avanzata, dove l’aumento dei neutrofili circolanti è correlato ad una minore sensibilità

alle terapie convenzionali e quindi ad una sopravvivenza più corta dei pazienti. Per questa ragione molti gruppi di ricerca stanno esplorando nuove vie terapeutiche volte a bloccare il reclutamento di queste cellule immunosoppressive da parte del tumore.

Il Professor Alimonti: “Prendendo di mira specifici meccanismi di invecchiamento del sistema immunitario, potrebbe essere possibile prevenire o ritardare l’Alzheimer, il Parkinson e il cancro”

Normalmente i neutrofili hanno una vita molto breve; grazie a questo studio, pubblicato sulla prestigiosa pubblicazione scientifica “Cancer Cell”, i ricercatori hanno identificato un sottogruppo di neutrofili che può persistere a lungo nel microambiente tumorale e che è in grado di bloccare in modo ancora più importante il nostro sistema naturale di difesa antitumorale rispetto a quanto fatto dal resto dei neutrofili immunosoppressivi.

Questi neutrofili invecchiati sono quindi in grado di potenziare lo sviluppo del tumore e di aumentare la resistenza alle terapie. In tal modo sarà possibile individuare un nuovo meccanismo che permette al tumore di sottrarsi alle difese immunitarie del nostro

SENTO MA NON CAPISCO? SORDITA’?

QUALI SONO GLI OBIETTIVI DI RECUPERO DELL’UDITO RAGGIUNGIBILI?

NELLE PUBBLICITA’ È TUTTO BELLO E FACILE MA…

GLI APPARECCHI ACUSTICI E LE ALTRE SOLUZIONI PER L’UDITO

Guidati dal professor Alimonti gli studiosi sono riusciti a far luce sulle modalità con cui le cellule tumorali agiscono sui neutrofili, il 70% dei globuli bianchi coinvolti nell’immunità innata contro gli agenti patogeni

SONO PRESIDI MEDICO-SANITARI!

SENTO MA NON CAPISCO? SORDITA’?

QUALI SONO GLI OBIETTIVI DI RECUPERO DELL’UDITO RAGGIUNGIBILI?

COSA FARE PRIMA DELLA “FAMOSA

organismo e fanno intravvedere la possibilità di sviluppare nuove terapie antitumorali basate su farmaci senolitici che colpirebbero i neutrofili senescenti.

“I nostri risultati rappresentano una scoperta significativa, che fa luce su come le cellule tumorali interagiscano con il sistema immunitario a livello molecolare”, ha dichiarato Nicolò Bancaro, primo autore della pubblicazione.

“Prendendo di mira specifici meccanismi di invecchiamento del sistema immunitario con gli immunosenolitici, potrebbe essere possibile prevenire o ritardare le malattie legate all’età come l’Alzheimer, il Parkinson e il cancro” ha aggiunto il Professor Andrea Alimonti.

Ulss 3 Serenissima, Silvia Pini è la prima donna a guidare un reparto di Ortopedia in Veneto

La dottoressa Silvia Pini è la prima donna a capo di un reparto di Ortopedia in Veneto. La terza in Italia. Dal primo marzo è il nuovo primario ortopedico dell’ospedale di Dolo, in provincia di Venezia, dell’Ulss 3 Serenissima.

“Sogno il giorno in cui questa non sarà più una notizia - dice -. Il giorno in cui, e con questa nomina quel giorno per me è arrivato, in quanto donna non devo dimostrare niente a nessuno. Quando le donne perdono tempo a cercare di dimostrare quello che valgono in più rispetto agli uomini, hanno già perso. Io mi impegno a fare il mio lavoro, a dare quello che ho e che so. Il genere non è nè una marcia in più, né in meno. La cosa che manca ora, nella mia branca specialistica, è l’esempio di altre donne ai vertici. Sarà più semplice per le donne che verranno dopo, avranno una strada finalmente già battuta”.

È nata a Monza, cresciuta a Mogliano Veneto e vive a Padova.

“Sono stata attratta dalla medicina perché mi incuriosiva il funzionamento del corpo umano e di come siamo fatti.

tecnologie in ortopedia e in traumatologia sono in continua evoluzione”.

Volevo capire com’era - racconta -. E l’ortopedia è una delle branche chirurgiche

più vaste: i distretti chirurgici sono tantissimi, riguardano differenti parti del corpo e si può avere a che fare con tutte le età, da quella pediatrica all’ultracentenaria.

È una chirurgia funzionale, pragmatica: ad ogni problema si cerca una soluzione pratica. Per non parlare della vastità di strumentazione all’avanguardia che qui a Dolo abbiamo a disposizione: le nuove

Prima di approdare alla guida dell’Unità operativa di Ortopedia e traumatologia dell’ospedale dolese, ha studiato Medicina e chirurgia all’università di Padova dove ha anche conseguito la specialità di Ortopedia e traumatologia. Ha svolto un periodo di attività presso l’ospedale la Timone di Marsiglia, diretta all’epoca dal prof. Bollini, e approfondito una parte di ortopedia pediatrica. I suoi interessi e la formazione sono sempre stati rivolti alla protesica di anca e alle revisioni complesse. Dopo aver lavorato per dodici anni presso l’ospedale di Dolo in Ortopedia e traumatologia, ha prestato servizio al Cto di Camposampiero, dove ha potuto ulteriormente approfondire le problematiche legate alla traumatologia e, in particolare, gestire interventi di protesizzazione complessi su esiti di fratture di bacino e chirurgia di revisione.

ORASENTO SRL

Centro di riabilitazione per sordità

Corso del popolo 411 Rovigo

Siamo presenti anche a Badia Polesine, Noventa Vicentina Giacciano Con Baruchella, Legnago, Lonigo.

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Salute
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In foto il Professor Andrea Alimonti

L’anniversario

La memoria. L’Arma azzurra festeggia il secolo di vita ma il glorioso aeroporto inaugurato nel 1930 non c’è più da 16 anni

Aeronautica, 100 anni ma non c’è il Dal Molin

L’aeronautica militare festeggia il 28 marzo i cent’anni di vita. A Vicenza la ricorrenza sarà ricordata da molti ma non sarà celebrata da nessuno: l’aeroporto “Dal Molin” non esiste più da ventiquattro anni, cioè da quando – tecnicamente – l’aeronautica militare lasciò Vicenza per trasferirsi a Poggio Renatico vicino Ferrara. In realtà, l’impianto rimase attivo per qualche altro anno, finché nel 2007 si mette definitivamente fine alla storia dell’aviazione a Vicenza quando il governo decide di assegnare l’area alla costruzione della base americana Del Din.

E pensare che l’avventura dell’aviazione era nata fra grandi entusiasmi. Era il 28 ottobre 1929, anniversario della Marcia su Roma, quando a cinque anni dalla costituzione dell’associazione

Aviatori Vicentini in congedo si inaugurava vicino a Ponte del Marchese in via Sant’Antonino un campo di fortuna: era in erba e senza hangar. Quello dell’hangar, cioè delle officine, era un aspetto che al tempo era ritenuto molto importante, perché – si sosteneva – l’esistenza di un hangar sarebbe servita agli studenti dell’Istituto Tecnico Rossi per fare pratica.

Il giorno dell’inaugurazione passarono a bassa quota i due più celebri piloti vicentini, Arturo Ferrarin e Tomaso Dal Molin, lanciando biglietti augurali ai presenti.

Ma a Vicenza la storia dell’aviazione, come ricorda Giuseppe Versolato nel suo magnifico libro “Ali su Vicenza” era iniziata ben prima: nel 1911 si svolse quello che oggi chiamiamo “air show”. Dalla cosiddetta “piazza d’Armi” che si trovava tra via Parini e via Medici si levarono in volo i primi aerei che girarono attorno alla Torre Bissara, presa come boa, per tornare indietro e atterrare là dove erano partiti.

L’apertura ufficiale dell’aeroporto avvenne il 20 settembre 1930, alla presenza del ministro Italo Balbo, un giovane di 34 anni che otto anni prima aveva partecipato alla cosiddetta Marcia. L’inaugurazione ufficiale, come testimoniano le fotografie di Gianpaolo

Vajenti, avverrà il 28 marzo 1938, quindicennale della fondazione dell’aeronautica.

L’aeroporto fu intitolato a Tomaso Dal Molin che era morto nel gennaio 1930 sul Garda durante un collaudo. Italo Balbo morirà nel 1940 a Tobruch, vittima del “fuoco amico” anche se le leggende eroiche sulla sua morte durarono decenni.

Durante la guerra il Dal Molin fu naturalmente in prima linea. È celebre una foto nella quale si vedono numerosi Savoia Marchetti

79 “parcheggiati” sul campo di aviazione. Quell’aereo era soprannominato il Gobbo maledetto per via della postazione del mitragliere che, con le spalle alla fusoliera, sembrava disegnare una gobba. È un detto leggendario, perché questo nomignolo, riferito ai piloti della Royal Air Force che temevano quell’aereo, in realtà non ha nessun riscontro storico.

Nel dopoguerra Vicenza diventa “aeroporto delle Venezie”. Questo è l’appellativo diffuso dai manifesti dell’Ente Provinciale del Turismo, in quanto Vicenza è una delle tappe del collegamento tra Venezia e Roma che non era una linea diretta ma toccava altre città. L’avventura dell’aviazione civile sarà poi ripresa quasi 50 anni dopo con il volo diretto Vicenza Roma.

Nel 1951 in piena guerra fredda a Vicenza arriva il comando della Nato, prima con il 56° Taf che diventerà la Quinta

Fu il ministro Italo Balbo a inaugurare l’aeroporto di Vicenza che era un piccolo gioiello di ingegneria. Restò attivo per quasi settant’anni, compresa la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda quando divenne un comando Nato strategico. L’aeronautica se ne andò da Vicenza nel 1999 poi nel 2007

l’aeroporto fu dismesso per costruire la base americana Del Din. L’avventura del volo civile Vicenza – Roma negli anni Novanta e gli show delle Frecce Tricolori

Ataf. È il comando militare integrato che controlla i cieli di tutta l’Europa dai Balcani all’Atlantico e che ha il suo centro operativo al 1° Roc di Monte Venda. Una delle più importanti operazioni che il comando Vicentino coordina si svolge nel 1998 con l’intervento della Nato in Bosnia: dai computer collocati al comando dell’aeroporto Dal Molin si controllano tutte le operazioni.

Come detto, negli anni Novanta per decisione della Camera di Commercio, allora presieduta da Danilo Longhi e con il sostegno sia delle amministrazioni locali sia delle categorie economiche, si istituisce il volo Vicenza - Roma. In realtà, si tratta di un collegamento con un aereotaxi e che parte la mattina alle 9.30 torna alle 16.30 a Vicenza. Il biglietto costa 450mila lire, neanche 250 euro di oggi. L’operazione non ha successo,

tanto che dopo appena due anni il collegamento è abolito e la nuova sede degli aeroporti Vicentini a Sant’Antonino viene abbandonata e nessuno l’ha più fatta risorgere. Negli anni Novanta le Frecce Tricolori sorvolano in due “air show” il cielo di Vicenza: nel giugno 1994 per festeggiare la nascita del 34° club delle Frecce Tricolori e quindi nel 1997. Sono gli ultimi anni della vita dell’aeroporto Dal Molin perché nel 1999 l’aeronautica militare concentra i suoi reparti, specialmente quelli del comando, a Poggio Renatico in provincia di Ferrara. C’è una coda di attività alla metà degli anni 2000 quando la compagnia Regionali e l’aeroporto civile presieduto da

Matteo Salin fanno riemergere l’attività di volo civile. Ma si tratta soltanto di una vita effimera.

Nel 2007 il governo Prodi decide di affidare l’area di assegnare l’area agli Stati Uniti in virtù degli accordi internazionali: la pista di volo del “Dal Molin” è cancellata, sia pure dopo varie polemiche. Un’occasione persa per la città, visto lo sviluppo del traffico aereo e del turismo. Basta pensare che l’aeroporto di Treviso aveva 50 mila passeggeri nel 1995 e adesso tre milioni e mezzo. La caserma Del Din sarà inaugurata nel 2013. Nel frattempo la anche la società Aeroporti Vicentini viene liquidata dalle amministrazioni locali. (a.d.l.)

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Un’immagine dell’inaugurazione dell’aeroporto con il ministro Italo Balbo, il manifesto dei voli civili nel dopoguerra, un ritaglio che annuncia il volo Vicenza – Roma nel 1995 e l’aereo del comandante delle Frecce Tricolori, col. Fabio Zanovello, che decolla da Vicenza a fine esibizione nel 1994

Il prodotto tipico. Il raperonzolo è diventato un ingrediente classico di stagione nei locali dei Colli Berici

Ranpussolo, ideale con il salame ai ferri

Il ranpussolo, o meglio raperonzolo in italiano, è un ortaggio delicato, che può contare su una piccola produzione che si concentra nell’Area Berica, specie nei Comuni di Nanto e soprattutto di Villaga, dove è diventato una bandiera. Da una decina d’anni si svolge una rassegna organizzata dai ristoratori della Confcommercio, ma il prodotto si ritrova nei locali della zona anche fuori dalle serate organizzate.

Tecnicamente il raperonzolo è come la gallinella, ma ha una radice a fittone bianca e croccante. Non è amara e questo lei consente di abbinarsi a molti gusti: con le fettuccine, le reginette, con il formaggio alla griglia e anche con la tagliata.

Il ranpussolo può essere selvatico e non è semplice da trovare, ma da un po’ di anni a questa parte sono nate anche alcune coltivazioni, la cui resa è piuttosto bassa (1 kg. di prodotto per metro quadrato)

Si trova soprattutto nei ristoranti: trattoria Berica, trattoria

da Sabrina a Villaga, ai Canonici di Barbarano, Gemma a Pozzolo di Villaga, Cà Martina a Zovencedo, ma la sua versione classica, quella con il salame ai ferri, si può gustare anche da “Penacio” a Soghe di Arcugnano. Questo piatto è caratteristico perché bilancia croccante e morbido, caldo e freddo, la parte grassa (maiale) e parte verde (la radice).

Nelle fiabe, Raperonzolo, nato dalla penna dei fratelli Grimm, è sempre una protagonista femminile. Nel 2002 la Barbie, sì proprio quella delle bambole, ha prodotto un film con questo nome, tant’è che esiste anche la Barbie raperonzolo. Ma nel 2010 la Disney s’è rifatta: ha prodotto un film battezzato “L’intreccio della torre” che aveva Raperonzolo come protagonista. Il successo è stato clamoroso: è diventato il settimo film più visto di tutti i classici ed è stato il più costoso con i suoi 260 milioni di euro. Ma ne ha incassati 600, rifacendosi abbondantemente delle spese.

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Barbara Zanellato della trattoria Sabrina di Villaga, il piatto con ranpussolo e salame ai ferri di “Penacio” e le reginette al ranpussolo del locale

Austria. Itinerario di bellezza

Graz, città due volte capitale Lo è anche del buon vivere

Il capoluogo della Stiria fu cuore dell’Impero degli Asburgo ben prima di Vienna e nel 2003 è stata il focus della cultura europea Graz è un polo universitario di prestigio: ogni anno richiama oltre 60.000 studenti, la cui presenza contribuisce ad animare anche i locali del centro Dallo Schlossberg la Torre dell’Orologio ha tante storie da raccontare...

Con la Pasqua tornano i mercatini, apre il castello e sul fiume Mur rispuntano le zattere da “crociera”

Per evitarne la demolizione, imposta dal trattato di pace di Schönbrunn, gli abitanti di Graz nel 1809 pagarono a Napoleone un lauto riscatto. La Torre dell’Orologio della fortezza di Schlossberg è tuttora il vanitoso e possente simbolo della città stiriana. Il suo orologio segna l’ora esatta dal 1712 e ha una singolare particolarità: la lancetta delle ore è più lunga di quella dei minuti, aggiunta peraltro in epoca successiva, a dimostrare che di fronte alla storia le ore sono molto più importanti dei minuti. La storica torre sorge sul punto più panoramico della città: su quello Schlossberg, raggiungibile anche attraverso una emozionante funicolare, da cui si può ammirare il miglior panorama sul centro storico, caratterizzato anche da tante architetture “italiane” del XVI secolo (il Landhaus, ovvero la sede della Dieta regionale) e dal sontuoso alveo del fiume Mur che lo attraverso e lo rende magico. A primavera lo si potrà risalire su una zattera.

Fu anche capitale Graz, due volte. Prima capitale d’Austria nel XV secolo (doveroso l’omaggio all’ultimo imperatore Ferdinando II d’Asburgo visitando il suo mausoleo firmato dall’architetto italiano Giovanni Pietro De Pomis) e poi nel 2003, quando venne nominata “capitale europea della cultura”. Graz che resistette eroicamente anche all’assedio dei Turchi e, prima ancora, degli ungheresi di Mattia Calvino. Graz orgogliosa della propria antica Università, anzi delle sue Università che sono ben sei, tanto da richiamare oltre 60.000 studenti all’anno. L’Università più antica, fondata dall’imperatore Carlo II d’Austria, ha in bacheca la laurea di “menti” come Keplero, Nikola Tesla e poi il premio Nobel Otto Loewi. Graz che dal 1999 è inserita nel Patrimonio Unesco, perché custode di tanti gioielli, come la collezione di armi storiche più famosa al mondo, conservata all’Arsenale.

Ciò che colpisce il visitatore è lo spirito di questa città, capoluogo di una regione, la Stiria, votata all’ecologia da tempi non sospetti. Che ha un approccio con il patrimonio del verde quasi sacrale, elemento che proietta assai in alto il livello della qualità della vita. Città anche ultra moderna se si allarga lo zoom sulle opere contemporanee, come il Kunsthaus, il museo di arte moderna firmato da Cook e Fournier, o sulla Murinsel, l’isola sul fiume Mur che doveva avere carattere temporaneo e che invece è rimasta ancora una volta per volontà dei cittadini, affezionatisi fin

volte capitale vivere

da subito a quella avveniristica “zattera” d’arte e d’acciaio creata sul fiume.

Ma di arte sembra rivestita la città. Non solo nei monumenti che fanno strabuzzare gli occhi, come la cattedrale dedicata a Sant’Egidio, l’Arsenale e la Rathaus (il municipio), il Burg con la sua doppia scalinata gotica, e la scenografica Germaltes Haus, la casa dipinta di Herrengasse.

Graz che conserva anche tracce culturali slovene e ungheresi, ma che è legatissima alla propria identità stiriana, capace di rivaleggiare con Vienna. Abbondano gli aneddoti per dimostrare che Graz e il modo di vivere dei suoi abitanti sono migliori di quelli della capitale. A Graz si dice che anche i mercatini di Natale qui sono migliori che a Vienna. Di sicuro a Graz si può assaggiare un pan pepato unico, il cui profumo inonda le bancarelle che ogni anno animano i 14 mercatini della città. Magari fra un “punsch” e l’altro nelle osterie.

Il “buon vivere” di Graz lo si incontra nei tanti locali e localini del centro, punto di incontro fra generazioni, dove gli studenti ospiti della città trovano immediato ambientamento, confermando la vocazione all’integrazione di questa città “epicentro” della cultura mitteleuropea da secoli. Un crogiolo di culture e di abitudini che ritroviamo anche nella cucina e nell’enogastronomia dato che la Stiria è famosa anche per i suoi vini. Bianchi in particolare, frutto dei vigneti che pennellano il paesaggio delle colline intorno alla città, fino al confine con la Slovenia.

Riapre il 1° aprile uno dei gioielli Patrimonio Unesco: il Castello di Eggenberg, uno dei capolavori del primo barocco dell’Europa centrale. Vi si può arrivare anche in tram. Il Castello progettato da Pomis nel 1625 era del principe Hans Ulrich Eggenberg. Governatore dell’Austria Interiore.

Infine, un pizzico di adrenalina che non guasta. Per gli amanti del brivido c’è The Slide, lo scivolo all’interno della rupe dello Schlossberg: un budello elicoidale dove ci si può infilare per scendere vertiginosamente superando in appena 40 secondi un dislivello di 175 metri. Chi ha più coraggio alzi la mano, certo proverà un’emozione indimenticabile…

Dulcis in fundo, i mercatini della Pasqua, con tanti dolcetti, uova colorate, musica, teatro di strada. Il giorno di Pasqua c’è la pinza pasquale che è a base della carne consacrata in chiesa nel Sabato Santo. Da consigliare la Graz Card con le sue vantaggiose offerte per trasporti e musei.

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NELLA FOTO COPERTINA: la Torre dell’Orologio dove la lancetta delle ore è più grande di quella dei minuti. SOTTO: uova pasquali e il castello di Eggenberg, la Kunsthaus Graz, il municipio della città nel periodo natalizio, l’isola sul fiume Mur e il Mausoleo dell’Imperatore Ferdinando II

Idee in cucina che anticipano la primavera

INSALATA DI BARBABIETOLE E RUCOLA

Una ricetta tutta da gustare come antipasto o contorno. La barbabietola rossa cotta in insalata è un piatto ricco di vitamine, abbinata alla rucola diventa un piatto saporito. Ingredienti: 2 barbabietole cotte affettate; un mazzetto di rucola pulita; formaggio di capra; 50 gr di gherigli di noci; limone; olio d’oliva extra-vergine; sale

Preparazione: Cuocere le barbabietole in acqua bollente per circa 30 minuti, finché non sono morbide. Sbucciare e tagliare a cubetti le barbabietole e metterle in una ciotola. Aggiungere la rucola e le noci e condire con olio d’oliva e aceto balsamico. Aggiungere del formaggio di capra sbriciolato e servire freddo.

RISOTTO DI ASPARAGI E GAMBERI

Un risotto semplicissimo e cremoso, veloce da preparare. Un piatto cremoso e saporito, caratterizzato dal sapore delicato degli asparagi freschi e dal sapore deciso dei gamberi.

Ingredienti: 160 g Riso vialone nano; 200 g Gamberi; 120 g Asparagi; 1 Cipolla; 1/2 bicchiere Vino bianco; Prezzemolo; Timo; Brodo vegetale q.b.; Olio extravergine d’oliva; Sale; Pepe

FRITTATA DI AGRETTI

Un secondo piatto vegetariano gustoso e di facile esecuzione. Perfetto per qualunque pranzo o cena di famiglia. Un pasto completo ed equilibrato dal punto di vista nutritivo.

Preparazione: Pulite gli asparagi eliminando la parte del gambo più coriaceo, poi bolliteli per cinque minuti mettendo le punte in alto. Una volta cotti gli asparagi, sollevateli e metteteli da parte. Nell’acqua di cottura aggiungete le teste di gamberi, un filo d’olio e fate cuocere per 20 minuti. Tagliate gli asparagi a pezzetti e mettete da parte le punte. In un’altra pentola, tostare il riso con dell’olio e aggiungere del vino bianco. Aggiungere gradualmente il brodo vegetale e gli asparagi alla pentola del riso, continuando a mescolare. A parte, saltare i gamberetti in una padella con aglio e olio, e aggiungerli al risotto alla fine. Servire con una spolverata di pepe nero e del parmigiano grattugiato.

Ingredienti: 200g di agretti; 4 uova; 50g di formaggio grattugiato; 1 spicchio d’aglio; Olio extravergine d’oliva; sale e pepe

Preparazione: Pulite gli agretti rimuovendo la radice e i filamenti più duri, quindi sciacquarli sotto acqua corrente e lasciarli sgocciolare. In una padella antiaderente, far soffriggere lo spicchio d’aglio in olio extravergine d’oliva per qualche minuto, quindi aggiungere gli agretti e farli saltare per circa 5 minuti. In una ciotola, sbattere le uova con il formaggio grattugiato (grana o pecorino), il sale e il pepe. Aggiungere gli agretti alle uova sbattute e mescolare bene. Versare il composto nella padella con un po’ di olio caldo, livellare con un cucchiaio e cuocere a fuoco medio finché la frittata non è dorata e croccante nella parte inferiore. Girare la frittata con l’aiuto di un piatto, quindi cuocere l’altro lato per altri 5 minuti, finché è completamente cotta.

Raggiungi

1993 ‒ 2023: TRENTʼANNI DEL MAAP IN CORSO STATI UNITI

Il 2023 è l’anno in cui si festeggia il trentesimo compleanno del MAAP nella sede attuale di corso Stati Uniti.

Stampa, Web, Mobile, App.

Dentro

E’ una ricorrenza importante che il Mercato vuole festeggiare con tutta la città, accelerando nel processo di apertura e di condivisione già iniziato in questi anni, ed è anche un’occasione per ri ettere sui cambiamenti che si sono susseguiti nel corso del tempo sia in città che nella vita del MAAP.

Per questo tutta la comunicazione che il Mercato produrrà nel corso del 2023 avrà come lo conduttore tra il passato ed il presente, tra la storia e la modernità, tra la Padova di ieri e

Già il calendario del 2023 – realizzato in collaborazione con l’associazione vecchia Padova - richiama questo tema, con 12 immagini di Padova e del mercato in cui il confronto tra il passato e il presente mostra la straordinaria magia di Padova, capace di mutare rimanendo sempre fedele alla propria tradizione.

L’altro strumento, assolutamente innovativo, è la produzione di un podcast che si intitola proprio ‘La Padova di ieri nella Padova di oggi’ realizzato dal Maap in collaborazione con Top, Teatri Off di Padova: una collana di puntate che raccontano la storia della

città sotto tanti aspetti e che, ne siamo certi, offriranno aneddoti, informazioni e curiosità che molti di voi non conoscevano.

I podcast verranno rilasciati ogni mese e saranno disponibili sul

Il MAAP è uno dei grandi attori della città ed è giusto che la storia di Padova venga continuamene ricordata, narrata, spiegata per essere a disposizione delle nuove generazioni perché conoscere il passato della propria città signi ca conoscere meglio anche

La prima puntata, dedicata proprio alla famosa notte dei ‘lunghi carrelli’ in cui il mercato si spostò dal centro alla zona industriale è già on line ed ascoltabile su spotify oltre che sul canale youtube

INQUADRA QUI PER ASCOLTARE LA PRIMA PUNTATA DEL

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PODCAST
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A tavola
Rubrica a cura di Sara Busato
A marzo la natura si risveglia e si avvicina la primavera. Sperimentare con ingredienti freschi di stagione è un ottimo modo per creare piatti gustosi e nutrienti, che rispettano l’ambiente e la stagionalità degli alimenti

Lidia sembra il gatto di Schrödinger

Alloro debutto, le produzioni televisive italiane - specialmente se realizzate da una piattaforma streaming estera - si ritrovano ad affrontare una nostranissima versione del gatto di Schrödinger.

Il paradosso sta proprio in questo: la critica tipica ammonisce la serie tv perché –al contempo, fate attenzione – troppo italiana e non abbastanza italiana.

Questa sorte è toccata anche a “La legge di Lidia Poët”, sei episodi su Neflix. A metà tra fiction in costume e procedural – quelle serie che ogni settimana affrontano un caso o un’indagine diversi – la serie con Matilda de Angelis (celebre all’estero per aver recitato nella serie tv americana

“The Undoing” al fianco di Nicole Kidman e Hugh Grant) ed Eduardo Scarpetta propone una versione romanzata della vita dell’avvocata Poët, prima donna italiana ad entrare nell’ordine degli avvocati nella Torino di fine Ottocento.

Si riconosce il tocco di Matteo Rovere e della sua società di produzione Groenlandia nell’abilità di costruire mondi che intrecciano lo storico con la fantasia, così come lo sguardo di Letizia Lamartire, che con Rovere si alterna dietro la cinepresa.

C’è chi ha recriminato a Lidia Poët di essere troppo italiana nel suo essere simile a qualcosa che andrebbe in onda sulla Rai – nel mondo post-Mare Fuori, è ancora una cosa brutta? – e chi invece si lamenta della poca ambizione di un prodotto se comparato ai prodotti esteri.

Sarebbe interessante capire perché una buona parte della critica televisiva italiana si ostini ad avere una certa spocchia nei confronti degli esperimenti che le piattaforme streaming stanno realizzando in Italia, salvo poi lodare prodotti analoghi realizzati da altre emittenti.

A volte introducendo delle novità, altre volte prendendo modelli vincenti (il dramma in costume, in questo caso) e aggiungendo elementi - citofonare Enola Holmes - che possano arricchire quello che già viene trasmesso sugli schermi italiani.

A parlare sono i numeri. Nella sua prima settimana di presenza in catalogo, Lidia Poët ha totalizzato più di 28 milioni di ore viste in tutto il mondo, aggiudicandosi il quarto posto nella classifica globale delle serie non in lingua inglese più viste. Nemo propheta?

Jones & The Six”

Il rock negli anni Settanta

“Nonsarei stata una stupida cantante donna. Sarei stata molto di più.” Lo affermò Stevie Nicks, la leggenda della musica che, con i Fleetwood Mac, ha scritto una delle pagine più importanti del rock contemporaneo. Non a caso è al suo gruppo, e alla registrazione dell’acclamatissimo – ma difficile – album “Rumors”, che si è ispirata Taylor Jenkins Reid, autrice best-seller americana che nel 2019 ha pubblicato il romanzo Daisy Jones & The Six.

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CENTRO del PIEDE

La storia del rock attraverso gli esagerati anni Settanta - prima dell’avvento del punk e dell’edonismo reaganiano - rivive nella serie limitata disponibile su Prime Video. I protagonisti sono Riley Keough, il cui nonno era Elvis Presley in persona, e Sam Clafin, il quale ha smesso i panni del malvagio Mosley di Peaky Blinders. I due interpretano Daisy Jones e Billy Dunne, al timone della band che dà il titolo alla serie.

23 Edizioni Locali. Oltre 500.000 famiglie raggiunte.

VALUTAZIONI:

• TECNICO FUNZIONALE

• COMPUTERIZZATA DEL PASSO

• DELLA POSTURA

• BAROPODOMETRICA

L’ascesa e la caduta. Dall’olimpo del rock agli inferi del dimenticatoio. La serie tv racconta trionfi e insuccessi dei “Daisy Jones & The Six”, la band che nel 1977 - anno in cui Guerre Stellari esce al cinema - si trova sul tetto del mondo. Guidata da due cantanti carismatici, Daisy Jones (Keough) e Billy Dunne (Claflin), la band è uscita dall’anonimato e ha avuto un grandissimo successo, ma dopo un concerto sold-out al Soldier Field di Chicago sparisce.

• PERCORSI RIABILITATIVI

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35020 Ponte San Nicolò (PD) Tel. 049 986 18 00

info@invictus-padova.it www.invictus-padova.it

Ora, a distanza di decenni, i componenti della band hanno finalmente deciso di raccontare la verità. Questa è la storia di come una band di successo è implosa all’apice della popolarità. Girata in stile mockumentary - la modalità finto documentario resa celebre da serie come The Office e Modern Family - Daisy Jones & The Six racconta la vera storia di una band che non è mai esistita... fino ad oggi. Sì, perché i Daisy Jones & The Six sono diventati il primo gruppo nella storia della musica statunitense ad accaparrarsi la posizione numero #1 della classifica di Apple Music con l’album “Aurora” - contenente le 24 canzoni registrate dal cast per la serie - che contiene il singolo “Look at Us Now (Honeycomb)”.

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“Daisy
Rubrica a cura di Paolo Di Lorenzo

ARIETE BILANCIA

Una nuova consapevolezza di voi stessi vi consentirà di ripartire rigenerati e più fiduciosi. Questo ritrovato equilibrio sarà la carta vincente nelle vostre scelte e nelle vostre azioni. Approfittatene

Siete impazienti di mettervi all’opera. Le cose che avete programmato di fare sono tante. Fate però una bella lista per capire quali sono le priorità. Non siate impazienti, riuscirete a fare tutto

Amicizie, impegni e tanta vita sociale vi riempiono le giornate in modo piacevole e divertente. State trovando consensi e intrecciando legami inaspettati. Siete brillanti e motivati

QUA LA ZAMPA!

É tempo di chiudere certi capitoli e cominciare a scrivere pagine nuove della vostra vita. Fatevi ispirare dalla vostra energia positiva e dalla vostra curiosità. Si apriranno scenari inesplorati

Mettete in risalto le vostre capacità, lavorate sulle vostre insicurezze che talvolta vi impediscono di esprimervi al meglio. Sarete sorpresi dai consensi che giungeranno da più parti

Non è più il caso di temporeggiare, ora si fa sul serio. Siete consapevoli e padroni di voi stessi, nulla potrà impedirvi di procedere lungo la strada che avete pensato per voi. Insistete con ostinazione

CANCRO CAPRICORNO

Smettete di idealizzare le persone e accettate il fatto che talvolta possono anche sbagliare. Questo non significa che vogliano ferirvi ma, semplicemente, che sono umane. Siate più disposti al dialogo

LEONE

Provate a guardare oltre il futuro imminente e cominciate a pianificare le vostre azioni sui tempi lunghi. Investirete le vostre energie in progetti ambiziosi ma di grande valore

Questo mese puntate tutto sulla produttività. Eliminate ogni richiesta di chi vi toglie energie e utilizzate le vostre risorse per concentrarvi su di voi e i vostri progetti. Un po’ di sano egoismo non guasta

ACQUARIO

Siete più sensibili alle cose che accadono attorno a voi e vi fermate a riflettere sulla realtà che vi circonda. Vi accorgerete di avere vicino persone disponibili ad ascoltarvi e che vi vogliono bene

VERGINE PESCI

É tempo di uscire dalla propria zona di conforto e aprirsi a nuove esperienze. La vita da eremiti non vi si addice, mettetevi di più in gioco potreste scoprire di avere doti inaspettate

Avete bisogno di un momento di pausa per ricaricarvi. La scelta migliore è tornare alle origini, ripartendo da dove tutto è iniziato. Questa volta sceglierete strade diverse che non avevate considerato

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QUA LA ZAMPA!

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CENTRO del PIEDE

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IL VICENTINO CHE RIDISEGNA CITTÀ IN ITALIA: “LA MIA RICETTA PER VICENZA”

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