Introduzione Correva l’anno 1989 e mancavano tre giorni all’inizio del nuovo decennio quando venne avvistata su Via Nomentana, a Roma, una pantera nera aggirarsi indisturbata, in libertà. Ci vollero parecchi giorni per riacchiapparla e riportarla nel circo o zoo da cui era scappata, mesi per spegnere la spinta innovatrice del movimento studentesco che da quell’episodio bizzarro prese il nome. Il movimento della Pantera sorge così sullo squarcio della fine di un’era politica, sociale e culturale e l’inizio di un’altra, alla fine di un anno travagliato di grandi cambiamenti. A dicembre dell’89, infatti, risale la prima delle tante occupazioni che, dalla facoltà di Lettere dell’università di Palermo, si estese in tutto il Paese, portando con sé una ventata d’aria fresca nel clima di generale apatia, disincanto e individualismo degli anni 80. La Pantera dimostrò come, anche all’interno di un contesto radicalmente diverso da quello delle ondate del ’68 e del ’77, si potesse ancora fare politica utilizzando, senza rinnegarlo, parte del repertorio delle pratiche politiche del passato e reinventando allo stesso tempo quanto risultava vecchio e stantio, adattandolo alle nuove esigenze e ai nuovi linguaggi di una società che stava cambiando a ritmi rapidissimi. Oggi, a trent’anni di distanza dal ’90, anno in cui il movimento maturò per poi iniziare una fase discendente che portò alla fine dell’esperienza, collocare la portata del movimento nella storia dell’attivismo studentesco vuol dire rispondere ad una domanda fondamentale: ci troviamo di fronte all’ultimo movimento ‘novecentesco’ che chiude la stagione iniziata nel mitico ’68 o si tratta, piuttosto, del germe di un nuovo modo di fare politica, i cui frutti matureranno più tardi, fino ad arrivare alla contemporaneità? 6
Per cercare di dare risposta ad una domanda che nasce dall’esigenza di comprendere l’evoluzione della cultura politica che anima i movimenti studenteschi di oggi, dobbiamo capire in primo luogo cosa è stata la Pantera, quali sono stati i suoi obiettivi, i suoi tratti distintivi, che cosa ha rappresentato per tutti gli anni ’90 e per quelli successivi. Per farlo ci siamo affidati al racconto del Professor Ermanno Taviani, membro del movimento della Pantera e leader del collettivo della facoltà di lettere. Oggi professore di Storia contemporanea all’Università di Catania, ci ha raccontato la sua esperienza di studente universitario alla fine degli anni ’80, spiegandoci quali furono le cause che fecero insorgere gli studenti e quindi nascere il movimento, tra cui un ruolo centrale ebbe la proposta di legge Ruberti, allora ministro dell’Università e della Ricerca. “Il movimento nasce con diverse motivazioni sia a livello internazionale che nazionale. Innanzi tutto era l’89 e stava cambiando tutto: era crollato il muro di Berlino e uno dopo l’altro stavano crollando, come tessere del domino, i regimi comunisti. E soprattutto c’era stata, in Cina, a Pechino la strage di piazza Tienanmen, dove erano dei ragazzi a protestare. Anche contro i regimi dell’est d’europa erano stati dei giovani che avevano cominciato le proteste. Insomma, tutto questo aveva fatto finire la guerra fredda. Oggi è difficile dar l’idea di cosa volesse dire pensare che una crisi tra le super potenze potesse far finire il mondo invece, chi ha vissuto quel periodo aveva esattamente questa impressione, negli anni 80, infatti, questa era una sensazione forte. Fu così fino all’86 quando Gorbaciov diventò leader dell’unione sovietica, si allentò la tensione e ci fu un senso liberatorio di cambiamento. C’era la sensazione che la storia si fosse rimessa in movimento ed era come se fosse compito dei giovani cambiare le cose. Anche in Italia, soprattutto a livello politico generale, c’era per molte ragioni un senso di staticità: c’era il susseguirsi di governi dominati dalla Democrazia Cristiana e, insomma, sembrava che qua le cose non stessero cambiando. Scomodo
Febbraio 2020