L’anima non ha tempo da perdere I Richmond forum di luglio 2021 si sono aperti con la lettura di una poesia che fa riflettere su come "navigare" il corso della vita.
È stata un’idea di Claudio Honegger. Il tema era: come ritorniamo sul palco dei forum di luglio, dopo uno stop difficile protrattosi per diversi mesi, con tutto il carico di aspettative e desiderio di rincontrarsi ma anche di timori non ancora scioltisi del tutto sul tema Covvid-19? L’ispirazione è venuta come lui stesso ha raccontato sul palco in apertura degli eventi, dal discorso di Capodanno dell’attore Natalino Balasso. In questi anni, Balasso è riuscito a consolidare un format che suona quasi come controcanto al discorso del Presidente della Repubblica. È spesso un discorso impegnato, che spinge fuori dal comfort delle autoconvinzioni. Nell’ultimo discorso (Capodanno 2021) Balasso ha letto una poesia di Mário De Andrade del 1940 dal titolo La mia anima ha fretta. Sono versi incantati e universali, profetici se si pensa il tempo in cui sono stati composti, e ci fanno riflettere su come dobbiamo usare lo stock del tempo della vita con maggiore responsabilità e intensità. Ha una deriva leggermente malinconica, come tutti gli inviti a capitalizzare la saggezza della vita. Nel contesto di oggi, suona come una riflessione profonda su come affrontare il “ritorno” alla vita dopo la pandemia. Non è detto che tutto debba essere ripristinato come prima. Anzi. La poesia girava da tempo sul web, e poi anche altri attori ne hanno letto una versione, fra queste molto bella quella di Enrico Montesano. La poesia è stata recitata sul palco a turno dagli attori Claudia Fofi e Federico Giubilei. Alla chitarra, che giocava con la voce narrante, si sono avvicendati nelle varie date Paolo Ceccarelli e Francesco Fagiani. Ecco la versione ripresa da Balasso e dagli attori sul palco dei Richmond business forum (nella pagina a fianco invece, una versione più lunga, non ci è dato sapere quale è stata scritta per prima dal poeta). La mia anima ha fretta Ho contato i miei anni, e ho scoperto che ho meno tempo da vivere da qui in poi rispetto a quelli che ho vissuto fino ad ora. Mi sento come quel bambino che ha vinto un pacchetto di dolci: i primi li ha mangiati con piacere, ma quando ha compreso che ne erano rimasti pochi, ha cominciato a gustarli intensamente. Non ho più tempo per riunioni interminabili, dove vengono discussi statuti, regole, procedure e regolamenti interni, sapendo che nulla sarà raggiunto. Non ho più tempo per sostenere persone assurde che, nonostante la loro età cronologica, non sono cresciute. Il mio tempo è troppo breve, voglio l’essenza. La mia anima ha fretta. Non ho più molti dolci nel pacchetto. Voglio vivere accanto a persone umane, molto umane, che sappiano ridere dei propri errori, che non siano gonfiate dai propri trionfi, che si assumano le proprie responsabilità. Così si difende la dignità umana, e si va verso la dignità e l’onestà. Voglio circondarmi di persone che sanno come toccare i cuori, di persone a cui i duri colpi della vita hanno insegnato a crescere con tocchi soavi dell’anima. Sì, sono di fretta. Ho fretta di vivere con l’intensità che solo la maturità sa dare. Non intendo sprecare nessuno dei dolci rimasti. Sono sicuro che saranno squisiti, molto più di quelli mangiati finora. Il mio obiettivo è quello di raggiungere la fine soddisfatto, in pace con i miei cari e la mia coscienza. Abbiamo due vite, e la seconda inizia quando ti rendi conto che ne hai solo una. Ma chi è Mário De Andrade? In Italia è conosciuto per un volume edito da Adelphi, Macunaíma. È una storia mitologica in cui il giovane eroe nato nella foresta brasiliana è in realtà un “eroe senza carattere”, pigro, indolente e non sempre specchiato. Il testo incrocia l’irruente fantasia dello scrittore con materiali del folclore degli indios del Brasile. Simbolismo e realismo magico sostengono la narrazione, eppure il libro è considerato uno dei testi fondativi del Modernismo Brasiliano, di cui lo stesso De Andrade è stato uno dei fondatori nel tentativo di emancipare il suo Paese dal ruolo di “colonia” culturale dell’Europa. De Andrade è nato a San Paolo nel 1893 ed è morto nel 1945. Oltre a scrivere poesie e racconti, è stato critico d’arte e letteratura , musicologo, insegnante di