Il Poligrafico, n. 202, 2021

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Il paradosso dell’occupazione Il paradosso del deserto occupazionale legato alla crisi pandemica è che, anziché agevolare le aziende nel reperimento dei profili occupazionali necessari, si sono generati maggiori ostacoli.

La pandemia ha reso evidente che non ci sono più isole, settori o posizioni lavorative felici in cui adagiarsi e che il modello di sviluppo deve essere sempre rimesso in discussione con il gruppo di lavoro. Pertanto, con le motivazioni che avevo espresso sul numero scorso ribadisco che impegnarsi e “koalizzarsi” è la strategia vincente. Con questa convinzione, ci siamo messi alla prova e, dopo mesi di riflessioni, analisi e incontri abbiamo sviluppato un nuovo progetto con una PMI con sede in provincia di Treviso, che produce macchine per fare sacchetti di carta – prodotto oggi molto richiesto dal mercato internazionale. Ci siamo applicati e il nuovo progetto ha preso forma. Gli step sono stati: costruire una nuova macchina, fare i test dimostrativi e individuare il nuovo personale per le installazioni. La ricerca condotta sia con il “passaparola” sia con alcune inserzioni locali non ha dato buon esito e ci siamo subito resi conto che oggi “un’impresa su tre NON trova i lavoratori che cerca”. Nelle presentazioni ai potenziali candidati si è puntato su formazione e qualificazione aziendale prevista e sono stati spiegati i problemi di la-

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di Sergio Facchini

voro che si sarebbero incontrati entrando a far parte del nuovo progetto, cercando di chiarire durante i colloqui tutte le problematiche e le tempistiche dell’azienda, tra cui la richiesta della disponibilità a lavorare anche su turni che, una volta installata la macchina, potrebbero essere notturni e/o il fine settimana. Poi, la “terribile richiesta”: disponibilità per andare a effettuare installazioni in Paesi esteri, EU o extraeuropei. Nonostante la prospettiva di guadagno proposta, una volta passato il periodo di prova e completato il tirocinio, con assunzione a tempo indeterminato, le richieste sottoposte ai candidati hanno reso molto titubanti tanti giovani intervistati che pur avrebbero avuto i requisiti adatti per questo progetto in via di sviluppo. Qualche intervistato seppur preparato e, all’apparenza, volonteroso e disposto a viaggiare, quando ha comunicato ai genitori che avrebbe potuto lavorare per una PMI seria che costruisce nuove macchine, alcune delle quali recentemente installate anche in Egitto, ha rinunciato all’incarico, prima di sapere tempistiche e modalità delle nuove installazioni. E, in ogni caso, prima di iniziare le trasferte all’estero è sempre previsto un periodo di formazione in azienda.

È stata la peggiore esperienza manageriale della mia lunga carriera. Il “lavaggio del cervello” in corso a causa di informazioni male interpretate legate al Covid e ai purtroppo tragici casi Regeni e Zaki, hanno influenzato le scelte personali dei giovani. In un Paese civile e solidale, quale è (o dovrebbe essere) l’Italia, occorre urgentemente agire per evitare il diffondersi della mentalità di “disoccupazione cronica” mutuata da un’errata interpretazione del ruolo dei Redditi di Cittadinanza e di altri benefit statali. È indispensabile trovare i mezzi per comunicare in modo positivo e solidale supportando i cittadini e in particolare i giovani, dimostrando loro che, con un impegno personale, è possibile rendersi utili sia per sé sia per la comunità in qualità di lavoratori e pensionati di oggi e di domani. Tutti noi siamo una risorsa. Nessuno è uno scarto. Se già prima della pandemia, i posti di lavoro disponibili erano tanti per la carenza di personale volonteroso e qualificato, ora il paradosso del deserto occupazionale legato alla crisi è che, anziché agevolare le aziende nel reperimento dei profili occupazionali necessari, si sono generati maggiori ostacoli. La drammatica incertezza generata dalla pandemia ha causato un calo della propensione alla flessibilità e alla mobilità di chi è in cerca di occupazione, rendendo così il mercato del lavoro scialbo e insipido. Il desiderio di apprendere e di riqualificarsi si sta perdendo a causa della fragilità degli individui che si lasciano cadere in un’immotivata perdita di autostima e nella rassegnazione lenita (o incoraggiata?) dal miraggio che gli “ammortizzatori sociali” possano essere infiniti. Conclusione: la ripresa post-Covid rischia di essere frenata da questo paradosso se non si investirà urgentemente nella riqualificazione e nell’incentivare le persone a reinventarsi per accettare nuove esperienze e sfide.

13/05/2021 13:48:37


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