31 AGOSTO SETTEMBRE 2022
SIMONETTA DI PIPPO
L’AMBASCIATRICE DELLO SPAZIO LA PRIMA LUCE DEL JAMES WEBB TELESCOPE A CACCIA DI SEGNALI ALIENI IL CIELO DEL MESE
Italia 9,90 euro
Anno 4 - N° 31 - agosto-settembre 2022 - Periodicità: mensile - Prima immissione: 29/07/2022 Mensile - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI
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Meraviglia e ammirazione
EDITORIAL
DI WALTER RIVA
N
on potevamo trascurare, fin dalla copertina di questo numero, le prime immagini rilasciate dal James Webb Space Telescope a metà luglio, sebbene i tempi tecnici di una rivista cartacea non siano molto favorevoli ai nuovi annunci, bensì agli approfondimenti. Che, certamente, troveranno spazio nei prossimi numeri, grazie agli interventi dei nostri esperti. La sensazione, quella però, la si può già descrivere. Ed è di ammirazione e meraviglia per quello che riesce a fare l’uomo. Questa volta in senso positivo, altre volte (troppe) in senso contrario. I prossimi anni diranno se valeva davvero la pena investire una cifra superiore ai dieci miliardi di dollari e aspettare più di 20 anni (il progetto nacque addirittura a metà degli anni 90 con il lancio previsto nel 2007 e un budget iniziale di 500 milioni dollari) per mettere in orbita il James Webb, come queste prime immagini sembrano suggerire. Immagini che sono certamente stupefacenti, al confronto con quelle che già conoscevamo. E attendiamo con curiosità e interesse che cosa poi ci riserverà il futuro. Nell’attesa, godiamoci l’articolo su una grande protagonista dello spazio italiano e non solo, Simonetta Di Pippo, intervistata dal nostro Antonio Lo Campo. E una serie di contributi che affrontano la questione della ricerca della vita extraterrestre, dalla nuova fase che sta per attraversare il vecchio progetto Seti di cui ci parla Giuseppe Donatiello ai possibili segnali della presenza di civiltà, tutti da verificare e da confermare, ma che dicono che la ricerca in questi ambiti deve comunque continuare, come conclude Patrizia Caraveo. Perché quella dell’essere soli o meno in questo Universo è una domanda che tutti ci facciamo e che merita una risposta. O, quantomeno, di avvicinarsi il più possibile a essa. Anche in questo caso, con ammirazione e meraviglia per gli sforzi che compiono gli scienziati in questo campo di indagine così vasto e complesso. Buone ferie e arrivederci al numero di ottobre. Quello che avete fra le mani, infatti, è il numero esteso a 128 pagine che, come è ormai tradizione, vi accompagnerà per tutto agosto e settembre.
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ANNO 4 - NUMERO 31 mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n° 137 del 6 giugno 2019 CASA EDITRICE BFC SPACE Via Melchiorre Gioia, 55 - 20124 Milano Tel. (+39) 02.30.32.11.1 - Fax (+39) 02.30.32.11.80 bfcspace.com EDITORE Denis Masetti masetti@bfcmedia.com DIRETTORE RESPONSABILE Walter Riva riva@bfcmedia.com
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DIRETTORE EDITORIALE Piero Stroppa stroppa@bfcmedia.com HANNO COLLABORATO Gianfranco Benegiamo, Patrizia Caraveo, Giuseppe Donatiello, Walter Ferreri, Stefano Figini, Robert Galassi, Azzurra Giordani, Cesare Guaita, Davide Lizzani, Antonio Lo Campo, Tiziano Magni, Piero Mazza, Piero Messidoro, Marco Montagna, Gianluca Ranzini, Massimiliano Razzano, Corrado Ruscica.
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GRAPHIC DESIGN Massimiliano Vecchio vecchio@bfcmedia.com PUBBLICITÀ Davide Rasconi Rasconi@bfcmedia.com GESTIONE ABBONAMENTI Servizio Arretrati a cura di Press-Di Distribuzione Stampa e Multimedia Srl 20090 Segrate (MI). Le edicole e i privati potranno richiedere le copie degli arretrati tramite email agli indirizzi collez@mondadori.it e arretrati@mondadori.it e accedendo al sito https://arretrati.mondadori.it/privati/. A partire dal 15 marzo 2022, il suddetto sito verrà sostituito dal nuovo sito https://arretrati.pressdi.it Il costo di ciascun arretrato è di 15,00 euro STAMPA Elcograf Spa Via Arnoldo Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Via Marco Polo, 2 - 20066 Melzo (MI) Telefono: + 39 - 02 95 089 201 DISTRIBUTORE ESCLUSIVO PER L’ITALIA Press-di Distribuzione stampa e multimedia srl via Bianca di Savoia, 12 - 20122 Milano
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CONTENTS
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SPAZIO
UNIVERSO
4 SPACENEWS 12 COVER STORY SIMONETTA DI PIPPO: L’AMBASCIATRICE DELLO SPAZIO 16 ORBITA TERRESTRE ULTIME SETTIMANE IN ORBITA PER SAMANTHA CRISTOFORETTI 18 UN ALTRO CYGNUS PRONTO A VOLARE 20 UNA STAZIONE SPAZIALE TUTTA MADE IN RUSSIA 24 LA LUNA E OLTRE LA NASA CON EUROPA E ITALIA SULLA LUNA 26 SPACE ECONOMY SPACEX VS BOEING 30 RAZZI MODELLISMO IL CANSAT EUROPE IN ITALIA
34 TEMA DEL MESE ET, SEI CI SEI BATTI UN COLPO 40 COSMOLOGIA UNA NUOVA MAPPA DELL’UNIVERSO 44 ASTROFISICA UNA STELLA PULSANTE SCOPERTA PER CASO 50 SISTEMA SOLARE DA TONGA A MARTE 56 RICERCA ET COSMIC SETI: UN NUOVO ORECCHIO PER ASCOLTARE ET 60 PERSONAGGI WILLIAM HERSCHEL: CERCANDO I LUNARIANI TROVÒ L’UNIVERSO
CIELO
EXPERIENCES
66 FENOMENO DEL MESE CONTINUA LA SAGA DI GIOVE E SATURNO 70 CIELO DEL MESE AGOSTO E SETTEMBRE 86 OSSERVAZIONI NEL CUORE DELLA VIA LATTEA 92 PRIMI PASSI PRIMA DI OSSERVARE IL CIELO
98 CITIZEN SCIENCE MILKYWAY@HOME 104 LE VOSTRE STELLE 114 DOMANDE & RISPOSTE
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116 UAI INFORMA ALLA SCOPERTA DEL CIELO CON IL CENTRO RICERCHE ASTRONOMICHE 120 PLANETARI UN SISTEMA SOLARE GRANDE QUANTO L’ITALIA 122 EVENTI GALACTIC PARK AL PLANETARIO DI MILANO 124 EVENTI SOTTO IL CIELO 126 RECENSIONI LO SPAZIO A PORTATA DI MANO CON SPACEFLIGHT SIMULATOR
Inquadra con la fotocamera o con la App Scan del tuo smartphone o tablet i simboli QR che trovi in allegato agli articoli di questo numero per accedere a numerosi contenuti multimediali (video, simulazioni, animazioni, podcast, gallery).
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A CURA DELLA REDAZIONE
S PAC E N E W S
MISTERIOSI FENOMENI ATMOSFERICI NEL CIELO DELLA NUOVA ZELANDA
SPACE 2 1 3 4 5 6
LA VIA LATTEA ASIMMETRICA DI GAIA
NEWS SUMMARY
LA PREOCCUPANTE ANOMALIA MAGNETICA DEL SUD ATLANTICO
L’OCCHIO DI MARTE E ALTRE STRANEZZE
SECONDO FLYBY DI MERCURIO PER BEPICOLOMBO
LA TRAGICA FINE DI UN SISTEMA PLANETARIO
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NEWS
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LA FORMAZIONE SPONTANEA DELL’ACIDO RIBONUCLEICO
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MICROREATTORI A FISSIONE NUCLEARE SU LUNA E MARTE
LA “PRIMA LUCE” DEL JAMES WEBB SPACE TELESCOPE Il James Webb Space Telescope, lanciato il giorno di Natale del 2021 e posizionato in orbita solare a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, non ha deluso le aspettative. Il grande telescopio spaziale ha impiegato i mesi trascorsi dal lancio per disporsi in assetto operativo, allineando i suoi specchi e testando gli strumenti per l’acquisizione e la trasmissione dei dati. All’inizio di luglio i suoi 17 sistemi strumentali erano pronti a entrare in funzione e l’esito annunciato si è materializzato il 12 luglio con la “prima luce” del telescopio, costituita da una serie di immagini (le Early Release Observations) in grado di rappresentare il ventaglio di nuove potenzialità offerte dal Webb. Non solo l’immagine più profonda dell’Universo mai catturata (Smacs 0723, presentata già la sera prima dal presidente Usa Joe Biden, bit.ly/3nVdxdz) e lo spettro di un esopianeta (Wasp-96) che mostra la firma dell’acqua, ma anche riprese di oggetti già ben conosciuti: la Nebulosa della Carena, la Southern Ring Nebula (Ngc 3132) e il Quintetto di Stephan. Ed è proprio a questo spettacolare gruppo di galassie, visibile nella costellazione di Pegaso, che abbiamo voluto dedicare la copertina di questo numero di Cosmo. Da confrontare con quella che aveva realizzato nel 2009 il telescopio spaziale Hubble (go.nasa.gov/3yUstz8): quella del Webb è.... piena di galassie! A fine maggio c’era stata molta apprensione alla notizia che un piccolo meteorite aveva colpito uno degli specchi periferici che compongono il mosaico dello specchio primario del Webb, con un diametro complessivo di 6,5 metri. Gli specchi sono progettati per resistere al “normale” bombardamento di micrometeoriti, ma questa volta l’incidente si era presentato con una violenza imprevista. Nonostante tutto, grazie a una correzione dei microallineamenti degli specchi, i tecnici sono riusciti ad annullare l’effetto della distorsione creata dall’impatto. E il Webb ha finalmente aperto gli occhi sull’Universo, fornendoci i primi assaggi di quel prezioso bottino celeste che si prepara a raccogliere e che naturalmente seguiremo con attenzione sulle pagine di Cosmo.
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START
A CURA DELLA REDAZIONE
S PAC E N E W S
LA VIA LATTEA ASIMMETRICA DI GAIA
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È stato pubblicato un nuovo catalogo prodotto dalla missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea, la Data Release 3 (Dr3), che offre una versione più accurata dei dati riguardanti quasi due miliardi di stelle della nostra Galassia e non solo. Grazie a questi dati, si può realizzare una mappa a sei dimensioni delle stelle e delle loro traiettorie – passate e future – attraverso la Galassia. E la mappa della composizione chimica delle stelle, con la quale si può stimare l’età delle popolazioni stellari, per ricostruire la storia di formazione della Via Lattea. Tra i risultati più interessanti, c’è quello di un team guidato da ricercatori italiani di Inaf che ha analizzato il moto asimmetrico delle stelle attorno al centro della Galassia: questo moto avviene su orbite non circolari, a causa della forma della Via Lattea, che è una galassia a spirale “barrata”, non simmetrica attorno al suo asse di rotazione. Il potenziale di scoperte rese possibili da Gaia non si limita alla Galassia. La Dr3 comprende un catalogo di 156mila asteroidi del Sistema solare, un catalogo di 1,9 milioni di quasar e di 2,9 milioni di galassie. E mentre Gaia continua misurare le stelle, il team che si occupa di elaborarne i dati è già al lavoro per realizzare la Dr4, la cui pubblicazione è prevista tra circa tre anni. Inquadra il QR per un video di Media-Inaf dedicato a Gaia e vedi la news completa su Bfcspace.com alla pagina bit.ly/3xPSOww
L’OCCHIO DI MARTE E ALTRE STRANEZZE
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L’Occhio di Marte (in figura) è un cratere senza nome ripreso dalla sonda Mars Express. Largo 30 km, è immerso in una miriade di canali tortuosi che ricordano le vene del bulbo oculare umano. Probabilmente, questi canali trasportavano acqua 3,5-4 miliardi di anni fa: ora sembrano riempiti di materiale scuro e addirittura sollevati, in alcuni punti, rispetto al terreno circostante. Anche all’interno del cratere c’è una regione più scura, la “pupilla”, formata da un campo di dune appoggiato su una superficie più chiara. Non è questa l’unica stranezza ripresa recentemente sul Pianeta rosso; è più inquietante la “Porta”, una fessura rettangolare di 30x40 cm ripresa nella roccia degli East Cliffs dal rover Curiosity sul Monte Sharp. Sembra una struttura artificiale, ma è compatibile con la geologia locale. Ancora più strani i “Fulmini di roccia”, due strutture filiformi verticali riprese sempre da Curiosity: forse costituiscono ciò che resta di una roccia più friabile che circondava queste venature rocciose più esistenti all’erosione. Vedi le foto (anche in 3D) della “Porta” e dei “Fulmini” (detti anche “Dita” o “Cobra”, a seconda della fantasia degli osservatori) alle pagine web della Nasa go.nasa.gov/3OFTZoV e go.nasa.gov/3yj9Xjp
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NEWS
Negli ultimi 180 anni, l’intensità del campo magnetico terrestre è diminuita di circa il 10 per cento. E nell’Atlantico meridionale, al largo delle coste del Sud America, si è formata una vasta area in cui il campo magnetico è insolitamente debole. In questa regione, detta Anomalia del Sud Atlantico (Saa), l’intensità delle radiazioni che provengono dallo spazio è più elevata rispetto a quella del resto della superficie terrestre. Per i satelliti artificiali (come la Iss), il transito attraverso questa regione può avere importanti conseguenze, per via delle radiazioni a cui sono esposti. I cambiamenti nell’intensità del campo magnetico hanno portato a ipotizzare che si stia preparando un’inversione di polarità. Tuttavia, uno studio recente sembrerebbe escluderlo. Sono stati mappati i cambiamenti nel campo magnetico terrestre negli ultimi 9000 anni, scoprendo che anomalie come la Saa sono fenomeni ricorrenti, legati alle corrispondenti variazioni dell’intensità del campo magnetico terrestre. Dal confronto con fenomeno analoghi avvenuti nel recente passato, i ricercatori ritengono che la Saa possa scomparire entro i prossimi 300 anni e che la Terra non si stia dirigendo verso una inversione dei suoi poli magnetici.
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LA PREOCCUPANTE ANOMALIA MAGNETICA DEL SUD ATLANTICO
A CURA DELLA REDAZIONE
S PAC E N E W S
Quando una stella come il Sole si avvicina alla fine, si espande fino a formare una gigante rossa, soffiando via i suoi strati più esterni. Uno stravolgimento che altera la gravitazione del suo sistema planetario. Le orbite dei piccoli corpi vengono stravolte e disperse, mente la gigante rossa esaurisce il suo combustibile nucleare e comincia a contrarsi, dando origine a una nana bianca, una stella compatta, non più grande della Terra. In balia delle loro nuove orbite esagerate, i piccoli corpi vengono distrutti dalle forze mareali della stella, formando un disco di gas e polvere che avvolge la nana bianca ed è destinato a essere assorbito dalla stella. Tra circa cinque miliardi di anni, anche il Sole diventerà una gigante rossa, vaporizzando Mercurio, Venere e la Terra, per trasformarsi poi in una nana bianca. Possiamo osservare in diretta questo scenario, nel sistema della nana bianca G238-44, studiato da Hubble e da altri osservatori spaziali della Nasa. Alla distanza di 86 anni luce da noi, G238-44 sta “consumando” sia materiale metallico-roccioso che ghiaccio. Così, ci rivela, mentre li divora, di che cosa erano composti i corpi piccoli e grandi del suo sistema planetario. Inquadra il QR per un video di Media-Inaf dedicato alla distruzione del sistema di G238-44.
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LA TRAGICA FINE DI UN SISTEMA PLANETARIO
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NEWS
SECONDO FLYBY DI MERCURIO PER BEPICOLOMBO
Il 23 giugno scorso il secondo flyby di Mercurio ha permesso alla sonda BepiColombo di scattare immagini in bianco e nero con le sue fotocamere, ma soprattutto di rendere la sua traiettoria più simile a quella del pianeta più vicino al Sole. La sonda delle agenzie spaziali europea (Esa) e giapponese (Jaxa) ha l’obiettivo di entrare in orbita attorno a Mercurio a fine 2025. Per fare ciò è necessario che BepiColombo perda molta della sua velocità orbitale nativa, quella terrestre. Non avendo a bordo il carburante necessario per rallentare fino alla velocità del pianeta roccioso, la sonda dovrà effettuare altri quattro flyby in cui, per effetto fionda gravitazionale, parte della sua energia cinetica verrà ceduta a Mercurio. In questo secondo flyby, eseguito a soli 200 km dalla superficie, la sonda si è avvicinata al pianeta alla velocità di 7,5 km/s e si è allontanata a 6,2 km/s. Poiché l’avvicinamento di BepiColombo è avvenuto sul lato notturno del pianeta, le prime immagini in cui il pianeta era illuminato sono state scattate circa cinque minuti dopo aver raggiunto il punto più vicino, da una distanza di circa 800 chilometri. Inquadra il QR per il video del flyby ripreso dalle camere della BepiColombo.
MISTERIOSI FENOMENI NEL CIELO DELLA NUOVA ZELANDA La notte del 17 marzo 2015 un arco di luce rossa ha attraversato il cielo della Nuova Zelanda. L’amatore Ian Griffin ha eseguito alcuni scatti del fenomeno, noto come Arco Rosso Aurorale Stabile (Sar). Nel giro di circa 30 minuti, l’arco si è modificato, assumendo una colorazione bianco-malva mai vista prima: Ian è stato il primo testimone di un fenomeno nuovo, che è stato chiamato Strong Thermal Emission Velocity Enhancement (Steve). E quando lo Steve è cominciato a svanire, è apparsa un’altra misteriosa luce, una “staccionata verde” dal moto veloce, a quota ancora più bassa. Griffin ha inviato le immagini a degli astronomi, che hanno creato un gruppo di studio internazionale per esaminare il fenomeno, pubblicando di recente i risultati. La stessa notte, anche altri amatori, camere automatiche e satelliti artificiali, avevano ripreso l’evento, raccogliendo dati preziosi per comprenderne l’origine. Era in corso una tempesta geomagnetica, perciò le manifestazioni osservate potrebbero essere correlate a essa. Ma non si tratta propriamente di aurore polari, bensì di manifestazioni sub-aurorali, le cui origini sono tuttora sconosciute. Questi studi mostrano i vantaggi della collaborazione tra amatori e professionisti per la scoperta e lo studio di fenomeni nuovi. La news completa su Bfcspace.com: bit.ly/3OMkwkj G.D
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D.L.
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LA FORMAZIONE SPONTANEA DELL’ACIDO RIBONUCLEICO Gli scienziati della Foundation for Applied Molecular Evolution hanno recentemente scoperto che l’acido ribonucleico (Rna) si forma spontaneamente nel vetro di lava basaltica, un materiale abbondante sulla Terra di 4,35 miliardi di anni fa. La ricerca, guidata da Elisa Biondi, ha mostrato come lunghe molecole di Rna dai 100 ai 200 nucleotidi di lunghezza, si formino quando i nucleotidi trifosfati percolano attraverso il vetro di lava basaltica. Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Astrobiology, le stesse reazioni chimiche potrebbero essere avvenute anche su Marte, che, avendo rocce vecchie di 4 miliardi di anni sulla sua superficie, potrebbe fornire una risposta alla domanda sull’origine della vita. “Se la vita è emersa sulla Terra attraverso questo semplice percorso, è probabile che si sia formata anche su Marte allo stesso modo. Questo rende ancora più importante cercarne tracce sul Pianeta rosso il prima possibile” ha dichiarato Steven Benner, coautore dello studio.
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A CURA DELLA REDAZIONE
S PAC E N E W S
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NEWS
MICROREATTORI A FISSIONE NUCLEARE SU LUNA E MARTE L’agenzia spaziale statunitense vuole rifornire di energia le prossime missioni umane interplanetarie con dei microreattori a fissione nucleare. Per l’esplorazione e la fondazione di colonie della superficie di Luna e Marte sarà necessario avere una fonte di energia più costante dei pannelli solari. La Nasa ha quindi finanziato con 5 milioni di dollari i 12 mesi iniziali di progettazione di tre progetti proposti da Lockheed Martin, Westinghouse e IX, una joint venture di Intuitive Machines e X-Energy. I microreattori dovranno essere in grado di resistere almeno 10 anni nell’ambiente lunare e produrre una potenza di almeno 40 kilowatt, che corrispondono a circa dieci volte il consumo massimo di un’abitazione media. L’obiettivo è arrivare a un lancio sulla Luna del primo prototipo di questi impianti entro la fine di questo decennio, ma nel frattempo la Nasa mira anche a favorire la ricerca di nuove tecnologie di propulsione spaziale nucleare, in quanto risulta molto promettente per i progetti di esplorazione dello spazio cislunare e interplanetario dei prossimi decenni. D.L.
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COVER STORY
DI ANTONIO LO CAMPO*
L E R I C A D U T E E C O N O M I C H E D E L L E AT T I V I TÀ S PA Z I A L I
SIMONETTA DI PIPPO
L’AMBASCIATRICE DELLO SPAZIO A COLLOQUIO CON LA NEO DIRETTRICE DEL SEELAB DELLA SDA BOCCONI
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COVER STORY
“S
tiamo seguendo tutti con grande interesse la missione Minerva, che vede l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti di nuovo a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss). Ero il direttore del Volo Umano dell’Esa quando selezionammo nel 2009 Samantha, e altri cinque astronauti europei, tra i quali anche Luca Parmitano. Sono molto orgogliosa di lei e di Luca, dei loro risultati, del loro modo di portare competenza e orgoglio italiano, ed europeo, nello spazio. E quindi, sono anche un po’ orgogliosa di me stessa per aver contribuito, con la loro selezione, a questo successo. Godspeed Samantha!”. È l’augurio di buon viaggio alla missione attualmente in corso di Samantha Cristoforetti da parte di Simonetta Di Pippo, nota come ”Ambasciatrice dello Spazio”. Anche perché è l’incarico che ha ricoperto dal 2014 come direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico (Unoosa), in pratica l’Onu dello spazio, con sede a Vienna. Oltre a ruoli dirigenziali che le hanno sempre fatto avere un filo diretto con gli astronauti europei. Un ruolo di grande prestigio per Simonetta Di Pippo, che da poco ricopre un nuovo incarico altrettanto prestigioso: “Dedicherò la prossima fase della mia vita professionale a restituire ai giovani quel che so in materia di spazio” - dice. E Simonetta Di Pippo ne sa davvero molto, di spazio e di astronautica; è stata infatti nominata direttore dello Space Economy Evolution Lab (SEElab), il laboratorio di Sda Bocconi fondato nel 2018 da Andrea Sommariva (deceduto nell’agosto 2021) per studiare l’economia dello spazio e le ricadute economiche delle attività spaziali. Ha conseguito una laurea in astrofisica e fisica dello spazio all’Università “La Sapienza”, e honoris causa una laurea in Environmental Studies e un dottorato in International Affairs. Negli anni scorsi aveva ricoperto ruoli dirigenziali nell’Agenzia spaziale italiana, a capo delle missioni scientifiche, e in seguito è stata direttore del Volo Umano presso l’Agenzia spaziale europea. Dal 2016 è membro del World Economic Forum Global Future Council on Space e suo copresidente dal 2020. Sempre con la new space economy in primo piano, che è anche il focus principale di cui si occupa il SEELab della Sda Bocconi a Milano.
» In questa foto scattata dall’astronauta dell’Esa Alexander Gerst durante la missione Blue Dot nel 2014, l’atmosfera terrestre è visibile come una sottile linea blu. Gerst ha commentato: “guardate quanto è sottile la nostra atmosfera. Questo è tutto ciò che c’è tra l’umanità e lo spazio mortale”.
DOTTORESSA DI PIPPO, A CHE PUNTO SIAMO CON LA NEW SPACE ECONOMY? L’economia dello spazio si sta espandendo enormemente, con la partecipazione di un numero sempre crescente di attori, e si attesta oggi su un valore di circa 400 miliardi di dollari, destinati a trasformarsi in trilioni nel giro di pochi anni. È fondamentale per tutto, dalla crisi climatica all’agricoltura, dalla telemedicina ai monitoraggi delle coste o del catasto urbano. Dopo un disastro, per esempio, si possono organizzare operazioni di risposta all’emergenza con informazioni che altrimenti non sarebbe possibile ottenere, e questo può salvare vite umane. E IN AMBITO SEELAB? L’approccio sarà multidisciplinare, con particolare attenzione ai privati, sempre più protagonisti nel settore spazio e nella space economy. E la sfida è farlo
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COVER STORY
DI ANTONIO LO CAMPO
“STIAMO COSTRUENDO L'ECONOMIA DEL FUTURO”. SIMONETTA DI PIPPO
» L’astrofisica Simonetta Di Pippo, neo-direttore dello Space Economy Evolution Lab.
diventare un centro di eccellenza su scala globale, sperimentando sinergie ed espandendo il raggio d’azione, per raggiungere un numero crescente di utenti, sfruttando le competenze di un team multidisciplinare, unico nel suo genere. Un centro di eccellenza, come il SEElab del prossimo futuro, diventerà centro di aggregazione di competenze come nodo centrale di
una rete di collaborazioni nazionali e internazionali. COME SI È SVOLTA LA SUA ESPERIENZA PRESSO L’UNOOSA? Sono entrata in contatto con tutte le realtà, i Paesi emergenti e in via di sviluppo che hanno capito che lo spazio non è solo l’esplorazione dei
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pianeti o le straordinarie imprese degli astronauti. Durante questa mia esperienza all’Onu, abbiamo aiutato molte nazioni a usare al meglio le infrastrutture spaziali. Si contano già più di ottanta Paesi che sono riusciti a lanciare un satellite, e tre Paesi in via di sviluppo sono stati messi in condizione di farlo proprio da Unoosa.
COVER STORY
IL SEELAB POTRÀ DIVENTARE UN POLO PER COLLABORAZIONI INTERNAZIONALI? SEELab diventerà un centro di aggregazione di competenze come nodo centrale di una rete di collaborazioni nazionali e internazionali. Metterò in campo le mie esperienze in vari settori, da quello scientifico a quello istituzionale, da quello economico a quello diplomatico, con l’obiettivo di formare giovani preparati in campo spaziale e in tutte le numerose discipline a esso collegate per le sfide importanti che ci attendono. Lo abbiamo anche confermato con l’appuntamento dello scorso 27 giugno alla Bocconi a Milano, dove abbiamo organizzato la conferenza annuale di SEELab, con la partecipazione di molti tra gli attori principali delle aziende e degli enti, anche privati, del settore spaziale italiani e internazionali. È QUINDI PRONTA AD ACCETTARE QUESTA NUOVA SFIDA? A ogni passaggio di carriera cambio sfida. Nei miei incarichi che hanno preceduto quello alle Nazioni Unite, ho lavorato alla costruzione di grandi progetti, da quello della Iss alle missioni marziane e a numerose sonde interplanetarie. All’Onu invece mi sono occupata di un altro aspetto che ha rappresentato l’ossatura del lavoro: *ANTONIO LO CAMPO È UN GIORNALISTA SCIENTIFICO FREELANCE SPECIALIZZATO PER IL SETTORE AEROSPAZIALE E COLLABORA CON QUOTIDIANI E PERIODICI NAZIONALI.
» Simonetta Di Pippo con l’astronauta dell’Esa Paolo Nespoli.
portare i benefici delle attività spaziali sulla Terra per migliorare la qualità della vita di tutti, ovunque.
spaziali. Il nostro nuovo motto è: “stiamo costruendo l’economia del futuro”.
LA SPACE ECONOMY RIGUARDERÀ SOLO LO SPAZIO VICINO ALLA TERRA, O ANCHE ALTRI CORPI CELESTI? Certamente abbraccia tutta una serie di opportunità, comprese quelle lontane dalla Terra. Un esempio riguarda l’estrazione di risorse, come terre rare e metalli del gruppo del platino dalla Luna e dagli asteroidi, a filoni ad alto potenziale di sviluppo nel breve e medio termine, oltre naturalmente alla focalizzazione su spazio e clima, servizi in orbita e sviluppo socioeconomico sostenibile sulla Terra. Il SEELab costruirà l’economia del futuro basandosi su dati e infrastrutture
È POSSIBILE CHE I RUSSI ABBANDONINO LA STAZIONE SPAZIALE? Da un punto di vista tecnico è complicato ma possibile. Consideriamo che i russi sono attualmente gli unici che possono imprimere alla Iss quella piccola spinta che la rimette periodicamente nell’orbita giusta. Comunque, hanno confermato la loro partecipazione fino al 2024, poi si vedrà. Per ora, tutto sulla Iss funziona come prima. Nello spazio abbiamo sempre dimostrato che si può andare al di là delle divisioni e dei contrasti esistenti sulla Terra. E io credo molto nella diplomazia spaziale, che sinora ha sempre dato ottimi risultati.
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ORBITA TERRESTRE
DI ANTONIO LO CAMPO
ULTIME SETTIMANE IN ORBITA PER
SAMANTHA CRISTOFORETTI ESPERIMENTI SCIENTIFICI, COLLEGAMENTI DIVULGATIVI E UNA PASSEGGIATA SPAZIALE
È
iniziata l’ultima fase della missione Minerva, che vede protagonista l’astronauta italiana dell’Agenzia spaziale europea (Esa) Samantha Cristoforetti. Una fase che prevedeva per il 21 luglio una attività extraveicolare da parte della nostra astronauta, diventata la prima donna europea e il secondo astronauta italiano, dopo Luca Parmitano, a compiere una “passeggiata spaziale”. Con agosto e settembre, infatti, si svolgeranno le ultime sei settimane in orbita, prima del rientro con splashdown programmato per una data ancora da decidere, ma comunque attorno alla metà di settembre. Con l’astronauta italiana, sulla Iss vi sono Kjell Lindgren, Robert Hines e Jessica Watkins, che erano partiti assieme alla Cristoforetti a fine maggio a bordo della navicella Crew Dragon, battezzata Freedom in onore alla capsula Mercury che portò nello spazio, come primo
americano, Alan Shepard. La stessa navicella dovrà garantire il rientro e l’ammaraggio. E poi, i russi Oleg Artemjev, comandante della Iss, Denis Matejev e Sergeij Korsakov: “Tutti qui siamo tristi per quello che sta capitando in Ucraina” – aveva detto AstroSamantha in uno dei molti collegamenti con la Terra – “ma penso che sia importante continuare a lavorare assieme”. CON IL SOGNO DI DIVENTARE COME LEI Dopo i numerosi collegamenti, compreso quello con il presidente Sergio Mattarella, è poi ripreso da giugno in maniera cospicua il lavoro riguardante gli esperimenti scientifici a bordo. Buona parte dei quali sul laboratorio Columbus dell’Esa. Si tratta di test, coordinati dall’Agenzia spaziale italiana, e realizzati da centri di ricerca italiani, sulla salute delle ossa, test sui processi di invecchiamento, e di come il cervello
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si adatta alle condizioni di assenza di peso per lunga durata. Curioso poi il test sull’olio extravergine d’oliva italiano Evoo in Space, sulle sue proprietà organolettiche, che dovrebbero portare a benefici nelle future missioni di lunga durata. Ogni giorno, almeno due ore di ginnastica con gli attrezzi di bordo (un astronauta per volta), e poi molto lavoro, compreso quello, straordinario, collegato all’arrivo di nuovi veicoli-cargo come il Cygnus, il cui prossimo lancio è in programma entro fine agosto (vedi l’articolo a pag. 18). E poi, la possibile (ma da confermare) passeggiata spaziale. Dopo il lavoro, il relax e le otto ore di riposo, chiusi nel sacco a pelo: “Sono freddolosa e di solito lo chiudo” – ha detto Samantha in uno dei suoi collegamenti, molti dei quali con giovani studenti delle scuole e associazioni culturali. Tutti (o quasi) con il sogno di diventare, un giorno, come lei.
O R B I TA T E R R E S T R E
» Dall’alto in senso antiorario: l’allenamento a terra di Samantha Cristoforetti per una “passeggiata spaziale”, nella grande vasca del Johnson Space Center di Houston. Una foto dell’Italia totalmente priva di nuvole ripresa da AstroSamantha il 13 giugno dalla Space Cupola della Iss. L’equipaggio della Expedition 67 sulla Iss “a tavola”: davanti (da sinistra) Jessica Watkins (Nasa) e Sergey Korsakov (Roscosmos); dietro (da sinistra), Denis Matveev (Roscosmos), Kjell Lindgren e Bob Hines (Nasa); Samantha Cristoforetti (Esa) e il comandante Oleg Artemyev (Roscomos), compagno di Samantha nella space walk del 21 luglio.
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ORBITA TERRESTRE
DI PIERO MESSIDORO*
UN ALTRO CYGNUS
P R O N T O
A
V O L A R E
LA CRISI PRODOTTA DALLA GUERRA IN UCRAINA NON FERMA I PROGETTI DEI TRASPORTI COMMERCIALI SPAZIALI
C
ome abbiamo già scritto in queste pagine, la crisi internazionale causata dalla guerra in Ucraina sta avendo importanti impatti in campo spaziale. Da un lato, i coinvolgimenti russi nei progetti di collaborazione internazionale che sono ora bloccati, come la missione europea ExoMars; dall’altro, i prodotti sviluppati in Ucraina da aziende specializzate nella propulsione spaziale, la cui produzione è ferma. Uno di questi casi riguarda il lanciatore Antares del sistema Cygnus. Ma il prossimo lancio, previsto in agosto, è confermato, senza nessuna modifica rispetto alle versioni precedenti. Il Cigno spaziale ha iniziato un nuovo percorso di trasporti commerciali e di logistica per lo spazio, in cui le aziende italiane (da Thales Alenia Space nel suo sito torinese a molte altre Pmi) svolgono un ruolo fondamentale, sviluppando e producendo in serie moduli pressurizzati abitabili (Pcm). Altri
contratti per Cygnus sono stati recentemente acquisiti con ulteriori migliorie di configurazione del Pcm (moduli più lunghi, con capacità di carico addizionale) e anche nuovi sviluppi di componentistica interna. Bisogna però affrontare un problema: il razzo Antares utilizza motori di produzione ucraina. Le scorte disponibili in Northrop Grumman garantiscono i prossimi lanci, ma nuove soluzioni alternative sono allo studio. I PIÙ BRAVI AL MONDO Era il 2005 quando, insieme ai colleghi manager di Alenia Spazio (il nome che Thales Alenia Space aveva a quel tempo nel Gruppo Finmeccanica) decidemmo che fosse giunto il momento di fare un salto di qualità nello sviluppo e nella commercializzazione dei moduli pressurizzati. L’occasione fu fornita dal programma con cui la Nasa decise di contribuire allo sviluppo di veicoli in grado di effettuare il trasporto di materiali ed equipaggi
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alla Stazione spaziale internazionale (Iss) su base commerciale. Per la prima volta nella storia del volo spaziale, la Nasa non avrebbe sviluppato in proprio i suoi sistemi abitati e lanciatori, ma si sarebbe affidata a privati, controllandone lo sviluppo e approvandone il co-finanziamento solo a fronte del raggiungimento di risultati ben precisi. A sviluppo completato, sarebbe seguita una fase operativa di servizio, in cui la Nasa avrebbe affidato ai team vincenti una serie di trasporti alla Iss. I pagamenti sarebbero avvenuti solo a consegna effettuata: un vero e proprio Dhl spaziale. Questa scelta della Nasa fu dovuta a vari fattori, tra cui l’eccessiva dipendenza dai sistemi di trasporto russi, europei e giapponesi, che con il pensionamento dello Shuttle si sarebbe trasformata in un *PIERO MESSIDORO È EX CTO DI THALES ALENIA SPACE ITALIA, ESPERTO SPAZIALE E DOCENTE ESTERNO AL POLITECNICO DI TORINO.
O R B I TA T E R R E S T R E
monopolio russo per il trasporto degli equipaggi. Un ruolo non secondario ha giocato anche l’ingresso di nuovi attori privati nei programmi spaziali, come Elon Musk con la sua SpaceX, che hanno portato approcci tecnici innovativi e competitività nei costi. A fronte di queste novità, decidemmo di aggredire le opportunità emergenti dal mercato Usa. La Nasa assegnò infine nel 2008, a seguito del successo del lancio dimostrativo, i contratti veri e propri di servizio con SpaceX per Dragon e con Orbital Sciences per Cygnus. Per la prima volta, una azienda statunitense acquistava una serie di moduli pressurizzati da una società non americana. Quell’anno, in occasione della conferenza stampa al salone di Le Bourget nella quale si annunciava l’accordo, fu chiesto da un giornalista statunitense all’amministratore delegato di Orbital Sciences la ragione della scelta di questa azienda italiana, e la risposta fu: “perché sono i più bravi al mondo!”.
» Sopra: il modulo Cygnus in fase di aggancio al braccio robotico della Stazione spaziale internazionale per l’attracco. A sinistra: Cygnus in assemblaggio finale negli Usa prima del lancio.
IL PROSSIMO FUTURO La prima missione operativa di SpaceX fu effettuata con successo nel 2012 e quella di Cygnus nel 2014. In base a questi risultati, nel 2016 vennero estesi i contratti di ulteriori voli per SpaceX con Dragon-2 e per Orbital/Atk con Cygnus/Pcm, a cui si aggiunsero anche voli di Sierra Nevada Corporation con lo spazioplano Dream Chaser. A questo punto, dovrebbero essere coperte le necessità di trasporto alla Iss fino al 2024 (a meno che non venga prolungata l’operatività della Stazione spaziale), ma l’ultimo contratto non corrisponde comunque alla fine del programma. Il dialogo con Northrop Grumman e altri partner commerciali continua, con l’ipotesi di esportare il
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concetto di Cygnus verso l’ambiente cislunare e la superficie lunare. Esempi recenti in questo senso sono la partecipazione all’elemento Halo di Northrop Grumman per la stazione cislunare Lunar Gateway, agli elementi Esa I-Hab ed Esprit della stessa stazione, e al Human Lunar Lander di Dynetics, uno degli studi attivati dalla Nasa per la prima fase del trasporto commerciale di equipaggi sulla Luna. Gli ultimi sviluppi sono i contratti per i due moduli di Axiom (una delle Stazioni spaziali commerciali approvate dalla Nasa) e le proposte in corso (vedi Cosmo n. 29) per le altre stazioni di Northrop Grumman, di Blue Origin (Orbital Reef) e di Nanoracks/Voyager Space (StarLab).
ORBITA TERRESTRE
DI ANTONIO LO CAMPO
» Dall’alto in senso orario: la stazione spaziale russa Mir con attraccato lo Shuttle Atlantis nel 1995. Un evento innovativo 27 anni fa, ma oggi fantascientifco. Rendering della navicella russa destinata alla Luna. Il progetto della stazione spaziale Ross (Russian Orbital Space Station).
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O R B I TA T E R R E S T R E
UNA STAZIONE SPAZIALE TUTTA MADE IN RUSSIA PASSO IN AVANTI DI MOSCA PER LA RICONQUISTA DELL’AUTONOMIA SPAZIALE
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he avessero intenzione di riconquistare una propria autonomia anche nello spazio, era noto da tempo. Che avessero in programma di realizzare un proprio veicolo spaziale di nuova generazione post-Sojuz, anche. Così come di una stazione spaziale tutta Made in Russia. Ora, a maggior ragione, dopo la crisi internazionale causata dall’invasione dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni, il progetto di una stazione in orbita terrestre tutta russa, già avviato, potrebbe accelerare. Anche se il progetto potrebbe a sua volta risentire delle sanzioni. Ma fino un certo punto, fanno notare gli analisti spaziali esperti nei vari aspetti, politici e tecnologici, della cosmonautica russa. Che strizza sempre l’occhio alla Cina: ma Pechino una stazione in orbita terrestre la sta realizzando per conto proprio, e con un programma iniziato quando la Russia cooperava strettamente con l’Occidente in molti tra i più importanti programmi spaziali.
DALLA MIR ALLA ROSS L’ultima stazione spaziale tutta russa è stata anche la prima, vera stazione spaziale della storia, formata da più moduli incastrati l’uno con l’altro. E il suo nome, Mir, che in russo significa “Pace”, era tutto un programma. Quasi a voler anticipare ciò che sarebbe accaduto in seguito. Dopo il primo modulo lanciato il 20 febbraio 1986, e il completamento (in ritardo) nel 1993 con gli ultimi due moduli scientifici, la Mir avrebbe ben presto accolto astronauti di molte nazionalità, a cominciare proprio dagli astronauti statunitensi. Ora non è il caso che l’attuale stazione messa in cantiere dall’agenzia spaziale russa Roscosmos porti un nome che richiama la pace, e in effetti è al momento identificata solo dalla sigla Ross (Russian Orbital Space Station). I fattori che potranno portare a concretizzare e completare il programma sono legati alla capacità di finanziamento dell’agenzia spaziale e più in generale della Russia. Non
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solo per la realizzazione di Ross, ma anche per altri importanti programmi, compresi quelli di Orljonok (navicella per l’orbita bassa post-Sojuz) e Orjol (navicella dedicata alla Luna), senza dimenticare il cosmodromo russo di Vostochnij in Siberia, inaugurato ormai da anni ma non ancora entrato a regime. Allo stato attuale è quindi difficile capire quali saranno realmente le capacità di Roscomsos nel lanciare missioni importanti come Ross, ma il programma è già avviato. UNA STAZIONE SPAZIALE AUTOMATIZZATA In tarda primavera, i vertici di Roscosmos e il Consiglio sullo Spazio dell’Accademia Russa delle Scienze si erano riuniti per discutere del progetto della nuova stazione. Secondo quanto riportato dagli esperti, Ross potrebbe essere assemblata su un’inclinazione orbitale di 97 gradi, in grado di coprire buona parte della superficie terrestre. Si tratterà di una stazione molto
ORBITA TERRESTRE
» La cosmonauta russa Anna Kikina si sta addestrando negli Usa per una missione sulla Crew Dragon.
automatizzata e quindi senza la necessità di un equipaggio sempre presente a bordo. Questo consentirà di avere una cadenza di lanci delle missioni con pause più lunghe: i cosmonauti saranno determinanti con la loro presenza fisica, per le installazioni dei carichi utili, riparazioni ed esperimenti. I moduli dovrebbero essere completamente nuovi e dotati di tecnologie innovative, quindi senza il riutilizzo di componenti già realizzate in passato per la Stazione spaziale internazionale (Iss). Dmitrij Rogozin, numero uno di Roscosmos, ha dichiarato: “La stazione avrà l’opportunità di osservare l’intero pianeta. Abbiamo deciso che la stazione sarà automatica, l’equipaggio parteciperà alla consegna e all’installazione del carico utile, al test di sistemi spaziali promettenti, alla riparazione e alla sostituzione di segmenti dei moduli spaziali. Non sarà certamente un hotel per astronauti e turisti, ma una piattaforma robotica multifunzionale per l’osservazione altamente dettagliata della Terra e dello spazio vicino alla Terra, il cui controllo, se necessario, sarà trasferito all’equipaggio”.
DI ANTONIO LO CAMPO
La situazione resta comunque incerta. Il primo punto che Roscosmos dovrà chiarire sarà la cooperazione per la Iss. Rogozin ha già dichiarato che la Russia collaborerà almeno fino al 2024 e che darà un anno di tempo ai partner prima di ritirarsi. Molto dipenderà sia dalle questioni politiche che da quelle tecniche, anche considerando che i moduli del segmento russo della Iss potrebbero non resistere fino al 2030, data di dismissione di tutto l’avamposto spaziale. Intanto, guardando all’immediato futuro, la cooperazione non è ancora tramontata in ambito della Iss. Oltre agli equipaggi internazionali, russi compresi, che vivono e lavorano insieme come hanno sempre fatto, si discute dello scambio di “sedili” sui rispettivi veicoli spaziali. Così, la cosmonauta Anna Kikina potrebbe volare a bordo della navicella di SpaceX e sta seguendo per questa un addestramento negli Usa per prepararsi a una missione sulla Crew Dragon. REATTORI NUCLEARI E TUTE AUTORIPARANTI Alcuni scenari prevedono un ritiro russo dalla Iss dopo il 2024, ma quasi sicuramente tra due anni la stazione spaziale russa non sarà ancora pronta. In una situazione del genere, la Russia non avrebbe più cosmonauti in orbita oppure si dovrà affidare alla Cina e alla sua stazione spaziale Tiangong. L’agenzia di stampa Ria Novosti riporta che Rogozin ha proposto l’emissione di denaro da parte della Russia (si parla di un trilione di rubli legati ai beni attualmente sotto sequestro nel mondo) per sostenere la realizzazione di vari progetti innovativi, compresi quelli legati allo spazio.
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Oltre alla stazione spaziale Ross, c’è il progetto di Zeus, una navicella spaziale con alimentazione basata su un reattore nucleare e lo sviluppo di tute spaziali autoriparanti. Alla base del progetto ci sarebbe un fluido non newtoniano che una volta colpito potrebbe ripararsi in brevissimo tempo, grazie alle sue proprietà intrinseche. Questo fluido è stato realizzato per i radiatori di Zeus, ma potrebbe essere impiegato anche per le tute. I NUOVI VEICOLI SPAZIALI ORLJONOK E ORJOL La navicella destinata a fare la spola tra Terra e la Stazione spaziale Ross è la Orljonok, in grado di compiere sia missioni automatizzate, sia con cosmonauti a bordo. Un po’ come fanno da 55 anni, le Progress e le Sojuz. Ma la nuova navicella potrebbe garantire anche la capacità di rifornimento per la Iss, se Roscosmos deciderà di proseguire la partnership dopo il 2024. In precedenza, sempre Rogozin aveva fatto sapere come i lanci spaziali diretti verso Ross saranno più frequenti di quelli verso la Iss. Lo stesso direttore generale aveva poi aggiunto che “la frequenza dei voli sarà maggiore ed è per questo che la navicella dovrà essere più economica”. Destinata alla Luna è invece la Orjol, il cui primo volo senza equipaggio (con quattro sedili) è programmato per dicembre 2023 dallo spazioporto di Vostochnij. Sempre stando alle informazioni degli analisti, Orljonok (con due sedili) potrebbe utilizzare fino al 90 per cento delle componenti in comune con la versione più grande. Un programma dunque ben avviato, e la cui velocità di sviluppo dipenderà dall’evoluzione delle situazioni geopolitiche in corso.
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LA LUNA E OLTRE
DI ANTONIO LO CAMPO
LA NASA CON EUROPA E ITALIA SULLA
IL SUMMIT TRA L’ENTE SPAZIALE USA E QUELLO EUROPEO E L’ACCORDO CON L’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA
“U
n astronauta europeo sbarcherà sulla Luna con le missioni di Artemis, e più di uno verrà inviato sin dall’inizio verso la stazione cislunare Gateway Lunar Platform. Non vediamo l’ora che un astronauta dell’Esa si unisca a noi sulla superficie lunare”. Lo ha detto Bill Nelson, amministratore della Nasa, in occasione del summit con i vertici dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea guidati dal direttore generale Josef Aschbacher, dello scorso giugno al Centro Estec di Nordwijk, in Olanda. E non può essere diversamente. L’Europa fornisce già oggi un contributo importante per il programma lunare Artemis, che riporterà astronauti sulla superficie selenica nel 2025 (salvo ulteriori ritardi). La fornitura a lungo termine da parte dell’Esa di moduli di servizio per la navicella Orion è già avviata da tempo: ne sono stati consegnati già tre, con forte partecipazione dell’industria italiana, e un quarto
è in via di assemblaggio. Ed è già in vigore un accordo per far volare tre astronauti dell’Esa a bordo di Orion verso il nuovo avamposto spaziale che i partner internazionali stanno costruendo, il Gateway. “Questa partnership strategica sta ora preparando il terreno per il primo astronauta europeo ad atterrare sulla Luna” - ha confermato Nelson, che ha al suo attivo un volo sullo Shuttle Columbia nel gennaio 1986, con la missione Sts-24, che precedette di due settimane quella tragica del Challenger. IL MODULO ARGONAUT E L’OBIETTIVO MARTE Una spedizione sulla superficie della Luna per un europeo potrebbe essere il vantaggio di nuovi contributi dell’Esa ad Artemis, e che potrebbero includere la consegna di carichi e infrastrutture sulla Luna da parte del modulo automatico di atterraggio europeo Large Logistic Lander (El3), che prenderà il nome di Argonaut, servizi di comunicazione e navigazione attraverso il programma Moonlight,
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nonché scienza e tecnologia per l’esplorazione della superficie selenica. Questi progetti, tra gli altri, saranno discussi al Consiglio dei ministri dell’Esa che si terrà a Parigi il prossimo autunno. Nel corso del vertice EsaNasa è stato anche siglato un accordo quadro per una partnership strategica sulla scienza dei sistemi terrestri, nonché un memorandum di intesa sulla missione lunare Pathfinder. “La Nasa conta sulla cooperazione con l’Esa per promuovere l’esplorazione della Luna attraverso il programma Artemis. Il modulo di servizio europeo Esm è considerato come il “motore” della navicella Orion destinata alla Luna con equipaggi, che fornisce ai nostri astronauti le capacità di manovra nello spazio, il supporto vitale e l’energia per trasportare in sicurezza i nostri astronauti sulla Luna e tornare a casa sulla Terra” - ha aggiunto Nelson. La missione ExoMars 2022 sarebbe dovuta partire verso il Pianeta rosso entro l’autunno, alla ricerca di segni di vita marziana passata, ma il lancio è
L A L U N A E O LT R E
» Sopra: il rendering di un villaggio lunare realizzato da una collaborazione Nasa-Esa. A sinistra: la firma a Roma dell’accordo Nasa-Asi, siglata dal presidente Asi Giorgio Saccoccia (a sinistra) e l’amministratore della Nasa, Bill Nelson (a destra).
stato cancellato a causa dell’invasione russa all’Ucraina e alle conseguenti sanzioni. Nonostante vi sia stata da parte russa la proposta di riprendere in mano la missione, e di ritardarla solo fino al 2024, l’Esa sta valutando con la Nasa di cooperare per un nuovo profilo della sonda che reca a bordo il rover Rosalind Franklin, da lanciare però non prima del 2026. “Approfondendo la nostra partnership nell’esplorazione di Marte, che comprende anche l’innovativa campagna Mars Sample Return, la Nasa sta pensando al modo migliore per sostenere i nostri amici europei nella missione ExoMars” - ha detto Bill Nelson. “Nel frattempo, continueremo a lavorare insieme per
perfezionare l’architettura di Mars Sample Return” - ha aggiunto Josef Aschbacher . MODULI LUNARI MADE IN ITALY Bill Nelson è poi volato a Roma, dove ha firmato un accordo bilaterale tra l’Agenzia spaziale italiana e la Nasa. L’obiettivo è uno studio preliminare dedicato alla progettazione dei moduli abitativi lunari, i Lunar Surface Multi-Purpose Habitation (Mph), proposti dall’Asi nell’ambito del programma Artemis. Un programma a guida Nasa ma con partecipazione internazionale, in particolare dell’Europa, con l’Esa. Sono molte le attività industriali, tecnologiche
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e scientifiche da coordinare per il programma Artemis, che non si limiterà a riportare gli astronauti sulla Luna ma punta a realizzare un grande avamposto abitato in permanenza, dopo aver realizzato la stazione cislunare Gateway, da completare entro il 2026. Nelson ha firmato l’accordo con il presidente dell’Asi, Giorgio Saccoccia, a margine della 17ma seduta del Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale (Comint), presieduto dal Ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale con delega alle politiche spaziali e aerospaziali, Vittorio Colao, e alla presenza del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio. L’Asi condurrà lo studio con il supporto dell’industria italiana al fine di elaborare un progetto conforme agli obiettivi della missione Artemis e ai requisiti forniti dalla Nasa. Quest’ultima si impegnerà a supportare la nostra Agenzia, fornendo informazioni tecniche e programmatiche aggiornate sul programma.
S PAC E E C O N O M Y
DI PATRIZIA CARAVEO*
SPACEX BOEING ORMAI AVVIATA LA GARA SPAZIALE TRA LA DUE COMPAGNIE USA. QUALE SARÀ LA PIÙ CONVENIENTE?
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S PAC E E C O N O M Y
L
a prova generale della navetta Starliner durante il suo secondo volo di prova è stata per la Boeing la fine di un incubo che durava da oltre due anni. Da quando, nel dicembre 2019, poco dopo il lancio dello Oft-1 (Orbital Flight Test) del Cst 100-Starliner, i controllori di volo capirono che c’era un grosso problema a bordo della capsula. Il computer di bordo, che doveva comandare l’accensione dei thruster (i motori per le manovre orbitali), segnava un’ora sbagliata (di ben undici ore) e quindi non dava i comandi nel momento giusto.
» Nella pagina a sinistra dall’alto: il lancio dell’Orbital Flight Test 2 della capsula Starliner, avvenuto il 19 maggio scorso. Inquadra il QR per il video del lancio di Oft-2. L’attracco della Cst-100 Starliner di Boeing alla Stazione spaziale internazionale, il 20 maggio.
LE PROBLEMATICHE DI BOEING Quando gli ingegneri riuscirono a capire la natura del problema, nel corso dei diversi tentativi di intervento era stato ormai consumato troppo carburante e non ce n’era più abbastanza per raggiungere la Stazione spaziale internazionale. Provocando così il fallimento della missione, che terminò dopo appena due giorni, allargando il divario tra la storica e gloriosa industria aerospaziale e la più giovane SpaceX, che aveva condotto a marzo 2019 un test perfetto per la sua capsula Dragon. Per rendere la situazione ancora più imbarazzante, mentre la Starliner era in orbita si erano riscontrati problemi di comunicazione che avevano messo in evidenza delle carenze nel software della missione; un nervo scoperto per la Boeing, già sotto accusa per i problemi di software che avevano causato due disastri aerei con l‘aereo Boeing 737 Max (ottobre 2018 e marzo 2019). A seguito di questo test fallito, la Nasa si era vista costretta a rivedere i suoi rapporti di fiducia con la Boeing, un’industria da sempre a fianco dell’Agenzia. Una commissione d’inchiesta della Nasa evidenziò almeno 50 potenziali aree critiche che richiedevano un intervento mirato di Boeing. Diciotto mesi dopo il fiasco, nel luglio 2021, la Boeing aveva fatto tutti gli interventi richiesti ed era pronta a riprovare. La navetta Starliner, in cima al vettore Atlas 5 dalla United Space Alliance, era già sulla torre di lancio a Cape Canaveral, ma il lancio venne cancellato, perché 13 valvole della navetta erano bloccate. Per capire cosa fosse successo, hanno dovuto riportare la Starliner in fabbrica. Scoprendo che il propellente era penetrato nelle valvole dove aveva interagito con l’umidità dell’aria per formare acido nitrico che aveva corroso le valvole. In totale, questi due tentativi di lancio erano costati alla Boeing 600 milioni di dollari. Era quindi imperativo riuscire a superare il test previsto per maggio di quest’anno, che prevedeva un attracco alla Iss e un ritorno a terra con un atterraggio morbido. Sebbene si trattasse di un test senza equipaggio, un esito soddisfacente avrebbe rappresentato l’ingresso di un nuovo veicolo per il trasporto degli astronauti nella flotta degli Stati Uniti e dei loro partner. FINALMENTE LA MISSIONE OFT-2 L’Oft-2 di Starliner è iniziato il 19 maggio sempre da Cape Canaveral. Una volta in orbita, si sono registrati diversi problemi con i thruster, alcuni dei quali si sono inceppati due volte. Per fortuna, la Boeing non ha voluto correre rischi e tutto era abbondantemente ridondante, in modo da poter sostituire eventuali componenti
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S PAC E E C O N O M Y
DI DI PATRIZIA CARAVEO
» L’atterraggio nel New Mexico della missione Oft-2 il 25 maggio.
mal funzionanti. C’è stato anche un piccolo problema con il liquido di raffreddamento, risultato più freddo del previsto. È probabile che i tubi siano stati parzialmente ostruiti dal ghiaccio, cosa che ha richiesto un intervento degli ingegneri. Anche l’attracco ha avuto qualche problema, superato al secondo tentativo. Il portello è stato aperto e sono state fatte le operazioni di scarico, seguite da quelle di carico del materiale che doveva tornare a terra. Il 25 maggio, Starliner è atterrata
in New Mexico, ammortizzando l’impatto anche con appositi airbag. Gli astronauti che voleranno sul prossimo Starliner si uniranno ai turisti spaziali di Blue Origin, che attualmente sono gli unici ad atterrare sul suolo americano. Ad eccezione dello Shuttle, che tornava a terra come un aereo (senza motore), tutte le missioni Nasa, e ora anche quelle SpaceX, sono sempre ammarate. Sembra che la Boeing, seppure con qualche incertezza, abbia finalmente
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superato la prova generale. E sulla base dei dati di questo volo la Nasa deciderà se lo Starliner sia pronto per effettuare il trasporto degli astronauti nel prossimo viaggio che potrebbe avvenire alla fine dell’anno oppure all’inizio del prossimo. Ma la Nasa non ha ancora dato l’autorizzazione alla Boeing e, vista la decisione dell’agenzia di opzionare altri cinque lanci con la Crew Dragon di Space X, si sospetta che la fiducia di utilizzare la navetta Boeing stia scricchiolando.
S PAC E E C O N O M Y
LE STRATEGIE DEL DOPO-SHUTTLE Dopo tutto, è per questo che la Nasa aveva firmato nel 2014 dei contratti con Boeing e con la compagnia di Elon Musk, nell’ambito del Commercial Crew Transportation Program (Cctp). Dopo il pensionamento dello Shuttle, che aveva tolto agli Stati Uniti la possibilità di lanciare astronauti dal suolo americano, quello che all’epoca la Nasa voleva era la sicurezza di non dovere dipendere più dalla Soyuz russa per il trasporto dei suoi equipaggi. Non che la Soyuz fosse una soluzione poco sicura, dato che la capsula russa ha ottime prestazioni, anche se è un po’ spartana. Quello che ai membri del Congresso Usa non andava giù era l’idea di dipendere dai russi che, operando in regime di monopolio, avevano costantemente aumentato il prezzo. La Nasa aveva iniziato a pagare circa 20 milioni di dollari per astronauta, ma dopo il pensionamento dello Shuttle, nel 2011, il prezzo è schizzato a 60 milioni, per poi continuare a crescere. A partire dal 2009, la Nasa ha acquistato in media sei biglietti all’anno. Una soluzione economicamente conveniente, considerando i costi altissimi dello Shuttle, ma certo poco soddisfacente per il politico medio americano. Per di più, i russi non perdevano occasione di fare notare la
*PATRIZIA CARAVEO È DIRIGENTE DI RICERCA ALL’ISTITUTO NAZIONALE DI ASTROFISICA (INAF) E LAVORA ALL’ISTITUTO DI ASTROFISICA SPAZIALE E FISICA COSMICA DI MILANO.
dipendenza degli Stati Uniti dai loro lanci. All’epoca della prima crisi in Crimea, nel 2014, erano volate parole grosse da parte del capo dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, secondo il quale gli astronauti Usa avrebbero dovuto lanciarsi “con un tappeto elastico”. UNA QUESTIONE (ANCHE) DI COSTI Per ricominciare a lanciare i propri astronauti dal suolo americano, la Nasa aveva coinvolto due compagnie, nella speranza che si innescasse un po’ di sana concorrenza. Da un lato, la veterana Boeing, dall’altro la new entry SpaceX. Chi nutriva dubbi sulle capacità di SpaceX si è dovuto ricredere, perché ha raggiunto il risultato con due anni abbondanti di anticipo rispetto alla Boeing, nonostante quest’ultima avesse avuto un contratto più generoso per lo stesso compito: 4,82 miliardi di dollari, a fronte dei 3,14 accordati a SpaceX. Dato che entrambi i programmi prevedono un lancio di prova, seguito da sei di capsule con quattro posti ciascuna, la differenza di costo si riflette sul “biglietto” che la Nasa paga per il trasporto degli astronauti. Dopo avere sottratto i costi di ricerca e sviluppo, il costo di un sedile sul Crew Dragon di SpaceX è di circa 55 milioni a testa, mentre sulla Starliner ogni passeggero deve pagare 90 milioni; un prezzo superiore anche al costo medio che la Nasa ha pagato nel corso degli anni all’agenzia spaziale russa. Quello dei costi è uno dei punti evidenziati dall’ispettore generale della Nasa in un report del 2019, in cui si esaminano tempi e ritardi
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del Cctp e si critica la decisione dell’Agenzia di concedere un budget maggiore a Boeing; la quale, secondo alcuni, aveva minacciato di sfilarsi, minando alla base l’idea della ridondanza dei fornitori del servizio. Tutte le grandi aziende spaziali hanno sempre avuto contratti del tipo cost plus (rimborso dei costi più un margine di profitto) e sono poco propense ad accettare quelli a prezzo fisso. Il fatto che i partecipanti alla missione privata Ax-1, che ha utilizzato una navetta Dragon di SpaceX, abbiano pagato proprio 55 milioni a testa ci dice che il calcolo dell’ispettore è realistico. In verità, l’approccio classico di Boeing, che utilizza ogni lanciatore Atlas 5 una sola volta, porta a prezzi più alti di quelli di SpaceX, che recupera e riutilizza a ciclo continuo i primi stadi dei suoi razzi. Per questo, una volta esaurito il contratto Cctp, è difficile credere che SpaceX abbia qualcosa da temere nel campo del trasporto equipaggi privati oltre l’atmosfera. Allo stato attuale delle cose, Boeing ha in programma di effettuare solo i lanci previsti dall’accordo. All’orizzonte non ci sono clienti privati, per almeno due motivi: da un lato, il lanciatore Boeing sfrutta i motori russi RD 180 ricondizionati, in questo momento colpiti dalle sanzioni e quindi non più acquistabili. Quelli disponibili basteranno solo per i lanci previsti senza possibilità che se ne aggiungano altri, a causa del prezzo maggiore. Dall’altro, se un’agenzia governativa può decidere di pagare di più per non dipendere da un solo fornitore o per difendere posti di lavoro, il cliente privato sceglie il prezzo più conveniente.
RAZZI MODELLISMO
DI STEFANO FIGINI*
IL CANSAT EUROPE IN ITALIA SI È SVOLTA NEI PRESSI DI BOLOGNA LA COMPETIZIONE SPAZIALE TRA TEAM DI STUDENTI DI TUTTA EUROPA PROMOSSA DALL’ESA
L’
Agenzia spaziale europea (Esa) quest’anno ha scelto di nuovo l’Italia come sede della competizione scientifico/educativa European CanSat Competition 2022 (Ecc 2022), concorso tra squadre di studenti delle scuole secondarie superiori europee. La Ecc 2022 si è svolta presso il Centro Congressi Artemide a Castel San Pietro Terme (Bologna) dal 20 al 25 giugno 2022. L’evento è stato gestito per conto di Esa da Sierrafox, in collaborazione con i partner locali. La Competizione CanSat è una delle iniziative di Esa Education per aiutare i giovani europei ad aumentare la loro alfabetizzazione e competenza nelle discipline Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) e ispirarli a perseguire una carriera nei campi Stem. CHE COS’È IL CANSAT Il CanSat è una sonda che rileva dati e compie esperimenti scientifici simulando le funzioni di un vero satellite artificiale, ma con le dimensioni di una lattina di
bibite standard. Viene progettato e costruito da squadre di studenti delle scuole superiori, utilizzando materiali disponibili comunemente in commercio, e con un budget molto contenuto. La sfida per gli studenti è quella di inserire tutti i principali sottosistemi presenti in un satellite, come alimentazione, sensori e un sistema di comunicazione, in questo volume minimo. Il CanSat viene quindi lanciato a un’altitudine di circa mille metri da un razzo o lasciato cadere da un drone o da un pallone frenato e iniziare così la sua missione, che consiste nell’effettuare gli esperimenti scientifici programmati e atterrare in sicurezza. Il CanSat offre un’opportunità unica per gli studenti di svolgere una prima esperienza pratica su di un vero progetto spaziale. Gli studenti sono responsabili per tutti gli aspetti: progettazione del CanSat, scelta della sua missione, calcolo del budget, integrazione dei componenti, test, preparazione per il lancio e analisi
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dei dati. È un formidabile strumento educativo a 360 gradi perché coinvolge discipline diverse, sviluppa il lavoro in team e insegna a esporre analisi in pubblico, spesso in una lingua diversa dalla propria. LA COMPETIZIONE CANSAT Per stimolare la diffusione di questo strumento formativo, la divisione Education di Esa ha indetto una competizione tra gruppi di studenti di tutti i Paesi europei, la Competizione CanSat. Ogni anno Esa invia un bando di partecipazione alle scuole secondarie superiori europee. Ogni scuola che aderisce all’iniziativa elegge una propria squadra di studenti che partecipa a una competizione CanSat nazionale tra scuole, organizzata in ogni Paese secondo le linee guida dettate da Esa. Le squadre vincitrici, una per nazione, partecipano poi automaticamente alla Competizione europea, che l’Esa organizza possibilmente in un Paese europeo diverso ogni anno. Talvolta però questa alternanza di
RAZZI MODELLISMO
» La partenza di un CanSat. Le procedure di lancio seguono gli stessi protocolli di sicurezza dei centri spaziali professionali.
» Un satellite-lattina scende appeso al paracadute dopo il lancio, mentre i sensori di cui è infarcito raccolgono dati da trasmettere a terra.
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RAZZI MODELLISMO
DI STEFANO FIGINI
» Il gruppo di ragazze italiane Go Act Girls che ha vinto il Best Outreach Prize (Esa).
Paesi non si riesce a ottenere. La mancanza di una organizzazione in grado di gestire oltre 200 persone che devono trascorrere una settimana in un altro Paese, la mancanza di strutture adeguate, proposte organizzative inappropriate per soluzioni o costi, sono tra i motivi per cui talvolta Esa sceglie di tenere la sua competizione nello stesso Paese per più anni consecutivi. Nel 2019 questo evento si era tenuto in Italia, a Castel S. Pietro Terme, in provincia di Bologna. L’anno successivo l’evento è stato cancellato a causa della pandemia da Covid, nel 2021 per la stessa ragione si è tenuta una competizione “virtuale” e quest’anno Esa ha scelto di nuovo il nostro Paese per ospitare la prima edizione post-Covid. La ricettività, la professionalità dei nostri operatori del settore alberghiero, la presenza di una organizzazione già attiva nel lancio di piccoli vettori
e dotata delle attrezzature e luoghi necessari, le condizioni meteorologiche favorevoli e, non ultimo, l’esperienza già fatta nel 2019, sono tra i motivi principali della scelta. Quest’anno alla Competizione Europea hanno partecipato 25 squadre provenienti da Polonia, Paesi Bassi, Svizzera, Francia, Romania, Belgio, Lituania, Italia, Svezia, Norvegia, Irlanda, Portogallo, Finlandia, Germania, Grecia, Austria, Lussemburgo, Danimarca, Regno Unito, Slovenia, Ungheria e perfino dal Canada, un Paese non appartenente all’Europa ma associato all’Esa. I TEAM DEGLI STUDENTI Ogni team è composto da un massimo di sei studenti delle scuole secondarie, di età compresa tra i 14 ei 19 anni, assistiti da un insegnante o tutor. Le squadre sono chiamate a progettare e costruire il loro “satellite”, e a illustrare lo scopo della loro “missione”
PER INFORMAZIONI CanSat: web www.esa.int/Education/CanSat/ mail cansat@esa.int Pagina Facebook “CanSats in Europe” Sierrafox: web www.sierrafox.eu e-mail info@sierrafox.eu
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di fronte alla giuria composta da esperti del settore. Dopo il lancio e il recupero del CanSat, gli studenti devono analizzare i dati ottenuti, verificare la riuscita del loro esperimento o le cause di eventuali insuccessi, realizzare una presentazione e illustrarla alla giuria e al pubblico composto dagli altri partecipanti. Il tutto in lingua inglese. Al termine, la giuria elegge i vincitori, uno per ogni categoria di risultato: miglior progetto, migliore risultato tecnico, migliore missione scientifica, team più professionale, migliore promozione e premio onorario. Il vincitore dell’edizione 2022 per il migliore progetto è stato il team YesWeCan della Svizzera. Altri premi sono stati vinti da team del Belgio, della Grecia e della Francia. Ricordiamo in particolare il gruppo di ragazze italiane Go Act Girls dell’istituto “E. Fermi” di Modena, che ha vinto uno dei premi in palio per un’analisi ambientale effettuata misurando la concentrazione di anidride carbonica e di ozono nell’aria ed eseguendo un’analisi termica del suolo. I lanci sono stati effettuati sul terreno dell’Aviosuperficie di Molinella, in provincia d Bologna, dove opera l’associazione di razzimodellismo Acme Italia, mentre le attività di presentazione dei progetti, test in volo e consegna dei premi si sono svolti presso l’Hotel Castello e il Centro Congressi Artemide di Castel San Pietro Terme. *STEFANO FIGINI PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE ACME ITALIA, RAPPRESENTA PER L’ITALIA L’ASSOCIAZIONE AMERICANA TRIPOLI ROCKETRY ASSOCIATION. HA FONDATO LA SIERRAFOX SRL, DI CUI È DIRETTORE TECNICO.
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TEMA DEL MESE
DI PATRIZIA CARAVEO
SEI CI SEI BATTI UN COLPO SI SUSSEGUONO LE SEGNALAZIONI DI POSSIBILI SEGNALI ARTIFICIALI EXTRATERRESTRI: L’ULTIMA ARRIVA DALLA CINA
» Un’illustrazione di fantasia della superficie del pianeta Proxima b di Proxima Centauri, la stella più vicina al Sole (Eso / M. Kornmesser).
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TEMA DEL MESE
P
eriodicamente, i giornali di tutto il mondo vengono inondati da notizie che hanno a che fare con gli extraterrestri. Vuoi che ci dicano che anche la Nasa abbia deciso di mettersi a investigare (ma con un modestissimo investimento) i presunti avvistamenti di Ufo, che adesso vengono chiamati Uap (Unidentified Aerial Phenomena), vuoi per raccontarci della presenta rivelazione di segnali che non sembrano poter essere spiegati da cause naturali, quindi presumibilmente dovuti a qualche tipo di civiltà extraterrestre intelligente. In generale, l’entusiasmo si raffredda rapidamente quando non si trova modo di escludere che il segnale sia dovuto a interferenze terrestri, un pericolo costante nella nostra civiltà che vive immersa nelle onde radio. Nel caso che si tratti di un’interferenza, il segnale rivelato è certamente non naturale e possiamo stare sicuri che sia il prodotto da una civiltà intelligente, ma quella civiltà è la nostra. L’esempio più recente è Blc1 (Breakthrough Listen Candidate 1), un segnale proveniente da Proxima b, il pianeta di Proxima Centauri, la stella più vicina al Sole. Il segnale è stato registrato dal telescopio australiano Parkes-Murriyang nell’ambito di una survey all’interno di un tempo di osservazione “acquistato” dal programma Breakthrough Listen. Il segnale, rilevato il 29 aprile di tre anni fa, era stato inizialmente considerato un candidato segnale extraterrestre, ma era poi risultato essere un’interferenza.
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TEMA DEL MESE
DI PATRIZIA CARAVEO
» Il radiotelescopio australiano di Parkes, a cui è stato recentemente aggiunto il nome aborigeno Murriyang.
La cosa si è ripetuta, seppure in modo un po’ diverso, a metà dello scorso mese di giugno, quando una notizia, che pure ha avuto vita brevissima, ha causato un incredibile rumore mediatico. L’OCCHIO DEL CIELO L’annuncio della rivelazione di diversi possibili segnali alieni era stato dato nel sito web di Science and Technology Daily, l’organo ufficiale del Ministero della Scienza e Tecnologia della Repubblica Popolare Cinese. La dichiarazione era attribuita al capo del progetto di ricerca di civilizzazioni extraterrestri, Zhang Tongjie, Il professore diceva che i segnali erano stati captati dal mega radiotelescopio cinese da 500 metri di diametro noto in Occidente con la sigla Fast (Five hundred meter Aperture Spherical radio Telescope), ma chiamato dai cinesi più
poeticamente Tianyan, “Occhio del cielo”. Questi segnali radio sembravano provenire da Kepler 438b, un pianeta roccioso poco più grande della Terra che orbita nella cosiddetta “zona abitabile” di Kepler 438, una stella nana rossa situata a 472 anni luce da noi nella costellazione della Lira. I segnali avevano tutte le caratteristiche richieste per essere considerati interessanti, ma Zhang annunciava che studi più approfonditi sarebbero stati necessari per escludere che si trattasse di interferenze dovute a segnali radio di origine terrestre. Per chi cerca di seguire gli sviluppi delle attività scientifiche in Cina, Science and Technology Daily è una fonte autorevole, che viene continuamente monitorata e tradotta, e una notizia di questo genere non poteva passare inosservata. Peccato che
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sia stata rapidamente cancellata. Mentre gli scienziati cinesi non rilasciano dichiarazioni, il chief scientist del Seti Research Center di Berkeley, Dan Werthimer, non ha dubbi che si tratti di interferenze prodotte dai trasmettitori, dai telefoni cellulari, dai computer, dai satelliti che comunicano tramite onde radio. Secondo Werthimer, un segnale vero da un oggetto celeste dovrebbe sparire se si cambia direzione di puntamento per poi riapparire quando si torni a puntare l’oggetto in questione. Se invece i segnali vanno e vengono, indipendentemente dalla direzione nella quale si osserva, sono interferenze. E, fino ad ora, tutti i segnali potenzialmente interessanti si sono rivelati essere interferenze. Persino Avi Loeb, stimato astrofisico dell’Università di Harvard, diventato famoso per avere ipotizzato che
TEMA DEL MESE
» Ripresa aerea del radiotelescopio cinese Fast, la più grande parabola singola del mondo, con un diametro di 500 metri.
l’asteroide ‘Oumuamua fosse un relitto tecnologico di una civiltà extraterrestre, ha espresso scetticismo. Tuttavia, l’immediato interesse che aveva accompagnato la notizia è la prova che la curiosità sull’esistenza di altri mondi abitati non passa mai di moda. Nessuno resiste al fascino degli extraterrestri che anzi sembra aumentare con il passare degli anni.
TUTTO È INIZIATO NEL 1959 La storia della ricerca di un segnale radio extraterrestre inizia nel settembre 1959 con la pubblicazione di un articolo intitolato Searching for Interstellar Communication. Gli autori erano Giuseppe Cocconi e Philip Morrison, due eminenti fisici che sostenevano che, se davvero da qualche parte lassù ci sono esseri
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intelligenti, potrebbero aver creato un sistema di comunicazione indirizzato al resto dell’Universo. Dato che le onde radio sono il metodo più efficiente per trasmettere un segnale a distanza, Cocconi e Morrison suggerirono di usare le nuove antenne della radioastronomia, che proprio allora stava diventando una branca importante
TEMA DEL MESE
DI PATRIZIA CARAVEO
» Una riproduzione di fantasia del pianeta Kepler-438b da cui provenivano i segnali radio captati dal radiotelescopio Fast.
dell’astronomia, per mettersi in ascolto. I due autori, con grande onestà, ammettevano di non avere idea delle probabilità di successo di questa ricerca alla cieca, tuttavia concludevano che, se non si fosse provato, le probabilità di successo sarebbero state certamente nulle. Qualcuno si lasciò convincere e si mise alla ricerca di segnali provenienti da civiltà extraterrestri. Iniziò Frank Drake nell’aprile 1960, utilizzando il nuovo Osservatorio nazionale radioastronomico Nrao degli Stati Uniti, appena installato a Green Bank, in Virginia. Drake era un sognatore, ma aveva idee molto chiare sull’impresa a cui si accingeva. Per cercare di valutare la probabilità di successo, scrisse una formula poi diventata famosa. L’equazione di Drake aveva (e ancora ha) l’obiettivo di stimare il numero N delle civilizzazioni nella nostra Galassia capaci di inviare segnali
radio che noi potremmo ricevere. I termini dell’equazione sono di due tipi: si parte dall’astronomia per arrivare alla biologia. Inoltre bisogna tenere conto della variabile tempo perché le civiltà hanno una durata finita. Occorre tenere conto anche del tempo di transito del segnale da chi lo ha prodotto a noi che lo ascoltiamo. Se una civiltà si trovasse all’altro capo della Galassia, il suo segnale impiegherebbe 50mila anni per raggiungerci. D’altro canto, una civiltà potrebbe essersi estinta durante il tempo di transito del segnale. L’equazione di Drake serve per riassumere il problema, ma non è di grande aiuto per stimare davvero la probabilità di stabilire un contatto con una civiltà extraterrestre. Ma sessant’anni non sono passati invano. Oggi i nostri strumenti, a terra e in orbita, hanno rivelato oltre 5000 pianeti extrasolari e,
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generalizzando i risultati ottenuti, possiamo dire che, in media, ogni stella della nostra Galassia possiede almeno un pianeta e che circa il 20% di questi pianeti sono vagamente simili alla Terra. È un passo avanti, ma non basta: siamo ancora ben lontani dal saper calcolare il numero N di civilizzazioni nella Via Lattea attive oggi. Anzi, siamo ancora lontani dal capire se ne esista almeno un’altra. Tuttavia, visto il numero sterminato di pianeti potenzialmente abitabili, molti studiosi pensano che altre forme di vita siano una necessità matematica, anche se non ne abbiamo ancora le prove. Sicuramente, non si può dire che non si sia provato a cercare. IL PROGETTO SETI Dopo i pionieristici tentativi di Drake, si sono susseguiti molti programmi di ricerca di segnali extraterrestri. Il più famoso è sicuramente il Seti (Search for ExtraTerrestrial Intelligence) che, nel 1971, iniziò a essere finanziato dalla Nasa. Il 15 agosto del 1977 ci fu un momento (effimero) di gloria, quando il radiotelescopio Big Ear dell’Università dell’Ohio registrò il segnale che fu chiamato Wow! perché questa esclamazione fu appuntata a mano da un tecnico nel tabulato. L’intensità del segnale in funzione dello scorrere del tempo era indicata con un solo carattere: si iniziava con i numeri e poi si passava alle lettere. Il segnale Wow! era durato 72 secondi e aveva tutte le caratteristiche per essere considerato promettente, ma non si è mai ripetuto e non si sono trovati argomenti convincenti per associarlo a una civiltà aliena. La mancanza
TEMA DEL MESE
» Una illustrazione della equazione di Drake che imposta il calcolo del numero di civiltà presenti della nostra Galassia sulla base di una serie di fattori i cui valori sono poco noti o del tutto sconosciuti.
di risultati ha prosciugato i fondi e, nel 1993, la Nasa ha chiuso il programma, ma Seti ha continuato a esistere grazie a donazioni private e alla creatività degli scienziati che hanno inventato SETI@home, il primo sistema di calcolo distribuito (a costo zero) per analizzare i dati usando i personal computer che numerosissimi volontari hanno messo a disposizione e utilizzati dal sistema da remoto in modo automatico. Negli ultimi anni, l’interesse nei programmi Seti ha avuto un notevole revival grazie a Yuri Milner, un miliardario di origine russa (ma basato in California), che ha promesso donazioni per un totale di 100 milioni di dollari in 10 anni per finanziare le Breakthrough Initiatives (breakthroughinitiatives.org), a
cominciare dai programmi di ascolto come Breaktrhough Listen citato sopra. Persino la Nasa ci ha ripensato e ha deciso di riaprire i cordoni della borsa per cercare le cosiddette Technological signatures (“firme tecnologiche”, un eufemismo per evitare la parola Seti). E i progetti non si fermano, come vediamo nell’articolo sul Cosmic Seti a pag. 56. LA RICERCA DEVE CONTINUARE La ricerca di un possibile segnale prodotto da una civiltà extraterrestre tecnologicamente avanzata è una linea di ricerca che viene portata avanti da molto tempo, con diverse modalità e con grande interesse, ma senza risultati apprezzabili. Proprio per questo, basta un annuncio per accendere la fantasia.
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Come sostenitrice della vita extraterrestre, mi auguro che la ricerca continui. Lo spazio è immenso e, finora, ne abbiamo esplorato una frazione piccolissima. Per avere idea delle dimensioni del problema, immaginiamo di raccogliere un bicchiere di acqua di mare. Dal momento che, con ogni probabilità, non troveremo pesciolini guizzanti, dovremmo concludere che nel mare non ci sono pesci? Non avere ancora trovato un segnale non è la prova che i segnali non ci siano, forse non abbiamo ancora capito come, dove e cosa cercare. Quella che rimane sempre vera è la conclusione dell’articolo di Cocconi e Morrison: se non cercheremo, possiamo stare certi che non troveremo niente.
COSMOLOGIA
DI ANTONIO LO CAMPO
UNA NUOVA MAPPA DELL’
UNIVERSO LA TRACCERÀ IL SATELLITE-TELESCOPIO EUCLID, CHE SARÀ LANCIATO DALL’ESA NEL 2023
S
e la chiamano “energia oscura” ci sarà una ragione. A cominciare dal fatto che non ne conosciamo quasi nulla. Però esiste. E l’unico modo per andare a caccia di questa forma misteriosa di energia, che insieme alla altrettanto misteriosa materia oscura e che insieme ad essa costituisce il 95 per cento di tutto ciò che esiste nell’Universo, è di inviare un telescopio nello spazio, realizzato appositamente per scrutare laddove
ancora non abbiamo avuto risposte. Questo telescopio verrà collocato su un satellite, e verrà spedito nello spazio nel punto lagrangiano L-2, a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra. La missione è tutta europea, dell’Esa e comprende una forte partecipazione industriale e scientifica italiana, con il coordinamento dell’Asi (Agenzia spaziale italiana). Si chiama Euclid, in onore del matematico greco Euclide, che nel
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IV secolo a.C. elaborò i fondamenti della matematica e della geometria. Ma questa missione nasce sulla scia dell’impresa precedente che ci ha già fornito una mappa dettagliata dell’Universo e la sua carta d’identità alla nascita, subito dopo il Big Bang: quella del satellite Planck, sempre dell’Agenzia spaziale europea, che nel team scientifico, guidato dal premio Nobel George Smooth, comprendeva i ricercatori italiani Marco Bersanelli e Reno Mandolesi.
COSMOLOGIA
L’Italia è, insieme a Francia e Gran Bretagna, la principale protagonista della missione. Per la realizzazione di Euclid sono coinvolti oltre trecento scienziati italiani, appartenenti all’Inaf (principalmente presso Oas-Bologna, Istituti Iaps, Iasf di Bologna e Milano, e gli Osservatori Astronomici di Bologna, Brera, Padova, Roma, Torino e Trieste), e varie sedi dell’Infn, con il contributo principale di Bologna e Padova e a numerose Università, con in prima fila quella di Bologna.
» A sinistra: na rappresentazione artistica del turbolento Universo primordiale verso il quale risaliranno le indagini di Euclid (STScI/Schaller). Sopra: Il satellite-osservatorio Euclid dell’Esa nella “camera pulita” di Thales Alenia Space Italia.
LA MISSIONE, IL SATELLITE-TELESCOPIO E GLI STRUMENTI ITALIANI Il lancio di Euclid è in programma per la seconda metà del 2023, utilizzando come razzo vettore il nuovo Ariane 6 dell’Esa. Il satellitetelescopio era stato progettato anche per un lanciatore russo Sojuz, di quelli acquistati dall’Esa per lo spazioporto della Guyana, ma le sanzioni alla Russia hanno fatto definitivamente virare verso il nuovo e versatile Ariane 6. Il satellite ha completato l’integrazione presso gli stabilimenti di Thales Alenia Space a Torino in giugno, ed è stato trasferito in estate per i test ambientali presso gli stabilimenti francesi di Cannes. Al termine della sua vita operativa, che sarà di circa sei anni, Euclid avrà prodotto immagini e dati fotometrici per più di un miliardo di galassie e
spettri di milioni di galassie. In attesa del lancio, il satelliteosservatorio prende forma. I due strumenti che compongono il carico scientifico, il Vis (Visible Instrument) e il Nisp (Near Infrared Spectro-Photometer), realizzati con un importante contributo italiano dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf ) e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), sono ormai da tempo integrati con il telescopio e con il resto del satellite. Euclid è costituito da un telescopio a specchio da 1,2 metri di diametro, progettato per funzionare a lunghezze d’onda sia visibili che nel vicino infrarosso; studierà il lato sconosciuto dell’Universo, con un livello di accuratezza mai raggiunto prima, attraverso un’indagine sulla materia visibile che manifesta gli effetti gravitazionali e dinamici prodotti delle componenti “oscure”.
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CACCIA A MATERIA ED ENERGIA OSCURA Euclid dovrà realizzare una mappa dettagliata della distribuzione e dell’evoluzione della materia e dell’energia oscure nell’Universo, i due “ingredienti” che ancora non siamo riusciti a identificare e di cui ci sfugge perfino la natura, andando a censire oltre un terzo dell’intero cielo profondo, di cui traccerà anche l’evoluzione su un periodo di oltre 10 miliardi di anni. Grazie ai fenomeni delle “lenti gravitazionali”, indagati tramite le osservazioni delle galassie, Euclid potrà realizzare un’immagine 3D della distribuzione di materia ordinaria e oscura in una buona parte dell’Universo. Dallo studio della storia dell’espansione cosmologica, si riuscirà a stimarne l’accelerazione causata dall’energia oscura con un’accuratezza del 10 per cento e le eventuali variazioni di questo effetto. “Per studiare l’energia oscura dell’Universo, era necessario realizzare uno strumento di elevatissima qualità e prestazioni, che ha richiesto un impegno scientifico e tecnologico importante per l’integrazione e verifica di tutte le sue parti” -
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COSMOLOGIA
DI ANTONIO LO CAMPO
» A sinistra: il team di Euclid con, in basso, il team manager Paolo Musi; primo a sinistra, l’autore dell’articolo. Sopra: una ricostruzione grafica di Euclid in assetto operativo nel punto lagrangiano L-2, dove si trova anche il telescopio spaziale James Webb (Esa).
sottolinea Luca Stanco, responsabile nazionale Infn di Euclid. Il satellite-osservatorio è stato progettato e in buona parte realizzato e integrato in tutte le sue componenti a Torino, presso gli stessi stabilimenti dell’azienda joint venture tra la francese Thales e l’italiana Leonardo: “È una missione fortemente italiana” - spiega Paolo Musi, project manager di Euclid per Thales Alenia Space
Italia - “In attesa della partenza, stiamo preparando il modello di volo che verrà successivamente sottoposto a tutti i test riguardanti il lancio e la operatività in orbita”. Come sarà possibile scrutare nell’Universo invisibile?: “A bordo di Euclid vi sarà un telescopio molto preciso” - dice Musi - “che è parte integrante del satellite. E lavorerà a temperature comprese tra 170 e 200
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gradi sotto zero, per operare anche nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso. I dati che giungeranno a terra insiemi ad altri dati complementari avranno a fine missione complessivamente un volume di circa 25 petabyte. Considerando che un petabyte è equivalente a un milione di gigabyte, è una quantità davvero impressionante, mai raggiunta prima in una missione spaziale scientifica”.
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DI CORRADO RUSCICA*
UNA STELLA PULSANTE SCOPERTA PER CASO INDIVIDUATA DA UN GRUPPO DI ASTROFILI NEL SISTEMA DI EPSILON LYRAE, GRAZIE AI DATI DEL SATELLITE TESS
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ASTROFISICA
E
psilon Lyrae, nota anche come la “doppiadoppia”, è un sistema stellare quadruplo della costellazione della Lira, vicino alla luminosa Vega, distante circa 160 anni luce dalla Terra. Se viene osservato con un binocolo, può essere separato in due componenti: la stella a nord è denominata Epsilon Lyrae 1 e quella a sud Epsilon Lyrae 2. Distano tra loro non meno di 0,16 anni luce e impiegano centinaia di migliaia di anni per completare un’orbita. Entrambe le componenti di questo sistema stellare possono essere a loro volta separate in due sistemi binari secondari utilizzando un migliore potere risolutivo. Gli astrofili del Marana Space Explorer Center (MarSEC) e della Sezione Nazionale di Ricerca Stelle Variabili dell’Unione Astrofili Italiani (Ssv Uai) hanno scoperto che la luminosità della componente secondaria del sistema binario Epsilon Lyrae 1 è variabile nel tempo e che queste variazioni sono dovute a pulsazioni che causano una deformazione del corpo celeste. Cosmo ha raggiunto Ivo Peretto, classe 1977 di Valdagno (VI), fondatore del gruppo astrofili “Cieli Perduti”, membro della Uai e dell’Aavso (American Association of Variable Star Observers) e dal 2012 direttore e responsabile della sezione di ricerca del MarSEC di Marana Di Crespadoro.
» Il satellite Tess della Nasa, cacciatore di esopianeti e non solo.
CHE TIPO DI RICERCA VIENE CONDOTTA AL MARSEC SULLE STELLE VARIABILI? Mi occupo da sempre di stelle variabili, prima come membro
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dell’Aavso e poi attraverso il gruppo nazionale Grav (Gruppo Ricerca Astrofili Variabilisti) creato con Flavio Zattera e successivamente confluito nella Sezione Stelle Variabili della Uai. I programmi osservativi sono vari, dal monitoraggio di alcuni tipi di stelle, che ci vede partecipi di campagne internazionali (ne abbiamo appena conclusa una sulle variabili Polari-Intermedie durata circa un anno), alla scoperta di nuove stelle variabili (al momento siamo arrivati all’identificazione di 49 nuove variabili). Grazie alla camera Ccd, siamo in grado di fare fotometria, ossia studiare le curve di luce, la variabilità temporale e il comportamento di particolari stelle, con lo scopo di descriverne le caratteristiche fisiche principali, come il periodo di pulsazione e la tipologia. Gli astrofili che desiderano diventare ricercatori del MarSEC passano attraverso una fase di training, per imparare ad acquisire e a elaborare correttamente i dati. Da poco più di un anno, stiamo seguendo il progetto Exoclock che ha lo scopo di monitorare le eclissi causate dai pianeti extrasolari per migliorare le effemeridi di Ariel, la futura missione dell’Esa che verrà lanciata presumibilmente nel 2029-30. PERCHÉ EPSILON LYRAE? CHE COS’HA DI SPECIALE? Epsilon Lyrae è stato un caso speciale, innanzitutto perché è la doppiadoppia più famosa del cielo. Spesso, quando parliamo di stelle doppie, facciamo osservare al pubblico proprio questo sistema binario nel periodo primavera-estate, perché se a occhio nudo si vede un unico
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DI CORRADO RUSCICA
astro, basta un semplice binocolo per scoprire che in realtà si tratta di una stella doppia. Ma se si osserva con un ingrandimento maggiore, ci si accorge che ognuna delle due componenti possiede a sua volta una compagna, con lo stupore assicurato da parte del pubblico che guarda nell’oculare del telescopio. La scoperta che una di queste quattro stelle è anch’essa variabile, mai censita prima, è stata sorprendente ed entra di diritto tra quegli eventi che si possono raccontare con orgoglio al pubblico. COME SIETE ARRIVATI ALLA SCOPERTA? Direi che il termine giusto è “serendipità”. Come dico sempre al mio gruppo di giovani ricercatori, abbiamo a disposizione molti terabyte di dati forniti dalle survey che possono aiutarci a comprendere gli oggetti celesti che stiamo studiando. Se costruiamo un modello e ipotizziamo che sia corretto, allora ci aspettiamo che i dati delle varie survey si “adatteranno” alla nostra teoria. Nel caso in questione, stavo monitorando con il mio gruppo un’altra stella, ma vale sempre la pena controllare ciò che c’è nei dintorni, dato che abbiamo a disposizione le survey. È stato proprio in questa occasione che, consultando i dati del
*CORRADO RUSCICA HA STUDIATO ASTRONOMIA ALL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA E DI MILANO E GIORNALISMO SCIENTIFICO ALL’UNIVERSITÀ DI FERRARA, HA COLLABORATO CON GIORNALI ON LINE ED È AUTORE DI TESTI DI DVULGAZIONE ASTRONOMICA.
» Gli studenti impegnati in uno stage di Pcto alla cupola di ricerca del MarSEC (cortesia MarSEC/Elisa Ercego).
telescopio spaziale Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellite), ci siamo imbattuti nella curva di luce di Epsilon Lyrae e ci siamo accorti che la luminosità della stella variava con una certa regolarità. Ho chiesto ai collaboratori di verificare se questa variabilità fosse nota e ben presto l’eccitazione si è smorzata, perché in quel campo di vista veniva indicata una sospetta variabile NSV 11301. In seguito a una più attenta analisi, è risultato però che fosse Epsilon Lyrae 2 la vera sospetta variabile, mentre stavamo monitorando Epsilon Lyrae 1 che nessuno aveva mai analizzato così in dettaglio. Così abbiamo realizzato che avevamo trovato qualcosa di davvero straordinario. CHE RUOLO HANNO AVUTO GLI STUDENTI IN QUESTO RISULTATO? Abbiamo avuto la possibilità di ospitare dei ragazzi degli ultimi
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» Dal cielo al sottosuolo: il sistema carsico scoperto sotto le fondamenta del MarSEC.
anni delle scuole superiori per un programma di Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento), stimolati anche dai suggerimenti della Uai. Ciascuno di questi studenti viene indirizzato verso quelle competenze
ASTROFISICA
SCIENZA E DIVULGAZIONE AL MARSEC Il MarSEC è un moderno polo scientifico, nato dall’ampliamento di una precedente struttura già gestita dal gruppo astrofili “Cieli Perduti”. Sito a 800 metri, tra le Piccole Dolomiti e la Lessinia, nell’Alta Valle Del Chiampo, in provincia di Vicenza, MarSEC è dotato di una sala conferenze multimediale con una capienza di un centinaio di posti a sedere, adatta sia per la divulgazione in presenza che da remoto, e di una sala regia con quattro telecamere, di cui è artefice il presidente Flavio Zattera. La sala conferenze è parte del museo dell’astronautica “Rocco Petrone” che si sviluppa attorno al planetario ed è membro della Nasa Museum Alliance. Il planetario è un anfiteatro con comode poltrone reclinate, sormontato da una cupola di 7,5 metri di diametro con un proiettore centrale digitale. Può contenere fino a 41 persone ed è utilizzato per proiettare video fulldome o il cielo stellato mediante un apposito software. Le cupole sono due, entrambe del diametro di 5 metri (foto). Una si trova sul terrazzo panoramico ed è dedicata alla divulgazione, l’altra alla ricerca astronomica. La cupola didattica ospita un telescopio Ritchey-Chrétien da 320 mm, mentre la cupola di ricerca è dotata di un telescopio con la stessa configurazione ottica ma da 360 mm e camera CCD dedicata. Durante gli scavi di ampliamento è stato intercettato un sistema carsico che è stato salvaguardato per farlo diventare un luogo di didattica della geologia, allestito dal gruppo speleologico Proteo di Vicenza. Le attività del MarSEC sono molteplici, dalla divulgazione al pubblico con aperture anche domenicali, alla didattica destinata sia ai soci del gruppo astrofili che alle scuole di ogni ordine e grado. La divulgazione è praticata nello spirito della Uai, di cui il MarSEC è Delegazione Territoriale. Si prevede per il prossimo futuro un ampliamento dell’offerta nel mondo dell’astronomia inclusiva, secondo i progetti che la Uai sta portando avanti da qualche anno.
a loro più congeniali quali didattica, divulgazione o ricerca. In particolare, coloro che ci hanno seguito nel percorso di ricerca sono stati formati esattamente come gli altri membri del MarSEC seguendo alcune ore di teoria e poi facendo molta pratica nella cupola dedicata alle osservazioni. Stefano Lora (direttore Didattica e Divulgazione del MarSEC) si è occupato della loro formazione teorica, mentre io e Giuseppe Peretto ci siamo dedicati alla pratica (acquisizione dei dati al telescopio). Alcuni di questi studenti, terminata l’esperienza Pcto, si sono talmente appassionati all’astronomia che sono diventati soci del MarSEC e hanno continuato il loro lavoro di ricerca, alternandolo agli impegni scolastici. Quando vengono programmate le sessioni osservative, cerchiamo di concentrarci su alcuni target ben precisi per ottimizzare il lavoro ed è stato per questo che Giovanni Furlato e Matilde Barbieri (due ragazzi ex-Pcto) hanno fatto parte del progetto di monitoraggio di alcune stelle nella costellazione della Lira. Una volta scoperta la variabilità della stella compagna di Epsilon Lyrae 1, ci siamo suddivisi il lavoro con la mia supervisione, per mettere insieme tutti i tasselli del puzzle che ci ha permesso di ottenere questo risultato inaspettato. CHE COSA EMERGE DA QUESTA SCOPERTA? Se si analizza la curva di luce come viene fornita dai dati del satellite Tess, si deducono alcune peculiarità: innanzitutto si nota che Epsilon Lyrae 1 varia in maniera regolare con un andamento piuttosto modulare, il che
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ASTROFISICA
DI CORRADO RUSCICA
» La coppia stellare del sistema binario Epsilon Lyrae e le relative curve di luce delle due componenti binare (cortesia I. Peretto/MarSEC).
suggerisce la presenza di più periodi di pulsazione. La forma della curva di luce indica che si tratta di una stella simile a Gamma Doradus, una stella della costellazione del Dorado, distante circa 66 anni luce, prototipo della classe di stelle variabili che vengono chiamate per questo “Variabili Gamma Doradus”. Abbiamo a che fare con una stella che pulsa in maniera “non radiale”, cioè non tramite dei semplici aumenti e diminuzioni del suo raggio, ma con movimenti più complessi, che deformano la sua struttura. I dati
della fotometria di Tess hanno una risoluzione angolare di circa 2 primi d’arco, mentre le stelle in questione sono separate di appena 2,3 secondi d’arco. Quindi, dalla sola analisi fotometrica era impossibile identificare quale delle due stelle fosse variabile. Cercando negli archivi liberamente accessibili, abbiamo scoperto che in un lavoro del 1995 erano state individuate le classi spettrali delle due stelle, A per la più luminosa e F per la più debole. Dopo esserci confrontati con i responsabili del Vsx (Variable Stars Index)
dell’Aavso, abbiamo concluso che la stella variabile era la più debole. Questo ci ha permesso di ricavare un periodo di pulsazione principale di 0,415 gioni (10 ore) e siamo stati in grado di discriminare anche un secondo periodo di 0,468 giorni. Il nostro lavoro è stato così presentato alla Vsx, che lo ha accettato per la pubblicazione nel catalogo dell’Aavso. Uno straordinario risultato di un’ottima collaborazione tra amatori e professionisti, con il valore aggiunto dato dal coinvolgimento degli studenti.
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SISTEMA SOLARE
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ames Garvin è un geologo del Goddard Space Flight Center della Nasa, che da anni si interessa delle possibili analogie tra vulcani terrestri, marziani e venusiani. Marte in particolare possiede due tipologie principali di vulcani. La prima è costituita dai grandi vulcani a scudo delle regioni di Tharsis ed Elysium, dovuti alla risalita di magma da punto caldo attraverso una spessa crosta statica, non divisa in zolle mobili come nel caso della più sottile crosta terrestre. Ci sono poi centinaia di piccoli vulcani a cono situati nelle grandi pianure settentrionali (Vastitas Borealis), la cui origine è enigmatica, perché mostrano spesso una morfologia degradativa incompatibile con quell’ambiente secco e desertico da miliardi di anni. Tutto sarebbe più logico se quei vulcani fossero nati in un oceano profondo, dove l’acqua ne avrebbe modificato l’aspetto. Questo indizio si aggiungerebbe così ad altri che suggeriscono la presenza di un antico Oceano Boreale nell’emisfero nord di Marte.
VULCANI OCEANICI TERRESTRI Garvin sta cercando di ricostruire la storia dei piccoli vulcani a cono marziani nell’unico sito in cui esistono ancora vulcani degradati dall’acqua, ossia sulla Terra. La catastrofica eruzione del vulcano Hunga del gennaio 2022 è stata per questo una grande opportunità. Si è trattato di un evento speciale non solo per la sua evoluzione recente, ma anche per la sua storia passata. Tutto è iniziato 45 milioni di anni fa, quando la zolla Pacifica cominciò
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DI CESARE GUAITA
» Secondo James Garvin, la degradazione di molti piccoli vulcani conici marziani (sopra) è dovuta al fatto che nacquero ricoperti dalle acque di un antico oceano (sotto).
» Le anomalie degradative di molti vulcani conici marziani sono ben visibili nelle ricostruzioni tridimensionali.
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a intrufolarsi sotto la zolla Indoaustraliana, in uno dei fenomeni di subduzione più intensi che si conoscano: più di 20 cm all’anno. Ne sono nate alcune complesse strutture geologiche che sono culminate 6 milioni di anni fa con la formazione di una cresta di sollevamento con davanti (a ovest) un arco di isole, il Tonga Volcanic Arc, e con dietro (a est) una profonda fossa oceanica. La parte più meridionale di questa struttura è la Kermadec Trench-Ridge, lunga 1200 km, mentre la parte più settentrionale è la Tonga Trench-Ridge, di 1375 km. Quest’ultima raggiunge la profondità di 10,8 km nel punto Horizon Deep: è la seconda massima profondità oceanica dopo la Fossa delle Marianne. Tra 18° e 21° di latitudine sud ci sono 176 isole vulcaniche e decine di vulcani sottomarini, che costituiscono il territorio del regno di Tonga, con una superficie di circa 700mila km2, dei quali solo 750 km2 emergono dal mare. La maggior parte dei circa 100mila abitanti vive nella capitale Nuku’alofa, situata sull’isola di Tongatapu, la più meridionale dell’arcipelago. Negli ultimi 100 anni ci sono stati molti fenomeni vulcanici, una quindicina sulle isole ma almeno 50 sotto il mare, dove i vulcani attivi sono almeno una dozzina. Notevole, tra questi ultimi, il West Mata (attivo negli anni 2009, 2012 e 2018), situato a 1200 metri di profondità e del quale sono state realizzate dal sottomarino automatico Rov Jason2 (della Woods Hole Oceanographic Institution) alcune tra le più belle sequenze filmate di eruzioni sottomarine.
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» La subduzione tra la zolla crostale pacifica e quella australiana produce i violenti fenomeni geologici della regione di Tonga.
» Ricostruzione tridimensionale del vulcano Hunga, ottenuta con strumenti radar altimetrici automatici da spedizioni oceanografiche.
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L’ERUZIONE DI HUNGA Per ultimo, c’è stata l’eruzione di Hunga, largo alla base 20 km e alto 1800 m, con una caldera sommitale larga 5 km ed emergente dal mare per circa 120 m in corrispondenza di due lingue di detriti stratificati. L’eruzione ha coinvolto anche la città di Nuku’alofa, situata 65 km più a sud. Come in ogni zona di subduzione veloce, l’attività vulcanica della regione è accompagnata da frequenti attività sismiche, con terremoti che spesso raggiungono la magnitudine 8 della scala Richter. Decine di terremoti di simile intensità si sono succeduti lungo tutto il secolo scorso, talvolta con tsunami al seguito, innescati da terremoti marini oppure da crolli di strutture vulcaniche sottomarine. Secondo i resoconti storici, Hunga tende a produrre eventi catastrofici ogni circa mille anni, ma episodi minori si erano verificati anche nel secolo passato. Nel 2009 si erano formati tre crateri di circa 100 m sulla parte emersa, che hanno eruttato materiale, facendone triplicare la superficie. Sei mesi dopo, però, l’erosione marina aveva già riportato la superficie al livello iniziale: un chiaro esempio di quanto velocemente si degrada un vulcano sottomarino, sia esso terrestre o marziano. Una nuova eruzione sottomarina si è innescata tra il 2014 e il 2015, creando una nuova isola di 1,9 km2 con al centro un lago craterico, ma tre anni dopo l’erosione marina ne aveva già eliminato un buon 20%. Il 20 dicembre 2021 Hunga si è risvegliato, spedendo una nuvola di polvere e gas (9000 tonnellate di anidride solforosa, SO2) fino a 16
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km di altezza, che ha creato migliaia di scariche elettriche visibili fino alla capitale. L’eruzione è proseguita in maniera altalenate fino a fermarsi il 5 gennaio 2022, mentre l’accumulo di polvere vulcanica aveva fatto aumentare la superficie emersa di circa il 50%. Ma era solo il preludio del cataclisma, iniziato all’alba del 14 gennaio con un pennacchio salito inizialmente fino a 20 km di altezza e proseguito poi nel pomeriggio del giorno seguente fino a 30 km. Stereo immagini realizzate combinando le riprese infrarosse di due satelliti geostazionari (il Goes-7 del Noaa e il giapponese Himawari-8) hanno poi dimostrato che il pennacchio ha raggiunto i 58 km, toccando regioni atmosferiche mai raggiunte prima da un vulcano. L’energia coinvolta è stata di 18 megaton, equivalente a mille bombe di Hiroshima, un po’ inferiore ai 24 megaton del St Helens (maggio 1980), ma neppure paragonabile ai 200 megaton scatenati nel 1883 dal Krakatoa, l’evento vulcanico più intenso degli ultimi 500 anni. Una settimana dopo, tutta l’isola di Hunga era quasi completamente scomparsa. Evidentemente, si era verificato un collasso esplosivo della grande caldera vulcanica sottomarina, inizialmente situata a circa 200 metri di profondità e probabilmente sbriciolatasi (secondo le misure radar satellitari) in seguito a infiltrazioni di acqua marina venuta a contatto con il magma incandescente. Potrebbe essere il crollo parziale o totale della caldera la causa dello tsunami che si è poi propagato per tutto l’Oceano Pacifico, con danni notevoli soprattutto sulle isole limitrofe.
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» La porzione emergente di Hunga, prima dell’ultima grande eruzione del gennaio 2022.
La violenza dell’esplosione è proprio legata alla modesta profondità della caldera. A profondità maggiori, la pressione dell’acqua avrebbe impedito che i gas (vapore acqueo, SO2 e anidride carbonica) esplodessero con questa violenza. È il caso del vulcano italiano attivo Marsili, adagiato a 3000 metri sul fondo del Tirreno: avendo la caldera a oltre 500 metri di profondità, non può eruttare in maniera esplosiva. Non così i vulcani conici marziani, che dovevano essere ricoperti da una modesta quantità d’acqua o emergere da essa, così
da produrre eruzioni violente e autodistruttive. Il sensore Airs (Atmospheric Infrared Sounder) del satellite Aqua ha misurato nell’infrarosso un fenomeno verificatosi a circa 40 km di quota, dovuto alla rapidissima risalita di materiale verso la stratosfera e mai riscontrato in precedenza: decine di increspature atmosferiche centrate sul punto di eruzione ed estese per almeno 16mila km. Un effetto simile a quello prodotto da un sasso buttato nell’acqua, capovolgendo però il basso verso l’alto.
*CESARE GUAITA LAUREATO IN CHIMICA E SPECIALIZZATO IN CHIMICA ORGANICA, HA LAVORATO COME RICERCATORE PRESSO I LABORATORI DI UNA GRANDE INDUSTRIA. È PRESIDENTE DEL GRUPPO ASTRONOMICO TRADATESE E DA OLTRE 25 ANNI CONFERENZIERE DEL PLANETARIO DI MILANO.
EFFETTI GLOBALI L’onda d’urto generata dall’esplosione ha fatto il giro del mondo un paio di volte ed è stata registrata dovunque dai sensori di pressione. In Italia è arrivata la sera del 15 gennaio 2022 ed è stata registrata dalla centralina meteorologica di Lorenzo
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» Sopra: ill pennacchio in risalita di Hunga ripreso il 14 gennaio 2022 dal satellite Himawari-8. Inquadra il QR per un video di Asi-TV dedicato a questa esplosione.
» Onde concentriche riprese dal satellite Goes-7 sul pennacchio in salita di Hunga (sopra) e nella stratosfera in infrarosso dal satellite Aqua (sotto).
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Comolli a Tradate (VA) sotto forma di un picco in salita di 2 millibar, seguito, 20 minuti dopo, da un picco negativo analogo dell’onda in allontanamento. Erano passate 15,5 ore dall’esplosione, quindi l’onda d’urto aveva percorso 17.185 km (passando dal polo Nord) alla velocità di circa 1100 km/h. Alcune ore dopo, lo stesso barometro ha registrato un altro picco anomalo, interpretabile come l’arrivo dell’onda d’urto dalla parte opposta, cioè passante dal polo Sud, dopo un percorso di 22.890 km. Dati analoghi sono stati raccolti presso l’Osservatorio Schiaparelli di Varese e presso l’Osservatorio di Asiago. Lo strumento Tropomi del satellite Sentinel-5P ha misurato un’emissione globale di SO2 equivalente a 400mila tonnellate, che nei giorni successivi si è propagata in tutto il globo, producendo spettacolari tramonti color magenta. La SO2 in presenza di ossigeno diventa anidride solforica (SO3) che reagendo con l’umidità produce un aerosol di acido solforico. Quando l’acido staziona in regioni atmosferiche molto statiche come la stratosfera, può bloccare la radiazione solare, facendo diminuire la temperatura globale. Ma un recente studio mostra che gli effetti dell’eruzione di Hunga sono insignificanti rispetto ad altre eruzioni anche recenti, come quella del Pinatubo (giugno 1991), che abbassò per 2 anni la temperatura globale di 0,2°C, avendo però emesso 20 volte più SO2 di Hunga. Oppure rispetto al Tambora (aprile 1815), che causò il cosiddetto “anno senza estate” del 1816, avendo emesso quasi 60 volte più SO2 di Hunga.
RICERCA DI ET
DI GIUSEPPE DONATIELLO*
COSMIC SETI
UN NUOVO ORECCHIO PER ASCOLTARE ET LE RICERCHE DI SEGNALI RADIO INTELLIGENTI STANNO ENTRANDO IN UNA NUOVA FASE
» Il Very Large Array (Vla), nel New Mexico, è costituito da 27 antenne da 25 metri, che insieme lavorano come un’unica parabola da 130 metri. Ogni antenna dispone di otto ricevitori raffreddati criogenicamente, in grado di registrare tutte le frequenze comprese tra 1 e 50 GHz.
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RICERCA DI ET
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iamo soli nell’immensità dello spazio? Nonostante decenni di studi, il cosmo rimane muto. L’idea predominante è che il “grande silenzio” sia un riflesso della nostra incapacità di trovare le prove di altre intelligenze. L’Universo è davvero enorme e i segnali che eventualmente riceviamo sono estremamente deboli e pressoché impossibili da captare con i nostri strumenti. I ricercatori Seti si concentrano quindi sulla Via Lattea e le galassie più vicine. Ma anche la nostra Galassia è un sistema di dimensioni impressionanti e sondarlo è un compito arduo per tante ragioni. DOVE SONO TUTTI QUANTI? Non vediamo scorrazzare astronavi aliene come in Star Wars e non riceviamo alcun tipo di segnale che possa tradire la presenza di una civiltà tecnologica. Se le ExtraTerrestial Intelligence (Eti) fossero davvero comuni, con la nostra tecnologia almeno una l’avremmo dovuta scoprire. Con tutta evidenza, devono essere una realtà rara, nello spazio e nel tempo, molto più rara di quanto crediamo. Ma non pari a zero, per motivi statistici e soprattutto… perché ci siamo noi. Se non troviamo prove di Eti, forse è la conseguenza di una ricerca errata, basata su ipotesi sbagliate e modelli antropici. Gli alieni potrebbero usare forme di comunicazione diverse dalle nostre, quindi non saremmo capaci di riconoscerli. Il nostro modo di comunicare, anche quello più tecnologicamente avanzato, potrebbe essere al confronto talmente rozzo e primitivo da non essere tenuto in considerazione, sia per la scarsezza di contenuti che per la lentezza di trasferimento dati.
Potremmo essere esclusi dal “club galattico”, perché incapaci di sostenere una qualsiasi comunicazione. Una civiltà molto avanzata potrebbe sfruttare fenomeni come l’entanglement quantistico per ottenere comunicazioni istantanee da una parte all’altra della Via Lattea. In tal caso, non avremmo attualmente alcuna possibilità di ricevere o trasmettere. Però è irrealistico ipotizzare che tutte le civiltà siano più avanzate: qualcuna potrebbe essere a un livello paragonabile con la nostra. Per questo, gli esperti Seti (Search of ExtraTerrestial Intelligence) sono convinti che sia questione di tempo e che un segnale, presto o tardi, sarà captato. VARI MODI DI COMUNICAZIONE Possiamo essere noi umani a fare il primo passo, inviando dei messaggi nel cosmo con la speranza che qualcuno li raccolga. In questo caso, i modi operativi sono tre: messaggi non intenzionali come le nostre
trasmissioni radiotelevisive, messaggi intenzionali verso destinazioni precise con contenenti intellegibili, messaggeri tecnologici come le sonde destinate a lasciare il Sistema solare. Le sonde sono messaggeri estremamente lenti che impiegheranno decine migliaia di anni anche solo per portarsi alla distanza delle stelle più vicine. Sono al pari dei messaggi in bottiglia che trasportano una sorta di capsula del tempo con i cimeli appartenenti alla nostra civiltà. Le due sonde Pioneer trasportano una placca dorata con le figure stilizzate di un uomo e una donna e informazioni per sapere la posizione della Terra al momento del lancio. Le due Voyager ospitano due dischi dorati contenenti saluti e suoni e immagini del nostro pianeta. La possibilità che queste sonde siano raccolte da una qualche civiltà aliena è davvero remota. Il Seti non trascura la possibilità di scoprire segni di attività aliena nel Sistema solare. Un’Eti potrebbe essere stata animata da desideri
» Una ripresa notturna del Vla sullo sfondo della Via Lattea.
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RICERCA DI ET
DI GIUSEPPE DONATIELLO
» Fronte e retro di uno dei dischi dorati Voyager Golden Record imbarcati sulle sonde Voyager partite nel 1977 e in viaggio ormai nello spazio interstellare.
» L’astrofisico Avi Loeb ha ipotizzato che l’asteroide interstellare ‘Oumuamua sia una sonda aliena, ma le indagini ne hanno appurato le origini naturali (vedi la news su Bfcspace.com, alla pagina bit.ly/3lKvWYG).
simili, perciò potremmo intercettare qualche manufatto, ma finora non ci sono indizi convincenti al riguardo. L’ascolto e l’invio di messaggi è certamente più percorribile e promettente. E ci sono alcune importanti novità in proposito, al fianco delle ricerche già in corso. IL COSMIC SETI Sembrano preistorici i primi tentativi di ascolto radio di stelle vicine, nella speranza di captare qualche segnale intellegibile. Esperienze risalenti a oltre mezzo secolo fa, quando anche sul fronte dell’elettronica eravamo molto indietro. Tuttavia, quei tentativi rappresentano le fondamenta delle ricerche Seti, che oggi si avvale di
strumenti enormemente più avanzati, assistiti da processori impensabili al tempo. Anche il modo di operare è profondamente cambiato nel corso degli anni. Dall’ascolto in background, si è passati all’ascolto attivo di tecno-firme, senza distrarre gli strumenti “in ascolto” dalle loro normali attività radioastronomiche. Il Cosmic Seti (Commensal OpenSource Multimode Interferometer Cluster Seti) è una collaborazione tra l’Istituto Seti e il National Radio Astronomy Observatory (Nrao), che ha compiuto un grande passo in questa direzione con l’utilizzo del Karl G. Jansky Very Large Array (Vla) della National Science Foundation per attività Seti tutti i giorni, 24 ore su 24.
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I dispositivi per questa ricerca sono installati su tutte le 27 antenne Vla, fornendo una copia completa e indipendente dei dati proveniente da tutto il sistema. Così, mentre il Vla conduce osservazioni astronomiche, Cosmic Seti consentirà agli scienziati del Seti Institute di cercare segnali di origine artificiale. “È fantastico aver superato le sfide di sperimentazione, test, approvvigionamento e installazione, tutte condotte durante la pandemia, con una carenza di semiconduttori - dichiara Jack Hickish, responsabile di Cosmic Seti - e siamo entusiasti di poter passare al prossimo compito di elaborare i molti terabyte al secondo di dati a cui ora abbiamo accesso.” Cosmic Seti potrà osservare circa 40 milioni di stelle in due anni, con una sensibilità sufficientemente alta da identificare un trasmettitore come Arecibo entro un raggio di 81 anni luce nelle frequenze comprese tra 0,23 e 50 GHz. Sarà il programma di osservazione Seti più completo intrapreso nell’emisfero settentrionale, con un’elevata sensibilità e un vasto elenco di obiettivi anche in bande dello spettro mai indagate in passato. Il sistema dovrebbe essere pienamente operativo entro l’inizio del 2023 e condurrà la sua prima grande campagna di osservazione parallelamente alla sky survey di Vla attualmente in corso. *GIUSEPPE DONATIELLO RESPONSABILE DELLA SEZIONE PROFONDO CIELO/UAI, OPERA ATTIVAMENTE ALLO STUDIO DEI FLUSSI STELLARI IN GRUPPI RICERCA INTERNAZIONALI. È SCOPRITORE DI CINQUE GALASSIE NANE VICINE, QUATTRO DELLE QUALI PORTANO IL SUO NOME.
PERSONAGGI
DI GIANFRANCO BENEGIAMO*
WILLIAM HERSCHEL CERCANDO I LUNARIANI TROVÒ L’UNIVERSO
D U E S E C O L I FA L’A S T R O N O M I A M O D E R N A P E R D E VA U N O D E I S U O I PA D R I F O N DATO R I
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ossiamo nutrire la speranza che nuovi pianeti possono essere scoperti al di là di Saturno”. Così scriveva Immanuel Kant nella sua Storia universale della natura e teoria del cielo, pubblicata nel 1755. Occorrerà poco più di un quarto di secolo per realizzare la predizione del filosofo prussiano e a farlo sarà Friedrich Wilhelm Herschel, uno sconosciuto musicista che aveva abbandonato Hannover, dove era nato il 15 novembre 1738, per sottrarsi all’invasione delle truppe francesi dopo la battaglia di Hastenbeck. Nel bicentenario della scomparsa di William, nome adottato in Inghilterra, ricordiamo come un capace musicista di professione si sia trasformato in uno straordinario osservatore del cielo e in un abile costruttore di telescopi. MUSICISTA IN TERRA STRANIERA Raggiunta Londra nel 1757, William si guadagnava da vivere suonando clavicembalo e violino in alcune orchestre: figlio del bandista delle Guardie di Hannover, aveva iniziato quattordicenne come oboista nel reggimento del padre, dal quale aveva ereditato l’amore per la musica e per la filosofia naturale. Tra uno spettacolo e l’altro, insegnava musica ai ragazzi delle famiglie benestanti, ma la situazione economica migliorò solo una decina di anni dopo, quando diventò organista nella Cappella dell’Ottagono a Bath, elegante cittadina nella contea del Somerset, dove l’aristocrazia andava a curarsi il corpo con le acque termali e lo spirito con i concerti organizzati per intrattenerla. Diventato protagonista delle locali stagioni musicali, fu raggiunto nel 1770 dal fratello minore Alexander, valente violoncellista, e un paio di anni dopo anche dalla giovane sorella Caroline. Aveva già in passato speso parte della magra paga di soldato per acquistare
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» William Herschel abbandonò la professione di musicista per dedicarsi all’osservazione del cielo e alla costruzione di grandi telescopi.
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DI GIANFRANCO BENEGIAMO
» Willliam Herschel scoprì la radiazione infrarossa e per questo gli è stato intitolato il telescopio spaziale infrarosso lanciato nel 2009 dall’Esa. In questa foto, un settore della Herschel infrared Galactic Plane Survey, la ripresa infrarossa della Via Lattea eseguita da Herschel. Inquadra il QR per un video che mostra tutta la ripresa.
libri di carattere scientifico, ma a Bath focalizzò la sua attenzione sull’astronomia e rimase affascinato dalle letture riguardanti la presenza di vita nell’Universo. Acquistò anche un trattato di ottica, per imparare a costruire telescopi, con l’ingenuo desiderio di cercare i segni di una civiltà lunare. Lesse avidamente quelle pagine, passando rapidamente dalla teoria alla pratica, e ciò cambierà per sempre il corso della sua vita. GRANDI TELESCOPI PER CERCARE I LUNARIANI Nel giugno 1773 decise di costruire un telescopio riflettore, usando specchi in lega di rame e stagno: il compito presentava grandi difficoltà,
a cominciare dalla fusione del disco metallico, seguita dalla molatura con abrasivi sempre più fini mescolati all’acqua, per dargli la necessaria curvatura, e infine la lucidatura con ossido di stagno e pece. Prima di ottenere una superficie riflettente perfettamente liscia e di geometria adeguata, occorrevano ore e ore di lavoro manuale nella sua casa a Bath, presto trasformata in officina. Animato da incontenibile frenesia, dedicò ogni momento libero alla nuova attività: talvolta a pranzo, si faceva perfino imboccare dalla sorella, per avere le mani libere di lavorare. Nella primavera del 1774 iniziò a raccogliere in un diario le osservazioni notturne condotte con un riflettore del diametro di circa 15
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centimetri: la qualità e la dimensione dello specchio riflettore che aveva costruito gli aprirono una finestra privilegiata sugli oggetti del profondo cielo. Eseguì dettagliati disegni delle nebulose di Andromeda e di Orione, ripetuti per diversi inverni successivi, con la speranza di determinare eventuali variazioni delle loro dimensioni e quindi indicazioni utili a stimarne le distanze. Puntò lo strumento soprattutto verso la Luna, nella speranza di trovare architetture aliene in grado di confermare le sue convinzioni circa l’esistenza dei “lunariani”. Stava osservando le montagne del satellite terrestre, nei pressi della sua abitazione, quando fu avvicinato da
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uno sconosciuto che gli chiese di guardare nel telescopio. Si trattava di William Watson, figlio dell’omonimo fisico membro della Royal Society di Londra, che si rese immediatamente conto della notevole definizione dei più minuti dettagli lunari. Impressionato dalla qualità dello strumento, rimase a discutere con il suo costruttore sino alla mattina successiva. Il nuovo amico lo fece poco dopo eleggere, nel dicembre 1779, tra i soci della Philosophical Society di Bath, come “fabbricante di strumenti ottici e matematico”, invitandolo a presentare alle riunioni dell’associazione i risultati ottenuti osservando il cielo. Ma il debutto scientifico di Herschel arrivò
nel maggio 1780, quando la sua memoria Osservazioni astronomiche relative alle montagne della Luna fu letta alla Royal Society di Londra. Lo scritto apparve bizzarro all’astronomo reale inglese, Nevil Maskelyne, perché rivelava che Herschel aveva la capacità di costruire telescopi di straordinaria perfezione, ma evidenziava anche il suo dilettantismo. quando sosteneva la convinzione che “prima o poi segni molto evidenti di vita si scopriranno sulla Luna”. Maskelyne probabilmente gli spiegò quanto fosse sbagliato inserire affermazioni prive di riscontri oggettivi in una memoria scientifica: specialmente nel momento in cui appariva evidente, sulla base delle
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osservazioni delle occultazioni stellari, che la Luna era priva di atmosfera. LA SCOPERTA DI UN NUOVO PIANETA Senza abbandonare le osservazioni lunari, Herschel iniziò una sistematica ricerca di stelle doppie, catalogandone oltre ottocento, con l’intento di riuscire a misurarne la parallasse annua e quindi la distanza. Ripetendo nel tempo i rilievi, trovò che solo una parte di queste stelle giace casualmente su linee di vista circa coincidenti (doppie geometriche), mentre in altri casi vide che ruotano attorno al comune centro di gravità (doppie fisiche). Lavorava a questo catalogo quando, il 13 marzo 1781, individuò un oggetto
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DI GIANFRANCO BENEGIAMO
» Herschel al lavoro sulle sue ottiche, mentre si fa imboccare dalla sorella Caroline, in una litografia di fine Ottocento.
sconosciuto in lento movimento tra le costellazioni Toro e Gemelli: pensò da principio a una nuova cometa, ma priva di chioma, e tentò di misurarne il diametro a ingrandimenti via via maggiori. Restando perfettamente nitida la
definizione del disco, però, ipotizzò che l’oggetto fosse un pianeta e in tal caso sarebbe stato il primo scoperto dalla notte dei tempi. Scrivendo per prudenza di una presunta cometa, Watson inviò le osservazioni dell’amico a Maskelyne, che contattò
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a sua volta Charles Messier a Parigi e altri astronomi per chiedere la loro opinione. Dopo avere raccolto varie conferme, il 23 aprile seguente l’Astronomo reale scrisse direttamente allo sconosciuto dilettante di provincia: “Signore, devo riconoscere il mio obbligo nei suoi confronti per la comunicazione della sua scoperta dell’attuale cometa o pianeta. Non so come chiamarlo. È probabile sia un pianeta regolare che si muove in un’orbita quasi circolare attorno al Sole”. Pochi giorni dopo anche Messier gli inviò una lettera per congratularsi della scoperta e affermare che forse si trattava di un nuovo pianeta. Giunsero conferme da altri prestigiosi osservatori e allo scopritore fu offerta l’iscrizione alla Royal Society e la Medaglia d’oro Copley. I più alti riconoscimenti scientifici del Regno Unito gli aprirono finalmente le porte alla professione di astronomo. Herschel propose diplomaticamente di dare al pianeta il nome Georgium Sidus, in onore del re Giorgio III, ma alla fine fu battezzato Urano, traendo ispirazione dalla musa dell’astronomia. La proposta fi comunque molto gradita al sovrano. che ricambiò nominando Herschel Astronomo del Re, figura di corte istituita appositamente per lui, offrendogli una pensione annua di 200 sterline che gli avrebbe consentito di dedicarsi completamente allo studio del cielo. INFRANGERE LE BARRIERE DEI CIELI Nell’agosto 1782, più che maturo per la sua epoca, Herschel diventava finalmente un astronomo
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professionista, e in tale veste cercò di esplorare e comprendere la struttura su larga scala dell’Universo. Nel giugno 1784 pubblicò la memoria An Investigation of the Construction of the Heavens, dove proponeva una ricostruzione tridimensionale della Via Lattea, basata sul suo originale metodo di misurare la densità stellare nelle varie direzioni. Calcoli successivi lo portarono a disegnare la Via Lattea come un grande disco con braccia e rigonfiamento al centro: rimase incerto, però, nello stabilire quale fosse la posizione occupata dal Sistema solare al suo interno. Per stabilire la struttura dell’Universo, che fino all’inizio del Novecento avrebbe coinciso con la nostra Galassia, un aiuto poteva venire anche dalle “nebulose”, termine generico usato allora per indicare oggetti con luminosità diffusa ma differenti dalle comete. A questi oggetti celesti Herschel dedicò molto tempo, grazie soprattutto all’assistenza della sorella Caroline. In parte le interpretò come enormi ammassi stellari indipendenti, traendo ispirazione dagli “universi isola” proposti da Kant, che a sua volta riprendeva l’idea già espressa dall’astronomo e architetto inglese Thomas Wright. La catalogazione delle nebulose fu un lavoro di proporzioni titaniche: al centinaio elencate nel 1781 da Messier, ne aggiunse in un ventennio oltre 2400, che andranno a formare *GIANFRANCO BENEGIAMO LAUREATO IN CHIMICA, NUTRE DA SEMPRE UN PROFONDO INTERESSE PER I MOLTEPLICI ASPETTI TECNICI E STORICI DELL’ASTRONOMIA.
» Dall’alto: il modello della Via Lattea disegnato da Herschel in base alle sue ricerche. Il Sole è indicato dal cerchietto. Il pianeta Urano in una immagine ripresa dal telescopio Keck (Nasa/Jpl).
la base del Nuovo Catalogo Generale (NGC) degli oggetti del profondo cielo, utilizzato ancora oggi. Oltre ai corpi celesti remoti, Herschel continuò a osservare anche quelli del Sistema solare e così l’11 gennaio 1787 scoprì due satelliti, Oberon e Titania, in orbita attorno al nuovo pianeta Urano. L’estate di due anni dopo, aggiunse Mimas ed Encelado alle cinque lune di Saturno note a quel tempo. L’8 maggio 1788 Herschel sposò Mary Pitt, una ricca vedova, che gli diede la tranquillità finanziaria e il figlio John destinato a seguire con
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successo le orme paterne. Herschel proseguì con grande lucidità l’attività scientifica, anche oltre gli ottant’anni, presentando nel giugno 1821 la sua ultima memoria alla Astronomical Society di Londra: istituzione nata l’anno precedente che lo chiamò a ricoprire la carica di presidente. Dopo qualche mese di malattia, il 25 agosto 1822 Herschel morì nella sua casa di Windsor Road a Slough e fu sepolto nella vicina chiesa di St Laurence. Lo ricorda l’epitaffio Coelorum perrupit claustra (“Ha infranto le barriere dei cieli”).
O S S E R VA Z I O N I
DI WALTER FERRERI*
CONTINUA LA SAGA DI
GIOVE E SATURNO AD AGOSTO E SETTEMBRE TORNANO LE OPPOSIZIONI DEI GIGANTI GASSOSI
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OSSERVAZIONI
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nche quest’anno continua la “saga” che vede protagonisti i giganti gassosi del Sistema solare nei mesi di agosto e settembre. Il primo a presentarsi in opposizione è Saturno, il 14 agosto; Giove lo segue, presentando lo stesso evento il 26 settembre. A causa dell’orario legale estivo, come comodità di osservazione è preferibile per entrambi il mese di settembre, in quanto ad agosto i due pianeti raggiungono una buona altezza sull’orizzonte solo a notte fonda, mentre a settembre si ha un’altezza analoga intorno alle ore 23. Tutti i tempi, se non diversamente indicato, si intendono in ora legale estiva. L’OPPOSIZIONE DI GIOVE Quest’anno i due pianeti più grandi del Sistema solare non appaiono vicini come negli anni scorsi (soprattutto nel 2020): Giove – più veloce – ha ormai “staccato” Saturno, dal quale dista circa 45 gradi. Giove è il pianeta più “generoso” per chi osserva con un piccolo telescopio. Come Venere, esibisce un ampio disco, che però, a differenza del pianeta interno, è praticamente sempre illuminato al 100% e non si riduce mai notevolmente. Su questo disco, anche con un piccolo telescopio, sono percettibili diversi dettagli che variano col tempo, così che c’è sempre qualcosa di nuovo o inaspettato da vedere. Ci riferiamo in particolare ai fenomeni prodotti dai satelliti galileiani; è emozionante vedere l’ombra di uno di questi apparire su un bordo del disco del pianeta, attraversarlo e scomparire sul bordo opposto. È sorprendente
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anche seguire una “eclisse di luna”, fenomeno che si verifica quando uno dei satelliti entra nell’ombra di Giove: al telescopio si vede la luce del satellite diminuire rapidamente e scomparire come ingoiata dal fondo del cielo. Meno facile è scorgere i dischi dei satelliti (sempre i galileiani), quando transitano sul disco di Giove. Queste osservazioni richiedono strumenti di una certa potenza, anche perché la luminosità e la tonalità dei satelliti spesso si confondono con quelle delle fasce atmosferiche del pianeta. Il periodo orbitale di quasi 12 anni fa sì che Giove si ripresenti in opposizione poco più di un mese dopo quella dell’anno precedente; quest’anno si ha il 26 settembre (l’anno scorso è avvenuta il 20 agosto), tra le ore 21 e 22. Tra i fattori favorevoli, c’è da segnalare che Giove si sta avvicinando al suo perielio (che verrà raggiunto nel 2023) e questo gli consente di presentarci un disco un po’ più grande di quello esibito negli anni scorsi, quando si trovava in prossimità dell’afelio. Ricordiamo che Giove è passato per l’ultima volta all’afelio nel 2017 e che tra afelio e perielio la differenza di distanza dal Sole è di ben 76 milioni di chilometri Quest’anno il pianeta inizia a occupare una posizione (leggermente) boreale, essendo proiettato quasi a cavallo dell’equatore celeste, nella parte sud-ovest della costellazione dei Pesci, con declinazione intorno a +1°. Questo significa che durante il passaggio in meridiano, dall’Italia settentrionale Giove si eleva a circa 45°. Invece, dalla Sicilia, la regione più favorita sotto questo aspetto, il pianeta arriva a un’altezza di 52°. In tabella 1 sono riportati alcuni dati relativi a questa opposizione
O S S E R VA Z I O N I
DI WALTER FERRERI
di Giove. Le date sono a 0 ore di Tempo Universale (corrispondente a 2 ore del nostro Tempo Legale Estivo): per esempio, quella del 30 settembre è relativa alla notte osservativa tra il 29 e il 30 del mese. La forte luminosità di Giove e la sua visibilità in piena notte rendono superfluo indicarne esattamente la posizione; ci limitiamo a ricordare che il giorno dell’opposizione si trova alle coordinate AR 0h16m, Dec. -0°01’, in un punto del cielo lontano da stelle luminose. La posizione praticamente sull’equatore celeste rende appaganti le osservazioni dall’Italia compiute con strumenti di grande apertura, che ad altezze di 40°-45° possono esprimere in gran parte le loro potenzialità.
» Giove e Saturno sull’orizzonte tra sud e sud-est alle 23 del 26 settembre, nella notte dell’opposizione di Giove (Stellarium).
L’OPPOSIZIONE DI SATURNO Anche se è meno appariscente di Giove, il pianeta con gli anelli si riconosce facilmente come un astro luminoso circa quanto la stella Altair, situato più a ovest rispetto a Giove di quasi tre ore in Ascensione Retta. Quest’anno Saturno è meno luminoso degli anni scorsi, a causa degli anelli meno aperti e quindi alla minore superficie che ci rivolgono. La sua declinazione è di –16°; di conseguenza, le condizioni di osservazione sono meno favorevoli di quelle di Giove e pertanto è più difficile sfruttare la potenza degli
» Giove ripreso da Pioltello (MI) il 12/09/2021 con un Vixen Vmc 260L con Barlow 2x su montatura Sky-Watcher AZ-EQ6 GT, camera ASI 224 MC co filtri UV/IR cut, migliori frame di tre filmati da 120 s, derotati con Winjupos (Sebastiano Monaco).
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*WALTER FERRERI SI È OCCUPATO DI RICERCA SCIENTIFICA, DI TELESCOPI E DI ASTROFOTOGRAFIA PRESSO L’OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI TORINO. NEL 1977 HA FONDATO LA RIVISTA ORIONE.
OSSERVAZIONI
TABELLA 1 – L’OPPOSIZIONE DI GIOVE DATA
DISTANZA DA TERRA
MAG.
DIAM.
01/9
605 milioni di km
-2,6
48,7”
10/9
597 milioni di km
-2,6
49,4”
20/9
592 milioni di km
-2,7
49,8”
30/9
592 milioni di km
-2,7
49,8”
10/10
596 milioni di km
-2,7
49,5”
20/10
604 milioni di km
-2,6
48,8”
30/10
616 milioni di km
-2,6
47,8”
10/11
634 milioni di km
-2,5
46,5”
20/11
653 milioni di km
-2,4
45,1”
30/11
675 milioni di km
-2,4
43,7”
DATA
DISTANZA DA TERRA
MAG.
DIAM.
01/8
1329 milioni di km
0,7
18,7”
15/8
1325 milioni di km
0,7
18,8”
30/8
1330 milioni di km
0,7
18,7”
15/9
1346 milioni di km
0,8
18,5”
30/9
1370 milioni di km
0,8
18,1”
15/10
1400 milioni di km
0,8
17,8”
30/10
1435 milioni di km
0,9
17,3”
15/11
1462 milioni di km
0,9
17,0”
TABELLA 2 – L’OPPOSIZIONE DI SATURNO
» Sequenza del transito del satellite Io su Giove ripresa il 29/09/2021 da Casanova del Morbasco (CR) con un Newton da 50 cm autocostruito, diaframmato a 35 cm su forcella equatoriale, camera ASI 120 MM in proiezione di oculare 12,5 mm con filtri IRpass e RGB Baader, 400 frame su 1300 elaborati con K3ccd AS2! e Iris Adobe (Piercarlo Rossetti).
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strumenti di maggiore apertura. In tabella 2 sono riportati alcuni suoi dati a cavallo dell’opposizione. Purtroppo, a causa della lentezza del moto, la sua posizione australe durerà ancora qualche anno. E, sempre a causa del moto lento, le opposizioni si susseguono negli anni a una distanza di neppure due settimane da un anno all’altro. Nel 2021 si è verificata il 2 agosto, mentre quest’anno cade il 14 agosto alle ore 19. Anche nel caso di Saturno non riportiamo le coordinate alle varie date, ma ci limitiamo a segnalare che il giorno dell’opposizione si trova in AR 21h39m e Dec. –15°26’, nella parte nord-orientale della costellazione del Capricorno e molto prossimo alla stella Gamma. Con l’apparizione del 2022, Saturno non mostra più bene il suo Polo nord, che ha esibito con la massima inclinazione verso di noi nel 2017, e questa visibilità va ulteriormente diminuendo di anno in anno, fino a quando, nel 2024-2025, non sarà più inclinato nella nostra direzione. Di positivo c’è da rilevare che il pianeta si sta allontanando dal suo afelio (raggiunto nel 2018), anche se occorreranno molti anni prima che raggiunga il perielio (nel 2032). Inoltre, con gli anelli meno aperti, la minore luminosità proveniente dal pianeta rende più facile vedere i suoi satelliti; non a caso, alcuni di questi sono stati scoperti quando il sistema anulare si presentava di taglio. Ancora, con gli anelli poco aperti sono possibili le eclissi, che altrimenti non si verificano, in quanto i satelliti maggiori, orbitando nel piano equatoriale del pianeta, vi proiettano la loro ombra solo quando l’anello è visto sotto angoli molto piccoli.
C IE LO DE L ME SE
DI TIZIANO MAGNI*
IL PLANISFERO CELESTE / AGOSTO
» Il cielo visibile da Roma alle ore 01.00 TC a metà mese. La mappa è valida in tutta Italia.
il SOLE FENOMENO Inizio crepuscolo Sorge Culmina Tramonta Fine crepuscolo Durata della notte astronomica
INIZIO MESE 04h 08m 06h 03m 13h 16m 20h 28m 22h 22m 05h 46m
70
METÀ MESE 04h 32m 06h 18m 13h 14m 20h 09m 21h 54m 06h 38m
FINE MESE 04h 54m 06h 34m 13h 10m 19h 45m 21h 24m 07h 30m
CIELO DEL MESE
la LUNA
Il pallino rosso sulla circonferenza lunare mostra il punto di massima librazione alle 0h di Tempo Civile del giorno considerato: le sue dimensioni sono proporzionali all’entità della librazione il cui valore massimo è di circa 10°
fenomeni LUNARI
il 5 alle 13h 06m il 12 alle 3h 35m il 19 alle 6h 36m il 27 alle 10h 17m
Massime librazioni in latitudine il 4 alle 10h - visibile il lembo orientale il 16 alle 12h - visibile il lembo occidentale il 31 alle 18h - visibile il lembo orientale
Massime librazioni in latitudine il 12 alla 1h - visibile il Polo nord il 26 alle 0h - visibile il Polo sud
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Perigeo 359.828 km il 10 alle 19h 08m Apogeo 405.418 km il 22 alle 23h 52m
C IE LO DE L ME SE
DI TIZIANO MAGNI
SOLE e PIANETI
SOLE
Sta percorrendo il ramo boreale discendente dell'eclittica, avvicinandosi all'equatore celeste; la sua declinazione apparente diminuisce con continuità tanto che a fine mese è calata di quasi 10°; l'accorciamento che ne deriva nell'arco diurno percorso dall'astro ha come effetto la perdita di ben 1h 16m nelle ore di luce. Il giorno 11 si sposta dalla costellazione del Cancro in quella del Leone.
MERCURIO
È visibile al tramonto per l’intero mese, ma con qualche difficoltà: per le nostre latitudini le avverse condizioni geometriche, con l’eclittica quasi adagiata sull’orizzonte, rendono l’apparizione poco favorevole. Il pianeta raggiunge la massima elongazione orientale di 27°,3 il giorno 27, ma il periodo di miglior osservabilità cade intorno a metà mese, quando Mercurio tramonta poco meno di un’ora dopo il Sole. Da ammirare, il giorno 4, la congiunzione con Regolo, 44' a sud del pianeta; il 23 è all’afelio.
VENERE
È visibile all'alba nei Gemelli dove è protagonista di due congiunzioni: una ravvicinata con Wasat, 12' a nord di Delta Geminorum, il giorno 2 e un’altra ben più ampia il 7 con Polluce (Beta Geminorum), 6°,6 a sud. Il 10 si sposta nel Cancro avvicinandosi al Presepe (M44), con il quale è in congiunzione, 56' a sud, il 18. Negli ultimi giorni del mese entra nel Leone.
Posizioni eclittiche geocentriche del Sole e dei pianeti tra le costellazioni zodiacali: i dischetti si riferiscono alle posizioni a metà mese, le frecce colorate illustrano il movimento nell’arco del mese. La mappa, in proiezione cilindrica, è centrata sul Sole: i pianeti alla destra dell’astro del giorno sono visibili nelle ore che precedono l’alba, quelli a sinistra nelle ore che seguono il tramonto; la zona celeste che si trova in opposizione al Sole non è rappresentata. Le posizioni della Luna sono riferite alle ore serali delle date indicate per la Luna crescente e alle prime ore del mattino per quella calante.
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CIELO DEL MESE
MARTE
È visibile per buona parte della notte tra Ariete e Toro: all’inizio sorge trenta minuti circa prima della mezzanotte locale, mentre a fine mese la sua levata anticipa di un’altra ora. Il giorno 1 supera velocemente Urano, 1°,4 più a sud, mentre il 9 si sposta nel Toro avvicinandosi alle Pleiadi. Vi transita 5°,8 a sud il giorno 18; il 27 è in quadratura con il Sole.
GIOVE
Visibile nella Balena, al confine con i Pesci, circa 10° a nord di Iota Ceti (4 mag.). Quasi equidistante da Saturno, che lo precede di circa 3h, e da Marte, che lo segue a est, in rapido allontanamento. A inizio mese sorge mezz’ora dopo la fine del crepuscolo astronomico, alla fine leva poco più di un’ora dopo il tramonto del Sole.
Effemeridi geocentriche di Sole e pianeti alle 00h 00m di Tempo Civile delle date indicate. Per i pianeti sono riportati fase e asse di rotazione (nord in alto, est a sinistra). Levate e tramonti sono riferiti a 12°,5 E e 42° N: un asterisco dopo l’orario indica l’Ora Estiva. Nella riga Visibilità sono indicati gli strumenti di osservazione consigliati: l’icona di “divieto” indica che il pianeta non è osservabile. Le stelline (da 1 a 5) misurano l’interesse dell'osservazione. Visibilità dei pianeti. Ogni striscia rappresenta, per ognuno dei cinque pianeti più luminosi, le ore notturne dal tramonto alla levata del Sole, crepuscoli compresi; quando il pianeta è visibile la banda è più chiara. Le iniziali dei punti cardinali indicano la posizione sull'orizzonte nel corso della notte.
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SATURNO
È in opposizione al Sole il giorno 14 e per tutto agosto è visibile per l’intera notte astronomica nelle vicinanze della stella di 4a magnitudine Gamma Capricorni, con la quale è in congiunzione il 6, più a nord di 1°,3. A fine mese cala all’accendersi delle prime luci dell’alba.
URANO
È visibile per buona parte della notte nell’Ariete, poco più di 3° a sudovest di Delta Arietis (4a mag.). All’inizio del mese viene superato da Marte, 1°,4 più a nord; il giorno 11 è in quadratura con il Sole, il 24 è stazionario e poi assume moto retrogrado. A fine mese sorge un’ora circa dopo il termine del crepuscolo serale.
NETTUNO
È visibile per quasi tutta la notte nei Pesci, vicino al confine con l’Acquario, che attraversa il giorno 18 animato da lento moto retrogrado. È rintracciabile 5° a sud di Lambda Piscium, 1°,5 circa a occidente della stella 20 Piscium di 5a magnitudine.
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FENOMENI del mese 1-2 CONGIUNZIONE MARTE–URANO AL MATTINO All’inizio del mese il moto diretto da cui è animato permette a Marte di superare in velocità il ben più debole Urano. La congiunzione in Ascensione Retta tra i due pianeti, con Marte 1°,4 a sud di Urano, si verifica nelle ore diurne del 1° agosto, ma la minima distanza apparente di 1°,3 viene raggiunta il giorno 2 nelle ore che precedono l’alba. Osservazioni ripetute per alcuni giorni permetteranno di evidenziare la rapida variazione della posizione relativa dei due pianeti; Urano, di magnitudine +5,7, è teoricamente individuabile anche a occhio nudo, ma per riuscire in tale impresa è indispensabile un cielo limpidissimo e non inquinato dalla presenza di luci artificiali.
3-4 MERCURIO E REGOLO AL TRAMONTO Nonostante la corrente apparizione non sia particolarmente favorevole, nei primi giorni di agosto, quaranta minuti circa dopo il tramonto del Sole, in prossimità dell’orizzonte occidentale è osservabile Mercurio, che raggiungerà la massima visibilità serale nella seconda metà del mese. Nelle sue vicinanze è possibile scorgere, eventualmente con l’aiuto di un binocolo, la stella Regolo (Alfa Leonis), con cui il pianeta è in congiunzione, 44’ a nord, la mattina del 4giorno 4. Per poterli ammirare - oltre a un cielo assolutamente terso - è indispensabile osservare da luoghi in cui l’orizzonte occidentale risulti libero da ostacoli (nella foto di Gianni Tumino, Mercurio tra Luna e Pleiadi il 2 maggio 2022).
6 SATURNO E GAMMA CAPRICORNI IN CONGIUNZIONE In opposizione al Sole il giorno 14, Saturno è osservabile con profitto dal tramonto all’alba sul “dorso” della figura zodiacale del Capricorno, poco più di un grado a nord di Gamma Capricorni, di magnitudine +3,7. La mattina del 6 agosto il pianeta inanellato, che si muove animato da lento moto retrogrado, è in congiunzione in Ascensione Retta con la stella, ma 1°,3 più a sud in declinazione; la distanza che li separa diminuirà ancora, seppure marginalmente, per alcuni giorni, fino a raggiungere il valore minimo il giorno 12.
OCCHIO NUDO
CON BINOCOLO
CON TELESCOPIO
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PERICOLO SOLE
NON VISIBILE
CIELO DEL MESE
6/7 LA LUNA OCCULTA DSCHUBBA La notte tra il 6 e il 7 agosto la Luna gibbosa crescente, illuminata al 66%, occulta Dschubba (Delta Scorpii), una stella doppia stretta le cui componenti, di magnitudini +2,4 e +4,6, non sono attualmente separabili con telescopi amatoriali, poiché distano tra loro solo 6 centesimi di secondo d’arco. La scomparsa della coppia dietro il lembo lunare oscuro si verifica tra le 23:53 (AO) e le 0:04 (CT, LE), con il nostro satellite naturale basso sull'orizzonte per le regioni orientali. La riapparizione da dietro il bordo illuminato dal Sole è a tutti gli effetti inosservabile, poiché la Luna è nel frattempo tramontata o in prossimità dell’orizzonte sud-occidentale.
11-12 LUNA, SATURNO E (4) VESTA La notte tra l’11 e il 12 agosto è possibile seguire il progressivo avvicinamento della Luna Piena a Saturno. Al termine del crepuscolo serale, quando entrambi sono ancora relativamente bassi sull’orizzonte sud-orientale, la distanza che separa il nostro satellite naturale dal pianeta inanellato è di 7°,5 e va progressivamente diminuendo con l’avanzare della notte. La migliore configurazione osservabile, qui raffigurata, è quella che si realizza alle 4:30 TC, alle prime luci dell’alba, con la Luna che si è portata 5°,2 a sud di Saturno; la reciproca congiunzione in Ascensione Retta, con i due protagonisti separati da 4°,3, si verifica nelle ore diurne. Una dozzina di gradi a oriente del pianeta è rintracciabile, con l’aiuto di un binocolo, il pianetino (4) Vesta, 3° a nord del quale la Luna transita nelle ore serali del 12 agosto.
12/13 MASSIMO DELLO SCIAME DELLE PERSEIDI Nella seconda decade del mese è attivo lo sciame meteorico delle Perseidi, o “Lacrime di S. Lorenzo”, le cui particelle originano dalla cometa a lungo periodo Swift-Tuttle. Tra gli sciami annuali è uno dei più attivi, con valori dello Zhr (tasso orario di attività allo zenit in condizioni di visibilità ottimali), mediamente intorno al centinaio di meteore. Quest’anno le previsioni riguardanti l’istante di massima attività convergono sulle ore notturne tra il 12 e il 13 agosto, favorendo così gli osservatori europei, ma le osservazioni risultano purtroppo notevolmente disturbate dalla contemporanea presenza in cielo della Luna Piena nella costellazione dell’Acquario.
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14/15 LUNA E GIOVE ALL’ALBA Un altro luminoso protagonista delle notti di agosto è Giove, la cui levata dall’orizzonte orientale, al termine del crepuscolo, la sera del 14 è accompagnata, poco meno di 9° a “destra” in direzione del meridiano, da quella della Luna gibbosa calante. La lenta marcia di avvicinamento del nostro satellite naturale al pianeta si concluderà a mezzogiorno del 15 agosto, con il transito della Luna poco più di 2° a sud di Giove. La migliore configurazione che è possibile ammirare, rappresentata nel disegno, si verifica all’inizio del crepuscolo nautico, alle 5:10 di Tempo Civile, con le luci dell’alba che vanno intensificandosi.
19-20 LUNA E MARTE NEL TORO PRIMA DELL’ALBA Un’intera serie di configurazioni celesti degne di nota sono quelle che vengono a realizzarsi tra la seconda e la terza decade del mese: nell’arco di alcuni giorni, l’Ultimo quarto di Luna calante oltrepassa Urano, le Pleiadi e Marte, in reciproca congiunzione la mattina del 18 agosto, con il Pianeta rosso in transito poco meno di 6° a sud di M45, e infine supera Aldebaran (Alfa Tauri), passando 7°,2 a nord, il giorno 20. Nessuna delle congiunzioni in cui è coinvolto il nostro satellite naturale è direttamente osservabile, poiché tutte si verificano nelle ore diurne. Nel disegno sono raffigurate le configurazioni osservabili alle 5:00 TC dei giorni indicati, una ventina di minuti dopo l’inizio del crepuscolo astronomico.
22 (4) VESTA E SATURNO IN OPPOSIZIONE (4) Vesta, l’oggetto più luminoso della Fascia principale degli asteroidi, è in opposizione al Sole il giorno 22 tra le stelle dell’Acquario. (4) Vesta raggiunge la magnitudine +6,1, al limite della visibilità a occhio nudo sotto cieli limpidi e bui, e può essere rintracciato con facilità tramite un binocolo una decina di gradi a sud-est di Saturno; il pianeta inanellato, visibile nelle vicinanze di Gamma Capricorni, si è trovato in opposizione il giorno 14. La ricerca del pianetino costituisce un’ottima occasione per osservare, nelle vicinanze di (4) Vesta, l’estesa nebulosa planetaria NGC 7293 (Nebulosa Elica), il cui diametro apparente è paragonabile a quello del disco lunare. La mappa è completa fino alla magnitudine +8,5.
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CIELO DEL MESE
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LUNA, CASTORE E POLLUCE PRIMA DELL’ALBA
LUNA E VENERE ALL’ALBA
Negli istanti che precedono l’alba, la falce calante della Luna, il cui transito nei Gemelli può essere seguito sin dalla sua levata poco dopo mezzanotte, è protagonista di un’effimera quanto caratteristica configurazione celeste: il nostro satellite naturale, situato 3°,2 a sud di Polluce, viene a trovarsi sul prolungamento della linea condotta da questa stella verso Castore. L’allineamento, di breve durata, è facilmente apprezzabile.
La visibilità mattutina di Venere è in costante diminuzione: alla fine del mese il pianeta appare sull’orizzonte orientale una decina di minuti prima dell’inizio del crepuscolo nautico. La mattina del 26 Venere, in prossimità dell’orizzonte, è affiancato da una sottilissima falce di Luna calante: rispetto al pianeta, il nostro satellite naturale è lievemente più basso e 4°,2 a “sinistra”.
28-29 LUNA E MERCURIO AL TRAMONTO Per gran parte del mese, subito dopo il tramonto del Sole, è possibile ammirare Mercurio in prossimità dell’orizzonte occidentale, pur con qualche difficoltà, a causa delle poco favorevoli condizioni geometriche dell’apparizione. Il pianeta, che il 27 raggiunge la massima elongazione orientale di 27°,3, cala poco meno di 50 minuti dopo il Sole, in presenza delle luci del crepuscolo ancora intense. La sera del 28 viene affiancato, approssimativamente alla stessa altezza sull’orizzonte, ma una dozzina di gradi più a “destra”, da una sottilissima falce di Luna crescente. La sera successiva il nostro satellite naturale si è portato 5°,1 a nord-est di Mercurio (visivamente è “sopra”). Nel disegno il pianeta e la Luna alle 20:20 TC delle date indicate, con il Sole 6° sotto l’orizzonte.
*TIZIANO MAGNI ESPERTO DI MECCANICA CELESTE, ELABORA LE PREVISIONI DI FENOMENI ASTRONOMICI CON SOFTWARE APPOSITAMENTE REALIZZATI (WWW.TIZIANOMAGNI.IT).
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IL PLANISFERO CELESTE / SETTEMBRE
» Il cielo visibile da Roma alle ore 01.00 TC a metà mese. La mappa è valida in tutta Italia
il SOLE FENOMENO Inizio crepuscolo Sorge Culmina Tramonta Fine crepuscolo Durata della notte astronomica
INIZIO MESE 04h 56m 06h 35m 13h 10m 19h 43m 21h 22m 07h 33m
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METÀ MESE 05h 14m 06h 49m 13h 05m 19h 19m 20h 54m 08h 20m
FINE MESE 05h 32m 07h 05m 13h 00m 18h 53m 20h 26m 09h 06m
CIELO DEL MESE
la LUNA
Il pallino rosso sulla circonferenza lunare mostra il punto di massima librazione alle 0h di Tempo Civile del giorno considerato: le sue dimensioni sono proporzionali all’entità della librazione il cui valore massimo è di circa 10°
fenomeni LUNARI
il 3 alle 20h 07m il 10 alle 11h 59m il 17 alle 23h 51m il 25 alle 23h 54m il 3 ottobre alle 2h 14m il 9 ottobre alle 22h 54m
Massime librazioni in latitudine l'8 alle 6h - visibile il Polo nord il 22 alle 3h - visibile il Polo sud il 5 ottobre alle 11h - visibile il Polo nord
Massime librazioni in longitudine il 13 alle 11h - visibile il lembo occidentale il 26 alle 20h - visibile il lembo orientale il 10 ottobre alle 23h - visibile il lembo occidentale
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Perigeo 364.492 km il 7 alle 20h 18m Apogeo 404.556 km il 19 alle 16h 43m Perigeo 369.325 km il 4 ottobre alle 18h 33m
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DI TIZIANO MAGNI
SOLE e PIANETI
SOLE
Prosegue la lenta discesa in direzione dell'equatore celeste, che raggiunge il 23 settembre alle 3:03, passando dall'emisfero celeste settentrionale a quello meridionale: è l'istante dell'Equinozio autunnale, che segna il termine dell'estate. La diminuzione nelle ore di luce nel corso del mese ammonta a 1h 23m.
MERCURIO
È visibile al tramonto con difficoltà sempre maggiore fino al giorno 9, dopodiché scompare nell’intenso bagliore del crepuscolo serale, invertendo il suo moto apparente sulla volta celeste che diviene retrogrado. È in congiunzione inferiore con il Sole il 23, quindi riappare tra le luci dell’alba nell’ultimo giorno del mese.
VENERE
È visibile all'alba, ma va abbassandosi sempre più sull’orizzonte orientale. Inizialmente è nel Leone, dove il 5, un giorno dopo il perielio, è in congiunzione con Regolo (Alfa Leonis), 47' a nord; il 24 si sposta nella Vergine.
Posizioni eclittiche geocentriche del Sole e dei pianeti tra le costellazioni zodiacali: i dischetti si riferiscono alle posizioni a metà mese, le frecce colorate illustrano il movimento nell’arco del mese. La mappa, in proiezione cilindrica, è centrata sul Sole: i pianeti alla destra dell’astro del giorno sono visibili nelle ore che precedono l’alba, quelli a sinistra nelle ore che seguono il tramonto; la zona celeste che si trova in opposizione al Sole non è rappresentata. Le posizioni della Luna sono riferite alle ore serali delle date indicate per la Luna crescente e alle prime ore del mattino per quella calante.
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CIELO DEL MESE
MARTE
È visibile per buona parte della notte nel Toro; il 5 transita 1°,4 a nord di Epsilon Tauri, mentre il 9 è in congiunzione con Aldebaran (Alfa Tauri), 4°,3 a nord. Il suo diametro apparente supera i 10” e alla visione telescopica il pianeta, nel cui emisfero boreale è in pieno svolgimento la stagione invernale, mostra prevalentemente le zone equatoriali e tropicali, mentre le regioni polari risultano di difficile osservazione.
GIOVE
È in opposizione al Sole il giorno 26 e per buona parte del mese risulta osservabile dal tramonto all’alba nelle migliori condizioni: il suo diametro equatoriale sfiora il valore di 50”. Grazie al moto retrogrado da cui è animato, il giorno 1 rientra nei Pesci provenendo dalla Balena.
Effemeridi geocentriche di Sole e pianeti alle 00h 00m di Tempo Civile delle date indicate. Per i pianeti sono riportati fase e asse di rotazione (nord in alto, est a sinistra). Levate e tramonti sono riferiti a 12°,5 E e 42° N: un asterisco dopo l’orario indica l’Ora Estiva. Nella riga Visibilità sono indicati gli strumenti di osservazione consigliati: l’icona di “divieto” indica che il pianeta non è osservabile. Le stelline (da 1 a 5) misurano l’interesse dell'osservazione Visibilità dei pianeti. Ogni striscia rappresenta, per ognuno dei cinque pianeti più luminosi, le ore notturne dal tramonto alla levata del Sole, crepuscoli compresi; quando il pianeta è visibile la banda è più chiara. Le iniziali dei punti cardinali indicano la posizione sull'orizzonte nel corso della notte.
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SATURNO
È visibile per gran parte della notte, con un lento moto retrogrado, tra le stelle Gamma e Iota Capricorni (4a mag.). All'inizio del mese tramonta poco dopo l’inizio del crepuscolo astronomico; alla fine la sua discesa sotto l’orizzonte anticipa di 2 ore e mezza le luci dell’alba.
URANO
È visibile per buona parte della notte nell’Ariete, dove si sposta animato da lento moto retrogrado poco più di 3° a sudovest di Delta Arietis; sorge dopo il termine del crepuscolo serale e culmina prima dell’inizio dell’alba.
NETTUNO
È in opposizione al Sole il giorno 17 ed è visibile dal tramonto all’alba per gran parte del mese, una decina di gradi a sud-ovest di Giove e 2°,5 a sud-ovest della stella di 5a magnitudine 20 Piscium, dalla quale va progressivamente allontanandosi; a fine mese tramonta mezz’ora circa dopo l’inizio dell’alba.
C IE LO DE L ME SE
DI TIZIANO MAGNI
FENOMENI del mese 1 MASSIMO DELLE AURIGIDI Nei primi giorni del mese si verifica il massimo di attività delle Aurigidi, uno sciame meteorico poco conosciuto che di norma produce poco più di una manciata di meteore ogni ora, ma che in diverse occasioni ha mostrato picchi di attività con valori dello Zhr di 30-40 meteore all’ora. Nel 2007 ha raggiunto, solamente per una ventina di minuti, il valore di 130. Il radiante si trova nell’Auriga, alcuni gradi a nord-est della stella Theta, e risulta visibile nella seconda parte della notte. Per il 2022 i calcoli mostrano un possibile lieve aumento nell’attività; le osservazioni, comunque incoraggiate, sono favorite dall’assenza del chiarore lunare.
3 LUNA E ANTARES DI SERA Al termine del crepuscolo civile, quando il cielo è ancora illuminato dalle intense luci del tramonto, sopra l’orizzonte, appena a occidente del meridiano, è visibile l’intera figura dello Scorpione, con la rossa scintilla di Antares, accompagnata, 1°,8 a nord-est, dal Primo quarto di Luna. Nelle ore seguenti, mentre la costellazione va coricandosi sull’orizzonte sud-occidentale, la distanza apparente tra il nostro satellite naturale e Alfa Scorpii va progressivamente aumentando, poiché la congiunzione tra i due astri si è verificata nelle ore pomeridiane.
5 CONGIUNZIONE VENERE-REGOLO ALL’ALBA Una bella configurazione celeste è quella che si realizza nei primi giorni del mese e che risulta osservabile con qualche difficoltà, in prossimità dell’orizzonte orientale, tra le luci dell’alba cha vanno facendosi sempre più intense: Venere, in transito nella costellazione del Leone, affianca e supera, il 5 settembre, la biancazzurra scintilla di Regolo (Alfa Leonis), transitando 47’ a nord. Il veloce movimento diretto del pianeta è rilevabile anche a distanza di un solo giorno: la mattina dopo la congiunzione, Venere si è già spostato 1°,3 a est della stella. Il disegno raffigura l’orizzonte orientale alle 5:55 TC, 15 minuti prima dell’inizio del crepuscolo civile, con il Sole 9° sotto la linea dell’orizzonte.
OCCHIO NUDO
CON BINOCOLO
CON TELESCOPIO
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PERICOLO SOLE
NON VISIBILE
CIELO DEL MESE
6-7 OCCULTAZIONE DI OMEGA E 60 SAGITTARII La notte tra il 6 e 7 settembre la Luna gibbosa crescente, illuminata per l’84%, occulta due stelle relativamente luminose della costellazione del Sagittario. Il primo evento vede coinvolta Omega Sagittarii, di magnitudine +4,7, la cui la scomparsa dietro il lembo lunare oscuro è osservabile da tutta Italia tra le 23:51 (CA) e le 24:00 (LE). La stella riapparirà sul bordo lunare occidentale illuminato dal Sole tra le 0:39 (AO) e la 1:04 (LE) del giorno 7. Poco più tardi è possibile assistere alla scomparsa, tra la 1:12 (AO) e la 1:23 (CT e LE), di 60 Sagittarii, di magnitudine +4,8. In questo caso la ricomparsa della stella da dietro il bordo lunare illuminato è teoricamente osservabile, con una certa difficoltà a causa della prossimità della Luna alla linea dell’orizzonte, solo dalle regioni nordoccidentali.
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(3) JUNO E (5) ASTRAEA IN OPPOSIZIONE
CONGIUNZIONE MARTE-ALDEBARAN PRIMA DELL’ALBA
Tra le stelle che delineano la parte orientale della costellazione dell’Acquario, nella zona in cui si osservano le stelle di 4a grandezza Lambda e Psi 1 Aquarii, un binocolo consentirà di individuare i pianetini (3) Juno e (5) Astraea, rispettivamente di mag. +7,8 e +11,0, in opposizione i giorni 7 e 8 settembre. Sono degni di nota i transiti di (3) Juno, 50’ a nord-ovest di Lambda Aquarii la mattina del 22 settembre e quelli di (5) Astraea 17’ a sud-est di Chi Aquarii, di mag. +5,0, la sera del 1° settembre e 47’ a nord-ovest di Psi 1 Aquarii la mattina del 5 settembre. La mappa è completa fino alla mag. +11,0.
Prima che il cielo inizi a rischiarare per l’approssimarsi dell’alba, alta sull’orizzonte sud-orientale spicca la presenza di un’ampia coppia di astri dal colore rossastro: si tratta di Aldebaran (Alfa Tauri) e Marte, ormai visibile per buona parte della notte tra le stelle del Toro. Il pianeta è 1,2 magnitudini più luminoso della stella, con cui viene a trovarsi in congiunzione, 4°,3 a nord, la mattina del giorno 9, mentre la minima distanza tra i due astri viene raggiunta 36 ore prima. Confrontando per alcuni giorni la posizione di Marte rispetto a quelle di Aldebaran e di altre stelle della costellazione, risulterà evidente il veloce moto diretto del Pianeta rosso. Nel disegno è raffigurata la configurazione celeste osservabile alle 5:00 TC, poco prima dell’inizio del crepuscolo astronomico.
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C IE LO DE L ME SE
DI TIZIANO MAGNI
11 LUNA E GIOVE DI SERA Visibile per gran parte della notte, Giove leva dall’orizzonte orientale tra le luci del tramonto e culmina un’ora dopo la mezzanotte locale. All’inizio della seconda decade del mese, il pianeta, che si trova nelle vicinanze del confine tra Pesci e Balena, una decina di gradi a nord di Iota Ceti, viene affiancato dalla Luna quasi completamente Piena, che il giorno 11 lo supera, transitando 2°,7 più a sud. La migliore configurazione osservabile si concretizza al termine del tramonto, con Giove a un’altezza di circa 10° sull’orizzonte orientale e il nostro satellite naturale 3° “sotto” il pianeta.
14-15 LA LUNA OCCULTA URANO Tra le numerose occultazioni lunari che si verificano nel corso del mese, un evento che spicca per la sua particolarità è quello che si verifica la notte tra il 14 e il 15 settembre, quando la Luna gibbosa calante, illuminata per il 78%, occulta Urano, di magnitudine +5,6. Una delle maggiori difficoltà nel seguire la progressiva scomparsa del pianeta dietro il lembo lunare illuminato dal Sole, a partire dalle 23:01 (Catania), è la debole luminosità superficiale di Urano rispetto a quella ben più forte del disco lunare. Meno difficile dovrebbe risultare l’osservazione dell’emersione del pianeta da dietro il bordo oscuro del nostro satellite tra le 0:01 (Catania) e le 0:15 (Trieste) di Tempo Civile del giorno 15.
16-17 LUNA, PLEIADI, ALDEBARAN E MARTE Il transito della Luna in fase gibbosa calante nella costellazione zodiacale del Toro produce ancora una volta delle configurazioni celesti degne di essere ammirate, con ben tre congiunzioni di rilievo. La prima è quella con le Pleiadi, 3°,8 a sud delle quali il nostro satellite naturale è visibile nelle prime ore del 16; seguono, la notte successiva, quelle con Aldebaran, 7° a nord della quale transita nelle ore serali del 16, e con Marte, 3°,1 a nord del pianeta, osservabile la mattina del 17 settembre nelle ore che precedono l’alba. Le configurazioni risultanti sono raffigurate nel disegno, nel quale vengono indicate le posizioni della Luna e del Pianeta rosso alle 0:15 TC delle date indicate, quando il Toro è ancora relativamente basso sull’orizzonte orientale.
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CIELO DEL MESE
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20-21
NETTUNO IN OPPOSIZIONE
PIANETINO (115) THYRA IN TRANSITO DAVANTI ALL’AMMASSO NGC 1342
A metà mese il più lontano pianeta del Sistema solare è in opposizione al Sole e risulta osservabile, con l’aiuto di un binocolo, poco più di 5° a sud della stella Lambda Piscium e 2°,4 a sud-ovest di 20 Piscium, rispettivamente di magnitudini +3,5 e +5,5. Nettuno, di magnitudine +7,8, si trova nell’Acquario, appena a sud del confine che separa questa costellazione dai Pesci, in una zona relativamente povera di stelle.
La notte tra il 20 e il 21 settembre è possibile seguire, con l’aiuto di uno strumento, il passaggio del pianetino (115) Thyra, di magnitudine +10,7, tra le stelle dell’ammasso aperto NGC 1342, rintracciabile nella costellazione di Perseo a metà circa della linea condotta da Algol (Beta Persei) a Zeta Persei. L’ammasso, di magnitudine visuale complessiva +6,7, è composto da circa 40 stelle, la più luminosa delle quali di magnitudine +8,8, concentrate in un’area del diametro di 16’. Il transito ha inizio nelle ore pomeridiane del giorno 20 e dura complessivamente poco meno di 24 ore, ma dall’Italia è osservabile solo la frazione compresa tra le 21:00 e le 5:00 TC.
23 CONGIUNZIONE LUNA-REGOLO E OCCULTAZIONE DI ETA LEONIS Nelle ore che precedono l’alba, una sottile falce di Luna calante, illuminata solo per l’8%, va via via diminuendo la distanza angolare che la separa da Regolo (Alfa Leonis), con cui è in congiunzione in Ascensione Retta alle prime luci dell’alba, 4°,5 a nord, con la stella una decina di gradi sopra l’orizzonte orientale. Il nostro satellite naturale è contemporaneamente protagonista dell’occultazione della stella Eta Leonis, di magnitudine +3,5: l’evento inizia con la Luna bassa sull'orizzonte e non è visibile dalle estreme regioni settentrionali, risultando radente per una stretta fascia di territorio che attraversa Piemonte, Lombardia, Trentino alto Adige, Veneto e Friuli. La scomparsa si verifica sul bordo lunare illuminato dal Sole tra le 4:19 (CT) e le 4:42 (TS); la riapparizione da dietro il lembo lunare oscuro è poi osservabile tra le 5:01 (TS) e le 5:11 (CT e LE), con la Luna che nel frattempo ha guadagnato una maggior altezza rispetto all’orizzonte.
NELLA PRIMA DECADE DI OTTOBRE CI ATTENDONO • 5 OTTOBRE: LUNA E SATURNO AL TRAMONTO • 8 OTTOBRE: LUNA E GIOVE DI SERA • 8-9 OTTOBRE: MASSIMA VISIBILITÀ MATTUTINA DI MERCURIO I testi completi dei fenomeni sul prossimo numero di Cosmo e sul sito bfcspace.com *TIZIANO MAGNI ESPERTO DI MECCANICA CELESTE, ELABORA LE PREVISIONI DI FENOMENI ASTRONOMICI CON SOFTWARE APPOSITAMENTE REALIZZATI (WWW.TIZIANOMAGNI.IT).
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O S S E R VA Z I O N I
DI PIERO MAZZA*
NEL CUORE DELLA
VIA LATTEA ESPLORIAMO LE NUBI GALATTICHE TRA IL CIGNO E IL SAGITTARIO
L
e condizioni osservative migliori di una notte di mezza estate sono quelle che... prevedono nubi. Non si tratta di un cattivo augurio per gli appassionati del cielo, dato che ci stiamo riferendo alle nubi galattiche particolarmente brillanti tra le costellazioni del Cigno e del Sagittario. Quando le previsioni meteo annunciano cielo sereno e bassa umidità, allora lo spettacolo è assicurato. Meglio ancora se, magari in vista di una escursione, ci si trova in un rifugio di alta montagna: in tal caso, ci si può imbattere in una volta stellata talmente cristallina da non avere nulla da invidiare a quella ammirata da località esotiche come il deserto della Namibia. PARTIAMO DAL PUNGIGLIONE Diamo un’occhiata al cielo (in un luogo buio!) in prima serata, ricordando che sarà buio poco dopo le 22h all’inizio di agosto e poco prima delle 21h alla fine di settembre: vedremo la Via Lattea in meridiano perdersi sino all’orizzonte
ed estendersi da SSW verso NNE sino a Cassiopea, dove poi andrà a congiungersi col ramo invernale. Concentriamoci sulla parte più bassa, che presenta una finestra di visibilità limitata. Sotto un cielo ideale, conviene effettuare alcuni esperimenti a occhio nudo: per esempio, individuare la coppia stretta formata da Lambda e Ypsilon Scorpii, situata a circa -37° di declinazione. Queste due stelle rappresentano il pungiglione dello Scorpione, ma spesso rimangono nascoste da dossi montuosi (almeno per gli abitanti del Nord Italia); per trovarle, bisogna partire dalla rossa Antares e spostarsi di 17° (poco meno di una spanna col braccio teso) verso sud-est. A 5° rispettivamente NNE e ESE di questa coppia, si trovano due celebri ammassi aperti facilmente visibili a occhio nudo: M6 e M7. Fra quelli del catalogo di Messier presenti in zona c’è anche M8, che appare come una debole macchia diafana, fosforescente, situata nel pieno della nube galattica e orientata da est a ovest. Si trova subito a NW della cosiddetta “Teiera”, nome attribuito a
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un evidente asterismo che appartiene alla costellazione del Sagittario. La scoperta di M8, noto anche come Nebulosa Laguna per l’aspetto che mostra al telescopio, è accreditata a Guillaume Le Gentil nel 1747, ma l’astronomo francese è stato solo il primo che la descrisse. Trattandosi di un oggetto visibile a occhio nudo, era stato sicuramente notato fin dalla Preistoria. Esiste anche un’osservazione di De Chésaux risalente a un paio di anni prima, ma questa si riferisce all’ammasso aperto associato (NGC 6530), situato all’estremità orientale della nebulosa. Sebbene John Herschel ritenesse, agli inizi dell’800, che l’ammasso fosse separato dalla nebulosa, sono stati successivamente scoperti degli sbuffi di luce, simili a quelli presenti nelle Pleiadi, che connettono alcune stelle alla nebulosità circostante. Ma che cosa fa brillare M8? Nel secolo scorso, Walter Baade era convinto che l’eccitazione fosse causata da una stella molto calda, situata all’interno dell’ampia regione scura della nebulosa e pertanto invisibile. Ma nel 1969 una delle responsabili (quasi certamente non
OSSERVAZIONI
» Dall’alto: in questa immagine di Akira Fuji è stata messa in evidenza la Teiera, l’asterismo più evidente del Sagittario. Sono riportati gli oggetti principali visibili in questa regione della Via Lattea. La nebulosa Laguna (M8) in un’immagine dell’Eso. A sinistra c’è l’ammasso NGC 6530, mentre nella zona più brillante si trova la “Clessidra”.
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DI PIERO MAZZA
generazione di nuove stelle come quelle che popolano NGC 6530, uno dei più giovani ammassi della Via Lattea.
si tratta di un singolo astro) è stata identificata nella 9 Sagittarii, una stella blu di classe spettrale O5 e di mag. 5,9, situata circa 3’ a NE della “Clessidra”, una piccola porzione particolarmente brillante della nebulosa (vedi il box). Piccole formazioni oscure, dette “globuli di Bok”, sono state individuate all’interno di M8 a partire dal 1946, con diametri attorno a un centesimo di anni luce (circa 600 UA); questi oggetti sono sufficientemente densi da resistere alle intense forze mareali distruttive operate dalla Galassia e dalle stelle circostanti. Continueranno pertanto il processo di contrazione sino alla fase protostellare e alla successiva
A CACCIA NEL VOLPACCHIOTTO La Volpetta (Vulpecula in latino) è una piccola costellazione situata a sud del Cigno, nota soprattutto perché ospita una delle nebulose planetarie più celebri del cielo. Questa costellazione non era conosciuta nell’antichità; è stata introdotta da Hevelius attorno al 1660 e non ha relazioni con la mitologia. Occupa soltanto 268 gradi quadrati ed è attraversata dai due rami della Via Lattea; se a questo si aggiunge
ATTENZIONE AL CALENDARIO Quest’anno ricordiamo di programmare le osservazioni di “profondo cielo” all’inizio di agosto e settembre, oppure nell’ultima decade di questi due mesi, in quanto il Plenilunio cadrà attorno alla metà degli stessi, vanificando lo spettacolo. Anche la presenza della Luna crescente o calante, per quanto sia suggestiva, contribuisce ad abbassare il contrasto col fondo cielo, anche nelle serate con umidità contenuta.
che nessuna stella supera la quarta grandezza, si capisce perché non sia di pronta identificazione. Facciamo un tour attraverso questa piccola regione celeste, così da ricordarla, quando alziamo lo sguardo sui due grandi volatili del cielo (il Cigno e l’Aquila) che la racchiudono rispettivamente a nord e a sud. Nell’ultima decade di settembre, in pieno Novilunio, attorno alle 9 di sera, abbiamo il Triangolo Estivo (formato dalle stelle Deneb, Vega e Altair) alla sua massima altezza, con Deneb che culmina quasi allo zenit. Una volta localizzato il Cigno, si deve partire da Albireo (il “becco” dell’uccello) e spostarsi poco più di 3° verso sud. Qui si trova la Alfa Vulpeculae, una gigante rossa 60 volte più grande del Sole e 400 volte più luminosa. Un esame con una vista particolarmente acuta può rivelarne la duplicità, ma è un’impresa difficile: non tanto per la separazione angolare (7’ sono apprezzabili dal potere risolutivo dell’occhio umano), quanto per la debolezza delle componenti, che sono anche sbilanciate in
STELLE E PROFONDO CIELO NELLA VIA LATTEA ESTIVA Oggetto
AR (2000)
Dec. (2000)
Dim.
Mag.
Tipologia
M8 (NGC 6523)
18h 04,3m
-24°18’
50’×40’
5,0
Neb. emissione
NGC 6530
18h 04,5m
-24°21’
14’
4,6
Amm. aperto
9 Sagittarii
18h 03,9m
-24°22’
—
5,9
Spettro O5
Alfa Vulpeculae
19h 28,7m
+24°40’
—
4,4+5,8
Doppia ottica
NGC 6800
19h 27,1m
+25°08’
15’
~ 7,5
Amm. aperto
Collinder 399
19h 26,2m
+20°06’
90’x40’
3,6
Asterismo
NGC 6802
19h 30,6m
+25°10’
5’
8,8
Amm. aperto
Stock 1
19h 35,8m
+20°16’
34’
5,2
Amm. aperto
S 2548
19h 36,5m
+25°00’
—
8,5, 9,9
Doppia (9,4”)
M27 (NGC 6853)
19h 59,6m
+22°43’
6’
7,6 (p)
Nebulosa planetaria
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OSSERVAZIONI
» L’ammasso aperto NGC 6800 fotografato dal docente di astronomia e astrofotografo californiano Courtney Seligman.
luminosità. È meglio avvalersi di un binocolo, ma per coglierne i colori è preferibile un piccolo telescopio a bassi ingrandimenti. La primaria appare di colore arancione, mentre la secondaria, 8 Vulpeculae, situata 7’ a
NNE, ha una tonalità ambrata. È una doppia puramente prospettica: la Alfa è infatti distante circa 300 anni luce, mentre la pseudo compagna si trova ad almeno 500 anni luce.
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Alla distanza di 38’ a NE di Alfa si trova un ammasso aperto poco noto, NGC 6800, scoperto da William Herschel nel 1794 e già osservabile in un cercatore 10x50; è un gruppo disperso di circa 50 stelle, con basso
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» Collinder 399 ripreso dagli astrofotografi serbi Nevenka Blagovic e Miroslav Horvat. Si noti all’estrema sinistra il piccolo ammasso aperto NGC 6802.
UNA CLESSIDRA CELESTE La Nebulosa Laguna racchiude al suo interno una celebre formazione che merita la nostra attenzione. Si tratta della “Clessidra”, che anche a occhio si riesce a cogliere, magari fugacemente, nelle serate migliori. In fotografia appare molto brillante, di forma circa rettangolare e orientata da nord a sud. Un’osservazione attenta, effettuata con uno strumento da 40 cm ad alti ingrandimenti, mostra due lobi triangolari, separati da una piccola zona scura, che ricordano lo strumento introdotto in Grecia nel IV secolo a.C. per misurare il tempo (utilizzando l’acqua invece della sabbia, tant’è che il termine “clessidra” deriva dal greco “furto d’acqua”). Il lobo settentrionale è leggermente più brillante, come se... non si fosse ancora svuotato; una stellina si trova a ridosso verso ovest. Interessanti poi sono le due piccole nubi oscure (globuli di Bok) situate rispettivamente subito a ovest e a poco più di 1’ NW: quest’ultima è nerissima, quasi si trattasse di un vero e proprio buco nella Via Lattea!
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range di luminosità e che presenta una zona povera nel mezzo. È di forma leggermente ovale, orientato da nord a sud e con le dimensioni di 15’×10’. Collinder 399 è invece un gruppo stellare notevole, che possiede diversi nomi, tra i quali “Attaccapanni”, per la forma che ricorda la disposizione delle sue stelle principali, e “Ammasso di Brocchi”, dal nome dell’astrofilo americano che l’aveva utilizzato per calibrare i suoi fotometri. Si può vedere a occhio nudo nei siti bui di montagna, ma anche da cieli suburbani è possibile coglierlo come una debole chiazza indistinta, 4,5’ a sud di Alfa Vulpeculae.
OSSERVAZIONI
» La nebulosa planetaria “Manubrio” (M27) fotografata da Angelo Molinari di Gaggiano (MI) con un C11 aperto a f/10.
In un binocolo o in un cercatore, si notano sei stelle in fila, orientate da est a ovest e un piccolo trapezio che da queste si protende verso sud per formare il gancio dell’appendino. La visione in un piccolo telescopio è interessante, impiegando bassi ingrandimenti e un oculare a grande campo, per via della sua estensione di oltre un grado. Spesso, quando si ha a che fare con oggetti brillanti, si dà sfogo alla fantasia ed è quindi facile imbattersi, specialmente sul web, in descrizioni bizzarre; come quella di un astrofilo tedesco che vede in questo ammasso una… seggiovia. Le sei stelle in fila rappresenterebbero il cavo trainante, mentre quelle a sud il seggiolino. Un certo riscontro a questa raffigurazione si può avere osservandolo nel binocolo, grazie alla visione raddrizzata, oppure in un rifrattore munito di prisma (sempre che si osservi dall’emisfero boreale!). Circa 17’-18’ a est dalla stella più orientale dell’ammasso di Brocchi, quasi a proseguirne l’allineamento delle stelle superiori, c’è un altro piccolo ammasso aperto, NGC 6802, che in piccoli rifrattori appare come una chiazza irrisolta, orientata da
nord a sud. Anche in uno strumento da 25 cm a 125x rimane un oggetto debole, di forma circa rettangolare, con dimensioni 4’×2’ e solo parzialmente risolto; bisogna mettere in conto che dista 3700 anni luce ed è in parte oscurato da quella banda di polvere che in questa zona di cielo pare dividere il chiarore della Via Lattea. Spostiamoci adesso di due gradi a ENE di Alfa. Qui si trova un altro ammasso aperto, Stock 1, osservabile in piccoli telescopi da 10 cm, anche se è disperso e poco contrastato sul fondo cielo. Vi si contano circa 20 stelle relativamente brillanti e molte altre più deboli, sparse su una superficie estesa circa 30’, abbastanza da renderlo più interessante a bassi ingrandimenti; una stella bianca di 8a grandezza si trova proprio nel centro. Nell’ammasso sono presenti alcune stelle doppie, la più brillante delle
*PIERO MAZZA MUSICISTA DI PROFESSIONE, È UN APPASSIONATO VISUALISTA, CON MIGLIAIA DI OSSERVAZIONI DEEP SKY CONSULTABILI DAL SITO WWW.GALASSIERE.IT.
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quali è la S 2548, situata verso il bordo SE; le due componenti, di mag. 8,8 e 9,5, si possono separare a 50x. Osservando Stock 1 in oculari a grande campo o in binocoli 20x80, si ha l’impressione che sia circondato da un esteso alone di stelle con il diametro superiore a un grado e poco decentrato verso est. Uno studio relativamente recente ha mostrato però che le componenti realmente legate fra loro sono quelle comprese in un diametro di circa mezzo grado, più o meno corrispondente alle effettive dimensioni dell’ammasso. L’OGGETTO PRINCIPE DELLA COSTELLAZIONE La piccola nebulosa M27 è l’oggetto principe della costellazione: scoperta da Messier nel 1764, è passata sotto l’occhio di numerosi astronomi del passato, fra i quali ricordiamo John Herschel, l’Ammiraglio Smyth e Lord Rosse. Questa planetaria è talmente ricca di dettagli che c’è sempre qualcosa da scoprire: per esempio, le due deboli anse che si protendono simmetricamente a NW e a SE, visibili in un buon telescopio con oculare munito di filtro OIII; senza filtro, appare invece nella classica forma a manubrio che ha dato il nome alla nebulosa. Osservando con attenzione, si riesce a intuire la forma di M27 già in un 10x50, mentre diviene ovvia in un 20x80. Qui si ha l’impressione di un oggetto tridimensionale sospeso in primo piano, cui fa da sfondo un fitto polverio di stelline. È chiaramente un’illusione — l’effetto stereoscopico è inesistente su oggetti così lontani — ma la visione binoculare non ha comunque pari nell’osservazione deep sky.
P R I M I PA S S I
DI MARCO MONTAGNA*
PRIMA DI OSSERVARE
IL CIELO
COME UTILIZZARE IL PIÙ ANTICO STRUMENTO ASTRONOMICO, CHE TUTTI NOI POSSEDIAMO IN DUE ESEMPLARI
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PRIMI PASSI
Q
uante volte abbiamo rivolto il vostro sguardo all’insù, in una notte estiva, magari in aperta campagna o in montagna, e abbiamo desiderato saperne di più, capire, osservare e perché no, provare un telescopio? Tutti, prima o poi, vengono almeno sfiorati da questi pensieri. Molto spesso, però, i buoni propositi vengono frenati da alcune difficoltà. I telescopi sono costosi, difficili da usare, le stelle sembrano tutte uguali… Queste sono tra le motivazioni più ricorrenti di chi si allontana dal cielo dopo il primo sguardo. In questa rubrica cerchiamo di affrontare insieme un percorso, che passo dopo passo possa introdurre all’osservazione del cielo stellato, prima a occhio nudo e poi con il telescopio. Non appena vengono appresi i concetti di base, la foschia cosmica si dipana e tutto si mostra limpido davanti ai nostri occhi. DOVE OSSERVARE IL CIELO? La scelta di un luogo di osservazione sbagliato porta a risultati deludenti che possono demolire le aspettative celesti. Purtroppo, in Italia, il cielo stellato non è visto come un bene culturale di primo livello tanto quanto il nostro straordinario patrimonio artistico. Se guardiamo una foto satellitare notturna della nostra penisola, ci rendiamo conto come vi sia uno smodato e irrazionale uso dell’illuminazione pubblica. Dove i nostri genitori vedevano la Via Lattea, oggi vediamo una manciata di stelle confuse in un cielo di tonalità grigie e arancioni.
La prima cosa da fare, quindi, è trovare un luogo adatto per osservare le stelle. Un cielo di campagna, appena fuori i centri abitati, rappresenta già un ottimo inizio. Un cielo di montagna è meglio ancora, in quanto l’inquinamento luminoso è assai inferiore e l’atmosfera è più trasparente. Uno dei metodi più semplici per valutare la luminosità del cielo notturno è la scala di Bortle. Venne ideata da John E. Bortle e pubblicata sulla rivista americana Sky & Telescope nel 2001, con l’intento di aiutare gli astronomi amatoriali a valutare la qualità del sito di osservazione. La scala si basa sull’osservabilità di alcuni oggetti astronomici notevoli, come la Galassia di Andromeda, ed è formata da nove classi: dalla classe 1, che indentifica un cielo veramente buio, alla classe 9, corrispondente al cielo visibile dal centro delle città. In Italia non esistono cieli di classe 1, esclusivo appannaggio di luoghi sulla Terra come i deserti. Qualche località fortunata raggiunge la classe 2, mentre tipicamente un cielo di montagna raggiunge le classi 3 o 4. Si tratta comunque di cieli molto belli, con l’inquinamento luminoso che comincia a mostrare qualche effetto, ma la Via Lattea è presente e dettagliata e lo spettacolo è mozzafiato. UNO STRUMENTO A COSTO ZERO Prima ancora di correre ad acquistare un telescopio, c’è uno strumento che noi tutti possediamo, gratuitamente, ma che magari non sappiamo bene come utilizzare al meglio: i nostri occhi. Ecco perché spenderemo un po’ di tempo per capire come
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funziona il nostro sistema visivo. La retina è il sensore che il nostro occhio usa per catturare la luce e convertirla in immagini. È formata da due tipi di cellule: quelle più abbondanti sono i bastoncelli, utilizzati soprattutto in condizioni di scarsa luminosità, per la cosiddetta “visione scotopica”. Sono molto sensibili alla luce ma poco al movimento e ai dettagli. Nella retina sono presenti anche i coni, meno abbondanti, meno sensibili, ma capaci di percepire colori, dettagli e movimento, e sono dedicati alla “visione fotopica”. I bastoncelli sono circa 100 milioni e si trovano soprattutto nella parte esterna della retina, mentre i coni sono 5 milioni e sono collocati nella parte centrale. Inoltre, i bastoncelli sono circa 4000 volte più sensibili dei coni. La grande sensibilità dei bastoncelli suggerisce una tecnica molto interessante per osservare il cielo, che si può applicare sia a occhio nudo che al telescopio, chiamata visione distolta. Invece di osservare la nebulosa o la galassia con il centro dell’occhio, dove si trovano i coni, scarsamente sensibili alla luce debole, basta osservare leggermente di lato, con la “coda dell’occhio”, per attivare i bastoncelli. Basta un po’ di allenamento per notare un miglioramento nei dettagli che si riescono a percepire. Con questa tecnica si riescono a vedere anche a occhio nudo alcuni oggetti del cielo profondo come deboli macchioline, naturalmente sempre sotto cieli bui e di buona qualità. Una perfetta visione notturna richiede alcuni minuti di adattamento al buio, durante i quali le cellule della retina si preparano
P R I M I PA S S I
DI MARCO MONTAGNA
» La Luna è il corpo celeste che meglio si presta all’osservazione a occhio nudo (bfcspace.com/Roberto Ortu).
alla visione scotopica. Se si guarda una forte sorgente luminosa, come lo schermo dello smartphone, si azzera in pochi secondi questo adattamento e si deve ricominciare. Per illuminare la zona intorno alla postazione osservativa conviene utilizzare una torcia a luce rossa, in quanto la retina umana è meno sensibile in
quella banda dello spettro luminoso. Anche quando si utilizzano software planetari per l’assistenza alle osservazioni, conviene impostare la “modalità notturna”. LA PRIMA OSSERVAZIONE Ora che sappiamo come usare al meglio i vostri occhi per osservare e le
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nostre mani per misurare le distanze angolari celesti (vedi il box), siamo pronti a un primo contatto con la volta celeste. La maggior parte di ciò che vediamo sopra di noi sono le stelle. Che appaiono scintillanti a causa del seeing, un fenomeno dovuto alle piccole e caotiche deviazioni
OSSERVAZIONI PRIMI PASSI
» Talvolta i pianeti si allineano presentando delle configurazioni spettacolari come questa, dove possiamo ammirare in diagonale, dal basso, Giove, Venere, Marte e Saturno. Per sapere dove e quando osservare questi fenomeni occorre seguire la rubrica “Cielo del Mese” (bfcspace.com/Gianni Tumino).
che subiscono i raggi luminosi provenienti dagli astri per effetto della turbolenza atmosferica. È un fenomeno inevitabile sulla superficie terrestre, che può essere solo limitato recandosi in luoghi dal clima tranquillo e asciutto, come alle alte quote o nei deserti. Ecco perché gli osservatori astronomici vengono realizzati preferibilmente in queste località o addirittura inviati nello spazio. Le stelle sembrano formare insieme delle figure, dette costellazioni. Nell’antichità gli uomini attribuirono a queste figure i significati più diversi, da esseri mitologici ad animali, legandole a miti e leggende. In realtà, le stelle appartenenti a una stessa costellazione non si trovano alla medesima distanza, e hanno in comune solamente una apparente
PRIMI PASSI VERSO IL CIELO Questa rubrica vuole cercare di rendere il cielo stellato accessibile a chiunque, con esempi pratici e un linguaggio semplice. Tutti sono incuriositi dalle stelle, ma la pratica osservativa presenta delle barriere talvolta insormontabili. Posso dopo passo, partendo dalle basi e procedendo verso anche argomenti più avanzati, supereremo questa barriera e impareremo insieme a scrutare il cosmo.
MISURARE IL CIELO Osservando il cielo a occhio nudo, nasce il problema di stimare le distanze tra le stelle e altri oggetti astronomici senza disporre di alcuno strumento. Un vecchio trucco consiste nell’usare dita, mani e braccia per stimare le distanze sulla volta celeste: 1° corrisponde alla dimensione del dito mignolo 2° sono equivalenti alla dimensione del pollice 5° sono misurati da tre dita insieme 10° equivalgono circa a un pugno chiuso 15° corrispondono alla distanza massima tra indice e mignolo divaricati 20° si ottengono aprendo al massimo pollice e mignolo.
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P R I M I PA S S I
DI MARCO MONTAGNA
vicinanza sulla volta celeste. Nonostante ciò, la conoscenza delle costellazioni è utilissima per orientarsi nel cielo stellato e sarà una preziosa alleata. Proseguendo la nostra prima osservazione, possiamo osservare un punto molto brillante che non scintilla, nel cielo a sud. Con ogni probabilità stiamo ammirando uno dei cinque pianeti visibili a occhio nudo: potrebbe essere Venere, Marte, Giove o Saturno. Mercurio è visibile con difficoltà o all’alba o al tramonto, nei pressi del Sole, a seconda del periodo. In casi fortunati ne sono visibili in contemporanea più di uno. Da cieli molto bui sarebbe possibile anche osservare Urano, ma distinguerlo dalle altre stelle non è facile, tant’è che gli astronomi hanno capito solo nel 1781 che non era una stella! Oltre a stelle e pianeti, non possiamo dimenticarci della Luna, il nostro satellite naturale, che si presta moltissimo a essere indagata già con i nostri occhi o con un semplice binocolo. LA PROSSIMA PUNTATA Siamo giunti alla fine di questa parte introduttiva all’osservazione del cielo, che era necessaria perché questa pratica richiede solide fondamenta per essere affrontata al meglio ed evitare delusioni. Nella prossima puntata, inizieremo a navigare in questo grande oceano cosmico e parleremo di costellazioni, coordinate celesti e molto altro ancora.
» Un classico del cielo invernale, facilmente riconoscibile, è la costellazione di Orione. Al suo interno ospita la Nebulosa di Orione, l’oggetto astronomico più facile da osservare con qualsiasi strumento (bfcspace.com/Gianni Tumino).
*MARCO MONTAGNA LAUREATO IN ASTRONOMIA E INGEGNERIA INFORMATICA, SI OCCUPA DI SVILUPPO SOFTWARE E GESTISCE IL BLOG “LA NOTTE STELLATA”.
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2022 CONTINUIAMO A SCRIVERE LA STORIA.
L’Espresso, nella sua lunga tradizione, ha sostenuto le più importanti battaglie politiche e sociali per contribuire alla crescita del nostro Paese. Continuerà a farlo con gli approfondimenti giornalistici, sui temi della politica, dell’economia, della cronaca e della cultura, attraverso tutti gli strumenti della comunicazione di oggi e di domani, per costruire il sistema editoriale di riferimento di un’Italia che guarda al futuro.
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CITIZEN SCIENCE
DI GIUSEPPE DONATIELLO
MILKYWAY @HOME TUTTI POSSONO AIUTARE GLI SCIENZIATI A MAPPARE LA MATERIA OSCURA DELLA VIA LATTEA
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CITIZEN SCIENCE
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» Una rappresentazione grafica (in blu) dell’alone di materia oscura che si suppone circondi la nostra Galassia. Inquadra il QR per un video dell’Eso (European Southern Observatory) che illustra questa simulazione.
l concetto di “calcolo distribuito” ha da poco celebrato il quarto di secolo. Nel 1996 partiva il progetto Great Internet Mersenne Prime Search (Gimps), con cui si sfruttava la potenza di calcolo collettivo per cercare nuovi numeri primi. E il 17 maggio 1999 debuttava SETI@home, lanciato dal Berkeley Seti Research Center presso l’Università della California a Berkeley, con lo scopo di trovare segnali radio alieni. Il concetto del calcolo distribuito è semplice: risolvere problemi su larga scala utilizzando tempo CPU o GPU da computer altrimenti inattivi. L’ente promotore distribuisce pacchetti dati a volontari in tutto il mondo, grazie a internet. Adesso sembra facile, ma teniamo presente che quei primi progetti utilizzavano macchine con Ram di 256 kB e connessioni a 56 kb/s! Nonostante tutto, l’iniziativa fu un grande successo sul fronte partecipativo e su quello dei risultati. SETI@home non ha trovato ET nei dati raccolti dai radiotelescopi di Arecibo e Green Bank, ma anche questo è un risultato scientifico, poiché ora sappiamo che le civiltà aliene non sono così facili da trovare e probabilmente nemmeno comuni nella Via Lattea. SETI@home operava come i comuni “salvaschermo”, i sistemi che venivano utilizzati per prevenire il danneggiamento degli schermi catodici dalle immagini statiche. Sarà stata l’idea di contribuire a qualcosa di affascinante come il Seti (complice anche il film Contact), ma quel progetto vide l’adesione di milioni di persone per un tempo computer equivalente a centinaia di migliaia di anni. E fu il primo dedicato allo spazio.
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Ai progetti di calcolo distribuito si affiancarono quelli di citizen science, più coinvolgenti per via della partecipazione attiva nel classificare o ispezionare dati. Ma altre proposte di calcolo distribuito videro comunque la luce, ottenendo importanti risultati, come Einstein@ home (2005) e MilkyWay@home (2011) che insieme a SETI@home sono ancora attivi sulla piattaforma Boinc (Berkeley Open Infrastructure for Network Computing), dopo aver portato a importanti scoperte e alla pubblicazione di molti lavori scientifici. MILKYWAY@HOME MilkyWay@home si prefigge di generare modelli dinamici tridimensionali dei flussi stellari intorno alla Via Lattea e delle fusioni occorse nell’evoluzione della nostra Galassia. Praticamente è un progetto di “archeologia galattica”, con importanti ricadute nell’informatica, grazie alla ottimizzazione dell’Internet Computing. All’inizio il progetto si alimentava solo con i dati della Sloan Digital Sky Survey (Sdss), l’indagine a campo profondo in cinque bande di colori, che copre gran parte del cielo, eseguita a partire dal 2000 dal telescopio da 2,5 metri dell’Apache Point Observatory. Nel dicembre 2021 è stato rilasciato il diciassettesimo set di dati, che insieme a quelli originali include 25 cataloghi nuovi o aggiornati. Nella sua fase attuale la Sdss prosegue con le indagini Milky Way Mapper, Local Volume Mapper e Black Hole Mapper. Tutti i dati presenti nel database sono liberamente disponibili al pubblico. Grazie a una sovvenzione della
CITIZEN SCIENCE
DI GIUSEPPE DONATIELLO
» Una rappresentazione di alcuni flussi stellari che circondano la nostra Galassia, un ambiente dinamico in continua evoluzione.
National Science Foundation (Nsf ), MilkyWay@home studia la storia della Via Lattea, analizzando le stelle nell’alone galattico e comprende ricerche sulla “materia oscura”. Che viene sondata grazie al comportamento dei flussi stellari prodotti dalla disgregazione di ammassi e galassie nane, cannibalizzati dalla Via Lattea durante la sua evoluzione. MilkyWay@home contribuisce anche a simulazioni numeriche in cui vengono prodotte
galassie nane fittizie, che vengono portate a interagire con la Via Lattea. I risultati vengono poi abbinati ai dati reali per determinare le proprietà del potenziale gravitazionale della Via Lattea. OBIETTIVI VISIBII E INVISIBILI L’obiettivo primario di MilkyWay@ home è lo studio dell’alone galattico. Sin dal suo avvio, lo Sdss ha rivoluzionato la visione di questo
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ambiente. Prima degli anni 90 si pensava all’alone galattico come a una regione noiosa e poco interessante, ma la scoperta del Flusso stellare del Sagittario (Sagittarius Stream) ha mostrato che la Via Lattea è un ambiente fortemente dinamico e in continua evoluzione per via di ripetuti eventi di cattura e assorbimento di piccole galassie. Da allora il numero dei flussi stellari noti è cresciuto e oggi se ne contano migliaia. Gli astronomi sono molto interessati a
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» Mappa dei flussi stellari individuati dal satellite astrometrico Gaia. Precise misure di posizione e velocità delle singole stelle consentono di distinguere i flussi dalle stelle di alone.
ricercare e caratterizzare tali strutture e MilkyWay@home permette di aiutarli in un campo ancora giovane e in forte crescita. La materia oscura è la massa necessaria per compensare quella invisibile nelle osservazioni fisiche, come stabilì già Vera Rubin negli anni 70. Sebbene siano state proposte altre soluzioni a tali discrepanze, come modifiche alle teorie gravitazionali, la presenza di questa materia è l’unica soluzione che descrive simultaneamente tutte le anomalie osservate. A differenza della materia ordinaria, quella oscura non emette e non assorbe radiazioni elettromagnetiche: l’unica interazione che produce con la materia ordinaria è quella gravitazionale. Così, studiando la distribuzione della materia ordinaria nella Via Lattea, otteniamo anche informazioni sulla disposizione e la composizione della materia oscura. Gli astronomi cercano di misurare il potenziale gravitazionale della Via Lattea, cioè l’influenza che la gravità della Galassia produce su ammassi
globulari e galassie nane satelliti che le orbitano intorno. Dal confronto tra il potenziale galattico e quello della materia visibile, si può determinare per differenza il potenziale della materia oscura, che ci informa quindi sulla sua distribuzione. LO MAPPATURA DEI FLUSSI STELLARI Per questi scopi viene utile lo studio dei flussi stellari, grazie ai quali si possono determinare le orbite delle stelle e quindi individuare la distribuzione della materia oscura. Ma innanzitutto occorre individuare
tutti questi flussi e mapparli. Non è un compito facile, perché queste strutture devono essere distinte dalle stelle appartenenti al disco galattico. È necessaria una complessa analisi matematica dei dati, che richiede un’enorme potenza di calcolo. Il lavoro consiste nel confrontare i dati con dei modelli computazionali, scomponendoli in piccole unità, ognuna delle quali rappresenta una valutazione del modello: questo confronto costituisce il compito di ogni singolo computer messo a disposizione dai volontari.
COME PARTECIPARE A MILKYWAY@HOME Per diventare un cacciatore di materia oscura galattica basta eseguire una registrazione con password al sito milkyway.cs.rpi.edu/milkyway e seguire le istruzioni. Tutto il resto avviene in automatico: all’utente viene notificato quando il programma è in esecuzione con pieno controllo dell’impiego delle risorse. Come per altri progetti, è possibile interagire con i ricercatori e discutere con altri partecipanti. Sul sito è presente un’ampia sezione alle statistiche e può essere scaricato un certificato in base ai crediti acquisiti.
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DI GIUSEPPE DONATIELLO
LA STRUTTURA DELLA VIA LATTEA La Via Lattea contiene quattro parti principali: il disco, il rigonfiamento, l’alone stellare e l’alone di materia oscura. Il sistema ha un diametro di circa 100mila anni luce, composto da circa 400 miliardi di stelle, più gas e polveri. Queste ultime sono in maggioranza concentrate nel cosiddetto “disco sottile”, spesso solo 1000 anni luce, situato al centro del disco (disc), dallo spessore di circa 3500 anni luce. Al centro del disco c’è il rigonfiamento (bulge) con un raggio di circa 10mila anni luce, che contiene stelle di tutte le età. Il bulge ospita una piccola barra e al centro esatto si trova il buco nero super-massiccio da 4,3 milioni di masse solari, di cui è stata recentemente ripresa l’”ombra” (vedi Cosmo n. 30). L’alone stellare (stellar halo) è uno sferoide di stelle che circonda l’intera Galassia, con densità inferiore al disco. L’alone “interno” si estende per circa 100mila anni luce, mentre quello “esteso” giunge sino a circa 500mila anni luce dal centro. Infine, c’è l’alone di materia oscura, la più misteriosa delle componenti galattiche: tutto sembra indicare la presenza di una grande quantità di massa invisibile e di natura sconosciuta che circonda la Galassia sino a più di un milione di anni luce.
» I flussi stellari individuati nell’emisfero settentrionale del cielo (sopra) e in quello meridionale (sotto) dalla Sloan Digital Sky Survey (cortesia Ana Bonaca).
Con questa procedura è stato già mappato per intero il Sagittarius Stream. Negli anni si sono aggiunti ai dati Sdss quelli provenienti da altre campagne osservative, come la Dark Energy Survey e il lavoro eseguito dal satellite astrometrico Gaia. Mettendo insieme tali dati, non solo è stato possibile scoprire un gran numero di flussi stellari, ma anche i fossili di antichi episodi di fusione. Tra gli ultimi successi di MilkyWay@ home, abbiamo la stima di massa
del progenitore dello OrphanChenab Stream, un flusso scoperto nel 2006 mentre si studiavano le proprietà del Sagittarius Stream. Poiché non sembrava associato ad alcun progenitore, fu chiamato Orphan. Nel 2018 fu rilevata la metà meridionale che fu denominata Chenab, perciò adesso il flusso viene indicato come Orphan-Chenab. Dalle ricerche effettuate, si stima che oltre il 98 per cento della massa del flusso è composto da materia oscura,
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per un totale di circa 1 miliardo di masse solari. La maggior parte di questa massa risiede all’interno della coda del flusso, rendendolo così un candidato ideale per esperimenti di rilevamento indiretto della materia oscura. In definitiva, senza grandi sforzi ma solo mettendo a disposizione il nostro PC, con il calcolo distribuito possiamo fornire un importante servizio alla scienza in ricerche di punta e di forte impatto come la “archeologia galattica”.
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A CURA DI PIERO STROPPA
LE VOSTRE
STELLE CARICATE LE VOSTRE FOTO ASTRONOMICHE SU BFCSPACE.COM LA REDAZIONE SCEGLIERÀ LE MIGLIORI PER “LE VOSTRE STELLE”
SONO TAGGATE DA UNA STELLA LE FOTO CHE HANNO VINTO LE NOSTRE SFIDE SOCIAL INQUADRA IL QR PER VISITARE LA GALLERY DELLE FOTO
LA VIA LATTEA ESTIVA Ripresa da Marina di Modica (RG) il 30/05/2022 Fotocamera Canon Eos RA con obiettivo Sigma DG 28 mm f/1,4 a f/3,2 Montatura iOptron Sky Guider Pro Filtro Optolong L-eNhance N. 133 pose da 50 s a 6400 Iso + 35 Bias, Dark, Flat, Dark Flat Elaborazione: PixInsight, Photoshop. Autore: Gianni Tumino, Ragusa.
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LE VOSTRE STELLE
RHO OPHIUCHI CLOUD AREA Ripresa da Forca Canapine (AP) il 01/06/2022 Camera QHY 168C (-20 °C) con obiettivo Fotografico Samyang 135 mm f/2 a f/4 Montatura Sky-Watcher AZ EQ6 GT Guida Lodestar su rifrattore S-W 70/500 mm Pose 93x300 s con filtro Idas LPS-D1 Elaborazione: PixInsight, Photoshop CS6 Autore: Saverio Ferretti, Spinetoli (AP).
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LE VOSTRE STELLE
LA STAZIONE SPAZIALE SULL’ANTICA FORNACE Ripresa da Fornace Penna, Sampieri (RG) il 16/05/2022 Fotocamera Sony ILCE-7M3 N. 20 scatti da 8 s f/4 a 200 Iso elaborati con Photoshop Autore: Filippo Galati
LE REGIONI MERIDIONALI DELLA LUNA Visibili i crateri Simpelius, Curtius e Moretus; ripresa eseguita da Cornaredo (MI) il 9/05/2022 Telescopio Sky-Watcher Mak 180 mm a f/33 su montatura Heq5 Pro Camera Player One Neptune Cll con filtro Baader IR Pass Somma di 800 frame su 3000, elaborati con AutoStakkert!, Registax6, Astroart3 Autore: Maurizio Walter Miehe, Cornaredo (MI).
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LE VOSTRE STELLE
FILAMENTO SOLARE Ripreso da Siracusa il 1/06/2022 Telescopio TecnoSky Apo Sld 130/910 mm su montatura iOptron Cem 70G Camera Zwo Asi 174 MM con filtri DayStar Quark Chromosphere e Baader UV/IR Cut Elaborazione: AutoStakkert!3, ImPPG, Photoshop CC Autore: Salvo Lauricella, Siracusa.
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LE VOSTRE STELLE
LA COSTELLAZIONE DELLO SCORPIONE Ripresa da Sampieri (RG) il 24/04/2022 Fotocamera Canon Eos RA con obiettivo Sigma ART 40 mm f/1,4 a f/3,2 su montatura iOptron Sky Guider Pro Filtro Optolong L-eNhance e Cokin Diffuser 083 N. 70 pose da 50 s a 6400 Iso con L-eNhance e 20 pose da 5 s a 6400 Iso con Diffuser Elaborazione: PixInsight, Photoshop Autore: Gianni Tumino, Ragusa.
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LE VOSTRE STELLE
Il video “The Stars Over The Storm” di Gianni Tumino (vedi Cosmo n. 22) ha vinto il 1° premio nella sezione timelapse del Photo Nightscape Awards 2022, concorso bandito dall’Associazione francese Chasseurs de Nuits. Con i complimenti all’autore da parte della direzione di Cosmo. Inquadra il QR per (ri)vederlo.
NEBULOSA SH2-1 NELLO SCORPIONE Ripresa da Perth il 03/05/2022 Telescopio Sharpstar 150 mm f/2,8 su montatura Sky-Watcher HEQ5 Camera ZWO 2600 MC con filtri Optolong L-pro e Idas Nbz Guida PHD2 Pose: Nbx 210x120 s; L-pro 150x120 s, elaborate con PixInsight Autore: Davide Mancini, Perth (Australia).
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LE VOSTRE STELLE
POLARIS FLARE Ripreso da IC Astronomy, Oria (Spagna) il 07/07/2021 Telescopio Takahashi FSQ-106 ED X4 f/3,6 (con riduttore focale 0,73x) Camera FLI PL 16083 con filtri Astrodon LRGB 2GEN Guida Paramount MX Pose: L 12x300 s + 21x600 s, R 8x300 s + 18x600 s, G 8x300 s + 23x600 s, B 8x300 s + 18x600 s, acquisite via Telescope Live Elaborazione: Deep Sky Stacker, PixInsight, Photoshop Il Polaris Flare è una nebulosa filamentosa che circonda la stella Polare per una estensione di circa 50 gradi quadrati Autore: Diptiman Nandy, West Bengal (India).
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LE VOSTRE STELLE
LAGOON NEBULA (M8) NEL SAGITTARIO Ripresa da Perth (Australia) il 01/06/2022 Telescopio Sharpstar 150 f/2,8 su montatura Sky-Watcher HEQ5 Camera Zwo 2600 MC con filtri Idas Nbz e guida Phd2 Pose 90x120 s elaborare con PixInsight Autore: Davide Mancini, Perth (Australia).
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LE VOSTRE STELLE
GALASSIA M64 NELLA CHIOMA DI BERENICE La Galassia “Occhio Nero”, distante 17 milioni di anni luce, ripresa da Ferrara il 2/06/2022 Telescopio Konus 200/1000 mm su montatura Eq6r Pro Camera Qhy 168c con filtro SvBony CLS Guida: cercatore 50/180 mm con Barlow 2x e camera Asi 224 Pose 70x180 s, elaborate con App, PixInsight, Photoshop Autore: Massimo Di Fusco, Ferrara.
GALASSIA IC 342 NELLA GIRAFFA Ripresa da Ferrara il 07/09/2021 Telescopio Konus 200/1000 mm su montatura EQ6r Pro Camera Qhy 8l con filtri Optolong L_eNhance e L_Pro Guida con S-W 70/500 mm Pose 189x600 s (L-Pro) e 32x1200 s (L-eNhance) Elaborazione: App, PixInsight, Photoshop Autore: Massimo Di Fusco, Ferrara.
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LE VOSTRE STELLE
IL FANTASMA CELESTE IN OFIUCO (SH2-27) Ripreso da Santa Cesarea Terme (LE) il 4/06/2022 Fotocamera Canon Eos 600D full spectrum con obiettivo Samyang 135 mm su montatura S.-W. HEQ5 Guida Synguider S.-W. N, 192 pose da 5 min (in sei serate) con filtro Optlong L-pro Elaborazione: DSS, PixInsight, PS CC La nebulosa a emissione SH2-27 avvolge la stella Zeta Ophiuchi e dista circa 550 anni luce Autore: Fernando De Ronzo (Gruppo Astrofili del Salento), San Cassiano (LE).
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A CURA DI PIERO STROPPA
i
SCRIVI A BFCSPACE.COM/INVIA-LA-TUA-DOMANDA
LA CANON EOS 4000D PER IL DEEP SKY
D. DI AUGUSTO GALLIANO
Date le caratteristiche della fotocamera Canon Eos 4000D, chiedo se sia una valida alternativa alle camere ZWO o Player one, tenuto conto che possiede anche un sistema di riduzione del rumore. Il prezzo di 479,90 euro mi sembra poi molto competitivo. Inoltre, avendo una varietà di risoluzioni, si può riprendere dalla nebulosa di Orione alle galassie, alle nebulose planetarie. Dispongo di un telescopio CPC 800 con riduttore f/6,3.
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R. DI GIUSEPPE DONATIELLO
La fotocamera Canon Eos 4000D è l’attuale modello base tra le Dslr
dal blu al rosso. Il sensore Aps-C si presta a vari impieghi, dalla
in casa Canon. Imbarca un sensore Cmos Aps-C da 5184x3456
fotografia a largo campo con teleobiettivi a quella telescopica. Per
pixel ed è proposta in kit con zoom 18-55 mm EF-S. Al momento
esempio, con gli obiettivi fotografici più comuni, copriamo: 24°x16°
del lancio, nel 2018, il produttore ha inteso offrire un dispositivo dal
con un 50 mm, circa 9°x6° con un 135 mm, 6°x4° con un 200 mm,
prezzo competitivo senza rinunciare a buone prestazioni complessive.
4°x2° con 300 mm. Con un CPC 800 a f/6,3, avrebbe un campo
In parte, questo è stato ottenuto risparmiando qua e là e rinunciando
di circa 0,9°x0,6°, sufficiente per inquadrare praticamente tutti gli
a qualche funzione meno importante. Per esempio, lo scafo è
oggetti del cielo profondo, tranne le nebulose molto estese, più adatte
interamente in polimeri stampati, così come l’attacco EF per gli
ai teleobiettivi.
obiettivi. Benché la cosa abbia fatto storcere il naso ai puristi, Canon
Allo scopo può eseguire numerosi scatti da 30 s, da sommare con
garantisce la resistenza e longevità di tale materiale, insieme a una
uno dei programmi di stacking più diffusi e processare con comuni
notevole leggerezza del corpo macchina (possiedo due di queste
software di editing. Allo scopo sarà sufficiente impostare lo scatto
fotocamere e posso confermare che nonostante l’intenso utilizzo,
ritardato, riprendere in live-view (anche per eseguire la messa a fuoco
non hanno subito alcun degrado). Nel deep-sky la 4000D è davvero
attraverso lo schermo, ingrandendo 5x o 10x) a piena risoluzione.
sorprendente. Il suo sensore è più recente rispetto ai precedenti
Non ha senso impostare la risoluzione del sensore per adattarla alle
modelli ed è di grado cosmetico alquanto alto riguardo alla sua fascia
dimensioni angolari dell’oggetto, poiché basterà ritagliare l’immagine
di prezzo. I tempi di esposizione manuali variano tra 1/4000s e 30 s;
finale alle dimensioni desiderate.
mentre l’esposizione Bulb (B) è praticabile solo attraverso la App con
La 4000D possiede delle funzioni video che però non danno vantaggi
collegamento WiFi dedicato con smartphone o tablet.
per le riprese deep-sky, poiché la rosa di tempi esposizione è sufficiente
Il massimo guadagno è di 6400 Iso, estendibile. A differenza dei
per un’ampia rosa di oggetti, da quelli più luminosi a quelli deboli.
modelli più vecchi, la 4000D agli alti valori Iso non esibisce un
La risoluzione massima è il Full HD (1920 x 1080 px), perciò
rumore fastidioso, anzi è proprio nei valori più alti la sua forza, perciò
può essere utile per catture video a colori della Luna e dei pianeti
anche a 6400 Iso, questa Dslr è veramente fruibile. In normali
sfruttando la App per avviare e interrompere la ripresa. I video
applicazioni astrofotografiche, la utilizzo a 3200 Iso.
potranno essere trattati con programmi come RegiStax per eseguire lo
Curiosamente, ad alti Iso, la 4000D manifesta una insolita sensibilità
stack dopo averli trasferiti nel PC dalla scheda SD.
nel rosso rispetto ad altre fotocamere. Già con pochi secondi, sotto
In questo caso non avrà un concreto vantaggio in prestazioni rispetto
un cielo buio, mostra le nebulose a emissione di un bel colore
a una camera planetaria. L’unico aspetto conveniente è la non
purpureo e non il classico magenta. Forse i progettisti hanno tagliato
dipendenza da un PC per l’acquisizione rispetto a altri sistemi di
i costi scegliendo un filtro taglia infrarosso di minore qualità,
cattura. Occorre però fare molta pratica per gestire al meglio un tale
favorendo paradossalmente l’astrofotografia senza alcuna modifica.
sistema, sia per riprese deep-sky sia planetarie.
Oppure, ad alti Iso, il sensore tende a spianare la curva di risposta e
In figura, una ripresa dell’ammasso aperto M11 nello Scudo, eseguita
così esibisce sensibilità abbastanza costanti alle varie lunghezze d’onda
con rifrattore 127ED e fotocamera Canon EOS 4000D.
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UAI INFORMA
A CURA DI AZZURRA GIORDANI*
ALLA SCOPERTA DEL CIELO CON IL
CENTRO RICERCHE ASTRONOMICHE L’ASTRONOMIA È ALLA PORTATA DI TUTTI NELLA PROVINCIA DI LECCE
» Ripresa notturna della Piazza del Duomo di Lecce.
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UAI INFORMA
A
Lecce e dintorni l’astronomia è alla portata di tutti grazie alle attività del Centro Ricerche Astronomiche (Cra), delegazione territoriale dell’Unione astrofili italiani (Uai). Con il telescopio in spalla i soci del Cra raggiungono posti bui, particolarmente indicati per fare osservazioni astronomiche, e condividono la loro passione per gli astri con il pubblico, guidandolo alla scoperta delle meraviglie del cielo stellato, ripagati dall’entusiasmo e dall’emozione che la visione della volta celeste suscita in adulti e bambini. Parliamo con Guido Pignatiello, presidente del Cra con una lunga esperienza in ambito astronomico, degli eventi divulgativi organizzati dall’Associazione - una realtà scientifica di eccellenza del territorio pugliese - e della sua storia costellata di successi. QUANDO INIZIA L’AVVENTURA DEL CRA? Negli anni 80 a Lecce un gruppo di appassionati e studiosi dell’astronomia si divertiva a osservare il cielo nelle notti più buie con una strumentazione di tipo amatoriale. Nel 1990, ben 32 anni fa, questo gruppo diede vita a una associazione culturale di astronomi amatoriali, senza scopo di lucro, denominata “Centro Ricerche Astronomiche - Isaac Newton” (Cra), con l’obiettivo di svolgere attività di ricerca nel campo delle tecniche di osservazione del cielo e di fotografia di oggetti e fenomeni astronomici, e per realizzare attività didattiche e divulgative su tematiche inerenti alle scienze astronomiche.
Il gruppo si recava spesso sulle montagne del Parco Nazionale del Pollino, precisamente a San Severino Lucano (PZ), dove poi negli anni successivi il Cra ha organizzato diversi Star Party a carattere nazionale, denominati Sotto i cieli del Pollino. Il Parco Nazionale del Pollino è il luogo ideale per cimentarsi nella fotografia astronomica. Dal 2009 al 2015 il Cra e il Dipartimento di Fisica (Sezione di Astrofisica) dell’Università del Salento hanno sottoscritto una Convenzione per la collaborazione paritetica nell’ambito della divulgazione e ricerca astronomica. La Convenzione tra i due enti è stata siglata il 18 febbraio 2009 dal direttore del Dipartimento di Fisica e dall’allora presidente del Cra, Giovanni Maroccia, promotore dell’accordo. La Convenzione ha fornito all’Associazione la possibilità di fruire di aggiornate informazioni accademiche e di spazi interni all’Ateneo per le riunioni. CHE COSA OFFRITE AL PUBBLICO DI CURIOSI E APPASSIONATI DEL CIELO? Negli anni il Cra ha accolto astrofili provenienti dalle tre province del Salento: Lecce, Brindisi e Taranto. Tutt’ora, l’attività principale del Cra è la divulgazione dell’astronomia rivolta al grande pubblico, con l’obiettivo di far comprendere l’Universo in cui siamo immersi, la sua struttura, le sue componenti, la sua evoluzione e anche i possibili pericoli a esso collegati, come gli impatti meteoritici e il rischio asteroidi. Le attività vengono di solito organizzate in collaborazione con
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altri enti, sia pubblici che privati, come Università, Comuni, Scuole, Associazioni culturali, con il Centro Educazione Ambientale (Cea), e ultimamente anche con il Fondo Ambiente Italiano (Fai). Per informazioni sulle attività svolte dal Cra è sufficiente collegarsi al sito www.cralecce.net. Le nostre attività sono rivolte principalmente a un pubblico adulto, ma organizziamo anche incontri per gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado. Nel periodo estivo e durante le festività organizziamo serate a tema, dedicate alla scoperta di argomenti di grande rilevanza scientifica e attualità, e all’osservazione degli eventi astronomici rilevanti del momento, in varie location della provincia di Lecce. Per tutto il periodo estivo, da oltre 15 anni, l’Associazione ha il privilegio di realizzare eventi in collaborazione con il Cea di Porto Cesareo, gestito da Legambiente e Italia Nostra, presso lo storico sito del 1500 della Torre S. Tommaso di Torre Lapillo, e a volte anche sulla Torre Chianca di Porto Cesareo. A coordinare e gestire le attività delle due torri, con mirabile esperienza, è Mino Buccolieri. I nostri eventi sono strutturati secondo uno standard ormai collaudato, che contempla una relazione su temi astronomici, con proiezioni di video e slide a cura del socio Antonio Congedo coordinatore delle attività didattiche e divulgative, docente in pensione di scuola superiore e dell’Università - e, successivamente, osservazioni del cielo a occhio nudo con riconoscimento delle costellazioni, a cura dei soci Fabio Alfonsetti e
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A CURA DI AZZURRA GIORDANI
astronomico professionale, di una serie di ottiche di ricambio, di computer con programmi di astronomia, di un videoproiettore e di accessori, come filtri e oculari di varie misure. Viene anche utilizzata la strumentazione privata di alcuni soci, soprattutto quando vi è molta affluenza agli eventi organizzati. Ricordiamo in particolare un astrofilo leccese che negli anni 50-60 si era impegnato nella costruzione di un telescopio di legno di tipo galileiano, con lenti pesantissime da 20 cm di diametro, tutt’ora custodito dall’associazione.
» La Nebulosa di Orione ripresa da Guido Pignatiello durante una serata con i soci del Cra presso le Cesine - San Cataldo, Lecce, con un teleobiettivo 500 mm f/5,6, nel mese di luglio 2018.
Francesca Strocchio, e all’oculare dei telescopi portatili, attività in cui sono coinvolto insieme ai soci Salvo Intini e Ferdinando De Micco. QUAL È IL RISCONTRO DEL PUBBLICO? L’osservazione astronomica dall’alto della Torre con i nostri telescopi è un’esperienza di grande impatto emozionale per il pubblico, che si dichiara sempre molto soddisfatto dei nostri eventi. L’affluenza media, per singolo evento, è di circa 200 persone. È rimasto nella storia l’evento dedicato all’eclisse totale di Luna del 27 luglio 2018 organizzato presso la Torre Chianca e
inserito nell’ambito dell’iniziativa di divulgazione promossa dall’Unione Astrofili Italiani. Per quell’evento ai receptionist giunsero circa 600 adesioni, ma ne furono accettate solo circa 450 per motivi logistici. DI COSA SIETE ARMATI, OLTRE CHE DI PASSIONE PER L’ASTRONOMIA? Negli anni il Cra, autofinanziandosi, è riuscito a dotarsi di sistemi osservativi di base, che sono a disposizione dei soci. Oggi l’associazione dispone di due telescopi, un Newtoniano e uno Schmidt-Cassegrain, a guida computerizzata, di un binocolo
QUALI SONO I VOSTRI OBIETTIVI FUTURI? La pandemia ha purtroppo bloccato le nostre attività, che speriamo di poter riattivare entro l’estate del 2023. Gli ultimi due eventi più importanti in cui è stata coinvolta l’associazione risalgono al 2019 e 2020: Stelle per tutti, astronomia inclusiva si è svolto l’8 giugno 2019 al Centro di Geodesia Spaziale di Matera, con la collaborazione dell’Agenzia spaziale italiana, della Uai e dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, con lo scopo di far conoscere le meraviglie del cosmo alle persone con disabilità visiva. L’evento Astronomi per una notte dell’8 agosto 2020 è stato invece organizzato con la collaborazione del Fondo Ambiente Italiano presso l’Abbazia di S.M. di Cerrate (Lecce).
*AZZURRA GIORDANI GIORNALISTA, È MEMBRO DELLO STAFF DI COMUNICAZIONE DELL’UNIONE ASTROFILI ITALIANI.
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PLANETARI
A CURA DI GIANLUCA RANZINI*
UN SISTEMA SOLARE GRANDE COME L’ITALIA LE INIZIATIVE PER ASTROFILI E STUDENTI DI PLANIT, L’ASSOCIAZIONE DEI PLANETARI ITALIANI
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pettacoli per planetari in lingua ucraina per i profughi della guerra, interviste a personaggi del mondo della scienza, un docente americano in visita nelle nostre scuole, un Sistema solare diffuso su tutta la Penisola. Sono solo alcune delle iniziative che PLANit, l’Associazione dei Planetari Italiani (www.planetari.org), porta avanti per il pubblico che affluisce ogni anno sotto le cupole grandi e piccole che sono sparse in tutto il nostro Paese, ma anche per scuole e appassionati. PLANITALIA Un Sistema solare ideale in scala, i cui componenti sono distribuiti su tutto il territorio italiano, con il Sole posto all’Osservatorio astronomico di Padova. È stato battezzato PlanItalia. La scala è stata pensata in modo da abbracciare la maggior parte dell’Italia: l’orbita di Mercurio
si trova a 17 km da Padova e quella di Nettuno a 933 km. L’invito di PLANit, rivolto ai planetari, agli Osservatori astronomici professionali e amatoriali e alle strutture che siano interessate a partecipare al progetto, è quello di verificare sulla mappa di PlanItalia (bit.ly/3AsaLUD) la posizione in cui si trovano e di installare presso la loro sede un pannello (fornito da PLANit) che riporta le caratteristiche dell’oggetto del Sistema solare che corrisponde (circa) alla loro distanza, in scala, dal Sole in questo modello virtuale. Una ventina di strutture hanno già aderito all’iniziativa, che vuole far apprezzare, in modo pratico e accattivante, le enormi distanze esistenti tra gli oggetti del Sistema solare, fornendo informazioni su di essi. VOCI DALLE CUPOLE Sul sito di PLANit (bit. ly/3nAJMP7) è possibile trovare sotto forma di video una serie di
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interviste a personaggi di spicco del modo dei planetari e dell’astronomia italiana. Il progetto si chiama “Voci dalle cupole” ed è in continua evoluzione; le interviste sono curate da Loris Ramponi, giornalista e divulgatore, nonché segretario di PLANit. Il taglio è quello di una chiacchierata, in cui il protagonista racconta come si è avvicinato al mondo dell’astronomia e anche aneddoti divertenti capitati durante la sua carriera. Alcune interviste sono più focalizzate su un tema: per esempio quelle con Marco Micheli, del Centro di coordinamento dei Neo dell’Agenzia spaziale europea, sul monitoraggio degli asteroidi potenzialmente pericolosi, oppure quelle con Gian Nicola Cabizza, dirigente della sezione Aif di Cagliari e già responsabile del Planetario dell’Unione Sarda a Cagliari, sull’astronomia nella Divina Commedia di Dante.
PLANETARI
» Dall’alto: la sala di un grande Planetario. La mappa del progetto PlanItalia che intende creare un Sistema solare ideale in scala, ponendo il Sole presso l’Osservatorio astronomico di Padova.
UN DOCENTE AMERICANO… A DOMICILIO È riferita soprattutto al mondo dei planetari e della scuola l’iniziativa Two Weeks in Italy, nata nel 1995 per iniziativa dell’Osservatorio Serafino Zani di Lumezzane (BS) e del Comitato planetari itineranti dell’International Planetarium Society. Ogni anno, tramite un concorso, viene selezionato un planetarista statunitense in base alle proposte che presenta alla giuria. Questo viene invitato a trascorrere circa due settimane in Italia, nel corso delle quali si sposta tra diverse sedi, effettuando conferenze nei planetari, lezioni nelle scuole, workshop per gli insegnanti. Il tutto, naturalmente, in lingua inglese. È una iniziativa interessante per coinvolgere in planetario anche insegnanti diversi da quelli di scienze (in questo caso, quelli di lingue), attuando così una migliore sinergia tra le materie. Il docente è comunque disponibile anche a interventi per il pubblico e per i docenti. I planetari che sono interessati a aderire trovano tutte le informazioni nella relativa pagina del sito di PLANit (bit. ly/3bN8g4R). L’iniziativa si svolgerà nell’aprile del prossimo anno, ma è necessario pianificare gli spostamenti del docente con molto anticipo.
SPETTACOLI IN LINGUA UCRAINA Grazie alla collaborazione di Fulldome Database, PLANit mette a disposizione gratuitamente le tracce audio in ucraino di una ventina di spettacoli fulldome, così che i planetari che lo desiderano possano organizzare attività rivolte ai profughi ucraini. È sufficiente scaricare dal sito fddb.org la nuova traccia di uno spettacolo di cui si possiede la licenza (o che sia distribuito liberamente) e sostituire l’audio in italiano con quello in ucraino. Per informazioni vedi bit.ly/3bLxAbA
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*GIANLUCA RANZINI ASTROFISICO E GIORNALISTA, SI OCCUPA DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA E DI PLANETARI. È TRA I FONDATORI DI PLANIT, L’ASSOCIAZIONE DEI PLANETARI ITALIANI.
EVENTI
A CURA DELLA REDAZIONE
GALACTIC PARK AL PLANETARIO DI MILANO IL 24 SETTEMBRE LA PRIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL DEDICATO ALLA DIVULGAZIONE ASTRONOMICA E SPAZIALE
» Il cielo stellato proiettato sulla cupola del Planetario dallo storico strumento Zeiss.
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EVENTI
N
el centenario della nascita di Margherita Hack, arriva Galactic Park, il festival dedicato a tutti gli appassionati di astronomia ed esplorazione spaziale. Si svolgerà il 24 settembre al Civico Planetario “Ulrico Hoepli” di Milano e nei Giardini Indro Montanelli che lo circondano, per una giornata dedicata all’Universo e alle tecnologie che ci permettono di studiarlo ed esplorarlo. Galactic Park è organizzato da L’Officina del Planetario e da alcune delle maggiori realtà divulgative attive nel settore spaziale, con l’obiettivo di raccontare, informare e coinvolgere la collettività in questi cambiamenti epocali. Con il patrocinio dell’Agenzia spaziale europea, della Unione astrofili italiani, di Thales Alenia Space, e dell’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta. GLI SPETTACOLI AL PLANETARIO Divulgatori e divulgatrici si daranno il cambio in cinque spettacoli all’interno del Planetario, che spazieranno dall’astrofisica pura all’esplorazione spaziale, raccontando le tappe che ci hanno portato alle conoscenze attuali sull’Universo e a sognare di un futuro migliore, fra le stelle. Senza dimenticare le narrazioni fantascientifiche che si ispirano proprio a quelle scienze dell’universo. L’evento prevede la partecipazione di alcune delle più grandi realtà di divulgazione attive al momento, come Link4Universe e Chi ha paura del buio?, oltre a Astrospace.it, Cronache dal silenzio, Astronuts, PhysicalPub, LaRete, The Critical Martian e Nane Brune.
Saranno presenti i noti divulgatori scientifici Adrian Fartade e Luca Perri, che narreranno le idee, le vite e le vicende delle persone che hanno fatto progredire la nostra conoscenza del cosmo nello spettacolo Astrobio – Storie di persone e di idee. I ragazzi di Chi ha paura del buio?, con la loro vasta esperienza di spettacoli divulgativi nei teatri di tutta Italia, porteranno il nuovo spettacolo L’(in) sostenibile bellezza del Cosmo: con l’aiuto di immagini storiche delle missioni spaziali, racconteranno quanto la bellezza dell’Universo abbia un impatto sulle nostre vite e sul nostro immaginario cosmico. Simone Jovenitti di PhysicalPub, con il suo The WOW side of the Moon, parlerà di un curioso insieme di fenomeni fisici, noti a tutti ma di cui raramente si parla. Nane Brune, LaRete e Astronuts porteranno dal vivo il loro format di successo Fantascene, che unisce scienza e fantascienza in un connubio esplosivo e altamente interattivo: il tema è la scienza dei supereroi. A chiudere la serata ci penseranno Davide Coco e Martina Carnio di Link4Universe, con Sto Razzo – Storie assurde di razzi reali in cui racconteranno di quei progetti spaziali folli che – dalla progettazione su carta – non sono riusciti a superare lo scontro con i limiti imposti dalla realtà.
I GALACTIC POINT AI GIARDINI Mentre nel Planetario si svolgeranno gli spettacoli, nei Giardini Indro Montanelli saranno presenti numerosi Galactic Point!, punti di ritrovo in cui i divulgatori e le divulgatrici di Galactic Park saranno a disposizione per chiacchierare di spazio e raccontare entusiasmanti novità, curiosità e prospettive riguardo l’esplorazione spaziale e le scienze astronomiche. Spazieranno dall’astronautica, con l’ausilio di modellini di razzi stampati in 3D, alla geologia planetaria, passando per una vera e propria ricostruzione in scala, destinata a grandi e piccini, del Sistema solare e della Via Lattea. Associazioni di astrofili contribuiranno all’evento con un parco di telescopi per l’osservazione solare. “Siamo veramente orgogliosi di essere riusciti a organizzare questo grande evento”, dice Luca Nardi, comunicatore scientifico, collaboratore di Cosmo e tra gli organizzatori del festival. “Riteniamo che creare una rete di divulgatori e divulgatrici che sia in grado anche di uscire dal web e parlare direttamente alle persone senza i filtri degli algoritmi social sia forse la cosa più bella in assoluto, che getta delle solide e concrete basi per un futuro migliore del racconto delle scienze astronomiche e spaziali nel nostro Paese.”
COME PARTECIPARE L’appuntamento è per sabato 24 settembre a partire dalle ore 14.00; per il programma completo, vedi i siti web www.galacticpark.it e www.lofficina.eu Per assistere ai talk che si svolgeranno all’interno del Planetario, è necessario acquistare i biglietti in prevendita online su booking.lofficina.eu oppure in biglietteria in atrio fino a esaurimento posti. Per partecipare alle attività che si svolgono all’esterno del Planetario, basterà presentarsi e attendere la partenza di una delle esperienze previste (che saranno sospese in caso di pioggia). Per informazioni, e-mail info@lofficina.eu info@galacticpark.it tel. 028 846 3340.
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EVENTI
A CURA DI AZZURRA GIORDANI
EVENTI SOTTO IL CIELO DI AGOSTO E SETTEMBRE
NUS (AO) SPETTACOLI AL PLANETARIO AGOSTO: DA MARTEDÌ A SABATO, ORE 16:00 E 18:00 Il Planetario di Lignan offre al pubblico di adulti e bambini spettacoli multimediali dedicati alla scoperta del cielo del periodo e di affascinanti temi dell’astronomia. bit.ly/3Ec1fVq
Segnalate eventi, mostre, star party a stroppa@bfcmedia.com ATTENZIONE: SI CONSIGLIA DI VERIFICARE LA CONFERMA DEGLI EVENTI SUI SITI INDICATI
SANT’ANNA DI VINADIO (CN) STAR PARTY 26-28 AGOSTO A cura dell’Associazione Astrofili Bisalta e del Gruppo Astrofili William Herschel per ammirare il cielo stellato in una location di eccezione, presso il Santuario. bit.ly/3EcxLa5
CASALZUIGNO (VA) ASTRONOMI PER UNA NOTTE 10 E 11 AGOSTO, DALLE 18:00 Villa Della Porta Bozzolo apre le porte di sera per l’appuntamento del Fondo per l’Ambiente Italiano (Fai) dedicato alle stelle cadenti, a cura dell’Osservatorio Astronomico G.V. Schiaparelli. bit.ly/3tO0kGN
MONTE ZUGNA (TN) VENERDÌ A LUME DI STELLA TUTTI I VENERDÌ, ORE 21:30 Serate di osservazione astronomica presso l’Osservatorio di Monte Zugna, a 1620 m slm, a cura degli esperti della Fondazione Museo Civico di Rovereto. bit.ly/3be7aij
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EVENTI
VERONA LUNA IN PIAZZA BRA 9 AGOSTO, ORE 21:00; 6 SETTEMBRE, ORE 20:00 Il Circolo Astrofili Veronesi offre al pubblico di adulti e bambini una serata astronomica con osservazione della Luna al telescopio. bit.ly/2IZvJ1J
SOVICILLE (SI)
ROSELLE (GR)
VISITE GUIDATE ALL’OSSERVATORIO 12 E 26 AGOSTO, 9 E 23 SETTEMBRE ORE 21:30 L’Osservatorio astronomico di Montarrenti, gestito dall’Unione Astrofili Senesi, apre le porte al pubblico per guidarlo alla scoperta delle meraviglie del cielo a occhio nudo e al telescopio. bit.ly/3Ob5zZP
IL SIGNORE DEGLI ANELLI 5 AGOSTO, ORE 21:30 Serata astronomica dedicata alla scoperta di Saturno, presso l’Osservatorio Astronomico, a cura dell’Associazione Maremmana Studi Astronomici. bit.ly/3tNnJrQ
ROCCA DI PAPA (RM) NOTTE DELLE STELLE 12 AGOSTO, ORE 20:45 Evento a cura dell’Associazione Tuscolana di Astronomia, presso il Parco astronomico “Livio Gratton”, dedicato alla scoperta e all’osservazione dello sciame meteorico delle Perseidi. bit.ly/3HDu8eZ
BARI SPETTACOLI AL PLANETARIO SU PRENOTAZIONE Il planetario di Bari, con cupola di 15 metri di diametro e tecnologia tra le più sofisticate d’Europa, offre al pubblico spettacoli ricchi di suggestioni ed effetti speciali per viaggiare nel Cosmo. bit.ly/3EdEalc
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DI ROBERT GALASSI*
LO SPAZIO A PORTATA DI MANO CON
SPACEFLIGHT SIMULATOR IL MONDO DEI SIMULATORI SPAZIALI DIVENTA PIÙ POPOLARE GRAZIE A PRODOTTI SEMPRE PIÙ ACCESSIBILI
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on è una novità che il mondo dei simulatori (per di più spaziali) sia una nicchia limitata; se infatti pensiamo a un simulatore spaziale, immaginiamo la necessità di avere delle conoscenze di base non
sempre ovvie per poterlo utilizzare in modo efficace e completo. L’obiettivo di SpaceFlight Simulator è proprio quello di coniugare la semplicità di un videogioco 2D agli elementi base dell’astrodinamica; il risultato è un prodotto dal
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successo assoluto, che è riuscito a coinvolgente nuovi giocatori anche non appassionati alla nicchia e quindi non esperti. La caratteristica che rende questo titolo così appetibile è sicuramente il mondo bidimensionale, che riesce in maniera
RECENSIONI
di aggiungere modifiche amatoriali che consentono di annettere al gioco nuovi corpi celesti oltre al Sistema solare o di inserire astronavi già costruite da altri giocatori.
» In queste pagine alcuni frame di SpaceFlight Simulator riguardanti il lancio, il volo e l’atterraggio di un veicolo spaziale.
egregia a permettere l’esecuzione di qualsiasi manovra di movimento nelle due dimensioni: ci siamo stupiti che il “motore” del gioco supporti eventi come fly-by, attriti con atmosfere con conseguente formazione di calore e anche collisioni. Il gioco permette la costruzione di qualsiasi tipo di vettore o astronave e si è quindi liberi non solo di esplorare con libertà
assoluta, ma anche di controllare quanto la propria astronave sia performante o ben equilibrata. Un’altra nota di merito è la facilità con cui si presenta l’editor del razzo, dall’interfaccia semplice ed essenziale, ma che offre molteplici funzionalità e moltissimi oggetti per costruire il proprio vettore senza limiti. È interessante anche la possibilità
COME OTTENERE SPACEFLIGHT SIMULATOR SpaceFlight Simulator è sviluppato da Stefo Mai Morojna. È disponibile sia per dispositivi Android che iOS (ma solo per le versioni più avanzate) sui rispettivi store digitali gratuitamente, con estensioni a pagamento. È disponibile anche la versione anticipata per PC, ottenibile dal negozio di videogiochi digitali Steam (store.steampowered.com) al prezzo di 11,99 €. Inquadra il QR per un video di presentazione di SpaceFlight Simulator.
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AGGIORNAMENTI CONTINUI Uscito per la prima volta nel 2017, il titolo ha già subito in questi anni svariati aggiornamenti, sempre più corposi, e il team di sviluppo ha dichiarato di aver intenzione di aggiornare il videogioco sempre di più e ancora per molto tempo. Uno degli ultimi aggiornamenti comprendeva l’introduzione degli scudi termici ed è imminente (forse per il prossimo mese di agosto) l’uscita della versione del gioco per PC. A differenza di altre applicazioni del genere, SpaceFlight Simulator si presenta come una applicazione gratuita, che offre però la possibilità di acquistare dei contenuti aggiuntivi. Per esempio, esiste l’estensione per poter costruire vettori di maggiori dimensioni, oppure quella che consente di avere a disposizione più pianeti da poter visitare. Di conseguenza, il titolo si offre come gratuito per un utente inesperto, con poche affinità con questo tipo di videogiochi, ma per gli utilizzatori più esigenti, che sono interessati ad avere qualcosa di più, risulta comunque un titolo economico, perché permette di acquistare singolarmente i contenuti aggiuntivi, in base al proprio stile di gioco, per personalizzare il prodotto. *ROBERT GALASSI È UN GIOVANE APPASSIONATO ALLO SPAZIO, IN PARTICOLARE ALLE MISSIONI SPAZIALI E ALL’ASTRODINAMICA.
L’UNIVERSO SU MISURA FILIPPO BONAVENTURA, LORENZO COLOMBO, MATTEO MILUZIO MILANO, RIZZOLI, 2021 PAGINE 324 CON OTTAVO DI TAVOLE FUORI TESTO A COLORI FORMATO 14,2 X 21,7 CM - PREZZO € 18,00 possa realizzare condizioni compatibili con la vita. Un’affermazione che può sembrare ovvia, ma che suggerisce riflessioni importanti, soprattutto se confrontata con le scoperte scientifiche che hanno mostrato progressivamente, in un cammino durato secoli, come la Terra non sia il luogo centrale dell’Universo. Ma questa è solo una delle riflessioni che possiamo fare sull’Universo su misura di cui ci parlano Bonaventura e colleghi. Gli autori, tutti e tre con una formazione da astrofisici alle spalle, sono da anni divulgatori molto apprezzati, soprattutto grazie alla pagina Facebook Chi ha paura del buio?, molto seguita in rete dagli appassionati. Dalle interazioni fondamentali alle particelle elementari, dallo spazio-tempo alla materia oscura, il saggio ci accompagna, con uno stile chiaro e fresco, alla scoperta dei vari elementi che compongono il nostro Universo, guardandoli da una prospettiva inedita e curiosa, facendoci così riflettere sulla grande architettura del cosmo intorno a noi. Massimiliano Razzano
Quando leggiamo le pagine di Cosmo e ammiriamo le immagini di pianeti, nebulose e galassie, restiamo facilmente affascinati dalla loro bellezza. Non sempre però ci fermiamo a pensare agli ingredienti che hanno portato alla loro formazione e alle leggi che ne hanno determinato l’evoluzione fino ad oggi. O a riflettere sul fatto che, se noi siamo qui a guardare quelle immagini o a leggere queste pagine, è grazie alla combinazione di innumerevoli fattori e coincidenze che si sono accumulati nel tempo, dal Big Bang ai giorni nostri. Quello in cui viviamo è davvero un Universo fatto su misura per noi? Se lo chiedono Filippo Bonaventura, Lorenzo Colombo e Matteo Miluzio in questo saggio dedicato a tutte le possibili coincidenze cosmiche che hanno portato all’Universo come lo conosciamo, un vero e proprio Viaggio nelle incredibili coincidenze cosmiche che ci permettono di essere qui, come recita il sottotitolo dell’opera. Il saggio si apre con l’esposizione del “principio antropico”, che ci mostra come la nostra esistenza sia una dimostrazione che l’Universo
TUTTA COLPA DI VENERE LEONARDO PICCIONE VICENZA, NERI POZZA, 2022 PAGINE 250 FOMATO 13 X 21,50 CM PREZZO € 18,00 coloniali tra Francia e Inghilterra glielo impedirono, ma non si diede per vinto a decise di aspettare il transito successivo, che sarebbe avvenuto otto anni dopo! Nel frattempo, mappò il Madagascar e visitò le Filippine, per poi arrivare al riconquistato avamposto di Pondicherry dove i suoi sforzi vennero però nuovamente vanificati da una “nuvola fatale”. Questa è solo una parte delle (dis)avventure raccontate da Piccione in Tutta colpa di Venere, dato che l’astronomo francese, dopo anni passati nell’Oceano Indiano in attesa di un fenomeno che non riuscì a osservare, finalmente tornò in patria, dove però trovò un’altra dose di sfortuna ad aspettarlo. È difficile non provare simpatia per questo personaggio dalla determinazione granitica, che ci permette di apprezzare quanto fosse alta la posta in gioco. La comprensione del Sistema solare - sul quale non è ancora stata detta l’ultima parola - passava dalla luce (e dall’ombra) di Venere. Patrizia Caraveo
In genere, gli scienziati entrano nella storia per essere riusciti a ottenere un risultato importante. L’accademico francese Guillaume Le Gentil è un interessante controesempio, perché viene ricordato grazie a una incredibile serie di sfortune che gli ha impedito di raggiungere il suo obiettivo: misurare il transito di Venere sul disco solare. Quelli che interessavano erano i tempi di ingresso ed egresso dell’ombra del pianeta sul disco del Sole e la durata totale del transito. Si tratta di parametri che, se misurati con precisione da diverse posizioni geografiche sul globo terrestre, avrebbero permesso agli astronomi di stimare con accuratezza la distanza Sole-Terra, quella che viene chiamata “Unità Astronomica”. Si trattava di una osservazione che al tempo era molto importante, riguardante un fenomeno purtroppo raro. Le Gentil aveva realizzato che la misura del transito di Venere avrebbe costituito l’apice della sua carriera. Era partito con ampio anticipo per l’India, alla volta della colonia francese di Pondicherry, dove contava di installarsi per osservare il transito del 1761. Le guerre
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