I mercati coperti di Giuseppe Mengoni | Rita Panattoni

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nuovi mercati tra pianificazione urbana e rinnovamento architettonico

israelitico, la commissione incaricata di procurare l’adesione dei proprietari e degli inquilini degli stabili coinvolti nell’impresa non sarà in grado di riferire fino al 186452. Eppure sappiamo con certezza che l’élite ebraica fiorentina era da tempo interessata alla vendita di quei fabbricati centrali cadenti, ma allettanti per soddisfare gli appetiti speculativi che da più parti si stavano risvegliando in città. Intanto sotto la spinta di una crescita economica e demografica che coinvolge l’intero Granducato – in linea con quanto accade in Europa – Firenze sta ampliando il suo assetto territoriale ancora prima di diventare capitale53. Nel contempo procedono le istanze per nuove aperture e traslochi di botteghe54 e affinché sia rimosso il mercato delle erbe dalla piazza del Carmine, a causa del «chiasso […] e valutata inoltre la circostanza che detta località è ora una delle più decenti e insieme più popolate che si abbia nella parte meridionale della Città». I proprietari degli immobili gravitanti sulla piazza chiedono che il Municipio accolga la loro petizione perché «mentre i loro stabili per il fatto del Mercato degli Erbaggi hanno sofferto un notabile deprezzamento, non è stata fatta, come sarebbe stato di giustizia, diminuzione alcuna sulla Rendita imponibile attribuita agli stabili medesimi e sul Dazio che ne consegue»55. Il rigetto della richiesta fomenterà il malcontento che aleggia nei settori più sensibili della città, sui quali si appunteranno gli interessi della comunità appena Firenze sarà chiamata a ospitare la sede del governo. Topografia dei nuovi luoghi di mercato

Con la formalizzazione del trasferimento della capitale da Torino a Firenze56 la questione di un nuovo mercato per la città diventa improcrastinabile. Occorre rimuovere il Mercato Vecchio dal centro, che deve accogliere l’apparato governativo piemontese, e predisporre una più organica distribuzione dei luoghi deputati all’approvvigionamento. L’obiettivo è quello di superare la distribuzione puntiforme di botteghe in favore di una loro concentrazione più funzionale alle esigenze della città e a quelle (C. Boccato, Istituzione del ghetto veneziano: il diritto di locazione perpetua o “ius gazagà” ed i banchi di pegno, estratto dal «Giornale economico della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Venezia», 3, 1971). Sull’inquilinato perpetuo come istituto giuridico riconosciuto agli ebrei per aggirare l’impossibilità di possedere immobili, vedi V. Colorni, Gli Ebrei nel sistema di diritto comune fino alla prima emancipazione, Giuffrè, Milano 1956, pp. 60 ss. 52 ASCFi, Comune di Firenze, Studi e progetti del riordinamento del centro di Firenze, CF 7149, 6 giugno 1864, cc. 705-708. La commissione del 1862 era composta da Giuseppe Orefice e dagli avvocati Prospero D’Ancona, Moise Finzi e Dante Coen, quest’ultimo segretario dell’Università Israelitica, mentre le conclusioni del 1864 saranno firmate dagli stessi Orefice e Coen insieme a David Levi, presidente del Consiglio dell’Università e della comunità ebraica fiorentina (1863-1870), vedi B. Armani, Il danno e la fortuna di essere ebrei: commerci, famiglie e vincoli di gruppo nella Firenze dell’Ottocento, «Quaderni storici», 114 (2003), pp. 653-696: 694. Cfr. L.E. Funaro, Ebrei di Firenze: dal ghetto alla Capitale, in Chiavistelli (a cura di), Una città per la nazione?, cit., pp. 169-199: 172 ss. 53 ASCFi, Comunità di Firenze, Deliberazioni Consiliari, CA 98, Ad. 18 giugno 1863. Cfr. C. Badon, Imprenditorialità a Firenze dal Granducato alla Grande Guerra (1852-1912), in «Rassegna Storica Toscana», 2 (2012), pp. 189-224. 54 Ivi, Registro generale 1862, CA 418, aff. 1212; Registro generale 1863, CA 419, aff. 341 e aff. 1181; Registro generale 1864, CA 421, aff. 571. 55 Ivi, Registro generale 1864, CA 421, aff. 528 e Affari sfogati 1864, CA 715, aff. 528. 56 Secondo quanto stabilito dal Protocollo segreto accluso alla Convenzione del 15 settembre 1864, stipulata tra il governo francese e quello italiano, la capitale del Regno d’Italia doveva essere spostata da Torino in altra città entro sei mesi dalla ratifica degli accordi (L. 2032/11 dicembre 1864), in cui si sarebbe sancita la scelta di Firenze, vedi A. Chiavistelli, Da Torino a Firenze. Una capitale in transito, in Id. (a cura di), Una città per la nazione?, cit., pp. 11-43.

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