I mercati coperti di Giuseppe Mengoni | Rita Panattoni

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nuovi mercati coperti nell’italia postunitaria

custode, era costruito in muratura e pietra per un’altezza al colmo di 14 m. L’uso del materiale metallico era limitato alle 40 capriate Polonceau in ferro e legno e alla cornice a trafori in ghisa che coronava le cuspidi del tetto e dei fronti, provvisti di aperture perimetrali protette da griglie mobili in lamiera zincata; una rete di canalizzazioni raccoglieva le acque reflue a mezzo di graticci sempre in ghisa, convogliandole nello scarico centrale. Nessuno di essi sopravvivrà all’avvio del nuovo secolo, testimoniando il rapido superamento della tipologia ottocentesca, ma, soprattutto, nessuno di essi è paragonabile a ciò che Mengoni elabora per Firenze capitale. Per quanto concerne il commercio all’ingrosso, la vendita degli alimenti continua a svolgersi all’aperto nella centralissima piazza Santo Stefano, da cui viene trasferita nel 1873 per essere riorganizzata sempre all’aperto lungo il viale orientale di porta Vittoria; qui rimane fino al primo decennio del nuovo secolo, quando si costruirà un grande mercato in ferro e vetro lungo corso XXII Marzo (1911), in un’area ben servita dalle infrastrutture non distante dalla precedente, dove resterà fino alla demolizione nel 196528. Con il ripensamento del sistema di approvvigionamento che segna il primo Novecento, la scelta di Milano sarà quella di concentrare i mercati all’ingrosso presso lo scalo merci di porta Vittoria, dove è già operativo il nuovo mercato ortofrutticolo, cui seguiranno il mercato di Polli e Uova (1925) e il nuovo mattatoio (1930), mentre il mercato ittico sarà trasferito presso la nuova stazione Centrale (1935)29. Completeranno il programma undici mercati al dettaglio dell’Azienda consortile dei consumi del Comune, distribuiti a corona nei quartieri della nuova periferia industriale (dal 1928)30. Roma A Roma il riordino dei mercati delle cibarie, seppur oggetto di dibattiti fin dagli ultimi decenni dell’Ottocento, giungerà a maturazione solo nel secolo successivo, in netto ritardo rispetto all’epoca considerata. Connessa in principio allo spostamento di alcune attività commerciali dal centro storico, la questione finirà per imporsi come tema legato allo sviluppo della zona periferica tra porta Ostiense e la basilica di San Paolo fuori le mura, dove si concentreranno i nuovi macelli e mercati generali, suggerendo un parallelo tra la situazione di Roma e quella di Milano se non fosse per il diverso contesto economico, sociale e istituzionale31 e per la mancanza di mercati in ferro e vetro, a dispetto delle numerose proposte di architetti, ingegneri e imprenditori che la letteratura permette di ricostruire: I progetti di nuovi mercati coperti, che nell’ultimo trentennio dell’Ottocento sono sottoposti all’esame delle commissioni tecniche comunali e dell’amministrazione, riassumono gli orientamenti prevalenti nell’architettura dei mercati realizzati nello stesso periodo nei maggiori centri della nazione. […] riflettono le Un nuovo mercato ortofrutticolo all’ingrosso verrà costruito non lontano rafforzando il carattere di «città annonaria» della zona di Calvairate, cfr. P. Montagnani, P. Batelli, Il civico mercato ortofrutticolo di Milano, «Città di Milano», 4-5 (1947). 29 S. Aleni, V. Redaelli (a cura di), Storia e storie dei Mercati Generali a Milano, Quattro, Milano 2013. 30 P. Montagnani, P. Batelli, I mercati rionali coperti della città di Milano, «Città di Milano», 8-9 (1947). 31 A. Caracciolo, Le tre capitali d’Italia: Torino, Firenze, Roma, in C. De Seta (a cura di), Le città capitali, Laterza, Roma 1985, pp. 195-200. 28

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