TEME 1-2/2023

Page 1

RICCARDO BOND

SPECIALE

NUOVO CODICE APPALTI

PRIMO APPUNTAMENTO

FEDERICO FIDANZA

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

NEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI

GIAMPAOLO AUSTA

LA REVISIONE PREZZI NEGLI APPALTI

DI SERVIZI E FORNITURE: QUESTIONI

DI REGIME INTERTEMPORALE

E PROSPETTIVE DI RIFORMA

ISSN 1723-9338 BIMESTRALE DI TECNICA ED ECONOMIA SANITARIA 01/02.23

La risposta alle esigenze della sanità

Alpha A-B Plus in plastica antibatterica

Per le sale operatorie e le stanze di degenza

Alpha Metal Free privo di componenti metalliche

Per le aree di risonanza magnetica

Realizzati in parte con componenti in plastica certificati PSV - Plastica Seconda Vita

www.filmop.com

Tecnica e metodologia economale Bimestrale di tecnica ed economia sanitaria fondato nel 1962 per l’aggiornamento professionale degli economi e provveditori della Sanità.

ISSN 1723-9338

Organo ufficiale della FARE

Federazione delle Associazioni Regionali Economi e Provveditori della Sanità fare

www.fareonline.it

Direttore responsabile

Direttore editoriale

Enza Colagrosso

Tel. 393.5564782

e.mail: redazione.teme@gmail.com

In copertina: foto di Valentina Quarta

sommario

editoriale

3 Momenti bui e difficili ci attendono articoli nuovo codice appalti - I° appuntamento

4 Arriva la riforma del Codice dei Contratti. Cosa c’è di nuovo e soprattutto quando diviene efficace? intelligenza artificiale

8 L’Intelligenza Artificiale nel nuovo Codice dei contratti revisione prezzi

13 La revisione prezzi negli appalti di servizi e forniture: questioni di regime intertemporale e prospettive di riforma revisione prezzi

18 La revisione prezzi negli appalti di forniture e servizi nel contesto attuale il contratto di avvalimento

22 Il contratto di avvalimento: “Le valutazioni del seggio di gara” confindustria dispositivi medici

28 Payback sui dispositivi medici: le conseguenze per l’occupazione, i territori e gli ospedali la procedura negoziata

30 La procedura negoziata alla prova del giudice: alla ricerca della infungibilità dimenticata esclusioni da una gara pubblica

33 L’onere dichiarativo di pregresse esclusioni da una gara pubblica. Un’analisi attraverso la giurisprudenza piano per pandemia influenzale

35 Elaborazione del piano di preparazione e risposta ad una pandemia influenza dell’Azienda ULSS 6 Euganea

VIII Corso di formazione FARE

39 VIII Corso di Alta Formazione 2021/22 per Funzionari e Dirigenti in Sanità dalle associazioni

45 Un ultimo saluto al collega Emilio Perusi gli esperti rispondono

47 Sulla clausola di territorialità

48 focus

Le foto all’interno sono di Licia Soncini

Licia Soncini, fondatrice e presidente di Nomos Centro Studi Parlamentari, tra un documento da leggere e uno da scrivere alza lo sguardo per fotografare il bello intorno. In questo numero immagini della abbondante nevicata in Abruzzo

Direzione, Amministrazione e Pubblicità

EDICOM s.r.l.

Sede legale: via Zavanasco, 2

20084 Lachiarella (MI)

Sede operativa:

Via Alfonso Corti, 28 - 20133 Milano

tel. 02 70 63 36 94

fax 02 70 63 34 29

e-mail:info@fareonline.it

Abbonamento ordinario annuale Euro 100,00

c.c.p. 38498200 intestato a Edicom srl

Copia Euro 1,29

Impaginazione e Stampa

STI - Stampa Tipolitografica Italiana

Via Sesto Celere, 3 - 00152 Roma - Tel. 06 5814649

e-mail: info@grupposti.it

Autorizzazione del tribunale di Milano n° 15 del 25/01/16

La pubblicità non supera il 45% del numero delle pagine di ciascun fascicolo della rivista. © Copyright EDICOM s.r.l. - Milano

Le opinioni espresse negli articoli firmati vincolano soltanto gli autori. La posizione ufficiale della FARE sui vari temi ed argomenti trattati nella rivista è unicamente quella contenuta nei documenti degli organi deliberanti. In caso di riproduzione è necessaria la preventiva autorizzazione scritta del Direttore di Teme. L’editore garantisce la riservatezza dei dati forniti dai destinatari della rivista TEME nel rispetto dell’art. 13 D.Lgs. n.196/2003. Gli interessati (destinatari o autori) hanno la possibilità di far valere i propri diritti, senza alcuna spesa, secondo quanto previsto dall’art.7 del sopra citato D.Lgs. rivolgendosi al responsabile del trattamento dei dati Barbara Amoruso presso Edicom, Via Alfonso Corti 28, Milano.

2023
gennaio-febbraio
4
18 13 30

Momenti bui e difficili ci attendono

Dopo la crisi pandemica e le connesse difficoltà di approvvigionamento, che ha visto tutti gli uffici acquisti degli enti operanti a qualsiasi titolo nel settore sanitario impegnati in una – silenziosa ma operosa e spesso dimenticata - prima linea per tutto il 2020. Dopo lo sforzo, immane e congiunto, richiesto all’intero SSN per l’attuazione di una fruttuosa ed efficace, ma faticosa, campagna vaccinale per tutto il 2021. Dopo l’impegno e l’ingegno profusi per riuscire a continuare a garantire il rispetto dei principi di economicità e congruità negli acquisti pubblici a fronte di mercati turbati da fenomeni speculativi e segnati da rilevanti effetti distorsivi, sui costi della logistica internazionale prima e sui prezzi delle materie poi, culminati con la crisi energetica aggravata dal conflitto internazionale in corso. Dopo essere stati chiamati a partecipare più che attivamente nel 2022 a quell’ambizioso progetto che è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), curando la babele di acquisti necessari per la sua attuazione, tentando di rispettare la costellazione di milestone fissate nell’ottimismo post pandemico dal legislatore europeo. E quest’anno, il nuovo Codice. Previsto dalla legge delega al Governo del giugno 2022 al dichiarato fine di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, oltre che di evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea, dovrà essere adottato entro giugno 2023 costituendo attuazione dello stesso PNRR quale riforma abilitante. Nel momento in cui scrivo lo schema di decreto legislativo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri a metà dicembre, è ancora all’esame delle commissioni parlamentari competenti, ma ha già provocato, per alcune delle modifiche sostanziali introdotte, reazioni caleidoscopiche da parte di Comuni, sindacati, associazioni di categoria e imprese, fino alla stessa ANAC, che ha richiesto a gran voce una serie di modifiche invocando prudenza. Ad oggi quindi non si sa ancora che sembianze assumerà la versione finale del Codice, quella che sarà approvata e che – una volta letta, analizzata, studiata e, per quanto possibile, digerita – dovremo arrivare, se non ad amare, quantomeno ad accettare. L’unica certezza è che momenti bui e difficili ci attendono. Presto dovremo affrontare la scelta fra ciò che è giusto – nuovo Codice - e ciò che è facile - norme e prassi ormai consolidate. La fatica di Sisifo del provveditore, destinato a dover riapprendere daccapo il proprio lavoro, ciclicamente, a distanza di qualche anno nella migliore delle ipotesi, in una sorta di giorno della marmotta permanente. E di fronte a questo ennesimo sforzo erculeo che ci viene richiesto, come professionisti, l’unica possibile via è quella tracciata da chi ci ha preceduto, dal 1960 ad oggi, rimanendo tutti - centrali regionali e aziende sanitarie, IRCCS e case di riposo – uniti attraverso la preziosa rete composta dalle associazioni regionali e dalla federazione nazionale, condividendo esperienze, idee e soluzioni, nella consapevolezza che solo insieme, si vince.

3
editoriale
“Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno.” - Enrico Berlinguer

Arriva la riforma del Codice dei Contratti. Cosa c’è di nuovo e soprattutto quando diviene efficace?

Il 2023 si apre all’insegna delle novità sul fronte della normativa degli appalti pubblici.

A dire il vero non si ricorda un anno recente in cui non vi sia stato un intervento normativo nella materia, sia di iniziativa parlamentare, sia per decretazione d’urgenza da parte del Governo, ma questa volta ci troviamo dinnanzi ad una modifica più radicale del Codice dei Contratti.

Ma andiamo con ordine.

Tutto nasce dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che prevede un pacchetto di investimenti e riforme articolato in sei missioni. Il Piano promuove un’ambiziosa agenda di riforme, e in particolare, le quattro principali riguardano: pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione e competitività. Tra le azioni che il Governo nel 2020/21 ha inserito nel piano vi era anche la riforma del Codice dei Contratti pubblici, nell’ottica di operare una razionalizzazione, riorganizzazione e semplificazione della disciplina vigente, nonché al fine di risolvere le procedure di infrazione aperte dalla Commissione Europea causate direttamente dall’erronea attuazione delle direttive del 2014 in materia di appalti pubblici. Per fare ciò è stato previsto un programma molto rigoroso che per struttura del PNRR deve essere rispettato in ogni sua scadenza, pena la perdita dei finanziamenti europei legati al Piano. Nel 2021 abbiamo avuto il primo tassello con l’approvazione del DL 77/2021, convertito con L 108/2021(anche noto come “decreto semplificazioni bis”), che ha introdotto le regole per la gestione del PNRR e degli affidamenti da esso derivanti. Nel 2022 il Parlamento ha approvato la legge n. 78/2022 che ha delegato il Governo ad emanare un Decreto Legislativo contenente la riforma del Codice dei Contratti, nell’ottica di farlo evolvere e renderlo più aderente agli obiettivi promessi all’Unione Europea. La legge aveva fissato al Governo la scadenza del 31.12.2022, quale termine ultimo per formulare il testo di riforma, ma la crisi dell’Esecutivo guidato da Mario Draghi, che ha portato ad elezioni anticipate, ha posto

un grande interrogativo sul rispetto di tali tempistiche. Questa ipotesi è stato scongiurata grazie all’intervento del Consiglio di Stato, che è stato messo in condizione dal Governo uscente di elaborare una bozza da sottoporre al nuovo Esecutivo che si sarebbe formato dopo l’appuntamento elettorale dell’autunno 2022. Ciò è stato possibile grazie al fatto che la legge delega prevedeva già questa eventualità. L’attività consultiva è divenuta di proposta tecnica legislativa, proprio per evitare che la maggioranza appena insediata non avesse il tempo tecnico per discutere e scrivere la riforma.

Una prova di pragmatismo invidiabile

Il lavoro effettuato dal Consiglio di Stato è stato così di livello che la bozza di Dlgs è stata approvata nel Consiglio dei Ministri del 16.12.2022, apportando lievi modifiche e rimandandolo alle verifiche pre-pubblicazione a cura delle Commissioni Parlamentari. Quest’ultima fase dovrebbe concludersi entro il 31.03.2023, con la pubblicazione del nuovo Decreto Legislativo che sostituirà l’attuale Dlgs 50/2016.

L’appropinquarsi di quella data pone negli operatori del settore molte domande e in questo primo articolo proveremo a dare risposta a quelle preliminari:

1) Cosa dobbiamo aspettarci da questa riforma?

Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri ricalca, in massima parte, lo schema proposto dal Consiglio di Stato, che prevede una riorganizzazione generale del Codice dei Contratti. Questo si traduce in una ricollocazione degli istituti giuridici già presenti nel Dlgs 50/2016, nonché in un ampliamento e talvolta in una riformulazione di disposizioni già note o oggetto di pronunce giurisprudenziali degli ultimi 7 anni. Si tratta, tuttavia, di una riorganizzazione proprio perché le direttive comunitarie vigenti sono sempre le 2014/UE/23-24-25, quindi le disposizioni normative sovranazionali restano invariate nei contenuti e nella loro portata. Ciò significa che il contenuto del nuovo Decreto Legislativo non potrà essere innovativo in senso assoluto, proprio perché non cambia il quadro

4
nuovo codice appalti - I appuntamento Riccardo Bond - Avvocato Specialista in contrattualistica pubblica – Legal Specialist & Compliance presso IHS srl

legislativo europeo che resta sempre quello del 2014, ma lo sarà sotto il profilo organizzativo della norma. La legge delega avrebbe permesso la possibilità di mantenere lo schema dell’attuale Dlgs 50/2016, apportando modifiche mirate e questo approccio conservativo sarebbe stato certamente preferibile. Dobbiamo considerare che nel 2024 è previsto l’arrivo delle nuove direttive appalti, che dovranno essere recepite dal nostro Paese entro il 2026, anno in cui arriverà un nuovo Codice dei Contratti. E’ su questo aspetto che si dovrebbe fare una riflessione: cambiare integralmente il testo nel 2023, con tanto di ricollocazione degli istituti giuridici già noti, comporterà negli operatori interessati all’applicazione della norma quella maggiore insicurezza, che si crea ogni volta che c’è un cambio legislativo così radicale.

2) Le modifiche impatteranno solo sugli appalti legati al PNRR?

No riguarderà tutto l’impianto degli affidamenti. L’art. 226 comma 1 della bozza di riforma dice esplicitamente che il “ decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 è abrogato dal 1° luglio 2023”. Da ciò si desume che questa bozza sostituirà l’attuale Codice dei Contratti. Tuttavia, è bene ricordare che l’art. 225, comma 7 della bozza prevede una norma specifica per le procedure di affidamento finanziate con risorse del PNRR e PNC, “si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge 31 n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021.”. Quindi il nuovo Codice sarà norma generale in materia di affidamenti pubblici, mentre il decreto semplificazioni bis resterà la norma contenente disposizioni particolari applicabili solo agli affidamenti finanziati con il PNRR e PNC.

3) Quando entra in vigore il nuovo Codice dei Contratti? Sul punto bisogna fare un po’ di chiarezza perché la risposta è contenuta in diversi articoli della bozza di riforma, che, tuttavia, devono essere tra loro raccordati. Partiamo dall’art. 229, in quanto disposizione finale della bozza, dove al comma 1 si legge che il “codice entra in vigore, con i relativi allegati, il 1° aprile 2023.” . Se leggessimo questa disposizione da

sola, dovremmo interpretarla con le parole dell’ultimo comma dell’art. 73 della Costituzione Italiana che prevede: “Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.”. La nostra Carta costituzionale prevede che una legge entri in vigore, ordinariamente, dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, mentre in via straordinaria la legge può fissare un termine diverso, più breve o più lungo. Si tratta della c.d. vacatio legis, che è il periodo di tempo che intercorre dalla data di pubblicazione di una legge e la data di applicazione, fissata dalla norma stessa. Appare evidente che l’espressione “entra in vigore” , presente nel testo approvato dal Governo, è stata usata in maniera atecnica, perché in realtà dal 1.04.2023 la bozza non prevede l’applicazione del nuovo Codice dei Contratti. Questa interpretazione è avvalorata dalla lettura congiunta dell’art. 229, comma 2 della bozza dove si legge che le disposizioni del codice, con i relativi allegati “acquistano efficacia il 1° luglio 2023”, unitamente all’art. 226 della bozza dove viene chiarito al comma 1 che il Dlgs 50/2016 “è abrogato dal 1° luglio 2023” , mentre al comma 2 si legge che “le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso.” . Le disposizioni appaiono arzigogolate e devono essere tra loro raccordate, riportandole alla terminologia utilizzata dalla Costituzione; il nuovo Codice dei Contratti verrà pubblicato entro il 01.04.2023, ma la sua entrata in vigore (con acquisizione di efficacia della norma) viene posticipata al 01.07.2023, per effetto della c.d. vacatio legis.

4) Ma se il Dlgs 50/2016 viene abrogato da 1° luglio 2023, le procedure e i contratti in esecuzione a tale data dovranno applicare il nuovo Codice dei Contratti?

Questo aspetto appare uno dei più controversi, sempre per un problema di terminologia utilizzata. Per comprendere meglio consideriamo l’art. 216, comma 1 del Dlgs 50/2016 che prevede esplicitamente che il Codice dei Contratti “[…] si applica alle

5
nuovo codice appalti - I appuntamento
Il contenuto del nuovo Decreto Legislativo non potrà essere innovativo in senso assoluto, proprio perché non cambia il quadro legislativo europeo che resta sempre quello del 2014, ma lo sarà sotto il profilo organizzativo della norma

nuovo codice appalti - I appuntamento

procedure e ai contratti per le quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore […]”. La norma nella sua estrema semplicità chiarisce che il Codice dei Contratti si applica per tutte le procedure avviate a partire dalla data di entrata in vigore del Dlgs 50/2016, quindi tutti gli affidamenti avviati e/o affidati prima di tale data mantengono la precedente normativa. Nella bozza di riforma del Codice dei Contratti, all’art. 226, comma 1 si legge che “il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 è abrogato dal 1° luglio 2023”. Il termine abrogazione è molto specifico, perché viene utilizzato quando una norma non fa più parte dell’ordinamento e, quindi, viene a mancare. Se si continua la lettura dell’art. 226 dopo aver parlato dell’abrogazione del Dlgs 50/2016, viene specificato al comma 2 che: “A decorrere dalla data in cui il codice acquista efficacia ai sensi dell’articolo 229, comma 2, le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso.”. Quindi in realtà la terminologia non sembra essere stata utilizzata in maniera rigorosa, perché da un esame attento della bozza si comprende che l’attuale Codice dei Contratti verrà abrogato il 1° luglio 2023, ma solo ed esclusivamente per le nuove procedure

avviate a partire da tale data. Quindi il Dlgs 50/2016 continuerà ad essere vigente ed applicabile a tutti i procedimenti avviati entro il 30 giugno 2023 e ciò nel rispetto del principio ordinamentale dell’avvicendamento normativo.

5) Con la riforma del Codice dei Contratti continueranno ad applicarsi il DL 76/2020 (“decreto semplificazioni”) e il DL 77/2021 (“decreto semplificazioni bis”)?

La domanda non è peregrina, in quanto le citate norme sono state emanate con l’intento di essere applicate entro un tempo determinato. In particolare il decreto semplificazioni era stato emanato come norma temporanea per semplificare gli acquisti nell’ottica di una recrudescenza della pandemia da COVID-19. Per tale ragione aveva introdotto un regime dedicato agli affidamenti sottosoglia, che aveva il compito di derogare le disposizioni in materia previste dal Dlgs 50/2016. Il decreto semplificazioni bis, invece, contiene sia le disposizioni per la progettazione, affidamento ed esecuzione degli interventi finanziati, in tutto o in parte, con i fondi collegati al PNRR e al PNC, oltre ad alcune disposizioni di modifica del Codice dei Contratti. Ebbene entrambe le normative vengono citate dalla bozza di riforma, che, tuttavia non le abroga nella loro

6

totalità. Il DL 76/2020 viene mantenuto in massima parte, ma occorre fare attenzione a quanto previsto dall’art. 224, comma 3 della bozza di riforma dove si legge che l’art. 1, commi 1, 2 lett. a) e b), 3, 4 e 5, l’art. 2bis, l’art. 8 comma 1 ultimo periodo e l’art. 6 del decreto semplificazioni, cessano la loro efficacia “dalla data di entrata in vigore del codice” e, quindi, dal 1 aprile 2023. Ciò significa che il sistema derogatorio per gli affidamenti sottosoglia viene a mancare alla data della pubblicazione della riforma del Codice, perché all’art. 8 del decreto semplificazioni vengono soppresse le parole “e fino alla data del 30 giugno 2023”.

Questo si traduce in questa situazione:

a) Affidamenti sottosoglia avviati entro il 31.03.2023: affidamento diretto monopreventivo sino a 138.999€ e procedura negoziata per affidamenti da 139.000€ a 214.999€;

b) Affidamenti sottosoglia avviati dal 1.04.2023 al 30.06.2023: affidamento diretto monopreventivo sino a 39.999€ e affidamento diretto con almeno 5 preventivi (se esistenti) da 40.000€ a 214.999€;

c) Affidamenti sottosoglia avviati dal 01.03.2023: affidamento diretto monopreventivo sino a 138.999€ e procedura negoziata per affidamenti da 139.000€ a 214.999€.

Non si comprende il ragionamento posto in essere (non

è ben chiaro se dal Consiglio di Stato o dal Governo), ma certamente non crea alcun beneficio cambiare in 3 mesi le modalità di affidamento nel sottosoglia. Non è comprensibile neppure la logica di eliminare il divieto di richiedere le cauzioni provvisorie per gli affidamenti diretti e vietare l’esclusione automatica delle offerte anomale in alcuni casi degli affidamenti sottosoglia, quando dal 1 luglio 2023 torneranno ad essere operativi e strutturali. Il rischio che si corre è quello di creare molteplici regimi che rischiano di sovrapporsi, mandando in confusione tutti gli operatori del settore. L'interpretazione che si propone tiene conto dell'art. 229 della bozza, che indica l'entrata in vigore al 1° aprile 2023, anche se da un punto di vista costituzionale la nuova legislazione vige ed è efficace dal 1° luglio 2023. Avrebbe certamente aiutato una formulazione dell'art. 229 più semplice, come evidenziato nel precedente punto n. 3. ***

In questo primo assaggio preliminare della norma abbiamo capito che dal 1 aprile 2023 il mondo degli appalti non cambia radicalmente e che abbiamo qualche mese in più per studiare una riforma, che appare molto radicale. Forse non innovativa in senso assoluto, ma certamente più razionale e ponderata rispetto all’attuale Dlgs 50/2016. Se avrete piacere di seguirmi, continueremo gli approfondimenti normativi nei prossimi numeri della rivista.

7 nuovo codice appalti - I appuntamento

L’Intelligenza Artificiale nel nuovo Codice dei contratti

Apoco più di un anno dalla celebre sentenza n. 7891/2021, con la quale il Consiglio di Stato ha tentato di circoscrivere i confini della nozione di algoritmo, il nuovo Codice dei contratti, che nel momento in cui si scrive dovrebbe entrare in vigore ad inizio aprile 2023, presenta una novità assoluta: l’introduzione di una norma espressamente dedicata all’Intelligenza Artificiale nel mondo degli appalti. Così, è ancora una volta nelle pieghe del diritto dei contratti pubblici che s’insinuano le ultime novità in materia di nuove tecnologie.

Come si mostrerà nel seguito, ad ogni modo, si tratta per lo più di un’opera di codificazione di principi già esistenti piuttosto che di una legislazione realmente innovativa.

Ma procediamo con ordine. Innanzitutto, il Codice si apre con un Libro I che già nel titolo contiene un riferimento alla digitalizzazione (“Dei principi, della digitalizzazione, della programmazione e della progettazione”). Di particolare interesse è la Parte II, dedicata alla “digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti”, che, citando la relazione dedicata al testo dal Consiglio di Stato, “rappresenta la vera grande sfida dei prossimi anni per realizzare, in chiave moderna, la riforma del sistema economico-sociale e per essere, quindi, pronti a creare e a utilizzare la nuova fonte di ricchezza e di conoscenza rappresentata dai “dati””. Inoltre, ça va sans dire, il tema della digitalizzazione della pubblica amministrazione è strettamente legato alla piena soddisfazione degli obiettivi del PNRR.

Muovendoci sul tema dell’IA, più nello specifico, l’art. 19, co. 7 rinvia all’art. 30: “[o]ve possibile e in relazione al tipo di procedura di affidamento, le stazioni appaltanti e gli enti

concedenti ricorrono a procedure automatizzate nella valutazione delle offerte ai sensi dell’articolo 30”. L’art. 30 diviene quindi quadro regolativo per le procedure automatizzate, che a regime dovranno, ove possibile, essere sempre preferite. Sarà tale articolo, che si compone di cinque commi, l’oggetto di questa breve analisi.

Innanzitutto, il comma 1 afferma che “[p]er migliorare l’efficienza le stazioni appaltanti e gli enti concedenti provvedono, ove possibile, ad automatizzare le proprie attività ricorrendo a soluzioni tecnologiche, ivi incluse l’intelligenza artificiale e le tecnologie di registri distribuiti”. Entra così l’espressione “Intelligenza Artificiale” nell’ambito del diritto dei contratti pubblici, assieme a quella di tecnologie di registri distribuiti, traduzione di distributed ledger technologies, genus che comprende le tecnologie di blockchain1 Dopo quest’affermazione, piuttosto generica, i tre commi seguenti contengono fondamentali indicazioni normative, sostanzialmente (secondo la Relazione al Codice dei contratti) “principi affermati sia in ambito europeo che dalla giurisprudenza amministrativa”. Il riferimento è, rispettivamente, alla regolamentazione in materia di protezione dei dati personali (Reg. (UE) 2016/679, c.d. “GDPR”) e al copioso filone giurisprudenziale in materia di amministrazione algoritmica che ha avuto origine con la riforma c.d. “Buona Scuola” e in particolare con la celebre sentenza n. 3769/2017 del TAR Lazio — Roma. Senza poter qui ripercorrere il percorso teorico che ha portato all’elaborazione di tali principi, si tenterà di riassumerne brevemente

1 Per tecnologie di blockchain si intendono, per esempio, quelle alla base delle criptovalute. In generale, le distributed ledger technologies consentono di dare certezza ed affidabilità alle transazioni, senza necessità di un’autorità centrale.

8
Federico Fidanza - Studio legale Fidanza
intelligenza
Nel nuovo Codice dei contratti entra l’espressione “Intelligenza Artificiale” nell’ambito del diritto dei contratti pubblici, assieme a quella di tecnologie di registri distribuiti, traduzione di distributed ledger technologies, genus che comprende le tecnologie di blockchain
artificiale

il contenuto — con un’attenzione specifica alla pratica applicativa.

Innanzitutto, la lett. a) del comma 2 afferma l’obbligo di rendere disponibile il codice sorgente (e non solo) degli algoritmi alla base delle procedure automatizzate: le stazioni appaltanti dovranno “assicura[re] la disponibilità del codice sorgente, della relativa documentazione, nonché di ogni altro elemento utile a comprenderne le logiche di funzionamento”. Il tema, che evoca i celebri casi Buona Scuola (a livello nazionale)2 e COMPAS (negli Stati Uniti)3, è quello della necessità di trasparenza con riguardo agli algoritmi che vengono utilizzati dalle stazioni appaltanti: nonostante l’eventuale esistenza di diritti di proprietà intellettuale, nel momento in cui un software viene utilizzato nell’ambito di una procedura di gara non è ammessa segretezza in ordine al suo funzionamento.

Restando all’analisi del medesimo comma 2, la lettera b) richiama l’esigenza di evitare che il malfunzionamento delle procedure automatizzate si ripercuota sugli operatori: i rischi derivanti da una maggiore spersonalizzazione dovranno essere bilanciati dalla predisposizione di meccanismi per intervenire in caso di errori informatici. Più precisamente, la pubblica amministrazione dovrà “introdu[rre] negli atti di indizione delle gare clausole volte ad assicurare le prestazioni di assistenza e manutenzione necessarie alla correzione degli errori e degli effetti indesiderati derivanti dall’automazione”.

Il comma più interessante è indubbiamente il terzo, che codifica quattro principi che per alcuni Autori assurgono al vero rango di principi costituzionali del diritto delle nuove tecnologie. Nell’ordine, si tratta dei principi di conoscibilità, comprensibilità, non esclusività e non discriminazione.

Innanzitutto, la coppia conoscibilità-comprensibilità è definita nella lett. a), a mente della quale “ogni operatore economico ha diritto a conoscere l’esistenza di processi decisionali automatizzati che lo riguardino e, in tal caso, a ricevere informazioni significative sulla logica utilizzata”.

Il principio di conoscibilità impone ai pubblici poteri che facciano uso di procedure automatizzate di informare a tale riguardo gli operatori economici; per esempio, mediante l’inserzione di una o più clausole all’interno della lex specialis di gara, e anche negli eventuali provvedimenti individuali che siano esito di procedure automatiz-

zate. Si tratta, sostanzialmente, di un obbligo informativo non difficile da adempiere. Complementare, e fondamentale in un’ottica di effettività della tutela, è il principio di comprensibilità: la mera conoscenza dell’utilizzo di procedure automatizzate non è sufficiente, senza l’effettiva possibilità di comprendere la “logica utilizzata” (la formulazione riprende letteralmente un’espressione presente negli artt. 13, 14 e 15 del GDPR). Il principio, assolutamente centrale, soffre di significativi limiti nel momento in cui le procedure automatizzate in questione si basino su tecniche di machine learning4 (per esempio, su una rete neurale) e non su algoritmi “tradizionali”. Questi ultimi sono interamente forgiati dagli sviluppatori, i quali materialmente scrivono le “istruzioni” che il computer dovrà seguire. In questi casi, la lettura del codice sorgente permette generalmente una comprensione del funzionamento, in senso forte: interpretando correttamente il codice è possibile comprendere i criteri che hanno guidato lo sviluppatore e prevedere il comportamento dell’algoritmo nelle varie situazioni. Così, è agevole verificare se l’algoritmo produce risultati non conformi alla legge, poiché ogni istruzione scritta in linguaggio di programmazione corrisponde ad un’istruzione presente nella mente di chi l’ha creato. Ad esempio, un (semplicissimo e, come si vedrà, errato) algoritmo per l’individuazione delle offerte anomale in una procedura di gara potrebbe essere il seguente:

A = lista contenente tutte le offerte anomale (inizialmente vuota)

B = lista contenente tutte le offerte non anomale (inizialmente vuota) per ogni offerta ricevuta, verifica quanto segue:

• se ribasso > soglia di anomalia:

l’offerta è aggiunta alla lista B

• altrimenti:

l’offerta è aggiunta alla lista A infine, restituisci all’operatore le offerte presenti nelle due liste.

L’algoritmo produce risultati non conformi alla legge, poiché porta a ritenere anomale le offerte che non dovrebbero esserlo, e viceversa: l’errore è facilmente riconoscibile e può essere corretto invertendo il segno > con un segno <. Una chiarezza tale non è generalmente ravvisabile in caso di machine learning, poiché in questo caso lo sviluppatore

2 V., ad esempio, le sentenze nn. 3769/2017 e 9224-9230/2018 del TAR Lazio (Roma). Al centro del dibattito vi era un algoritmo utilizzato dal Ministero per formare graduatorie nelle assunzioni dei docenti.

3 L’amministrazione giudiziaria statunitense ha introdotto da quasi due decenni l’utilizzo di algoritmi da parte dei giudici, in particolare per la valutazione del rischio di recidiva nella giustizia penale. COMPAS è uno di questi algoritmi, il cui utilizzo è stato dichiarato legittimo dalla Corte Suprema del Wisconsin in un caso molto controverso, dal momento che COMPAS era sospettato di essere vulnerabile a bias, cioè pregiudizi, di natura razziale.

4 Semplificando moltissimo, il machine learning consiste nel creare programmi capaci di imparare, capaci cioè non di reagire agli stimoli applicando regole inserite in precedenza dai programmatori, ma di rispondervi creando (inferendo) le regole a partire dai dati osservati (rectius, dagli input processati). Così, inizialmente il programma non “contiene” nulla, e non può essere utilizzato finché non è stato allenato con i dati; il programmatore si limita a creare il quadro e le categorie grazie alle quali l’algoritmo elaborerà nuova conoscenza. In altre parole, nihil est in algorithmo quod non fuerit prius input Excipe: nisi ipse algorithmus

9
intelligenza artificiale

intelligenza artificiale

stesso può non riuscire a prevedere con sicurezza il comportamento dell’algoritmo. Il problema, in questo caso, è che non vi è collegamento diretto tra regola applicata nel caso specifico e pensiero dello sviluppatore: quest’ultimo dona all’algoritmo delle “categorie concettuali”, ma è l’algoritmo che “allenandosi” individua delle relazioni tra i dati forniti in modo da estrapolarne delle regole. Per restare al tema delle offerte anomale, si immagini una legge che imponga alle stazioni appaltanti di individuare la soglia di anomalia non limitandosi alle offerte in gara, come accade ora, ma avvalendosi di un database contenente tutte le offerte per gare bandite sull’intero territorio nazionale, o persino europeo, al fine di valutare il grado di scostamento della singola offerta rispetto all’offerta “ordinaria”, per singoli elementi omogenei. Lo sviluppatore dovrà scegliere una tecnica di machine learning (per esempio, apprendimento non supervisionato) e fornire come

dati di allenamento (“training dataset”) il database contenente tutte le offerte, così che l’algoritmo possa imparare a riconoscere quale è la normalità (“assenza di anomalie nell’offerta”). Sarà poi l’algoritmo così allenato a segnalare, all’interno della singola gara, le offerte anomale. Qualora un concorrente escluso volesse conoscere le ragioni dell’esclusione, potrebbe scoprire che il procedimento utilizzato è di fatto imperscrutabile5

Tutto infatti potrebbe dipendere da determinati criteri elaborati dall’algoritmo, non da un umano, che possono essere di una complessità tale da rendere sostanzialmente impossibile comprendere il perché della specifica decisione: utilizzando un’espressione coniata da Frank Pasquale6, spesso gli algoritmi di machine learning sono come black boxes, imperscrutabili dall’esterno. È evidente, pertanto, l’enorme differenza che connota gli algoritmi di ultima generazione.

5 Per esempio, il procedimento potrebbe assomigliare a qualcosa del genere (considerando una gara ove ogni offerta si compone di tre elementi, ciascuno con un prezzo):

A = lista contenente tutte le offerte anomale (inizialmente vuota)

B = lista contenente tutte le offerte non anomale (inizialmente vuota) per ogni offerta ricevuta, indicando con P1, P2 e P3 i prezzi in milioni di euro dei tre elementi di cui si compone, verifica quanto segue: se :

l’offerta è aggiunta alla lista A altrimenti:

l’offerta è aggiunta alla lista B infine, restituisci all’operatore le offerte presenti nelle due liste Nell’esempio mostrato la disequazione , il cuore dell’algoritmo, divide lo spazio delle possibili offerte in due parti, segnalando come anomale le offerte troppo basse e assegnando un diverso peso a ciascun elemento dell’offerta. Geometricamente, (ricordando che i prezzi non possono essere negativi) le offerte anomale saranno quelle all’interno del pentaedro individuato dai piani P1=0, P2=0, P3=0, 2P1 + P2 + P3 - 4 = 0, P1 + 2P2 + P3 - 5=0. Se in questo caso l’interpretazione geometrica aiuta, il discorso si fa più complesso quando i parametri sono più di tre (come, nella pratica, generalmente accade).

6 F. Pasquale, The Black Box Society: The Secret Algorithms That Control Money and Information, 2015.

10

In questi casi, probabilmente, il diritto “a ricevere informazioni significative sulla logica utilizzata” si sostanzierebbe nel diritto a conoscere la tecnica utilizzata e i dati alla base dell’allenamento, ma con un’effettività della tutela decisamente minore: fermo restando che già nella scelta della tecnica o dei dati possono essere individuati contrasti con norme di legge, riconoscibili più o meno agevolmente, il sindacato dovrà probabilmente arrestarsi su questa soglia, posta l’incomprensibilità della regola del caso particolare. Il secondo principio enunciato dall’art. 3 è il principio di non esclusività, a mente del quale deve sempre “esiste[re] nel processo decisionale un contributo umano capace di controllare, validare ovvero smentire la decisione automatizzata”. A tal proposito, si parla anche di c.d. human-in-theloop (HITL), “(decisore) umano all’interno del processo”, di cui si individuano tradizionalmente due varianti: ex ante ed ex post HITL. Mentre nel primo caso un umano deve affiancare il sistema automatico sin dall’inizio, anteriormente al momento in cui la decisione viene presa, nel secondo caso l’intervento umano è solo posteriore alla decisione e, in particolare, può essere solo eventuale attivandosi in caso di istanza da parte del destinatario della decisione. La differenza, come si può intuire, è notevole: sia da un punto di vista di risorse (il rispetto del principio nella sua forma ex ante è molto più dispendioso), sia (soprattutto) dal punto di vista del peso dei sistemi automatici: nel caso di controllo ex post solo eventuale, la procedura è fisiologicamente portata avanti in assenza di alcun controllo umano, e ciò comporta un protagonismo

intelligenza artificiale

assoluto per i sistemi automatici utilizzati. L’ultimo principio citato nel comma 3 è il principio di non discriminazione algoritmica, a mente del quale “il titolare mette in atto misure tecniche e organizzative adeguate al fine di impedire effetti discriminatori nei confronti degli operatori economici”. Tale principio costituisce una traduzione nel mondo dell’amministrazione algoritmica del principio di imparzialità della pubblica amministrazione, e la sua portata precettiva è puntualizzata anche al successivo quarto comma: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano ogni misura tecnica e organizzativa atta a garantire che siano rettificati i fattori che comportano inesattezze dei dati e sia minimizzato il rischio di errori, nonché a impedire effetti discriminatori nei confronti di persone fisiche sulla base della nazionalità, dell’origine etnica, delle opinioni politiche, della religione, delle convinzioni personali, dell’appartenenza sindacale, dei caratteri somatici, dello status genetico, dello stato di salute, del genere o dell’orientamento sessuale”.

Anche in questo caso occorre distinguere tra algoritmi “tradizionali” e algoritmi di machine learning. Nel primo caso, infatti, il rispetto del principio non esige probabilmente un quid pluris rispetto a quanto già avviene con i normali atti amministrativi, poiché l’algoritmo costituisce comunque diretta emanazione della volontà dello sviluppatore. L’eventuale carattere discriminatorio di un algoritmo tradizionale dovrebbe quindi essere facilmente individuabile e sindacabile con i parametri oggi utilizzati per gli atti amministrativi. Il discorso muta completamen-

11

intelligenza artificiale

te, anche qui, quando la pubblica amministrazione decida di avvalersi di machine learning. In questi casi, come ormai noto, la scelta dei dati assume un peso preponderante nelle prestazioni dell’algoritmo. Nella letteratura scientifica si parla, a tal proposito, di Garbage In-Garbage Out (GIGO, letteralmente “spazzatura dentro, spazzatura fuori”): la qualità degli output dipende dalla qualità dei dati di training, e utilizzare dati di scarsa qualità comporta creare algoritmi di scarsa qualità. In altre parole, un algoritmo di machine learning è ciò che mangia. Di conseguenza, la pubblica amministrazione dovrà avere particolare attenzione per i dati alla base dei sistemi utilizzati, per evitare criticità emerse, per esempio, con il celebre caso COMPAS, già oggetto di riflessione nelle pagine di questa rivista. In conclusione, l’intervento normativo qui tratteggiato si presenta come fondamentale dal punto di vista della chiarezza, poiché consente di dare una qualche stabilità a prin-

cipi che finora non avevano trovato spazio nel diritto amministrativo positivo. Ciò che è certo, però, è che tale codificazione non dovrà risultare in una precoce cristallizzazione, considerando che, come evidenziato dal Consiglio di Stato nella Relazione, tale opera è “volta a disciplinare il futuro (prossimo), in quanto, allo stato, nell’ambito delle procedure di gara sono utilizzati per lo più algoritmi non di apprendimento, utilizzati per il confronto automatico di alcuni parametri caratterizzanti le offerte e conoscibili”. Si tratta dunque di un intervento che consolida alcuni risultati giurisprudenziali e prepara il campo per ulteriori futuri sviluppi. Il nuovo Codice, così come la proposta di Regolamento sull’IA a livello Europeo, dimostra che il fenomeno dell’Intelligenza Artificiale è e sarà sempre più un tema che il legislatore non potrà evitare di considerare e con il quale gli operatori del settore dei pubblici appalti dovranno confrontarsi. La strada appare tracciata.

12

La revisione prezzi negli appalti di servizi e forniture: questioni di regime intertemporale e prospettive di riforma

Una delle tematiche di maggiore attualità nel settore degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture è costituito dell’aumento dei costi, diretti e indiretti, connessi alle forniture e ai materiali. A fronte di ciò, nel 2022, il Legislatore ha dovuto constatare la sostanziale assenza, nel Codice dei contratti pubblici, di istituti idonei a garantire il mantenimento del sinallagma contrattuale e a presidiare il buon esito degli appalti. Partendo da questo stato di fatto, il Legislatore è intervenuto convintamente nel settore degli appalti pubblici di lavori nell’ambito del quale sono stati inseriti, con efficacia immediata, presidi di revisione prezzi e compensazione; questo intervento è stato necessario per evitare l’insolvenza di molte imprese e la chiusura di altrettanti cantieri con gravosi oneri per l’Amministrazione in termini di tempi e costi per garantire il subentro di un altro appaltatore. Al contrario, non si è intervenuti con altrettanta decisione nell’ambito degli appalti di servizi e forniture rispetto ai quali troviamo un intervento, emergenziale e transitorio, solo nel d.l. 27.01.2022, n. 4, convertito con modificazioni dalla Legge 28 marzo 2022, n. 25 (c.d. decreto sostegni-ter).

L’art. 29 del citato decreto, recante Disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici, ha, infatti previsto, fino al 31.12.2023, l’inserimento obbligatorio “nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’articolo 106, comma 1, lettera a), primo periodo, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fermo restando quanto previsto dal secondo e dal terzo periodo della medesima lettera a)”. Se questa previsione ha, per così dire, risolto il problema per le gare

non ancora bandite, non lo ha fatto con riferimento a quelle in corso e/o per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della norma. Da qui la necessità di fare chiarezza sull’istituto della revisione prezzi negli appalti pubblici di servizi e forniture provando a individuare la normativa applicabile caso per caso.

La normativa applicabile per le gare bandite fino al 19 aprile 2016

Alle gare pubbliche bandite fino al 19 aprile 2016 si applicano, oltre alle norme della lex specialis di gara e del contratto, quelle di cui al d.lgs. 163/2006 che, all’art. 115, prevede: “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5”. La clausola di revisione periodica del corrispettivo ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori delle Amministrazioni Pubbliche da quegli aumenti dei prezzi dei fattori di produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell’offerta, potrebbero indurre l’appaltatore a svolgere i servizi o ad eseguire le forniture a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi pubblici. Circa l’applicazione della norma nel caso in cui i singoli contratti non ne prevedessero l’applicazione, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che si tratta di una

13 revisione prezzi
Per le gare bandite successivamente al 27.01.2022 e fino al 31.12.2023, la Stazione appaltante è obbligata all’inserimento di clausole di revisione prezzi nella lex specialis e nei contratti

revisione prezzi

norma imperativa, che si sostituisce di diritto ad eventuali pattuizioni contrarie (o mancanti) nei contratti pubblici di appalti di servizi e forniture ad esecuzione periodica o continuativa. Dunque, anche in mancanza di una previsione specifica nel contratto ovvero di una previsione difforme, anche solo in parte dalla norma citata, l’art. 115 del d.lgs. 163/2006 sostituisce automaticamente la previsione e trova applicazione integrale ed automatica. La giurisprudenza ha precisato, altresì, che “Il meccanismo legale di aggiornamento del canone degli appalti pubblici di servizi e delle pubbliche forniture prevede che la revisione venga operata a seguito di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati rilevati e pubblicati semestralmente dall’ISTAT sull’andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle Amministrazioni appaltanti. A fronte della mancata pubblicazione di tali dati da parte dell’ISTAT, l’adeguamento dei corrispettivi deve essere calcolato utilizzando l’indice (medio del paniere) di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (indice FOI), mensilmente pubblicato dal medesimo ISTAT” (TAR Lazio - Roma, sez. I, 09/11/2020, n. 11577). Dunque, indipendentemente dalle previsioni della lex specialis e contrattuali, per i contratti di servizi e forniture stipulati con riferimento a gare bandite prima del 19 aprile 2016, è possibile per l’appaltatore chiedere

la revisione del prezzo ed è obbligatorio, per la Stazione appaltante, avviare il procedimento amministrativo finalizzato al riconoscimento del compenso revisionale. Il RUP, in prima battuta, dovrà condurre un’istruttoria volta a verificare la necessità di adeguare i prezzi in base ad elementi specifici; in caso di assenza di questi ultimi, allora potrà procedere sulla base dei dati rilevati e pubblicati semestralmente dall’ISTAT sull’andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle Amministrazioni appaltanti.

La normativa applicabile per le gare bandite dopo il 19 aprile 2016

La normativa appena citata non è stata riprodotta nel d.lgs. 50/2016 che, invece, all’art. 106, comma 1, lett. a), del D. Lgs. n. 50 del 2016 prevede che “I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti: a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonchè le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard,

14

ove definiti”. Dunque, la norma non prevede l’obbligo di inserimento di clausole di revisione del prezzo per i contratti pubblici di servizi e forniture, ma una mera facoltà riconosciuta in favore della stazione appaltante. Di conseguenza, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “in via generale, nella disciplina vigente ratione temporis degli appalti pubblici di servizi e forniture in corso di esecuzione la revisione dei prezzi può trovare applicazione solo se previamente disciplinata nei documenti di gara, sulla base di un’accurata istruttoria, di esclusiva competenza della stazione appaltante, alla quale spetta l’adozione del provvedimento finale che riconosce o nega l’aumento dei prezzi, senza che a tale incombenza possa sopperire il giudice amministrativo con i propri poteri di cognizione, trattandosi di attività tecnico-discrezionale istituzionalmente riservata alla pubblica amministrazione” (cfr., ex multis, TAR Campania, Napoli, Sez. V. 15 giungo 2022, n. 4047). Dunque, in questo caso, non esiste un diritto in favore dell’appaltatore di chiedere la revisione del prezzo contrattuale se tale ipotesi non è prevista nella lex specialis di gara o nel contratto. Nella pratica, alcune Stazioni appaltanti hanno continuato ad inserire clausole di revisione prezzi nei propri contratti, applicabili dopo almeno dodici mesi dalla sottoscrizione dello stesso. Questa può essere considerata una buona pratica, perché, pur a fronte di un maggiore

esborso per lo Stato, garantisce il mantenimento di un corrispettivo adeguato per la fornitura e/o il servizio specie in caso di forti oscillazioni inflattive, come quelle verificatesi nel 2022.

L’art. 29 del d.l. 27.01.2022, n. 4 - Disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici convertito con modificazioni dalla Legge 28 marzo 2022, n. 25 (c.d. decreto sostegni-ter)

La norma in argomento ha previsto che “Fino al 31 dicembre 2023, al fine di incentivare gli investimenti pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria globale derivante dalla diffusione del virus SARS-CoV-2, in relazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, i cui bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, qualora l’invio degli inviti a presentare le offerte sia effettuato successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si applicano le seguenti disposizioni:

a) è obbligatorio l’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’articolo 106, comma 1, lettera a), primo periodo, del codice

15 revisione prezzi

revisione prezzi

dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fermo restando quanto previsto dal secondo e dal terzo periodo della medesima lettera a) (…)”. Dunque, per le gare bandite successivamente al 27.01.2022 e fino al 31.12.2023, la Stazione appaltante è obbligata all’inserimento di clausole di revisione prezzi nella lex specialis e nei contratti. Stante l’obbligo previsto per legge, è plausibile ritenere che possa essere applicato lo stesso regime previsto al § 1.1 e, quindi, che anche ove la Stazione appaltante non abbia adempiuto a tale obbligo o, addirittura, abbia previsto in gara il divieto di procedere alla revisione prezzi, l’appaltatore abbia comunque il diritto di pretendere l’applicazione della norma, suscettibile di integrare, in via automatica, il contratto. La norma, tuttavia, non chiarisce la modalità con la quale la stazione appaltante deve procedere al calcolo del compenso revisionale. In assenza di previsioni specifiche, si ritiene possano essere applicati anche in questo caso i parametri previsti dall’art. 115 del d.lgs. 163/2006 (cfr. § 1).

La Legge delega 78/2022 e il nuovo Codice dei contratti pubblici

Con la Legge 21.06.2022, n. 78, il Legislatore ha delegato il Governo ad adottare, entro sei mesi, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici.

All’art. 1, lett. g) della legge delega è prevista la “previsione dell’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara, negli avvisi e inviti, in relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, un regime obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta, compresa la variazione del costo derivante dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicabili in relazione all’oggetto dell’appalto e delle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, stabilendo che gli eventuali oneri derivanti dal suddetto meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili del quadro economico degli interventi e su eventuali altre risorse disponibili per la stazione appaltante da utilizzare nel rispetto delle procedure contabili di spesa”. Dunque, l’intenzione del Legislatore è di reinserire stabilmente il meccanismo legale e obbligatorio della revisione prezzi in tutti i contratti di lavori, servizi e forniture con un’attenzione, adesso, anche per le variazioni del costo del personale derivanti dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro. La previsione è contenuta all’art. 60 dello schema di Codice dei contratti elaborato dal Consiglio di Stato e trasmesso, per l’approvazione, al Parlamento. Secondo la nuova norma, che dovrebbe entrare in vigore dal 1° aprile 2023 e divenire efficace dal

1° luglio 2023:

1. Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi.

2. Queste clausole non apportano modifiche che alterino la natura generale del contratto o dell’accordo quadro; si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta, che determinano una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al XX per cento dell’importo complessivo e operano nella misura del XXX per cento della variazione stessa.

3. Per l’applicazione del presente articolo si utilizzano indici sintetici delle variazioni dei prezzi relativi ai contratti di lavori, servizi e forniture, approvati dall’ISTAT con proprio provvedimento entro [il 31 marzo e] il 30 settembre di ciascun anno, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Con il medesimo provvedimento si definisce e si aggiorna la metodologia di rilevazione e si indica l’ambito temporale di rilevazione delle variazioni.

4. Per far fronte ai maggiori oneri derivanti dalla revisione prezzi di cui al presente articolo le stazioni appaltanti utilizzano: a) nel limite del 50 per cento, le risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, e le eventuali ulteriori somme a disposizione della medesima stazione appaltante e stanziate annualmente relativamente allo stesso intervento; b) le somme derivanti da ribassi d’asta, se non ne è prevista una diversa destinazione dalle norme vigenti; c) le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile. Per gli interventi finanziati attraverso le risorse previste dal PNRR le stazioni appaltanti possono anche avvalersi del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120.

Conclusioni

Alla luce della disamina effettuata, è possibile concludere che la possibilità di ottenere la revisione del prezzo della fornitura e/o del servizio offerto alla pubblica amministrazione è condizionata dalla legge applicabile e dalle previsioni contrattuali del caso specifico. Più in particolare:

• se al contratto si applica la disciplina prevista dal d.lgs.

16

163/2006 (obbligatoria per tutte le gare bandite fino al 19.04.2016), l’appaltatore ha diritto di chiedere la revisione prezzi ai sensi dell’art. 115 del medesimo decreto legislativo a prescindere dalla presenza di una specifica clausola contrattuale o, addirittura, anche nel caso in cui il contratto vieti l’applicazione del meccanismo revisionale;

• se al contratto si applica la disciplina prevista dal d.lgs. 50/2016 (obbligatoria per tutte le gare bandite dopo il 19.04.2016), l’appaltatore ha diritto di chiedere la revisione prezzi ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. a) del medesimo decreto legislativo solo se tale previsione è contenuta nella lex specialis di gara e/o nel contratto di appalto. In questo caso, infatti, l’inserimento della clausola revisionale è previsto, per legge, a discrezione della stazione appaltante con la conseguenza che se questa ha deciso di non inserirla l’appaltatore non ha diritto ad

ottenere la revisione;

• se al contratto si applica la disciplina prevista dall’art. 29 del d.l. 27.01.2022, n. 4, convertito con modificazioni dalla Legge 28 marzo 2022, n. 25 (c.d. decreto sostegni-ter), applicabile a tutti i bandi pubblicati dopo il 27.01.2022, la stazione appaltante è obbligata a inserire una clausola revisionale ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. a). Ove non lo avesse fatto, l’appaltatore può sostenere che la norma integri automaticamente il contratto come nel caso sub 1) e chiedere la revisione prezzi.

Per quanto riguarda, infine, il regime applicabile alle gare bandite dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, è necessario attendere l’approvazione definitiva del Parlamento anche se tutto lascia intendere che il meccanismo, secondo modalità applicative simili alle precedenti, sarà previsto come obbligatorio in via definitiva.

17 revisione prezzi

La revisione prezzi negli appalti di forniture e servizi nel contesto attuale

Il tema della revisione dei prezzi negli appalti pubblici ha, storicamente, avuto una disciplina ondivaga, ciclicamente posta a tutela ora dell’imprenditore-fornitore, ora delle esigenze di bilancio della P.A.: basti ricordare che l’art. 6 della legge n. 537/1993 (come sostituito dall’art. 44 della legge n. 724/1994) aveva previsto l’obbligo di inserimento di una clausola di revisione prezzi in tutti i contratti ad esecuzione periodica; il codice degli appalti previgente (d.lgs. n. 163/06) confermava tale obbligo all’art. 115, introducendo però un apposito procedimento (obbligatorio a seguito della richiesta del fornitore) al fine di consentire all’Amministrazione di verificare i presupposti e l’entità del diritto alla revisione; successivamente però, nel codice attuale (art. 106 d.lgs. n. 50/16) l’obbligo di inserire la clausola di revisione prezzi è venuto meno e la revisione è possibile, in linea generale, se essa è prevista dal contratto. Nel prossimo codice, invece, si tornerà al passato: l’art. 60 della bozza in circolazione include nuovamente l’obbligo di inserire nei contratti di durata la clausola di revisione prezzi. Sulle modalità applicative di tale norma si era formata copiosa ma comunque chiara giurisprudenza, anche del Consiglio di Stato. In particolare, vale la pena di ricordare che la funzione dell’istituto della revisione prezzi è stata indicata nell’esigenza di evitare che variazioni imprevedibili ed esorbitanti rispetto alla normale alea contrattuale a danno dell’appaltatore possano tradursi in un danno per la stessa P.A., sia perché, riducendosi il margine di redditività del contratto d’appalto per l’appaltatore quest’ultimo

v.

possa ridurre la qualità della prestazione, sia perché, se lette su larga scala, le difficoltà del fornitore possono esporre l’Amministrazione al rischio del fallimento del fornitore stesso, o comunque di altre vicende soggettive che possano impedire la regolare esecuzione del contratto. Sotto questo aspetto, la revisione prezzi è istituto analogo all’anomalia dell’offerta verificata in sede di gara: in entrambi i casi, lo scopo è proteggere la P.A. dalle conseguenze derivanti da un prezzo della prestazione non remunerativo per l’appaltatore (1). Tutto ciò è tornato prepotentemente d’attualità, anche a livello normativo e giurisprudenziale, per effetto del ben noto notevole incremento dei costi delle materie prime, anche in ambito sanitario, dipeso prima dalle misure adottate a livello nazionale ed internazionale per il contenimento della pandemia da Sars-CoV-2 e poi dalle ripercussioni sui commerci dell’attuale situazione bellica nell’est europeo. Sul piano giuridico, a questi eventi si è cercato di far fronte in modo diverso: inizialmente, in assenza di interventi normativi anche d’urgenza, ANAC e varie Corti hanno proposto una differente interpretazione delle norme esistenti che tenesse conto del mutato contesto di fatto; successivamente, sono sopraggiunti interventi normativi specifici, che hanno disegnato l’attuale quadro, ora ulteriormente precisato dalla stessa ANAC e dalla giurisprudenza sopravvenuta.

All’inizio della fase emergenziale, l’esigenza di far fronte all’imprevedibilità dei costi era parsa prioritaria anche a livello istituzionale: pur in attesa di norme di diritto posi-

18
revisione prezzi
1 Per queste considerazioni, di recente Cons. Stato, Sez. IV, n. 5667 del 7 luglio 2022; Cons. Stato, sez. V, n. 3874 del 16 giugno 2020; T.A.R. Toscana, Sez. I, n. 885 del 4 luglio 2022.
L’art. 29 del d.l. n. 4/2022 ha sì reintrodotto l’obbligo di inserimento nei contratti di una clausola di revisione prezzi, ma l’ha limitata ai soli contratti banditi nel periodo compreso tra il 27 gennaio 2022 e il 31 dicembre 2023 escludendo quelli in corso

tivo ad hoc che disciplinassero in modo chiaro e completo la nuova situazione, si era diffusa l’opinione che occorresse facilitare l’applicazione della revisione prezzi, e che questa dovesse essere nuovamente generalizzata.

In particolare, con i pareri n. 540 del 1 luglio 2020, n. 1022 del 25 novembre 2022 e soprattutto con la delibera n. 227 del 11 maggio 2022 (“Indicazioni in merito all’incidenza delle misure di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica adottate in Cina e della situazione bellica in Ucraina sul regolare adempimento delle obbligazioni assunte nell’ambito di contratti pubblici”) ANAC aveva esortato le Amministrazioni a riconoscere la revisione prezzi richiesta dall’appaltatore, anche già in corso di gara, ossia nel caso di forte discrepanza tra i costi (ed il prezzo) al momento dell’offerta e quelli al momento dell’aggiudicazione. Anche la giurisprudenza aveva proposto soluzioni più permissive di una revisione dei prezzi. Tanto la Corte dei Conti (2) quanto la stessa Corte di Cassazione (3), proprio in considerazione dell’imprevedibilità e, in sostanza, della non imputabilità al fornitore degli aumenti dei costi di produzione che si sono verificati, hanno richiamato l’applicazione dell’art. 106 del codice dei contratti pubblici ed anche, per i contratti in corso di esecuzione, le clausole generali del diritto civile sulla buona fede (artt. 1175, 1337, 1375 c.c.). In particolare, le citate indicazioni di ANAC di cui alla delibera n. 227/2022 hanno ricondotto le misure di lock-down in Cina e la situazione bellica in corso in Ucraina nella categoria degli eventi di forza maggiore, e – anche con riferimento ai contratti di forniture e servizi (la delibera era stata sollecitata dai fornitori di servizi di telefonia) – esortato le PP.AA. ad adottare una o più tra le seguenti misure: a) sospendere il contratto ex art. 107 cod. appalti; b) rinegoziare i termini dell’adempimento (anche a norma dell’art. 1664 c.c.); c) risolvere il contratto in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta. La posizione di apertura di ANAC assunta con la delibera n. 227 del 11 maggio 2022 si è tuttavia scontrata con il dato normativo che, progressivamente, ha di nuovo circoscritto e ridotto le possibilità di modificare le prestazioni ed i prezzi nei contratti pubblici. Così, l’art. 29 del d.l. n. 4/2022 (c.d. decreto sostegni ter) ha sì reintrodotto l’obbligo di inserimento nei contratti di durata di una clausola di revisione prezzi, ma l’ha limitata ai soli contratti banditi nel periodo compreso tra il 27 gennaio 2022 e il 31 dicembre 2023 (4), e quindi non anche ai contratti già in corso di esecuzione. Con riferimento ai contratti in corso, il legislatore è intervenuto esclusivamente sui contratti di opere pubbliche: il d.l. 73/2021, conv. in l.n. 106/2021 aveva introdotto (art. 1-septies) una sorta di compensazione a favore dell’esecutore

dei lavori dovuto all’aumento dei materiali di costruzione, in misura stabilita da apposito decreto del MIMS. Nonostante fosse stato espressamente sollecitato da ANAC ad intervenire con norme di portata più generale (5), non si è mai intervenuto nel senso di riconoscere un automatico adeguamento prezzi anche agli appalti di forniture e servizi già in corso. Infatti, il d.l. n. 36/2022 conv. in l. 29 giugno 2022 n. 79 ha interpretato autenticamente l’art. 106 del codice degli appalti, nel senso che “tra le circostanze indicate al primo periodo sono incluse anche quelle impreviste ed imprevedibili che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera” (art. 7, comma 2 ter). Il testo della norma è però ancora una volta limitato ai soli appalti per la realizzazione di opere pubbliche, per i quali l’incremento del costo dei materiali può giustificare una variante in corso d’opera (comma 2-quater).

Ancora, il d.l. n. 50/2022 conv. in l. 15 luglio 2022 n. 91 ha previsto solamente misure urgenti per gli appalti pubblici di lavori (art. 26) e per le concessioni di lavori (art. 27), ma nulla per gli appalti di forniture e servizi. Infine, va ricordato che neppure la legge di bilancio n. 197 del 29 dicembre 2022 contiene misure applicabili agli appalti di forniture e servizi. Infatti, l’art. 1, commi 369-379, contengono soltanto misure “Per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici (…) in relazione alle procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023”.

L’unica altra disposizione, comunque pre-emergenziale, che prevede un obbligo di inserimento negli appalti pubblici di forniture di clausole di revisione del prezzo è l’art. 1, comma 511, legge n. 208/2015 (legge di stabilità per l’anno 2016), che tuttavia è limitata ai soli contratti conclusi dagli enti aggregatori (le centrali d’acquisto regionali) e stabilisce una procedura speciale rispetto all’ordinaria revisione e adeguamento dei prezzi.

Preso atto della volontà legislativa di intervenire esclusivamente sugli appalti di lavori, con l’unica eccezione degli appalti banditi dopo il 27 gennaio 2022 sopra ricordata, ANAC è stata indotta a mutare le proprie determinazioni espresse con la delibera n. 227/2022 che – non si tratta di elemento da trascurare – aveva preso in esame sollecitazioni da parte di fornitori di servizi alla P.A. (nella specie, di telefonia) e non esecutori di opere pubbliche.

Con parere n. 20 del 13 settembre 2022, in effetti, ANAC ha precisato che “come si evince dagli interventi normativi sopra richiamati, ad eccezione dell’art. 29 del d.l. 4/2022 conv. in l.n. 25/2022 riferito in generale ai contatti pubblici,

2 Sezioni Riunite, parere n. 7/SSRRCO/QMIG/21 del 17 maggio 2021.

3 Ufficio del Massimario, n. 56/2020

4 L’obbligo di inserimento, peraltro, dovrebbe divenire la norma anche per gli anni a venire, dato che, come già ricordato, l’art. 60 della bozza di nuovo codice lo prevede per tutti i contratti di durata.

5 Comunicato del Presidente di ANAC del 22 febbraio 2022

19 revisione prezzi

revisione prezzi

il legislatore è intervenuto in via esclusiva per gli appalti di lavori […]. L’assenza di un meccanismo di compensazione/ revisione dei prezzi anche per gli appalti di servizi e forniture, analogo a quello disciplinato per i lavori, è stata evidenziata anche dall’Autorità, la quale ha chiesto al Governo e al Parlamento un urgente intervento normativo […]. Pertanto, allo stato, con riguardo ai contratti di servizi e forniture, le stazioni appaltanti, a seguito dell’emergenza sanitaria in corso, possono procedere a modifiche dei rapporti contrattuali in corso, nei limiti indicati dall’art. 106 citato. Conseguentemente, l’eventuale revisione dei prezzi per tali contratti (anche alla luce del citato art. 29 della l. 25/2022) deve essere ricondotta nelle medesime previsioni dell’art. 106 del codice, il quale contempla, al comma 1, lett. a)”.

Ciò significa, in sostanza, che per i contratti di forniture originati da gare anteriori al 27 gennaio 2022, la revisione dei prezzi è consentita solo ed esclusivamente se essa è espressamente prevista dal contratto. Inoltre, in tal caso, il riconoscimento non è mai automatico, ma occorre che il fornitore invii una richiesta specifica alla singola Amministrazione, indicando gli elementi di fatto precisi e puntuali da cui evincere l’incremento dei costi.

Secondo la consolidata giurisprudenza, infatti, l’applicazione dell’art. 106 cod. appalti presuppone un onere a carico dell’appaltatore di fornire la prova che: i) nel corso del rapporto contrattuale i prezzi delle materie prime siano aumentati; ii) dell’imprevedibilità ed eccezionalità delle circostanze che hanno causato tale aumento; iii) del fatto che tale aumento imprevedibile abbia eroso in modo significativo l’utile di impresa derivante dalla commessa, compromettendo la capacità dell’imprenditore di far fronte compiutamente alle prestazioni oggetto dell’appalto.

Con lo stesso parere, poi, ANAC ha mutato anche la propria posizione in ordine all’applicabilità delle norme generali del codice civile, in particolare riaffermando l’inoperatività dell’art. 1664 c.c. che era stata dichiarata in epoca pre-pandemica dal Consiglio di Stato (6).

Anche il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile aveva anticipato queste interpretazioni, con proprio parere n. 1456 del 10 agosto 2022. Secondo il MIMS: “in caso di appalti di servizi e forniture la revisione dei prezzi appare consentita entro i limiti stabiliti dall’art. 106, comma 1, lett. a) del Codice, dunque disposta nei casi in cui sono state previste nei documenti di gara iniziali in «clausole chiare, precise e inequivocabili»”.

6 Ad es., sentenza n. 3768 del 2018

Anche la giurisprudenza successiva è del tutto conforme a tali mutate posizioni.

Si richiama sul punto la sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, n. 107 del 9 gennaio 2023, che ha respinto un ricorso nel maggio 2022 da un’impresa fornitrice di gas medicali e criogenici che invocava le circostanze imprevedibili di incremento dei costi di produzione in un contratto di fornitura, chiedendo l’adeguamento del prezzo del contratto stesso. Secondo il Tribunale meneghino, “l’attuale situazione di squilibrio economico non implica di per sé l’automatico verificarsi delle condizioni di cui all’art. 106 succitato, essendo comunque onere dell’operatore offrire adeguata e idonea prova degli imprevisti ed imprevedibili eventi che hanno cagionato l’aumento dei prezzi della specifica fornitura” (7).

La sentenza richiama anche un recente arresto del Consiglio di Stato (8), che ha escluso esistere nell’ordinamento italiano o europeo un principio generale, volto a “favorire l’impiego di rimedi manutentivi e perequativi da parte delle stazioni appaltanti”.

A questo punto, dovrebbe essere evidente la disparità di trattamento normativo tra gli appalti di lavori e quelli di forniture e servizi: mentre per i primi la revisione prezzi è di applicazione automatica, tanto per i nuovi contratti che per quelli già in corso, per gli appalti di forniture e servizi la revisione prezzi è possibile solo in presenza di clausole già inserite in contratti precedenti alle emergenze ovvero per i contratti derivanti da procedure d’acquisto avviate dopo il 27 gennaio 2022.

Soprattutto per i contratti anteriori, nei quali molto spesso non erano già visibili gli effetti delle varie emergenze che si sono succedute senza sosta, pare davvero limitativo applicare l’art. 106 del codice solo ed esclusivamente se le parti avessero introdotto una clausola apposita nel contratto, in sostanza… prevedendo l’imprevedibile.

Anche questa critica, invece, è inspiegabilmente respinta dalla giurisprudenza che l’ha esaminata (9): il motivo sarebbe da ricercare nella differenza esistente tra un appalto di lavori ed uno di forniture o servizi, differenza che giustificherebbe il diverso trattamento legislativo ed escluderebbe la violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

Quasi come se l’appaltatore di forniture o servizi non subisse, o subisse in misura diversa da un costruttore, l’incremento dei costi di produzione (materie prime, trasporti, energia, ecc.).

7 Negli stessi termini anche T.R.G.A. Bolzano, sentenza n. 271 del 2 novembre 2022, sulla quale però risulta pendente appello.

8 Sezione IV, sentenza n. 9426 del 31 ottobre 2022

9 T.A.R. per il Lazio, Roma, con sentenza n. 7216 del 3 giugno 2022

20

Il contratto di avvalimento: “Le valutazioni del seggio di gara”

La scelta di sviluppare questa ricerca nasce dal personale interesse verso il vorticoso processo di mutamento che investe la contrattualistica pubblica rendendo, in particolare, le Unità Operative Complesse degli Appalti delle ASL non solo strutture nevralgiche della logistica sanitaria ma anche degli interessanti laboratori d’innovazione dai quali si possono attingere preziosi indicatori per valutare concretamente l’azione amministrativo-gestionale della pubblica amministrazione.

Più in particolare quest’indagine, che qui si introduce, si propone di fornire un contributo agli addetti ai lavori che partecipano alle operazioni di un seggio amministrativo per cercare di svelare i dubbi e le perplessità in merito alla valutazione del contenuto del contratto di avvalimento allegato agli atti di gara, ai relativi profili applicativi e ai suoi effetti.

Le origini: la giurisprudenza europea

L’introduzione dell’istituto in ambito europeo si è avuta con la sentenza del 14 aprile del 1994 c.d. Ballast (C-389/92), con la quale la giurisprudenza europea ha permesso ad una holding di avvalersi delle capacità economiche, finanziarie e tecniche possedute da una società facente parte del suo stesso gruppo, restando fermo a suo carico l’onere di provare di poter disporre concretamente dei mezzi di cui intende avvalersi1. Successivamente la stessa giurisprudenza ha ammesso il ricorso all’avvali-

mento non solo alle ipotesi di rapporto infragruppo, ma, altresì, a quelle nelle quali non esisteva un rapporto di controllo e/o di collegamento tra avvalente ed avvalso2 La ratio del ragionamento era, da un lato, garantire alle piccole e medie imprese la possibilità di partecipare alle procedure di gara, dall’altro, alle stazioni appaltanti di disporre di un più ampio ventaglio di offerte tra cui scegliere tenendo conto sempre dell’obbligo di verificare l’effettivo possesso dei requisiti in capo all’impresa ausiliaria per garantire la corretta esecuzione delle prestazioni richieste dal contratto di appalto.

In merito va ricordato il disposto dell’art. 23 della direttiva n. 92/50/C che prevedeva: “gli appalti sono aggiudicati in base ai criteri stabiliti e dopo che l’idoneità dei prestatori non esclusi sia stata verificata dalle amministrazioni conformemente ai criteri di cui agli art. 31 e 32”. Da un’interpretazione letterale se ne deduceva che risultavano irrilevanti le modalità attraverso le quali l’avvalso si impegnava a mettere a disposizione i requisiti in favore dell’avvalente e che la stazione appaltante doveva solo verificare che gli elementi di fatto e di diritto oggetto dell’accordo fossero realmente sussistenti in capo all’ausiliaria.

Nel 2004 l’istituto è stato positivizzato negli artt. 47 e 48 delle direttive europee nn. 17 e 18 e, successivamente, codificato nell’ordinamento nazionale negli artt. 49 e 50 d.lgs. n. 163 del 2006, trasfusi poi nell’art. 89 d.lgs. n.

22 il contratto di avvalimento
1 Agostino Meale, Manuale breve di diritto dei contratti pubblici, pag. 150, Pacini Giuridica, 2019; 2 Sentenza Corte di Giustizia, 2 dicembre 1999, C. 176/98, Host Italia;
Per evitare i casi di "avvalificio", cioè i casi di partecipazione alla gara di imprese inidonee sotto il profilo tecnico, organizzativo e finanziario, il legislatore ha previsto la responsabilità solidale dell’avvalso e dell’avvalente in ordine all’esecuzione del contratto

50/2016 attualmente vigente. Dalle prime direttive comunitarie 2004/17-18 Ce a quelle 2014/24-25 Ue

L’art. 47, par. 5, della direttiva europea n. 18 del 2004 – ha recepito i principi enunciati nelle diverse pronunce giurisprudenziali europee e ha statuito che: «un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve in tal caso, provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà dei mezzi necessari»

Pertanto ha sancito la possibilità per ciascun operatore economico di ricorrere alle risorse possedute da qualsiasi impresa indipendentemente dall’esistenza di eventuali legami societari tra l’impresa ausiliaria e ausiliata. Ma in ogni caso il rapporto esistente tra impresa ausiliaria e ausiliata, rappresenta un necessario presupposto che la P.a. deve valutare per verificare l’impegno reale assunto dall’impresa ausiliaria e di conseguenza l’impresa ausiliata ha invece l’onere di provare l’effettivo possesso delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell’ausiliaria.

Più in particolare, per le capacità tecniche-professionali, il legislatore europeo consente all’impresa avvalente la possibilità di fornire la prova del possesso delle stesse attraverso la mera indicazione dei tecnici e degli organismi tecnici dei quali l’impresa ausiliata si può avvalere durante l’intero appalto mentre relativamente alle capacità economico-finanziarie (le dichiarazioni bancarie; il fatturato globale; i bilanci), l’avvalente deve provare che l’avvalso abbia una solidità economica in grado di offrire un’idonea garanzia patrimoniale alla stazione appaltante. Successivamente le direttive comunitarie sono state recepite dal legislatore nazionale con l’art. 49 d.lgs. n. 163/2006 con l’obiettivo, da un lato, di garantire la più ampia partecipazione alla procedura di gara solo alle imprese in possesso, personalmente o mediante il ricorso all’istituto dell’avvalimento, dei requisiti richiesti dalla stazione appaltante nel bando in grado di assicurare la corretta esecuzione dell’appalto. Dall’altro, per evitare i casi di “avvalificio”, cioè i casi di partecipazione alla gara di imprese inidonee sotto il profilo tecnico, organizzativo e finanziario, il legislatore ha previsto la responsabilità solidale dell’avvalso e dell’avvalente in ordine all’esecuzione del contratto; l’applicabilità della disciplina in materia di interdittiva antimafia nei confronti anche dell’impresa ausiliaria; l’obbligo per l’ausiliato di produrre una dichiarazione con la quale l’ausiliaria attesti di possedere i requisiti richiesti dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006. Con l’emanazione delle direttive europee del 26 febbraio del 2014, nn. 24 e 25, l’istituto è stato disciplinato dagli artt. 38, commi 2 e 3, 63, 79. Le nuove disposizioni non hanno introdotto modifiche sostanziali rispetto a quelle

abrogate del d.lgs. n. 163/2006 ma si rinviene qualche innovazione innanzitutto nel paragrafo primo dell’art. 63 della direttiva 2014/24 Ue che consente agli operatori economici – non in possesso delle esperienze professionali o dei titoli di studio professionali, di cui all’allegato XII, parte II, lett. f, richiesti dalla lex specialis – di essere ammessi alla procedura di gara, avvalendosi dei requisiti di altre imprese, a condizione che queste ultime eseguano i lavori o i servizi per cui tali capacità sono state prestate. Nel secondo periodo del primo paragrafo del predetto art. 63, si obbligano le stazioni appaltanti, in sede di valutazione delle offerte, ad accertare se l’impresa ausiliaria possiede i criteri di selezione ovvero se in capo alla stessa si configurano ipotesi di esclusione ai sensi dell’art. 57 e si impone all’operatore economico ausiliato l’obbligo di sostituire l’ausiliaria che risulta carente in ordine ad un criterio di selezione o per la quale sussiste un motivo di esclusione. Viene, in aggiunta, riconosciuta all’amministrazione appaltante di esigere che l’operatore economico ausiliato ed i soggetti ausiliari siano responsabili solidalmente in sede di esecuzione del contratto, per quanto riguarda gli aspetti riguardanti la capacità economica e finanziaria (terzo periodo del primo paragrafo dell’art. 63 cit.); ancora, la possibilità di esigere che alcune attività relative “ai compiti essenziali” siano eseguite solo dall’offerente ovvero, in ipotesi di ATI, da un partecipante al raggruppamento. Questa ultima previsione europea intende restringere il campo di applicazione dell’istituto nelle ipotesi di compiti essenziali per assicurare alla P.a. un corretto svolgimento delle prestazioni oggetto del contratto. Le nuove previsioni comunitarie sono state recepite dal legislatore nazionale nell’art. 89 del nuovo D.lgs n. 50/2016. In analogia all’art. 49, co. 1, del d.lgs. n. 163/2006, l’art. 89 consente al concorrente, singolo o raggruppato, di avvalersi dei requisiti aventi natura tecnico e professionale, finanziario ed economico, posseduti da altri operatori economici, anche se facenti parte del raggruppamento, indipendentemente dalla natura giuridica dei loro rapporti.

La qualificazione giuridica: tipicità o atipicità?

Delineata la cornice normativa nella quale si colloca l’istituto dell’avvalimento, è opportuno soffermarsi sulla qualificazione giuridica del contratto. A ben vedere si tratta di un negozio bilaterale, produttivo di effetti obbligatori, caratterizzato da finalità pubblicistiche, con lo scopo di consentire la partecipazione alla gara di appalto alle imprese prive dei requisiti richiesti dal bando di gara.

Gli elementi contenutistici del contratto sono precisati nell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 ma non per questo si è sopito il dibattito sulla sua qualificazione come negozio c.d. tipico o atipico.

Al riguardo si ricorda che sono qualificati tipici tutti i con-

23 il contratto di avvalimento

il contratto di avvalimento

tratti espressamente disciplinati nel c.c. e atipici i negozi giuridici relativi alle operazioni economiche non disciplinate dal legislatore. In quest’ultimo caso, in attuazione all’art. 1322 c.c, «Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti posti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’orientamento giuridico».

Da un’attenta lettura della norma si colgono due aspetti di particolare rilevanza. In tale ipotesi l’autonomia contrattuale riconosce ai contraenti la libertà di scegliere il contenuto del contratto e lo schema contrattuale più corrispondente alle proprie necessità entro i limiti imposti dalla legge, purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela. Più chiaramente sono da considerarsi atipici i contratti la cui causa, ossia lo scopo che le parti intendono perseguire, possiede un grado di apprezzabilità sociale tale da essere tutelato dall’ordinamento giuridico.

Quindi se una parte della giurisprudenza fa rientrare il contratto di avvalimento tra quelli denominati tout court atipici, altra giurisprudenza, invece, considera il contratto di avvalimento come un negozio c.d. atipico ma con aspetti tipici di altri contratti disciplinati dal c.c.: del contratto di mandato, art. 1703, ss. c.c.; dell’appalto di servizi o della garanzia atipica per quanto riguarda i rapporti tra l’impresa ausiliaria e l’amministrazione aggiudicatrice, in relazione all’adempimento delle prestazioni contrattuali.

Tuttavia tale ultimo orientamento non viene condiviso da altra parte della dottrina e della giurisprudenza che ritengono innanzitutto che l’obbligo dell’ausiliaria non si può ritenere analogo all’obbligazione assunta dal mandatario, ai sensi dell’art. 1703 c.c. 11. Mentre l’ausiliaria si impegna, infatti, alla sola messa a disposizione dei requisiti e delle risorse necessarie richiesti dall’ausiliata per il periodo necessario all’esecuzione dell’appalto, il mandatario, invece, si obbliga a compiere per conto del mandante uno o più atti giuridici che producono conseguenze giuridiche (i.e. la riscossione dei crediti, la conclusione di contratti). In relazione, invece, alla configurazione di una garanzia c.d. atipica, si ritiene che l’avvalso sia obbligato ad adempiere la prestazione dell’ausiliata nell’ipotesi che questa ultima non adempia alla prestazione oppure la esegua in maniera non corretta. Ma anche questa tesi si presta a critiche in quanto la prestazione assunta dall’impresa ausiliata è insostituibile; l’impresa ausiliaria, infatti, in tali casi può solo indennizzare o risarcire il pregiudizio patrimoniale patito dalla stazione appaltante3.

Infatti, tenuto conto della specifica previsione dell’art. 89 d.lgs. n. 50 del 2016, parte della dottrina ascrive il contratto in esame, invece, al genus dei contratti tipici, nonostante non sia espressamente disciplinato dal c.c., destinato a realizzare un’operazione economica tutelata comunque dall’ordinamento.

La forma del contratto

Un altro elemento negoziale che non viene espressamente contemplato dall’art. 89 d.lgs. n. 50 del 2016, è il requisito della forma4.

Secondo un primo indirizzo, la forma da preferire è quella ad probationem, in quanto se il legislatore avesse richiesto la forma ad substantiam lo avrebbe espressamente specificato come previsto dall’art. 1325 c.c. Questo orientamento è in linea, altresì, con il contenuto dell’art. 1352 c.c., secondo il quale il contratto non soggiace ad alcun specifico requisito formale se le parti non hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la sua validità. Al riguardo si sottolinea che se la lex specialis richiedesse la forma ad substantiam per il contratto di avvalimento, il bando di gara sarebbe da considerare illegittimo in quanto l’art. 89 Codice dei contratti pubblici non richiede espressamente un requisito formale e non a caso l’art. 1325 c.c. annovera tra i requisiti del contratto “la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”. In merito a questo aspetto l’Adunanza Plenaria afferma che i contraenti, in quanto professionisti economici, sono da considerarsi in condizione di parità e pertanto, non essendovi una parte contrattualmente debole da tutelare, la forma ad substantiam non è richiesta ma il requisito formale del contratto servirebbe semplicemente a documentare la conclusione del rapporto tra l’avvalente e l’avvalso ai sensi dell’art. 89 e è quindi da considerasi ad probationem

Un secondo orientamento, infine, ritiene che sia compito dell’interprete stabilire, a seconda dei diversi casi concreti, quando la forma è richiesta a pena di validità, ex artt. 1325 e 1418 c.c., ovvero quando sia richiesta solo a fini probatori, ex art. 2787 c.c.. Più chiaramente si propenderà per la forma ad substantiam, se la stessa è prevista al fine di tutelare la parte debole del contratto, e per quella, invece, ad probationem, se finalizzata a documentare semplicemente l’esistenza del rapporto giuridico.

Un diverso indirizzo, ora prevalente, sostiene, invece, che la forma del contratto sia da considerarsi ad substantiam, in quanto la volontà del legislatore di considerare come presupposto dell’avvalimento la forma scritta lo si ricava implicitamente dall’obbligo per l’ausiliato di produrre,

3 In caso contrario, se la prestazione cioè fosse sostituibile dovrebbe essere ricondotta al genus delle garanzie satisfattorie, quindi l’ausiliaria, in caso di inadempimento dell’impresa ausiliata, dovrebbe garantire una prestazione identica. Le prestazioni, quindi, sarebbero caratterizzate da un vincolo di accessorietà e di solidarietà.

4 Anche in tempi relativamente recenti, parte della dottrina sosteneva che il contratto di avvalimentoex art. 49 Dlgs n. 163/2006, recepito successivamente nell’art. 89 del D.lgs 50/2016, fosse da considerare un contratto a forma libera e che quindi fosse ammissibile anche un accordo di avvalimento in forma orale.

24

accanto alla dichiarazione di impegno, il contratto di avvalimento in originale o copia autentica5. Il requisito formale in esame consentirebbe quindi alla stazione appaltante di valutare con maggior sicurezza la «serietà ed effettività» della prestazione assunta dall’avvalso nei confronti dell’avvalente.

L’obbligo di indicare dettagliatamente le risorse oggetto del contratto di avvalimento responsabilizza, infatti, l’ausiliario e offre all’amministrazione aggiudicatrice maggiore certezza in relazione agli impegni assunti tra l’impresa ausiliaria ed ausiliata evitando un uso improprio dell’istituto finalizzato ad aggirare le regole previste dalla lex specialis. Non solo, il Consiglio di Stato ha affermato che proprio il contenuto analitico richiesto per la validità del contratto, contraddice il principio di libertà delle forme nei contratti6

La causa

Rivolgendo, quindi, ora la nostra attenzione all’elemento causale del contratto, il medesimo si individua nello scambio commerciale intercorrente tra l’avvalente e l’avvalso.

Più chiaramente, l’ausiliato, privo delle capacità richieste dalla lex specialis, acquisisce la possibilità di partecipare alla procedura di gara e di soddisfare il suo interesse patrimoniale in caso di aggiudicazione. L’ausiliario, al contrario, rinuncia alla partecipazione alla gara evitando in questo modo gli eventuali rischi e responsabilità che potrebbero sorgere in sede di esecuzione dell’appalto ma si obbliga, invece, a mettere a disposizione le proprie capacità tecnico, organizzative ed economiche e ad assumere la responsabilità, di cui all’art. 89, co. 5, a fronte di un corrispettivo o per perseguire un interesse, direttamente o indirettamente patrimoniale.

Pertanto la causa del contratto si rinviene nello scopo di lucro perseguito da ambedue i contraenti, e, nell’ipotesi in cui non risulti alcun vantaggio patrimoniale per l’avvalso, il negozio giuridico sarebbe nullo, per assenza di causa, ex art. 1325 c.c.. Emerge, quindi, in maniera evidente la natura onerosa del contratto altrimenti non si spiegherebbe perchè un’impresa ausiliaria, che possiede le capacità per partecipare alla procedura di gara vi rinunci decidendo di mettere a disposizione i propri requisiti a favore di un’altra impresa, consentendole in questo modo di rafforzare la sua posizione nel mercato, nell’ipotesi fosse individuata come aggiudicataria.

I requisiti del contratto

L’art. 49, co. 2 lett. d e f, del d.lgs. n. 163/2006 prescriveva in modo dettagliato gli adempimenti cui era obbligato l’avvalente che doveva allegare agli atti di gara «una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appal-

tante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente». Non solo, doveva altresì produrre «in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbligava nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto». E la disposizione di cui all’art. 88 del D.p.r 22 giugno 2010, n. 207 precisava il contenuto del contratto che doveva prevedere in maniera «compiuta, specifica ed esauriente: l’oggetto, in termini di risorse e mezzi prestati, da individuare in modo determinato e specifico; la durata; ogni altro elemento utile».

Il vigente art. 89, co. 1, introdotto dal D.lgs. n. 50/2016 prevede: «il concorrente allega, altresì, la domanda di partecipazione in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto. A tal fine, il contratto di avvalimento contiene, a pena di nullità, la specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dell’impresa ausiliaria». Confrontando le due disposizioni appaiono evidenti le analogie in merito all’obbligo a carico dell’ausiliata di allegare alla domanda di partecipazione l’originale o copia autentica del contratto di avvalimento.

In aggiunta, però, l’art. 89 cit. prescrive la specificazione dei requisiti e delle risorse fornite dall’ausiliaria, pena la nullità del contratto. Da precisare è che, secondo il comma 1 dell’articolo in esame, possono essere oggetto di avvalimento solo i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale, indicati nell’art. 83, comma 1 lett. b e c, del d.lgs. n. 50/2016.

In relazione, invece, alle capacità relative ai titoli di studio e professionali o alle esperienze professionali, queste ultime possono essere oggetto di avvalimento solo se l’ausiliaria si impegna ad eseguire direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste.

Il legislatore esclude, altresì, dall’ambito di applicazione dell’istituto le seguenti ipotesi: a) il requisito di iscrizione all’albo nazionale dei gestori ambientali, art. 212, co. 10, d.lgs. n. 152/2006; b) se i lavori oggetto di appalto abbiano un contenuto tecnologico ovvero se, inseriti in un appalto complesso, sono connotati da un’elevata tecnicalità ed hanno un valore superiore al 10% dell’importo complessivo del lavoro oggetto del contratto. Tali opere (i.e. strutture, impianti, opere speciali…) sono individuate attraverso un decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti (art. 89, co. 11, d.lgs. n. 50/2016).

Tali esclusioni hanno alimentato il dibattito giurisprudenziale e dottrinale relativo alla possibilità di rendere oggetto

25 il contratto di avvalimento
5 Veronica Schirripa, La forma verbale dei contratti: profili sostanziali e procedurali, www.diritto.it, 2019; 6 Sentenza Consiglio di Stato n. 4406/2012;

il contratto di avvalimento

di avvalimento la certificazione di qualità7. Secondo un primo orientamento, minoritario, la certificazione di qualità non può essere oggetto di avvalimento, poiché riguarda i caratteri strettamente soggettivi dell’impresa terza che, pertanto, non possono essere messe a disposizione dell’ausiliato. A sostegno di tale tesi si evidenzia che se il legislatore avesse voluto consentirne l’avvalimento lo avrebbe espressamente previsto. Un secondo indirizzo giurisprudenziale ritiene, invece, che l’avvalimento può essere escluso solo per i requisiti aventi natura generale (art. 80 d.lgs. n.50/2016), in quanto il requisito della moralità posseduta da un operatore economico risulta non condivisibile. Al contrario la certificazione non appartiene al genus dei requisiti a carattere generale perchè consiste in una attestazione con cui si cer-

tifica che l’operatore economico dispone di una struttura organizzativa idonea a garantire l’esecuzione della prestazione secondo determinati standard di qualità. E proprio il riferimento ad una struttura organizzativa idonea induce a ricondurre la certificazione in questione alla categoria dei requisiti di natura tecnico-organizzativa.

Al riguardo l’ANAC, inizialmente, ha ritenuto la non applicabilità dell’istituto dell’avvalimento avente ad oggetto le certificazioni di qualità, in quanto «essendo intimamente correlata alla capacità di un operatore economico di organizzare i propri processi produttivi e le proprie risorse conformemente a standard riconosciuti ottimali, non è cedibile ad altre organizzazioni se disgiunta dall’intero complesso aziendale in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità».

7 Agostino Meale, Manuale breve di diritto dei contratti pubblici, pag. 150, Pacini Giuridica, 2019;

26

Successivamente, a seguito delle pronunce giurisprudenziali intervenute, l’Autorità, considerando la certificazione un requisito non più connotato da un’implicita soggettività, l’ha ritenuta ammissibile purché l’avvalso metta a disposizione dell’avvalente l’intero complesso organizzativo aziendale (i fattori della produzione, i materiali necessari e le risorse personali) che le ha consentito di ottenere la certificazione, indispensabile a rendere effettivo il prestito a favore dell’impresa ausiliata8

Da quanto premesso emerge la ratio della disposizione che intende evitare un utilizzo cartolare del contratto di avvalimento e richiedendo la specificazione dettagliata delle risorse mette in condizione l’amministrazione aggiudicatrice (rectius: il seggio di gara) di accertare l’effettiva idoneità dei mezzi a garantire la corretta esecuzione della prestazione contrattuale.

Quindi per evitare che il contratto sia “una scatola vuota” e per dimostrare, invece, l’esistenza di una sinergia tra le ditte, i mezzi e le risorse oggetto dell’avvalimento devono essere indicati in modo puntuale, pena la nullità del contratto, ex art. 1346 c.c. e art. 1418, co. 2, c.c., per impossibilità di riconoscere l’obbligazione assunta dall’ausiliario su un oggetto specifico potenzialmente coercibile per l’aggiudicatario, ex art. 89, co. 5, d.lgs. n. 50 del 2016. Il mero e generico riferimento nel contratto di avvalimento alle risorse necessarie di cui è carente il concorrente, senza un’indicazione analitica delle capacità e dei mezzi messi a disposizione, secondo parte della giurisprudenza legittima il seggio di gara ad escludere l’operatore economico dalla gara di appalto a causa della nullità del contratto per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto (art. 1418 c.c.).

Un secondo orientamento maggioritario, invece, distingue l’avvalimento c.d. operativo da quello di garanzia, a seconda dei requisiti oggetto dell’avvalimento. Nella prima ipotesi l’ausiliaria si impegna a mettere a disposizione dell’ausiliata risorse materiali o oggettive riguardanti l’assetto organizzativo dell’impresa (i.e. mezzi e le attrezzature tecniche; il personale tecnico e specializzato nonché ogni altro elemento aziendale che possa essere posseduto da un’impresa). Nella seconda ipotesi mette a disposizione dell’avvalente i soli requisiti economico-finanziari (i.e. fatturato globale d’impresa; il capitale sociale minimo…), cioè la “sua solidità economica e finanziaria” a servizio dell’aggiudicataria ausiliata, garantendo la corretta esecuzione dell’appalto. In tale caso viene in rilievo l’obbligo dell’ausiliaria di condividere il suo patrimonio esperienziale senza l’indicazione analitica delle relative risorse e dei mezzi.

Un terzo orientamento ritiene irrilevante la distinzione tra avvalimento c.d. operativo e di garanzia essendo le parti

8 Linee guida Anac sull’Istituto dell’avvalimento, anno 2018;

contraenti tenute in ogni caso ad indicare in modo dettagliato e puntuale le risorse ed i mezzi prestati, sia per assicurare la validità del contratto altrimenti nullo, sia per escludere l’elusione dei requisiti di partecipazione.

Considerazioni conclusive

Dalle riflessioni effettuate appare evidente l’importanza del ruolo del seggio di gara nella verifica della necessaria analiticità e specificità dell’oggetto del contratto di avvalimento, cioè delle risorse e dei mezzi da mettere a disposizione, pena la nullità, art. 89, co.1, cit. in quanto l’oggetto del contratto deve essere determinato e non semplicemente determinabile.

Tale previsione, tutelando l’avvalente stazione appaltante da eventuali asimmetrie informative che potrebbero sorgere in sede di conclusione del contratto e di successiva esecuzione, la mette nelle condizioni di valutare il grado di serietà ed effettività dell’impegno assunto dall’impresa ausiliaria, a garanzia di un corretto soddisfacimento degli interessi pubblici.

Concludendo l’istituto del contratto di avvalimento dimostra, innanzitutto, che il diritto civile e quello amministrativo non sono da considerare settori indipendenti e non comunicanti, anzi non vi è alcun istituto del diritto amministrativo che possa ritenersi impermeabile ai principi del diritto civile, alle sue elaborazioni dottrinarie e giurisprudenziali.

E, in aggiunta, ha messo in rilievo l’intenzione del legislatore, in particolare quello comunitario, di propendere per la lenta spersonalizzazione della figura dell’operatore economico, consentendo in questo modo a potenziali appaltatori di stare sul mercato dimostrando una generica capacità di organizzare mezzi e risorse prescindendo dal legame di quest’ultimi con il predetto operatore. Ne deriva che anche quel sistema di elenchi, albi o sistemi di qualificazione variamente denominati ideato dal legislatore italiano, rischia di diventare privo di significato nel momento in cui i requisiti tecnici e finanziari possono essere verificati dal seggio di gara in modo semplicemente dinamico.

Quindi l’istituto dell’avvalimento se, da un lato, ha garantito un elevato grado di libertà agli imprenditori in linea con il libero mercato che caratterizza la società aperta europea, dall’altro ha anche minato quel tradizionale rapporto autorità-libertà sbilanciandolo forse troppo a favore della libertà di mercato, lasciando alla stazione appaltante, e, per suo conto, al seggio di gara, il ruolo di controllore della qualificazione proveniente da un soggetto “terzo” coinvolto nel procedimento ad evidenza pubblica con il potenziale rischio di inquinamento dell’interesse pubblico.

27 il contratto di avvalimento

Sono un migliaio i ricorsi presentati al TAR del Lazio contro l’attuazione del payback sui dispositivi medici, il sistema di tassazione che obbliga le imprese a un esborso di oltre 2 miliardi per il periodo 2015-2018 per ripianare lo sforamento dei tetti di spesa da parte delle Regioni. “Se il Governo non cancella il payback – ha dichiarato il Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti – deve avere il coraggio di dire chiaramente ai cittadini che non è in grado di erogare salute pubblica. Se non viene fatta una seria programmazione sanitaria e si continuano a bandire gare la cui somma dei valori aggiudicati supera il fondo sanitario regionale a disposizione, le Regioni proseguiranno a sforare i tetti di spesa tutti gli anni. Il payback con i tetti di spesa imposti non è altro che un modo per spostare sulle aziende fornitrici una parte dei costi sanitari che il Servizio sanitario dovrebbe erogare per curare i cittadini, ma che lo Stato non vuole pagare. Le imprese dei dispositivi medici non possono risanare i debiti delle Regioni e gli sforamenti di spesa, anche dovuti al Covid. È inaccettabile che il Governo non capisca l’impatto di un tale sistema sull’industria della salute e non comprenda le dinamiche e le conseguenze di questo provvedimento. Siamo un comparto strategico per il Paese che ha la responsabilità legale di produrre e fornire salute attraverso le gare pubbliche di acquisto e che rischia di fermarsi e chiudere”. I ricorsi delle aziende riguardano in particolare l’artico-

lo 18 del Decreto Legge Aiuti bis e il decreto del Ministero della Salute che detta linee guida di attuazione del payback. Il provvedimento presenta una serie di elementi che lo rendono inapplicabile, incostituzionale e ingiusto. La misura del payback sui dispositivi medici è simile a quella del payback sulla spesa farmaceutica, che esiste nel nostro ordinamento dal 2008 e che ha creato e continua a creare nel tempo enormi contenziosi. Ai fornitori di dispositivi medici viene sostanzialmente chiesto di rimborsare il 50 per cento del superamento degli scostamenti dal tetto di spesa regionale stabilito a inizio anno, oggi stabilito nella misura del 4,4% del Fondo Sanitario Nazionale. Nel 2015 – epoca di emergenza finanziaria causata dal pesante disavanzo in cui versavano quasi tutte le regioni, che infatti erano in piano di rientro – furono decisi dei tagli lineari, principalmente alla salute, ma non solo, anche per consentire di presentare in Europa un bilancio in pareggio. La spesa SSN dei dispositivi medici rappresentava all’epoca il 5,2% dell’intera spesa sanitaria e, proprio per tagliare, fu fissato un tetto alla spesa del settore pari al 4,4%. Una delle motivazioni principali che ha portato ad attuare questa misura dopo 8 anni sta nella necessità di ripianare gli aumenti della spesa sanitaria delle Regioni legati alla gestione della pandemia. Si ricorda che la struttura commissariale ha acquistato (voce di spesa a carico del bilancio dello Stato) vaccini, test, dispositivi direttamente connessi con la pandemia,

28
confindustria
A cura di Confindustria Dispositivi Medici
Payback sui dispositivi medici: le conseguenze per l’occupazione, i territori e gli ospedali
dispositivi medici
La misura del payback sui dispositivi medici
è simile a quella del payback sulla spesa farmaceutica, che esiste nel nostro ordinamento dal 2008 e che ha creato e continua a creare nel tempo enormi contenziosi

ma altre spese dirette ed indirette prodotte dalla stessa pandemia sono rimaste a carico delle Regioni e rappresentano mediamente il 50-55% delle spese effettivamente sostenute. A conferma di ciò, va ricordato che l’importo del payback a carico delle imprese per il periodo 2015-2018, pari a 2,2 miliardi, viene registrato come entrata regionale nel bilancio 2022. In tal modo, viene evitato che le Regioni (probabilmente tutte o quasi tutte) entrino in piano di rientro, con tutto ciò che ne deriva. “Con i ricorsi al Tar – ha dichiarato il Presidente Boggetti – abbiamo contestato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per l’incostituzionalità della normativa primaria di legge, la non conformità con il diritto eurounitario e la violazione di norme di legge preesistenti. All’atto pratico, le imprese che forniscono in virtù di una gara vinta, non hanno alcuna evidenza se il tetto regionale verrà sforato, né sono in grado di ipotizzare se e quanto saranno chiamate a restituire. Questa incertezza, al di là dell’evidente ingiustizia del meccanismo, è quanto di più pericoloso possa esistere per un’impresa. Tale sistema inoltre non è compatibile con i principi contabili costituzionali che prevedono che i bilanci dello Stato siano prudenti, veritieri, realistici e fondati sull’attendibilità delle previsioni passate. Infatti, definendo i tetti di spesa regionali in maniera retroattiva non si tiene conto della mancata, ma necessaria, conoscenza da parte delle imprese di quale sia più o meno il budget di spesa a loro disposizione. Senza considerare che su quei bilanci le imprese hanno pagato le tasse, che non verranno mai restituite”. Date le cifre richieste, molte imprese medio-piccole potrebbero fallire, o entrare in crisi. Si mettono a rischio oltre 112mila posti di lavoro perché chiedere alle imprese 2,2 miliardi di euro in tempi record significa farle chiudere con conseguenze drammatiche per l’occupazione, i territori e la qualità della salute del Paese. Il fallimento di molte imprese potrebbe inoltre generare un’interruzione delle forniture agli ospedali. Il rischio è che le strutture sanitarie restino sfornite di dispositivi medici indispensabili, oltre a venire a mancare quel supporto tecnico che permette a molte delle tecnologie installate negli ospedali di funzionare correttamente. Ma non solo, imponendo tetti di spesa così bassi la qualità dei dispositivi medici potrebbe calare, l’innovazione tecnologica potrebbe non entrare più nelle strutture sanitarie e i medici potrebbero trovarsi costretti a lavorare senza avere strumenti all’avanguardia, fondamentali per poter esercitare al meglio la professione. Le conseguenze per i cittadini sarebbero altrettanto gravi: senza risorse destinate alla Sanità e senza imprese che la riforniscono, sempre più persone non avrebbero accesso alle cure con un notevo-

le impoverimento dell’offerta e della qualità dei servizi sanitari. La necessità di creare accantonamenti nei bilanci per coprire il rischio di pagamento del payback porterà, inevitabilmente, a un peggioramento del rating bancario di affidabilità delle imprese, con la conseguente impossibilità di accesso al credito. “Ormai l’accesso al credito – ha spiegato il Presidente Boggetti – è diventato complicatissimo per via delle note difficoltà degli istituti bancari a erogare liquidità in questo momento. E con il payback le imprese devono accantonare poste di esercizio, fra l’altro indeducibili, che non fanno altro che abbassare il rating bancario e l’accesso ai crediti bancari, essenziali per l’operatività aziendale. Questo non è altro che un modo per portare le aziende al fallimento per mancanza di cassa”. Secondo Boggetti perseverare nel mantenimento dei tetti di spesa e di meccanismi quali il payback e le gare al ribasso significa anche contribuire a rendere l’Italia un Paese sempre meno appetibile per investimenti nazionali ed esteri, quando invece abbiamo bisogno di far tornare in Italia produzione e ricerca. Realizzare un reshoring, soprattutto nel caso dei dispositivi medici, significa investire su un settore in grado non solo di tutelare il Paese di fronte ad altre eventuali emergenze sanitarie, ma anche capace di far crescere il tessuto industriale in un comparto che è considerato oggi uno dei più promettenti, in grado di generare PIL e occupazione. Con il payback invece le grandi imprese operanti a livello globale potrebbero decidere di considerare l’Italia un paese non più interessante, rendendo indisponibili le innovazioni per il nostro Paese o addirittura scegliendo di uscire del tutto dal mercato italiano o ridurre di molto le quantità di prodotti distribuiti (è già così in alcuni Paesi le cui condizioni di mercato sono fortemente critiche). Di conseguenza è facilmente prevedibile l’arrivo di prodotti di scarsa qualità da parte di imprese poco qualificate. Inoltre, oggi la formazione dei medici e in generale degli operatori sanitari è possibile grazie al supporto economico delle imprese. La chiusura di tante aziende, l’entrata in crisi di altre e l’allontanamento di altre ancora, avrebbe come effetto diretto l’azzeramento di questi investimenti e quindi l’impossibilità per i medici di essere formati e aggiornati, con il conseguente abbassamento della qualità professionale, dunque dell’assistenza. La pandemia ci ha dimostrato che senza salute un paese si impoverisce: demolire il settore dei dispositivi medici vuol dire non avere più le tecnologie necessarie per svolgere qualunque tipo di prestazione sanitaria, oltre ad abbassare la qualità e l’efficacia delle cure e le diagnosi di salute dei cittadini.

29
confindustria dispositivi medici

La procedura negoziata alla prova del giudice: alla ricerca della infungibilità dimenticata

La procedura negoziata, da procedura eccezionale è divenuta di fatto una procedura ordinaria. Nel sottosoglia è la regola, perché il mancato ricorso alla procedura dell’affidamento diretto o della procedura con inviti costituisce una deroga che va puntualmente motivata secondo quanto ha già accertato la giurisprudenza. Nel soprasoglia, la contingenza della presenza di fondi che debbono esser spesi entro il 2026, è divenuta, con sorpresa da parte di tutti, la ratio legis della disposizione che si legge all’art- 48 comma 2 del dl.

77/2021 conv. in L. 108/2021. In entrambe i casi siamo lontani dal dettame normativo tradizionale che vedeva nella procedura negoziata l’eccezione. In tal contesto si colloca una sentenza del Tar Piemonte, Sez. I, 29 novembre 2022, n.1047 nella quale veniamo risvegliati da un bel sogno e, riportati alla reale portata dell’originario art. 63 del Codice dei contratti nel quale al comma 2, lettera b) - e cioè nel caso in cui la concorrenza sia assente per motivi tecnici – la fornitura oggetto di affidamento è effettivamente infungibile. Trattandosi di un’eccezione alla regola della gara, si presuppone che l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella determina a contrarre dell’ente appaltante, nel rispetto dei principi generali della disciplina dei contratti pubblici.

L’infungibilità del prodotto

La infungibilità di un prodotto è condizione oggetto di numerosi interventi sia della giurisprudenza che di ANAC. Quest’ultima ha adottata una linea guida ad hoc,

la n. 8/2018 nella quale ha ricostruito in modo oggettivo cosa sia la infungibilità assoluta, o relativa, o dove si colloca la differenza con la esclusività di tipo commerciale. L’obiettivo delle linee guida, enunciato nell’AIR, è “fornire indicazioni puntuali alle stazioni appaltanti e agli operatori economici circa le condizioni che debbono verificarsi affinché si possa legittimamente fare ricorso alle deroghe previste per i casi di infungibilità di beni e servizi, alle procedure da seguire per l’accertamento di situazioni di infungibilità e agli accorgimenti che le stazioni appaltanti devono adottare per evitare di trovarsi in situazioni in cui le decisioni di acquisto in un certo momento vincolino le decisioni future (fenomeno cosiddetto del lock-in)”. Il c.d. lock-in, secondo la Commissione europea <si verifica quando l’amministrazione non può cambiare facilmente fornitore alla scadenza del periodo contrattuale perché non sono disponibili le informazioni essenziali sul sistema che consentirebbero a un nuovo fornitore di subentrare al precedente in modo efficiente> [Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Contro il lock-in: costruire sistemi TIC aperti facendo un uso migliore degli standard negli appalti pubblici, Com. (2013) 455 final del 25 giugno 2013].

L’esclusività di un prodotto

I concetti di infungibilità ed esclusività non sono sinonimi. L’esclusiva attiene all’esistenza di privative industriali, mentre un bene o servizio è infungibile se è l’unico che

la procedura negoziata
30
I concetti di infungibilità ed esclusività non sono sinonimi. L'esclusiva attiene all'esistenza di privative industriali, mentre un bene o servizio è infungibile se è l'unico che può garantire il soddisfacimento di un certo bisogno

può garantire il soddisfacimento di un certo bisogno. L’infungibilità può essere dovuta all’esistenza di privative industriali ovvero essere la conseguenza di scelte razionali del cliente o dei comportamenti del fornitore; l’effetto finale è comunque un restringimento della concorrenza, con condizioni di acquisto meno favorevoli per l’utente. Accertato che non esiste una soluzione unica per prevenire e/o superare fenomeni di infungibilità, è necessario procedere caso per caso al fine di trovare soluzioni in grado di favorire la trasparenza, la non discriminazione e l’effettiva concorrenza nel mercato.

Com’è noto, Anac, nella propria Linee Guida n. 8, suggerisce prudenzialmente che al fine di prevenire le conseguenze negative derivanti da acquisti effettuati per beni o servizi ritenuti infungibili e/o fenomeni di lock-in e al fine di una corretta gestione degli affidamenti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici devono procedere a un’attenta programmazione e progettazione dei propri fabbisogni.

Nella fase di progettazione e nella predisposizione dei documenti di gara, le amministrazioni devono considerare, oltre ai costi immediati che si devono sostenere, anche quelli futuri legati a elementi quali gli acquisti di materiali di consumo e di parti di ricambio, nonché per il cambio di fornitore. Le stazioni appaltanti procedono agli affidamenti considerando il costo del ciclo di vita del prodotto.

Il ricorso alle consultazioni di mercato

Una delle soluzioni prospettate dalla stessa Anac sono le consultazioni di mercato, ma svolte in ossequio ai principi di trasparenza e massima partecipazione, al fine di non falsare la concorrenza. In questi contesti di presenza di infungibilità o esclusive, le consultazioni preliminari di mercato sono volte a confermare l’esistenza dei presupposti che consentono ai sensi dell’art. 63, comma 1, ovvero individuare l’esistenza di soluzioni alternative. A tal fine, i risultati delle soluzioni individuate a seguito delle consultazioni preliminari di mercato sono riportati nella determina a contrarre. In diverse ipotesi, l’Autorità ha censurato l’uso distorto della consultazione preliminare di mercato “che è risultata sviata rispetto alla finalità tipica dello strumento, di delineare un quadro chiaro e completo del mercato di riferimento e di ridurre le asimmetrie formative che creano ostacoli allo sviluppo della concorrenza, nel rispetto dei principi di non discriminazione e trasparenza” (Delibera n. 83 del 27 gennaio 2021). Da ultimo, il recente parere precontenzioso del 16 novembre 2022 n. 537 nel quale si è precisato che “È illegittima l’indagine di mercato propedeutica alla procedura negoziata di cui all’art. 63, comma 2, lett. b), che non è volta a verificare l’impossibilità di ricorrere a fornitori o soluzioni alternative, ma mira esclusivamente alla ricerca di un operatore da cui acquisire

un sistema con requisiti tecnici identici a quello già utilizzato (nel caso di specie, il richiamo alla tecnologia già utilizzata, ha portato a priori ad assumere un unico parametro di riferimento, restringendo il perimetro delle indagini e causando un’istruttoria incompleta e carente).”

La posizione della giurisprudenza

Il Consiglio di Stato sin dal parere reso in sede di attuazione del codice e poi, in sede di parere reso sulla Linea guida n. 8 ha precisato che in relazione all’affidamento diretto in caso di esecutore “infungibile”, il nuovo art. 63, rispetto al previgente art. 57, fissa requisiti più stringenti. Infatti, non è sufficiente addurre ragioni di natura tecnica o afferenti la tutela di diritti di proprietà intellettuale, occorre che sia comprovato che “non esistono altri operatori economici o soluzioni alternative ragionevoli e l’assenza di concorrenza non è il risultato di una limitazione artificiale dei parametri dell’appalto”. Su questa scia, il Tar Piemonte ricorda che nel caso della fornitura di prodotti infungibili il Legislatore sia comunitario che nazionale ritengono legittima la deroga alla regola della gara e il conseguente ricorso alla procedura negoziata diretta con un solo operatore predeterminato, in quanto l’esito dell’eventuale gara risulterebbe scontato, risolvendosi quindi in una perdita di tempo e di risorse. Ma da ciò discende che la ipotesi della deroga deve vedere una motivazione rafforzata sia effettiva e soprattutto debitamente accertata e documentata dalla stazione appaltante. Questa impostazione ha trovato conferma anche nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE, secondo cui la procedura negoziata senza preventiva pubblicità, proprio in ragione del suo carattere di eccezionalità, richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, che vanno accertati e dimostrati dall’ente appaltante che decide di ricorrervi, attraverso un’interpretazione rigorosa e restrittiva. Nell’ambito di questi vincoli, la valutazione che deve compiere la stazione appaltante è comunque caratterizzata da un significativo grado di discrezionalità, ed è sindacabile dal giudice amministrativo solo se irragionevole, illogica, arbitraria o basata su un travisamento dei fatti, e comunque non sorretta da adeguata motivazione. (in tal senso, Corte UE, 8 aprile 2008, in C-337-05 secondo cui “le deroghe alle norme miranti a garantire l’efficacia dei diritti conferiti dal Trattato nel settore degli appalti pubblici devono essere interpretate restrittivamente. Inoltre, occorre ricordare che l’onere di dimostrare che sussistono effettivamente le circostanze eccezionali che giustificano una deroga grava su colui che intenda avvalersene”; Cons. Stato, sez. IV, 13 giugno 2019, n. 3983; Id., sez. III, 18 gennaio 2018, n. 310; TAR Lazio, Roma, sez. I, 6 novembre 2019, n. 12735; TAR Lazio, Roma, sez. II, 3 marzo 2022, n. 2568). Quindi, tolte le ipotesi di privativa industriali il fulcro

31
la procedura negoziata

la procedura negoziata

della procedura negoziata ruota intorno al concetto economico di infungibilità, ravvisabile nelle ipotesi in cui un bene o un servizio è l’unico che può soddisfare un certo bisogno, perché, a causa di motivi tecnici, non esistono possibili sostituti. Trattandosi di una condizione che giustifica, in via eccezionale, l’affidamento senza previo confronto concorrenziale, l’Autorità ha ribadito, sulla scorta della costante giurisprudenza nazionale, che spetta alla stazione appaltante verificarne rigorosamente l’esistenza e darne conto con un’adeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre. Al riguardo, è stato affermato dall’Autorità che le ragioni di natura tecnica devono reggersi sull’assoluta e inderogabile necessità di rivolgersi ad un determinato operatore economico e non su ragioni di mera opportunità o convenienza. La giurisprudenza ha, inoltre, chiarito che la limitazione della concorrenza è legittima solo nel caso in cui i prodotti presentino caratteristiche tecniche infungibili e non surrogabili da tecnologie alternative in grado di assicurare le medesime funzioni ovvero nel caso in cui vi sia un solo imprenditore in

possesso delle conoscenze tecnico-professionali necessarie per eseguire le prestazioni richieste dall’amministrazione. Nelle citate Linee guida n. 8, l’Autorità ha anche chiarito che “Neppure un presunto più alto livello qualitativo del servizio ovvero la sua rispondenza a parametri di maggior efficienza può considerarsi sufficiente a giustificare l’infungibilità. Si tratta infatti di elementi che da soli non possono condurre al ricorso alla procedura negoziata senza bando precludendo, in tal modo, ad altri potenziali concorrenti di presentare offerte qualitativamente equipollenti se non superiori al presunto unico fornitore in grado di soddisfare certi standard”.

I percorsi virtuosi da seguire

A fronte di questo panorama resta ai singoli ricostruire un percorso virtuoso per provare l’infungibilità utilizzando strumenti previsti nel codice stesso come le consultazioni di mercato di cui all’art. 66 del Codice strumento operativo utilissimo ma spesso utilizzato in modo non coerente.

32

esclusioni da una gara pubblica

L’onere dichiarativo di pregresse esclusioni da una gara pubblica. Un’analisi attraverso la giurisprudenza

Come ben sanno gli operatori economici che partecipano a gare pubbliche, non sono infrequenti le esclusioni dalla procedura di selezione a causa di irregolarità dell’offerta. Se l’effetto è immediato sulla procedura in corso, maggiori dubbi sorgono con riferimento agli effetti sulle gare future, in connessione con gli obblighi dichiarativi ex art. 80 del Codice dei contratti. Il quesito di fondo è infatti se debba essere riferita ogni pregressa esclusione, in quanto ex se suscettibile di integrare una delle cause di esclusione dalla procedura previste dall’art. 80, comma 5, lett. c) e ss. d.lgs. n. 50 del 2016 o se possa essere operata una scelta dall’operatore economico su cosa dichiarare, in base alla natura e alla motivazione dell’esclusione.

La norma di legge

L’art. 80, comma 5, lett. c) e c-bis) del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 dispone che: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’art. 105, comma 6, qualora: (…) c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; c-bis) l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le

informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”

La discrezionalità della Stazione Appaltante

La valutazione a fini escludenti dell’incidenza delle circostanze sopra indicate (illeciti professionali, comma c) e delle fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) è rimessa alla stazione appaltante affinché operi un apprezzamento complessivo del candidato in relazione alla specifica prestazione oggetto di affidamento, come indicato nelle linee guida n. 6 (cfr. delibera ANAC n. 231 del 4 marzo 2020 e n. 146 del 30 marzo 2022; parere Presidente ANAC n. 45 del 20 settembre 2022. Al riguardo, è stato specificato che “solo alla condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico. (…) ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 maggio 2020, n. 2976).

L’obbligo dichiarativo di una precedente esclusione da una gara pubblica Stabilito che la Stazione Appaltante ha piena discrezionalità nella valutazione del comportamento pregresso dell’operatore economico, e che quest’ultimo ha l’obbligo di dichiarare tutti i fatti precedenti potenzialmente incidenti sulla sua

33
Eugenio Tristano - Studio legale Tristano-Roma
La valutazione è rimessa alla stazione appaltante affinché operi un apprezzamento complessivo del candidato in relazione alla specifica prestazione oggetto di affidamento, come indicato nelle linee guida n. 6 (cfr. delibera ANAC n. 231 del 4 marzo 2020 e n. 146 del 30 marzo 2022)

esclusioni da una gara pubblica

integrità e affidabilità (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 28 agosto 202, n. 16), in ossequio ai generali principi di lealtà e affidabilità contrattuale, posti a presidio dell’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali facenti capo alla P.A., la giurisprudenza si è chiesta quali siano in concreto tali “episodi” e, in particolare, se una precedente esclusione da una procedura di selezione pubblica rientri automaticamente fra i fatti da dichiarare, in quanto potenzialmente incidenti sull’affidabilità dell’operatore economico.

Sul punto, si contrappongono due posizioni. Da un lato, la giurisprudenza più rigorosa ha affermato che “con riferimento agli adempimenti dichiarativi, i concorrenti sono tenuti a rendere una dichiarazione omnicomprensiva, segnalando tutte le vicende afferenti la propria attività professionale sulla base del noto principio per cui non è configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza (Consiglio di Stato, sez. V, 25 luglio 2018, n. 4532; Id., 11 giugno 2018, n. 3592; Id., 19 novembre 2018, n. 6530). […] Giova rilevare come la violazione degli obblighi informativi da parte del concorrente ben può essere apprezzata dalla stazione appaltante quale “grave illecito professionale” ex art. 80 c. 5 lett. c) (ex multis T.A.R. Campania Napoli sez. VIII, 15 giugno 2020, n. 2376) in considerazione dell’ampiezza di tale fattispecie comprensiva di condotte illecite collegate all’esercizio dell’attività professionale (T.A.R. Lazio Roma sez. III, 21 gennaio 2019, n. 732) riguardanti sia la fase di esecuzione del contratto che la fase della stessa gara” (TAR Bologna, 8 marzo 2021, n. 208). “Nel perimetro degli obblighi dichiarativi rientra anche un provvedimento di esclusione subìto dall’operatore concorrente in altra procedura di gara da altra stazione appaltante, in quanto sia scaturito da condotta astrattamente idonea a far dubitare dell’integrità ed affidabilità dell’operatore economico per l’esecuzione del contratto in affidamento” (Consiglio di Stato, Sez. V, 20 settembre 2021 n. 6407).

La giurisprudenza meno rigorosa ha invece stabilito che “in linea con un’interpretazione degli obblighi dichiarativi che siano effettivamente funzionali all’espressione del giudizio di integrità ed affidabilità del concorrente (…) non è oggetto di obbligo dichiarativo il provvedimento di esclusione da una determinata procedura di gara, in sé considerato, nelle seguenti situazioni:

(…) quando l’esclusione è stata disposta per avere dichiarato circostanze non veritiere o reso dichiarazioni incomplete poiché gli effetti del mendacio e della reticenza di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016, rilevano soltanto nell’ambito di una determinata procedura di selezione, a meno che il primo non abbia dato luogo ad iscrizione nel casellario informatico dell’Anac ex art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50

del 2016. (…) a tali fattispecie è riferito il fenomeno, stigmatizzato da una parte della giurisprudenza, delle c.d. esclusioni a strascico, che si determina se l’esclusione disposta per il solo fatto della dichiarazione omessa o incompleta sia ritenuta, in sé, indice di inaffidabilità dello stesso operatore economico in altra procedura di gara (Consiglio di Stato, Sez. III, 28.07.2022 n. 6667; Consiglio di Stato, Sez. V, 10.01.2022 n. 166; ; Consiglio di Stato, Sez. V, 3.02.2021 n. 1000; Consiglio di Stato, Sez. V, 27.09.2019 n. 6490; Cons. Stato, Sez. V, 9.01.2019, n. 196; Sez. V, 21.11.2018, n. 6576; Sez. V, 13 settembre 2018, n. 5365; Sez V, 26 luglio 2018, n. 4594). Altra giurisprudenza ha poi sottolineato che “L’episodio dell’intervenuta decadenza “dal titolo giuridico a sottoscrivere il contratto”, traducendosi in una sostanziale decadenza dall’aggiudicazione, non può essere propriamente ascritto alla categoria del grave illecito professionale, giacché non è attinente alla fase di esecuzione del servizio ma alla precedente fase di affidamento del medesimo, rispetto alla quale opera l’apposito ed autosufficiente sistema sanzionatorio delle esclusioni, volto a colpire tutte le irregolarità e le inadempienze commesse dalle imprese concorrenti nel corso della procedura di affidamento, la quale include sia il procedimento di gara in senso stretto sia il successivo segmento pubblicistico compreso tra aggiudicazione e stipula del contratto, in cui continuano ad essere presenti posizioni di interesse legittimo contrapposte al potere autoritativo di scelta del contraente (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 2 agosto 2019 n. 5498; TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 23 novembre 2017 n. 5539; TAR Lazio, Roma, Sez. II Bis, 3 novembre 2015 n. 12400; TAR Veneto, Sez. I, 27 marzo 2017 n. 310). In definitiva, la disposta decadenza dall’aggiudicazione altro non è che l’esclusione dalla procedura comminata all’impresa selezionata per irregolarità e/o inadempienze riscontrate successivamente all’emissione del provvedimento di aggiudicazione. Ciò comporta l’applicazione nella specie del condiviso principio secondo il quale il partecipante ad una gara non è tenuto a dichiarare – e pertanto non incorre in omissione informativa rilevante ai sensi ai dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis), del d.lgs. n. 50/2016 – le esclusioni disposte nei suoi confronti in precedenti gare, poiché, al di là dei provvedimenti sanzionatori spettanti all’ANAC in caso di dolo o colpa grave nel mendacio, la causa di esclusione che potrebbe dar luogo all’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura selettiva, si riferisce – e si conclude – all’interno della procedura di gara in cui è maturata, non avendo efficacia ultrattiva in altre procedure, pena, in caso contrario, l’inammissibile riproducibilità a strascico della medesima sanzione espulsiva (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2021 n. 1000, 27 settembre 2019 n. 6490 e 9 gennaio 2019 n. 196; nello stesso senso cfr. TAR Campania Napoli, Sez. II, 12 luglio 2021 n. 4806) (TAR Campania, Napoli, Sez. II 31 gennaio 2022 n. 639).

34

Elaborazione del piano di preparazione e risposta ad una pandemia influenza dell’Azienda ULSS 6 Euganea

La pandemia da SARS-CoV-2 ha avuto ripercussioni rilevanti, non solo a livello sanitario, ma anche economico, lavorativo ed educativo. La lezione del covid ha evidenziato la necessità di prepararsi e di considerare l’eventualità di una futura pandemia influenzale, agendo in via preventiva per mitigarne gli effetti. Ciò è particolarmente importante per i sistemi sanitari, che devono essere in grado di modificare rapidamente la loro configurazione con grande flessibilità, al fine di gestire un aumento esponenziale dei casi di malattia e mantenendo al contempo l’erogazione di servizi essenziali. In Italia, con l’Accordo Stato-Regioni del 2021 25.01.2021 (Rep. Atti n. 11/CSR del 25.01.2021) è stato approvato il “Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale - PanFlu”, declinato a livello regionale e locale dalle Aziende Sanitarie Pubbliche. Il nostro articolo descrive come l’Azienda ULSS 6 Euganea abbia, negli ultimi mesi del 2022, predisposto il proprio Piano operativo. La realizzazione del Piano ha richiesto la necessità di

analizzare la documentazione regionale e nazionale per comprendere le indicazioni e le linee guida per la preparazione e la risposta alla pandemia. Oltre al Piano pandemico regionale e nazionale, era necessaria la conoscenza delle linee guida e normative redatte in piena pandemia da SARS-COV-2, spesso soggette ad aggiornamenti e revisioni in relazione all’evolversi della situazione. Inoltre, la trasversalità degli argomenti, attori e stakeholders, rappresentava un ulteriore elemento di complessità, in quanto rendeva necessario coinvolgere e condurre profili professionali e competenze eterogenee (ospedale, territorio, prevenzione, farmacia, risorse umane, acquisti, etc) su un terreno comune di analisi e lavoro. Infine, il limite di consegna entro il 31 dicembre 2022 - target rinforzato dalla programmazione degli obiettivi regionali assegnati all’azienda (DGR 709 del 14.06.2022) - rappresentava una pressione aggiuntiva in un momento storico complesso caratterizzato dalla ripresa delle attività sanitarie ordinarie e dalla gestione dell’ultima coda pandemica.

35 piano per pandemia influenzale
L.G. Sbrogiò, P. Realdon, C. Bovo, C. Giordani, M. Marchiori, F. Scotton, P. Anello, E. Marcante, L. Cesaro, M. Michielon, I. Marin, N. Frison, C. Saraceno, T. Zampieri, P. Fortuna Fig. 1 - WBS PanFlu ULSS 6

piano per pandemia influenzale

Metodi

Per organizzare la scrittura del piano pandemico locale, l’Azienda ULSS 6 Euganea ha utilizzato fin da subito strumenti di Project Management. In particolare, è stata utilizzata una metodologia di pianificazione e controllo dell’avanzamento della stesura del documento, per garantire che tutti i passaggi necessari venissero completati in modo efficiente. Il progetto è stato pertanto organizzato e suddiviso nelle cinque fasi tradizionali che descrivono il ciclo di vita di un progetto: avvio, pianificazione, esecuzione, monitoraggio e chiusura. Per quanto riguarda l’avvio, è stato fatto un primo studio dei documenti regionali e, sulla base dei contenuti da preparare, sono stati individuati i referenti per i diversi ambiti di specializzazione, coinvolgendo l’intera azienda in maniera trasversale e più capillarmente possibile. Questo a testimonianza del fatto che la preparazione ad una futura pandemia non sia un’attività esclusiva del Dipartimento di Prevenzione, ma pervasiva all’intero organigramma aziendale. La fase di pianificazione è stata dedicata alla definizione della WBS (Work Breakdown Structure) di progetto, organizzata per fasi di realizzazione del Piano. La WBS ha permesso di descrivere il progetto in termini di componenti funzionali, garantendo una maggiore efficienza nel coordinamento delle attività. La WBS è stata trasposta nel diagramma di Gantt, che è stato settimanalmente aggiornato per tenere monitorato l’andamento dei lavori, individuando le risorse necessarie per ogni fase.

Organizzazione delle Risorse

La realizzazione del Piano ha richiesto la gestione e il coordinamento di un team di più di 40 persone, per la maggior parte dirigenti di struttura aziendali. L’OBS (Organization Breakdown Structure) del progetto ha permesso di identificare le diverse unità organizzative coinvolte, stabilendone le responsabilità e il diverso grado di coinvolgimento. Il team di progetto è stato formalizzato nel Gruppo di Coordinamento Aziendale, in cui sono stati nominati i referenti individuati nella fase di avvio; in tale gruppo sono stati inseriti anche i principali stakeholder esterni. È stato nominato anche un Coordinatore, nella figura del Direttore del Dipartimento di Prevenzione.

Successivamente, per garantire una gestione agile delle attività, sono stati affiancati al Gruppo di Coordinamento un Gruppo di Steering Committee e un Gruppo Operativo, con il compito di predisporre il Piano strategico-operativo locale definendone la struttura, i deliverables e il piano di lavoro. La creazione dello Steering Committee e del Gruppo Operativo è stata finalizzata alla creazione di un piano completo, facilmente comprensibile, volto alla definizione degli aspetti che guidano l’azienda nella transizione tra gestione ordinaria ed emergenziale. Da un punto di vista di gestione progettuale, il gruppo di Steering Committee ha svolto il ruolo di PM di progetto nei confronti del committente, ovvero la Direzione Aziendale. Come detto, il Gruppo di Coordinamento ha rappresentato il team di lavoro del progetto, mentre il Gruppo Operativo fungeva da supporto allo Steering Committee.

Esecuzione

L’esecuzione del progetto ha previsto una prima fase in cui il Gruppo Operativo ha analizzato nel dettaglio la documentazione disponibile, ovvero i documenti regionali e nazionali di riferimento per la preparazione e la risposta a una pandemia influenzale. Tali documenti programmatici sono stati la base di partenza per la definizione di un primo Piano operativo embrionale, ovvero una lista di obiettivi e attività. Al Gruppo di Coordinamento è stato richiesto la declinazione pratica delle attività, attraverso la compilazione di schede di analisi utili a descrivere le azioni aziendali di intervento, con il dettaglio delle risorse necessarie per la gestione della pandemia all’interno dell’azienda sanitaria. Dopo la raccolta delle schede compilate, è stata effettuata un’analisi strutturata delle informazioni, che ha permesso di individuare gli ambiti di approfondimento. In alcuni casi, è stato previsto di realizzare documenti allegati al Piano, per approfondire in modo mirato le dinamiche di riorganizzazione delle risorse aziendali e di gestione delle informazioni.

Il Gruppo Operativo ha integrato e riassunto tutto il materiale raccolto in un unico documento di sintesi, denominato documento programmatico, che riassume in maniera discorsiva i principali aspetti di interesse per la gestione della pandemia all’interno dell’ULSS 6. In tal

36
Al Gruppo di Coordinamento è stato richiesto la declinazione pratica delle attività, attraverso la compilazione di schede di analisi utili a descrivere le azioni aziendali di intervento, con il dettaglio delle risorse necessarie per la gestione della pandemia all'interno dell'azienda sanitaria

modo è stato possibile dare una visione di facile lettura e comprensione ad un piano così complesso. In questa fase, l’utilizzo degli strumenti di Project Management ha consentito di monitorare e gestire in maniera efficace le attività, permettendo il controllo e il rispetto delle tempistiche di progetto.

Monitoraggio

Lo Steering Committee, incaricato di coordinare la stesura del piano pandemico, ha organizzato degli incontri settimanali per discutere gli sviluppi delle attività, recepire e diffondere le indicazioni regionali, aggiornare la Direzione Aziendale sullo stato di avanzamento, curare la redazione delle comunicazioni formali, coordinare gli incontri del Gruppo di Coordinamento e fornire linee di indirizzo al Gruppo Operativo. Il Gruppo Operativo ha recepito le indicazioni dello Steering Committee e ha dato supporto ai referenti, assicurando che le attività procedessero secondo le indicazioni ricevute.

Grazie alla collaborazione fra referenti Gruppo di Coordinamento e lo Steering Committee, è stato possibile garantire un’adeguata integrazione delle diverse azioni di aumento delle capacità di cura, accompagnandole ad un contestuale e progressivo aumento delle risorse del personale e/o economiche emergenziali. Ciò ha permesso di

mantenere una coerenza tra le diverse azioni del Piano.

Risultati

L’utilizzo degli strumenti di Project Management per la stesura del Piano Pandemico aziendale ha permesso un’analisi dettagliata e una pianificazione efficace delle azioni necessarie per affrontare una futura emergenza sanitaria. Il Piano operativo aziendale, similmente a quello regionale, risulta articolato in due differenti linee di analisi: le 4 fasi pandemiche, definite dall’OMS, ovvero le fasi che caratterizzano il ciclo di vita di un evento pandemico (fase interpandemica, di allerta, pandemica e di transizione pandemica), e le 13 macroaree di riferimento, individuate dal Piano pandemico regionale. Le 13 Macroaree di riferimento costituiscono i processi aziendali che, in una logica di sistema, rappresentano la risposta aziendale all’emergenza sanitaria. La figura 1 mostra le macroaree secondo il modello della value chain, che distingue i processi in:

primari: che generano direttamente un valore per il cittadino-paziente. Rientrano in questa categoria i servizi sanitari di prevenzione, i servizi sanitari assistenziali territoriali e ospedalieri;

di supporto: alle attività primarie, non direttamente percepite al cittadino-paziente.

37
per
influenzale
piano
pandemia
Fig. 2 - OBS PanFlu ULSS 6

piano per pandemia influenzale

Chiusura

Una volta completato il lavoro, il Piano Pandemico è stato presentato alla Direzione Aziendale per la revisione e l’approvazione. Successivamente è stato condiviso alle diverse istituzioni (Sindaci, MMG/PLS, Farmacie Territoriali, Comuni, Sindacati, collegio di direzione ed altri enti ecc) che a vario titolo hanno collaborato in maniera significativa con l’Azienda nella pandemia da Sars-Cov-2. Infine, il Piano è stato approvato con Delibera del Direttore Generale n. 909, entro i termini previsti del 31 dicembre.

Conclusione

Il Piano deve molto all’esperienza acquisita sul campo nel corso della recente pandemia da Sars-CoV-2. Pur con alcuni limiti, è importante sottolineare il senso generale del documento: tutta l’azienda ristruttura le proprie funzioni e risorse in maniera trasversale, progressiva e coordinata, a partire dalla fase interpandemica, per prepararsi a dare una risposta straordinaria di assistenza a tutela della salute della popolazione. Aspetti chiave, quale collaborazione, trasversalità, flessibilità, gestione delle crisi e dell’incertezza, raggiungimento degli obiettivi, utilizzo degli strumenti di Project Management, devono inserirsi nel DNA di un’azienda sanitaria pubblica locale, che generalmente ha modelli organizzativi altamente specializzati ma poco elastici al cambiamento in assenza di un’adeguata preparazione. La stesura del Panflu in ULSS 6 è stato un esempio di come il Covid abbia lasciato questi valori all’interno dell’azienda. La redazione del Piano pandemico è stata una lunga e complessa attività che ha richiesto un impegno e una collaborazione costante da parte di tutti gli attori coinvolti. Tuttavia, grazie ad un’attenta pianificazione e

organizzazione, il processo di redazione è stato portato a termine senza incontrare particolari criticità in termini di tempistica. Le diverse prospettive e competenze degli attori coinvolti hanno reso, a volte, difficile individuare soluzioni condivise e armonizzare le diverse esigenze. Tuttavia è stato possibile portare a termine il compito grazie all’impegno e alla dedizione di tutti gli attori coinvolti, nonché grazie ad un’attenta gestione organizzativa di un team numeroso. Il Gruppo di coordinamento aziendale, reso permanente, sarà inoltre incaricato del monitoraggio dell’attuazione di quanto previsto e della periodica revisione del piano. Infatti, per essere efficace il Piano pandemico non può essere scolpito nella pietra, ma deve essere inteso come un documento vivo. La preparazione a una pandemia influenzale è da intendersi un processo ciclico di pianificazione, attuazione, monitoraggio e revisione. Per citare Albert Camus, scrittore e filosofo francese, dal suo romanzo La peste: “Nel mondo ci sono state, in egual numero, pestilenze e guerre; e tuttavia pestilenze e guerre colgono gli uomini sempre impreparati”. La lezione più preziosa appresa dal Covid-19 è forse questa: la risposta ad un’emergenza di sanità pubblica non può essere improvvisata, e il livello di preparazione di ogni più piccola articolazione di un’azienda sanitaria nel gestire tali eventi può avere un ruolo determinante nel salvare vite umane. A chi è stato direttamente coinvolto nel contrasto della pandemia, la più grande dopo l’Influenza Spagnola nel 1918, spetta l’arduo compito di conservare e trasmettere questa cultura ai professionisti sanitari di domani.

Si ringraziano il Direttore Sanitario A. Mariotto, tutti i componenti dello Steering Committee e tutte le persone a vario titolo coinvolte nell’elaborazione del piano pandemico aziendale ULSS 6.

38
Figura 3. Rappresentazione delle macroaree del Piano pandemico secondo il modello value chain

VIII Corso di Alta Formazione 2021/22 per Funzionari e Dirigenti in Sanità

Scuola Permanente di Formazione dei Buyer Pubblici della Sanità Area Provveditorato - Economato - Patrimonio 39

La comunicazione: principi e tecniche per comunicare

Gruppo di lavoro:

Martina Luison Istituto Oncologico Veneto - I.R.C.C.S., Padova

Maria Sigona Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, Ragusa

Laura Castello Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, Ragusa

Elena De Vecchi Azienda Ospedaliera-Universitaria “Maggiore dalla Carità”, Novara

Alessandra Vasta Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, Ragusa

Veronica Sartor Azienda ULSS7 Pedemontana, Bassano del Grappa (VI)

Capitolo 1 - L’arte di comunicare: un istinto primordiale. Elementi di evoluzione e, talora, di involuzione. L’istinto di comunicare è innato nell’uomo come predisposizione involontaria e si manifesta, sin dal suo concepimento, attraverso lo scambio di informazioni a livello cellulare. La comunicazione, dal latino communicare “rendere comune” ovvero “far altri partecipe di una cosa” è una condizione naturale dell’esistenza perché la possibilità di comunicare con tutto ciò che esiste è una dimensione della vita. Sin dal grembo materno, una delle condizioni in cui l’uomo viene a trovarsi per imparare a comunicare è lo stato di ascolto. Tale predisposizione è un principio base, fondamentale per una corretta comprensione dell’altro e, quindi, per impostare un corretto scambio di informazioni. Similmente a quanto accaduto nel corso della Storia della comunicazione degli uomini, le prime forme di dialogo di ciascun neonato si sviluppano, oltre che attraverso l’ascolto, con i gesti, le vocalizzazioni e, successivamente, anche attraverso le immagini, fino all’acquisizione di un linguaggio articolato. Allo stesso modo gli uomini primitivi hanno affinato le tecniche di comunicazione partendo dall’ascolto per poi servirsi dei gesti, dei suoni, delle immagini fino a riuscire a sviluppare un linguaggio basato sull’ alfabeto fonetico. Uno studio condotto da alcuni ricercatori della University of Western Australia ha confermato il ruolo primario del gesto nelle prime fasi della creazione del linguaggio proprio per la sua universalità. Le importanti pitture rupestri rinvenute, ad esempio, in Francia (grotte di Font-de-Gaume e Lascaux) e in Spagna possono essere considerate una delle prime forme di comunicazione visiva in quanto ricca di significati i quali permettono ancora oggi di intuire riflessioni, percezioni ed emozioni dei nostri antenati.

Sebbene non vi sia ancora una teoria certa sulla nascita del linguaggio, questo è arrivato ad essere il primo formale mezzo di comunicazione universale. Non vi sono teorie concordi neppure sullo sviluppo della scrittura, talora attribuito ai Sumeri piuttosto che agli Egizi o ai Fenici. Certo è che essa, nata circa 5000 anni fa quale strumento proprio dell’Homo Faber, costituì un sistema pragmatico derivato dalle necessità di una delle fasi evolutive della nostra specie. Cicerone, maestro delle tecniche di comunicazione, si distinse dal momento che intese l’arte di comunicare non una semplice padronanza delle strategie di persuasione, ma la massima espressione della profondità di pensiero. Nel corso della Storia sistemi e strumenti di comunicazione sociale innovativi, dal giornale al telefono, fino alla televisione, sono stati inizialmente accessibili solo ad una cerchia ristretta di persone. Il secolo scorso, lo stesso computer, che in un primo momento sembrò essere destinato solo a scopi pragmatici essendo riservato alle grandi organizzazioni, come ad esempio le amministrazioni o i comandi militari, a partire dagli anni ’70, grazie alla tecnologia dei microprocessori, al costante sviluppo di software e, negli anni ‘90, all’espansione della rete, è divenuto rapidamente alla portata di tutti. La rivoluzione informatica e la connessione tra informatica e telecomunicazione hanno impresso una svolta decisiva alla creazione e alla diffusione sempre più rapida di nuovi media trasformando il mondo della comunicazione e innovando profondamente il modo di intendere i mezzi di comunicazione di massa e di fruire degli stessi.

I nuovi “media” come internet, pc, smartphone, la posta elettronica e i blog, nati e utilizzati per facilitare lo scambio di informazioni e il dialogo tra le persone, sia in ambito lavorativo che privato, risultano efficaci anche nei comparti della Pubblica Amministrazione, rivelandosi spesso risolutivi nel guidare il cittadino nell’esercizio corretto dei propri diritti. Inoltre, in ambito sanitario sono ormai indispensabili nello svolgimento delle campagne informative e nel garantire i corretti iter procedurali, favorendo lo sviluppo dei rapporti comunicativi sia interni che esterni. Tra i benefici più evidenti dei nuovi mezzi di comunicazione si possono certamente citare la convergenza tecnologica (un singolo oggetto risponde a sempre più funzioni e unisce strumenti di comunicazione differenti), la velocità, l’assenza di confini, la capacità di archiviare un gran numero di dati e la partecipazione dell’utente. Quest’ultimo può interagire direttamente con altri utenti, creando comunicazioni da singolo a singolo, da singolo a molti, (ad esempio con le mail, Google Meet, i social network) e da molti a molti (blog, forum ecc.).

40 VIII corso di formazione FARE

Talvolta, paradossalmente, sembra che gli odierni strumenti tecnologici più che facilitare la comunicazione la ostacolino, con una sorta di effetto involutivo. A tal proposito, pur riconoscendo che nel corso degli ultimi due anni di pandemia Covid-19 i nuovi media sono stati strumenti quasi “vitali” oltre che importanti vie di fuga dall’isolamento forzato, tuttavia l’immediatezza offerta dagli stessi si è rivelata, e si rivela, talora, controproducente. Infatti l’abbondanza di argomenti a disposizione di tutti, spesso senza una particolare cura delle fonti, non filtrata da una certa accortezza di discernimento e da un dovuto approfondimento, può diventare causa di una comunicazione poco efficace, sterile e non veritiera. Inoltre gli utenti, talvolta, subiscono un intorpidimento della loro curiosità in quanto i nuovi media li orientano esclusivamente solo verso determinati contenuti, oppure, attraverso i cookies, li indirizzano a visitare esclusivamente pagine web e argomenti già di loro interesse, precludendo nuovi stimoli. In tale ambito rientrano le cosiddette “fake news” che, sottoposte a una lettura immediata, superficiale e priva di approfondimenti, molto spesso sembrano trasformarsi in una sorta di pettegolezzo “virtuale” infondato e “virale”. I ritmi frenetici odierni del “tutto e subito” spesso inibiscono la creatività in quanto l’interlocutore è portato non solo a semplificare il discorso ai minimi termini ma anche, con una sorta di noncuranza della forma, a eliminare verbi, soggetti, predicati, a sbagliare volontariamente apostrofi e accenti, generando spesso l’opposto del fine della comunicazione: l’incomprensione.

Per di più la comunicazione virtuale, come ad esempio quella dei social network, non permette sempre di identificare facilmente la tipologia di uditorio e, quindi, di individuare la migliore strategia per farsi comprendere dai destinatari, spesso eterogenei per età, professione, cultura e background.

La comunicazione virtuale compromette, inoltre, alcuni valori aggiunti quali l’uso della voce e la gestualità che accompagna le parole, valori che rendono il discorso convincente, efficace e la stessa abilità comunicativa una vera e propria arte. Alcuni strumenti, come le video call, per quanto utili, dovrebbero sì continuare a essere utilizzati, ma solo in situazioni particolari dato che anche il confrontarsi direttamente con l’interlocutore è un esercizio che permette di specchiarsi nelle sue emozioni non più celate dal filtro dello schermo. Tuttavia, la conservazione e lo sviluppo delle tecniche di comunicazione sembrerebbero maggiormente compromesse da quei media che procurano l’inconsapevolezza del virtuale come, per esempio, applicazioni quali WathsApp e, in generale, i social network. A tal proposito, basti pensare che si è tornati ad esprimersi più con le immagini che con le parole, un po’ come accadeva agli inizi con l’arte rupestre, ma senza la medesima poesia.

Alla luce di quanto sopra esposto, per far sì che la comunicazione rimanga comunque un’arte, oltre che una necessità, per quanto oggi obbligatoriamente inserita nel più ampio campo delle Scienze dell’Informazione, è necessario conservare la consapevolezza che tutto ciò che di nuovo viene inventato deve rimanere uno strumento la cui funzionalità, seppur prettamente pragmatica, dopo essere stata appresa, non deve limitare la creatività e le potenzialità dell’intelletto, bensì continuare a favorirne l’espressione.

Capitolo 2 - Cosa intendiamo per comunicazione.

La comunicazione è lo strumento che mette un valore al servizio di qualcuno. Essa è alla base di qualsiasi rapporto fra le persone, rappresenta lo strumento fondamentale per condividere un’idea, trasmettere un messaggio o farsi portavoce di un proposito.

Le forme di comunicazione possono essere le seguenti: comunicazione non verbale, verbale e scritta.

La comunicazione non verbale è suddivisa i quattro componenti: 1) Sistema paralinguistico, sistema cinesico, la prossemica e l’aptica. L’utilizzo della comunicazione non verbale comporta la piena conoscenza di sé stessi. L’uso della mascherina, causato dalla pandemia, ha inciso negativamente sulla comunicazione non verbale.

La comunicazione scritta per essere efficace è necessario utilizzare una comunicazione semplice e lineare in modo da fornire informazioni e indicazioni chiare.

La comunicazione verbale per essere efficace deve presentare le seguenti caratteristiche: completezza, concisione, considerazione, cortesia, chiarezza e correttezza.

Negli anni 40 viene ideato il modello delle 5W di Lasswellche individua 5 importanti domande per poter analizzare i processi comunicativi:

- Who? Chi è interessato al problema?

- What? Di che cosa si tratta?

- Where? Dove siamo? (contesto, scenario)

- When? Quando dobbiamo agire?

- Why? Perché, con quale scopo?

Successivamente si aggiunse anche un “H”

- How? Come?

41
corso
FARE
VIII
di formazione

VIII corso di formazione FARE

Le 5W restituiscono le informazioni che qualsiasi lettore è interessato a trovare in maniera diretta, chiara e veloce. Solo dopo averle rese esplicite possiamo approfondire tutti gli altri aspetti nel resto dell’articolo. Questo modello viene molto utilizzato nella comunicazione pubblica, La dimensione sociologica di Lasswell è evidente in due aspetti:

- innanzitutto la comunicazione è un atto intenzionale di un individuo, gruppo o organizzazione rivolto a qualcuno volto a raggiungere alcuni obiettivi;

- in ogni atto comunicativo sono chiamati in causa l’identità, i bisogni ed i valori di coloro che stanno comunicando, e che tipo di relazione c’è tra loro.

Capitolo 3 - La comunicazione pubblica

A partire dagli anni novanta, un importante processo di innovazione ha caratterizzato la Pubblica Amministrazione nel suo modo di comunicare, dalla L.241/1990 (legge sulla trasparenza) al D.L 76/2020 (decreto semplificazioni), passando dalla tappa fondamentale rappresenta dalla L.150/2000 (disciplina organica della comunicazione pubblica) in attuazione dei principi di trasparenza e semplificazione. Inoltre, nell’epoca attuale dove avanza il progresso tecnologico e digitale, la comunicazione e la tecnologia danno al processo di innovazione una dimensione concreta, consentendo una massimizzazione dell’accesso ai servizi e relazioni di tipo collaborativo. Pertanto comunicazione, trasparenza, semplificazione e innovazione sono inscindibili ed evidenziano il ruolo assegnato alla comunicazione pubblica dal nostro ordinamento, in particolare migliorare la qualità dei servizi e dell’organizzazione, attuare diritti riconosciuti, favorire opportunità di ascolto/ dialogo e sviluppo sociale per il soddisfacimento dei bisogni in continuo divenire. Parlare di comunicazione pubblica vuol dire affrontare dinamiche di un processo sociale che comporta l’apertura di spazi di comunicazione a mezzo di norme, politiche e good practices, mettendo in moto un processo di cambiamento caratterizzato sempre più dalla centralità del cittadino. Questo approccio, perno della legislazione degli ultimi due decenni, riflette la volontà di improntare l’azione amministrativa ai criteri cui si ispira il funzionamento delle imprese private (efficienza ed efficacia) e di marketing per la centralità del cliente/utente che diventa un Attore principale, con status paritetico non più subordinato, vero capitale di un’azienda e la sua fidelizzazione è fondamentale. Da qui l’importanza dell’ascolto, delle abilità comunicative e della comunicazione interindividuale (colloqui, questionari, etc.), soprattutto nell’erogazione dei servizi pubblici. La comunicazione è pubblica, quindi si basa sui principi di pubblica utilità e dell’interesse generale e non può essere in contrasto con i valori etici della correttezza e della chiarezza (come sottolinea la Direttiva Frattini), né prescindere dai principi dell’azione amministrativa di cui all’art.97 della Costituzione (imparzialità, buon andamento, eguaglianza). Nell’epoca attuale caratterizzata dall’essere always on (sempre connesso), emerge anche per la P.A. la necessità di mettersi al passo con il nuovo bisogno di comunicazione in tempo reale degli utenti, attraverso, canali più diretti (new media) che consentano di ricevere immediatamente informazioni, di essere aggiornati ovunque ci si trovi e di interagire direttamente con i propri interlocutori. Così l’Amministrazione si avvicina ai cittadini facendoli sentire parte integrante dell’istituzione e facendo percepire in modo più concreto il lavoro che svolge per migliorare la vita della comunità e genera nel cittadino un forte senso di appartenenza, di coinvolgimento e consenso. Un grande cambiamento è rappresentato dal Nodo Smistamento Ordini (NSO), un sistema innovativo per la gestione/trasmissione esclusivamente telematica degli ordini di acquisto di beni e servizi tramite il quale interagiscono P.A e Fornitori. Il vantaggio per entrambe le parti è costituito dall’ottimizzazione dei processi (rapidità, semplificazione e correttezza). Inoltre, NSO consente di mantenersi competitivi sul mercato, al passo del cambiamento, in un’ottica di standardizzazione, perché i documenti fiscali che vi transitano utilizzano lo stesso formato (UBL XML) previsto per la fattura elettronica, per i documenti del canale PEPPOL e allo stesso standard puntano le politiche di digitalizzazione nell’Unione Europea. Cogliere l’urgenza dell’innovazione, avvicinare amministrazione e cittadini, avere una maggiore consapevolezza del proprio ruolo, favorire l’interazione interna ed esterna, sono cambiamenti che non si attuano solamente con norme e computer, ma coinvolgono tutti e, soprattutto, coloro che nella P.A. hanno il ruolo di comunicare e informare su servizi, prestazioni e attività. Il risultato di una comunicazione pubblica efficace non può che essere un sistema positivo, circolare di input e output (ascolto, verifica del livello di soddisfazione percepita, adeguamento del servizio alle indicazioni ricevute, pianificazione e monitoraggio) con conseguente arricchimento sociale.

Capitolo 4 - La comunicazione interna

La normativa sulla comunicazione pubblica è stata introdotta con la Legge 150 del 2000. Questa normativa identifica la comunicazione e l’informazione pubblica come elementi principali della Pubblica Amministrazione e anche come una risorsa indispensabile per promuovere l’immagine dell’amministrazione stessa. La comunicazione interna si pone come complementare e funzionale alla comunicazione esterna, ma avviene all’interno

42

dei confini giuridici e organizzativi dell’ente ed è rivolta principalmente ai dipendenti e collaboratori dello stesso. Non avviene “fuori dal mondo”, ma rispecchia il mondo esterno e le sue problematiche all’interno dell’organizzazione, si concentra nella ricerca delle risposte migliori ai bisogni e alle richieste che provengono dall’ambiente esterno.

Ha la finalità di coinvolgere i dipendenti nelle politiche e nelle strategie dell’Amministrazione, favorire la conoscenza delle leggi al fine di facilitarne l’applicazione, migliorare le sinergie tra gli uffici e i rapporti collaborativi, trasmettere informazioni su esigenze operative, ottimizzando le fasi di esecuzione del lavoro e semplificandolo, mantenere informato il personale in funzione della mission, rafforzare il senso di appartenenza e la motivazione, diffondere un’immagine positiva dell’ente attraverso i comportamenti e gli atteggiamenti dei dipendenti. La comunicazione interna è un processo complesso che mira a costituire una rete di canali di comunicazione per agevolare la circolazione di informazioni di qualsiasi natura, indirizzati al pubblico interno, ovvero dipendenti e collaboratori. Inoltre, la comunicazione interna ha un peso considerevole nell’immagine che l’ente offre di sé all’esterno: i dipendenti sono i primi promotori dell’ente, aspetto spesso sottovalutato o addirittura dimenticato.

Risulta fondamentale quindi affrontare l’avvio di una rete di comunicazione interna, creando un ambiente favorevole. Lo strumento fondamentale per la gestione del processo è il “Piano di Comunicazione Interna”, grazie al piano, risulta più facile razionalizzare la struttura sottostante alla rete di comunicazione interna. Ricordiamo che una buona circolazione d’informazione all’interno dell’organizzazione risulta funzionale alla produttività interna e al clima, ma anche all’organizzazione delle informazioni da veicolare verso l’esterno.

Se si parla di Comunicazione Interna, bisogna accennare la Comunicazione Organizzativa che è l’insieme dei processi strategici e operativi, di creazione, di scambio e di condivisione di messaggi informativi sia all’interno dell’ente che all’esterno, coinvolgendo i dipendenti, i collaboratori interni ed esterni e tutti i soggetti esterni interessati o coinvolti nella vita dell’organizzazione. Per il successo della comunicazione organizzativa sono indispensabili, una buona organizzazione delle informazioni e una base comune di conoscenze, una comunicazione armonizzata tra interno ed esterno, un clima positivo nell’organizzazione.

Capitolo 5 - La comunicazione nella relazione di cura. Il rapporto medico-paziente Quotidianamente, all’interno del sistema sanitario, i professionisti della salute sono chiamati a confrontarsi non solo con i casi clinici ma anche con questioni di tipo tecnico e organizzativo, trascurando inevitabilmente l’aspetto umano della loro professione: il rapporto con il paziente. Superata la passata concezione di tipo “paternalistico”, oggi questo rapporto è fatto di condivisione del percorso di cura ovvero di un’alleanza terapeutica tra le parti, di cui una comunicazione efficace e ne costituisce necessario presupposto.

Questa nuova prospettiva comportamentale è suffragata dal Codice deontologico il quale, all’ art 20, prevede che il tempo della comunicazione è considerato “quale tempo di cura”.

In un contesto relazionale così delicato, la comunicazione, quindi, non può ridursi ad una mera informazione relativa al caso clinico, ma necessariamente, deve tener conto della dimensione emotiva del paziente al fine, appunto, di consentirgli un affidamento completo alle cure.

Per questo motivo, la capacità comunicativa, non può essere solo frutto di “abilità” personali del medico, ma va acquisita e potenziata, attraverso un’apposita formazione che fornisca al professionista gli strumenti adatti ad un approccio efficace con l’assistito. Una delle capacità comunicative più rilevanti è l’ascolto.

Ascoltare significa sforzarsi di andare oltre il senso letterale delle parole e delle affermazioni. Il medico, quindi, ascolta realmente il paziente quando riesce a mettersi “nei suoi panni”, soffermandosi sull’esperienza di malattia e sui suoi bisogni.

La comunicazione ha un’importanza cruciale, soprattutto, quando il medico è tenuto a informare il paziente o i familiari di una situazione clinica critica ai fini dell’acquisizione del consenso alle cure. Sul punto, l’art 20 prevede che la relazione di cura si fonda anche su “un’informazione comprensibile e completa”. La Corte di Cassazione ha statuito che: “In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative” (Cassazione civile sez. III, 04/02/2016, n.2177).

L’informazione, quindi, deve essere scevra di espressioni gergali scientifiche particolarmente complesse tali da consentire la corretta comprensione al paziente e, la funzione del consenso informato, secondo la Corte Costituzionale, è quella di contemperare, rispettivamente, il diritto all’autodeterminazione, quale libertà (art 13 Cost) di scelta rispetto a quanto prospettato dal medico, e la tutela del diritto della salute (art 32 Cost).

Soprattutto nei casi più gravi, l’approccio comunicativo più significativo è quello della Medicina narrativa, strumento attraverso cui il medico conosce la storia clinica del paziente, acquisendo le emozioni che l’assistito esprime, relativamen-

43
FARE
VIII corso di formazione

VIII corso di formazione FARE

te alla patologia. Questa strategia comunicativa è di ausilio ai medici in quanto: “riconoscere, assorbire, metabolizzare, interpretare ed essere sensibilizzati dalle storie della malattia: aiuta medici, infermieri, operatori sociali e terapisti a migliorare l’efficacia di cura attraverso lo sviluppo della capacità di attenzione, riflessione, rappresentazione e affiliazione con i pazienti e i colleghi” ( secondo la definizione coniata dal Direttore del Programma di Medicina Narrativa, Rita Charon, alla Columbia University) e ai pazienti poiché “allevia la sofferenza e permette alle persone malate di creare una connessione con altre persone che hanno vissuto la stessa esperienza o che vogliono co-partecipare e dare conforto al paziente”( esperienza Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio FatebeneFratelli della Provincia Lombardo Veneta). In Italia, l’approccio della Medicina Narrativa nella pratica clinica è ormai oggetto di studio scientifico ed è sperimentata in diverse realtà assistenziali.

Capitolo 6 - Tecnologia e comunicazione nella tutela della salute Viviamo nell’era della rivoluzione tecnologica e del digitale e mai nella storia dell’uomo si sono susseguite delle innovazioni che hanno condotto a dei cambiamenti così veloci e repentini. I più comuni social media, nei quali vengono condivisi quotidianamente milioni di contenuti inerenti anche l’ambito della salute, sono Facebook, Youtube, Twitter e Instagram.

Dall’ultima ricerca dell’Osservatorio permanente CENSIS-ITAL COMMUNICATIONS 2021 è emerso che ci sono milioni di italiani che utilizzano i social media come prevalente o addirittura unica fonte di informazione e il pericolo di incorrere nelle cosiddette fake news, che contribuiscono ad influenzare la visione e a condizionarne le scelte del singolo cittadino, è all’ordine del giorno. Alcune importanti istituzioni, ISSalute https://www.issalute.it/ e la FNOMCeO https://dottoremaeveroche.it/, hanno deciso di dare il loro contributo e si sono così attivate per informare in modo consapevole i cittadini: se da un lato lo scopo è quello di tutelare la popolazione in modo tale che venga garantito e difeso il diritto alla salute tramite un’informazione accessibile, scientificamente solida e trasparente, dall’altro è volto a vigilare sulla Professione medica, difendendone la dignità e proteggendola da abusi.

Un’importante innovazione che combina la tutela e promozione della salute con l’ambito della comunicazione è la cosiddetta Telemedicina che, secondo le linee guida ministeriali, consente una trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico volti alla prevenzione, alla diagnosi, al trattamento e al successivo controllo del paziente. Il suo utilizzo è sempre stato pressoché limitato fino all’avvento dell’emergenza pandemica da covid-19 la quale è stata un vero e proprio spartiacque, essendo stata la Telemedicina spesso l’unica modalità possibile di erogazione dei servizi sanitari. L’emergenza sanitaria ha messo in luce come sia necessario e urgente rinnovare e innovare i modelli di cura per fornire assistenza a distanza ai soggetti più fragili, come i pazienti cronici e come coloro che hanno bisogno di un monitoraggio costante del proprio stato di salute. Il digitale ha perciò avuto un ruolo fondamentale nell’erogazione delle cure da remoto e di conseguenza la telemedicina è entrata nei Decreti e nei piani del Governo e anche alcune Regioni hanno definito regole e tariffe per l’erogazione dei servizi sanitari tramite i vari servizi che può offrire la Telemedicina. La pandemia ha messo a dura prova il nostro Sistema Sanitario Nazionale e se da un lato il dispendio di risorse per far fronte alla situazione di emergenza è stato rilevante, dall’altro sono stati rilevanti anche i costi della pandemia che oggi sono “nascosti” ma che presto emergeranno nei prossimi mesi ed anni in tutta la loro gravità. La difficoltà e a volte l’impossibilità di ricevere prestazioni sanitarie ha causato un aumento del tasso di “rinuncia alle cure” da parte dei pazienti del 40% rispetto al 2019, i cui effetti sul lungo termine non sono ancora evidenti. Ulteriori aspetti come la disparità nell’accesso ai servizi sanitari a livello socioeconomico e geografico, la ridotta integrazione tra ospedale e territorio e gli elevati tempi di attesa per l’accesso ad alcune prestazioni sanitarie hanno enfatizzato alcuni aspetti critici di natura strutturale che contraddistinguono il nostro SSN.

Il digitale rappresenta, quindi, una grande sfida per il futuro, perché serve a mettere in rete il sistema di cura e assistenza: servizi digitali, Mobile Health e Telemedicina sono tutti elementi potenzialmente in grado di migliorare il livello di servizio complessivamente erogato.

44

Un ultimo saluto al collega Emilio Perusi

Il socio Emilio Perusi, presidente ATE 1981-1991, ci ha lasciati lo scorso mese di settembre. Ora amministra altre realtà e ci guarda da un’altra dimensione, osservando, sempre presente, questo momento problematico e contraddittorio che stiamo vivendo nel mondo e nella nostra società, con tutti i riverberi nelle organizzazioni lavorative. E’ stato un commiato rapido. Avevo sentito Emilio l’anno scorso in occasione della celebrazione del 60° anniversario dell’istituzione di ATE invitandolo a presenziare come testimone tra i Past President, ma all’ultimo non se l’era sentita di essere con noi, troppo faticoso. La vacanza di quest’estate con la moglie Alberta, fedele compagna e testimone della sua vita professionale, e poi un improvviso malore. Emilio, classe 1937, ha guidato ATE per diversi mandati e per un periodo di transizione che gli hanno consentito di portare ad ATE e a FARE la sua ricca ed onesta professionalità sviluppata in particolare nell’Azienda Ospedaliera di Verona (questo è il nome attuale per distinguerla dall’A.ULSS territoriale della Provincia omonima) e poi nell’Azienda Territoriale ULSS di Vicenza, realtà che ha lasciato al momento del pensionamento all’inizio degli anni ‘90. Uomo probo, sottile nel pensiero, dignitoso ed altamente professionale, il dott. Perusi è stata una figura di grande serietà che ha saputo proficuamente e concretamente coniugare la sua crescita professionale a partire dalle realtà ospedaliere trasformate poi dall’istituzione del servizio sanitario nazionale nel 1978. Emilio era una persona socievole e l’incontro di questa dote con la sua professionalità gli ha consentito di animare la vita associativa ATE e di frequentare anche gli ambiti nazionali della FARE, per migliorare ed aggiornare la propria professionalità. Fondamentale il periodo della sua presidenza ATE e anche in seguito come socio, la sua innata umanità e capacità di presenza pubblica, un riferimento equilibrato per tutti noi, all’epoca giovani neofiti, che nei passaggi critici di trasformazioni giuridiche ed organizzative sapeva assumere posizioni moderate e adeguate, senza veemenza o aggressività. Anche negli anni successivi alla sua presidenza Emilio è stato un riferimento attivo, aveva saputo creare una rete di forte amicizia ed un senso di appartenenza, che sapeva

coinvolgere anche le famiglie in eventi mondani, mentre arrivavano le prime Direttive Comunitarie sugli appalti ed iniziava il superamento dei Regi Decreti della normativa di riferimento e del successivo Regolamento. Per ricordare Emilio sono tornato a quel mondo e ho sentito altri amici e colleghi che ai direttivi presieduti da Emilio sono stati presenti. Adriano Marangoni ha ricordato con me la professionalità e la serenità dell’amico Emilio. Giorgio Lessio mi ha trasmesso il ricordo positivo del periodo del Direttivo, gli scambi culturali professionali per capitolati, analisi tecnico-giuridiche sulle norme regionali e poi sulle Direttive Europee ed il lavoro condiviso per la FARE con le Agende dell’Economo, strumento professionale prestigioso all’epoca. Parole di stima e un caro ricordo sono stati espressi da Marco Boni, già Presidente FARE, da Alberto Riccio, che dal Piemonte annovera Emilio tra gli amici veneti e lo ricorda per la serietà, rigorosità e per i fervidi rapporti tra le rispettive associazioni e con la FARE, da Alessandro Anzellini, ex Presidente dell’Associazione del

45 dalle associazioni

dalle associazioni

Lazio, e da Andrea Franzo, Presidente dell’Associazione Piemontese, che lo ricorda come amico e per le preziose collaborazioni tra Veneto e Piemonte. Si uniscono anche Raffaele Petrosino, Presidente dell’Associazione Associazione Campana degli Economi-Provveditori, Aldo Correa, Presidente dell’Associazione Calabra, che lo descrive come un valido protagonista FARE per il notevole contributo di partecipazione alla vita associativa, Giuseppe Capuzzo di Venezia, che ha svolto per diversi direttivi le funzioni di prezioso segretario, Renzo Fondriest di Trento e Renzo Pamio. Tante voci affettuose e unanimi nel ricordo di ciò che Emilio Perusi ha rappresentato e ha costruito per il mondo dei provveditori economi delle nostre regioni anche in momenti delicati di passaggi e tra-

sformazioni istituzionali. Credo che ricordare queste figure che ci hanno preceduto sia un segno di riconoscimento e di valorizzazione dell’operato di un socio e professionista che si è seriamente impegnato per la società, per la propria organizzazione e per le nostre associazioni. Nel contempo ricordare e testimoniare sono un gesto che trasmette dei valori, un’esperienza, una professionalità che nella valorizzazione della persona e della relazione riconosce elementi portanti della vita professionale e associativa, fattori da cui i recenti lockdown e la vita sui social ci hanno allontanato. Anche per questo ringraziamo Emilio, per quanto ci ha saputo offrire e trasmettere, talvolta sottraendo, come molti di noi, momenti preziosi ai propri cari ed al proprio tempo libero.

46

Sulla clausola di territorialità

Un nostro lettore chiede di sapere se sia legittimo inserire nella lex specialis di gara una cd. clausola di territorialità.

Anzitutto per “clausole di territorialità” negli appalti pubblici si intendono quelle clausole della lex specialis di gara che valorizzano un elemento di localizzazione territoriale, ad esempio il radicamento del concorrente, ovvero il fatto di avere una struttura che opera su un determinato territorio.

Trattasi, quindi, di clausole connotate da uno stretto rapporto con una determinata realtà territoriale, che, in quanto potenzialmente idonee ad assicurare una posizione di vantaggio in gara alle sole imprese locali, fanno sorgere dubbi circa il rispetto dei principi di parità di trattamento e di par condicio tra i concorrenti.

La recente giurisprudenza, più volte investita sul tema, è arrivata ad affermare, almeno in maniera maggioritaria, che la legittimità delle clausole territoriali dipende dalla loro collocazione, ovvero dal loro inserimento tra i requisiti di partecipazione o tra quelli di esecuzione.

Come da ultimo ribadito dal Tar Lazio, Latina, 9.12.2022, n. 935, il criterio di territorialità deve essere considerato in ogni caso illegittimo ogni qualvolta sia posto come requisito di partecipazione alla gara, in quanto impedisce, di fatto, ai concorrenti privi del requisito della territorialità di partecipare al confronto concorrenziale, determinando perciò un ostacolo (rectius impedimento) all’accesso alle pubbliche commesse ed impattando quindi direttamente e frontalmente con i principi del “favor

partecipationis” e della “par condicio” tra i concorrenti, in ogni possibile loro declinazione. Diversamente, qualora il radicamento territoriale venga adoperato quale criterio di valutazione per attribuire punteggio all’offerta tecnica oppure quale requisito di esecuzione del contratto si ritiene che la ragionevolezza della clausola vada valutata caso per caso, con particolare riferimento alle caratteristiche della prestazione oggetto di gara, verificando quindi se il criterio di territorialità possa dirsi compatibile con i principi che orientano le pubbliche commesse (cfr. anche TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 30.11.21, n. 901). A titolo esemplificativo il TAR Latina, nella sentenza supra richiamata, ha ritenuto legittimo il criterio qualitativo con cui era premiata la presenza di un centro di assistenza il più vicino possibile al luogo in cui era installata la tecnologia sulla quale doveva eseguirsi il servizio, in quanto in detta circostanza la clausola avrebbe avuto non già il fine di avvantaggiare taluni concorrenti, bensì di richiedere, quale requisito preferenziale, un elemento a garanzia della migliore efficienza del servizio. In tale circostanza, dunque, il requisito trovava la sua ratio nell’interesse pubblicistico a conseguire una prestazione alle migliori e più efficienti modalità di esecuzione e realizzazione, finalità che possono giustificare anche l’attribuzione di un punteggio preferenziale al concorrente in grado di soddisfarle.

47 gli esperti rispondono

Sicurezza e igiene in corsia

La pulizia delle strutture sanitarie richiede l’utilizzo di attrezzatura idonea, in particolar modo quando si parla di aree destinate alla risonanza magnetica: la presenza di materiale magnetizzabile può infatti compromettere severamente il funzionamento delle strumentazioni presenti. Partendo da questo presupposto, Filmop ha progettato un carrello multiuso unico nel suo genere in quanto totalmente privo di parti metalliche, comprese le ruote, i sostegni e la componentistica più minuta come viti e perni: questa peculiarità permette ad Alpha Metal Free di accedere liberamente e in totale sicurezza nelle aree di risonanza magnetica e in qualsiasi ambiente in cui non sia consentito l’accesso con attrezzatura magnetizzabile.

Filmop ha sviluppato una soluzione altamente igienica anche per le sale operatorie, le stanze di degenza e in generale per qualsiasi ambiente sanitario: i carrelli Alpha A-B Plus si distinguono per lo speciale trattamento con piritione zinco che inibisce la proliferazione di batteri, funghi e muffe. Il test eseguito secondo lo standard ISO 22196:2011 da un laboratorio esterno indipendente ha rilevato una riduzione del 99,9% della contaminazione di Escherichia coli e una riduzione fino al 99,99% di Staphylococcus Aureus. L’azione antibatterica dei materiali plastici è garantita per l’intero ciclo di vita e impedisce che il carrello diventi una pericolosa fonte di diffusione batterica.

www.filmop.com

Network4PA: l’ambiente ideale per fare scouting fornitori

Il Network4PA è un ambiente digitale e innovativo creato da Net4market per offrire alle PA lo strumento giusto per fare scouting fornitori e trovare il supplier più adatto alle proprie esigenze e realtà aziendali.

Ricercare e fidarsi dei dati risulta un’attività complicata e dispendiosa in termini di tempo e denaro. Il software permette di recuperare informazioni ufficiali, certificate e sempre aggiornate dalle aziende presenti nel Network.

All’interno del portale puoi trovare e verificare più di 100 mila operatori economici che lavorano con le PA.

Inoltre, attraverso le funzionalità del modulo Benchmark puoi consultare e analizzare oltre 65 milioni di contratti delle Pubbliche Amministrazioni dal 2015 fino ad oggi.

Sei un ente e fai parte della Federazione F.A.R.E.?

Per te la registrazione al network4PA è gratuita fino al 30 giugno 2023!

Approfitta della promo di Net4market e comincia subito a sfruttare le potenzialità del portale.

www.networkimprese.eu

5° CONGRESSO A.P.E. Gli scenari delineati dal “Nuovo” Codice dei Contratti Pubblici, 20-21 aprile, Casale Monferrato

Provveditori, buyer e professionisti della sanità pubblica di Piemonte e Valle d’Aosta si incontrano per approfondire e dibattere delle innovazioni contenute nell’aggiornamento del codice dei Contratti Pubblici e per celebrare il 50° anniversario dell’Associazione ricorso durante la pandemia.

Queste sono le ragioni straordinarie che hanno portato l’Associazione a realizzare il

5° Congresso A.P.E. il 20 e 21 aprile presso l’Hotel Candiani, Casale Monferrato. Nell’evento si affronteranno argomenti di assoluto rilievo per i provveditori ed i funzionari dei loro uffici, per i responsabili amministrativi ed i dirigenti della sanità in ambito ospedaliero.

Oltre alle tematiche citate, nelle quattro sessioni, attraverso le quali si svilupperà il Congresso, verranno analizzate anche alcune novità della nuova normativa per i dispositivi medici e l’interazione con la Centrale d’acquisto regionale.

Il Congresso sarà un importante momento di confronto e formazione per gli operatori di queste due importanti regioni. Segreteria organizzativa: info@gsanews.it

5° CONGRESSO A.P.E. Gli scenari delineati dal “Nuovo” Codice dei Contratti Pubblici 20 – 21 APRILE 2023 HOTEL CANDIANI, CASALE MONFERRATO
48
I tuoi fornitori, i tuoi partner Fai scouting fornitori e trova il supplier giusto per te! Powered by Net4market - CSAmed S.r.l. www.networkimprese.eu P.Iva: 02362600344 network.imprese@net4market.com Tel: +39 0372 080704 A tua disposizione più di 100 mila Operatori Economici che lavorano con la PA Cerca potenziali fornitori per affidamenti diretti o procedure di acquisto Verifica l’andamento del loro business con la PA e le loro aggiudicazioni fino al 30 Giugno Registrazione gratuita per tutti gli enti della F.A.R.E. Trova nuovi fornitori fra i partecipanti o gli aggiudicatari Stabilisci il base d’asta verificando il prezzo di aggiudicazione di un prodotto o servizio network PA
fare® Federazione delle Associazioni Regionali degli Economi e Provveditori della Sanità fare XXII CONGRESSO NAZIONALE FARE Hotel Barceló Aran Mantegna Roma 26-27 ottobre 2023 www.congressofare2023.it LA SFIDA DEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI: IL RISULTATO CHE PREVALE SULLA FORMA Come gestire il cambiamento? Provveditori, centrali d’acquisto, enti aggregatori, aziende sanitarie, magistratura amministrativa, università, stakeholders, ospite la politica, a confronto sulle aspettative create da questa innovativa riforma necessaria ed imposta dal PNRR.

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook

Articles inside

Sicurezza e igiene in corsia

2min
pages 50-51

Sulla clausola di territorialità

1min
page 49

Un ultimo saluto al collega Emilio Perusi

3min
pages 47-49

VIII corso di formazione FARE

2min
pages 46-47

VIII corso di formazione FARE

6min
pages 44-45

La comunicazione: principi e tecniche per comunicare

6min
pages 42-43

piano per pandemia influenzale

2min
page 40

piano per pandemia influenzale

4min
pages 38-39

Elaborazione del piano di preparazione e risposta ad una pandemia influenza dell’Azienda ULSS 6 Euganea

1min
page 37

esclusioni da una gara pubblica

3min
page 36

esclusioni da una gara pubblica L’onere dichiarativo di pregresse esclusioni da una gara pubblica. Un’analisi attraverso la giurisprudenza

1min
page 35

la procedura negoziata

1min
page 34

La procedura negoziata alla prova del giudice: alla ricerca della infungibilità dimenticata

5min
pages 32-33

il contratto di avvalimento

9min
pages 28-32

il contratto di avvalimento

6min
pages 26-27

Il contratto di avvalimento: “Le valutazioni del seggio di gara”

5min
pages 24-25

revisione prezzi

3min
pages 22, 24

La revisione prezzi negli appalti di forniture e servizi nel contesto attuale

5min
pages 20-21

revisione prezzi

4min
pages 18-20

revisione prezzi

3min
pages 16-17

La revisione prezzi negli appalti di servizi e forniture: questioni di regime intertemporale e prospettive di riforma

2min
page 15

intelligenza artificiale

1min
pages 14-15

intelligenza artificiale

0
page 13

intelligenza artificiale

3min
pages 12-13

L’Intelligenza Artificiale nel nuovo Codice dei contratti

5min
pages 10-11

nuovo codice appalti - I appuntamento

3min
pages 8-9

Arriva la riforma del Codice dei Contratti. Cosa c’è di nuovo e soprattutto quando diviene efficace?

5min
pages 6-7

Momenti bui e difficili ci attendono

2min
page 5

sommario

1min
pages 3-5
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.