Sanremo Story di Gabriele Biancardi
Sanremo: i miei primi trentuno anni Ci sono avvenimenti in Italia che non si possono toccare, la mamma, il calcio, il caffè ed insieme ad altri, il Festival della Canzone di Sanremo. Ne ho vissuti sul posto esattamente 31, quest’anno purtroppo salterà, gli artisti non usciranno dagli alberghi, per cui niente interviste. Sarà strano, lo ammetto, ma sarà interessante avere una percezione diversa. Quando sei lì, si parla, si respira, si litiga e si discute, solo del festival, come se il mondo fuori si fermasse. Nel 1990, primo anno di presenza, sono stato fortunato, ho avuto al microfono gente come Ray Charles, Nikka Costa e tanti artisti di calibro. Ma se vuoi fare un lavoro professionale, non neghi a nessuno dei minuti dove possono raccontare i loro sogni, le loro aspettative.
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anremo in fondo è una mega vetrina e come tale va sfruttata. Sanremo è stata protagonista di drammi e gioie, è l’effimero che diventa lavoro. In tre minuti di palco ci si gioca alle volte una carriera. Al successo alle volte, non basta una buona canzone, ma tutto un lavoro dietro le quinte. Si deve creare un personaggio. Si deve vendere un artista. Negli anni 90, l’atmosfera era molto diversa. Potevi trovare nei locali notturni, performance musicali di rilievo, Jam sassions con Tullio De Piscopo alla batteria, Andrea Braido alla chitarra (notissimo chitarrista valsuganotto) e tanti altri, non avevano paura di fare le ore piccole, suonavano per il gusto di farlo. Andavamo negli alberghi durante il giorno, spostandoci come una transumanza umana, valigette con registratori e tempo per aspettare questo o quel artista che scendessero nelle hall. Tutto improvvisato, tutto genuino. Oggi, devo dire, funziona molto meglio, hai uno studio fisso dove loro vengono per essere incontrati. Certo,
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augana
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si è perso il gusto dello scoop, ora il tempo dei saluti, domande e ciao. La città di Sanremo pare sospesa nel tempo, non certo nell’approfittarsi di questa occasione. Fino ad una settimana prima e subito quella dopo, i prezzi sono normali se non bassi. Quei 7 giorni si monetizza il più possibile. Quest’anno nemmeno questo. Gli hotel saranno vuoti, i ristoranti pure. Una volta mi sono fermato due giorni dopo la finale. Sanremo diventa una specie di ghost town, le strade tornano affollate il giusto, il tempo si allunga, diventa liquido. Se chiedi ad un sanremese doc cosa pensa del festival, ti dirà che senza di quello, pochi conoscerebbero la cittadina. Amo osservare la gente in quella settimana noti le differenze sociali più che in altri posti. Se sei nella hall dell’hotel Londra, verso le 19.30, vedrai scendere coppie leggermente agè, lei rigorosamente in pelliccia e gioielli, lui smoking e orologio d’oro. Arrivano da tutta Italia per poter sedersi a teatro. Il quale tra l’altro è molto più piccolo di quello
Con Francesco Gabbani
che appare. Poi nelle strade del centro, musicisti di strada, costellano il tragitto come una parata militare. Di coloro che chiedono oboli nemmeno l’ombra, l’amministrazione locale non vuole far trasparire nulla di triste. La famosa polvere sotto il tappeto. Poi arrivi all’Ariston è un cinema, eppure su quel palco sono saliti nomi PESI, Louis Armstrong, Bruce Springsteen, Madonna, non voglio fare elenchi, ma davvero non è mancato nessuno. Eppure ai cittadini, la maggior parte almeno, il