Valsugana News 4/2022 Maggio

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Punto a capo di Waimer Perinelli

Le REGOLE per COMBATTERE il MALE

L

a banalità del Male è solo un equivoco che nasce dalla penna della giornalista Hannah Arendt la quale, assistendo nel 1961 al processo contro la belva Adolf Heichmann è colpita dalla personalità del nazista e riflette sul caso della vita che ha portato un impiegato amministrativo a decidere la morte di migliaia di esseri umani con atroci mezzi. Al banale si contrappone lo speciale o estremizzando, l’unicità. Una mela è banale in un cesto di mele, te l’aspetti, ma se c’è una banana questa è unica anche se è marcia. Nell’uomo a una dimensione del filosofo Herbert Marcuse (1967)quella che oggi chiamiamo globalizzazione è la banalità del comportamento ripetitivo, indotto, a cui si contrappone l’unicità a cui si accosta l’originalità. Il male non è mai banale e nemmeno originale. Il male può manifestarsi a causa di un crudele caso della vita, un modesto impiegato incapace di schiacciare una formica, in circostanze folli diventa un macellaio. Il male, dice papa Francesco, ricordando le denunce di Giovanni Paolo secondo, è il demonio, un maleficio che nasce e cresce nell’uomo. Il male nascosto in Adolf Heichmann è esploso, casualmente, con il nazismo, che gli ha dato terreno e concime per crescere e poi l’ha liberato contro l’umanità. Non è per nulla casuale e tanto meno banale il male nato e diffuso da chi fa del potere non un mezzo ma un fine e per questo, se il mezzo non è diretto a fare il bene, come ha scritto Niccolò Machiavelli, è fine a se stesso e non risparmia infamità pur di auto conservarsi. Come potrebbe usare il potere come mezzo di bene chi è cresciuto

in regimi totalitari, allevato dai servizi segreti, coccolato da finti amici e adulato come un imperatore redivivo. Uno zar che ha sbaragliato tanti avversari e nemici. Poiché la storia dell’uomo non è mai lineare, né circolare, ma è una linea spezzata che avanza come le mosse del cavallo sulla scacchiera, due spostamenti di lato e uno avanti o indietro, per tornare spesso sulla stessa fossa, l’immagine di almeno uno dei potentati del nostro nuovo millennio ricorda Tiberio Claudio Nerone, figlio adottivo di Cesare Ottaviano Augusto, figlio naturale di un suo nemico e di Livia Drusilla, obbligata a divorziare e sposata, per motivi politici, di potere, dal primo Cesare. Non erano tempi sereni anzi, l’erede all’impero si difese da schiere di nemici ambiziosi e che per il potere non esitò ad uccidere. Quest’uomo da molti giudicato, Svetonio fra tutti, mite e glorioso e da altri, come Cassio Dione, abile e spietato generale, di certo coltivò il male tanto che c’erano e persistono sospetti avesse ucciso i nipoti Gaio e Lucio Cesare, e forse pure il fratellastro Germanico, tutti preferiti da Augusto per la successione all’impero. L’ arma usata fu il veleno e si sospetta fosse avvelenato pure lui mentre soggiornava in una delle dodici ville di Capri. Ma cosa se ne fa un uomo di dodici ville? Perché oligarchi di tutte le lingue devono avere dodici sedie per una sola natica. Ci sono al mondo 198 mila persone (4 mila circa in Italia), corrispondenti allo 0,003% degli abitanti della terra, che hanno un patrimonio superiore ai 30 milioni di dollari e

assieme detengono il 13 per cento della ricchezza mondiale. Il male non è possedere tanto ricchezza ma il come la si ottiene e con quali mezzi la si conserva. La guerra è uno dei mezzi più usati da Tiberio come dagli odierni imperatori o presunti tali. Dal male non può nascere un bene, il male produce il male e lo alimenta per questo come dice papa Francesco al male si deve rispondere con il bene. Anche questo concetto non è lineare come vorremmo. Anzi spesso i ruoli s’intrecciano e s’invertono ma il male rimane sempre in agguato. Sbagliato perciò giudicarlo banale anzi, Hannah Arendt mentre sottolinea la causalità e la malvagità del male, scrive dell’importanza di capire quanto esso sia radicato e come possa essere sconfitto da regole morali: così come certi individui vengono educati a compiere il male dobbiamo insistere nell’educare alla democrazia perché come è stato sottolineato dal presidente della Repubblica Sandro Pertini, “la peggiore democrazia sarà sempre migliore della più perfetta dittatura”.

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