La croce e la pace: don Bernardo Antonini di Waimer Perinelli
UN TRENTINO SANTO IN RUSSIA D
ue cose hanno stupito il mondo ai funerali di Vladimir Zhirinovsky, leader nazionalista russo, amico di Putin, morto in aprile all’età di 76 anni. La prima è la valigetta portata dall’uomo di scorta di Vladimir Putin presente alla cerimonia funebre. Secondo i bene informati la valigetta scura conteneva i codici di lancio delle testate atomiche e starebbe a significare che il leader russo è sempre pronto a tutto. In tempi di paranoia la cosa ci può pure stare; a stupire è che ancor oggi si creda che Putin non possa fare “colpi di testa” perché il suo è solo uno dei tre codici indispensabili per effettuare il lancio. . Gli altri due sarebbero in mano a uomini fidati che, con il rifiuto di usarli salverebbero l’umanità. Non lo voglio scoprire, ma mi incuriosisce sapere chi dei due depositari del nostro destino sarebbe tanto coraggioso da negare a Putin il codice in suo possesso. Pare però che a stupire maggiormente il mondo sia stato il segno della croce tracciato da Putin, per carità rigorosamente con rito ortodosso, ma chi immaginava la presenza di una fede, una qualsiasi, in un uomo cresciuto nei corridoi dei servizi segreti negli anni bui dell’Unione Sovietica, governata da un regime, ateo per definizione. Temo la sua fede sia da addebitare alla volontà di compiacere il popolo russo il quale, malgrado le molte persecuzioni, repressioni ed educazioni, ha mantenuto, in particolare nelle vaste campagne, tradizione e riti. Di queste è il massimo interpre-
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Don Bernardo Antonini (da Diocesi di Trento)
te il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Vladimir Michajlovič Gundjaev, meglio conosciuto come Kirill, nato a Leningrado, oggi Pietroburgo 76 anni fa e grande amico di Putin. Il capo della Chiesa ortodossa ha sposato la causa del despota e nell’omelia della “domenica del perdono” ha affermato nel sermone, che lo scoppio delle ostilità è arrivato dopo che: “per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass, dove c’è un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale”. La risposta di papa Francesco, capo della Chiesa cattolica, è stata un invito alla pace:«Non si tratta solo di un’operazione militare, ha detto
Bergoglio, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. In quel Paese scorrono fiumi di sangue e di lacrime». Entrambe espressioni potenti la prima, di Kirill, ha interessato oltre cento milioni di russi, credenti o meno; la seconda, per quanto erga omnes, una risicata minoranza di cattolici. Che vanta tuttavia un primo santo del nuovo millennio, ed è trentino: don Bernardo Antonini. Don Bernardo è nato a Cimego in valle del Chiese, nel 1932 ed è morto nel 2002 a Karaganda, nel Kazakistan, attraversando con il suo apostolato, vari momenti della storia dei cattolici in Russia dove giunse nel 1989 quando Michail Gorbaciov attuava la grande svolta socio politica che chiuse il passato dell’Unione sovietica e aprì le porte alla nuova Russia e , nel 1991, alla Chiesa cattolica. In questa vasto paese don Antonini ha vissuto per dieci anni come missionario-evangelista, assistendo una minoranza composta soprattutto da immigrati polacchi, italiani, tedeschi e ucraini, raccolti in trecento parrocchie curate da 270 sacerdoti. A san Pietroburgo, la città di Putin, c’è l’unico seminario di tutte le Russie. Il sacerdote di origini trentine nel 2000 venne nominato responsabile di tutte le iniziative per il Giubileo nell’ex Unione Sovietica. Don Bernardo Antonini è stato più volte definito l’uomo giusto al momento giusto. Fu fondatore e rettore del Seminario “Regina Apostolorum”; insegnante di Sacra Scrittura, conferenziere instancabile, fondatore e direttore di giornale Svet Evangelija, dell’Istituto Teologico “San Tommaso