Sostenibilità in etichetta, promettere non basta più Secondo MARCO CUPPINI, research and communication director GS1 Italy, «nel dinamico mondo delle etichette dei prodotti di largo consumo, l’area emergente di questi ultimi mesi è senza dubbio quella della sostenibilità. Sono sempre più numerosi i prodotti sulle cui etichette viene segnalato l’impegno delle aziende nel miglioramento del loro impatto ambientale lungo tutta la filiera. L’Osservatorio Immagino ha fotografato quest’ampio universo, rilevando 24 claim presenti sulle etichette e organizzandoli in quattro aree (management sostenibile delle risorse, agricoltura e allevamento sostenibili, responsabilità sociale e rispetto degli animali). Un lavoro di analisi che ha consentito di misurare quanto la sostenibilità sia diventata un tema di comunicazione anche sulle etichette dei prodotti: sono oltre 26.000 i prodotti coinvolti (quasi il 22% del totale) e nel 2020 avevano realizzato oltre 10 miliardi di euro di giro d’affari (26,2% del totale), in crescita di +7,6% rispetto ai 12 mesi precedenti. Il fenomeno riguarda sia l’offerta che la domanda; un maggior impegno da parte delle aziende (sia di produzione che di distribuzione) a fronte di una crescente sensibilità da parte del consumatore. La percezione della sostenibilità in Italia, infatti, sta cambiando, e oggi più che mai le aziende hanno bisogno di strumenti e di un approccio scientifico per misurare la sostenibilità a tutti i livelli del proprio business. I programmi della Commissione europea definiscono un circolo virtuoso tra digitalizzazione, sostenibilità e consumatore. I dati non sono più solo appannaggio della relazione tra le imprese, ma vedono il consumatore al centro: occorre consentirgli di comprendere che cosa sia realmente sostenibile e cosa no, e dargli informazioni in maniera comprensibile, affidabile e confrontabile, per consentire scelte consapevoli. L’attenzione al tema della sostenibilità si sposa con quello della circolarità in ogni fase del ciclo di vita dei prodotti: dal design, all’approvvigionamento, alla produzione, alla distribuzione, all’utilizzo, allo smaltimento e alla gestione dei rifiuti. L’informazione sulla riciclabilità veicolata attraverso le etichette è, infatti, in crescita (3 punti percentuali in più rispetto all’edizione scorsa). E l’informazione “paga”: nel corso del 2020 sono aumentate le vendite dei prodotti che comunicano la riciclabilità del pack, mentre, al contrario, il bilancio è stato negativo per chi non ha comunicato nulla. In un futuro prossimo l’attenzione del legislatore verso questi temi darà un’ulteriore spinta al fenomeno. La parola sostenibilità ha definitivamente trovato un posto stabile nelle strategie aziendali. Azioni concrete e misurabili eviteranno che il suo significato sia diluito o svuotato, ma anzi daranno una spinta per un suo ulteriore rafforzamento (in foto, la collezione di tè Rhoeco disponibile in confezioni sostenibili: sembrano un vaso da fiori e, in effetti, nella parte interna del coperchio sono inseriti dei semi che si possono piantare proprio nello stesso vasetto quando il tè è esaurito).
quando, presentando il consuntivo del 2018, aveva rilevato come il 3,0% dei 72.100 prodotti alimentari monitorati (ossia 2.138 referenze) riportasse on pack un claim che ne illustrava il metodo con cui erano stati ottenuti come elemento distintivo e valoriale, e come richiamo a una componente di artigianalità.
74
Ma ora, a due anni di distanza, come si presenta questo fenomeno? A dicembre 2020 i prodotti che comunicavano in etichetta il metodo di lavorazione erano saliti a rappresentare il 3,3% del paniere alimentare dell’Osservatorio Immagino (esclusi acqua e alcolici). Queste 2.791 referenze, il cui giro d’affari
rappresenta il 3,0% del totale food del perimetro Immagino, nel corso del 2020 hanno realizzato oltre 971 milioni di euro di vendite, in crescita del +5,1% rispetto all’anno precedente. Fonte: GS1 Italy gs1it.org tendenzeonline.info
Eurocarni, 8/21