Photo © Valery Joncheray
Pratiche sleali, le nuove disposizioni Tempi duri per l’agroalimentare. Guerra, peste e carestia, ma a detta delle imprese più piccole, soprattutto quelle della trasformazione, c’è anche il problema di trovarsi schiacciati tra fornitori e mercato di Guido Guidi
È un fatto che le materie prime, alcune più di altre, abbiano raggiunto quotazioni senza precedenti. Complici le speculazioni internazionali, la carenza oggettiva, i problemi derivanti direttamente o indirettamente dal conflitto bellico in atto nell’Est europeo, la questione cibo, in generale, appare seria. Dai mangimi per gli animali ai principali cereali, da alcuni oli e grassi vegetali, a formaggi e verdure,
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non c’è produzione primaria che non stia vivendo un momento di forte instabilità nella disponibilità e, conseguentemente, nei prezzi. In alcuni ambiti le annate poco favorevoli hanno fatto il resto. In altre, alcune epidemie come la peste suina o l’aviaria, contribuiscono a rendere ancor più difficile una situazione già di per sé preoccupante. Giunge in questo scenario drammatico un incremento dei prezzi di
tutti i materiali non alimentari e — madre di ogni disgrazia — l’aumento fuori controllo delle quotazioni di energia elettrica, gas e carburanti. Non c’è impresa che non subisca le conseguenze nefaste di questa condizione inedita nel recente passato, che ha portato l’inflazione a percentuali mai viste negli ultimi 30 anni. Soffrono le famiglie, ma più di tutti soffrono le imprese, soprattutto quelle della trasformazione, che, a
IL PESCE, 3/22