Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Ottobre 2022

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R A S S E G N A S T A M P A

OTTOBRE 2022

Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis

PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI OTTOBRE:

DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE: IL CORSO PER AMMINISTRATORI............................................................ 3

GEOTRAIL: LA GEOLOGIA DELLA MERAVIGLIA 4

#VIVERINRIFUGIO A OLTRE LE VETTE 5

"LE DOLOMITI, PATRIMONIO MONDIALE UNESCO. FENOMENI GEOLOGICI E PAESAGGI UMANI": LA MOSTRA DIDATTICA 6

LEGGIMONTAGNA: PREMIO DOLOMITI UNESCO 6

PRODUTTORI DELLE DOLOMITI: IL CORSO FORMATIVO ITINERANTE 8

CRISI IDRICA E CLIMATICA 8

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI 15

MARMOLADA: GLI AGGIORNAMENTI 19

MOBILITA’ INTERVALLIVA 21

PASSI DOLOMITICI 23

FONDI COMUNI CONFINANTI: LA NUOVA PROGRAMMAZIONE ....................................................................... 31

SASSOLUNGO E PIANI DI CUNFIN: LA RICHIESTA DI TUTELA......................................................................... 32

STUDIARE LO SPAZIO NELLE DOLOMITI ......................................................................................................... 33

CONCORSO DI IDEE PER BIVACCHI 34

VAIA: 4 ANNI DOPO .......................................................................................................................................... 35

STANZE PANORAMICHE IN QUOTA ................................................................................................................. 36

LAGO DI BRAIES: BILANCIO DI UN’ESTATE..................................................................................................... 38

NOTIZIE DAI RIFUGI.......................................................................................................................................... 38

NOTIZIE DAI CLUB ALPINI ITALIANI DELLA REGIONE DOLOMITICA................................................................ 41

NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE E AMM....................................................................................... 42

NOTIZIE DAI SENTIERI...................................................................................................................................... 43

NOTIZIE DAI PARCHI ........................................................................................................................................ 43

NOTIZIE DAI MUSEI .......................................................................................................................................... 45

INTERVISTE ED EDITORIALI 46

DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE: IL

Corriere delle Alpi | 14 ottobre 2022

p. 21

Valorizzare il marchio Unesco: 80 amministratori a confronto

Il futuro

CORSO PER AMMINISTRATORI

La città di Belluno in queste settimane è al centro di numerose attività della Fondazione Dolomiti Unesco. Il 21 e il 22 ottobre ospiterà il primo corso formativo dedicato agli amministratori degli oltre 80 comuni interessati dal riconoscimento Unesco. Un'occasione per confrontarsi e conoscersi fra sindaci provenienti da tutto l'arco dolomitico. «Per valorizzare il riconoscimento Unesco delle Dolomiti un ruolo decisivo è giocato dalla capacità di riconoscerne il significato e di individuare possibilità di salvaguardia e valorizzazione ambientale, sociale, culturale ed economica per i territori e per le comunità coinvolte nella gestione del bene», anticipa la direttrice della Fondazione, Mara Nemela. «Conoscenza, responsabilità, consapevolezza sono tre vertici ideali all'interno dei quali è possibile individuare un campo di azione per la messa a punto di strategie e attività per la valorizzazione del Bene Dolomiti». La due giorni seminariale ha l'obiettivo di aggiornare le conoscenze degli amministratori locali rispetto al senso del riconoscimento, alla strategia di gestione del Bene, al sistema di governance e di favorire il senso di appartenenza e creare un'occasione di scambio di esperienze tra amministratori di diverse provenienze territoriali interessate dal riconoscimento del bene. «Inoltre ci proponiamo», afferma Nemela, «di rendere consapevoli gli amministratori che la responsabilità sull'integrità e sulla gestione del bene è frutto di programmi e azioni integrate adottate a vari livelli istituzionali. Con il convegno aumenteremo la consapevolezza del ruolo delle amministrazioni locali nella definizione di strategie e azioni di valorizzazione del Patrimonio». Grazie a Oltre le Vette è stato possibile presentare alla cittadinanza il progetto Dolomites World Heritage Geotrail. Un trekking di più giorni tra i nove Sistemi delle Dolomiti Patrimonio Mondiale, ispirato ai principi del geoturismo e creato per introdurre l'escursionista, passo dopo passo e in modo semplice, alla straordinaria storia geologica delle Dolomiti.Anche la campagna di comunicazione #vivereinrifugio dopo la tappa trentina nell'ambito del Trento Film Festival ha visto il palcoscenico del capoluogo bellunese protagonista della presentazione di un primo bilancio a seguito delle attività estive. --Fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 23 ottobre 2022

p. 22

Tonina: «Più dialogo sulle problematiche delle Dolomiti»

L'evento

Per due giorni, a Belluno, sindaci e amministratori del territorio delle Dolomiti Unesco hanno discusso su come trovare soluzioni sostenibili alla contrapposizione che spesso accompagna conservazione e sviluppo dell'ambiente. «Ci siamo confrontati perché il nostro compito», spiega il presidente della fondazione Dolomiti Unesco, Mario Tonina, «è quello di garantire una custodia attiva del patrimonio, capace di promuovere i valori ambientali, sociali, culturali ed economici dei singoli territori e delle comunità che li abitano».Nella "due giorni" di dibattito, coordinato dalla direttrice Mara Nemela, si è spesso discusso del conflitto tra "foresti", in particolare ambientalisti di pianura e di città e locali, le cui posizioni talvolta confliggono. «I primi promotori della tutela e della conservazione del patrimonio mondiale sono coloro che abitano nei nostri territori e in particolare gli amministratori», aveva detto il presidente Padrin intervenendo in apertura della due giorni dedicati al tema "Conoscenza, Responsabilità, Consapevolezza". Non ci sono dubbi per Padrin, occorre ricreare «prima di tutto quell'orgoglio e quel senso di appartenenza al territorio dolomitico e ai suoi valori; e poi nel conoscere cosa significa il riconoscimento Unesco, al fine di valorizzare le Dolomiti e insieme anche le comunità che le abitano». Secondo Padrin, infatti, non c'è sufficiente consapevolezza di questa appartenenza. L'Unesco, che è il motore della nuova fase dello sviluppo turistico da ogni parte del mondo, non è percepita in tutta la sua importanza.Il presidente Tonina, pur apprezzando ogni contributo che arriva dall'esterno del territorio, ha tenuto a precisare che non «vi può essere un patrimonio mondiale senza le comunità che lo abitano e lo gestiscono consapevolmente. Garantire oggi una diffusa vivibilità delle terre alte è uno degli obiettivi principali per assicurare un presidio efficace dei luoghi riconosciuti da Unesco». Sono numerosi e tra loro molto diversi i portatori di interesse per quanto riguarda le Dolomiti. Rivolgendosi a sindaci, assessori e altri amministratori, il presidente Tonina ha auspicato che le soluzioni alle problematiche vengano trovate nel "dialogo" con tutti coloro che sono disponibili alla conservazione attiva del Patrimonio, quindi ha raccomandato anche con i gestori di rifugio, le guide alpine, gli accompagnatori di media montagna, i docenti delle scuole, gli operatori museali, i produttori locali, le associazioni alpinistiche e gli stessi ambientalisti. Perché il territorio delle Dolomiti Unesco insiste su realtà amministrative rette da diversi ordinamenti.«È fondamentale», ha concluso il presidente Tonina,

«approfondire il legame con gli amministratori locali di tutti i territori dolomitici, superando i confini amministrativi che ci limitano».

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GEOTRAIL: LA GEOLOGIA DELLA MERAVIGLIA

Corriere delle Alpi | 10 ottobre 2022 p. 17

Trekking attraverso la storia delle Dolomiti: 47 tappe per vivere la montagna più vera

il progetto Fabrizio Ruffini

Quarantasette tappe, tre regioni e un percorso a spirale lungo 250 milioni di anni. In occasione del primo evento di Oltre le vette, venerdì sera al Comunale è stato presentato il Dolomites World Heritage Geotrail, un trekking di più giorni pensato per attraversare i nove sistemi delle Dolomiti patrimonio mondiale in un'ottica di "geo turismo" capace di introdurre l'escursionista, passo dopo passo e in modo semplice, alla storia geologica delle Dolomiti.«Quella che portiamo avanti assieme a Oltre le vette è una sfida per parlare di montagna a tutto tondo», ha spiegato la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, Mara Nemela. «La montagna che viene raccontata sui media troppo spesso non ci rappresenta, perché ne restituisce una visione patinata e più adatta agli influencer che a chi vive sul serio questi territori. Il nostro scopo, invece, è far conoscere gli aspetti più veri e profondi del patrimonio immenso e grandissimo che ci circonda e promuovere un turismo positivo e sostenibile». Da qui l'idea di una serie di guide che accompagneranno gli escursionisti in un viaggio consapevole, che oltre a permettere loro di visitare paesaggi incantevoli darà la possibilità di capire meglio come le meravigliose montagne che ci circondano siano nate e si siano sviluppate in milioni di anni: «Presentiamo un prodotto partito come puramente turistico, ma che nel suo sviluppo si è trasformato nel più grande laboratorio geologico sulle Dolomiti, capace di radunare i migliori esperti delle province interessate dal progetto», continua Nemela. «La Fondazione non ha inventato nulla, ma ha messo allo stesso tavolo geologi ed esperti per creare un percorso a tappe capace di far scoprire a tutti la "geologia della meraviglia", perché per capire importanza e valore del territorio in cui viviamo non c'è niente di meglio che mettersi gli scarponi e attraversarlo. Oggi rischiamo la banalizzazione del turismo e di conseguenza di avere dei flussi di visitatori non consoni alle nostre esigenze; questo progetto, quindi, prova proprio a promuovere un movimento in contro tendenza». Uno dei geologi che hanno collaborato al progetto è Franco Fiammoi, della Provincia Belluno: «Tappa dopo tappa, con Geotrail l'escursionista può scoprire un viaggio spazio temporale lungo 250 milioni di anni di storia geologica. È possibile rendersi conto dello spaccato di vita marina del periodo Triassico ancora ben visibile all'occhio più attento e allenato».Geotrail è diviso in quattro volumi tradotti in italiano, inglese e tedesco e tra questi il terzo è quello più attinente a territorio della provincia di Belluno: «Sono volumi tascabili, pratici e accompagnati da cartine dedicate, oltre che da foto interpretate che permettono di comprendere meglio la meraviglia naturale che si ha davanti», continua Fiabane. «In tutto si potranno affrontare 47 tappe. Si parte da ovest, con le Dolomiti di Brenta e si arriva fino al Friuli. Come in una super Alta via che, unendo tutti i suoi tratti forma una grande spirale che ricorda un'ammonite».Il volume dedicato al Bellunese include 21 tapper pet un totale di oltre 254 km con dislivello complessivo di 21.205 metri e arrivo a Zoppè di Cadore. Dettagli consultabili su www.dolomitiunesco.info/attivita/dolomites world heritage geotrail/. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Messaggero Veneto | 21 ottobre 2022 p. 39, edizione Pordenone

Dolomiti protagoniste domani con Geotrail

Erto e Casso

Continua la promozione del quarto volume del Dolomites World Heritage Geotrail, dedicato alle Dolomiti friulane e d'Oltre Piave: la presentazione è in programma a Erto, nel Centro visite del Parco, alle 17 di domani.Il Geotrail, progetto della Fondazione Dolomiti Unesco, è un percorso che si snoda in 47 tappe attraverso l'arcipelago fossile delle Dolomiti. Il tratto friulano si articola in dieci tappe.Le foto, gli schemi, le carte, le descrizioni rigorose, ma semplici, curate dai geologi Emiliano Oddone e Tommaso Trentini, accompagnano il visitatore passo dopo passo nel tempo dal quale sono giunti sino a noi i gruppi del Cridola, degli Spalti di Toro Monfalconi, del Pramaggiore e della dorsale Ressetum Raut, le zone fra il monte Duranno e il monte Borgà, la Valle del Vajont al confine tra Friuli Venezia Giulia e Veneto. L'attenzione del volume edito da Athesia si concentra su 27 particolarità che rendono evidenti i motivi per cui

le Dolomiti sono diventate patrimonio mondiale.Domani prenderanno la parola Antonio Carrara, presidente del Parco naturale delle Dolomiti friulane, Pierpaolo Zanchetta, coordinatore del Servizio biodiversità della Regione Fvg, Antonio Cossutta, geologo e guida naturalistica, ed Emiliano Oddone, geologo e curatore del volume. G.S.© RIPRODUZIONE RISERVATA

#VIVERINRIFUGIO A OLTRE LE VETTE

Corriere delle Alpi | 14 ottobre 2022 p. 21

Il Cai: pochi nostri rifugi aperti in inverno

«I rifugi alpini del Cai non sono nelle condizioni di sicurezza di poter aprire nei mesi invernali». Lo ha affermato il presidente del Cai Veneto, Renato Frigo, a margine del convegno ospitato ieri pomeriggio nell'ambito della manifestazione "Oltre le vette", un incontro tra la Fondazione Dolomiti Unesco e i gestori dei rifugi. «So che ci sarebbero molte attese in questo senso. Abbiamo compiuto una ricognizione, rifugio per rifugio, e abbiamo riscontrato che gli ambienti con possibilità di apertura già la fanno. L'Auronzo alle Tre Cime, ad esempio. Oppure il Chiggiato, il Città di Fiume, qualche altro. Ma a parte la sicurezza dei sentieri di accesso, che il Cai non riesce a garantire, ci sono i problemi del riscaldamento e della funzionalità della rete idrica che restano senza soluzione, a meno di pesanti investimenti».Per quanto riguarda il riscaldamento e i rincari dell'energia, il presidente del Cai conferma che già molte strutture dispongono di pannelli fotovoltaici: «Là dove mancano, gli investimenti ci saranno nei prossimi due anni». Relativamente alla siccità, «tanti rifugi hanno provveduto, proprio in questi mesi, a dotarsi di sistemi di raccolta delle acque piovane». In alcuni casi, attraverso un bando Cai, si è incominciato a ristrutturare le reti interne per evitare sprechi d'acqua: «La prossima estate, tante sezioni hanno deciso d'investire in questo particolare servizio, tra l'altro con soluzioni innovative di riciclo dell'acqua stessa».Infine una novità per la prossima primavera estate. L'Ulss Dolomiti annuncerà, entro novembre, l'implementazione del progetto di telemedicina in sette rifugi, d'accordo ovviamente con il Cai e il Soccorso alpino. «In questi giorni stiamo scegliendo i rifugi dove avviare questa utilissima sperimentazione», fa sapere Frigo.Ieri pomeriggio, intanto, al convegno con la Fondazione Dolomiti Unesco Mara Nemela, la direttrice, ha tratto il bilancio della campagna #vivereinrifugio, che ha visto i gestori protagonisti in prima linea sui canali social della Fondazione, con «un ottimo riscontro in termini numerici», perché nel corso dell'estate le clip hanno raggiunto un pubblico di più di 3 milioni di persone. Naturalmente», ha aggiunto Nemela, «la speranza della rete dei gestori e quella della Fondazione stessa è che questi spaccati di vita quotidiana concorrano a responsabilizzare gli escursionisti, a renderli consapevoli del ruolo che i rifugisti rivestono per la custodia delle Dolomiti, a informarli sulle difficoltà quotidiane che devono affrontare: dall'accesso alle risorse idriche alla logistica, dallo smaltimento dei rifiuti ai rifornimenti alimentari, fino alla divulgazione delle regole e dei comportamenti per vivere la montagna con prudenza. Giambattista Zampieri ha raccolto, per conto della Fondazione, ben 250 storie dolomitiche in 5 anni: «Durante l'estate abbiamo incontrato decine di gestori e raccolto le loro esperienze, ad esempio sulla gestione idrica, sempre più problematica in un'estate tra le più siccitose. Certo, ogni territorio e anzi ogni singolo rifugio hanno una loro unicità e specificità», ha detto Nemela, «non ci sono ricette pronte e qualsiasi stratagemma, per quanto funzionale, non può prescindere da un costante richiamo alla responsabilità condivisa con gli utenti di risparmiare acqua, accettando di buon grado tutte le limitazioni necessarie. E soprattutto non può prescindere dalla costante sensibilizzazione verso le scelte politiche, locali a globali, per l'adattamento e per la mitigazione della crisi climatica». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 6 ottobre 2022 p. 32

Domani prima giornata di Oltre le Vette

Domani alle 18 a palazzo Bembo a Belluno inaugurazione dell'edizione 2022 di Oltre le Vette., con la mostra "Alpimagia Riti, leggende e misteri dei popoli alpini". In serata, alle 21, appuntamento al teatro Comunale con la fondazione Dolomiti Unesco che presenta "Dolomiter World Heritage Geotrail", un percorso in 47 tappe attraverso l'intero arcipelago fossile delle Dolomiti. Sarà anche proiettatio il film "Tjikko" di Elena Bacchetti e Anselmo Cagnati, autori di una grande avventura con i cani da slitta in Svezia.

"LE DOLOMITI, PATRIMONIO MONDIALE UNESCO. FENOMENI GEOLOGICI E PAESAGGI UMANI": LA MOSTRA DIDATTICA

Corriere delle Alpi | 22 ottobre 2022

p. 34

Il fascino inconfondibile delle Dolomiti nella mostra fotografica a palazzo Piloni

La mostra LINA

Natura, cultura, geologia e paesaggio le parole chiave che riassumono l'intenzione e l'obiettivo della mostra "Le Dolomiti, patrimonio mondiale Unesco. Fenomeni geologici e paesaggi umani" che è stata inaugurata ieri nella sala presidenza di palazzo Piloni. «Si tratta di uno strumento che, attraverso fotografie di grande fascino, mostra gli scorci delle nostre Dolomiti», dice Roberto Padrin, presidente della Provincia, «e con brevi testi scritti apre finestre di conoscenza e riflessione sulla tutela del patrimonio mondiale». E prosegue: «La sfida, come abitanti delle Dolomiti, è quella, non solo di apprezzare e sentirci orgogliosi delle montagne, ma anche preservarne il fascino per le generazioni future: un compito che deve partire dalla conoscenza dei luoghi in cui viviamo». La mostra è frutto di un lavoro corale di istituzioni, esperti, studiosi che appartengono ai territori impegnati nella valorizzazione di questo bene: dai musei delle scienze naturali, della storia ed etnografici alla Fondazione "Giovanni Angelini" Centro Studi sulla montagna, alle Società degli alpinisti e di tante altre collaborazioni. «Il bello di questa esposizione», ha detto Gianluca Cepollaro direttore della scuola del territorio e del paesaggio della provincia autonoma di Trento, « è che nasce dalla collaborazione di tutte le realtà delle Dolomiti che si riconoscono in un obiettivo comune». L'esposizione rimarrà a palazzo Piloni fino al 2 dicembre; sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 12,30 e anche dalle 14,30 alle 16,30 di martedì e giovedì. Vi si trova anche un catalogo molto accurato nei testi e nella varietà di preziose fotografie. Il visitatore percorre un ideale itinerario di diciotto tappe, che coniugano la conoscenza delle Dolomiti Unesco con l'educazione al paesaggio, all'ambiente, al territorio, sostenendone i molteplici valori e stimolando la responsabilità e il senso di cittadinanza. Dopo le tappe introduttive che si occupano in generale delle Dolomiti patrimonio mondiale Unesco con i fenomeni geologici e paesaggi umani, si entra nel dettaglio guardando da vicino "Le Dolomiti nelle Alpi Sud Orientali", "La geologia nelle Dolomiti", "La flora delle Dolomiti", "La fauna delle Dolomiti", "I paesaggi delle Dolomiti", "I valori panoramici", "Le comunità, lingue e culture nelle Dolomiti", "Il turismo e l'alpinismo", "L'appartenenza, cittadinanza e responsabilità locale per un Bene dell'umanità", "I nuovi sistemi nelle Dolomiti Unesco" con percorsi di educazione e azioni di tutela e valorizzazione. I pannelli che si sviluppano attorno ai quattro ambiti tematici (natura, cultura, geologia e paesaggio) sono stati riprodotti in sei copie per diventare mostre itineranti che entreranno nelle scuole medie e superiori delle due Province dolomitiche.E potranno essere utilizzati anche da associazioni culturali, anzi, da alcune di queste sono già arrivate delle prenotazioni. «Uno strumento didattico senza confini», afferma Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, «dal Brenta alle Dolomiti Friulane, da Sesto alle Vette Feltrine, per raccontare in modo semplice l'eccezionalità geologica e paesaggistica del patrimonio mondiale». E conclude: «L'auspicio è che la città di Belluno sia per questa mostra solo il punto di partenza per un viaggio itinerante tra le scuole delle vallate dolomitiche». © RIPRODUZIONE

LEGGIMONTAGNA: PREMIO DOLOMITI UNESCO

Messaggero Veneto | 14 ottobre 2022

p. 53, edizione Udine

Ritorna Leggimontagna

Oltre 40 opere in concorso chi sono i finalisti

Il concorso

Luciano Santin

Impietosi, i rilevamenti statistici denunciano come l'abitudine alla lettura continui a calare. Dagli schermi di ogni dimensione, fissi o portatili, irrompono, o filtrano, confezioni audiovisive che eliminano il passaggio dal codice alfabetico all'elaborazione concettuale, incoraggiando la fruizione passiva. Lettura e scrittura, se e quando ci sono, non di rado vengono confinate in recinti di pochi caratteri, dettati dalle logiche dell'efficacia pubblicitaria. Fortunatamente, però c'è anche una minoranza in controtendenza, che cerca spazio espressivo sulla carta stampata o sul web. Autori che, al di là del loro valore, contano per la scelta di affidarsi al linguaggio quale

chiave di interpretazione, di documentazione, di riflessione e di restituzione per quanto attiene alla realtà. È a loro che guarda (ricambiato) Leggimontagna, il concorso bandito dall'Asca, che raccoglie le sezioni Cai dell'Alto Friuli, giunto alla ventesima edizione. Domani, sabato 15 alle 15. 30 la cerimonia conclusiva, nella Sala convegni della Comunità di montagna della Carnia, a Tolmezzo. Saranno premiati i vincitori nelle sezioni di Saggistica, Narrativa e Inediti, e verrà attribuito il Premio speciale Fondazione Dolomiti Unesco. Come ogni anno, inoltre, un riconoscimento speciale sarà conferito all' "Amico Alpinista" il cui nome verrà reso noto nel corso della cerimoniaSegreta per il momento anche la gerarchia precisa dei premiati, elencati qui in ordine casuale. Per la Narrativa, tra le opere ammesse (ben 41), la terna selezionata per il podio è composta da Ripido come la vita di Paul Bonhomme (Alpine Studio), Un'estate in rifugio di Sofia Gallo (Salani Editore) e Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis di Pino Loperfido (Edizioni del Faro). Più numerosi i finalisti della Saggistica: La montagna calabrese a cura di Giovanna De Sensi Sestito e Tonino Ceravolo (Rubbettino), Lupi a Nordest. Antiche paure, nuovi conflitti di Angelo Pangrazio (Cierre Edizioni), Alpi Giulie Orientali. Sentieri e vie ferrate nelle Alpi del Triglav di Gianpietro Zamò (CO. EL. Editrice), Tom Ballard. Libero di sognare di Andrea Gaddi (Alpine Studio) e Moving Alps. Le conseguenze sociali della dismissione nello spazio alpino europeo a cura di Lorenzo Migliorati (primo e book premiato a Leggimontagna). Menzione speciale inoltre a Malghe e Alpeggi della Montagna Friulana di Gian Franco Dreossi e Mauro Pascolini (CO. EL. Editrice). Nella sezione Inediti i premiati (le cui generalità saranno rese durante l'evento) sono La foto al rifugio (motto Tityretù), Climbing the V(a)irus. La prima ondata (motto Montagna docet), e Il sogno di una cima (motto Una promessa è una promessa). L'appuntamento sarà trasmesso in diretta Facebook dalla pagina Leggimontagna Cortomontagna. © RIPRODUZIONE RISERVATA

PRODUTTORI DELLE DOLOMITI: IL CORSO FORMATIVO ITINERANTE

La Usc di Ladins | 28 ottobre 2022 p. 27

CRISI IDRICA E CLIMATICA

Corriere delle Alpi | 5 ottobre 2022 p. 19

Vuoti i bacini di innevamento il mondo dello sci è in allarme

BELLUNO

Come non bastassero il caro bollette e l'incertezza sull'arrivo della neve, ecco un altro motivo di allarme per il mondo dello sci: i bacini d'acqua per innevare artificialmente le piste sono mezzi vuoti. E il rapporto diffuso ieri sera dall'Arpav certifica che è si piovuto, ma non a sufficienza per rimpinguare le sorgenti. «Noi siamo fiduciosi», mette subito le mani avanti Marco Grigoletto, presidente dell'Anef Veneto. «Abbiamo detto che si apre e lo faremo, ancorché», sorride, «non si debba rifornire i bacini con l'elicottero». Assicura l'assessore regionale Gianpaolo Bottacin: «Mancano due mesi all'inizio della stagione e, come si sa, le precipitazioni (di neve e di pioggia) arriveranno, fors'anche abbondanti; vedrete...». I bacini per la neve artificiale sono una dozzina in provincia e all'inizio dell'autunno non sono mai stati così scarsi d'acqua. "Pescano" direttamente dalle sorgenti, che per tutta l'estate sono rimaste quasi al secco. «Siamo fiduciosi», afferma a sua volta Renzo Minella, presidente emerito dell'Anef, «anche perché le prenotazioni ci sono, d'intensità pari a quella del 2019, e provengono abbondanti anche dall'estero, dalla Polonia in misura del tutto particolare». Nel mese di settembre, stando ai dati dell'Arpav, è piovuto a sufficienza: 103 mm in Veneto, la media del periodo 1994 2021 è di 107 mm. Le massime precipitazioni del mese sono state registrate dalle stazioni di Roncadin (Chies d'Alpago) con 304 mm, San Martino d'Alpago (Chies d'Alpago). Ma, attenzione. Nei dodici mesi dell'anno idrologico (1 ottobre 30 settembre) sono caduti in Veneto mediamente 769 mm; la media del periodo 1994 2021 è di 1126 mm. Gli apporti del periodo sono dunque molto inferiori ( 32%) e sono stimabili in circa 14.159 milioni di m3 di acqua. Tali apporti costituiscono il minimo assoluto dal 1994/1995: erano stati registrati 858 mm nel periodo Ottobre Settembre del 2002 03, 874 mm nel 2011 12 e 883 mm nel 2006 07. Le massime precipitazioni del periodo sono state registrate dalle stazioni di Valpore M.Grappa (Seren) con 1659 mm. Il Bacino del Piave ha ricevuto un quarto di acqua in meno: specie dalle montagne di riferimento.Sulle Dolomiti la terza decade del mese è stata la seconda più fredda dal 1990 e la neve, dopo una prima ricomparsa la mattina del giorno 10 settembre (10 cm oltre i 2900 m di quota), è ritornata oltre i 1700 1800 m di quota nei giorni 16 e 17, con apporti di 20 25 cm a 2500 m sull'Altopiano delle Pale, 15 cm nell'area del Piz Boè, 10 cm nel gruppo del Civetta e pochi cm nelle zone più settentrionali. Dal 25 settembre a fine mese si sono susseguiti una serie di episodi nevosi e burrascosi di neve ma gli apporti sono stati in generale deboli. Così si spiega la preoccupazione degli operatori dello sci. Dalla metà di settembre, inoltre, le norme di attuazione del Piano di Gestione del rischio alluvioni indicano la necessità di mantenere prefissati livelli di salvaguardia nei principali invasi (Pieve di Cadore, Santa Croce, Corlo) allo scopo di consentire una opportuna laminazione delle piene. Ed il risultato si vede. Nei principali serbatoi del Piave è infatti proseguito il calo del volume complessivamente invasato: di 69.3 milioni di metri cubi ( 16.8 Mm3 dalla fine di agosto), pari al 41% di riempimento, valore sotto la media del periodo ( 25%, pari a 23.1 Mm3). In particolare a fine settembre il grado di riempimento varia da quasi metà a Santa Croce (47%) a circa 1/3 sul Mis (non soggetto a laminazione, 32%). Sul serbatoio del Corlo (Brenta) il volume è stato in deciso calo nella prima decade e piuttosto altalenante nel resto del mese, con un valore al 30 settembre di 9.6 Mm3 ( 3.0 Mm3 dalla fine di agosto), pari ad un riempimento del 25%. Al 30 settembre di acqua ne defluiva nei torrenti, ma non a sufficienza: il Piave a Ponte della Lasta +10%, Fiorentina a Sottorovei 4%, Boite a Podestagno 10%. Ma per tutto l'anno idrologico, quindi dall'ottobre scorso questa è stata la situazione: 21% sul Piave (Ponte della Lasta) e sul Padola, 33% sul Boite (Cancia e Podestagno), 45% sul Cordevole (Saviner), 40% sul Fiorentina, 46% sul Sonna, 61% sull'Astico. Il che certifica la problematica delle sorgenti e delle riserve di neve, quindi anche dei bacini delle ski area. E senza acqua, se non dovesse nevicare, le piste rischiano di rimanere all'asciutto. Ma concludono Grigoletto e Minella rimaniamo fiduciosi. Francesco Dal Mas © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 9 ottobre 2022 p. 18

Piave in sofferenza: nel 2029 alla pianura dovremo garantire molta meno acqua

Francesco Dal Mas BELLUNO

«Attenzione, la disponibilità d'acqua nel bacino del Piave, nel 2029 potrebbe essere di gran lunga inferiore a quella di oggi. Quindi, l'utilizzazione di 98 metri cubi al secondo garantita in questi ultimi anni potrebbe necessariamente diminuire». L'Enel e i Consorzi irrigui della pianura sono avvertiti. L'allarme è stato lanciato ieri dall'assessore regionale Gianpaolo Bottacin e dal luminare dell'ingegneria idraulica Luigi D'Alpaos, al convegno "Il Piave e le sue acque", organizzato dalla Fondazione Angelini e dagli ordini degli ingegneri nell'ambito del Festival "Oltre le vette".Quattro ore di serrato confronto sulla sopravvivenza di un sistema che non è solo idraulico, ma anche economico e sociale. Nel 2029 le Concessioni dipenderanno dalle Regioni, nel caso veneto dalla Provincia di Belluno per la gran parte degli impianti. La prima concessione per 3 metri cubi al secondo dal lago di Santa Croce data ancora il 1911, come ricorda D'Alpaos: 110 anni dopo siamo a più di 30 volte. «Ma da quei 98 mc/s andrebbero tolti almeno i 14 mc/s del Vajont, che non sono disponibili da quando la diga è stata riempita del monte Toc, 59 anni», precisa. «E già oggi», incalza l'assessore Bottacin, «abbiamo bacini dove l'acqua si è dimezzata per il riempimento di materiali inerti. Quindi non c'è più la disponibilità di una volta. Di conseguenza le concessioni saranno fatte in base all'acqua effettiva presenza nelle nostre dighe».In sette anni, l'Enel, l'attuale concessionario, riuscirà a bonificare i laghi e a restituirli liberi, puliti come li aveva trovati? Impossibile, anche perché tanti scarichi sono ostruiti. Intanto, però, insiste D'Alpaos, chi utilizza la nostra acqua cominci a risparmiare. Amedeo Gerolimetto, presidente del Consorzio Piave di

Montebelluna, anche lui presente al convegno, ha fatto sapere che già lo sta facendo «quest'estate, ad esempio, utilizzando meno acqua» e che ha in programma interventi di modernizzazione della rete irrigua a scorrimento per 100 milioni di investimento. «Perché allora non rinunciate all'acqua del Vajont che di fatto non esiste ormai da 60 anni, perché c'è solo sulla carta?», ha insistito D'Alpaos. «Infatti non l'abbiamo utilizzata da tempo, quest'estate ci siamo fermati a 56 metri cubi al secondo su 98», ha risposto Gerolimetto. E l'altro: «Allora perché non mettete per iscritto che rinunciate? Evidentemente perché avete altri interessi, la usate per fare energia o per manutentare i canali. Cosicchè le popolazioni di montagna restano come sempre fregate».Il convegno, moderato dall'ingegner Luca Lucchetta, è stato aperto da Roberto Padrin, presidente della Provincia, che ha introdotti i lavori osservando quanto sia difficile mantenere in equilibrio il complesso settore delle acque. Poi ha tenuto la sua lezione D'Alpaos, ricordando che il fiume Piave esiste solo dalla Val Visdende a Soverzene, perché successivamente è un'altra cosa, del tutto artificiale. Ma se di equilibrio bisogna necessariamente parlare, contro le piene non c'è altra soluzione che le casse di espansione, i bacini di laminazione. Sulla stessa lunghezza d'onda si è sintonizzato Bottacin. Marina Colaizzi, segretaria del Distretto Acqua delle Alpi Orientali si è intrattenuta sulla transizione dal deflusso minimo vitale al deflusso ecologico. Transizione che non è indolore, come ha ammesso anche Stefano Salvo dell'Enel ricordando che c'è il rischio di una minore produzione di 930 Gwh, nei 73 impianti del Nordest, quanto il consumo delle province di Belluno e Treviso messe insieme. Da qui tutta una serie di sperimentazioni, come quelle descritte da Sara Pavan per conto dell'Arpav. Dopo alcune puntualizzazioni del direttore del Consorzio Piave, attraverso il direttore Paolo Bottagian, si è tenuta una tavola rotonda. Mario De Bon, sindaco di Sospirolo, sottolineando l'importanza dei laghi, ha fra l'altro riferito di un'indagine della Camera di Commercio secondo la quale intorno a un bacino operano almeno 400 aziende con 1.500 posti di lavoro. Un motivo in più, dunque, per garantire i laghi nella loro pienezza. «Certo è», ha dichiarato nelle conclusioni D'Alpaos, «che noi bellunesi non possiamo rimanere alla finestra, come lo siamo stati fino ad oggi. E non sempre per colpa nostra». © RIPRODUZIONE

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Gli esperti Onu: neve sempre più bagnata «A rischio il circo bianco sulle Dolomiti»

Francesco Dal Mas

CORTINA

Grave allarme dell'Organizzazione mondiale metereologica per Cortina e l'intera provincia di Belluno, in particolare per la sua tenuta industriale. Sulle Dolomiti il cambiamento climatico «ha già mostrato notevoli effetti in termini di aumento della temperatura (2 gradi negli ultimi 120 anni) a un ritmo che è addirittura doppio rispetto alla media mondiale, con conseguenze drammatiche in termini di ritiro e scomparsa dei ghiacciai». Lo si legge nel Rapporto diffuso ieri a Ginevra dal titolo "Climate changes putting energy security at risk globally". L'assunto? «La fornitura di elettricità da fonti di energia pulita deve raddoppiare entro i prossimi otto anni per limitare l'aumento della temperatura globale. Altrimenti, c'è il rischio che il cambiamento climatico, il clima più estremo e lo stress idrico minino la nostra sicurezza energetica e compromettano persino le forniture di energia rinnovabile». E ancora: occorre triplicare gli investimenti in rinnovabili entro il 2050 per rientrare nella traiettoria di "zero netto" di gas serra entro metà secolo. Lo studio è stato fatto a livello mondiale, ma con approfondimenti territoriali, nel nostro caso Cortina e la provincia. Lo studio esamina i piani di sviluppo e investimento per vedere se sono "a prova di clima". Lo stress test è stato concentrato sulle quattro principali attività economiche: turismo, sport invernali, industria dell'occhialeria e fornitura di energia elettrica. Il rapporto premette che il cambiamento climatico è riconosciuto «come una nuova fonte di rischio per la stabilità finanziaria ed economica, che incide negativamente sulla capacità produttiva e sul benessere sociale». Non solo sulla neve, dunque. L'approccio integrato degli studiosi ha coniugato la classica valutazione del rischio spaziale con l'analisi socioeconomica, consentendo in questo modo la stima dei danni associati a potenziali rischi di diverso tipo per diverse attività economiche. Bene, aggregando le mappe di rischio storiche e future sull'intera provincia di Belluno «abbiamo riscontrato un aumento fino al 6,2% del rischio climatico diretto e un aumento del 10,2% del rischio climatico indiretto per eventi di neve bagnata nel periodo 2036 2065». I risultati degli studi mostrano che alcune aree presentano combinazioni di «rischi multipli a livelli più elevati». «È il caso delle aree chiave per la produzione di occhiali (Longarone, Sedico, Agordo), dove sono presenti anche i rischi per gli sport invernali. Ancora più rilevante è la combinazione di rischi elevati per il turismo estivo con rischi da moderati ad alti sia per la distribuzione di energia elettrica che per gli sport invernali nel territorio di Cortina». Gli studi sono stati portati avanti da Venice international university (Viu), Fondazione Cmcc Centro Euro Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, dall'Università Ca'Foscari di Venezia e dalla Fondazione Enel. Il rapporto si concentra, più in generale, sull'energia definita la «chiave per gli accordi internazionali sullo sviluppo sostenibile e il cambiamento climatico». Le forniture di energia, spiega l'Omm, «dipendono molto dalle condizioni meteorologiche e sono vulnerabili agli eventi estremi e agli impatti dei cambiamenti climatici. Sono quindi essenziali previsioni meteorologiche e climatiche accurate». L'accesso a informazioni e servizi affidabili su meteo, acqua e clima sarà sempre più importante per rafforzare la resilienza delle infrastrutture energetiche e soddisfare la crescente domanda (c'è stato un aumento del 30% negli ultimi dieci anni). Un forte rischio per la produzione di elettricità è la scarsità di risorse idriche. Secondo l'Omm, "nel 2020, l'87% dell'elettricità globale generata da sistemi termici, nucleari e idroelettrici dipendeva direttamente dalla disponibilità di acqua».

Corriere delle Alpi | 12 ottobre 2022

Nel frattempo, «il 33% delle centrali termoelettriche che dipendono dalla disponibilità di acqua dolce per il raffreddamento si trovano in aree ad alto stress idrico. Questo vale anche per il 15% delle centrali nucleari esistenti, una quota che dovrebbe aumentare fino al 25% nei prossimi 20 anni osserva l'Omm L'11% della capacità idroelettrica si trova anche in aree ad alto stress idrico, e circa il 26% delle dighe idroelettriche esistenti e il 23% delle dighe previste si trovano all'interno di bacini fluviali che attualmente presentano un rischio medio altissimo di scarsità d'acqua». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 12 ottobre 2022

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Gli impiantisti non si spaventano «Nessuno studio è catastrofistico»

le reazioni

Tra il 1982 e il 2020 il periodo di copertura nevosa nelle aree montane è diminuito in media di circa 15/16 giorni in un anno. Sopra i 1500 metri, numerosi di più sotto questa quota. I risultati dello specifico studio di Eurac in tutto il mondo sono confermati anche dalle più recenti ricerche di Arpav. In particolare, sono in media 15 in meno i giorni in cui la neve rimane al suolo, con picchi di 20. C'è il rischio, dunque, che fra qualche decennio si parla di 20 anni per sciare bisognerà salire oltre i 2 mila metri? «È ovvio che siamo preoccupati di questi cambiamenti climatici», afferma Marco Grigoletto, presidente regionale di Anef, «ma nessun studio, ripeto nessun studio prevede che resteremo privi di precipitazioni sotto i 2000, anche sotto i 1500 metri. Prevede, piuttosto, che ci saranno stagioni prive o quasi di neve e altre che ne avranno in abbondanza. E che, pertanto, dovremmo ricorrere, in talune circostanze, alla neve programmata».Sulla medesima lunghezza d'onda, Enrico Ghezze, titolare del sistema Faloria. «Le variazioni climatiche si dimostrano sempre più imprevedibili, ma parlare nel breve di un cambiamento tale da rendere ingestibile la neve mi pare un'esagerazione». A dire di Ghezze, ci sono fenomeni improvvisi, variazioni continue «ma calcolare le valutazioni climatiche in modo tale da poter parlare di cambiamenti radicali nel breve mi sembra eccessivo».«Da una parte ci si accorge», rileva ancora Ghezze, «di quando non nevica o piove a quote "sospette" ma non si ricordano i record di neve, parlo di oltre 4 metri, di tre anni fa: purtroppo con noi chiusi per Covid. A sentire questi allarmi sarebbe da domandare a questi 'esperti anche cosa succederà di Venezia non solo di Cortina ormai alla vigilia delle Olimpiadi». fdm©

Alto Adige | 16 ottobre 2022

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Ghiacciai allo stremo: nella sola estate 2022 perso il 5% del volume

DAVIDE

È l'8 ottobre 2022. Chiusura dei rilievi per il bilancio di massa della stagione 2021/2022. Ghiacciaio di Malavalle, ai piedi del Gino Biasi al Bicchiere, con i suoi quasi 3.200 metri il più elevato rifugio altoatesino. A scattare la fotografia è Roberto Dinale, direttore dell'ufficio provinciale Idrologia e dighe. Inquadra un collaboratore della Forestale: regge con le mani un'asta alta quattro metri, in verticale sopra il ghiaccio. Mostra quanto il ghiacciaio abbia perso di spessore nella sola estate del 2022, la peggiore di sempre da quando si sono avviati i rilievi a tappeto in provincia. Delle tante inquietanti immagini proiettate ieri alla Salewa nel corso del convegno per i trent'anni del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige, è forse la più significativa. La prova tangibile che in una sola estate i ghiacciai altoatesini di maggiori dimensioni hanno perso il 5% della loro massa totale. E per i piccoli è andata ancora peggio. Non solo un peccato per chi ama i paesaggi glaciali d'alta quota, ma piuttosto un vero e proprio disastro ambientale, annunciato da tre decenni dal SGAA, il quale avrà pesanti ripercussioni anche sulla vita delle comunità che ai piedi di quei ghiacciai abitano, fin giù nella Pianura padana. Perché un fatto è certo: anche se l'intero mondo facesse marcia indietro azzerando da domani i gas serra, la morte dei ghiacciai, inesorabile, arriverebbe comunque. Di sicuro entro il XXI secolo, per molti probabilmente già entro il 2050.Il fiore all'occhielloUn convegno specialistico, quello tenutosi ieri, di alto livello, partecipato come raramente accade alle nostre latitudini. Vi hanno preso parte alcuni dei massimi esperti a livello nazionale, come pure da Trentino Veneto e Lombardia. Un convegno organizzato per ricordare i trent'anni dalla fondazione del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige, fiore all'occhiello locale del Club Alpino Italiano. A introdurre l'evento il presidente, il generale Pietro Bruschi, tra i fondatori del SGAA nel 1992. Si è partiti con l'entusiasmo di pochi appassionati volontari, evolvendo dai rilievi con la cordella metrica ai droni, passando per lunghe scarpinate verso le fronti dei ghiacciai ai voli con qualsiasi velivolo disponibile, dagli elicotteri agli aerei da turismo. Convegni, attività didattica con i giovani, realizzazione di sentieri glaciologici per educare. Soprattutto, le campagne glaciologiche annuali: il monitoraggio dei principali ghiacciai altoatesini e della loro evoluzione nel tempo. «Siamo stati testimoni di un evento», ha esordito Bruschi. Ossia, la diminuzione generalizzata delle masse glaciali, che si

è ripetuta, inesorabile, pure la scorsa estate.La campagna glaciologica Nel 2022 si è appena conclusa, ha chiarito il presidente del SGAA. Questi i risultati, validi per tutti i maggiori ghiacciai altoatesini: diminuzione generalizzata della massa glaciale; frammentazione delle fronte del ghiacciaio; aumento dei detriti che precipitano dalle pareti circostanti; aumento delle finestre rocciose che, surriscaldandosi grazie ai raggi del sole, accelerano lo scioglimento del ghiaccio; moltiplicazione delle zone crepacciate sull'intera superficie del ghiacciaio; aumento del numero di laghetti glaciali in quota; assenza quasi totale di neve nel bacino di accumulo; aumento dei flussi torrentizi; accesso alle fronti del ghiacciaio sempre più critico, ovverosia pericoloso per chi esegue i rilievi.«Le fronti è andato oltre Bruschi sono frammentate, diminuite di spessore, la situazione è decisamente caotica: detriti che precipitano, crepacci in aumento. L'aumento dei detriti accumulati sulla superficie, poi, non fa vedere cosa c'è sotto, se ghiaccio vivo o crepacci. Bisogna stare molto molto attenti». Soprattutto, si è registrato che la fase annuale di accumulo è sempre più breve, mentre il ghiaccio si scioglie sempre più velocemente. E c'è tanta acqua, ovunque. E quando il ghiaccio se ne va, spunta la vegetazione post glaciale, pioniera. Studiandola si può capire con esattezza da quando il ghiaccio non c'è più nel tal posto.Immagini sbalorditiveSi è parlato a lungo, ieri, ma la platea è rimasta ammutolita soprattutto a vedere le immagini. Prima e dopo. Ossia: con tanto ghiaccio, con molto poco ghiaccio. Uno dei ghiacciai più significativi studiati in Alto Adige è la Vedretta Alta, per la quale esistono immagini e dati dal 1979. È incredibile come in quarant'anni si sia assottigliata, quanto si sia ritirata. Immagini impietose, che fanno veramente male a chi studia il fenomeno, e a chi frequenta l'alta montagna nel tempo libero. E poi c'è il ghiacciaio di Fontana Bianca, che Bruschi ha definito ormai in agonia. È destinato a scomparire nel giro di pochi anni. E ci sono le foto aeree dello Stelvio, dove fino a pochi anni fa si sciava. A breve, questo il commento generalizzato giunto ieri dalla sala, si potrà scendere solo con degli sci dotati di rotelle...Un'evoluzione inaspettataIl responsabile scientifico del SGAA, il geologo Franco Secchieri, ha ricordato che fra il 1960 e il 1985 i bilanci di massa dei ghiacciai altoatesini erano positivi. Non molto, ma erano cresciuti. «Dagli anni Ottanta è cominciato a cambiare tutto». I volontari del SGAA ieri si sono tolti qualche sassolino dagli scarponi. Per studiare i ghiacciai ci si è serviti di elicotteri, teleferiche, aerei per le foto stereoprospettiche. «Oggi ha chiarito sono tutti esperti, sanno tutto, trinciano giudizi. Ma noi sono trent'anni che siamo preoccupati per la situazione, che lanciamo l'allarme». Per lo più ignorati. Oggi, ha spiegato, tutti i ghiacciai sono sotto il limite delle nevi. Niente nevato e neve residua dell'anno precedente. E non sono chiacchiere filosofiche, perché c'è un rischio elevato, anche per la popolazione. Basti pensare al permafrost, per esempio alla base del Sella, sopra passo Gardena: si sta sciogliendo. Sono probabili, ha ammonito Secchieri, crolli imponenti. Sulla strada. Tecnici e decisori politici ne tengano conto, ha detto. «Perché le soluzioni non possono essere i teloni copri ghiacciaio. Visto che i teloni restano, ma il ghiaccio scompare».Lo status quoImpressionante anche l'intervento dell'idrologo Roberto Dinale sulla stagione 2021/22: inverno siccitoso ed estate molto calda; il bilancio di massa più negativo dall'inizio delle misurazioni; "glacier loss day" mai così anticipato. Ossia: già fra il 20 e il 25 giugno si è cominciato a perdere ghiaccio, con il risultato che a ottobre, al termine dei rilievi, si è stabilito che i grandi ghiacciai in una sola estate hanno perso in media il 5% del loro volume, i piccoli anche di più. Negli ultimi 40 anni solo in tre stagioni il bilancio è stato positivo, ma di poco. E i ghiacciai sono sempre più frammentati. Le 168 formazioni altoatesine sono ormai suddivise in 543 placche glaciali e sono in aumento quelle di piccole dimensioni. Entro fine secolo sono destinate a sparire. E con loro l'apporto idrico estivo per irrigazione, idroelettrico, acqua potabile.

Corriere delle Alpi | 19 ottobre 2022 p. 28

Sorapis, mai viste condizioni di secca come quest'anno

LA CARTOLINA

Lago di Sorapis senz'acqua. Un segno dei tempi che corrono immortalato in uno scatto tanto eloquente quanto malinconico (opera di Diego Da Pont). Che fine hanno fatto le acque cristalline del bacino naturale situato a 1900 metri di quota? Sparite o quasi. Colpa del caldo estivo e della relativa mancanza di precipitazioni. A dirla tutta, non si tratta di una novità assoluta del periodo. A fine estate il lago va sempre in riserva di acqua, ma una "secca" tale mai si era vista: oggi è praticamente prosciugato. Così lo hanno immortalato nei giorni scorsi, in un contesto paesaggistico tipicamente autunnale, coloro che sono saliti in zona. Già da diversi anni le condizioni del lago sono al centro di indagini riguardanti lo stato di salute dell'omonimo ghiacciaio. Ghiacciaio considerato a forte rischio estinzione e con esso il sottostante lago che gli scienziati consideravano già tra il 2019 ed il 2020 "vulnerabile" . Il documentario realizzato vide protagonisti l'allora direttore del parco delle Dolomiti Ampezzane, Michele Da Pozzo, i ricercatori del Muse Christian Casarotto e Mauro Gobbi, il botanico dell'università di Milano Marco Caccianiga e Sabrina Pais, "sentinella" del lago essendo il gestore del rifugio Vandelli. dierre© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 20 ottobre 2022 p. 17

Siccità, Bim Gsp tiene in allerta i sindaci

Feltrino e Alpago le situazioni più critiche

In ottobre, fino ad oggi, le precipitazioni sono state praticamente assenti, essendo caduti in provincia dai 2 agli 8 millimetri di pioggia, con punte di 18 sul passo Valles e di 11 sul monte Croce in Comelico. La media degli ultimi 30 anni era di 112 mm nell'intero mese. Questi i dati del Rapporto Arpav sulle risorse idriche nei primi 15 giorni del mese. Le conseguenze? Preoccupanti per l'approvvigionamento della rete, così come ammette Attilio Sommavilla, presidente di Bim Gsp. «Perdura la criticità di luglio e agosto per cui abbiamo deciso di attenzionare la situazione», ci spiega. «Questo è il livello prima di eventuali provvedimenti». Provvedimenti di razionamento, ovviamente, che nel caso dovrebbero essere presi dai sindaci, con le ordinanze come è accaduto nei mesi scorsi.Sono previste precipitazioni nel fine settimana. «Bisogna, però, vedere se effettivamente ci saranno», mette le mani avanti Sommavilla. «E se arriveranno, occorrerà verificare se saranno leggere o, al contrario, pesanti (fin troppo, speriamo di no), ma limitate nel tempo; in entrambi i casi, le sorgenti non trarrebbero chissà quali benefici». La pioggia sospirata è infatti quella diffusa e prolungata nel tempo, anche per parecchi giorni.La situazione più critica è a Lamon, Sovramonte, Arsìè e Seren, e, dall'altra parte, in Alpago e Longarone. Così critica ammette il presidente di Bim Gsp che da lunedì dovremo riempire le vasche serbatoio con le autobotti dei vigili del fuoco, perché i livelli d'acqua sono appena sufficienti. Bene, invece, il Cadore, appena sufficiente l'Agordino, mentre la Valbelluna sta tornando ai livelli dell'estate, dopo un mese di leggero accumulo.I tecnici di Bim Gsp monitorano il territorio quotidianamente. I livelli successivi all'"attenzione" sono "pre allarme" e "allarme". Il Bim è intervenuto quest'anno con 33 interventi, di cui 10 per la riparazione di perdite nei Comuni di Alpago, Feltre Lamon e Ponte nelle Alpi. Altri 9 interventi per chiusure notturne su rami con elevata dispersione negli stessi Comuni e, in aggiunta, a Lamon. Gsp, inoltre, ha realizzato ad Alpago e Belluno 7 by pass di rete. Nei comuni di Alpago, Arsiè, Lamon e Tambre ci sono state 4 opere di riattivazione dell'attingimento da sorgenti di emergenza. Infine per due volte Bim è intervenuto in Alpago per modificare l'alimentazione della rete da sistemi acquedottistici diversi. Si diceva, se non pioverà, del possibile razionamento: se ne sono contate 29 ordinanze municipali, quest'anno, di cui ben 22 a luglio; 17 sono state firmate tra l'Alpago, Bellunese e Feltrino; 9 in Cadore, a Longarone e nello Zoldano; 3 nell'Agordino.Quanto alle precipitazioni, la situazione è ben peggiore nel resto del Veneto, dove si sono verificati apporti modestissimi se non assenti e sono in gran parte determinati da fenomeni di rugiada e brina. Delle 200 stazioni pluviometriche operative in regione circa 70 hanno registrato precipitazioni mediamente di 1 mm. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 20 ottobre 2022 p. 17

Inizio ottobre mite e senza neve Falde in quota in esaurimento

L'analisi

Perfino la Banca d'Italia si preoccupa della mancanza di neve, naturale ovviamente. A causa, ben s'intende, dell'aumento delle temperature dovute al cambiamento climatico. Sarà colpito il turismo legato allo sci. È quanto emerge, appunto, da uno studio di Banca d'Italia nell'ambito delle ricerche sull'effetto del cambiamento climatico sull'economia italiana. «I nostri risultati indicano che, in media, un metro in meno di neve nel corso della stagione è associato a una diminuzione dell'1,3 per cento di passaggi negli impianti, a parità di altre condizioni. Le proiezioni al 2100 prevedono che il calo della neve caduta in inverno sia tra il 30 e il 45 per cento, a causa di minori frequenza e intensità delle nevicate».«Secondo le nostre stime, una riduzione del 40 per cento nella quantità di neve in una stagione implicherebbe in media una diminuzione del 7 per cento di passaggi negli impianti, che potrebbe essere ben più severa nelle località che si trovano più a bassa quota. L'innevamento artificiale non appare in grado di per sé di sostenere la domanda turistica legata agli sport invernali», aggiungono i ricercatori di via Nazionale.Il 1° ottobre è iniziato il nuovo anno idrologico. Quanta neve c'è, ad oggi? Pochissima, secondo l'analisi di Arpav. Nelle Dolomiti la prima metà del mese di ottobre è stata mite (+2.3 °C). Era dal 2001 che non si registrava un inizio ottobre così mite, anche se valori simili ci sono stati nel 2007 e 2014. Malgrado le miti temperature, lungo i versanti in ombra oltre i 2200 metri è rimasta un po' della neve caduta nella terza decade di settembre. Nelle Dolomiti solo nelle zone glaciali o con buon riparo orografico la copertura è continua e con esili spessori (1 10 cm) mentre nelle altre zone in alta quota è presente a chiazze, spesso dovute ad accumuli da vento. Gli ultimi studi dell'Arpav hanno certificato che sulle Alpi, nel periodo 1961 1990 la quota della neve sciabile era intorno ai 1.200 metri di quota, mentre la media del trentennio successivo è aumentata a 1.650 metri. Negli ultimi 20 anni, si è potuta osservare una forte alternanza di inverni molto nevosi e altri poco nevosi. Le falde? Se a fine settembre avevano instaurato delle dinamiche di ricarica, in questi giorni risultano già esaurite o comunque rallentate. Comunque su livelli inferiori anche di 50 centimetri rispetto al precedente minimo del periodo. © RIPRODUZIONE

Caldo e falde a secco «Un clima da fine estate situazione eccezionale»

«Questo non è un clima da fine ottobre, sono temperature da fine estate». Il contorno lo indica Adriano Barbi, meteorologo dell'Arpav. Cosa questo significhi si vede in un'agricoltura boccheggiante, in fiumi depressi, nei vecchi ghiacciai che hanno lasciato posto alla roccia e, poi, in eventi climatici estremi.Non si è mai parlato di cambiamento climatico come nell'ultima estate. Forse perché ora "the house on fire" raffigurata dalle parole di Greta Thumberg ha mostrato le sue fiamme che, altissime, hanno scottato tutti: agricoltura e, di conseguenza, economia in primis.«A febbraio, se la situazione non cambierà, rischiamo di iniziare la stagione agricola già in crisi idrica» avverte Andrea Crestani, direttore veneto dell'Anbi, l'associazione dei Consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue. «Dall'inizio dell'anno abbiamo accumulato un deficit idrico di oltre il 30% rispetto alla media. Significa 350 millilitri di pioggia che manca, 35 centimetri sulle superfici, 3.500 metri cubi di acqua ogni ettaro di superficie, necessari per ripristinare la normalità». Servirebbe una stagione di piogge eccezionali, per riequilibrare la situazione? «Sì, ma questa potrebbe creare danni al territorio».Insomma, non se ne esce. E, in ogni caso, le previsioni meteo non sembrano spingere verso questo tipo di scenario. «Domani (oggi, ndr) sono previste delle piogge intense, anche di carattere temporalesco, su tutto il territorio veneto, nella fascia centrale della giornata. Per un periodo molto breve, però, che certo non cambierà la situazione di deficit idrico che ormai persiste da oltre un anno. E poi sono previste ulteriori precipitazioni, modeste, tra lunedì e martedì della prossima settimana, sulle zone montane. Per ora, niente più» dice il meteorologo Barbi, «Siamo in un periodo di caldo eccezionale, con 4 5 gradi sopra la media stagionale. Mercoledì scorso abbiamo toccato un record, superando persino i 27 gradi su gran parte della pianura padana. E le temperature non sono destinate a scendere nemmeno la prossima settimana. Anche questo si riverbera sull'agricoltura: la maturazione dei kiwi avrebbe bisogno di minime più basse e lo stesso il radicchio tardivo».Quello che ci sta insegnando la "catastrofe climatica" è come il nostro mondo dal meteo all'economia al nostro benessere sia un intreccio perfetto di elementi. Al venir meno di uno di questi, si sfalda tutto il resto. È una catena che parte dell'alto.«Dalla montagna, con i ghiacciai. Lì dovrebbe iniziare a nevicare già a novembre, e poi la neve dovrebbe accumularsi fino alla primavera, compattandosi e diventando ghiaccio, che serve in estate. Fino alla falde acquifere, che in Veneto sono in condizioni disastrose. Alcune sono completamente a secco, leggiamo dati con "zero" percentili. E questa situazione non si può certo risolvere in pochi mesi» spiega Crestani.Per comprendere la gravità del fenomeno può bastare un numero, fornito dall'Arpav: nei primi 15 giorni di ottobre l'apporto delle precipitazioni ai principali bacini idrografici del Veneto è stato di un millimetro di pioggia caduta. La media storica, dal 1991 al 2021, era di 112 centimetri.Sulle Dolomiti, erano 20 anni che non si registrava un inizio di ottobre così caldo. Il livello del Garda, invece, non era tanto basso dal 2003 e, prima, dal 1990. Anche i livelli delle falde sono ai minimi storic e, in alcune zone del Padovano, del Trevigiano e del Veronese, sono persino inferiori di mezzo metro rispetto al precedente minimo di questo stesso periodo.«Bisogna invertire la rotta e serve farlo al più presto» dice Barbi, «Stiamo scontando gli effetti delle emissioni di gas climalteranti nell'atmosfera, soprattutto negli ultimi 50 60 anni, e l'uomo è il solo responsabile. Serve la politica e servono le azioni del singolo». Messaggi nella bottiglia per il prossimo Governo. --© RIPRODUZIONE

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Corriere delle Alpi | 22 ottobre 2022

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI

Corriere del Veneto | 1 ottobre 2022

p. 7, edizione Treviso Belluno

Olimpiadi, il Cio prende le distanze «La pista da bob? Non essenziale»

Lettera del Direttore Giochi: non è nel budget. Il Comitato di Cortina: «Stop al cantiere»

La risposta del Comitato Olimpico Internazionale alla lettera degli ambientalisti bellunesi è perfino secca: la pista da bob di Cortina non era essenziale nel progetto Milano Cortina 2026, ogni decisione è stata presa dalle autorità locali, e non rientrerà nel budget olimpico. Ma visto che era prevista a prescindere dall’evento come infrastruttura turistica e sportiva, sarà usata per le gare, a posto così. Con distacco, se non scetticismo, passa la palla a Veneto, Lombardia, Coni e Comuni. E dà la spinta agli ambientalisti per tornare alla carica: «Ci siamo sentiti dire per mesi che, se oggi abbiamo le Olimpiadi invernali, è anche grazie alla pista da bob inserita nel dossier afferma Marina Menardi, presidente del Comitato Civico Cortina Da quanto apprendiamo, non è così, sarebbe stata fatta comunque. L’opera è finanziata ma i lavori non sono ancora iniziati, siamo in tempo per fermarli. Sono uno spreco, un danno per il territorio. La vuole solo Zaia, al Cio dell’impianto non importa». Sembrava che la questione fosse risolta con le parole del presidente del Cio Thomas Bach, in occasione di un riconoscimento ricevuto in Italia due settimane fa, ma ora la «Eugenio Monti» delle Dolomiti, la pista da bob più antica del mondo, simbolo delle Olimpiadi di Cortina del 1956, è di nuovo nell’occhio del ciclone. Il presidente della Regione è sempre stato molto netto nel difendere la riqualificazione e lo fa di nuovo: «Le Olimpiadi genereranno un Pil di un miliardo in Veneto e un miliardo di investimenti, pensiamo solo alla tangenziale di Cortina finanziata grazie ai Giochi. È un dare avere, e credo che il bilancio sia assolutamente a favore dell’avere risponde Zaia Non siamo feticisti delle infrastrutture, il dossier presentato per la candidature prevedeva come punto di forza il bob, un’eccellenza dello sport, in un luogo storico». E comunque, ribadisce, «il Cio non mette soldi, tutti i finanziamenti sono dello Stato. Prendo atto che il Cio, davanti al restauro di un cadavere, pensa che sia meglio lasciarla lì così. Ci dicano se hanno soluzioni migliori, noi siamo qui ad ascoltare». Il sindaco di Cortina Gianluca Lorenzi concorda con lui: «Di questo passo, guardando solo il granello di sabbia rispetto al grande progetto e alla mole di investimenti che arriveranno a Cortina e nel Bellunese, non andiamo lontano». Tutto parte dalla lettera firmata da 1.260 cittadini di Cortina e dintorni inviata alla sede di Losanna a metà settembre, seguita da un sit in dei comitati a Roma nel giorno della visita del presidente Bach. La risposta è stata affidata a Christophe Dubi, Olympic Games Executive Director: «Costruire una nuova pista a Cortina non è un requisito per i giochi olimpici scrive Siamo stati informati dalle autorità locali che questo sarebbe stato un progetto turistico e sportivo, il quale sarebbe comunque andato avanti, anche senza i Giochi olimpici, e il Cio ha concordato che la pista sarebbe stata usata per i giochi olimpici per questioni di costi e sostenibilità, in quanto non avrebbe nessun senso avere un’infrastruttura del genere e poi andare altrove, e abbiamo concordato che questo progetto non sarebbe stato parte del budget previsto per i giochi olimpici invernali». E sottolinea l’importanza della sostenibilità di tutte le opere «economica, sociale e ambientale».

Intanto sulle Olimpiadi del 2026 si sono posati gli occhi dell’anticorruzione: un protocollo d’intesa fra Anac e Procura di Venezia fissa una stretta collaborazione e scambio di informazione con l’obiettivo di intensificare la vigilanza sugli appalti e i contratti pubblici in preparazione dell’evento. Il presidente Giuseppe Busia e il procuratore capo Bruno Cherchi condivideranno indagini e informazioni per prevenire e contrastare eventuali infiltrazioni della malavita.

Corriere delle Alpi | 2 ottobre 2022

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Olimpiadi 2026 e grandi opere Veneto obiettivo per tutte le mafie

Enrico Ferro

Padova

Il Veneto delle Olimpiadi 2026, quello che insieme alla Lombardia maggiormente contribuisce al Pil nazionale. Ma anche la regione con il porto di Venezia, il cantiere della Pedemontana e quello dell'alta velocità Verona Paddova. Una potenziale miniera d'oro per le organizzazioni criminali che mirano a infilarsi in questo ricco tessuto economico. È la cornice delineata dalla Dia di Padova (la Direzione investigativa antimafia) nella sua relazione semestrale. Meno "eclatanti manifestazioni di violenza", più interessi negli affari a basso rischio giudiziario. Il presupposto resta il controllo del territorio, certo. Ma soprattutto con la corruzione, il riciclaggio, l'avvicinamento di imprenditori in difficoltà per acquisirne gli asset, l'inquinamento dell'economia sana. L'ultima Relazione semestrale della Dia restituisce ancora una volta l'immagine di mafie tradizionali silenti e che non si limitano più al "saccheggio parassitario" della rete produttiva "ma

si fanno impresa". A livello nazionale, in 6 mesi, sono stati effettuati sequestrati per 165 milioni, confische per 108 milioni; 373 interdittive antimafia, 69 mila segnalazioni per operazioni sospette. C'è anche il Veneto in questi numeri. Una regione che storicamente è attraversata da numerosi fenomeni di criminalità organizzata: dalla mafia albanese a quella nigeriana, dalla Camorra alla 'ndrangheta, i clan romeni e bulgari, per finire con i traffici illeciti cinesi.faro sulle olimpiadiL'attenzione è altissima su tutto ciò che riguarda i prossimi giochi olimpici a Cortina del 2026. Il prefetto di Belluno Mariano Savastano ha sottolineato l'importanza del rafforzamento degli strumenti di prevenzione e il ruolo centrale del Gruppo Interforze individuato quale "cabina di monitoraggio del sistema di prevenzione".Proprio per rendere più efficace la rete dei controlli, è stata recentemente sottoscritta dall'Anac (l'autorità anti corruzione) e dalla Procura di Venezia un'intesa per una stretta collaborazione. L'accordo è finalizzato a intensificare la vigilanza sugli appalti e i contratti pubblici di servizi e forniture. geografia criminaleL'atlante criminale del Veneto disegna una distribuzione uniforme di tante organizzazioni, prevalentemente su tre province: Venezia, Verona e Padova. "La provincia di Venezia, ricco tessuto produttivo caratterizzato da un elevato tasso di industrializzazione e un importante flusso turistico rappresenta ormai da anni anche per la criminalità organizzata di tipo mafioso una valida opportunità per estendere i propri affari". La Dia ha individuato gruppi calabresi riconducibili alla cosca Grande Aracri ma anche nuclei riconducibili alla criminalità campana. E non si possono ignorare nemmeno gli ex della Mala del Brenta, che ciclicamente trovano nuovo vigore "traendo insegnamento anche dal modello mafioso imparato dagli esponenti della mafia siciliana con i quali erano venuti in contatto". Poi c'è Padova, dove l'interporto è un importante snodo per la movimentazione di merci e quindi un potenziale obiettivo per i gruppi criminali. "Con riferimento a Cosa nostra" scrive la Dia "già alcune investigazioni del passato avevano evidenziato la presenza di soggetti collegati a famiglie siciliane che riciclavano capitali attraverso investimenti immobiliari". Sul territorio padovano, evidenziano gli investigatori, si riscontrerebbe anche la presenza di sodalizi di matrice straniera attivi soprattutto nel settore degli stupefacenti ma, come emerso nel semestre in esame, operativi anche nello sfruttamento di manodopera.E nella semestrale della Dia finisce anche l'operazione che i carabinieri hanno svolto all'interno di Grafica Veneta, dove è stato scoperto "un sodalizio multietnico composto da 9 pakistani e 2 italiani". Scrivono gli investigatori dell'antimafia: "Le investigazioni hanno consentito di individuare un'organizzazione che sfruttava lavoratori stranieri i quali sebbene formalmente assunti con contratti di lavoro in aziende attive nel settore dell'editoria erano costretti a cedere ai caporali una parte della retribuzione". E poi c'è la tristemente nota provincia di Verona, dove le investigazioni concluse negli ultimi hanno evidenziano l'operatività della criminalità organizzata mafiosa, prevalentemente di tipo 'ndranghetista con la famiglia Giardino. Ma non mancano i segnali di presenza anche per quel che riguarda la criminalità organizzata pugliese, con la cellula mafiosa riconducibile al clan barese Di Cosola. © RIPRODUZIONE

Gazzettino | 2 ottobre 2022 p. 12, edizione Belluno

«Basta polemiche, la pista da bob si farà»

CORTINA D'AMPEZZO

«La pista da bob Eugenio Monti era, e deve tornare a essere, uno dei simboli dell'eccellenza internazionale di Cortina. Non c'è nessuna volontà di cementificare, né di alterare gli equilibri ambientali del nostro territorio». Così il sindaco Gianluca Lorenzi commenta le dichiarazioni del comitato civico, sulla lettera di Thomas Bach, presidente del Comitato olimpico internazionale, sull'impianto sportivo ampezzano.

«LA

VUOLE SOLO ZAIA»

«Al Cio non interessa che si costruisca la nuova pista di bob a Cortina, che non è necessaria per i Giochi olimpici invernali Milano Cortina 2026. Il Cio dice che, se gli enti pubblici italiani vogliono realizzare questo nuovo impianto, poi sarà opportuno usarla per le Olimpiadi, per ragione di costi», è la posizione del comitato civico.

La presidente, Marina Menardi, ribadisce la sua posizione, ostile alla nuova struttura: «La pista di bob la vuole il presidente veneto Luca Zaia e al Cio, dell'impianto, non importa niente. E' un'opera inutile, costosa, ambientalmente insostenibile. La responsabilità presente e futura è tutta italiana, da Giovanni Malagò presidente del Coni a Zaia, passando per i sindaci ampezzani Gianpietro Ghedina e Gianluca Lorenzi». Nella lettera del Comitato olimpico si legge: «Il Cio è stato chiaro: costruire una nuova pista a Cortina non è un requisito per i Giochi olimpici».

OCCASIONE PER RIAFFERMARSI

La risposta di Lorenzi è altrettanto decisa: «Si continua a voler insistere su di un granello di sabbia, senza osservare e comprendere il disegno più ampio. Cortina ha nei Giochi 2026 l'occasione di riaffermarsi come una delle capitali degli sport invernali, senza impattare né sul territorio, né sulla comunità, generando un indotto economico senza precedenti negli ultimi decenni, riqualificando un'area che sfortunatamente versa in situazioni molto gravi e garantendo alla conca un'immensa visibilità e una straordinaria promozione verso gli amanti delle discipline invernali. Inoltre la pista da bob avrà anche una valenza di natura turistica, al termine delle Olimpiadi 2026».

«BASTA CON I NO»

Il sindaco riprende quindi il suo programma elettorale, che gli ha portato 1.044 voti, lo scorso 12 giugno: «Questa amministrazione, come promesso, pensa prima di tutto al bene della nostra comunità ed è per questo che, insieme alla Regione Veneto, sta vigilando

costantemente sulla corretta e sostenibile realizzazione delle opere necessarie per le Olimpiadi. Non è con i No a prescindere che si crea sviluppo territoriale. Non è con il rimanere fermi che salviamo la montagna, ambiente antropizzato e comunità culturale. Lo facciamo con un'attenta analisi e una progettualità che garantisca una crescita consapevole della fragilità del nostro ecosistema, garantendone da un lato la doverosa salvaguardia e dall'altro la creazione di rinnovati servizi per lo sport e il turismo, non scordandoci delle eccellenze e delle tradizioni che hanno reso Cortina famosa in tutto il mondo».

Marco Dibona

Alto Adige | 6 ottobre 2022

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Pista di bob a Cortina L'Alto Adige contribuirà

BOLZANO

Da tempo Cortina d'Ampezzo è in subbuglio. La vecchia pista di bob intitolata ad Eugenio Monti è una ferita di cemento nel territorio che non si è mai rimarginata: realizzata negli anni '50 per le precedenti Olimpiadi invernali è presto diventata un inutile e bruttissimo relitto. L'Alto Adige dovrebbe eventualmente contribuire a finanziare il progetto con il fondo per i Comuni di confine, al quale la nostra provincia contribuisce ogni anno con 40 milioni di euro. Ma è ormai chiaro che per il Comitato olimpico le gare possono anche essere svolte altrove. La Giunta provinciale prevede di coprire i prevedibili deficit economici della struttura ancora con i fondi per i Comuni di confine, ma non è ancora possibile dire a quanto ammonteranno questi costi, ha ammesso Kompatscher nella sua risposta a un'interrogazione del Team K.

Gazzettino | 6 ottobre 2022

p. 12, edizione Belluno

Olimpiadi: «Due miliardi di valore aggiunto»

I Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 potranno generare un valore aggiunto per due miliardi di euro, con un forte incremento dell'occupazione, quantificabile in 36mila unità, quando la macchina organizzativa del grande evento avrà completato il suo ciclo. Lo ha detto Giovanni Malagò, presidente del Comitato olimpico nazionale italiano, intervenendo ieri ai lavori del Made in Italy Summit del Sole 24 Ore e Financial Times, in collaborazione con Sky Tg24. «Sono sempre stato il portabandiera dei grandi eventi sportivi. Tutti gli operatori sono felici quando questi arrivano nel nostro Paese», ha aggiunto Malagò. Entrando nello specifico dei Giochi invernali 2026, assegnati il 24 giugno di tre anni fa, il presidente del Coni ha specificato: «Per Milano Cortina, esempio fra le grandi manifestazioni sportive, abbiamo un valore aggiunto per 2 miliardi di euro. Parliamo di 36 mila occupati, quando andremo a regime. Ci sarà un gettito fiscale di mezzo miliardo di euro che portiamo nel sistema. Siamo a bordo del sistema dell'economia. In Italia siamo ritenuti una eccellenza nel mondo nell'organizzare questi eventi».

IL BRACCIO DI FERRO

La posizione espressa da Malagò rintuzza le critiche che si alzano nei confronti dei Giochi invernali 2026, in particolare all'impegno di spesa per l'organizzazione dell'evento e per la costruzioni di impianti sportivi e di infrastrutture, soprattutto stradali e di mobilità. Nel frattempo, dopo l'esito delle elezioni politiche del 25 settembre, si attende che sia definita la composizione del nuovo governo nazionale. Fra le molteplici aspettative e attese, che l'Italia riversa sul nuovo esecutivo, ci sono anche quelle degli sportivi e degli organizzatori: la Fondazione Milano Cortina 2026 deve avere, al più presto, il nuovo amministratore delegato, atteso da mesi, dal momento in cui fu chiara l'intenzione di sostituire Vincenzo Novari. Il fatto che lo sport sia un volano, che genera una forte crescita economica per il Paese, era già emerso lo scorso mese di maggio, a Roma, nel forum del Comitato Leonardo, in uno studio su sport e impresa, elaborato dalla università Luiss Guido Carli. Allora si disse che i Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 avranno un impatto complessivo sul Pil di 3 miliardi di euro, a fronte dell'investimento di un miliardo.

IL RAPPORTO LUISS

Dallo studio emerse che, dopo la battuta d'arresto per la pandemia, ora l'Italia può godere della disponibilità di nuove risorse finanziarie, con il piano Pnrr, ma anche con l'organizzazione di grandi eventi sportivi, come le Olimpiadi invernali 2026. Il rapporto Luiss simulò l'impatto economico dell'evento, attraverso l'analisi degli effetti moltiplicativi, attivati dalla fase di organizzazione e poi dallo svolgimento dell'evento. Si ipotizzò che l'evento possa determinare un aumento della domanda, per il comparto sport, corrispondente a un valore convenzionale di un miliardo di euro; le Olimpiadi produrranno un incremento di risorse di un miliardo 142 milioni di euro. I settori collegati direttamente o indirettamente al settore sportivo beneficeranno di maggiori risorse per un miliardo 26 milioni di euro. Infine, come sintesi, si rilevò che l'effetto diretto, indiretto e indotto genererà un impatto sull'intera economia di due miliari 901 milioni di euro.

Organizzare le Olimpiadi avrà inoltre un impatto sull'occupazione, determinato dall'incremento di domanda e quindi di produzione, per le imprese che forniscono il comparto sportivo. Allora si disse che, a fronte dell'impiego di un miliardo, potranno essere generate in Italia quasi 13mila nuove unità di lavoro. Un dato che ora viene quasi triplicato, nelle affermazioni di Giovanni Malagò. Nel forum di maggio intervenne il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio, pronto a sostenere l'organizzazione dei Giochi. Ora dovrà farlo qualcun altro.

Gazzettino | 6 ottobre 2022

p. 12, edizione Belluno

Pista da bob: «È un'opera inutile, danni all'ambiente»

«Al Comitato olimpico internazionale non interessa che si costruisca la nuova pista di bob a Cortina d'Ampezzo, che non è necessaria per i Giochi olimpici invernali Milano Cortina 2026. Il Cio dice che, se gli enti pubblici italiani vogliono realizzare questo nuovo impianto, poi sarà opportuno usarla per le Olimpiadi, per ragione di costi». È la lettura che il comitato civico Cortina fa della risposta del 28 settembre, firmata da Christophe Dubi, direttore esecutivo dei Giochi olimpici, alla lettera inviata dal comitato lo scorso 16 settembre, firmata da 1.260 cittadini, contrari al rinnovo della storica pista Eugenio Monti. La presidente del comitato Marina Menardi ribadisce quindi la sua posizione, contro la nuova struttura: «È un'opera inutile, costosa, ambientalmente insostenibile. La responsabilità presente e futura è tutta italiana». Menardi riporta quindi un passaggio della lettera del Comitato olimpico internazionale: «Per quanto riguarda la pista da bob, il Cio è stato chiaro nella sua posizione: costruire una nuova pista a Cortina non è un requisito per i Giochi olimpici. Il Cio ha già discusso la situazione con i comitati delle varie candidature ai tempi dell'assegnazione a Milano Cortina. È inoltre stato portato all'attenzione dal comitato coordinatore con le autorità locali, dopo il voto. Siamo stati informati dalle autorità locali che questo sarebbe stato un progetto turistico e sportivo, il quale sarebbe comunque andato avanti, anche senza i Giochi olimpici. Date queste circostanze, il Cio ha concordato che la pista da bob sarebbe stata usata per i Giochi, per questioni di costi e sostenibilità, in quanto non avrebbe nessun senso avere un'infrastruttura del genere e poi andare altrove».

delle Alpi | 12 ottobre 2022

p. 28

CORTINA

È un vero e proprio grido di allarme quello che arriva dal convegno organizzato da Dolomiti Show a Longarone Fiere per fare il punto su come il Bellunese si sta preparando per le Olimpiadi e le Paralimpiadi del 2026. Il carico lo ha messo proprio il presidente della Provincia, Roberto Padrin, che ha trasformato il suo intervento di saluto alle autorità riunite anche per presentare la candidatura del Veneto a capitale europea dello sport 2024, in un appello a fare presto: anzi, verrebbe da dire, un appello a fare qualcosa.Padrin non le manda a dire«Ci sono enormi preoccupazioni su come si sta lavorando per questo grande evento», ha esordito Padrin, «sul territorio non si vede nulla, non ci sono segnali che ci ricordino che fra tre anni e mezzo ci sono i Giochi olimpici. E non è stato ancora nominato l'amministratore delegato della Fondazione Milano Cortina che deve organizzare le Olimpiadi: è tutto fermo». Anche Dino Ponchio, presidente del Coni veneto, non ha mancato di sottolineare che «Milano Cortina deve calarsi di più nel tessuto vero della Regione. C'è tanto lavoro da fare e noi come Coni siamo pronti a dare una mano, con la nostra esperienza, con i nostri volontari». Gli enti locali e il mondo sportivo stanno facendo i conti intanto con la crisi dell'energia e con le bollette stratosferiche, altro tema affrontato gioco forza nel corso del convegno. «Abbiamo bisogno di aiuto», ha aggiunto Ponchio, « le società sportive sono come gli altri comparti dell'economia, hanno il diritto di essere aiutate perchè altrimenti non ce la faranno: stanno già chiudendo molti impianti e non parlo solo delle piscine o dei palaghiacci ma anche dei piccoli campi di calcio». Ma per Padrin la crisi non si risolve se non si va alla radice del problema, se non si combattono gli speculatori dell'energia: «Non si può andare avanti solo a forza di aiuti economici, che poi alla fine paghiamo tutti».Lo sport non si fermaIn tutto ciò, e in attesa di cosa succederà con le Olimpiadi, gli eventi sportivi non si fermano, anzi il prossimo anno ci saranno importanti appuntamenti come i mondiali di canoa ad Auronzo e molti altri, piccoli e grandi. Se la Fondazione Milano Cortina è ferma, non lo è invece la Fondazione Cortina, a Longarone fiere con il presidente Stefano Longo. «Stiamo organizzando le tre gare di Coppa del mondo di sci alpino a gennaio, due gare di Coppa del mondo di snowboard, le prove paralimpiche, lo scialpinismo a Cortina, dove finora non si erano mai organizzato gare per questo sport. Questa è la parte ordinaria della nostra attività. Poi c'è la parte straordinaria, quella delle Olimpiadi e della paralimpiadi. Stiamo martellando tutti i colleghi della Fondazione Milano Cortina, abbiamo incontrato anche di recente il commissario Sant'Andrea, abbiamo messo a disposizione la nostra sede per tutte le associazioni di Cortina. Siamo pronti? Non siamo prontissimi se penso alle tante cose che ci sono da fare, per

Corriere
Olimpiadi, Padrin cala il carico sui ritardi «Sul territorio non c'è traccia di nulla»

esempio, per accogliere gli atleti paralimpici. I problemi sono tanti, stiamo facendo una mappatura delle stanze di albergo per sapere quante sono pronte ad accogliere gli atleti disabili che parteciperanno alle gare di primavera 2023. Mi scuso già ora per gli errori che ci potranno essere. Ma se non cominciamo ora a fare le cose, non saremo mai pronti». Longo chiede aiuto alle istituzioni, «che devono farsi sentire di più, che devono starci vicino». Timori e speranzeNubi nere all'orizzonte, dunque, perché mancano solo tre anni e pochi mesi all'ora in cui gli occhi del mondo saranno su Cortina, sul Bellunese e sul Veneto. È questa la sensazione principale uscita dall'incontro di Dolomiti Show: il mondo sportivo guarda attonito alla incapacità italiana di programmare e realizzare nei tempi previsti gli eventi. «Poi alla fine ci arriveremo», hanno detto diversi interlocutori, «e andrà anche tutto liscio». Ma per ora è solo speranza. marcella corrà© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 12 ottobre 2022 p. 28

La pista da bob trova altri avversari Insorgono pure i partiti sud tirolesi

LA DIATRIBA

I partiti sudtirolesi partono alla carica: contro il finanziamento della Provincia di Bolzano alla pista di bob di Cortina. Risorse, per la verità, che saranno finalizzate alla gestione successiva, quella del Centro federale, che costerà 400 mila euro l'anno. Troppi soldi, uno spreco, per cui una «soluzione comune e transfrontaliera» è quanto propongono il Team K altoatesino ed i Neos del Tirolo, secondi i quali le gare di bob e slittino potrebbero tenersi in Austria, a Igls. La ricostruzione della pista di bob di Cortina, secondo il Team K, non risponde a criteri di sostenibilità economica ed ambientale. «I costi ammonterebbero a 100 milioni di euro e sappiamo dalle Olimpiadi di Torino 2006 che, una volta terminato l'evento, le strutture cadranno inutilmente in disuso», sostiene il consigliere provinciale altoatesino, Alex Ploner, «il Cio ha infatti affermato a chiare lettere che non è assolutamente necessario tenere le gare di questa disciplina a Cortina. Noi del Team K siamo quindi nettamente contrari a cofinanziare questo progetto poco lungimirante con i soldi degli altoatesini investiti nel fondo per i Comuni confinanti. Le gare previste a Cortina potrebbero tranquillamente svolgersi nella struttura austriaca di Igls». Ploner parla di cofinanziamento perché, si sa, Bolzano e Trento si sono impegnati a finanziare la continuità addestrativa del bob e dello slittino, come futuro centro federale a livello nazionale.«A Innsbruck esiste una pista da bob che attualmente è in fase di ristrutturazione, inil relativo progetto è già stato deliberato in consiglio comunale e tutti i passi necessari sono già stati compiuti», spiega la consigliera comunale dei Neos di Innsbruck, Dagmar Klingler, «l'intera struttura sarà riqualificata all'insegna della sostenibilità, ad esempio installando un impianto fotovoltaico. Siamo in ritardo, è già stato sprecato un anno, ma ospitando le gare di bob, slittino e skeleton del 2026 a Igls, potremmo finalmente ripartire, coniugando economia e ambiente».Na né il Veneto (quindi anche l'Amministrazione di Cortina), né il Coni intendono rinunciare. Il presidente dello stesso Coni, Giovanni Malagò, è tornato però a sollecitare il rispetto dei tempi per le opere olimpiche, con priorità assoluta per la pista di bob.«La nostra sfida è una lotta contro il tempo, ora ci si sono messi anche i rincari e il caro energia, ma per noi le Olimpiadi in Italia sono qualcosa di ancora più importante, per la cultura e per le opere».Poco prima Malagò aveva rimarcato anche l'esigenza di «andare ad una velocità diversa», una volta insediato il nuovo governo e dopo la nomina del nuovo ad, che tutti si augurano essere Andrea Abodi, gradito sia al centrodestra e sia al centrosinistra, che dovrebbe sostituire l'ad uscente Vincenzo Novari. f.d.m.© RIPRODUZIONE

MARMOLADA: GLI AGGIORNAMENTI

Corriere delle Alpi | 7 ottobre 2022 p. 27

Ghiacciaio ancora blindato: incognita sul ritorno dello sci

ROCCA PIETORE

Non c'è ancora certezza che da dicembre si possa sciare lungo la pista più lunga d'Europa, quella da Punta Rocca, sulla Marmolada, a Malga Ciapela. Dodici km di discesa sul ghiacciaio più esteso delle Dolomiti. Giovanni Bernard, sindaco di Canazei, non è infatti nella condizione di poter modificare l'ordinanza di chiusura del ghiacciaio, dopo la tragedia del 3 luglio con 11 morti. «Aspetto dalla Provincia di Trento i risultati delle perizie tecniche sul ghiacciaio», spiega. «Su questa base aggiornerò l'ordinanza. Mi pare che dai riscontri di tecnici ed esperti il ghiacciaio si sia ricompattato e che, pertanto, possano maturare i presupposti, nei prossimi due mesi, per poter aprire la pista che, fra l'altro, è a margine del ghiacciaio».La perizia attesa a Canazei è quella tecnica. Poi c'è quella

commissionata dalla magistratura. E proprio ieri si è saputo, a Trento, che saranno depositate entro la fine del mese le perizie idrauliche e glaciologiche richieste della Procura di Trento che sta indagando sul crollo della Marmolada. Lo si è appreso da fonti investigative.Il 3 luglio scorso il distacco di un gigantesco seracco di ghiaccio e roccia ha travolto e ucciso 11 alpinisti, ferendone altri sette. Tre professori del dipartimento di scienze fisiche, della terra e dell'ambiente dell'università di Siena e del dipartimento di ingegneria idraulica dell'ateneo di Trento sono stati incaricati dal procuratore capo Sandro Raimondi di determinare, a rigore di scienza, le cause del distacco. La procura intende determinare se il collasso della Regina delle Dolomiti poteva essere previsto o meno. La Procura, dunque, ha un suo percorso da compiere.La Provincia di Trento e il Comune di Canazei hanno un proprio itinerario. Anche il sindaco Bernard ammette che sarebbe un grave guaio la chiusura della pista gestita dalla società Funivie Marmolada. Lo sarebbe per tutto il territorio della Marmolada, da Rocca Pietore a Canazei.«Aspetto soltanto le indicazioni della Provincia di Trento per dare il benestare alla ripresa delle attività», dice. «Anzitutto della pista (Punta Rocca e Serauta, i rifugi, sono invece in territorio bellunese), e poi dei rifugi, degli alberghi e dei ristoranti di passo Fedaia».Quanto strettamente all'area del ghiacciaio, il Rifugio Cima Undici e Capanna Ghiacciaio, chiusi dal luglio scorso, con l'ordinanza di luglio, hanno tradizionalmente la scadenza dello scialpinismo di febbraio e marzo. È quella, dunque, la data di cui oggi tener conto oggi per il cuore della Marmolada. Ritornando invece alla magistratura, la perizia è attesa per gli sviluppi della vicenda giudiziaria. E per capire in particolare se esistono delle responsabilità. O se, invece, quanto accaduto sotto la cresta della Marmolada era qualcosa di imprevedibile. francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 12 ottobre 2022

p. 27

La Provincia di Trento metterà in sicurezza la strada del Fedaia

ROCCA PIETORE

La Provincia di Trento interviene per mettere in sicurezza la strada del passo Fedaia, sotto la Marmolada. È stata infatti pubblicata sul portale dell'Apac la procedura negoziata per la sistemazione del "Pent del Peles", sulla strada statale 641. L'importo a base d'appalto è di 1. 585. 584 euro, rispetto ad un costo complessivo dell'opera di 2.033.390 euro (la differenza è dovuta alle somme a disposizione). Maurizio Fugatti, presidente della Provincia, spiega che «lo scopo è mettere in sicurezza la struttura, sia per quanto riguarda i segni di deterioramento che si sono evidenziati ma anche per la tutela dal rischio sismico e di valanghe. L'appalto prevede una serie di interventi per migliorare l'infrastruttura: la sostituzione della campata centrale con una nuova in acciaio e calcestruzzo, la realizzazione di uno "scudo" alto 5 metri rispetto al piano stradale, una protezione idonea ad assorbire l'urto di un'eventuale valanga e a proteggere gli autoveicoli in transito. Così come l'allargamento della sede stradale interna al viadotto da 6 a 7 metri, intervenendo sia sulla nuova campata che sulle due laterali. L'intervento è funzionale anche ad assicurare una maggiore sicurezza ed efficienza della rete viabile sul territorio provinciale», ha aggiunto Fugatti, «e l'attenzione è qui rivolta alla strada che porta a passo Fedaia e alla Marmolada, al centro del monitoraggio del nostro sistema di Protezione civile e che permette anche il collegamento con il Veneto».Viva soddisfazione da parte di chi opera sul Fedaia.«È un primo, importante intervento», riconosce l'albergatore Aurelio Soraruf, «adesso aspettiamo gli altri, per la definitiva sicurezza della strada, soprattutto dalle valanghe. E poi aspettiamo la soluzione definitiva per il ghiacciaio, altrimenti è anche inutile, si fa per dire, sistemare le strade».Dopo la tragedia del 3 luglio, il ghiacciaio resta inaccessibile. L'ordinanza del Comune di Canazei lo preclude ad ogni transito. E se dovesse restare in vigore, sarà impossibile anche sciare quest'inverno sulla pista più lunga d'Europa, i 12 km da Punta Rocca a Malga Ciapela.Ieri Vincenzo Balzani, professore emerito dell'Alma Mater di Bologna e coordinatore del gruppo di scienziati "Energia per l'Italia", ha chiesto l'intervento del presidente Sergio Mattarella. «L'Italia», sottolinea lo scienziato, «sta sperimentando una gravissima crisi energetica, sovrapposta a quella climatica che si è manifestata quest'anno con la terribile siccità del Po, il crollo del ghiacciaio della Marmolada e, più di recente, la tragica alluvione nelle Marche». f.d.m.©

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Corriere delle Alpi | 31 ottobre 2022

p. 17

La promessa alle vittime in Marmolada: cultura e responsabilità sui nuovi rischi

ALLEGHE

«No, sappiate che i vostri cari non sono morti inutilmente. Il "Manifesto della Marmolada", che io condivido a nome della Regione, impegna tutti, chi ci vive e chi la frequenta come turista, a una nuova responsabilità, considerati i cambiamenti climatici. Pur nella consapevolezza che i rischi continueranno ad esserci». Lo ha detto l'assessore regionale alla Protezione civile, Gianpaolo Bottacin, davanti ai parenti delle 11 vittime della tragedia della Marmolada del 3 luglio scorso. E a più di 300 presenti nell'auditorium municipale. Famigliari e parenti che ieri, sul far della sera, ad Alleghe, sono stati accompagnati in un silenzioso percorso, lungo il Cordevole verso

Caprile, in una ideale salita ai piedi di quel ghiacciaio. C'erano il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin, il suo collega di Canazei, Giovanni Bernard, il vicesindaco di Alleghe, Paolo De Bernardin. C'erano loro, i promotori del Manifesto, le Guide Alpine con il presidente regionale Marco Spazzini, il Soccorso Alpino con Rodolfo Selenati, presidente regionale, ed Alex Barattin delegato provinciale, oltre a numerosi volontari; il Cai col presidente regionale Renato Frigo. C'era Bepi Casagrande, sindaco di Pieve di Cadore, ma anzitutto ideatore di quella "Casa Comune" tra Guide, Soccorso e Alpinisti, appunto il Cai che vorrebbe promuovere una nuova consapevolezza del vivere e del frequentare le alte quote. «I cambiamenti climatici ci impongono regole del tutto nuove. Più severe. Esigono la piena consapevolezza del rischio, ben sapendo che la montagna deve restare libera. Ma questa consapevolezza ha insistito Casagrande devono averla non solo chi arriva dall'esterno, anche chi in montagna ci vive». Consapevolezza che arriva dalla conoscenza dei rischi. E su questi ha fatto chiarezza Anselmo Cagnati, glaciologo, accreditato studioso dell'Arpav. Il cambiamento climatico ha spiegato sta avanzando a una velocità che nessun modello scientifico aveva previsto. «Innanzitutto va ricordato che a tragedia in Marmolada ha causato undici morti perché si tratta di una delle montagne più frequentate delle Alpi ma l'evento il collasso di una lente di ghiaccio causato dall'infiltrazione di acqua nel crepaccio a monte che ha saturato l'interfaccia ghiacciaio corpo roccioso non si può considerare eccezionale perché crolli analoghi si stanno verificando in vari luoghi». Per ventidue giorni consecutivi in Marmolada a 3.500 metri di quota la temperatura non è mai scesa sotto lo zero. Le riserve d'acqua che si sono formate col tempo sono state determinanti nel collasso della calotta. «Questo deve far ripensare le forme di frequentazione della montagna, con nuove modalità di approccio che tengano conto del disequilibrio dei ghiacciai, la cui lineasi sta spostando verso la cima della montagna, decretando l'inevitabile e prossima loro scomparsa». Il Manifesto si articola in cinque punti li hanno illustrati Spazzini, Selenati e Frigo e ammonisce esplicitamente che «il turismo si deve fermare quando diventa un fattore di stress per le popolazioni (umane e non umane) locali, e quando rappresenta una minaccia per la qualità della vita dei residenti e per la capacità di perpetuarsi dei servizi ecosistemici». Ma dice anche che i rischi ci sono sempre stati; che con i cambiamenti climatici si sono moltiplicati, ma che non per questo si devono piantare le bandierine rosse e vietare l'accesso. «Semmai ha raccomandato l'assessore Bottacin , come incoraggia il Manifesto, va accresciuta la cultura della sicurezza, quindi della responsabilità nell'approccio con le terre alte».«Chi decide di frequentare gli ambienti naturali, ne accetta i rischi e se ne assume la responsabilità è scritto nel manifesto, letto da Lucia Montefiori, segretario del Collegio delle Guide - Riconosciamo che nessuno può garantire la sicurezza totale in un ambiente incontrollabile e caratterizzato da rischi oggettivi, ma sappiamo che i rischi soggettivi possono essere ampiamente mitigati dalla conoscenza del territorio, dall'acquisizione di competenze e dal sapere che viene dall'esperienza».Il sindaco De Bernardin era lassù, nel suo museo ai piedi della Marmolada, quel 3 luglio e con passione e commozione ha ricordato quei momenti. Il suo collega di Canazei ha ammesso di parlare "con pudore" della tragedia, esprimendo ancora una volta la vicinanza ai famigliari delle vittime, ma anche ringraziando i volontari, i soccorritori. «Sono intervenuti ha detto senza tener conto dei confini».Il convegno è stato incorniciato dal coro del Cai di Belluno, che ha cantato anche "Il Signore delle cime". Ed è stato proprio questo il momento di maggiore commozione, soprattutto da parte dei numerosi parenti. Poi tutti in silenzio, a piedi, verso la Marmolada, fino allo scioglimento del 'pellegrinaggio', quasi religioso, dopo due chilometri. Doveva essere una fiaccolata, si è preferito camminare e ricordare a luci spente. Casagrande, d'accordo con Spazzini, Selenati e Frigo ha confermato l'impegno a proseguire l'edificazione della "casa Comune" con altri mattoni di formazione alla sicurezza che scaturisce dalla conoscenza di tutti i pericoli dell'alta montagna. Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE

MOBILITA’ INTERVALLIVA

L’Adige | 2 ottobre 2022 p. 31

FIEMME/FASSA

«Brt, un servizio di trasporto pubblico che va rivisto». Comincia così la nota scritta del gruppo di Fiemme e Fassa di Onda, il partito a cui è vicino l'ambientalista Luigi Casanova e che ha in Filippo Degasperi il suo esponente in consiglio provinciale. Gruppo che desidera esprimere «insoddisfazione e disagio» per il progetto del sistema di trasporto pubblico lungo la viabilità principale della strada statale 48 in previsione del 2026 (anno olimpico) come parte del collegamento tra Ora (interscambio con la ferrovia del Brennero) fino a Penia, passando per Cavalese, Predazzo, Moena e Canazei. Tre linee previste, corsie riservate per il passaggio dei bus e creazione di dieci parcheggi di attestamento per lo scambio mezzo privato mezzo pubblico. Autobus a emissioni zero, corsie preferenziali e sistemi di riemissione tramite semafori. Costo dell'intervento che si aggira sui 90 milioni di euro. Nelle scorse settimane si sono tenute due assemblee informative rivolte alla cittadinanza di Fiemme e Fassa. In entrambi i territori gli amministratori locali hanno espresso critiche sul sistema di trasporto. «Peccato che nei due incontri informativi i residenti, i pendolari e gli studenti non sono nemmeno stati nominati e considerati possibili fruitori di questo servizio scrive il gruppo Fiemme e Fassa di Onda Le nuove linee prevedranno 80 fermate, studiate per collegare le stazioni ferroviarie di Trento e Ora con alberghi e stazioni a valle degli impianti di risalita. Un servizio dunque

“Il progetto BRT va ripensato”

prevalentemente turistico, con un consumo di diversi ettari di terreno». A Onda non piace che rimangano fuori dal progetto diversi paesi e frazioni della val di Fiemme, poiché situati a nord o a sud della SS48 riservata al passaggio del Brt, così come le grandi aziende, industriali e artigianali, situate nelle zone del fondovalle, di Molina, Lago di Tesero, Ziano e Predazzo. Il gruppo è inoltre contrario alla settantina di semafori per la riemissione dei bus. «Poiché installati in gran numero nei centri abitati, contribuiranno verosimilmente ad aumentare l'inquinamento per via delle più che probabili code che andranno ad accentuarsi per dare la precedenza al Brt, che tra l'altro rallenterà il traffico sulla statale 48. Il servizio al di fuori della stagione turistica vedrà circolare molti veicoli vuoti o a bassissima percentuale d'utenza. Secondo noi il progetto va quindi ripensato nella sua interezza, privato di superflui parcheggi di attestamento, privato delle terze corsie per evitare consumo di paesaggio e di suolo pregiato». A.O.

Regola perplessa sul progetto Brt

Uno degli argomenti più discussi martedì scorso dal consiglio di amministrazione della Regola Feudale di Predazzo ha riguardato lo studio presentato recentemente a Cavalese sul progetto del Brt (Bus rapid transit) che la Provincia di Trento intende realizzare nelle valli di Fiemme e Fassa in vista delle Olimpiadi del 2026, ma che dovrebbe rimanere funzionante anche dopo questo appuntamento per garantire (almeno queste sono le speranze) un futuro miglioramento del traffico ed il potenziamento delle linee degli autobus, in una zona spesso intasata dalle macchine, specialmente durante le stagioni turistiche. Una proposta peraltro accompagnata da molte perplessità e da non pochi interrogativi derivanti dalle scarse convinzioni sulla sua effettiva efficacia funzionale. Martedì il problema è stato portato all'attenzione del consiglio dell'ente storico del paese, dopo che, da parte provinciale, è stata confermata la volontà di realizzare un parcheggio, con area di sosta degli autobus, nella zona di Mezzavalle, tra Predazzo e Moena (in foto), attualmente destinata a "piazzale delle bore" (12.800 metri quadrati), per lo stoccaggio del legname proveniente dai boschi del monte Feudo e molto consistente soprattutto dopo i disastri provocati dalla tempesta Vaia di quattro anni fa. La Regola, come sottolineato dal Regolano Guido Dezulian, si è dichiarata disponibile a mettere temporaneamente a disposizione il piazzale per tre mesi, dal novembre del 2025 al febbraio del 2026, durante il periodo olimpico, ma nettamente contraria a trasformarlo in un parcheggio permanente, visto che una simile scelta provocherebbe grosse difficoltà per il trasferimento altrove dei tronchi, con inevitabile problemi anche per la viabilità. «Per la Regola ha ribadito il Regolano il deposito del legname su quest'area è di vitale importanza e la prospettiva di una sua trasformazione è del tutto inaccettabile. Va bene garantirne il provvisorio utilizzo per il grande evento sportivo, ma non per sempre». Pienamente d'accordo l'intero consiglio, che ha condiviso una lettera già inviata al Servizio Viabilità della Provincia ed al Comune di Predazzo per ribadire la richiesta di soluzioni diverse e soprattutto del diretto coinvolgimento della Regola prima di addivenire ad una decisione definitiva.Nel corso della seduta, si è parlato anche di lavori forestali, con specifico riferimento ai cantieri ancora aperti ed a quelli da attivare, specialmente per fronteggiare il grave problema del bostrico che imperversa nei boschi di tutta la zona. Per quanto riguarda la viabilità forestale, il Regolano ha confermato il totale finanziamento, da parte della Provincia, delle spese affrontate dopo Vaia, 694.000 euro introitati dopo la prima perizia ed altri 586.000 incassati dopo l'ultima rendicontazione del 31 luglio scorso. Attualmente la Regola dovrà effettuare alcuni lavori di sistemazione delle sedi stradali danneggiate dai mezzi delle imprese boschive impegnate sul territorio, con un altro intervento presso la "cava delle bore" di Valsorda, per la realizzazione di una scogliera destinata a bloccare i danni provocati dall'acqua. Il consiglio ha anche preso atto della proposta di contratto che la società Inwit (ex Vodafone) ha presentato per l'acquisto dell'area che ospita il traliccio della stazione base situata in località"Birreria". Dopo una lunga trattativa, gestita dal consigliere Giorgio Brigadoi, l'orientamento della Regola è per un affitto di 9 anni ad un costo di 27.000 euro, con un secondo periodo di altri nove allo stesso prezzo. La delibera definitiva è stata comunque sospesa in attesa del contratto ufficiale. Il Regolano è stato poi autorizzato alla firma del contratto con la società Alberto Felicetti Snc per la gestione del Tresca Bar, una struttura destinata a bar e tavola calda che entrerà in funzione nella prossima stagione invernale. La durata è di sei anni più altri sei, con un affitto di 25.000 euro all'anno, da versare in due rate. La cifra per altro è ridotta a 5000 euro nei primi due anni, per venire incontro alle spese relative alle attrezzature ed all'arredamento dei locali, che poi comunque rimarranno di proprietà della Regola. Da segnalare infine il parere negativo del consiglio alla richiesta dell'Associazione Cacciatori di poter transitare, almeno nei fine settimana e nei giorni festivi, lungo le strade boschive, attualmente chiuse al traffico per ragioni di sicurezza dovute ai lavori ancora in corso. Una decisione motivata dal fatto che, per contratto, i problemi di sicurezza sono interamente a carico delle imprese boschive, le quali sarebbero direttamente chiamate in causa in caso di incidenti.

L’Adige | 7
ottobre 2022 p. 32

Si allunga la lista dei soggetti territoriali a cui il Brt non piace. Brunel: «Ci opporremo»

andrea orsolin

FASSA

L'Union di Ladins de Fascia rifila un secco no al Bus Rapid Transit, il sistema di trasporto pubblico che la Provincia ha proposto lungo la SS48 in previsione del 2026, anno olimpico. La presentazione del progetto alla popolazione della val di Fassa, nell'incontro che si è tenuto l'8 settembre scorso nella sede della Scuola Ladina di Fassa, non ha lasciato dubbi all'associazione. «Il Consei de l'Union di Ladins dice senza giri di parole il presidente Fernando Brunel intende opporsi chiaramente a questo progetto che porterebbe solamente più andirivieni ogni giorno dalle valli vicine e dalla città di Trento». Dopo i dubbi espressi dal procurador del Comun general Giuseppe Detomas, dal partito di Onda e dagli amministratori di Fiemme un'altra realtà ha esposto pubblicamente le proprie critiche. «Di traffico che incide negativamente sul turismo storico della val di Fassa ce n'è già abbastanza. Negli ultimi tempi la nostra valle durante la stagione turistica è diventata una "città" e il progetto del Brt non è adatto a un ambiente di montagna, anche dichiarato in parte patrimonio Unesco, e danneggia fortemente la nostra identità culturale ed economica». Il progetto consiste nel collegamento da Ora (interscambio con la ferrovia del Brennero) fino a Penia, passando per Cavalese, Predazzo, Moena e Canazei. Tre linee previste, corsie riservate per il passaggio dei bus, con l'allargamento della SS48 delle Dolomiti con una terza corsia e il posizionamento di 80 semafori all'entrata dei paesi per incentivare il servizio di trasporto pubblico rispetto a quello privato.«Oltre a tutto ciò conclude Brunel sono previsti parcheggi per le autovetture su 49 mila metri quadri di territorio, ben 5 ettari. È dovere dell'Union manifestare la propria opinione su un problema così importante dal momento che tra i suoi principali obiettivi ci sono la salvaguardia dell'identità ladina e della lingua e dunque anche dell'ambiente naturale. Con la scusa delle Olimpiadi e dei suoi finanziamenti la nostra valle potrebbe essere raggiunta con più facilità e rapidità, ma con grande aumento di traffico e consumo di un'altra fetta di verde del nostro territorio».

PASSI DOLOMITICI

Corriere delle Alpi | 19 ottobre 2022 p. 16

Portali e telecamere per limitare le auto Dal 2024 mobilità green sui quattro passi

Francesco Dal Mas BELLUNO

Dall'estate 2024 si salirà con la propria auto, sui passi dolomitici del Pordoi, del Campolongo, del Gardena e del Sella solo con la prenotazione online. I valichi diventeranno "Ztl", cioè zone a traffico limitato, e saranno raggiungibili soltanto se avranno parcheggi disponibili. È una delle tante novità del Protocollo di intesa tra i ministeri delle Infrastrutture e dell'Innovazione tecnologica, le Province autonome di Bolzano e Trento e la Provincia di Belluno, finalizzato alla costituzione della Dolomiti Low Emission Zone. La prima, vera azione di sostenibilità in preparazione di quelle che dovrebbero essere le prime Olimpiadi sostenibili, Milano Cortina nel 2026. Per allora, cioè nei prossimi tre anni, i tornanti delle statali che conducono ai passi saranno accompagnate dai primi, lunghi tratti di piste ciclabili e a valle dovrebbero materializzarsi i parcheggi scambiatori dove lasciare l'auto e salire sulle navette elettriche. Già per l'estate prossima saranno installati, all'inizio dei tornanti dei quattro passi, i portali digitali che permetteranno l'accesso in auto o in moto. Portali, però, che saranno operativi dall'estate 2024. L'obiettivo di questo sistema, la cui introduzione ha letteralmente entusiasmato i ministri Colao (digitalizzazione) e Giovannini (trasporti), è utilizzare al meglio le risorse digitali disponibili per monitorare il traffico sui passi, per gestirlo al meglio, abbassando, appunto, le emissioni di CO2 e riducendo la mobilità tradizionale a vantaggio di quella sostenibile.«In piena stagione turistica invernale come in quella estiva la grande affluenza di automobili produce un notevole inquinamento dell'ambiente», spiega il presidente della Regione, Luca Zaia. «Ci stiamo ponendo l'obiettivo di risolvere o quanto meno ridurre il problema senza pensare a una chiusura dei passi dolomitici che sono storicamente dei ponti tra le valli alpine». Nessuna chiusura dei passi, ma il contingentamento delle presenze proprio sì. «Questo progetto», precisa Zaia, «raccoglie la sfida di conciliare le esigenze dell'ambiente con quelle del territorio», prosegue.Sei le azioni previste dal protocollo, come spiega la vicepresidente Elisa de Berti, che ha partecipato alle trattative con Bolzano (capofila la Provincia) e Trento: regolamentazione del traffico con sistema digitale; creazione e digitalizzazione di aree di parcheggio di interscambio; rafforzamento del trasporto pubblico locale; incentivazione degli impianti di risalita; incentivazione della mobilità attiva; miglioramento della qualità della vita e dell'esperienza turistica. Questo

L’Adige | 7 ottobre 2022
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p.

vuol dire che, una volta analizzati i flussi (l'estate prossima), dovrebbe essere possibile introdurre in tempo reale Ztl temporanee, magari usando un sistema di prenotazione del transito.De Berti informa che 30 giorni prima dalla firma del protocollo sarà costituito un comitato tecnico che redigerà un piano delle attività e raccoglierà i dati sul traffico veicolare per individuare le misure da mettere in campo, creare una rete di punti di ricarica di veicoli elettrici, ottimizzare e ampliare la rete di parcheggi con parcheggi scambiatori. I tecnici proporranno anche soluzioni per regolare i flussi di traffico anche attraverso l'introduzione di limitazioni come zone a traffico limitato o tariffe.«Avere un monitoraggio che parte dalla georeferenziazione dei livelli di traffico è una cosa che ancora mai nessuno ha fatto. Significa avere flussi ben codificati, valutare le potenzialità di parcheggi scambiatori finalizzati al massimo sfruttamento di un'intermodalità che comprenda nel progetto di mobilità ogni possibilità dal il trasporto pubblico fino agli impianti di risalita», conclude Zaia. «È un lavoro importante che si rivelerà un vero plus in funzione dei Giochi Olimpici invernali del 2026».Da due anni, ad Arabba e presso gli altri Comuni di valle, nonché sui passi, sono collocate videocamere che hanno registrato i flussi di traffico per capire l'origine e la destinazione degli automobilisti. Ed è anche sulla base di queste rilevazioni che si è proceduto agli altri passaggi. Intanto un'ultima notizia: l'Enel fa sapere il sindaco di Livinallongo, Leandro Grones sta implementando lungo Pordoi e Campolongo le linee per portare in quota le centraline per auto elettriche. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 19 ottobre 2022 p. 16

Parcheggi e navette elettriche

Un progetto da 30 milioni di euro

l'intervista

«Vogliamo portare la mobilità dolce sui passi dolomitici»: è l'impegno di Daniel Alfreider, vice presidente della Provincia di Bolzano, che da Corvara coordina il progetto "Zona a basse emissioni delle Dolomiti". Conferma i 30 milioni per l'implementazione di questo progetto, di cui 5 milioni solo per la digitalizzazione? «Per il progetto, supportato dal Ministero per l'Innovazione tecnologica, sarà previsto un impegno di circa 30 milioni di euro. Ringrazio i ministri Giovannini e Colao che si sono dimostrati entusiasti del progetto e ci hanno assicurato un sostegno indispensabile. Ma da qui si parte per altre mete. E per ulteriori stanziamenti, da parte del prossimo Governo».Anche ieri, sul Falzarego e sugli altri passi sono proseguite le corse d'auto, con l'eco che s'infrangeva sulle rocce anche a due, tre chilometri di distanza. Basta, no?«Basta sì. Ma la situazione della mobilità nelle Dolomiti deve essere risolta in modo globale e transnazionale. Oltre alle infrastrutture adeguate, con un maggior numero di trasporti pubblici, ci stiamo concentrando soprattutto sulla digitalizzazione e sulla sensibilizzazione, affinché il passaggio alla mobilità dolce abbia successo».Lei non vuole chiudere i passi, neppure a giorni o a ore. Ma se i passi diventeranno Zona a traffico limitato, almeno un certo contingentamento si farà. A partire dalla prossima estate?«No, semmai dal 2024. Lo verificheremo sulla base della implementazione del progetto dall'estate 2023. Ma, attenzione. Il progetto non prevede solo accessi contingentati ai passi, ma prima ancora parcheggi scambiatori a valle, piste ciclabili accanto alle strade che portano ai valichi, soprattutto navette elettriche per il trasporto pubblico. Dipende anche dalle risorse a disposizione».Un accordo quasi storico tra Bolzano e Trento con Belluno e Venezia? «Le nostre comunità se lo meritano. In vista delle Olimpiadi ma non solo. Anzi, immagino che sarà il primo di tanti accordi, perché le nostre valli hanno molto da condividere».Volete applicare sui passi il modello Braies?«Qualcosa di simile. Ossia, la regolamentazione del traffico con un sistema digitale simile appunto all'accesso al Lago di Braies prenotabile online, la creazione e la digitalizzazione dei parcheggi per il transito, il potenziamento del trasporto pubblico locale, la promozione degli impianti di risalita, la promozione della mobilità attiva e il miglioramento della qualità della vita. Ci vorrà del tempo, perché non operiamo su un territorio limitato come Braies. E ci vorrà la partecipazione, soprattutto la condivisione della nostra gente, delle comunità. Nulla faremo a prescindere dalla loro condivisione». Fdm© RIPRODUZIONE

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«Passi, creare un Grande Fratelloper rilevare il traffico in quota»

Accordo tra Veneto, Trentino, Alto Adige e ministeri

TRENTO

L’immagine è stata coniata dal governatore veneto Luca Zaia: «Vogliamo creare un Grande Fratello in grado di raccogliere i dati sul traffico veicolare sui passi dolomitici». E tratteggia il senso del protocollo d’intesa tra le Province di Trento e di Bolzano, la Regione Veneto, la Provincia di Belluno e i ministeri delle infrastrutture e dell’innovazione tecnologia per la regolamentazione del traffico sui passi del giro del Sella, che ieri è stato approvato da tutti gli enti coinvolti.

Corriere del Trentino | 19 ottobre 2022

«dolomiti low emission zone»: questo il progetto alla base della strategia comune tra territori. Articolato in obiettivi e azioni: vale a dire, la regolamentazione del traffico con un sistema digitale prenotabile online (simile a quello del lago di Braies), la creazione e la digitalizzazione dei parcheggi per il transito, il potenziamento del trasporto pubblico locale, la promozione degli impianti di risalita, la promozione della mobilità attiva e il «miglioramento della qualità della vita e dell’esperienza dolomitica per i turisti e gli escursionisti». Sarà predisposto un piano di attività e istituito un comitato tecnico che dovrà raccogliere i dati relativi al traffico veicolare, individuare misure immediate, promuovere l’integrazione della mobilità privata e pubblica con gli impianti di risalita esistenti, promuovere l’ottimizzazione e valutare l’eventuale ampliamento della attuale rete di parcheggi per i veicoli privati. Ancora, il comitato dovrà promuovere la progettazione e la realizzazione di una rete uniforme e integrata di punti di ricarica per veicoli elettrici, individuare gli interventi di progettazione sulla viabilità realizzabili nel periodo 2023 2024, proporre soluzioni per ottimizzare e regolare i flussi di traffico e per la realizzazione di un sistema di controllo della velocità. Infine, promuovere la realizzazione di un’interfaccia di informazione e gestione digitale dei flussi di traffico e dei parcheggi. «Questa intesa si rivelerà vitale per le nostre dolomiti» è stato il commento dell’assessore Roberto Failoni. Mentre il collega altoatesino Daniel Alfreider ha guardato avanti: «Ci stiamo concentrando sulla digitalizzazione».

Corriere del Veneto | 19 ottobre 2022

p. 5, edizione Treviso Belluno

Passi dolomitici assediati

Il piano con Ztl e «tariffe d’uso»

Nuovi parcheggi scambiatori

Ztl ambientale e tariffa d’uso Monitoraggio digital dei flussi Tempi stretti per le Olimpiadi 2026

I valichi sono «al limite della loro capacità», piano d’intervento da 30 milioni

Martina Zambon

Venezia Belli da mozzare il fiato. In alta stagione congestionati dal traffico al punto da togliere, letteralmente, il respiro. Sono quattro fra i passi dolomitici più belli. E sul Pordoi, il Gardena, il Sella e il Campolongo si spalancheranno occhi digitali, un «Grande Fratello» per dirla con il presidente della Regione Luca Zaia che ieri ha presentato il protocollo firmato dal Veneto con due ministeri, Infrastrutture e Innovazione Tecnologica, e con le Province autonome di Bolzano e Trento, insieme alla Provincia di Belluno. Non solo monitoraggio però, il piano Marshall per salvaguardare i valichi più belli delle nostre montagne, è articolato tanto da puntare alla «Dolomiti Low Emission Zone», vale a dire Dolomiti, zona a basse emissioni.

Un piano per salvare l’aria pulita tagliando le emissioni di CO2 «attraverso la riduzione della mobilità tradizionale in favore di una mobilità sostenibile». Non si parla ancora di «blocchi dei passi» ma nel protocollo, fra le tante misure, figurano, significativamente, anche espressioni come «Ztl» e «tariffe d’uso», modi per ridurre il traffico sui passi.

L’orizzonte di applicazione del piano che vale 30 milioni di euro è vicino, quasi immediato, perché vicini sono i Giochi olimpici invernali del 2026 che, spiega Zaia, «ci troveranno pronti anche sotto questo profilo».

I «ponti» tra le valli alpine, soprattutto quelli che abbracciano il massiccio del Sella e che collegano la Val Gardena, la Val Badia, la Val di Fassa e Fodom restano cruciali ma, con i benefici di un clamoroso successo turistico arrivano anche le magagne, inclusa una saturazione delle strade d’accesso ai passi che il protocollo definisce già oltre «il loro limite di capacità». Oltre ai firmatari del patto, sono coinvolti anche i Comuni di Canazei (Tn), Livinallongo del Col di Lana (Bl), Corvara in Badia (Bz) e Selva di Val Gardena (Bz) e l’obiettivo, che ricalca quello dell’accordo di Parigi, è di ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 e il totale azzeramento per il 2050.

Come si fa ad avere i «flussi veicolari codificati» auspicati da Zaia? Anche con l’adozione di una regolamentazione del traffico sulle strade dei passi attraverso l’introduzione di un contingentamento e di una «Ztl ambientale» che consenta di regolare il traffico in zone sensibili come quelle delle Dolomiti, non va dimenticato, patrimonio Unesco. Insomma, per la viabilità dolomitica attorno al Gruppo del Sella è in arrivo una vera rivoluzione. Proprio per avere una cornice normative in cui agire, si istituisce la «Low Emission Zone», che crea i presupposti normativi per una regolamentazione del traffico. Anche attraverso un monitoraggio hi tech che sfrutti al meglio il digitale. Un monitoraggio in grado di regolamentare il traffico, la creazione di parcheggi scambiatori con il conseguente rafforzamento del trasporto pubblico e l’incentivazione degli impianti di risalita. La proposta è di Bolzano ma è stata accolta da tutti i soggetti coinvolti. Un tema spinoso, quello dei passi dolomitici intasati all’inverosimile e su cui, anche in Veneto, si discute da tempo. Ora si passa all’azione con un piano biennale che individua in ogni Provincia, in ogni Comune coinvolto referenti precisi che lavorino insieme fin da subito.

«Si tratta ha detto ieri Zaia a margine dell’incontro di giunta di un accordo strategico per il monitoraggio innovativo del traffico sui passi dolomitici, che potrebbe portare a una sua regimentazione e alla realizzazione di parcheggi scambiatori su asfalto e impianti di risalita». Il punto di partenza per il progetto è una presa d’atto: «I passi dolomitici in alcuni momenti dell’anno arrivano al collasso. ha detto Zaia C’è il tema dell’attesa in strada ma anche dell’inquinamento».

Da qui, spiega ancora, l’idea di creare un «Grande Fratello in grado di raccogliere dati sul traffico veicolare, nell’ottica di promuovere anche l’integrazione della mobilità privata con quella pubblica. Con le nuove tecnologie siamo convinti che si possa evitare una chiusura di fatto dei passi, allargando anche le maglie sul fronte della prenotazione».

Alto Adige | 20 ottobre 2022 p. 23

Traffico sui passi, patto con Trento e Veneto

Bolzano

Per realizzare una gestione comune della mobilità sostenibile per i passi dolomitici, le Province circostanti e la Regione Veneto stanno facendo fronte comune. I passi diventeranno una «Zona a basse emissioni delle Dolomiti». Per il progetto di base verrà stipulato un accordo tra le Province di Bolzano, Trento, Belluno e la Regione Veneto con i ministeri competenti.«La Provincia di Trento e la Regione Veneto, e quindi tutte le parti coinvolte, hanno approvato il progetto di base nelle rispettive giunte. Ciò getta le basi per un ulteriore lavoro congiunto per la mobilità sostenibile sui passi dolomitici», riferisce soddisfatto l'assessore provinciale alla Mobilità Daniel Alfreider, che ringrazia per la collaborazione i rappresentanti delle Province e della Regione Veneto, nonché il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini e il ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale Vittorio Colao.Le sei azioniIl progetto «Zona a basse emissioni delle Dolomiti» proposto dalla Provincia di Bolzano sarà attuato principalmente attraverso sei azioni, ovvero la regolamentazione del traffico con un sistema digitale simile all'accesso al Lago di Braies prenotabile online, la creazione e la digitalizzazione dei parcheggi per il transito, il potenziamento del trasporto pubblico locale, la promozione degli impianti di risalita, la promozione della mobilità attiva e il miglioramento della qualità della vita e dell'esperienza dolomitica per i turisti e gli escursionisti.La situazione della mobilità nelle Dolomiti deve essere risolta in modo globale e transnazionale. «Oltre alle infrastrutture adeguate, con un maggior numero di trasporti pubblici, ci stiamo concentrando soprattutto sulla digitalizzazione e sulla sensibilizzazione, affinché il passaggio alla mobilità dolce abbia successo», ha sottolineato Alfreider.I partner coinvoltiNel progetto sono coinvolti anche i Comuni di Selva, Corvara, Canazei e Livinallongo del Col di Lana. Si stanno valutando misure per i passi Gardena, Sella, Pordoi e Campolongo. Luca Zaia, presidente del Veneto, ha parlato di «un accordo strategico per il monitoraggio innovativo del traffico sui passi dolomitici, che potrebbe portare a una sua regimenta zione e alla realizzazione di parcheggi scambiatori su asfalto e impianti di risalita». I passi dolomitici in alcuni momenti dell'anno vanno al collasso».

©RIPRODUZIONE RISERVATA Dolomiten | 20 ottobre 2022 p. 21

Dolomitenpässe: Grundsatzprojekt beschlossen

Ladinia/Ladinien

Die Dolomitenpässe sollen mit einem nachhaltigen Mobilitätsmanagement eine „Dolomiten Low Emission Zone“ (Umweltzone) werden. Das dafür notwendige Grundsatzprojekt nach der Genehmigung durch das Trentino und das Veneto alle Beteiligten beschlossen, teilt das Landespresseamt mit.

Partner bei dem Projekt sind die autonomen Provinzen Bozen und Trient, die Provinz Belluno und die Region Venetien sowie die zuständigen Ministerien in Rom.

Mobilitätslandesrat Daniel Alfreider dankt den Vertretern der Provinzen und der Region Veneto und auch dem Minister für Infrastrukturen und nachhaltige Mobilität, Enrico Giovannini, dem Minister für technologische Innovation und digitalen Wandel, Vittorio Colao, für die bisherige Zusammenarbeit.

Umgesetzt werden soll das vom Land Südtirol vorgeschlagene Vorhaben „Dolomiten Low Emission Zone“ über insgesamt 6 große Aktionen, und zwar die Verkehrsregelung mit einem digitalen System ähnlich dem digital buchbaren Zugang zum Pragser Wildsee, die Erstellung und Digitalisierung von Parkplätzen zum Umsteigen, die Potenzierung des öffentlichen Personennahverkehrs (ÖPNV), die Förderung der Aufstiegsanlagen, die Förderung aktiver Mobilität und die Verbesserung der Lebensqualität und des Dolomiten Erlebnisses für Urlauber und Ausflügler.

„Die Mobilitätssituation in den Dolomiten muss umfassend und länderübergreifend gelöst werden. Wir setzen neben der geeigneten Infrastruktur mit mehr öffentlichen Verkehrsmitteln vor allem auf Digitalisierung und Sensibilisierung, damit der Umstieg auf sanfte Mobilität gelingen kann“, betont Alfreider.

Mit eingebunden werden sollen laut Alfreider auch die betroffenen Gemeinden Sëlva/Wolkenstein, Corvara, Cianacei/Canazei und Fodom/Buchenstein/Livinallongo del Col di Lana.

Ins Auge gefasst werden Maßnahmen für das Jëuf de Frea/Grödner Joch, das Jëuf de Sela/Sellajoch, für Pordou/Pordoijoch und für Ciaulunch/Campolongopass.

Corriere del Trentino | 20 ottobre 2022

p. 3

Passi, Dolomiti «a emissioni zero»

Dal 2024 spazio a e bike e navette L’esperienza di Dolomitesvives

Dopo le polemiche nessun limite Vertice Failoni-Alfreider sull’accordo interregionale. Zaia spinge: in quota solo prenotando

TRENTO

Roberto Failoni e Daniel Alfreider parlano all’unisono: «Si tratta di un accordo storico» sottolineano l’assessore trentino al turismo e il collega altoatesino alla mobilità. Che ieri hanno colto l’occasione della seduta del consiglio regionale a Bolzano per sedersi attorno al tavolo e confrontarsi sui contenuti dell’intesa sulla regolamentazione del traffico sui passi Dolomitici, già firmata digitalmente dalle Province di Trento e Bolzano, dalla Regione Veneto, dalla Provincia di Belluno e dai ministri Enrico Giovannini e Vittorio Colao. Obiettivo: costituire la «Dolomiti low emission zone», per fare in modo che i passi del giro del Sella siano alleggeriti da una pressione del traffico individuale «che oggi osserva Alfreider rende quel territorio fragile invivibile per residenti e turisti». A prendersi la ribalta, nelle prime ore dopo l’approvazione dell’accordo da parte di tutti i soggetti coinvolti, è stato il governatore veneto Luca Zaia. Che prima ha annunciato il «Grande fratello per raccogliere i dati sul traffico sui passi». E poi ha anticipato altri dettagli del piano di Province, Regioni e ministeri: «Dal 2024 ha scritto in un post su Facebook si salirà in auto sui passi del Pordoi, del Campolongo, del Gardena e del Sella solo prenotando online; i valichi saranno raggiungibili soltanto se avranno parcheggi disponibili». E ancora: «Entro le Olimpiadi 2026 i tornanti dei valichi saranno corredati di ciclabili e parcheggi scambiatori a valle, con navette per la salita. Nessuna chiusura dei passi, ma piuttosto un contingentamento delle presenze: questa è la sfida per tutelare un ambiente fragile introducendo una nuova forma di mobilità ed evitando il traffico sulle montagne più belle del mondo». Da parte loro, Failoni e Alfreider si mostrano un po’ più prudenti sulle iniziative che saranno messe in campo nei prossimi anni. Indicando le tappe certe. «La nostra intenzione sottolinea l’assessore trentino è di partire dal 2023 con le prime azioni digitali». Che prevedono il «monitoraggio completo dei passaggi» utilizzando in primo luogo le stazioni di controllo già installate. «Se riusciremo aggiunge Failoni inizieremo a installare anche qualche colonnina per la ricarica dei veicoli elettrici». E si programmeranno iniziative per incentivare la salita in quota in bici su corsie dedicate. Viste le pendenze, soprattutto con le e bike. Nel frattempo, si lavorerà per creare aree di parcheggio e interscambio nel fondovalle: zone di sosta «digitalizzate» che si interfacceranno con il sistema di regolamentazione del traffico in quota. Anche questo modulato digitalmente. Da qui partiranno «autobus a impatto zero» precisa Failoni. E l’intero sistema coinvolgerà anche gli impianti di risalita, che saranno collegati ai parcheggi. Negli accordi tra Province, Regione e ministeri le soluzioni puntano anche più in alto. Con le prospettive di zone a traffico limitato, limitazioni al traffico o tariffe d’uso. «Ma le decisioni sulle azioni che saranno messe in campo chiarisce l’assessore trentino saranno valutate, dati alla mano, con le amministrazioni coinvolte, ma anche con i territori. La nostra volontà è riuscire a dare risposte concrete alla mobilità dei turisti, ma anche ai residenti delle zone interessate e agli operatori economici, individuando le soluzioni migliori. Intanto, è fondamentale aver raggiunto l’obiettivo di un accordo di programma». «Il nostro gli fa eco Alfreider vuole essere un approccio propositivo. Non si tratta solo di pensare al blocco del traffico. Ma di trovare soluzioni: oggi c’è troppa pressione dovuta al traffico individuale su una zona fragile». E questo traffico compromette la qualità di vita di chi in quelle zone risiede, peggiorando anche l’esperienza di coloro che, durante le proprie vacanze, salgono sui passi per ammirare paesaggi unici. Per Bolzano, non una «prima»: le regolamentazioni al traffico già sperimentate per l’accesso al lago di Braies preso d’assalto in tutte le stagioni hanno già fatto scuola. «Ma sia chiaro: se da una parte sottolinea l’assessore altoatesino ci sono le misure di contingentamento, dall’altra non va dimenticato lo sforzo di sensibilizzazione. Quello che abbiamo voluto mettere in pratica con l’accordo siglato è un ventaglio di provvedimenti a 360 gradi, che va dai parcheggi scambiatori fino alle iniziative per incentivare un cambio di mentalità».

Un accordo che, fa notare Alfreider, segna un passaggio importante anche nel rapporto tra territori confinanti: «Questa intesa dice è nata da una collaborazione senza confini. Le Province di Trento e Bolzano e la Regione Veneto hanno lavorato insieme. E hanno trovato a Roma due interlocutori estremamente sensibili, vale a dire i ministri Enrico Giovannini e Vittorio Colao. Senza di loro non sarebbe stato possibile trovare una linea così unitaria su una strategia condivisa per il futuro dei nostri territori in quota».

Gli ecologisti invocano più coraggio «Ora si punti sulla mobilità pubblica»

Trento

Un po’ di coraggio e la volontà di puntare in modo deciso sul trasporto pubblico. Sulla questione del contingentamento del traffico nei passi è questo il percorso suggerito da Franco Tessadri, presidente trentino di Mountain Wilderness Onlus che però commenta: «Quello che non ha funzionato fino ora tra le Provincie di Trento e Bolzano e la Regione veneto non c’è stato un lavoro in sintonia. La cosa principale è avere un piano di mobilità comune. Ora ognuno si fa il suo ma se non c’è una volontà unitaria delle Regioni confinanti non si arriva da nessuna parte». La speranza è che l’accordo di ieri inverta la rotta. Insomma la strada di regolare l’afflusso di auto nei passi è giusta, cosi come l’idea di applicare una nuova regolamentazione. Ma l’obiettivo per Tessadri dovrebbe essere più ambizioso: «Bisogna partire subito con l’intensificazione del servizio pubblico, e avere il coraggio di chiudere le strade». Togliere le auto private è la meta da raggiungere alla lunga, evitare di ingolfare i passi è l’obiettivo immediato. Per arrivarci serve una visione condivisa della mobilità pubblica, «compresi gli impianti di risalita. Questo non è la scusa per farli ovunque, ma si devono sfruttare gli esistenti. E banalmente abbiamo bisogno di un trasporto pubblico cadenzato. Senza una legislazione che impedisce di usare il mezzo privato e è necessaria l’trattività del mezzo pubblico».

E la situazione nelle valli più turistiche, come la Val di Fassa rende la questione impellente secondo Tessadri: «Ho sempre rimarcato il fatto che per la Val di Fassa bisogna sposare una grande infrastruttura ferroviaria. Per questa però ci vogliono anni e soldi. Serve quindi un lavoro culturale sull’uso del mezzo pubblico. Se partiamo con un servizio cadenzato su gomma possiamo ottenere risultati migliori: un bus sostituisce cinquanta macchine».

Ma la questione dell’accesso alle dolomiti passa anche da un altro aspetto, come ricorda la collega della Mountain Wilderness altoatesina, Silvia Simoni: «È lodevole cercare di limitare il traffico, che ora è insostenibile. Ma non c’è un problema solo di numeri, ma anche di rumore. E il tema del rumore è indipendente dalla quantità di automobili sui passi dolomitici, nella misura in cui passano veicoli ad alta emissione sonora. Mi riferisco a moto a cui è stato tolto il silenziatore alla marmitta e alle auto sportive. Secondo noi, alle iniziative di riduzione del traffico dovrebbero essere affiancate politiche di controllo del traffico stesso. Bisognerebbe tenere d’occhi sia le sonore, sia la velocità: i dati dicono che il rumore è legato a questa. Basterebbe far rispettare il codice della strada».

L’Adige | 21 ottobre 2022 p. 19

Passi dolomitici e limiti alle auto Anche il ministero firma l'intesa Ex Sit, si allarga l'area pedonale

L'orizzonte è ancora abbastanza lontano, si parla del 2024 per andare a regime. Ma questo è il primo passo concreto, con un timing previsto e con qualche ipotesi concreta di finanziamento. Le Province di Trento e Bolzano, ma anche il Mims (ministero per la mobilità sostenibile) e quello per la Transizione digitale, hanno siglato il protocollo sui passi dolomitici. Il nome è di quelli altisonanti ed evocativi quanto basta, perché si parla di "Costituzione della Dolomiti Low Emission Zone". Ma il nocciolo è che i territori e il governo si impegnano a mettere in campo una serie di iniziative per liberare i passi dall'assedio di motori. Come? Per step successivi: prima il controllo dei flussi di traffico con mezzi digitali, poi l'incentivo alla mobilità sostenibile, attraverso zone di intermodalità parcheggi a valle, in sintesi e navette per portare i turisti in quota e attraverso piste ciclabili, che vista la pendenza si immagina possano essere usate soprattutto per le e bike. L'obiettivo è quello di far respirare luoghi bellissimi ma spesso resi invivibili dal traffico. Perché passo Sella toglie il fiato, quando ci si arriva. Non serve essere amanti delle vette per capirlo. È di una bellezza disarmante. Per questo ci vanno in tanti, spesso in auto, spesso in moto. Serve porre un limite, altrimenti si rischia che la folla e soprattutto lo smog tolgano fascino. «Dopo tanti anni dal primo accordo, ora si passa ad un accordo di programma osserva l'assessore al Turismo Roberto Failoni, che al progetto ha lavorato assieme a i colleghi Daniel Alfreider e Elisa De Berti adesso si può iniziare a lavorare sui tempi e sui finanziamenti, perché ci sono certezze. Chiaro che molto diventerà operativo nel 2024, ma altri aspetti, come la digitalizzazione, potranno essere operativi già nel 2023. Quel che è importante è che si è riusciti a fare sintesi tra le esigenze di tutti: dei turisti, degli operatori economici e di chi vive quelle zone».Il protocollo prevede di procedere appunto per passi successivi e soprattutto dice chi deve fare cosa: entro 30 giorni dalla firma dovrà essere nominato un comitato tecnico che, entro 60 giorni, prevederà un piano annuale e chiarirà come monitorarne gli sviluppi. Si dovrà inoltre prevedere un piano biennale, e si dovranno quantificare gli investimenti necessari a concretizzarlo. Si dovrà partire dalle informazioni sui intensità e frequenza dei flussi, da monitorare in modo digitale con nuove stazioni di monitoraggio oltre alle 12 esistenti e si dovranno indicare le iniziative da mettere in campo nel 2022 e nel 2023 sul fronte della mobilità sostenibile (incremento del trasporto pubblico, promozione del trasporto a fune, ampliamento della rete di

Corriere
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del Trentino | 20 ottobre 2022

parcheggi a valle, realizzare una rete di punti di ricarica per veicoli elettrici. La seconda fase (l'orizzonte è 2023 2024) prevede di individuare quali infrastrutture realizzare, come piste ciclabili, parcheggi di valle, e soprattutto prevede soluzioni per ottimizzare il traffico: il protocollo parla chiaramente di Ztl o tariffe d'uso. Quanto alle risorse, si punta ai finanziamenti europei.Se questo protocollo porterà ad una soluzione sul modello Braies, è presto per dirlo. Di sicuro ora c'è un certo entusiasmo. Per il ministro Enrico Giovannini la "Low Emission Zone" rappresenta «uno strumento nuovo e innovativo per attivare una strategia di mobilità sostenibile, oltre che per perseguire una regolamentazione dei flussi di traffico in maniera digitale. Si tratta di un contributo importate per raggiungere gli obiettivi europei di riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030 rispetto al 1990». «Attraverso l'attuazione del piano di mobilità dei passi dolomitici viene lanciato un approccio innovativo e per affrontare le grandi sfide del traffico e la gestione dei flussi di mobilità, non solo in montagna ma ovunque in Italia, grazie alla replicabilità delle piattaforme digitali», conferma invece il ministro Vittorio Colao.

Alto Adige | 21 ottobre 2022

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Passi dolomitici, una zona a basse emissioni

BOLZANO

I passi dolomitici diventeranno una «zona a basse emissioni». In seguito all'approvazione di mercoledì, il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, e dell'Innovazione, Vittorio Colao, hanno firmato un Protocollo d'Intesa con le Province autonome di Bolzano e Trento, la Provincia di Belluno e la Regione Veneto. La firma riguarda l'attuazione del Piano di mobilità sostenibile dei Passi Dolomitici, in particolare la costituzione della "Dolomiti Low Emission Zone" nell'area geografica intorno ai Passi Gardena, Campolongo, Pordoi, Sella e nelle valli circostanti della Val Gardena, Val Badia, Val di Livinallongo e Val di Fassa.In questo modo si creano i presupposti per forme di regolamentazione del traffico, anche attraverso sistemi digitali, in un ambiente sensibile come le Dolomiti, riconosciute dall'Unesco come Patrimonio dell'umanità. Inoltre ne gioverà anche il trasporto intermodale, incoraggiando l'uso dei mezzi pubblici e dei mezzi ecologici a due ruote al posto dell'auto privata. La soddisfazione di Giovannini per la tanto attesa firma è palpabile: «Ora abbiamo uno strumento nuovo e innovativo per attivare una strategia di mobilità sostenibile, oltre che per perseguire una regolamentazione dei flussi di traffico in maniera digitale. Si tratta di un contributo importante per raggiungere gli obiettivi europei di riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030 rispetto al 1990», spiega. Attraverso lo strumento della "Low Emission Zone" sarà possibile attivare le cinque principali azioni previste dal Piano di Mobilità Sostenibile: la regolamentazione del traffico con un sistema digitale e innovativo; la creazione e digitalizzazione di aree di parcheggio di interscambio; il rafforzamento del Trasporto Pubblico Locale; l'incentivazione della mobilità attiva e integrazione della mobilità a fune; il miglioramento della qualità della vita e dell'esperienza turistica. «Viene lanciato un approccio innovativo, per affrontare le grandi sfide del traffico e la gestione dei flussi di mobilità, non solo in montagna ma ovunque in Italia, grazie alla replicabilità delle piattaforme digitali», ha concluso il ministro Colao.

Corriere delle Alpi | 21 ottobre 2022 p. 17

Gli operatori turistici contro la ZTL sui passi: l’assalto è a fondo valle

BELLUNO

Anche la firma ministeriale alla "Ztl" sui Passi Dolomitici, intorno al Sella, mentre arriva la contrarietà degli operatori turistici. I ministri delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, e dell'Innovazione tecnologica e transizione digitale, Vittorio Colao, hanno firmato come uno degli ultimi atti del governo Draghi il Protocollo d'Intesa con le Province di Bolzano, Trento e di Belluno e la Regione Veneto per l'attuazione del Piano di mobilità sostenibile dei Passi Dolomitici che prevede la costituzione della "Dolomiti Low Emission Zone". Per Giovannini rappresenta «uno strumento nuovo e innovativo per attivare una strategia di mobilità sostenibile, oltre che per perseguire una regolamentazione dei flussi di traffico in maniera digitale. Si tratta di un contributo importate per raggiungere gli obiettivi europei di riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030 rispetto al 1990».«Attraverso l'attuazione del Piano di Mobilità dei Passi dolomitici viene lanciato un approccio innovativo e per affrontare le grandi sfide del traffico e la gestione dei flussi di mobilità, non solo in montagna ma ovunque in Italia, grazie alla replicabilità delle piattaforme digitali», conferma il ministro Colao.Cinque gli obiettivi del Piano: la regolamentazione del traffico con un sistema digitale e innovativo; la creazione e digitalizzazione di parcheggio di interscambio; il rafforzamento del trasporto pubblico locale; l'incentivazione della mobilità attiva e integrazione della mobilità a fune; il miglioramento della qualità della vita e dell'esperienza turistica. «Non si capisce questo accanimento contro i passi», interviene criticamente l'albergatore Osvaldo Finazzer, coordinatore del Comitato di oltre 70 operatori turistici, «quando ad essere presi d'assalto sono soprattutto i fondovalle. Per i parcheggi scambiatori non ci sono aree disponibili e sui valichi gli spazi sono risicati per le aree di sosta. Quindi il numero delle prenotazioni sarà imitato. Quanto, poi, alle piste ciclabili, ci vorranno lunghi anni e consistenti

finanziamenti per realizzarle».Gli assessori degli enti locali del Veneto, Trentino e Alto Adige, Elisa De Berti, Roberto Failoni e Daniel Alfreider insistono che «gli obiettivi perseguiti dal Piano sono in primo luogo il miglioramento della qualità della vita dei residenti e preservare il delicato equilibrio ecologico dell'ambiente dolomitico ma anche migliorare l'esperienza turistica dei visitatori».Sono invece di avviso opposto albergatori, rifugisti e ristoratori che lamentano, nel contempo, il mancato coinvolgimento da parte delle amministrazioni. «Con il Protocollo le parti coinvolte nel progetto», si legge invece in una nota, «intendono promuovere e rafforzare la più ampia collaborazione finalizzata a rafforzare il coordinamento della mobilità a livello interprovinciale e interregionale, che riguarda anche i Comuni dell'area intorno al Sella, per la valorizzazione dei Comuni stessi e dei territori circostanti, anche in chiave di sostenibilità». Fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 21 ottobre 2022

p. 11, edizione Belluno

Traffico ecologico sui passi del Sella: protocollo firmato

I ministri delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, e dell'Innovazione tecnologica e transizione digitale, Vittorio Colao, hanno firmato il protocollo con le Provincie autonome di Trento e Bolzano, la Provincia di Belluno e la Regione Veneto per l'attuazione del piano Mobilità sostenibile dei Passi dolomitici, che prevede la costituzione della Dolomiti Low Emission Zone nell'area geografica intorno ai passi di Gardena, Campolongo, Pordoi (nella foto), Sella e nelle valli circostanti della Val Gardena, Val Badia, Val di Livinallongo e Val di Fassa. Con l'attuazione del progetto e l'istituzione della Low Emission Zone, si creano i presupposti per forme di regolamentazione del traffico, anche attraverso sistemi digitali, in un ambiente sensibile come le Dolomiti, riconosciute dall'Unesco patrimonio dell'umanità, e per favorire il trasporto intermodale incoraggiando l'uso dei mezzi pubblici e dei mezzi ecologici a due ruote al posto dell'auto privata. Per il Ministro Giovannini la Low Emission Zone rappresenta «uno strumento nuovo e innovativo per attivare una strategia di mobilità sostenibile, oltre che per perseguire una regolamentazione dei flussi di traffico in maniera digitale». «Attraverso l'attuazione del Piano di mobilità dei passi dolomitici viene lanciato un approccio innovativo e per affrontare le grandi sfide del traffico e la gestione dei flussi di mobilità, non solo in montagna ma ovunque in Italia, grazie alla replicabilità delle piattaforme digitali, conferma il ministro Colao.

Corriere del Trentino | 21 ottobre 2022

p. 6

«Passi dolomitici, più vicini agli obiettivi 2030»

TRENTO

«La Low Emission Zone rappresenta uno strumento nuovo e innovativo per attivare una strategia di mobilità sostenibile, oltre che per perseguire una regolamentazione dei flussi di traffico in maniera digitale». Lo afferma il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, Enrico Giovannini, all’indomani della firma del protocollo d’intesa con le Province autonome di Trento e Bolzano, la Provincia di Belluno e la Regione Veneto per l’attuazione del piano «Mobilità sostenibile dei Passi dolomitici». Il progetto prevede la costituzione della « dolomiti Low Emission Zone» nell’area geografica attorno ai Passi di Gardena, Campolongo, Pordoi, Sella e nelle valli di Fassa. Il ministro Giovannini guarda al futuro: «Si tratta di un contributo importante per raggiungere gli obiettivi europei di riduzione del 55% delle emissioni climalternanti entro il 2030 rispetto al 1990».

Con il protocollo sarà infatti possibile attivare le cinque principali azioni previste dal Piano di mobilità sostenibile, ossia la regolamentazione del traffico con un sistema digitale e innovativo, la creazione e digitalizzazione di aree di parcheggio di interscambio, il rafforzamento del trasporto pubblico locale, l’incentivazione della mobilità attiva e integrazione della mobilità a fune e, non ultimo, il miglioramento della qualità della vita e dell’esperienza turistica.

«Un accordo storico», lo ha definito, mercoledì subito dopo la firma del protocollo, l’assessore provinciale al turismo Roberto Failoni. L’idea dell’assessore e del collega altoatesino, Daniel Alfreider, è quella di partire nel 2023 con le prime azioni digitali che prevedono «il monitoraggio completo dei passaggi» utilizzando in primo luogo le stazioni di controllo già installate, poi si punta a realizzare nuove colonnine per la ricarica delle auto elettriche. Ma sono solo alcune delle iniziative messe in campo. La riduzione del traffico porterà a grandi benefici anche in termini turistici. Vanno in questa direzione le iniziative per incentivare la salita in quota in bicicletta e in particolare con l’e bike.

Il progetto costerà complessivamente circa 31 milioni e 772mila euro, di cui 5 milioni e 542mila euro per la digitalizzazione. Nella delibera di giunta approvata martedì sono inseriti i singoli costi: 1,2 milioni per la regolamentazione del traffico con sistema digitale, 3,9 per la creazione e digitalizzazione di aree parcheggio interscambio, 10 milioni e 960mila euro per il rafforzamento del trasporto

pubblico. Sono previsti inoltre 200mila euro per l’incentivazione degli impianti di risalita, 1,9 milioni per il miglioramento della qualità dell’esperienza turistica, 1,4 milioni per l’attvità informativa e infine 60mila euro saranno investiti nel monitoraggio del progetto.

FONDI COMUNI CONFINANTI: LA NUOVA PROGRAMMAZIONE

p. 16

Tunnel per gli sciatori a Cortina ristrutturazioni e lavori stradali: dal Fcc cantieri per 200 milioni

Francesco Dal mas

BELLUNO

Dal tunnel interrato sotto la città di Cortina, con i tappeti trasportatori, al collegamento Comelico Pusteria con l'ecomuseo delle Dolomiti. Dal Centro benessere di Arabba, a disposizione di tutte le strutture che non hanno una propria Spa, agli alloggi di housing e co housing per anziani di Sedico. Dai nuovi mezzi per i pompieri volontari e le Croci Bianche dell'Agordino a numerosi altri progetti disseminati lungo l'area di confine con Trento e Bolzano, ma non solo. Il Comitato paritetico del Fondo Comuni confinanti ha approvato ieri il secondo stralcio (ce n'è un terzo, in approvazione probabilmente a febbraio) relativo alla programmazione strategica 2019 2024. Per la provincia di Belluno sono 32 le schede progettuali per un valore complessivo di 197, 1 milioni di euro: 88, 1 milioni sono quelli in arrivo dalle due province autonome, 109 milioni risultano di cofinanziamenti. Ogni progetto fa riferimento ai quattro ambiti di intervento che Comuni e Provincia hanno deciso di valorizzare, vale a dire patrimonio e risorse naturali, servizi socio-sanitari, mobilità sostenibile, e coesione e inclusione sociale. Collegamento Comelico Val PusteriaNell'ambito "Patrimonio e risorse naturali" rientrano 8 progetti volti alla valorizzazione del patrimonio naturale, storico e ambientale, per un totale (tra Fcc e cofinanziamenti) di 66,7 milioni. Tra questi anche il progetto "Stacco", con la razionalizzazione dell'accessibilità in quota. È l'intervento del collegamento Comelico Pusteria, che prevede anche la creazione di balconi panoramici e la costituzione dell'Ecomuseo delle Dolomiti. Ben 49 milioni è il costo complessivo (è di 2 milioni il supplemento di fondi Fcc). Il progetto, già finanziato e cofinanziato, è rimasto a lungo bloccato per l'opposizione degli ambientalisti e, successivamente, della Soprintendenza. Recentemente è stato sbloccato, perché l'arrivo della seggiovia è stato allontanato dalla core zone delle Dolomiti Unesco. Due i tronchi dell'impianto, il cui impatto è "moderato" dalla costituzione di un ecomuseo che valorizzerà le trincee . Altri interventiNel capitolo delle risorse naturali sono compresi degli elementi di biodiversità del Monte Fontana secca e Col de Spadarot, a Quero Vas, altri interventi a Seren del Grappa e a Pedavena, in Valle di san Lucano e in Val Corpassa. Alleghe costruirà un bacino idrico artificiale sul Col dei Baldi (costo complessivo 6, 5 mln), analoga iniziativa dell'Unione Montana Agordina per propri bacini, mentre con 2 milioni di euro la Skiarea di Falcade migliorerà la propria offerta. Il tunnel di Cortina In tema di mobilità sostenibile, Cortina potrà realizzare il nuovo sistema integrato di mobilità sostenibile. L'intervento consiste nella realizzazione di un tunnel pedonale interrato con tappeti trasportatori sotto l'abitato, per permettere di collegare la partenza della funivia del Faloria con la cabinovia a Socrepes. 780 metri di sviluppoServirebbe anche i parcheggi in corso di progettazione e costruzione, garantendo un comodo accesso alle zone centrali del paese senza l'utilizzo delle auto. Il progetto è stato traguardato con le Olimpiadi, ma difficilmente troverà realizzazione per il 2026. Ha un costo complessivo di 86 milioni di euro. I Fondi di confine intervengono per 3 milioni e mezzo. L'onere, anche gestionale, è a carico della società Infrastrutture Milano Cortina. I sindaci del Comelico sono riusciti ad ottenere, nello stesso capitolo, un milione e 600 mila euro per migliorare la loro viabilità. Veneto Strade potrà contare su un milione di euro per la manutenzione straordinaria di strade in quota. Padrin spiega «Il programma provinciale dice il presidente della Provincia Roberto Padrin intende mettere a frutto risorse importantissime per lo sviluppo del territorio, in particolare per le aree più periferiche che maggiormente risentono della differenza rispetto alle province autonome». Per questo, afferma Padrin, le schede progettuali sono orientate al miglioramento della valorizzazione del patrimonio naturale, all'incremento della mobilità sostenibile, dell'inclusione sociale e della prossimità dei servizi. «Lo diciamo sempre: la montagna, con risorse di questo genere, indirizzate in interventi concreti e utili alle comunità locali, può avere una marcia in più nel contrasto allo spopolamento e nello sviluppo delle comunità locali. Grazie al consigliere Paolo Perenzin per il lavoro di coordinamento con i sindaci, e al presidente Dario Bond per il grande impegno profuso nel far funzionare il Fondo». Con la prima tranche della nuova programmazione, i foni avevano messo in sicurezza soprattutto le Residenze per anziani.

Corriere delle Alpi | 8 ottobre 2022

SASSOLUNGO E PIANI DI CUNFIN: LA RICHIESTA DI TUTELA

Corriere dell’Alto Adige | 11 ottobre 2022

p. 18

Sassolungo, cresce il pressing per il parco Mozione del team K in consiglio, anche i verdi si associano alla richiesta del comitato Nosc Cunfin Ploner: «Indispensabile la tutela provinciale». Vettorato prende tempo: «Pronti a discuterne»

Francesco Mariucci

BOLZANO

Sarà discussa verosimilmente mercoledì in consiglio provinciale la mozione del Team K per la creazione di un parco naturale che comprenda il gruppo del Sassolungo. Un modo, evidenzia il partito senza rinunciare ad una stoccata alla giunta, per passare dalle parole ai fatti dopo i proclami sulla tutela ambientale dei Sustainability Days. Primo firmatario del testo è il consigliere provinciale Franz Ploner.

«Quello del Sassolungo è un territorio di straordinaria bellezza, un delicato bene comune da preservare per le generazioni future: serve una tutela che solo l’istituzione di un parco provinciale può garantire» commenta lo stesso Ploner. La mozione prevede un lungo percorso partecipato, di concerto con la popolazione coinvolta (principalmente quella della Val Gardena): si partirebbe con l’istituzione di un gruppo di lavoro tra tecnici provinciali e rappresentanti di enti locali e associazioni alpinistiche, per poi proporre una consultazione con i residenti. L’obiettivo finale è la messa sotto tutela dell’area, con la creazione del Parco naturale del Sassolungo, sulla falsariga di quanto già accade con gli altri principali massicci dolomitici dell’Alto Adige.

L’elenco di parchi naturali è lungo e comprende Sciliar Catinaccio, Puez Odle, Fanes Sennes Braies, Tre Cime: tutti luoghi iconici e ben noti anche al di fuori dei confini provinciali. «Dobbiamo mostrare coraggio per preservare il nostro territorio, anche a vantaggio delle prossime generazioni. Questo significa sostenibilità. Attendiamo da più di quarant’anni dei passi concreti in merito, è ora di affrontare concretamente il tema» aggiunge Ploner.

Tra l’altro, il Sassolungo è anche un gruppo centrale in ottica turistica, gettonatissimo sia d’inverno che d’estate: «Non è solamente una questione ideologica, ma anche economica: lo sfruttamento esasperato delle nostre montagne e delle loro pendici ne minaccia l’attività turistica per il futuro» è la posizione del Team K.

Il partito muove dall’iniziativa di Nosc Cunfin, un gruppo di associazioni e cittadini che hanno scritto una lettera aperta alla giunta per chiedere di adottare una qualche forma di tutela: «Ci aspettiamo che questo appello venga accolto» conclude Ploner. Non sarà una battaglia solitaria, dato che anche i Verdi proporranno un testo analogo: «Ultimamente sia il presidente Arno Kompatscher che l’assessora all’Urbanistica Maria Hochgruber Kuenzer si erano espressi a favore della messa sotto tutela di questo sito. Noi chiediamo che si passi al più presto dalle parole ai fatti» fanno sapere gli ambientalisti in quella che sembra la prova generale per la riconferma dell’alleanza andata in scena alle elezioni politiche.

Dalla giunta intanto non arrivano bocciature a prescindere ma nemmeno rassicurazioni circa il futuro del Sassolungo: «Valuteremo le mozioni insieme al resto della maggioranza. Parlare di tutela dei parchi è sempre positivo, aspettiamo le dichiarazioni in aula. L’amministrazione provinciale sta facendo tanto per l’ambiente, siamo aperti a proposte che non siano semplici speculazioni politiche» sottolinea l’assessore provinciale all’Ambiente Giuliano Vettorato.

Verdi all’attacco per Plan de Cunfin e orchidee

Natura e paesaggio sono un patrimonio unico e insostituibile della nostra terra. Il Gruppo Verde in Consiglio provinciale presenta questo mese in Consiglio provinciale due mozioni per la loro tutela. La prima riguarda la messa sotto tutela del gruppo del Sassolungo e di Plan de Cunfin e la seconda le orchidee del Monte Bullaccia. «Ultimamente sia il presidente Kompatscher che l'assessora Kuenzer si sono espressi a favore della messa sotto tutela di questo sito. Non sono solo le associazioni ambientaliste a chiedere questo passo, ma gli stessi Comuni interessati. I motivi per prendere questa decisione non mancano. La zona dei Plan de Cunfin e i boschi circostanti rappresentano uno dei pochi ambiti incontaminati di tutto il territorio e sono quindi un importante rifugio per la fauna selvatica. I prati umidi, ai piedi del Sassolungo e del Sassopiatto, costituiscono un ecosistema unico nel loro genere e un'oasi di pace e di biodiversità in territori altrimenti pesantemente utilizzati dall'uomo. Questo territorio è stato messo sotto pressione negli ultimi anni da progetti di sfruttamento intensivo che la maggioranza della popolazione locale non vuole. Il vincolo di tutela sarebbe uno strumento importante

Alto Adige | 12 ottobre 2022 p. 34

per le amministrazioni locali preoccupate per il futuro del loro territorio. «Dopo più di 40 anni di impegno per mantenere il Plan de Cunfin incontaminato insieme al maestoso Sassolungo è il momento di mettere finalmente questo territorio sotto tutela, impegnandosi senza se e senza ma contro ogni tipo di opera invasiva», afferma Heidi Stuffer, presidente del Gruppo Nosc Cunfin. La trattazione della mozione «Le orchidee del Monte Bullaccia» è iniziata ancora un anno fa. Nella prossima seduta di ottobre porteremo a termine la discussione sulla nostra richiesta di impedire la realizzazione di un bacino di raccolta sull'Alpe di Siusi per salvare la rara biodiversità di orchidee selvatiche nigritelle. A novembre 2021 la mozione era stata sospesa, perché l'Assessora al paesaggio Maria Hochgruber Kuenzer aveva affermato di essere in contatto con chi stava realizzando il bacino per individuare un sito più appropriato. Sulla stampa era poi emerso che le aziende chiamate in causa non sapevano nulla di eventuali progetti alternativi. A una nostra interrogazione per chiarire i fatti, la assessora ci aveva poi risposto di avere incontrato le parti in causa in un momento successivo. Ora è il momento di finalizzare la questione: la rara biodiversità dell'orchidea selvatica nigritella presente sul Monte Bullaccia è preziosa e va difesa. Esperti e amanti di questo fiore da tutta Europa guardano con preoccupazione l'evolversi della questione. «La Giunta deve prendere in mano la situazione e mettersi senza indugi dalla parte della natura, di questo siamo convinti», afferma il primo firmatario Hanspeter Staffler.

STUDIARE LO SPAZIO NELLE DOLOMITI

L’Adige | 7 ottobre 2022 p. 32

Marte e le simil Dolomiti

PREDAZZO - Provengono dalle Università di Padova, Chieti, Coimbra, Porto e Nantes e cercano le analogie tra le rocce dolomitiche e quelle del pianeta Marte. Sono 23 studenti e 7 docenti impegnati questa settimana alla School on Planetary Geological Mapping and Planetary Analogues ("Scuola di cartografia geologica planetaria e analoghi planetari"), in corso di svolgimento tra le sale del Museo Geologico delle Dolomiti a Predazzo e le escursioni sul campo a Passo Rolle, San Pellegrino e la gola del torrente Bletterbach, tra Aldino e Redagno. Geologi, fisici e astrofisici che studiano i dati geologici e geomorfologici del territorio affrontando due degli aspetti più basilari e importanti della geologia planetaria la mappatura e gli studi analogici utilizzando tecniche di addestramento innovative. Si va dall'applicazione teorico pratica mediante i software del Museo all'analisi dei dati delle immagini recuperate con le speciali telecamere multispettrali dei droni, che permettono di analizzare la composizione chimica delle rocce. «Questa settimana di studi è un'interessante iniziativa per promuovere e valorizzare le Dolomiti, riconosciute patrimonio naturale dell'umanità dell'Unesco, e l'attività di ricerca che si può fare sul territorio» spiega Riccardo Tomasoni, responsabile del Museo geologico delle Dolomiti, che collabora al progetto. La prima settimana di scuola si è svolta dal 26 settembre al 1 ottobre all'Università G. D'Annunzio di Pescara. Ora a Predazzo è in corso la seconda parte. All'avvio dei lavori della scuola lunedì mattina in museo hanno portato il loro saluto anche la sindaca di Predazzo Maria Bosin e l'assessore alla cultura Giovanni Aderenti. «Il Museo Geologico delle Dolomiti conferma la propria attrattività nei confronti del mondo accademico ha affermato Aderenti Lo studio della geologia del nostro territorio è ancora vivo e trovo interessante che si cerchino le analogie tra le caratteristiche di Predazzo e il pianeta Marte». A.O.

L’Adige | 11 ottobre 2022 p. 32

«Le

Dolomiti somigliano molto a Marte» andrea orsolin

PREDAZZO

Le Dolomiti come Marte. O, quantomeno, geologicamente molto simili e quindi interessante luogo per studiare le analogie con il pianeta rosso. La scorsa settimana Predazzo, dove ha sede il Museo geologico delle Dolomiti, è stato punto di riferimento della School on Planetary Geological Mapping and Planetary Analogues ("Scuola di cartografia geologica planetaria e analoghi planetari"). In uno dei "templi" dello studio della materia la storia della geologia ha incontrato una didattica scientifica innovativa come quella del Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova, coordinatrice del progetto a cui hanno partecipato 23 studenti e 7 docenti provenienti anche dagli atenei di Chieti, Coimbra, Porto e Nantes. Lo scopo della settimana è stato quello di cercare le analogie tra le rocce dolomitiche e quelle del pianeta Marte, mediante le analisi in laboratorio nelle sale del Museo e le escursioni sul campo a Passo Rolle, San Pellegrino, Col Margherita e la gola del Bletterbach, canyon dell'Alto Adige ai piedi del Corno Bianco.La prima parte dello studio si è svolta dal 26 settembre al 1 ottobre all'Università di Pescara, dove geologi, fisici e astrofisici hanno studiato immagini e dati di Marte e di alcuni satelliti ghiacciati. A Predazzo e dintorni studenti e docenti hanno invece potuto toccare con mano le analogie tra forme e

processi geologici della Terra e degli ambienti marziani. Uno dei siti più significativi è il Bletterbach con le sue splendide esposizioni verticali, come spiega Matteo Massironi, docente dell'Università di Padova e referente scientifico della scuola. «Un luogo che ha molte analogie con le piane alluvionali di Marte, tanto che spesso porto lì gli astronauti a fare allenamenti. Nella settimana di studio non abbiamo avuto dubbi: le formazioni rocciose e le strutture sedimentarie del Bletterbach sono molto simili a quelle di Marte che ci vengono comunicate da Perseverance e Curisoity, i due rover della Nasa che ci stanno trasmettendo le informazioni sul pianeta». L'indagine è avvenuta attraverso la raccolta dei dati geologici e geomorfologici del territorio, affrontando mappatura e studi analogici utilizzando tecniche di addestramento innovative: dall'applicazione teorico pratica mediante i software del Museo all'analisi dei dati delle immagini recuperate con le speciali telecamere multispettrali dei droni, che permettono di analizzare la composizione chimica delle rocce. Le analisi si sono concentrate su altri elementi che si vedono spesso su Marte come i fenomeni periglaciali, legati alle morfologie e a quello che è avvenuto successivamente al ritiro dei ghiacciai, come il trasporto dei detriti, i depositi alla base dei versanti e le antiche frane di grandissime dimensioni scatenate dal ritiro dei ghiacciai. «Le immagini orbitali prosegue Massironi hanno dato informazioni su forme che assomigliano molto a quelle che si possono trovare sulle Dolomiti, così come in tutto l'arco alpino, anche se il "ghiacciaio di roccia" (un ghiaccio morto che continua a fluire) che si trova a San Pellegrino è il più grande d'Europa». I laboratori del Museo sono serviti per lavorare utilizzando la tridimensionalità e la realtà virtuale, che ha consentito agli studiosi di entrare sia tra le pareti del Bletterbach ricostruite che su Marte. Da parte dei docenti l'esperienza è stata ritenuta altamente formativa e l'ospitalità ottima, tanto che la volontà è quella di ripeterla. «Abbiamo mostrato ai futuri geologi planetari quello che solitamente sono abituati a vedere dalle immagini orbitali. Un giorno lavoreranno nelle agenzie spaziali che hanno come obiettivo l'esplorazione degli altri pianeti o faranno da supporto alle missioni dei rover e si potranno ricordare di quanto appreso in questa settimana».

CONCORSO DI IDEE PER BIVACCHI

L’Adige | 21 ottobre 2022 p. 31

Il vincitore progetterà Fiamme Gialle, Renato Reali e Aldo Moro

PREDAZZO

I bivacchi "Fiamme Gialle", "Renato Reali" e "Aldo Moro", situati i primi due nel gruppo delle Pale di San Martino e sul Coston dei Slavaci, nella catena del Lagorai, verranno ricostruiti.Forma e composizione dei nuovi fabbricati saranno l'esito del concorso di progetto presentato ieri mattina nella Scuola alpina della Guardia di Finanza di Predazzo.Un concorso spiega la Sezione Cai Fiamme Gialle ideato nel 2020 in occasione del centenario della fondazione della Scuola Alpina proprio per consentire la più ampia partecipazione di professionisti e per poter sviluppare più progetti, in modo da raggiungere nella fase finale un'elevata qualità progettuale.Le indicazioni sono quelle di creare un nuovo bivacco che non stravolga le funzioni contenute nella sua definizione, cioè di rifugio di emergenza e occasionale, che rispetti le normative attuali, in un corretto inserimento ambientale, privilegiando sistemi di costruzione sostenibili, contenendo i costi per la realizzazione e per la manutenzione nel tempo.L'obiettivo è di non snaturare l'attuale tipologia costruttiva, di non cambiare la destinazione d'uso e di realizzare una struttura che preservi l'originaria funzionalità.I vincitori si occuperanno della progettazione di tutti e tre i bivacchi, gestiti dalla sezione del Club Alpino Italiano istituita nella Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo.Le strutture in questione sono il bivacco "Fiamme Gialle" (3005 metri di altitudine), 9 posti, collocato sulla spalla sud del Cimon della Pala, nel gruppo delle Pale di San Martino, concesso gratuitamente nell'agosto del 1967 (e inaugurato l'anno successivo) dalla Fondazione "Camillo Berti" su interessamento dell'allora Maggiore Carlo Valentino, presidente della sezione; il bivacco "Renato Reali" (a quota 2650 metri s.l.m.), 6 posti letto, inaugurato il 19 luglio 1970 in territorio del Comune di Taibon Agordino (Belluno) e nel 1995 spostato di alcune centinaia di metri, nell'allora Comune di Tonadico (oggi Primiero San Martino di Castrozza); il bivacco "Aldo Moro" (2600 metri s.l.m), posto nel 1980 sul Coston dei Slavaci, sulla catena del Lagorai, intitolato al politico che era solito soggiornare nella sua abitazione di Bellamonte.Vista la vetustà delle strutture e i relativi problemi tecnici si è deciso per la loro sostituzione, "nel rispetto dei requisiti di sicurezza, comfort e compatibilità ambientale, coerenti con lo stato dell'arte raggiunto per tali manufatti", creando "un gruppo di lavoro che rappresenti al meglio il territorio, come avvenuto per la realizzazione dei bivacchi originari".Buona parte delle spese concorsuali saranno sostenuti da enti territoriali come i comuni di Primiero San Martino di Castrozza e Predazzo, la Magnifica Comunità di Fiemme, il Bim dell'Adige e del Brenta.La fase realizzativa dei nuovi bivacchi e la rimozione degli esistenti verrà invece finanziata dalla Provincia Autonoma di Trento. A.O.

«Ma il patrimonio naturalistico non è riproducibile, non possiamo coltivare la complessità di una foresta»

Fabio Peterlongo

Recuperato l'80% del legname caduto in seguito alla tempesta Vaia, il 90% dei tronchi raggiungibili. Avanza il bostrico che ha intaccato il 37% degli alberi caduti iniziando a toccare anche zone non interessate dalla tempesta Vaia. Ma non tutti concordano sull'opportunità di fare piazza pulita del legname crollato. Sono alcuni dei concetti emersi ieri al Muse nel corso dell'incontro «Vaia, una tragedia che obbliga a ripensarci», occasione per fare il punto a quattro anni dall'uragano alpino che è costato otto vite umane e quasi 3 miliardi di euro di danni. È intervenuta il sostituto direttore dell'ufficio amministrazione e lavori forestali per la Provincia di Trento, Caterina Gagliano, che ha elencato i risultati raggiunti: «Non c'erano precedenti, siamo intervenuti su una situazione fuori scala per le risorse della nostra pubblica amministrazione, ma dopo quattro anni abbiamo raccolto l'80% per cento dei tronchi, il 90% di quelli che possono essere effettivamente raggiunti». Si sta procedendo con la piantumazione di una grande quantità di alberi: «Il settore vivaistico è fondamentale per riprodurre le piantine che vanno a ricoprire le superfici ha spiegato Gagliano Quest'anno sono state piantate 500mila piantine». Si aggiunge il problema bostrico, il parassita che partendo dal legname morto può aggredire le piante sane: «Il 37% degli schianti Vaia sono stati danneggiati dal bostrico, che ha colpito quasi 1,5 milioni di metri cubi di legname, danneggiando 8000 ettari di terreno, il 42% del territorio colpito da Vaia», ha indicato Gagliano, che fa intendere la necessità d'intervenire: «Abbiamo installato 229 trappole per il bostrico e prevediamo il rimboschimento naturale là dove il recupero naturale ha già mostrato la sua forza». Il geobotanico di Fondazione Dolomiti Unesco Cesare Lasen sembra sposare un'idea almeno in parte diversa, sottolineando la non replicabilità del sistema bosco: «Il patrimonio naturalistico non è riproducibile, non possiamo coltivare la complessità di una foresta naturale. Le foreste sono dal punto di vista ecologico il massimo di complessità organizzativa». Lasen chiede interventi mirati di taglio e rimozione del legname malato: «Non mi preoccuperei troppo del ripristino delle aree che naturalmente recupereranno il loro equilibrio. È importante riconoscere gli equilibri ecologici e tagliare lì dove si affaccia il bostrico».

Corriere delle Alpi | 27 ottobre 2022

p. 18

Tempesta Vaia, quattro anni dopo Zaia: «Ancora attivi 360 cantieri»

Il punto

Tempesta Vaia, quattro anni dopo. «Sono partiti o stanno per farlo altri 360 cantieri. E non ci fermeremo fino a che l'ultima foglia non sarà tornata a posto». Parola di Luca Zaia, presidente del Veneto. Tre morti, tre miliardi circa di danni, in un territorio pari a 70 mila campi di calcio, 15 milioni di alberi schiantati, oltre 2200 cantieri conclusi, alcuni dei quali terminati a tempo di record, per un miliardo di interventi. È il bilancio della tempesta Vaia, del 29 ottobre di quattro anni fa. «Ricordo con orgoglio che, dopo un breve sgomento, scattò la reazione: la Regione, gli enti locali, la protezione civile regionale, i vigili del fuoco migliaia di volontari, semplici cittadini con le lacrime agli occhi e la pala in mano per ricominciare», ricorda Zaia. «Oggi possiamo dire che ce l'abbiamo fatta, anche se c'è ancora da lavorare per completare quello che non esito a definire un miracolo di rinascita».«Il Veneto», ricorda ancora Zaia, «non si è pianto addosso e ha ricostruito in fretta, intraprendendo un piano che comprende fra l'altro le opere simbolo della ricostruzione dei Serrai di Sottoguda e della sistemazione del lago di Alleghe».I primi interventi e la ricostruzione sono stati gestiti in primis dallo stesso Luca Zaia, nella veste di commissario ad acta, poi grazie al lavoro del commissario Ugo Soragni che gli è succeduto, infine, nel gennaio 2022, con il Decreto del Capo Dipartimento della Protezione Civile, che ha individuato la Regione come amministrazione competente per la gestione ordinaria e la prosecuzione degli interventi. Alla data di conclusione della gestione commissariale, a fine 2021, l'importo complessivo degli interventi di ricostruzione, ripristino e aumento della risposta del territorio ad eventuali future calamità programmati e finanziati nel triennio 2019 2021, assomma a quasi 920 milioni di euro. fdm© RIPRODUZIONE

RISERVATA

VAIA: 4
ANNI DOPO L’Adige | 25 ottobre 2022 p. 19

Stanze panoramiche per rifugi e malghe: se ne potranno costruire due per comune

Francesco Dal Mas BELLUNO

Via libera alle camere di vetro, ma anche a rifugi e malghe, sopra quota 1600 metri. Comuni e Soprintendenza permettendo. Il placet alle Starlight Room arriva dalla Regione, che così completa la gamma delle attrattività turistiche alternative, dalle case sugli alberi a quelle in grotta.Avete presente la stanza panoramica di Cortina d'Ampezzo, ai 2.055 metri, sul Col Gallina, con vista sul Lagazuoi, la Tofana di Rozes e il Sass de Stria? Una camera, appunto, di vetro e una piccola sala da pranzo; ruotano di 360 gradi per regalare agli ospiti la migliore prospettiva in ogni momento della giornata. Un'idea, in questo caso, di Raniero Campigotto, che gestisce il Rifugio Gallina. Fino ad oggi la normativa urbanistica della Regione impediva costruzioni al di sopra dei 1600 metri, salvo particolari casi, come quelli dei rifugi di servizio, dal Cai agli impianti di risalita, o di malghe finalizzate ad allevamenti considerati presidi dello specifico territorio. Già ieri, subito dopo l'annuncio della delibera regionale che dà il via libera, sono arrivate le prime obiezioni dagli ambientalisti. «Altolà», è il monito di Federico Caner assessore regionale al turismo. «Nessun assalto alle quote più alte. Decidono i Comuni, dopo l'eventuale autorizzazione della Soprintendenza, come fino ad oggi è sempre accaduto. E, in ogni caso, queste strutture non potranno essere più di due a Comune, anche se appartenenti a tipologie diverse».Le "stanze panoramiche" così le definisce la Regione sono stanze di vetro e legno o altro materiale, anche innovativo, ecosostenibile o comunque di basso impatto, collocate stabilmente sul suolo, caratterizzate da un elevato rapporto tra superficie finestrata e quella del pavimento, con particolare attenzione all'ambiente e al paesaggio circostante. Il turista ospite sarà messo nella condizione di «osservare in modo particolarmente ampio sia il paesaggio circostante, sia il movimento degli astri nel cielo, grazie alle superfici vetrate proporzionalmente più grandi rispetto alle finestre dei normali locali di pernottamento delle altre strutture ricettive, con una più diretta immersione negli ambienti naturali in cui tali stanze sono collocate».Con questa proposta di modifica normativa spiega dal canto suo il presidente della Regione Luca Zaia «insistiamo nel favorire l'innovazione dell'offerta turistica in forma ecosostenibile e comunque di basso impatto, così da permetterle di intercettare la crescente domanda di turismo emozionale, ossia di quello specifico segmento del turismo che si va sempre più affermando in tutto il mondo e che risponde all'esigenza dei turisti di vivere emozioni intense e durature in un più genuino rapporto con la natura».Ci si chiede quale autonomia avranno le stanze panoramiche, cioè se saranno attrezzate di ogni possibile servizio quindi acqua, luce elettrica, magari anche riscaldamento in modo da essere completamente autonome o se dipenderanno dal rifugio o dalla malga più vicini. «Nessun timore, queste sale saranno collegate al rifugio o alla malga per i servizi essenziali», precisa Caner. «Quindi non ci sarà bisogno di nuove fognature, magari in mezzo alle rocce, se questa è la preoccupazione. Gli ospiti si avvarranno delle prestazioni del rifugio. Certo, è evidente che la stanza troverà sistemazione in un luogo panoramico, non distante, dove si possano vivere determinate emozioni».Con questo disegno di legge continua semplicemente puntualizza il presidente Zaia l'opera di perfezionamento della normativa turistica regionale, per mantenerla il più possibile allineata alle esigenze degli operatori e dei turisti, ma sempre in un'ottica di particolare attenzione all'ambiente e al paesaggio. La normativa per l'"edificazione" delle case sugli alberi può offrire una traccia di come si procederà oltre il 1600 metri. «L'immobile individuato deve avere una destinazione turistica ricettiva», si precisa nella normativa. «Dal punto di vista procedurale, sarà inoltre necessario presentare domanda di classificazione alla Regione, su apposito modello regionale; presentare Scia al Comune, nel caso di nuovo gestore; comunicare i dati statistici sugli arrivi e presenze degli ospiti, in forma aggregata per provenienza attraverso l'accesso ad un portale internet MT Web». ©

STANZE PANORAMICHE IN QUOTA

Corriere del Veneto | 27 ottobre 2022

p. 10, edizione Belluno

Autorizzate le «stanze panoramiche» in quota

La Regione aiuta il turismo montano: ok alle strutture ricettive oltre i 1.600 metri

Belluno

Nonostante la guerra in Ucraina e i costi energetici alle stelle, la montagna investe sul turismo. Con alcune novità rilevanti in ambito di turismo ecocompatibile. Come l’arrivo in quota delle «stanze panoramiche» e la possibilità di realizzare strutture ricettive come

p.
Corriere delle Alpi | 27 ottobre 2022
19

malghe, rifugi e bivacchi alpini anche sopra il limite di 1.600 metri di quota posto dall’attuale normativa urbanistica regionale (ma comunque nel numero massimo complessivo di due strutture nell’ambito dello stesso comune, anche se appartenenti a tipologie diverse). Lo indica una delibera della giunta Zaia che prevede la modifica dell’articolo 27 ter «Strutture ricettive in ambienti naturali» della legge regionale 14 giugno 2013 numero 11 su «Sviluppo e sostenibilità del Territorio».

Precisa l’assessore al Turismo del Veneto, Federico Caner: «Per favorire la diffusione territoriale di tutte le strutture ricettive in ambienti naturali, al pari di malghe, rifugi e bivacchi alpini, potranno essere realizzate anche sopra il limite di 1.600 metri di quota».

E aggiunge Caner: «Introdotta un’ulteriore tipologia di struttura ricettiva: le “stanze panoramiche”, stanze di vetro e legno o altro materiale, anche innovativo, ecosostenibile o comunque di basso impatto ambientale, collocate stabilmente sul suolo, caratterizzate da un elevato rapporto tra superficie finestrata e quella del pavimento, con particolare attenzione all’ambiente e al paesaggio circostante».

Intanto a Cortina d’Ampezzo la stagione dello sci, assicura Marco Zardini, presidente di «Cortina Skiworld», partirà il 26 novembre, data di apertura degli impianti di «Dolomiti Superski». E da martedì 1 novembre sarà possibile acquistare online gli skipass .

Corriere delle Alpi | 28 ottobre 2022

p. 31

"Starlight room" a impatto zero

«E i prezzi sono accessibili»

LA STORIA

E' stato Raniero Campigotto, da 27 anni gestore del rifugio Col Gallina, ad inventare la "Starlight room", la camera panoramica. «Ringrazio la Regione Veneto, in particolare il presidente Luca Zaia e l'assessore Federico Caner, che hanno recepito in tempi brevissimi la nostra sollecitazione», spiega, «le Regole ed il Parco ci hanno dato l'autorizzazione per sperimentare questa baita oltremodo innovativa con una scadenza precisa. Noi, quindi, abbiamo smantellato l'edificio e lo abbiamo parcheggiato vicino al rifugio, aspettando l'eventuale normativa regionale. Che, appunto, è arrivata».Sulla base di questa delibera del Veneto, Campigotto si aspetta a giorni il benestare dell'Ente Parco e delle Regole per la reinstallazione della camera di vetro. «Spero di poterlo fare prima di Natale in modo da poter ospitare tutti i prenotati, tra i quali 25 coppie che vorrebbero celebrarvi il matrimonio», racconta, «come quei giovani norvegesi che mi tempestano di telefonate e mi implorano di trovare una soluzione».La "Starlight room" è realizzata secondo i principi della ecosostenibilità: Campigotto conferma l'utilizzo di legno di larice e abete lavorato con maestria da artigiani locali, l'impiego di pannelli solari per la generazione dell'energia elettrica. Nessun impatto, a suo dire, sull'ambiente. «Non ci sono scarichi, ma vasche di raccolta, come per i camper, che vengono svuotate nel rifugio di appoggio. Il riscaldamento d'inverno è con stufa a pellet. Ogni ospite ha a disposizione un esclusivo sistema che consente alla struttura di ruotare su sé stessa a 360°, cambiando in questo modo il panorama che si gode dall'interno».Le prenotazioni quest'estate sono arrivate da tutto il mondo. La "baita" è accessibile anche ai disabili. Dagli Stati Uniti sta per arrivare un quad speciale, coperto, in grado di percorrere anche le piste più impervie che servirà come navetta tra il rifugio e la "Starlight room. «Nessuno, quindi, verrà discriminato nell'accesso. Ed i prezzi sono accessibili». La struttura è mobile, anzi dev'esserlo, è il parere di Campigotto, proprio per evitare edificazioni improprie, strutturate, in alta montagna. «È una stanza panoramica che, con qualche decina di minuti di elicottero, può essere trasportata da un rilievo alpino vicino ad una pista da sci, nei pressi dell'area di un evento sportivo per assistervi da vicino, al limite in mezzo ad un lago, su una piattaforma. Da questo punto di vista è una grossa opportunità di turismo emozionale, naturalistico, non certo massivo».Lo spazio è suddiviso in due zone: da un lato tavolo e panca per gustare una cena alla luce del tramonto, dall'altro un letto ad una piazza e mezza; il tutto circondato solamente da pareti di vetro per godere dello spettacolo esterno. Secondo Campigotto, la Regione ha fatto bene a limitare a due il numero di questi elementi per Comune. «Ed è indispensabile che l'insediamento sia autorizzato dall'ente pubblico, oltre che da chi ha la proprietà del terreno. Anzi, nell'accordo nuovo che spero di concludere con il Parco e le Regole farò in modo di condividere anche tutte le ricadute di questa iniziativa, perché è giusto che ne tragga vantaggio la comunità nella sua pienezza».Quindi non dev'essere un business esclusivamente privato, a dire del rifugista, perché altrimenti i rischi della "privatizzazione" sarebbero davvero troppi. Quanto, invece, al Col Gallina, Campigotto spera nell'apertura della stagione sciistica entro metà novembre. I cannoni del Consorzio di gestione degli impianti sono pronti a sparare. La neve manca. Ma sono assenti anche le temperature necessarie all'artificializzazione della neve. francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

LAGO DI BRAIES: BILANCIO DI UN’ESTATE

Alto Adige | 28 ottobre 2022

p. 34

In estate 896 auto in meno al giorno al lago di Braies

Braies

Dal 10 luglio al 20 settembre scorsi è stato introdotto un accesso per auto prenotabile digitalmente come progetto pilota nella gestione della mobilità al Lago di Braies.e rispetto al 2021 il traffico individuale motorizzato è stato ridotto del 24,6%, con una media giornaliera di 896 veicoli in meno. Durante gli orari di apertura della barriera sono stati registrati 121 veicoli in meno e, durante gli altri orari, 775 in meno.Il bilancio soddisfatta l'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider, il sindaco di Braies Friedrich Mittermair, e il presidente di Idm Hansi Pichler. Come spiega Alfreider, q maggio si è registrato un incremento del trasporto privato, ad agosto una diminuzione, con una redistribuzione del numero di visitatori dall'alta stagione alla bassa stagione. E ora l'assessorato alla mobilità sta valutando la possibilità di estendere il sistema ad altre aree sensibili come i passi dolomitici.Anche il progetto per Braies è in una fase di ulteriore sviluppo. "Per evitare congestioni nel controllo degli accessi spiega Alfreider si stanno pianificando interventi che dovrebbero migliorare ulteriormente il sistema nel 2023"."Gli effetti negativi sulla natura e sugli habitat della Valle di Braies, dovuti all'enorme afflusso di visitatori, sono stati notevolmente ridotti", afferma Mittermair, secondo il quale la qualità della vita e l'atteggiamento verso il turismo da parte della popolazione locale sono migliorati, così come la soddisfazione degli ospiti e degli escursionisti. "Nel 2023, l'accoglienza dei visitatori sarà resa ancora più informativa e attraente", aggiunge il sindaco."Molti soggetti hanno collaborato per anni alla gestione dell'area del lago di Braies. Le misure sviluppate congiuntamente dice Pichler servono ora quale modello positivo per altri hotspot nella regione alpina. Questo, tenendo conto che ciascun luogo necessita di soluzioni specifiche e di un costante adattamento delle relative misure".Dal 10 luglio al 10 settembre scorsi, all'ingresso della Valle di Braies il traffico è stato regolato su tre corsie. In particolare, le persone autorizzate all'accesso al lago alla guida e a bordo del proprio veicolo hanno potuto oltrepassare automaticamente il relativo punto di accesso sulla strada provinciale (le telecamere hanno letto il numero di targa del veicolo consentendo il passaggio). Le persone non autorizzate con il proprio veicolo hanno invece potuto immettersi in una rotatoria d'uscita e accedere al lago e alla valle utilizzando mezzi alternativi di mobilità sostenibile (ristoranti, navette e parcheggi possono essere prenotati online). La soluzione tecnica e il sistema di contingentamento digitale quale ulteriore sviluppo del progetto Braies sono stati sviluppati a cura dell'Associazione provinciale delle organizzazioni turistiche dell'Alto Adige (Lts) in collaborazione con Idm Alto Adige e le organizzazioni turistiche della zona. E.D.

NOTIZIE DAI RIFUGI

Corriere delle Alpi | 1 ottobre 2022

p. 29

Iuav e Cà Foscari: due giorni in rifugio per sensibilizzare sul clima che cambia

L'EVENTO

Gli atenei veneziani Iuav e Cà Foscari hanno scelto i 2018 metri d'altezza del rifugio Galassi per un weekend di sensibilizzazione sui cambiamenti climatici. Oggi e domani un gruppo di professionisti, in collaborazione con Cai Mestre e Cus Venezia, studierà da vicino lo scenario "monolitico" offerto dall'Antelao, soggiornando nei locali del rifugio Galassi di proprietà del Cai di Mestre. I partecipanti arriveranno in treno ed in autobus di linea, utilizzando il servizio navetta collettivo per avvicinarsi alla base del sentiero da dove, a piedi, saliranno fino a forcella Piccola. L'iniziativa rientra nel progetto più ampio denominato "Climbing for climate" concentrato attorno ad escursioni, seminari di montagna ed eventi collettivi pensati per veicolare i temi portanti dell'agenda Oni 2030 per lo sviluppo sostenibile attraverso la conoscenza e la valorizzazione dei territori. Non casuale in tal senso la scelta del rifugio Galassi che da anni si impegna per essere sostenibile ed energeticamente autosufficiente tanto da meritarsi, nel 2021, il premio speciale "Pelmo d'Oro".«Non si tratta solo di una semplice escursione», ha spiegato Stefano Munarin, delegato del rettore Iuav alle attività sportive e curatore dell'iniziativa, «ma di un modo per riflettere e dialogare dei problemi della montagna stando in montagna. Dopo l'escursione dello scorso anno a Feltre per discutere e toccare con mano gli effetti di Vaia, quest'anno la proposta è trascorrere due giorni in rifugio riflettendo su come i cambiamenti climatici stanno condizionando la vita in montagna sotto vari aspetti, dal turismo alle colture, dal regime idraulico alla sicurezza degli insediamenti fino allo sviluppo di nuove specie vegetali e animali».«La montagna offre un punto

di vista privilegiato per toccare con mano gli effetti della crisi climatica», ha aggiunto Elena Semenzin, delegata della rettrice di Ca'Foscari alla sostenibilità, «molte delle nostre ricerche sono orientate a studiare gli ecosistemi e trovare soluzioni e modalità innovative per stabilire nuovi equilibri in un contesto in perenne cambiamento, di cui non dobbiamo dimenticare le nostre responsabilità. "Climbing for climate" è un'occasione per portare l'attenzione sul difficile rapporto essere umano natura e per spingere a riflettere su come possiamo ripensarlo in un'ottica di sviluppo sostenibile». Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 1 ottobre 2022

p. 11, edizione Belluno

Rifugio Auronzo: estate con i fiocchi

«Stagione estiva più che positiva per il Rifugio Auronzo con un'affluenza stimabile in 9 10 mila turisti di cui moltissimi stranieri. A parte la tradizionale presenza dei tedeschi dicono al rifugio quest'anno si è assistito al ritorno in massa dei visitatori orientali organizzati dalle agenzie turistiche. Invece su iniziativa singola molti sono i francesi che stanno scoprendo, grazie al sito Unesco ed ai social, questa parte delle Alpi. Ci sono poi moltissimi olandesi, spagnoli e cechi. Insomma ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo si intrecciano escursionisti di tutto il globo»: il giudizio entusiasta sul bilancio stagionale è del presidente della sezione cadorina di Auronzo del Cai riguardo all'andamento del rifugio Auronzo ai piedi del versante sud delle Tre Cime di Lavaredo. Non solo, anche se con un tempo atmosferico più bizzoso e a singhiozzo, pure in questo periodo c'è il pienone. «L'altro ieri commenta il presidente del sodalizio, Stefano Muzzi abbiamo registrato il record assoluto stagionale di avventori, quasi 200 che si sono alternati in sala da pranzo che può contenere dalle 110 alle 120 persone. Sarà anche che, dopo i precedenti giorni d'incertezza atmosferica, molti costretti a valle hanno approfittato della finestra favorevole per salire in quota. Di qui l'affollamento se non altro perché quasi tutti gli altri rifugi dei dintorni sono già chiusi».

LA SCADENZA

Il rifugio Auronzo, dove nei giorni scorsi è già caduta la neve, rimarrà aperto, condizioni di percorribilità permettendo, fino al 15 ottobre, mente il Comune di Auronzo di Cadore fa sapere che la strada e i relativi parcheggi saranno accessibili fino a che il meteo lo permetterà. «Del resto prosegue Muzzi non ci sono stati grossi problemi, seppure ci sia stato un po' di trambusto a causa dei lavori in corso per l'ammodernamento della ricettività ai piani. Interventi ora ultimati che hanno riguardato pavimenti, infissi e scale, e tali da rendere ora il rifugio pienamente funzionante e dotato di quasi 100 posti letto, oltre a quelli riservati al personale. Per il prossimo anno invece abbiamo intenzione di intervenire con un'opera di restyling sull'esterno del fabbricato e di rinnovare l'impianto di illuminazione, sia perchè risale agli anni Cinquanta del secolo scorso, sia per l'imperativo risparmio energetico».

ALL'ORIZZONTE

Su questo ultimo fronte i problemi per Stefano Muzzi non hanno pesato più di tanto in quanto l'elettricità e il riscaldamento dipendono al 90 per cento dal gasolio per il funzionamento del generatore autonomo e per il 10 per cento dal gas destinato alla cucina. Sul fronte della siccità da un lato per il prolungato soleggiamento ha certamente favorito l'afflusso turistico in montagna, ma dall'altro ha creato non pochi problemi a tanti rifugi. Per l'Auronzo invece, grazie alla recente creazione di una terza vasca, tutto è andato liscio e il rifornimento garantito senza l'utilizzo di autobotti. «Anche se conclude Muzzi la vasca è stata creata soprattutto per avere l'acqua durante l'apertura invernale prevista anche nel 2022 2023».

Gianfranco Giuseppini

p. 29

Tre Cime: parcheggi pieni strada aperta, turisti... a piedi

LA STORIA

Strada per le Tre Cime aperta, tempo che invita a belle passeggiate in montagna, parcheggi pieni e turisti... a piedi.ll fuori stagione da tutto esaurito ha colto di sorpresa in tanti, a partire forse dall'azienda Dolomitibus che, in concomitanza con l'introduzione degli orari invernali, ha cessato nello scorso weekend, come peraltro da programma, il servizio della linea numero 31 da Auronzo con destinazione Tre Cime e viceversa. Eppure di turisti, principalmente stranieri, in strada ce ne sono ancora tanti di questi tempi. Turisti che, per riuscire ad arrivare al rifugio Auronzo (anch'esso allo stato ancora aperto) usufruendo del servizio pubblico, devono necessariamente ricorrere agli autobus altoatesini della Sad che, contrariamente a quanto avvenuto per il Bellunese, il servizio per le Tre Cime con partenza da San Candido e Dobbiaco lo hanno confermato; sicuramente fino a domenica ma, più probabilmente, visto il meteo clemente, fino a nuova comunicazione. Tutto bene? Non proprio.«In questi giorni c'è il pienone da queste parti, basta aprire la porta la mattina per vedere il flusso di macchine verso il casello, i parcheggi pieni sia qui al lago Antorno e sia giù a Misurina, ma anche su al rifugio Auronzo», racconta, in modalità "sentinella", Mario Corte Metto, proprietario dello chalet lago Antorno, invidiabile

Corriere delle Alpi | 7 ottobre 2022

punto di passaggio da e per le Tre Cime, «sicuramente il bel tempo aiuta ma, in questo periodo, si celebra l'unificazione della Germania, una festività molto sentita dai tedeschi che ne approfittano per brevi periodi di vacanza».Premesse incoraggianti, con disguido annesso: «Stiamo raccogliendo numerose lamentele da parte di turisti stranieri che da Misurina non riescono a raggiungere le Tre Cime in autobus perché non trovano più le corse Dolomitibus, e contestualmente non riescono a salire su quelle della Sad, che pure sono tante perché da Dobbiaco parte un bus ogni ora. Le corse della Sad non fanno sosta a Misurina ed al lago Antorno. La più vicina alle Tre Cime è quella di Carbonin».Una situazione che penalizza i tanti turisti ancora in giro tra le montagne bellunesi, impossibilitati a raggiungere le Tre Cime se non partendo da Dobbiaco o San Candido.«Il vero problema di questa situazione quantomeno curiosa è che i turisti stranieri non comprendono le motivazioni che spingono gli autobus della Sad a non fare sosta a Misurina, se non pr fare scendere passeggeri, nonostante le banchine attrezzate», prosegue nel racconto Mario Corte Metto, «tutti coloro che arrivano da noi chiedono spiegazioni guardandosi attorno stralunati. La considerazione comune è: "Perché l'autobus passa regolarmente ma non si ferma a caricare le persone?».Motivazione ai più sconosciuta perché, spulciando qua e la, non vi è traccia di un regolamento in tal senso. Probabile un accordo tra i vettori, operanti sui rispettivi territori di competenza, nella gestione del flusso dei passeggeri sul traffico locale. Ma un accordo che resta valido anche in assenza di uno dei due vettori a questo punto non pare davvero avere molto senso». Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE

Gazzettino | 7 ottobre 2022

p. 2, edizione Belluno

I rifugi periferici in grave difficoltà: «Impossibile aprire senza gli aiuti»

BELLUNO

«La situazione è tutt'altro che rosea: stiamo alla finestra ad attendere buone nuove». Mauro Fiorentini, presidente dell'Associazione gestori rifugi alpini del Veneto, vede nero ma vuole essere, comunque, fiducioso. «Per quelle strutture non raggiungibili da strade e impianti di risalita afferma l'inverno si prospetta duro. Più del solito rispetto a quando, comunque, arrivare da noi implica camminare a piedi o ciaspolare o fare sci alpinismo. Ma noi crediamo profondamente nella destagionalizzazione e quindi nel lavorare non solo a luglio e agosto ma anche in autunno e inverno quando la montagna è altrettanto bella come l'estate».

LA SITUAZIONE

Il presidente Fiorentini spiega che le prospettive non sono buone. «L'impennata dei costi energetici si fa sentire abbondantemente per tutti afferma tanto più per chi come noi gestori di rifugi combattiamo quotidianamente contro altre mille difficoltà come ad esempio il reperimento dell'acqua e lo smaltimento dei rifiuti. Va detto poi che anche al nostro interno tra rifugi cosiddetti isolati c'è chi è più e meno penalizzato. Lo è di più, ad esempio, chi ha il collegamento energetico via filo elettrico mentre lo è un po' meno chi ha i gruppi elettrogeni a gasolio e ancor meno chi ha i pannelli fotovoltaici. In aumento i costi anche di chi ha il riscaldamento a legna o a pellet».

TROPPA PRECARIETÀ

In questa situazione di precarietà di certezze, più di un gestore si è chiesto se valga la pena o meno aprire i fine settimana invernali come accadeva da qualche anno. «Ammortizzare questi costi - sottolinea Fiorentini - è davvero difficile. Già prima le aperture extra estive le facevamo soprattutto all'insegna della filosofia del fuori stagione che tanto ci sta a cuore ma che, di fatto, portavano pochi utili. Ora è ancor tutto più difficile».

Chi fa parte del sodalizio Agrav sogna una montagna accessibile e vivibile dodici mesi all'anno. O poco meno. «Il concetto di destagionalizzazione spiega Fiorentini è forte in noi che non pensiamo a un'accoglienza solo in estate ma anche nelle altre stagioni. Perché le cime è bello viverle anche nei momenti di minor affluenza e noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di fare la nostra parte pur con le mille difficoltà di chi è collocato fuori dalle mete tradizionali dello sci, raggiungibili facilmente con gli impianti di risalita. E su questo dovrebbe investire anche la Regione Veneto che tanto ci invita a crederci ma che, al contempo, non fa tutto quello che potrebbe. Penso ad esempio al Trentino che è da settimane che riempie pagine di giornali e schermate di tv con pubblicità di quanto sia bello andare in questa provincia in autunno. Per quanto riguarda il Veneto, invece, silenzio di tomba. E' per questo che dico che l'impegno deve essere condiviso altrimenti oltre che becchi noi rifugisti siamo pure bastonati. Perché aprire nei weekend fuori stagione, per noi, significa una gran fatica di ammortizzamento dei costi, tanto più se il meteo si rivela brutto e comporta quindi zero entrate».

LE VALUTAZIONI

Alla luce di tutto ciò, i rifugisti di periferia stanno facendo delle valutazioni per comprendere se il gioco vale la candela. «Non dovrebbe esistere ad esempio sottolinea il presidente il concetto di comunicare a posteriori gli aumenti energetici come invece pare accadrà. Si torna quindi al concetto di priorità che può avere la Regione a cui fa capo il turismo. Le interessa potenziare la destagionalizzazione e la valorizzazione del turismo montano? Allora si proponga in prima persona ad affrontare la differenza di costi che sicuramente avremo ma che, al momento, sono di difficile determinazione. In una situazione di tale difficoltà deve essere la politica a scendere in campo al nostro fianco altrimenti noi, pur con tutta la nostra volontà, non ce la faremo ad affrontare un fase storica epocale per le difficoltà che sta mettendo in campo. E se un aiuto ci verrà dato, spero non sia comunicato a dicembre. Perché noi abbiamo ora bisogno di sapere se potremo contare su aiuti energetici perché adesso vanno trovati i componenti del personale e fatte le scorte. Dopo sarà troppo tardi».

I rifugisti garantiscono weekend e Natale «Per il resto tutto dipenderà dal meteo»

l'allarme

Neanche il tempo di salutare la stagione estiva che per i rifugisti bellunesi è già il momento di decidere se, come e quando inaugurare quella invernale. I rincari di luce e gas rappresentano una preoccupazione reale. Per questo motivo, almeno coloro che per tradizione garantiscono l'apertura del proprio rifugio anche d'inverno hanno già iniziato a fare i primi conti in tasca. Non mancano idee e iniziative volte da un lato a salvare la stagione invernale ma dall'altra a limitare le spese che, vista la situazione, si presenta ingente. DECISIONI DELL'ULTIMA ORAIl sentimento comune è quello di attendere prima di sciogliere in via definitiva ogni riserva. Attendere principalmente buone nuove dalle istituzioni che pure hanno assicurati un intervento nell'intento di calmierare i costi di luce e gas. «Per il momento restiamo in una posizione di stand by, se aprire o meno lo decideremo nei primi giorni di dicembre», ha fatto sapere Marco Bergamo del rifugio Scarpa. Gli fa eco Diego Favero del rifugio Carestiato situato sul territorio agordino, «Non abbiamo ancora preso una decisione su cosa fare durante l'inverno. Garantiremo l'apertura quotidiana durante le festività natalizie, per il resto siamo un attimo alla finestra in attesa di capire come andrà a finire la situazione legata ai rincari. I costi di gestione di un rifugio durante l'inverno salgono vertiginosamente. Abbiamo il problema del gasolio, non solo per il rifugio ma anche per mettere in moto il gatto delle nevi che in inverno si rivela importante nel trasporto dei clienti oltre che degli approvvigionamenti. Per tentare di contrastare i rincari potremmo valutare la possibilità di tenere aperta la struttura solo durante i week end ma sono solo valutazioni dettate dal momento. Adesso ci godiamo qualche giorno di vacanza dopo l'estate». C'è chi, come il rifugio Bristot, proporrà anche d'inverno un trend ben consolidato durante l'estate: «L'apertura o meno sarà dettata dal meteo. Se favorevoli apriremo altrimenti resteremo a casa. Le comunicazioni saranno tempestive, attraverso le nostre pagine social». PRENOTAZIONIUn modo alternativo di contrastare le difficoltà legate ai rincari l'hanno pensato i giovani gestori del rifugio Chiggiato di Calalzo Silvio Piazza e la fidanzata Sara: «Fermo restando che possiamo annunciare sin d'ora che apriremo anche durante l'inverno, ci siamo già mossi per apporre dei correttivi con l'obiettivo di tentare almeno di tenere sott'occhio i costi energetici. Per quanto riguarda i pernottamenti, prenderemo prenotazioni solo per gruppi di minimo quattro persone. Scaldare le stanze per una, due persone non conviene di questi tempi. Per tutto il resto avendo i pannelli solari possiamo ritenerci soddisfatti. Una manna dal cielo». LA MACCHINETTA DEL CAFFE'«Alla luce dei rincari, secondo voi quando dovrei farlo pagare un caffè al cliente?». La domanda, pertinente, è posta da uno dei rifugisti storici del Cadore, Paolo De Lorenzo del rifugio Padova. «Solitamente apriamo nel periodo natalizio e così faremo anche quest'anno. Il problema è un altro però. Indipendentemente dal tempo di apertura c'è da capire come fare a recuperare i soldi dei rincari. Rincari che non riguardano solo luce e gas ma a cascata un po'tutto partendo dalle materie prime. I guadagni di un rifugista durante l'inverno in modo particolare non sono chissà cosa. Una tazzina di caffè oggi costa 1,20 euro. A parte che è aumentato il costo del caffè ma la macchinetta consuma due kilowatt e mezzo e la lavastoviglie per lavare la tazzina tre e mezzo. Che cosa facciamo? Lo facciamo pagare 5 euro quel caffè?».

CLIENTI VERRANNO? L'ultimo interrogativo interessa l'intero comparto senza distinzione di territorio o tipologia di rifugio: «Alla luce delle difficoltà economiche del periodo, i clienti verranno?». Domanda allo stato attuale priva di risposta. Perché se da un lato ci sono i rincari a preoccupare i rifugisti, dall'altro va sottolineato come la medesima situazione interessi ognuno tra le quattro mura di casa. «Rischiamo di aprire per poi ritrovarci senza ospiti. Tanto vale aspettare ancora un po' prima di prendere una decisione definitiva». Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

NOTIZIE DAI CLUB ALPINI ITALIANI DELLA REGIONE DOLOMITICA

Corriere delle Alpi | 27 ottobre 2022

p. 19

Altolà di alpinisti e ambientalisti

“No a Disneyland ad alta quota”

le reazioni

«Il turismo ecosostenibile? Il Club alpino italiano lo condivide. Ma attenzione a non trasformare la montagna più alta in una sorta di Disneyland». La raccomandazione è di Renato Frigo, presidente del Cai Veneto. Nel fine settimana le sezioni del Cai del Veneto e del Friuli Venezia Giulia terranno un'assemblea a Udine e in quella sede si discuterà anche di questa prospettiva. «Comprendiamo lo spirito di questa iniziativa del Veneto. Con la pandemia si è riscoperto un nuovo approccio con il creato, più responsabile. Va bene

Corriere
p.
delle Alpi | 10 ottobre 2022
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perseguirlo, ma attenzione», è la sollecitazione di Frigo, «anzitutto alla sicurezza. Le stanze panoramiche sono programmate per siti non sempre facilmente raggiungibili e, come certifica la casistica del soccorso alpino, non tutti sono preparati per camminare in alta montagna. E poi: saranno stanze aperte solo d'estate o anche d'inverno? Come la mettiamo con i servizi? ». È ovvio che non possono mancare tutte le autorizzazioni del caso. Già oggi per costruire un rifugio o una malga sopra i 1600 metri i vincoli sono severissimi. «Noi alpinisti considereremmo con maggiore disponibilità l'eventuale recupero e trasformazione di vecchi rifugi, magari inutilizzati, delle tante malghe abbandonati, di stavoli magari cadenti. Anche per bonificare un ambiente non dimentichiamo che una parte consistente delle Dolomiti beneficiano della protezione Unesco che presenta troppi ingombri, troppe brutture». Più preoccupata la prima considerazione degli ambientalisti. «Bene il risanamento degli ambienti abbandonati, ma nuove strutture, alle quote più alte, no grazie», mette le mani avanti Gigi Casanova, esponente di primo piano di Mountain Wilderness. «Tra l'altro, le stanze panoramiche sembrano destinate ad una clientela turistica di elevate disponibilità di spesa, quindi potrebbero risultare perfino discriminanti. Non sono affatto paragonabili ai bivacchi e alla sobrietà, alla essenzialità di questi presidi di sicurezza».La grande paura degli ambientalisti è che l'infrastrutturazione futura della stanza panoramica possa alla fine comportare un impatto ambientale troppo pericoloso, perfino di inquinamento. fdm© RIPRODUZIONE RISERVATAfdm

NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE E AMM

Corriere delle Alpi | 19 ottobre 2022 p. 33

Turismo soft in una montagna libera: nasce il manifesto della Marmolada

Il documento

Francesco Dal Mas

«Il turismo si deve fermare quando diventa un fattore di stress per le popolazioni (umane e non umane) locali, e quando rappresenta una minaccia per la qualità della vita dei residenti e per la capacità di perpetuarsi dei servizi ecosistemici». È una delle grandi "lezioni" della Marmolada, con la tragedia di quattro mesi fa: 11 morti il 7 luglio 2022.Il ghiacciaio della Marmolada è ancor off limit; ad oggi non si sa neppure se si potrà sciare sulla pista più lunga d'Europa, 12 km, da punta Rocca a Malga Ciapela, persiste infatti l'ordinanza di chiusura del Comune di Canazei. Ma il Collegio regionale veneto Guide alpine, insieme al Cai e al Cnsas del Veneto hanno deciso di organizzare il 30 ottobre a Alleghe una manifestazione in ricordo delle vittime del crollo di un muro del ghiacciaio, in memoria delle quali presenteranno anche un "manifesto" che loro definiscono "etico", ma che in verità è anche politico e sociale.«Gli eventi del 3 luglio in Marmolada hanno scosso profondamente tutti noi, e la scomparsa di due colleghi in quelle circostanze è certamente un evento a cui nessuno di noi era preparato», anticipa il presidente delle Guide alpine del Veneto Marco Spazzini, che le pareti strapiombanti della Marmolada le conosce come le sue tasche. «Nei giorni successivi, quando il bilancio della tragedia stava diventando chiaro a tutti», spiega Spazzini, «è nato su iniziativa di Lucia Montefiori, il nostro segretario, un manifesto etico delle guide, figlio dell'esigenza di dare una cornice di senso alla catastrofe appena successa e della voglia di onorare così la memoria dei colleghi scomparsi». Un elenco di cinque principi a cui ispirare il lavoro delle guide e che, successivamente, è stato fatto proprio sia dal Soccorso alpino che dal Cai. Domenica 30 ottobre ad Alleghe, nella sala congressi A. Franceschi, a partire dalle 16.30 la sottoscrizione popolare. Interverranno Spazzini, il presidente del Cai Renato Frigo e il presidente del Cnsas Rodolfo Selenati, che venerdì a Belluno illustreranno l'iniziativa con maggiori dettagli. È infatti prevista anche una fiaccolata.Guide, soccorritori e alpinisti del Cai rivendicano anzitutto ed è il primo punto del manifesto il diritto universale alla frequentazione libera degli ambienti naturali. Una libertà che in taluni ambienti era stata messa in discussione dopo i morti del 3 luglio. «Chi decide di frequentare gli ambienti naturali, ne accetta i rischi e se ne assume la responsabilità: riconosciamo che nessuno può garantire la sicurezza totale in un ambiente incontrollabile e caratterizzato da rischi oggettivi, ma sappiamo anche che i rischi soggettivi possono essere ampiamenti mitigati dalla conoscenza del territorio, dall'acquisizione di competenze e dal sapere che viene dall'esperienza». Un passaggio importante, questo, perché siamo alla vigilia, fra l'altro, di probabili decisioni da parte della Magistratura di Trento, a seguito delle indagini sul drammatico evento. Il manifesto conferma, al secondo punto, il rifiuto di una visione politica della montagna ridotta a parco giochi, ma anche a infrastruttura di svago regolamentata. Magari con le bandierine a segnare le zone di rischio. E con le ordinanze a dire dove (non) si può salire. «È importante che si diffonda la consapevolezza del fatto che nessuno può avere il controllo di fattori stocastici: non i sindaci, non il soccorso alpino, non le guide. Gli ambienti naturali sono dinamici e in costante evoluzione: chi non è disposto ad assumersi la responsabilità, con consapevolezza, del contatto con la natura, deve fare autocritica e rinunciare alla frequentazione di questi ambienti».Chi va sulle terre alte non può che riconoscere, ovviamente ed è il terzo punto del manifesto i cambiamenti climatici come fattore di complessità crescente degli ambienti naturali. «Sappiamo che in questi ambienti in evoluzione sono sempre più frequenti episodi inediti ed estremi. Come guide ci impegniamo a continuare la nostra formazione sul tema e a fare opera di educazione e

divulgazione tra i nostri clienti: diffondere la conoscenza sui fattori di adattamento e mitigazione è un atto di responsabilità verso le generazioni future». Analogo impegno da parte del Cai e del Soccorso alpino.Per quanto riguarda poi l'attività turistica, il Manifesto riconosce gli impatti ambientali e impegna gli operatori a promuovere una frequentazione etica e responsabile degli ambienti naturali. «Come operatori turistici, sentiamo l'esigenza di lasciare la nostra impronta sul mercato, incentivando modalità di fruizione che non consumino il territorio, e che siano rispettose dell'ambiente».La conclusione del manifesto è un forte appello alla partecipazione, ritenuta «fondamentale per governare nel modo migliore la complessità in evoluzione dei territori di montagna». La partecipazione così intesa è la creazione di reti tra istituzioni, imprese, cittadini, terzo settore e professionisti è un aspetto cruciale nella prevenzione dei conflitti sul territorio e nella condivisione di una visione per il futuro.«Le guide», si legge (ma il discorso vale anche per Cai e Soccorso alpino), «presidiano i territori impervi e si impegnano in un ruolo di sentinelle privilegiate, attori di una sorveglianza diffusa sui segnali di cambiamento, in un'ottica di collaborazione con gli altri soggetti presenti sul territorio». © RIPRODUZIONE

NOTIZIE DAI SENTIERI

Alto Adige | 1 ottobre 2022 p. 32

E bike sui sentieri stretti, si attiva la difensora civica

val d'isarco

Della questione se ne sta occupando anche la Difensora civica Gabriele Morandell, assieme alla assessora provinciale Maria Hochgruber Kuenzer. Stiamo parlando della convivenza tra biciclette elettriche ed escursionisti sui sentieri di montagna. Infatti, sono sempre maggiori le lamentele degli escursionisti che nei sentieri magari stretti e in certi casi dove è bene prestare attenzione, incontrano o si scontrano con gli E biker. La questione sempre più calda, per via dell'aumento nella presenza e nella diffusione di questo tipo di escursionista ciclo munito, è stata affrontata nel corso di un incontro a due tra Morandell e Kuenzer. Sentieri troppo stretti per due filosofie diverse nella fruizione della montagna che, idealmente ma anche letteralmente, rischiano di scontrarsi!«Più di una volta gli escursionisti si sono rivolti a noi lamentandosi delle biciclette elettriche sugli stretti sentieri di alta montagna o sulle ripide vette. La guida spericolata senza limiti di velocità rappresenta un pericolo per tutti gli escursionisti che si trovino sui percorsi montani che evidentemente non possono immediatamente farsi da parte», ha spiegato Morandell, come riportato dalla Tagesschau su Rai Südtirol, aggiungendo anche che «i cittadini si informano sempre sulle norme e sui regolamenti e per questo rimangono molto sorpresi dal fatto che, in pratica, siano pochissimi i percorsi in cui è vietato andare in bicicletta», spiega la Difensora civica.Nel corso dell'incontro, la Consigliera provinciale Kuenzer ha sottolineato come la maggiore presenza di biciclette elettriche nei luoghi della natura prima difficilmente raggiungibili sulle due classiche ruote, abbia aumentato notevolmente il traffico sui sentieri escursionistici. Di conseguenza, anche l'impegno richiesto per la manutenzione dei sentieri nelle aree protette è cresciuto.«Sarà necessario sviluppare e attuare misure a beneficio della natura e del paesaggio, ma anche per favorire una buona coesistenza tra escursionisti ed E bikers. Prima di pensare a ulteriori regolamenti e sanzioni, sarebbe molto importante sensibilizzare tutte le parti interessate su questo delicato tema», ha precisato Kuenzer, differenziando la questione della presenza delle bici a trazione agevolata su sentieri forestali, rispetto alla loro presenza su sentieri escursionistici stretti e meno accessibili. Come risultato congiunto della discussione, l'assessora provinciale Kuenzer e la Difensora civica Morandell propongono la convocazione di una tavola rotonda con le autorità forestali, i rappresentanti dei parchi naturali, del turismo, dei comuni e delle associazioni interessate, al fine di adottare congiuntamente misure adatte per favorire il rispetto reciproco e al contempo rafforzare la sensibilità per la protezione del nostro prezioso paesaggio. Resta da capire se le due posizioni siano conciliabili o meno. J.M.©RIPRODUZIONE

RISERVATA

NOTIZIE DAI PARCHI

Corriere delle Alpi | 4 ottobre 2022 p. 17

Parco, 800 mila euro per sistemare i sentieri: «Attendiamo richieste»

Raffaele Scottini

BELLUNO

Anche il Ministero è consapevole di quanto siano preziosi i sentieri per il turismo naturalistico. Per questo motivo ha messo nelle mani del Parco nazionale Dolomiti bellunesi più di 800 mila euro, da distribuire sul territorio per migliorare e potenziare una rete che solo nei confini dell'area protetta conta oltre 300 chilometri di sentieri Cai, svariati percorsi didattici realizzati direttamente dall'ente Parco e numerosi itinerari curati da associazioni di volontariato locale. Un'offerta sentieristica così ampia costituisce un elemento di attrattività turistica, ma la sua notevole estensione comporta anche un grande impegno per garantirne la piena efficienza. Per questo da Roma sono arrivati due finanziamenti, rispettivamente di 400 mila euro e 410 mila euro, con cofinanziamenti a Cai, Comuni e Unioni Montane da impiegare entro il 2023 per interventi di manutenzione. Per utilizzare al meglio questi fondi il Parco ha convocato, nel giugno scorso, un incontro di coordinamento con tutte le sezioni Cai che operano nel Bellunese, la Regione, la Provincia e il Consorzio Bim. Le sezioni del Cai sono state incaricate di rilevare le esigenze di intervento sul territorio di loro competenza. Sulla base delle indicazioni fornite dal Club alpino, il Parco cofinanzierà gli interventi realizzati dal Cai, dalle Unioni montane o dalle amministrazioni comunali sui sentieri che attraversano il territorio dei quindici Comuni che fanno parte dell'area protetta. Una piccola parte delle risorse è già stata assegnata: 23 mila euro al Cai di Feltre per la manutenzione del sentiero numero 802 che sale ad Erera e del sentiero 851 sul Pizzocco; al Cai Belluno 12 mila euro per interventi sul sentiero di accesso al rifugio 7° Alpini.Una serie di altre cose sono in movimento: «Con l'amministrazione di Belluno siamo già abbastanza avanti per il ripristino del sentiero dell'Ardo, che dalla confluenza con il Piave porta all'interno del Parco», dice il presidente dell'ente Ennio Vigne. «Abbiamo un ragionamento aperto con Gosaldo per il ripristino della "Montagna dimenticata", un altro riguarda Pian Fontana, ma stiamo stimolando anche i Comuni extra Parco attraverso il coinvolgimento delle Unioni montane».Il pensiero è rivolto al prodotto turistico: «Non possiamo pensare di avere un sentiero messo a posto e a fianco no, perché magari siamo fuori Parco. Quindi stiamo facendo questo ragionamento di squadra e sono convinto che entro la fine dell'anno una parte rilevante delle risorse del biennio verrà messa in movimento, per essere pronti in modo partire con i cantieri quando si riapre la stagione», dice il presidente Ennio Vigne. Che aggiunge: «L'impegno del Parco a sostegno della manutenzione della rete sentieristica è sempre stato rilevante negli anni. Grazie a questi finanziamenti straordinari di oltre 800 mila euro potremmo intervenire in modo ancora più incisivo ed efficace sui sentieri, che costituiscono non solo il presupposto essenziale per garantire la fruibilità e l'accesso ai nostri territori da parte dei visitatori, ma anche uno straordinario patrimonio storico-culturale».Tra le iniziative più recenti si possono ricordare l'accordo tra il Parco e le sezioni del Cai di Belluno, Feltre, Longarone, Oderzo, Agordo e Val di Zoldo, sottoscritto nel 2018 e poi rinnovato annualmente, che prevede l'erogazione di 32 mila euro all'anno per interventi su sentieristica, bivacchi e altre strutture a servizio degli escursionisti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

L’Adige | 20 ottobre 2022 p. 33

Turismo Sostenibile al Parco

STREMBO

Cosa deve fare un Parco naturale? Se lo chiedi a Walter Ferrazza, presidente da quasi due anni dell'Adamello Brenta, ti dirà quel che ti avrebbe detto il primo, Carlo Eligio Valentini, poco più di trent'anni fa, quando il Parco nacque dalla legge Micheli del 1988: "Il Parco deve essere un'entità dinamica, non un museo". Tradotto? Deve fare ricerca scientifica, protezione ambientale (non per niente si chiama area protetta), ma senza imbavagliare il territorio. E basta? Diciamo che in questa filosofia ci sta pure l'attività turistica. «Sì, però turismo sostenibile», direbbe subito Ferrazza, come lo hanno detto i suoi predecessori che nel 2006 ottennero la Carta europea del turismo sostenibile. E la battuta viene subito: vorrei vedere...Ora il Parco naturale Adamello Brenta decide di coinvolgere il mondo (il suo mondo, quello delle valli del Trentino occidentale) in un'operazione ascolto. «Cets si legge in un comunicato è uno strumento pensato per migliorare la gestione delle aree protette in un'ottica di sostenibilità, anche sotto il profilo delle visite e dell'attività turistica. Quest'anno è previsto il quarto rinnovo della certificazione, che comporta la definizione delle azioni da sviluppare nel quinquennio 2023 2027». In questi giorni il Parco ha scritto agli attori territoriali (Comuni, Comunità di Valle, Asuc, Pro loco e così via) invitandoli a proporre qualche progetto o azione da inserire nel nuovo Piano d'Azione. A Strembo (sede del Parco) mettono le mani avanti e fanno sapere che "le proposte dovranno ovviamente essere coerenti con le finalità generali della Cets e dovranno pervenire entro la prima metà di novembre".Intanto, per parte sua, la giunta del Parco sta pensando di inserire nel Piano d'azione alcune iniziative che fanno già parte della "linea Ferrazza": Parco senza frontiere (per migliorare l'accessibilità di alcune aree); Let's green No Time to Waste (per eliminare la plastica dai rifugi); Progetto Grande Guerra (per valorizzare i percorsi escursionistici e le testimonianze relative alla Prima Guerra Mondiale, che su queste montagne si combatté duramente); I Martedì del Parco (eventi serali nei Comuni del Parco dedicati a tematiche diverse).«Sono attività spiegano al Parco che si affiancano ai Tavoli di confronto su temi istituzionali (convenzioni con le Amministrazioni locali per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria), turistici (mobilità sostenibile, escursioni guidate) o educativo/divulgativi (progetti rivolti alle scuole, progetti culturali)».Il Parco avverte che eventuali proposte vanno fatte «compilando il file inviato in questi giorni a tutti i Comuni e va spedito all'indirizzo mail info@pnab.it, o utilizzando in alternativa il sistema di interoperabilità PiTre, oppure ancora compilando il modulo online disponibile a questo link shorturl.at/gMR69».Fin qua gli epistolari. Però, perché non restino solo parole sulla carta, per il mese di novembre il Parco organizzerà un momento di incontro e confronto

plenario, con tutti i soggetti proponenti, per la condivisione del Piano d'azione della Cets. Chiosa finale: in questa occasione si vedrà quanto i soggetti territoriali saranno in grado di proporre. G.B.

Corriere delle Alpi | 21 ottobre 2022

p. 25

Una farfalla sconosciuta scoperta sulle Vette «Valore straordinario del territorio del Parco»

scienza e natura

La natura non smette mai di regalare sorprese e meraviglia. La "Busa delle Vette", nei pressi del rifugio Dal Piaz, è uno tra i luoghi più noti del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi ed è stato ribattezzato "Busa delle meraviglie" dall'alpinista Severino Casara perché non cessa di stupire e di offrire nuove sorprese ai ricercatori che ne studiano la flora e la fauna. Proprio qui è stata scoperta una nuova specie di farfalla.Mai identificata prima d'ora, è stata battezzata Megacraspedus laseni, in onore del professor Cesare Lasen, primo presidente dell'area protetta. La scoperta è stata fatta da Giovanni Timossi, un entomologo che collabora da anni con il Parco delle Dolomiti Bellunesi, studiando soprattutto le falene e i microlepidotteri (ovvero le farfalle più piccole, con aperture alari di pochi millimetri).Durante alcuni monitoraggi condotti tra il 2016 e il 2018 per conto dell'ente di villa Binotto, ha raccolto due esemplari di una piccola farfalla che in seguito è risultata essere, ad un esame approfondito condotto sia sulle caratteristiche morfologiche che attraverso analisi genetiche, una specie sconosciuta alla scienza.La zona è quella di Busa delle Vette. Questa grande conca d'alta quota, scavata dall'azione di antichi ghiacciai e oggi occupata da pascoli e ghiaioni, è caratterizzata da una ricchezza floristica unica al mondo. Basti pensare che qui sono state raccolte per la prima volta ben tre specie di piante poi risultate nuove per la scienza: Minuartia graminifolia, Rhizobotrya alpina e Alchemilla lasenii. Adesso è stata individuata una nuova piccola farfalla notturna (ha un'apertura alare di poco superiore a 1 centimetro), battezzata dallo scopritore Megacraspedus laseni. Ne sono stati raccolti solo due esemplari, entrambi maschi, caratterizzati da ali bianche con lunghe frange lungo il margine.Le altre specie conosciute del genere Megacraspedus sono caratterizzate dal fatto che le femmine hanno ali di dimensioni ridotte (tecnicamente si dicono brachittere) che le rendono incapaci di volare. Le larve di questi insetti si nutrono delle radici o delle parti basali degli steli di diverse piante erbacee.«Questa scoperta», commenta il presidente del Parco Ennio Vigne, «testimonia ancora una volta lo straordinario valore naturalistico dei nostri territori ed evidenzia la necessità e l'importanza di approfondire sempre più le ricerche scientifiche, che sono una delle finalità istitutive dei Parchi nazionali e permettono, come in questo caso, di fare nuove scoperte anche in aree che sono studiate da decine di anni. La dedica del nome al professor Lasen», conclude il presidente dell'ente, «è un giusto riconoscimento al suo pluriennale impegno per lo studio e la salvaguardia della biodiversità delle nostre montagne».Raffaele Scottini© RIPRODUZIONE RISERVATA

NOTIZIE DAI MUSEI

delle Alpi | 4 ottobre 2022 p. 27

"Museo fra le nuvole": con il rifugio chiuso un settembre in rosso I dubbi di Messner

Cibiana

Sul monte Rite ha concluso la stagione estiva, a fine settembre, anche il "Museo fra le nuvole" di Reinhold Messner. E lo ha fatto con qualche preoccupazione. Da fine agosto, quando ha interrotto l'attività il rifugio Dolomites, gli arrivi in vetta sono infatti drasticamente calati. Soprattutto da parte degli italiani, e questo nonostante una puntuale campagna pubblicitaria. gestioni "contaminate"Si sa che in questi 20 anni di attività, il museo ed il rifugio, pur avendo gestioni separate, si "contaminano" in fatto di visitatori. In valle ci si chiede, pertanto, se la prossima estate, perdurando la crisi energetica che ha comportato la disattivazione del rifugio, Messner sarà interessato a dare continuità al museo, impegnato com'è a consolidare altre esperienze analoghe. Analoghi interrogativi si pongono a valle, dove il Taulà dei bos perderà, a fine mese, l'attuale gestore Federico Vicentini e le conseguenze potrebbero ripercuotersi negativamente sul "Campo base", l'altra sala allestita dal grande alpinista. Almeno per qualche mese, dunque, il Paese dei murales e di Messner rischia di rimanere senza due dei punti di riferimento dell'accoglienza: il Taulà, appunto, e, più di mille metri in alto, il rifugio; peraltro l'unico tra quelli alpini a rimanere aperto tutto l'anno, anche in presenza di due metri di neve. i "desiderata" di MessnerMessner ha sempre detto anche l'ultima volta che è stato a Cibiana, ai primi di agosto che non avrebbe nessuna intenzione di abbandonare il

Corriere

paese, ed il Rite in particolare. A patto, però ha fatto capire che i conti tornino. E cioè che i visitatori siano così numerosi da poter dare copertura anche ai maggiori costi. Si sa che l'alpinista è rimasto deluso dalla mancata risposta della Regione alle ripetute richieste di attrezzare il Rite di una mini funivia, oppure di una micro telecabina, in modo da poter garantire l'apertura del rifugio e del museo tutto l'anno. Solo recentemente l'assessore Federico Caner ha fatto sapere che sono allo studio contributi per i piccoli collegamenti a fune.Cibiana sulla graticolaMa a Cibiana si vorrebbe anzitutto capire se un impianto, il meno invasivo possibile, dal passo al Rite è davvero proponibile e finanziabile. Altrimenti, si dice, ci si mette il cuore in pace. Messner per il Rite, in questi 20 anni, ha voluto dire quasi tutto. Gli escursionisti stranieri, specie quelli di area tedesca, risentono tutti della sua influenza. Quindi Cibiana non può perderlo. Ma proprio per questo c'è chi vorrebbe che, mentre il Taulà rimane aperto almeno un altro mese, il gestore del Dolomites fosse messo nelle condizioni di riaprire subito, approfittando magari della cosiddetta ottobrata destinata a portare numerosi appassionati in quota e di continuare per tutto l'inverno, fino alla scadenza primaverile del contratto. Chi arriva a piedi in cima, dopo due ore abbondanti di salita, e trova tutto chiuso, ha una reazione che a Messner per primo proprio non piacerebbe. Il gestore ha avuto un incontro con gli amministratori di Cibiana e in questi giorni sta decidendo se ritornare sui propri passi o consegnare definitivamente le chiavi. francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

INTERVISTE ED EDITORIALI

Messaggero Veneto | 7 ottobre 2022 p. 33, edizione Udine

L'assessore Zannier: «Ogni vallata è diversa e va rispettata l'unicità»

Forni di Sopra

«Quando si discute di montagna in Friuli Venezia Giulia si corre il rischio di pensare ad essa come a una destinazione univoca. Ma per la sua varietà, anche in considerazione delle diverse attività che vi si svolgono, la montagna friulana è più di una». L'assessore regionale alle Risorse agroalimentari, forestali, ittiche e montagna Stefano Zannier, ha portato la sua riflessione all'evento "Dolomiti mountain school. Quali turismi per la montagna friulana", in corso tra ieri e oggi a Forni di Sopra. «Ci sono esigenze completamente diverse da vallata a vallata anche per numero di abitanti e tenuta sociale ed economica. La pianificazione deve tener conto di un territorio non omogeneo e porsi l'obiettivo di superare la soglia minima di popolazione che abita e vive in montagna per garantire la sopravvivenza della montagna stessa», ha sottolineato Zannier. «Alcune attività possono proseguire solo se sono economicamente sostenibili. La Regione ha il compito di chiedersi fino a che punto può spingersi un intervento a sostegno e come bilanciare interessi di singoli e collettività». Quanto al turismo «in alcuni territori ci sono le infrastrutture adatte all'accoglienza, in altre un paesaggio incontaminato che va rispettato sviluppando attività che si rivolgono a una platea di turisti più contenuta ma più specializzata».Il convegno ha affrontato diversi temi legati alla valorizzazione delle Dolomiti. Il tessuto dolomitico in cui si inserisce Forni di Sopra, ad esempio, vanta una delle più vaste collezioni di reperti di dinosauri e altre forme di vita risalenti a oltre 60 milioni di anni fa. La geologia dell'area ne configura il paesaggio, unico al mondo e riconosciuto patrimonio dell'umanità Unesco. © RIPRODUZIONE

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