BUSINESS
NELLA FUND SELECTION
CI SONO POCHE DONNE
SRI
LA GRANDE RICLASSIFICAZIONE DEI FONDI SOSTENIBILI
INTERVISTE
COSIMO MARASCIULO (AMUNDI)
PATRICK ZEENNI (CANDRIAM)
PORTAFOGLI
FONDI MULTI ASSET
ALLA RISCOSSA
BUSINESS
NELLA FUND SELECTION
CI SONO POCHE DONNE
SRI
LA GRANDE RICLASSIFICAZIONE DEI FONDI SOSTENIBILI
INTERVISTE
COSIMO MARASCIULO (AMUNDI)
PATRICK ZEENNI (CANDRIAM)
PORTAFOGLI
FONDI MULTI ASSET
ALLA RISCOSSA
SONO CINQUE I FONDI CHE HANNO OTTENUTO IL RISCONOSCIMENTO FUNDSPEOPLE+ IN ITALIA NEL 2023. QUESTI PRODOTTI COMBINANO TRE PARAMETRI: LA CONSISTENZA NELLA GESTIONE, IL SUCCESSO NELLE VENDITE E LA PREFERENZA DEI FUND SELECTOR DEL SUD EUROPA.
NUMERO 71 MARZO 2023Combiniamo la potenza di quattro fattori trainanti del reddito per ottenere risultati resilienti.
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Il fondo è disponibile in esclusiva tramite UBS Global Wealth Management fino al 1 aprile 2023
SOLO PER INVESTITORI PROFESSIONALI/QUALIFICATI Comunicazione a fini promozionali.
Il valore degli investimenti e il reddito che ne deriva possono sia aumentare che diminuire ed è possible perdere una parte o la totalità dell’investimento iniziale. L’offerta è effettuata esclusivamente mediante Prospetto infomativo, unitamente al documento contenente le informazioni chiave KID
Per l’Italia: l’elenco completo degli Agenti per i pagamenti e dei Distributori è disponibile sul sito web dedicato Una sintesi dei diritti degli azionisti dei fondi è disponibile in italiano all’indirizzo https://www.capitalgroup.com/eu/investor-rights/ Questo materiale è emesso da Capital International Management Company Sàrl (“CIMC”). © 2023 Capital Group Tutti i diritti riservati
Visita Capital GroupFONTE DI OPPORTUNITÀ, CON APPROCCIO SELETTIVO, QUESTI INVESTIMENTI RESTERANNO DI DIRITTO NEI PORTAFOGLI ANCHE IN FUTURO. A CHIEDERLI SEMPRE PIÙ ISTITUZIONALI MA ANCHE INVESTITORI RETAIL.
Più asset reali e prodotti alternativi. La filiera dell’industria del risparmio gestito sembra essere concorde: gli investimenti alternativi sono giunti in soccorso dei portafogli dei risparmiatori proprio quando ne avevano più bisogno. Non è un caso che in un anno (il 2022) di ingenti perdite sia per l’azionario che per l’obbligazionario (e di correlazione tra le due asset class che non si vedeva da decenni), diversi fondi alternativi sono riusciti a chiudere con rendimento a due cifre. E che, proprio molti fondi alternativi, sono risultati anche tra i preferiti dei fund selector italiani, al momento di una selezione oculata.
Negli ultimi quarant’anni ci siamo abituati ad un mondo fatto di tassi in discesa (o negativi) di inflazione mediamente tra 1 e 3 per cento, in cui la globalizzazione era il tema chiave. Oggi stiamo vedendo un vero e proprio cambio di paradigma e questo non può che portare l’asset management a guardare al futuro con occhi diversi. Nei prossimi anni dovremo probabilmente pensare ad un mondo fatto di tassi mediamente elevati e con inflazione persistente. Bisognerà inoltre trovare nuovi equilibri geopolitici. Di riflesso, anche l’industria è chiamata a ragionare d’investimenti in modo differente. Il classico portafoglio 60/40 risorgerà dalle sue ceneri, come l’araba fenice? Quel che è certo, per gli esperti, è che la diversificazione resta importante oltre i confini di un ampio portafoglio 60/40, alla luce di rendimenti attesi positivi per le varie asset class e di una correlazione negativa meno affidabile tra azioni e obbligazioni.
In questo scenario, perciò, gli asset alternativi continueranno ad apportare un valore aggiunto agli investitori anche negli anni a venire. Secondo una survey recentemente pubblicata da State Street, il 68% degli investitori istituzionali intervistati prevede di continuare a investire sui mercati privati mantenendo gli attuali obiettivi. Non solo, anche i gestori attivi (il 66%) condividono l’idea che gli asset alternativi possano apportare un valore aggiunto agli investitori retail, alla ricerca di nuove fonti di diversificazione. Inoltre, il 72% degli intervistati ritiene che una maggiore trasparenza farà sì che gli asset del mercato privato saranno interessanti per gli investitori retail.
A maggior investimento e democratizzazione, però, corrisponderà maggiore attenzione dal punto di vista normativo e di trasparenza. La maggior parte dei gestori della survey citata prima, infatti, ritiene che le autorità di regolamentazione saranno costrette a introdurre requisiti di reportistica più stringenti con l’aumento della quota di investitori retail. Il tempo ci dirà.
8 Movimenti dell’industria
10 Il barometro in Italia
20 Rating FundsPeople+, la cinquina di quest’anno
24 Nella fund selection ci sono poche donne
28 Conoscenze, attitudini e comportamenti degli investitori italiani (secondo Consob)
32 Fixed income, la via della sostenibilità è tracciata
36 UE verso una politica energetica comune?
40 La grande riclassificazione dei fondi sostenibili
44 Asimmetria emergente
48 Private debt: lo slancio continua
52 Il costo dei fondi in Italia. A che punto siamo?
56 Quadro normativo sovranazionale, la vicenda dei fondi H2O
58 Cosimo Marasciulo (Amundi)
62 Giovanni Buffa (AcomeA SGR)
64 Catia Lippolis (Ersel SpA)
66 Orlando Vari (Fondo Pensione BNL BNP Paribas)
68 Luigi Conte (Anasf)
70 Patrick Zeenni (Candriam)
74 Fondi multi-asset alla riscossa
80 Una grande opportunità per le small e mid cap
83 La gestione del rischio, dai teschi alla finanza
86 Portafoglio Smart Consensus 2023 nuovi fondi, stesse tendenze
90 Design contemporaneo tra artigianalità e creatività
NADIA LINCIANO RESPONSABILE DIVISIONE STUDI, CONSOB Conoscenze, attitudini e comportamenti degli investitori italiani. Evidenze dall’Osservatorio Consob Pag. 28
CARLO ALTOMONTE, LUCA BAGATO, PATRIZIA BUSSOLI DOCENTI IN BOCCONI, UNICATT E H-FARM COLLEGE , COLLABORATORI, ASSIOM FOREX UE verso una politica energetica comune? Pag. 36
SIMONE BORSETTI RESEARCH ANALYST, MAINSTREET PARTNERS La grande riclassificazione dei fondi sostenibili Pag. 40
RICCARDO AMBROSETTI FONDATORE E PRESIDENTE, AMBROSETTI AM Il costo dei fondi in Italia. A che punto siamo? Pag. 52
MASSIMO MELPIGNANO AVVOCATO CASSAZIONISTA, STUDIO LEGALE MELPIGNANO Quadro normativo sovranazionale, la vicenda dei fondi
H2O Pag. 56
STEFANO BATTEL FUND SELECTOR, CIVIBANK La gestione del rischio, dai teschi alla finanza Pag. 83
ROBERTO FERRARI PRESIDENTE ESECUTIVO, CLUBDEAL DIGITAL Design contemporaneo, tra artigianalità e creatività Pag. 90
Gli eventi dell’ultimo anno hanno attirato con forza l’attenzione sulla necessità di una transizione energetica in grado di contenere il prezzo dell’energia e la sua volatilità, assicurare l’indipendenza energetica e contribuire a mitigare il cambiamento climatico.
Se da un lato è vero che la direzione è oramai segnata, dall’altro è fondamentale individuare i driver di crescita lungo i quali questo processo si muoverà, gli investimenti necessari e le opportunità associate.
Il primo driver è legato alla domanda di risorse indispensabili al processo di elettrificazione. I costi dei minerali rappresentano già buona parte degli investimenti in tecnologie per l’energia pulita – si va da circa il 20% dei costi delle reti elettriche fino a quasi il 40% per le batterie per veicoli elettrici – e la domanda aumenterà con il processo di transizione energetica. Secondo le previsioni, tra il 2020 e il 20401 la domanda totale di minerali triplicherà, aumentando di 28 volte se si guarda ai soli veicoli elettrici e batterie. Proprio l’aumento dei prezzi di cobalto, litio e nickel è stato alla base dell’aumento dei prezzi delle batterie registrato nel 2022. I potenziali colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento di questi materiali rappresentano una reale minaccia al processo di transizione. La capacità di soddisfare la domanda attesa richiede massicci investimenti in risorse e materie prime.
Il secondo, importante driver di crescita, è l’elettrificazione
Rischi
**Tra le altre fonti a bassa generazione di carbonio figurano il nucleare, i combustibili con cattura di carbonio e altre fonti rinnovabili Fonte: Credit Suisse, febbraio 2023
dell’energia necessaria per azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050. Raggiungere questo obbiettivo presuppone un mix energetico drasticamente diverso da quello attuale. Non solo la quota di energia elettrica potrebbe più che raddoppiare, a discapito dei combustibili fossili, ma netto dovrebbe esser anche il cambiamento nella modalità utilizzata per produrla. Fonti eoliche e solari la fanno ancora una volta da padrone, crescendo di circa 20 volte a discapito, ancora una volta, dei combustibili fossili2
La transizione alle energie rinnovabili richiede infine una crescita significativa delle infrastrutture di rete, in grado di sostenere la decentralizzazione degli impianti energetici e lo sviluppo di soluzioni intelligenti per la trasmissione, la distribuzione, lo stoccaggio e il consumo di energia. Ancora una volta, le previsioni parlano di investimen-
ti nelle reti distribuzione più che triplicati, dai meno di 300 miliardi di USD nel 2020, fino ai 1000 miliardi di dollari stimati nel 2040.
Attorno a questi tre driver, Credit Suisse Asset Management ha costruito il nuovo Credit Suisse (Lux) Energy Evolution Equity Fund. Il fondo, costituito da 4060 nomi tra le società esposte in maniera “pura” al tema mira a supportare il processo di transizione energetica, investendo lungo tutta la catena del valore: dai materiali alla produzione, alle infrastrutture per la distribuzione, lo stoccaggio e il consumo.
Se da un lato ciò pone il portafoglio in posizione favorevole per beneficiare appieno di tutti i driver di crescita associati al processo di transizione energetica, dall’altro permette anche di costruire un portafoglio maggiormente diversificato.
Infatti, non solo le aziende impegnate nelle diverse fasi del
ciclo produttivo hanno business model tra loro molto diversi, ma sono anche spesso esposte a fattori differenti. Ad esempio, l’esposizione alle utilities impegnate nella produzione di energia eolica o solare– tradizionalmente dalle caratteristiche growth e più sensibili agli aumenti dei tassi di interesse – sarà parzialmente diversificata dalle società maggiormente correlate con le materie prime. Correlazione che, se caratterizzasse tutto il fondo potrebbe esporre a maggiore volatilità ma, essendo associata solo a uno dei suoi sottotemi, permette di diversificare il portafoglio e avere una potenziale protezione nei contesti di inflazione crescente.
I benefici di tale tipo di costruzione, evidenti nell’anno appena concluso, permettono di conciliare il lungo orizzonte temporale che tradizionalmente caratterizza gli investimenti azionari bottom-up e la capacità di gestire meglio le diverse fasi del ciclo economico.
1. Include cromo, rame, alluminio, metalli per batterie (litio, nichel, cobalto, manganese e grafite), molibdeno, metalli del gruppo del platino, zinco, terre rare e altri.
2. Fonte: Agenzia internazionale per l’energia (2021), Net Zero by 2025. Le proiezioni sono basate sul fabbisogno di minerali del settore globale dell’energia per azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050. ESG è l’acronimo di «Environmental» (ambiente), «Social» (sociale) e «Governance» (governance). Per ulteriori informazioni sui criteri d’investimento ESG e sugli aspetti legati alla sostenibilità del fondo, si invita a prendere visione dei documenti legali e regolamentari del fondo (come il prospetto) e a visitare credit-suisse.com/esg. Oltre agli aspetti legati alla sostenibilità, la decisione di investire nel fondo dovrebbe tener conto di tutti gli obiettivi e delle caratteristiche del fondo come descritto nel prospetto o nelle informazioni che dovranno essere comunicate agli investitori in conformità alle normative in vigore.
Gli investimenti azionari non offrono alcuna protezione del capitale: l’investitore può quindi perdere una parte o la totalità del capitale investito in questo prodotto. Gli sviluppi geopolitici o le normative in ambito energetico e ambientale (o le loro modifiche) possono incidere molto negativamente sull’universo investibile sottostante e sugli investimenti del portafoglio. L’esposizione alle società di minori dimensioni potrebbe tradursi in un’elevata volatilità nel breve termine e comportare un rischio di liquidità. In determinate circostanze, una maggiore concentrazione in settori specifici può indurre uno scostamento significativo della performance rispetto agli indici di mercato più ampi. L’esposizione ai mercati emergenti e ai prezzi delle materie prime potrebbe far aumentare la volatilità: investire nei mercati emergenti è più rischioso che investire nelle piazze sviluppate, mentre l’investimento in società legate alle materie prime comporta un più alto grado di ciclicità. La considerazione di fattori ESG e di sostenibilità può incidere negativamente sulla performance azionaria. La documentazione completa d’offerta, comprendente tutte le informazioni sui rischi, può essere ottenuta gratuitamente facendone richiesta ad un consulente Credit Suisse, a un rappresentante o, eventualmente, tramite Fundsearch (credit-suisse.com/fundsearch).
Pubblicità di natura finanziaria
Esclusivamente per clienti professionali. Questa è una comunicazione di marketing. Si invita a fare riferimento al prospetto/documento informativo del fondo e al KIID prima di prendere qualsiasi decisione d’investimento finale. L’investimento promosso nel presente materiale di marketing riguarda l’acquisto di unità o azioni in un fondo e non di attivi sottostanti. Gli attivi sottostanti sono di proprietà esclusiva del fondo. Ove questi materiali contengano affermazioni relative al futuro, queste hanno natura previsionale, sono soggette a rischi e incertezze e non sono garanzia di risultati/performance futuri. La documentazione completa d’offerta, comprendente tutte le informazioni sui rischi, può essere ottenuta gratuitamente facendone richiesta ad un consulente Credit Suisse, a un rappresentante o, eventualmente, tramite Fundsearch (credit-suisse.com/fundsearch).”
Pubblicità di natura finanziaria
Ogni investimento è soggetto alle dinamiche del mercato dei capitali e non è mai assicurata la realizzazione di profitti. Il valore finale dell’investimento può essere quindi anche inferiore rispetto al suo valore iniziale. Credit Suisse
Italy S.p.A. è una banca autorizzata dalla Banca d’Italia e vigilata dalla CONSOB per lo svolgimento di servizi di investimento in Italia. La sede legale di Credit Suisse Italy S.p.A. è
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* NOTA DI REDAZIONE
Numero chiuso e stampato il 22 febbraio 2023.
1. Azionario: le strategie su cui puntare nel 2023
2. Obbligazionario: le strategie su cui puntare nel 2023
3. Fontanili (Generali A&WM): “Nella fund selection, la selezione dell’asset manager è prioritaria”
4. ETF: le strategie per il 2023
5. Quaestio SGR: la fund selection? finalizzata alla
creazione di un mandato per strutturare un prodotto “su misura”
6. Fare fund selection in Amundi? “Un processo qualiquantitativo rigoroso e strutturato”
7. I fondi preferiti dai fund selector italiani nel 2023
8. Club dei 500, i maggiori gestori esteri per patrimonio in Italia
Arriva una nuova presidente in Moneyfarm. La società internazionale di consulenza finanziaria con approccio digitale annuncia la nomina alla carica di Jayne-Anne Gadhia, fondatrice della fintech Snoop, app britannica di money management, ed ex AD di Virgin Money, la banca digitale del gruppo Virgin, che ha guidato per oltre dieci anni fino alla quotazione in Borsa nel 2018. Gadhia subentra al co-fondatore Paolo Galvani, che continuerà a rivestire il ruolo di consigliere e membro del Consiglio di Amministrazione di Moneyfarm.
DA
NON PERDERE
Cambio ai vertici di Candriam. Vincent Hamelink, attuale CIO, assumerà dal 1° maggio il ruolo di amministratore delegato del gestore. Succede a Naïm Abou-Jaoudé, nominato CEO di New York Life Investment Management, (di cui Candriam è una delle maggiori filiali di investimento). In virtù di questi cambiamenti, dalla stessa data, Renato Guerriero, attuale chief sales and distribution officer, ricoprirà il ruolo di vice AD, diventando responsabile dello sviluppo e della distribuzione globale. Abou-Jaoudé passerà alla presidenza del CdA.
8 FUNDSPEOPLE I MARZO PANORAMA MOVIMENTI NELL’INDUSTRIA
Arriva un nuovo chief investment officer per Smart Bank, la banca d’investimento digitale lanciata a settembre da Cirdan Group. Si tratta di Alessandro Brusadelli che, nel nuovo ruolo, si occuperà di Gestione della Tesoreria, della liquidità e del funding. Antonio De Negri, CEO di Smart Bank definisce l’ingresso del nuovo CIO come un passaggio fondamentale nella “strutturazione societaria interna” della società “unitamente alla continua evoluzione della piattaforma di Investment as a Service (IaaS)”.
Si rinnovano i vertici aziendali di Capital Group. Il gestore di fondi statunitense ha nominato Mike Gitlin nuovo CEO. L’attuale responsabile del reddito fisso assumerà le redini dell’attività del gestore di fondi statunitense alla fine del 2023. Succede a Tim Armour, attuale CEO dell’azienda. La nomina rientra nell’annunciato processo di transizione del CdA. Armour, attualmente CEO e presidente del CdA, e Rob Lovelace, vicepresidente e presidente, si dimetteranno a ottobre. Lovelace rimarrà nell’azienda come portfolio manager. Gitlin assumerà il così ruolo di presidente e CEO di Capital Group. Diventerà inoltre presidente del comitato di gestione.
n Randy Giraldo, Head of Europe, Nuveen Real Estate
n Christine Chow, Head of Active Ownership e Managing Director, Credit Suisse AM
n Jody Vender, Senior Advisor, Intermonte
n Mario Altieri, Country Head per l’Italia, Morgan Stanley
Novità in casa abrdn. La società ha nominato Peter Branner in qualità di chief investment officer, con effetto dal 1° maggio 2023. Il professionista riferirà a Chris Demetriou e Rene Buehlmann, Co-CEO per gli investimenti. Branner proviene da APG Asset Management, società di investimento pensionistico a livello globale con sede in Europa, dove, in qualità di CIO, è stato responsabile degli investimenti e della supervisione dei mercati pubblici e privati. In precedenza, aveva ricoperto il ruolo di CEO e CIO della società svedese SEB Investment Management a Stoccolma.
Un nuovo CEO e chairman per Russell Investments. Si tratta di Zach Buchwald, basato a Seattle, quartier generale di della società, assumerà il nuovo ruolo a partire dal 1° maggio succedendo a Michelle Seitz, che ha lasciato la società a fine 2022. In qualità di CEO, Buchwald avrà il compito di promuovere la crescita e i risultati della società in un momento in cui l’approccio è allineato con l’intensificarsi della necessità di soluzioni outcome-oriented e in cui i mercati finanziari richiedono una gestione complessiva e flessibile di portafoglio con una costante attenzione al rischio.
n Tiziano Bregagnollo, Executive Director, Vontobel Wealth Management SIM
n Andrew Schlossberg, Presidente e AD, Invesco
In un mercato come il nostro, con più di 35 mila fondi registrati per la commercializzazione, la grande sfida è filtrare l’intero universo per trovare i prodotti che si adattano ai portafogli. Per aiutarvi, FundsPeople rende noti i fondi con il Rating FundsPeople 2023 Solo 620 prodotti si distinguono per uno o più dei seguenti tre criteri:
Preferiti dagli analisti. Sono fondi che accumulano un minimo di cinque voti nel sondaggio annuale condotto in Italia, Spagna e Portogallo, rivolto ad analisti e selezionatori di fondi, su prodotti che, a loro avviso, eccellono per le loro caratteristiche uniche. Ci sono 27 prodotti che ottengono il Rating in questo modo.
Blockbuster. Sono i fondi più venduti sul mercato. Si tratta di prodotti che, al 31 dicembre 2022, hanno un patrimonio in Italia maggiore o uguale a 200 milioni di euro. Inoltre, per i prodotti locali teniamo conto anche del dato relativo alla raccolta accumulata negli ultimi tre anni, che deve superare il 25% del portafoglio a fine 2022. Sono 489 i fondi esteri e 81 quelli italiani che superano questo filtro. In totale, 570 prodotti registrati in Italia hanno ottenuto questo Rating.
Consistenti. Il team di analisi di FundsPeople ha sviluppato una nuova metodologia di calcolo del pilastro quantitativo del Rating FundsPeople. Da un calcolo basato sull’universo di fondi registrati in Italia passiamo a un calcolo effettuato su una base geografica più
ampia: quella dei fondi registrati in tutti i Paesi della zona euro. Chiamiamola Evoluzione numero 1. Entrano così nella nostra analisi comparativa gli oltre 18 mila fondi di investimento disponibili nella regione che soddisfano i nostri criteri a livello di track record e patrimonio gestito minimo di 10 milioni di euro al 31 dicembre 2022. Per il resto, la metodologia mantiene la sua struttura molecolare, classificando i veicoli di investimento che hanno ottenuto il miglior posizionamento rispetto ai peer in termini di rendimento e rischio in euro (deviazione standard) negli ultimi cinque anni.
In pratica, confrontiamo ogni fondo con tutti i prodotti della zona euro inclusi nella sua categoria Morningstar in base a due scorecard. Nella prima analizziamo i dati di rendimento e volatilità su periodi cumulativi di tre e cinque anni; nella seconda analizziamo le cifre per ciascuno degli ultimi cinque anni. In entrambi i casi, il rendimento e la volatilità hanno un peso rispettivamente
Nella sezione di Analysis, con lo strumento ‘Cerca un fondo’ , sul sito FundsPeople è possibile visionare il ranking completo dei prodotti con Rating FundsPeople 2023
https://bit.ly/3KnGnzM
del 65% e del 35 per cento. Ogni scorecard stabilisce la posizione relativa del fondo nella categoria di appartenenza e ci permette di assegnare il Rating ai fondi che hanno ottenuto il miglior punteggio per entrambe le scorecard. Ed è qui che passiamo all’Evoluzione numero 2: se prima consideravamo in modo statico i fondi posizionati nel primo quintile di ogni scorecard, adesso abbiamo stabilito come obiettivo quello di premiare almeno il 10% dell’offerta di fondi europei. In questo modo il primo quintile diventa dinamico.
Sono circa 1.800 i fondi consistenti europei, in base ai nostri criteri. Quelli registrati in Italia, che quindi hanno ottenuto il Rating FundsPeople 2023 secondo il parametro quantitativo, sono 620.
Nel complesso, in Italia contiamo 1.129 fondi di investimento con Rating FundsPeople 2023. Tra questi, solo cinque soddisfano contemporaneamente i tre criteri e si aggiudicano così il Rating FundsPeople+
Sono prodotti che hanno il favore degli analisti, sono consistenti e si distinguono per sottoscrizioni sul mercato italiano.
propria sui dati Assogestioni ordinati per patrimonio gestito al netto
EVOLUZIONE DI
E RACCOLTA FONDI
L’anno scorso è stato terribile per l’azionario. A livello globale, sia le small che le large cap si sono saldamente posizionate in territorio negativo. In un simile contesto gli investitori avversi al rischio tendono a evitare le small cap, cercando sicurezza nelle grandi aziende, con stati patrimoniali più solidi e business affermati. Più che comprensibile. Ma in futuro?
La storia ci dimostra che il momento di iniziare ad allocare capitale nelle small cap potrebbe essere più vicino di quanto si pensi.
Vi sono opinioni condivise circa le prestazioni delle piccole e grandi aziende nei diversi scenari economici.
Il grafico mostra la performance media relativa delle small cap USA rispetto alle large cap prima, durante e dopo le recessioni, a partire dagli anni ’80. Naturalmente, ciascuna recessione è diversa, ciononostante, tre fattori spiccano.
In primo luogo, le grandi aziende tendono a sovraperformare quelle più piccole appena prima e all’inizio delle recessioni, poiché nelle fasi di caduta economica gli investitori preferiscono titoli più sicuri. In un secondo momento, questo schema si ribalta man mano che ci si avvicina all’uscita dalla recessione. Nei periodi di recovery, di solito le small cap sovraperformano le rivali
più grandi, in quanto, per loro stessa natura, sono più agili e capaci di reagire rapidamente ai cambiamenti del business e traggono vantaggio da un’economia in espansione e da un ritorno della propensione al rischio.
Ma il terzo punto è meno noto: infatti, storicamente, le small cap iniziano a sovraperformare le large cap poco dopo l’inizio di una recessione. Come si vede dal Grafico, questa ripresa può iniziare già dopo tre mesi dall’inizio di una recessione.
Ciò è dovuto al fatto che il mercato tende a scontare un recupero economico prima che si verifichi.
Nel 2022, le aziende di minori dimensioni hanno inseguito le controparti più grandi. In
Europa, l’anno è stato il peggiore in termini relativi da quando vengono registrati i dati comparativi. Ciò ha avuto un effetto a catena sulle valutazioni. Una dinamica simile si sta verificando anche negli Stati Uniti dove il calo delle valutazioni delle small cap in relazione alle large cap è il più ampio da più di 40 anni. Dopo aver raggiunto un simile livello di “economicità” all’inizio del 2001, le small cap statunitensi hanno poi sovraperformato le large cap nei successivi periodi di tre, cinque e dieci anni (dati Bloomberg, 31 dicembre 2022).
L’inflazione elevata resta il punto nodale di questa crisi, tuttavia, a nostro avviso, un contesto di alta infla-
zione non dovrebbe preoccupare eccessivamente gli investitori in small cap. Molte aziende di ridotte dimensioni operano in settori di nicchia e rappresentano dei tasselli cruciali all’interno di catene di fornitura complesse. Di conseguenza, possono imporre prezzi più elevati a dispetto delle loro dimensioni, disponendo anche dell’agilità necessaria per cambiare le fonti di approvvigionamento di merci e materiali.
Riguardo ai tassi di interesse, molti presumono che un contesto di tassi più elevati colpisca le small cap più delle large cap. Tuttavia, come si è visto di recente, anche diverse grandi società si sono trovate in difficoltà in un contesto di alti tassi d’interesse. In breve, la capacità di tenuta dipende soprattutto dalla qualità dell’azienda. Per questo ci concentriamo su aziende di profilo elevato, con leva finanziaria ridotta, forte redditività e utili costanti.
Si può dunque considerare questo un buon momento per investire in small cap? La risposta mainstream sarebbe no, ma la storia ci insegna che le small cap iniziano a riprendersi più in fretta durante le crisi economiche di quanto largamente ritenuto. Gli investitori potrebbero quindi cogliere delle grandi opportunità a lungo termine a prezzi decisamente convenienti.
Fonte: Assoreti. Sono inclusi i fondi speculativi e fondi chiusi. Dati consistenze patrimoniali al 31 dicembre 2022, in milioni di euro.
* Sono inclusi fondi e SICAV, gestioni patrimoniali e prodotti assicurativi/previdenziali. Dati al 31 dicembre 2022, in milioni di euro.
** Il dato si riferisce al numero di consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede con portafoglio > 0. Dati al 31 dicembre 2022.
Per rientrare nella categoria Blockbuster, i prodotti internazionali devono raggiungere i 200 milioni di euro di patrimonio distribuito nel mercato italiano. Fonte: Società di gestione e diverse piattaforme di distribuzione.
MS INVF Global Brands Fund
MS INVF Global Opportunity Fund
BGF World Healthscience Fund
JPM China A-Share Opportunities Fund
BGF Sustainable Energy Fund
CPR Invest Global Disruptive Opps
BGF World Technology Fund
Nordea 1 - Global Climate and Envir Fd
MS INVF Asia Opportunity Fund
M&G (Lux) Global Listed Infras Fd
JPM Global Healthcare Fund
JPM Global Focus Fund
JPM US Select Equity Fund
MS INVF US Advantage Fund
JPM US Value Fund
Invesco Global Consumer Trends Fund
JPM Emerging Markets Equity Fund
M&G (Lux) Glb Dividend Fd
Amundi Fds Global Ecology ESG
CPR Invest Climate Action
Allianz Global Artificial Intelligence
BGF Future of Transport Fund
Amundi Sviluppo Italia
JPM China Fund
MS INVF Global Infrastructure Fund
BGF Next Generation Technology Fund
Amundi Fds Pioneer US Equity Fdmtl Gr
JPM US Technology Fund
Invesco Sust Pan Eurp Struct Eq Fd
BGF Continental European Flexible Fund
Capital Group New Perspective Fund (LUX)
JPM Europe Equity Plus Fund
CPR Invest Hydrogen
JPM US Select Equity Plus Fund
JPM America Equity Fund
CPR Invest Food For Generations
Amundi Fds Global Equity Sustainable Inc
MS INVF Europe Opportunity Fund
MS INVF Global Quality Fund
BGF Circular Economy Fund
Amundi Fds Euroland Equity
Fidelity Global Technology Fund
Pictet-Robotics
Vontobel Global Equity
FF- Global Dividend Fund
Fidelity China Consumer Fund
Fidelity China Consumer Fund
Pictet - Global Environmental Opps
Pictet-Global Megatrend Selection
Pictet-Water
Schroder ISF Global Climate Change Eq
Goldman Sachs Global CORE® Equity Ptf
JPM Emerging Markets Opportunities Fund
BNP Paribas Disruptive Technology
BGF World Gold Fund
BNP Paribas Climate Impact
BNP Paribas Aqua
BNP Paribas Global Environment
CPR Invest Global Resources
MS INVF US Growth Fund
Amundi Fds Emerging Markets Equity Focus
JPM Thematics Genetic Therapies
BGF World Mining Fund
JPM Global Dividend Fund
BNP Paribas Aqua
KBI Global Sust Infras Fd
Amundi Fds European Equity Value
CPR Invest MedTech
Allianz Europe Equity Growth
Amundi Fds US Pioneer Fund
Invesco Japanese Equity Advantage Fund
Candriam Eqs L Oncology Impact
Candriam Sustainable Eq Em Mkts
Allianz Thematica
Invesco Asian Equity
Wellington US Research Equity Fund
Robeco Global Consumer Trends
BGF European Equity Income Fund
JPM Global Select Equity Fund
Nordea 1 - Global Stable Equity Fund
BNPP E MSCI USA SRI S-Sr PAB 5% Cpd
MS INVF Global Brands Equity Income Fund
BGF Emerging Markets Fund
CPR Invest Global Lifestyles
Allianz Global Sustainability
BGF World Energy Fund
BGF World Financials Fund
Carmignac Investissement
BNP Paribas Energy Transition
Amundi Fds European Equity ESG Improvers
UBAM 30 Global Leaders Equity
BNP Paribas Smart Food
Candriam Eqs L Emerging Markets
BGF European Special Situations Fund
RobecoSAM Smart Energy Equities
BNP Paribas Health Care Innovators
JPM Greater China Fund
BNP Paribas Euro Equity
DNCA Invest Beyond Global Leaders
JPM Pacific Equity Fund
CPR Invest Megatrends
Allianz Pet and Animal Wellbeing
BNP Paribas Consumer Innovators
Lazard European Alternative Fund
JPM Europe Select Equity Fund
BNY Mellon Dynamic U.S. Equity Fund
JPM Europe Dynamic Technologies Fund
Invesco Euro Equity Fund
MS INVF Global Insight Fund
Amundi Azionario Val Eurp a dist
Amundi Azionario Val Eurp a dist
Allianz Azioni Italia All Stars
Tendercapital Secular Euro
Fidelity Sustainable Water & Waste Fund
Eleva Eleva Abs Ret Eurp
UBS (Lux) ES Long Term Themes (USD)
abrdn China A Share Sus Equity Fund
Eleva Eleva European Sel
Franklin Technology Fund
Fundsmith SICAV - Fundsmith Equity Fund
Pictet-SmartCity
Pictet-Digital
Fidelity Sustainable Consumer Brands
Pictet-Clean Energy Transition
Vontobel US Equity
Pictet-Security
GS Europe CORE® Equity Portfolio
Pictet-Quest Europe Sustainable Eq
Schroder ISF Greater China
Fidelity Emerging Markets Fund
Fidelity America Fund
Guinness Global Equity Income
Fidelity World FAM Fund
StocksPLUS™ Fund
Janus Henderson Global Life Sciences Fd
CPR Invest Social Impact
Amundi Funds Sustainable Top Eurp Plyrs
Amundi Fds Pioneer US Equity Research
MS INVF Emerging Leaders Equity Fund
BNP Paribas Sustainable Glbl Low Vol Eq
Amundi Fds New Silk Road
JPM Japan Equity Fund
Invesco Greater China Equity Fund
JPM Europe Strategic Growth Fund
RobecoSAM Sustainable Water Equities
Invesco Pan European Equity Fund
BGF European Value Fund
BlackRock Advantage US Equity Fund
Amundi Azionario America
Carmignac Pf Long-Short European Eq
Allianz Oriental Income
Amundi Fds Pioneer Global Equity
Amundi Dividendo Italia
Amundi Fds China Equity
Schroder ISF Global Energy Transition
Threadneedle (Lux) Global Smaller Coms
RAM (Lux) Sys Emg Mkts Equities
Schroder ISF Global Sustainable Growth
Vontobel mtx Sustainable Emerg Mkts Ldrs
Pictet Corto Europe Long Short
Pictet - Global Thematic Opportunities
Redwheel Global Emerging Markets
T. Rowe Price Global Focused Gr Eq Fd
Mirabaud - Sustainable Global Focus
Franklin Biotechnology Discovery Fund
Janus Henderson Horizon Euroland Fund
Fidelity Pacific Fund
Fidelity Sustainable Global Health Care
UBAM Swiss Equity
AB Low Volatility Equity
Pictet-Quest Global Sustainable Equities
Franklin US Opportunities Fund
AB Select Absolute Alpha
AB Select US Equity
Pictet-Premium Brands
Pictet-Biotech
UBS (Lux) EF China Opportunity (USD)
UBS (Lux) EF Greater China (USD)
Vontobel Clean Technology
Pictet-Nutrition
UBS (Lux) ES USA Growth (USD)
Pictet-Timber
Schroder ISF Global Dividend Maximiser
Vontobel Emerging Markets Equity
Schroder ISF Global Emerging Mkt Opports
Janus Henderson Hrzn Pan Eurp Abs Ret Fd
Schroder ISF China Opportunities
MFS Meridian Global Equity Fund
Janus Henderson AbsRet Fd
Pictet-Health
Schroder ISF Emerging Asia
RAM (Lux) Sys European Equities
Janus Henderson Pan European Fund
Schroder ISF Asian Opportunities
Schroder ISF EURO Equity
MFS Meridian European Value Fund
Schroder ISF US Large Cap
AB International Health Care
Threadneedle (Lux) Global Focus
MFS Meridian European Research Fund
Templeton Emerging Markets Fund
Comgest Growth Europe
Man GLG Japan CoreAlpha Equity
Comgest Growth Japan
DPAM B Equities World Sust
Raiffeisen-Nachhaltigkeit-Aktien
BGF European Focus Fund
BSF Systematic ESG World Equity Fund
BGF US Flexible Equity Fund
BGF US Basic Value Fund
Fondi con più di 1,6 miliardi di asset in capo ai clienti italiani. Fonte: dati frutto di elaborazione propria del team di Analisi FundsPeople, svolta attraverso diverse piattaforme di distribuzione e società di gestione.
Per rientrare nella categoria Blockbuster, i prodotti internazionali devono raggiungere i 200 milioni di euro di patrimonio distribuito nel mercato italiano. Fonte: Società di gestione e diverse piattaforme di distribuzione.
Invesco Pan European High Income Fund
M&G (Lux) Optimal Income Fd
JPM Global Income Fund
BGF ESG Multi-Asset Fund
Amundi Fds Global Multi-Asset Cnsrv
MS INVF Global Balanced Risk Control FOF
Amundi Elite Multi Asset Flexible
Amundi Elite Multi Asset Flexible
BGF Global Allocation Fund
Nordea 1 - Stable Return Fund
Carmignac Patrimoine
JPM Global Balanced Fund
Amundi Obb Più a distribuzione
Amundi Elite Thematic Multi Asset
Amundi Elite Thematic Multi Asset
Amundi Risparmio Italia
Invesco Global Income Fund
JPM Global Macro Opportunities Fund
DNCA Invest Eurose
Nordea 1 - Alpha 10 MA Fund
M&G (Lux) Dynamic Allocation Fund
Nordea 1 - Alpha 15 MA Fund
Amundi Fds Multi-Asset Sustainable Fut
Progetto Azione Energy Transition
Progetto Azione Energy Transition
JPM Global Income Conservative Fund
CPR Invest Smart Trends
Allianz Income and Growth
Allianz Dynamic Multi Asset Strat SRI 15
ASI Progetto AzioneInfrstrttrSostenibili
ASI Progetto AzioneInfrstrttrSostenibili
BNP Paribas Sustainable Multi-Asset Bal
Allianz Dynamic Multi Asset Strat SRI 50
Amundi Fds Absolute Return Multi-Stgy
Invesco Balanced-Risk Allocation Fund
Allianz Capital Plus
ASI Progetto Azione Infrst Sstnb (II)
ASI Progetto Azione Infrst Sstnb (II)
First Eagle Amundi Income Builder Fund
First Eagle Amundi International Fund
M&G (Lux) Income Allocation Fund
Progetto Azione Connectivity Revolution
Progetto Azione Connectivity Revolution
BGF Global Multi-Asset Income Fund
ASI Progetto Azione New Lifestyles
ASI Progetto Azione New Lifestyles
Amundi Bilanciato Più
Amundi Bilanciato Più
BNP Paribas Sustainable Multi-Asset Sty
BGF ESG Global Conservative Income Fund
Franklin ESG-Focused Balanced Fund
DWS Concept Kaldemorgen
Fidelity Global Multi Asset Income Fund
Pictet-Multi Asset Global Opportunities
PIMCO GIS Dynamic Multi-Asset Fund
Janus Henderson Balanced Fund
Thesis Juniper Fund
Raiffeisen Nachhaltigkeit Diversified
ASI Progetto Azione Circular Economy
ASI Progetto Azione Circular Economy
Amundi Funds Multi-Asset Real Return
Progetto Azione Energy Transition (II)
Progetto Azione Energy Transition (II)
JPM Global Multi Strategy Income Fund
Amundi Fds Global Multi-Asset
Amundi Target Controllo
Capital Group Global Allocation Fd (LUX)
Amundi Fds Euro Multi-Asset Target Inc
FvS Multiple Opportunities II
Amundi Fds Multi-Strategy Growth
MS INVF Global Balanced Fund
Amundi Inv Multi-Asset Teodorico
Allianz Strategy 50
M&G (Lux) Sustainable Allocation Fund
ASI Progetto Azione Intlgz Atfcl
ASI Progetto Azione Intlgz Atfcl
BSF Global Event Driven Fund
BNP Paribas Sustainable Multi-Asset Gr
Amundi Primo Investimento
Amundi Fds Pioneer Income Opportunities
Carmignac Pf Patrimoine
BNY Mellon Global Real Return Fd (EUR)
BSF European Select Strategies Fund
BSF European Absolute Return Fund
ASI Progetto Azione Brand Vincenti (II)
ASI Progetto Azione Brand Vincenti (II)
Amundi ESG Selection Conservativo
BNL Assetto Dinamico
Progetto Azione Connectivity Revolt (II)
Progetto Azione Connectivity Revolt (II)
JPM Total Emerging Markets Income Fund
ASI Progetto Azione New Lifestyles (II)
ASI Progetto Azione New Lifestyles (II)
ASI Progetto Azione Medical Innovation
Amundi ESG Selection Bilanciato
MFS Meridian Prudent Capital Fund
Exane Funds 2 Exane Pleiade Fund
Man AHL TargetRisk Fund
Man GLG Event Driven Alternative Fund
PIMCO GIS Global Core Asst Allc
Amundi Valore Italia PIR
ASI Progetto Azione Sociale(II)
ASI Progetto Azione Sociale(II)
ASI Bilanciato Percorso Attivo
ASI Bilanciato Percorso Attivo
Allianz MultiPartner - Multi20
Allianz MultiPartner - Multi20
BSF Dynamic Diversified Growth Fund
ASI Progetto Azione Brand Vincenti
ASI Progetto Azione Brand Vincenti
Franklin Income Fund
Schroder ISF Global Multi-Asset Income
RAM (Lux) Sys L/S European Equities
MFS Meridian Prudent Wealth Fund
Jupiter Merian Global Equity AbsoluteRet
Man GLG Alpha Select Alternative
Raiffeisen-Nachhaltigkeit-Mix
Dachfonds Südtirol
M&G (Lux) Glb Fl Rt HY Fd
Carmignac Portfolio Sécurité
Amundi Fds Emerging Markets Bond
Amundi Obbl Paesi Emerg a dist
Amundi Fds Global Subordinated Bond
Invesco Belt and Road Debt
Nordea 1 - European High Yield Bond Fund
Nordea 1 - European Financial Debt Fund
JPM Global Corporate Bond Fund
Allianz Euro Credit SRI
AXAWF Global Inflation Short Dur Bds
Templeton Global Bond Fund
BlueBay Investment Grade Euro Govt Bd Fd
Fidelity Euro Short Term Bond Fund
GS Global Fixed Income Plus Port (Hdg)
Schroder ISF EURO Corporate Bond
Muzinich Enhancedyield Short-Term Fund
PIMCO Obbligazionario Prudente Fund
PIMCO GIS Income Fund
PIMCO GIS Diversified Income Fund
Euro Strategic Bond Fund
BGF Euro Corporate Bond Fund
Amundi Fds Strategic Bond
BGF Euro Bond Fund
PIMCO GIS Global Real Return Fund
PIMCO GIS Global Bond Fund
JPM Income Fund
MS INVF Euro Corporate Bond Fund
Amundi Obbligazi Italia Breve Termine
Amundi Fds Pioneer Strategic Income
Robeco Financial Institutions Bonds
Robeco Global Credits
FvS Bond Opportunities
BNP Paribas Sustainable Enhanced Bd 12M
Lazard Credit Fi SRI
BNP Paribas Euro Government Bd
CamGestion Obliflexible
JPM Global Government Bond Fund
Amundi Fds Euro Corporate Bond
MS INVF Short Maturity Euro Bond Fund
BNY Mellon Rspnb Hrzns Euro Corp Bd Fd
Candriam Sustainable Bond Glbl Hi Yld
M&G (Lux) Glb Macro Bd Fd
Robeco High Yield Bonds
JPM Global High Yield Bond Fund
Wellington Global Bond Fund
Amundi Sentiero Sostenibile
Nordea 1 - European Covered Bond Op
Tendercapital Bond Two Steps
Per rientrare nella categoria Blockbuster, i prodotti internazionali devono raggiungere i 200 milioni di euro di patrimonio distribuito nel mercato italiano. Fonte: Società di gestione e diverse piattaforme di distribuzione.
M&G (Lux) Em Mkts Bd Fd
UBAM Global High Yield Solution
Capital Group Global High Inc Opps (LUX)
Nordea 1 - European Cross Credit Fund
Capital Group Euro Bond Fund (LUX)
Invesco Euro Short Term Bond Fund
MS INVF Global Bond Fund
Invesco Euro Bond Fund
JPM Flexible Credit Fund
Carmignac Portfolio Flexible Bond
BGF Global High Yield Bond Fund
Nordea 1 - Flexible Fixed Income Fund
Carmignac Pf Global Bond
BNP Paribas Euro Short Term Corp Bd Opps
Aperture Credit Opportunities Fund
Fidelity European High Yield Fund
Vontobel Emerging Markets Debt
Templeton Global Total Return Fund
Pictet-Emerging Local Currency Debt
Fidelity Emerging Market Debt Fund
GS Emerging Markets Debt Portfolio
AXAWF Global High Yield Bonds
Schroder ISF Global Inflation Linked Bd
BlueBay Investment Grade Bond Fund
Schroder ISF EURO Government Bond
Schroder ISF EURO Bond
Pictet-Global Emerging Debt Fund
Lemanik SICAV Active Short Term Credit
Fidelity Global Bond Fund
PIMCO GIS Global Bond ESG Fund
Zurich Dynamic Bond Fund
PIMCO GIS Global Investment Grd Crdt Fd
PIMCO GIS Capital Securities Fund
PIMCO GIS Euro Income Bond Fund
PIMCO GIS Total Return Bond Fund
PIMCO GIS Global High Yield Bond Fund
Invesco India Bond
Amundi Fds Euro Aggregate Bond
Candriam Bds Global High Yield
JPM Managed Reserves Fund
Amundi Fds Pioneer US Bond
Amundi Fds Optimal Yield Short Term
Amundi Obbl Euro a distribuzione
Invesco Global Investment Grd Corp Bd Fd
Amundi Fds Emerging Markets S/T Bd
Tendercapital Glb Bd Shrt Dur Fd
Candriam Bds Euro High Yield
FCH BlueBay Investment Grd Euro Aggt Bd
BNP Paribas Green Bond
JPM Emerging Markets Local Ccy Dbt Fd
Allianz US Short Duration High Income Bd
Lazard Capital Fi SRI
JPM Europe High Yield Bond Fund
Carmignac Portfolio Credit
MS INVF European HY Bd Fd
BNP Paribas Euro Corp Bd
BNP Paribas Nordic Sustainable Evolution
BGF Global Inflation Linked Bond Fund
BGF Global Government Bond Fund
Amundi Funds Absolute Return Glb Opps Bd
Amundi Fds Global Corporate Bond
RobecoSAM Euro SDG Credits
Invesco Emerging Markets Local Debt Fund
Threadneedle (Lux) European Strategic Bd
RAM Mediobanca Strata UCITS Credit
RAM (Lux) Tactical Glb Bd Total Return
UBS (Lux) BS China Fixed Income (RMB)
Tikehau Short Duration Fund
Schroder ISF Strategic Credit
Vontobel TwentyFour Strategic Income Fd
UBS (Lux) Bd SICAV Short Dur Hi Yld Sust
UBS (Lux) BS Global Dynamic (USD)
Pictet-Chinese Local Currency Debt
EdRF Bond Allocation
Franklin European Total Return Fund
Fidelity US High Yield Fund
Schroder ISF EURO Credit Conviction
Mirabaud Sustainable Global Strat Bd Fd
Pictet-EUR Short Term Corporate Bonds
Fidelity Global Inflation-linked Bond Fd
DPAM L Bonds Emerging Markets Sust
Schroder ISF EURO High Yield
Janus Henderson Horizon Euro HY Bd Fd
Jupiter Dynamic Bond
Pictet-EUR Short Term High Yield
NN (L) US Credit
Pictet - Global Sustainable Credit
Janus Henderson Horizon Euro Corp Bd Fd
Fidelity Global Short Duration Income Fd
Pictet-EUR Short Mid-Term Bonds
HSBC GIF Euro High Yield Bond
Schroder ISF Global Corporate Bond
Pictet-USD Government Bonds
MFS Meridian Emerging Markets Debt Fund
UBS (Lux) BF Euro High Yield (EUR)
Man GLG High Yield Opportunities
Neuberger Berman Short Dur Em Mkt Dbt Fd
Neuberger Berman Em Mkt Dbt Hard Ccy Fd
La Française Sub Debt
BGF Emerging Markets Bond Fund
Fondi con più di 1,6 miliardi di asset in capo ai clienti italiani. Fonte: dati frutto di elaborazione propria del team di Analisi FundsPeople, svolta attraverso diverse piattaforme di distribuzione e società di gestione. I fondi appartenenti al gruppo Fixed Income includono anche i prodotti convertibili.
Vi presentiamo fundspeople.com, una piattaforma che raccoglie tutta l’offerta di servizi che sotto il brand FundsPeople, evolving together racchiude la nostra cultura, basata in sei aree strategiche: News, Community, Events, Analysis, Learning y Data.
News
Informazione
giornaliera sull’industria del risparmio gestito, in formato scritto e audiovisivo.
Community
Events
Calendario con tutti gli eventi che ruotano attorno al settore dell’asset management.
Database con i fondi con Rating FundsPeople, la nostra emeroteca, monografici e libri.
Glossario dei termini finanziari più rappresentativi dell’industria.
Gli investimenti nei servizi essenziali possono fornire rendimenti regolari e stabili in periodi di inflazione. Una straordinaria opportunità da cose ordinarie che usiamo ogni giorno.
Scopri il potenziale degli investimenti nelle infrastrutture.
franklintempleton.it/investire-in-infrastrutture
*Il riferimento al flusso costante di rendimenti si riferisce alla particolare natura di alcune società legate alle infrastrutture (quali ad esempio quelle legate alla distribuzione dell’acqua) e non al rendimento dei fondi.
Tutti gli investimenti comportano rischi. Il valore degli investimenti e qualsiasi reddito ricevuto da essi possono aumentare o diminuire e potresti recuperare meno di quanto hai investito. Messaggio pubblicitario con finalità promozionali.
Pubblicato da Franklin Templeton International Services S.à r.l. Succursale Italiana – Corso Italia, 1 – 20122 Milano –Tel: +39 0285459 1 – Fax: +39 0285459 222.
© 2023 Franklin Templeton. Tutti i diritti riservati.
Sono cinque i fondi che hanno ottenuto il risconoscimento FundsPeople+ in Italia nel 2023. Questi prodotti combinano tre parametri: la consistenza nella gestione, il successo nelle vendite e la preferenza dei fund selector del Sud Europa.
Tornano, anche nel 2023, i Rating FundsPeople e, con loro, la rosa dei fondi che ha ottenuto il Rating FundsPeople+. Da otto anni, in FundsPeople, seguiamo tre criteri (preferito dagli analisti, blockbuster e consistente) per distinguere i prodotti disponibili alla vendita in Italia. Da sottolineare che quest’anno uno dei tre pilastri, quello quantitativo, ha subito delle modifiche su cui avremo occasione di tornare più avanti. Si noterà subito che, a differenza del 2022 dove ben 16 fondi si erano aggiudicati il Rating FundsPeople+, quest’anno solo cinque fondi soddisfano contemporaneamente tutti e tre i criteri. Si tratta di strumenti che sono
in cima alla top list degli investitori, che attraggono investimenti locali e che passano attraverso il nostro modello quantitativo. La ragione della diminuzione in termini numerici è da rintracciarsi nell’andamento del 2022: un anno decisamente difficile e complesso sui mercati finanziari tanto per le società di gestione quanto per gli investitori.
Ma scopriamoli insieme i fondi con Rating FundsPeople+: l’Amundi Funds Global Multi Asset Conservative (Cautious allocation), l’M&G (Lux) Global Listed Infrastructure Fund (Infrastructure Sector Equity), il Man Funds VI plc Man GLG Alpha Select Alternative (Market Neutral), il Nordea 1 European Covered Bond
Opportunities Fund (Europe Fixed Income) e il Nordea 1 Global Climate and Environment Fund (Global Equity Mid/Small Cap).
Facciamo ora un passo indietro per capire cos’è il Rating FundsPeople. Nel 2023 sono 1.129 i prodotti che si distinguono per uno o più dei seguenti tre criteri enunciati in precedenza.
Il primo, preferito dagli analisti, raccoglie i fondi che hanno accumulato un minimo di cinque voti nel sondaggio annuale svolto in Italia, Spagna e Portogallo tra analisti e fund selector sui prodotti che, a loro avviso, si distinguono per le loro caratteristiche uniche. In Italia sono 227 i fondi
che ottengono il rating secondo questa modalità. Il secondo tiene in conto le masse in gestione significative detenute dagli investitori italiani. Sono i fondi campioni di incassi sul mercato nazionale. Si considerano prodotti con un patrimonio minimo di 200 milioni di euro sul mercato italiano. I prodotti locali richiedono, inoltre, una raccolta netta negli ultimi tre anni pari o superiore a un quarto del patrimonio alla fine dell’anno precedente. Sono 570 i fondi che ottengono questo rating.
E infine, i fondi consistenti. Il team di Analisi di FundsPeople ha sviluppato un proprio modello di selezione per evidenziare i prodotti più consistenti in ciascuna categoria, sulla base del database Morningstar Direct, con riferimento alla fine dell’ultimo anno.
L’analisi, oggi modificata, viene effettuata analizzando i fondi registrati in qualsiasi Paese dell’eurozona, con un track record minimo di tre anni e un patrimonio in gestione minimo di 10 milioni di euro alla data di riferimento dell’analisi. Il modello consente di individuare i fondi più performanti in termini di rischio e rendimento rispetto ai loro peer della stessa categoria. Solo i fondi registrati per la vendita in Italia ricevono il Rating FundsPeople. Sono 620 i fondi che soddisfano questi criteri.
Soffermiamoci ora sul Rating Funds
People+ che, come si diceva prima, distingue all’interno dei 1.129 fondi con rating quelli che soddisfano contemporaneamente tutti e tre i criteri della nostra classificazione. Sono fondi scelti dagli analisti, che hanno
raccolto oltre cinque voti dai fund selector di Italia, Spagna e Portogallo. Sono fondi blockbuster, con oltre 200 milioni di euro raccolti tra gli investitori in Italia. Sono fondi che si distinguono per i numeri solidi in ambito rischio rendimento.
Nella rosa dei cinque quest’anno non compare alcun fondo italiano a differenza del 2022. Guardando invece alle categorie, i fondi fanno parte rispettivamente del bilanciato prudente, dell’azionario settore infrastrutture, dell’alterativo azionario market neutral, dell’obbligazionario corporate europeo e dell’azionario del settore ecologia. Dunque, anche nel 2023, la categoria che si ripete nella lista è quella dell’equity.
Un altro elemento da sottolineare quest’anno è che, se confrontiamo i fondi che si sono aggiudicati il Rating FundsPeople+ nei tre Paesi, i cinque italiani confluiscono nel novero di quelli spagnoli e tre sono quelli in comune con il Portogallo: l’Amundi Funds Global Multi Asset Conservative, il Nordea 1 European Covered Bond Opportunities Fund e il Nordea 1 Global Climate and Environment Fund.
Lo scorso anno, dei sedici fondi con Rating FundsPeople+ erano ben undici quelli in comune rispetto ai sette del 2021. Nel 2020 erano tredici, nel 2019 erano solo tre mentre nel 2018 erano otto.
Torneremo anche nel 2024. Nel frattempo, congratulazioni ai gestori che hanno ottenuto il Rating FundsPeople+.
Viviamo in un contesto volatile e incerto, caratterizzato da molti cambiamenti e da una leadership emergente in un mercato in cui gli spread di valutazione sono storicamente molto ampi. Riteniamo che il rebound del value investing proseguirà anche quest’anno, nonostante l’inflazione abbia raggiunto il picco. Nel corso dell’anno il mercato dovrà confrontarsi con alcune grandi questioni, tra cui l’evoluzione del conflitto russo-ucraino, l’andamento dei costi energetici in Europa e la capacità della Cina di far fronte al rallentamento del settore immobiliare mentre si riconnette con il resto del mondo. La portata di queste sfide e la loro imprevedibilità suggeriscono la necessità di un portafoglio molto equilibrato. Lo scenario in rapida evoluzione e spread di valutazione così ampi in gran parte del mercato evidenziano l’esistenza di aree che offrono opportunità selezionate. L’energy rimane il settore su cui siamo maggiormente sovrappesati, nonostante l’eccellente performance dello scorso anno. È infatti l’area che vanta il più marcato cambiamento in positivo dei fondamentali, nonostante lo scetticismo da parte del mercato. Un altro segmento in cui troviamo valore nella dicotomia tra valutazioni e fondamentali è quello dei beni di consumo discrezionali.
FundsPeople ha analizzato un campione di società operanti in Italia per capire quali sono i numeri delle donne nel mondo della fund selection e per definire quante si trovano in posizioni di responsabilità. Emerge uno scenario a prevalenza maschile, in cui la presenza di donne a capo di team è “ridotta all’osso”.
Il settore della fund selection in Italia, a oggi, vede una forte (fortissima) presenza maschile. È quando emerge da un’analisi di FundsPeople, che ha interrogato le società di gestione operanti in Italia per capire quali sono i numeri delle donne nel mondo della fund selection e per definire, su queste grandezze, anche quante si trovano in posizioni di responsabilità. Emerge un panorama in cui la presenza femminile è scarsa, e quella delle donne a capo di team di
selezionatori di fondi, data la base di partenza, è ridotta all’osso.
Soltanto 16 società sulle 31 analizzate, ossia il 52% (si è concentrata l’attenzione sui dati presenti nel database FundsPeople e sulle richieste effettuate esplicitamente ad alcune società), vantano una presenza femminile all’interno dei team di fund selection. Tuttavia ci sono casi in cui le donne nel team si equiparano numericamente agli uo-
mini (ad esempio in Eurizon Capital SGR), in due casi sono in numero addirittura superiore (come nel Gruppo Sella e in Hedge Invest) e non mancano percentuali superiori al 30% in società come Amundi SGR, Banca Aletti, Euclidea SIM, Mediobanca SGR, Mediolanum Gestione Fondi, Sella SGR e Zurich.
Sul totale dei 151 fund selector censiti in questo approfondimento poco più di un quarto sono donne: il 28 per cento. Dati che si restringono ulteriormente
come detto, le eccezioni positive, ma in un mondo del lavoro in cui il tasso di occupazione femminile si attesta ancora su percentuali modeste del 51,3% (fonte Istat al 31 dicembre 2022) il fatto che posizioni così specialistiche continuino a confermarsi a forte impronta maschile è, di per sé, un fenomeno che merita attenzione.
Quindi le eccezioni continuano a mostrarsi per quello che sono: eccezioni, appunto. Inoltre il numero resta basso anche tra le nuove leve, il che fa pensare che si tratti di un ritardo non tanto legato a una frattura generazionale, quanto a motivazioni più profonde.
Se si allarga lo sguardo a questi “anni ‘20” e al trauma collettivo che ha investito non soltanto le vite personali di ciascuno, ma anche il mondo del lavoro, la pandemia ha tracciato una linea netta tra un prima e un dopo. E questo, nonostante la capacità di “metabolizzazione” che hanno gli esseri umani (per quanto vicino, il ricordo dei mesi passati in quarantena è stato quasi fagocitato dalla quotidianità e da altre urgenze collettive, dal conflitto all’inflazione).
quando si va a indicare quante sono le responsabili dei team di fund selection sul totale della presenza femminile, ossia sei su 42: il 14 per cento. E il cerchio si restringe ulteriormente se si verifica l’incidenza percentuale delle professioniste a capo di un team sul totale
dell’universo censito: il 4 per cento. In totale i team guidati da donne sono sei su 31: il 19 per cento.
Volendo commentare i dati con una nota di ottimismo, si potrebbe scrivere che sussistono “ampi margini di miglioramento”. Non che manchino,
E appunto questa linea di demarcazione storica rientra nella riflessione di Roberta Rudelli head of fund selection di Unicredit che sottolinea come nel mondo pre pandemico “il ruolo richiedeva di viaggiare molto per incontrare i gestori nelle loro sedi e questo poteva essere un limite per le donne con figli, soprattutto nei contesti in cui il sistema di welfare è ancora molto dipendente dall’aiuto dei nonni”. L’esperienza maturata nei mesi di lockdown, tuttavia, ha modificato il mondo del lavoro.
“Oggi molti processi di valutazione vengono svolti da remoto – precisa l’esperta –, attraverso video call con sistemi che consentono anche la condivi-
SOLTANTO 16 SOCIETÀ SULLE 31 ANALIZZATE (IL 52%), VANTANO UNA PRESENZA FEMMINILE ALL’INTERNO DEI TEAM DI FUND SELECTION
sione di documenti e questo potrebbe aiutare ad aumentare la presenza femminile grazie alla maggiore flessibilità”. Un altro aspetto da considerare, poi, è la “specificità di questa attività: una sorta di ufficio studi di poche persone a supporto dei diversi segmenti di business che rimane sempre un po’ ‘dietro le quinte’ perché estremamente tecnico e non sempre coinvolto direttamente nella gestione di portafoglio. La poca visibilità e la difficoltà di raggiungere un ruolo manageriale, oltre a sistemi di incentivazione meno interessanti rispetto ad altre attività, hanno contribuito alla decisione di alcune donne che in passato sono state fund selector a scegliere percorsi di carriera diversi, più legati alle attività commerciali”. Un altro punto di vista interessante è quello offerto da Chiara Mauri, head of fund research & alternative investments in Fideuram Asset Management SGR che individua l’esiguo numero di donne nel settore come una conseguenza della “generalizzata modesta presenza di donne in finanza, ambito spesso considerato ancora oggi appannaggio maschile”.Per molte donne, secondo la responsabile, la sfida principale è “la mancanza di accesso a studi propedeutici alla comprensione delle informazioni finanziarie che ha impedito loro di approcciarsi al settore. Oggi lo scenario in cui le donne vivono e operano è cambiato radicalmente in meglio, influenzando le loro scelte scolastico-professionali e aumentando la loro
26 FUNDSPEOPLE I MARZO TENDENZE BUSINESS
consapevolezza e partecipazione alla finanza”. Certo, Mauri ha ben presente il divario che separa ancora uomini e donne dalla piena parità, e richiama a questo proposito il Global Gender Gap Report 2022 che indica “come necessari altri 132 anni per colmare il divario di genere globale”, tuttavia indica che “la finanza inizia a essere un settore non più esclusivamente maschile. I numeri sono ancora modesti, ma sono convinta che le porte della finanza oggi siano aperte a tutti coloro che mostrano passione e determinazione, a prescindere dal genere. Le donne hanno oggi una grande sensibilità finanziaria, solidi studi alle spalle, capacità di analisi e di ascolto e un maggiore controllo del rischio... caratteristiche perfette per una brava fund selector!”.
In ogni caso, nel mondo finanziario, oggi, resta una importante componente maschile, “e il fatto che le donne riescano a raggiungere posizioni apicali in tale contesto è un fattore rilevante”, afferma Catia Lippolis, senior advisory consultant di Ersel che sottolinea il qui e ora: “nel momento in cui si lavora in un ambiente maschile è importante non essere trattate come ‘quote rosa’. L’inclusione è fondamentale”, afferma la professionista che indica la necessità di fare squadra non solo tra le donne ma anche con gli uomini, creando valore aggiunto e portando una prospettiva diversa.
Un atteggiamento importante per una crescita anche numerica in ruoli così specialistici.
L’OPINIONE DI PAR T NERMolti titoli di aziende tradizionali ma solide che pagano dividendi si stanno rivelando opportunità di investimento interessanti in un contesto difficile. Per gli investitori si tratta di un sottoinsieme di azioni particolarmente interessante, perché potenzialmente in grado di generare rendimenti a lungo termine più elevati rispetto alle altre società che distribuiscono dividendi, e di farlo con una volatilità inferiore. Questo vantaggio in termini di rischio-rendimento è dovuto ai loro fondamentali più solidi, ai bilanci sani, alla posizione competitiva e all’impegno degli azionisti. Oggi molte di queste società hanno livelli record di riserve, una buona base per i futuri pagamenti e la crescita costante dei dividendi. Troviamo opportunità di questo tipo in tutto lo spettro del mercato, ad esempio nei settori sanitario, energetico, informatico e alcuni finanziari. Per individuare tali società nel lungo periodo non basta guardare solo ai titoli con i rendimenti da dividendo più elevati. È più che mai importante effettuare previsioni accurate per determinare la reale proiezione della crescita futura dei dividendi. Per questo motivo, una ricerca fondamentale completa è importante per valutare se una società è in grado di pagare e far crescere i dividendi nel tempo.
Comunicazione di marketing. Ad uso esclusivo di investitori qualificati.
Scopri di più sul nostro approccio orientato alla ricerca del valore, affidato a un team di gestione consolidato tra i più numerosi in Europa in materia di ricerca fondamentale del credito e ristrutturazione del debito.
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Il presente documento è concepito a uso esclusivo di investitori qualificati. Non destinato alla distribuzione ad altri soggetti o entità, che non devono basarsi sulle informazioni in esso contenute. Queste informazioni non costituiscono un’offerta o una sollecitazione di offerta per l’acquisto di azioni di investimento di uno dei Fondi qui citati. Gli acquisti relativi a un Fondo devono basarsi sul Prospetto Informativo corrente. Copie gratuite degli Atti Costitutivi, dei Prospetti Informativi, dei Documenti contenenti le Informazioni Chiave (KID) e delle Relazioni annuali e semestrali sono disponibili presso M&G Luxembourg S.A. Tali documenti sono disponibili anche sul sito: www.mandg.com/investments/professionalinvestor/it-it. Prima della sottoscrizione gli investitori devono leggere il Documento contenente le Informazioni chiave e il Prospetto informativo, al cui interno sono illustrati i rischi di investimento associati a questi fondi e che descrivono i diritti degli investitori. Le informazioni qui contenute non sostituiscono una consulenza indipendente in materia di investimenti. M&G Luxembourg S.A. può decidere di terminare gli accordi presi per la commercializzazione in base al nuovo processo di revoca della notifica della direttiva sulla distribuzione transfrontaliera. Informazioni sulla gestione dei reclami sono disponibili in italiano presso www.mandg.com/investments/professional-investor/it-it/complaints-dealing-process. Questa attività di marketing è pubblicata da M&G Luxembourg S.A. Sede legale: 16, boulevard Royal, L-2449, Luxembourg. FEB 23 / 906601
Sebbene in lieve crescita, le conoscenze finanziarie degli italiani non sono ancora sufficientemente diffuse né rispetto ai concetti di base né rispetto agli strumenti, né rispetto alle dimensioni del rischio finanziario. I dati emergono dal Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, pubblicato dalla Consob a gennaio, che analizza conoscenze, attitudini e comportamenti di un campione di 1.436 individui rappresentativi della popolazione degli investitori del nostro Paese.
COMPLESSITÀ PERCEPITA
L’80% degli intervistati ritiene complessa la gestione delle finanze personali a causa di:
24% contesto di riferimento incerto
È aumentata la quota di investitori che risparmia per motivi precauzionali (45% da 40%) e per acquistare casa (15% da 11%)
21% prezzi in aumento
19% conoscenze finanziarie inadeguate
17% rischio di essere truffati
17% sfiducia nel sistema finanziario
Il Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, pubblicato da CONSOB il 26 gennaio 2023 (consultabile sul sito della Commissione), analizza conoscenze, attitudini e comportamenti di un campione di 1.436 individui, rappresentativi della popolazione degli investitori italiani e approfondisce alcuni aspetti legati ai riflessi che le dinamiche congiunturali in atto possono avere sulle scelte finanziarie individuali. L’80% degli intervistati ritiene complessa la gestione delle finanze personali anzitutto a causa del contesto incerto, della crescita dei prezzi e della bassa cultura finanziaria. Sebbene in lieve crescita, le
conoscenze finanziarie non sono ancora sufficientemente diffuse né rispetto ai concetti di base (ad esempio, la nozione di diversificazione degli investimenti è compresa solo dal 50% degli intervistati) né rispetto agli strumenti finanziari (la quota di risposte corrette a domande su conto corrente, azioni, obbligazioni e fondi comuni di investimento rimane al di sotto del 60%) né rispetto alle dimensioni del rischio finanziario (in particolare, la percentuale di intervistati che ha familiarità con le nozioni di rischio di credito, di mercato e di liquidità oscilla tra il 20% e il 49%). Un punto di attenzione è la conoscenza del concetto di inflazione,
COMPRENDERE GLI
EFFETTI IL 65% DEL CAMPIONE
di cui sembra comprendere gli effetti il 65% del campione (anche se emergono divari significativi tra fasce di età, aree di residenza e fasce di reddito). L’indagine 2022 ha altresì valutato per la prima volta la familiarità degli investitori italiani rispetto a conoscenze e competenze digitali relative all’utilizzo sicuro della rete e conoscenze di attività digitali e servizi di investimento resi attraverso piattaforme online rilevando, ad esempio con riferimento al trading online, che il 29% dei soggetti non è in grado di identificare correttamente gli obblighi del gestore della piattaforma nei confronti dell’investitore che intenda operare online. Ciononostante, la quota di intervistati che accedono alla rete per scambiare cripto-valute e negoziare online appare in crescita (rispettivamente dal 2% all’8% e dall’8% all’11%), così come l’interes-
se potenziale, che si associa, tra le altre cose, alla prospettiva di guadagni facili e alla propensione a sopravvalutare le proprie conoscenze in materia.
Gli investitori sembrano comunque sempre più consapevoli della necessità di innalzare le proprie conoscenze e competenze, visto che nel 66% dei casi (+10 punti percentuali rispetto al 2021) si dichiarano disposti ad approfondire temi utili per le scelte finanziarie più importanti. A tal fine, il riferimento indicato più di frequente sono gli intermediari (34% dei casi, in calo di 8 punti percentuali rispetto al 2021), che il 32% dei rispondenti ritiene dovrebbero adoperarsi anche per accrescere le conoscenze finanziarie dei cittadini, oltre alle istituzioni pubbliche (segnalate nel 30% dei casi) e alla scuola (26%).
Margini di miglioramento permangono anche rispetto all’attitudine verso i temi legati alla finanza personale, che l’indagine 2022 coglie rilevando l’inclinazione all’ansia finanziaria, la percezione di auto-efficacia e la difficoltà avvertita rispetto alla pianificazione di lungo periodo. È diminuita infatti la percentuale di intervistati che pianificano e definiscono un bilancio familiare (12% dei casi a fronte del 16% nell’anno precedente), mentre è aumentata la quota di investitori che risparmiano in modo occasionale (44% a fronte di 37% nel 2021).
Peggiora lievemente l’attitudine complessiva all’investimento in ragione della diminuzione delle conoscenze digitali e dell’aumento del ricorso alla consulenza informale, entrambi riferibili in prevalenza agli investitori con minore esperienza di investimento.
Gli investitori che si avvalgono dei consigli di un professionista non sempre mostrano piena consapevolezza delle caratteristiche del servizio, che invece sembrerebbe associarsi a portafoglio più diversificato: la parte restante del campione (ossia coloro che non si rivolgono a un consulente) tendono invece a detenere una sola attività, che coincide con certificati di deposito e buoni fruttiferi postali nel 50% dei casi.
La domanda di consulenza si associa anche a un maggior possesso di investimenti sostenibili, che nel complesso è riferibile solo all’11% degli intervistati
(17% nel sotto-campione degli investitori assistiti da un professionista). Il dato si associa a una conoscenza molto bassa delle nozioni di base in materia di finanza sostenibile e a un interesse diffuso, che in prospettiva potrebbe tradursi in un aumento significativo di tali investimenti: nel giro di due anni, infatti, si dichiara propenso a investire di più in prodotti sostenibili il 57% degli intervistati (74% tra gli interessati e 93% tra coloro che già li posseggono). Proprio la mancanza di conoscenze è il maggiore deterrente a scegliere investimenti sostenibili, seguito dalla percezione di rischi elevati, performance finanziarie basse, mancanza di informazioni utili e chiare e il timore del greenwashing.
Il Rapporto si conclude con un approfondimento sulle differenze di genere basato su un campione esteso che include anche le donne del nucleo famigliare co-decisori finanziari (2.085 individui). Taluni tratti comportamentali sono più frequenti nel sotto-campione femminile, quali l’avversione al rischio, l’avversione alle perdite e la tendenza a sottostimare le proprie conoscenze e competenze (underconfidence). Le donne si connotano anche per minori conoscenze in materia di prodotti finanziari, sostenibilità e servizi di investimento digitalizzati. Nelle scelte di investimento, infine, esse ricorrono più di frequente al supporto del consulente e mostrano un interesse meno diffuso verso la finanza digitalizzata.
Nelle ultime settimane sono aumentati i dati che dimostrano la resilienza dell’economia dell’Eurozona a fronte dei forti shock subiti con i rincari dell’energia e l’inasprimento delle condizioni finanziarie.
Dopo avere toccato un minimo intorno a 47 punti a ottobre, l’indice PMI composito dell’Area Euro a gennaio è risalito sopra i 50 punti, segnalando una stagnazione anziché una contrazione dell’attività economica. Le nostre aspettative erano di una recessione di grado lieve in Europa; tuttavia, i dati recenti segnalano che la recessione potrebbe non arrivare. Sarebbe una notizia positiva sul breve termine, ma non significa assenza di problemi. Ci aspettiamo tuttora un indebolimento dell’attività economica in futuro con il venire meno di una parte del supporto derivante dagli ordini arretrati da evadere e per il dispiegarsi degli effetti della politica monetaria restrittiva nell’economia. Tuttavia, se persisterà la resilienza sottostante osservata di recente, la prospettiva che la BCE debba alzare i tassi più di quanto i mercati scontino attualmente (ossia un picco dei tassi ufficiali intorno al 3,5%) diventa molto reale. Nei portafogli di investimento riteniamo opportuno puntare sull’alta qualità e liquidità nell’assumere rischio ed esercitare cautela rispetto alle aree di mercato più sensibili all’andamento dell’economia.
NICOLA MAISupportare le imprese nel percorso verso il Net Zero non è solo una prerogativa del mondo azionario. Complice la spinta normativa, negli ultimi anni sono fiorite sul mercato diverse soluzioni a reddito fisso che puntano alla decarbonizzazione. Spetta ai fund selector individuare e selezionare le migliori opportunità all’interno dell’asset class.
Raggiungere gli obiettivi climatici e in particolare il target di emissioni nette zero entro il 2050, tracciato dall’Accordo di Parigi, è forse la principale missione a cui le imprese dovranno rispondere nell’immediato futuro. In un primo momento l’applicazione di criteri ESG ha riguardato solo l’ambito azionario. Ma con la crisi economica generata dal COVID-19 e l’emergenza energetica legata al conflitto russo-ucraino, anche il mondo obbligazionario ha iniziato ad aprirsi con successo agli investimenti sostenibili.
Negli ultimi tempi gli investimenti fixed income ESG hanno mostrato una certa resilienza alle diverse fasi di mercato e a inizio 2023 sono stati supportati da rendimenti più che
interessanti. “Per quanto riguarda il reddito fisso, guardiamo con interesse questa asset class dato che abbiamo iniziato l’anno con rendimenti decisamente più elevati rispetto all’inizio del 2022”, conferma Alessandro Greppi, Unit Linked and Pension Funds portfolio manager, Zurich Investments Life. Quanto all’integrazione ESG, Greppi evidenzia: “In generale stiamo passando a portafogli decarbonizzati, senza abbandonare il nostro approccio tradizionale. Quindi ci stiamo concentrando sul reddito fisso come asset class, applicando un’ulteriore analisi dal punto di vista ambientale. Analizziamo la storia delle aziende che hanno una chiara strategia di decarbonizzazione, cerchiamo di capire come stanno cambiando i propri modelli di business e quanto è forte il loro impegno. Cerchiamo anche di misurare i
PORTFOLIO MANAGER
risultati ottenuti nell’attuazione di tali strategie. Mettendo insieme questi elementi, siamo in grado di identificare non solo il valore delle obbligazioni, ma anche quello delle società che stanno ottenendo risultati positivi rispetto alla transizione verso il Net Zero”.
Un approccio alla selezione dei prodotti più sostenibili che sembra essere una costante per molte società di investimento. Come sottolinea Roberta Rudelli, head of fund selection, Unicredit: “Stiamo gradualmente ampliando la nostra offerta con soluzioni Climate Transition e Paris-aligned, ma stiamo ancora puntando anche sulle soluzioni tradizionali. Nelle soluzioni gestite internamente, la transizione verso indici più sostenibili avverrà in modo graduale, sia per gestire al me-
glio i tracking error che si presentano passando da strumenti tradizionali a prodotti ESG, sia perché da parte dei clienti non vi è ancora una forte domanda”. Del resto quando si investe in soluzioni focalizzate sulla decarbonizzazione, le caratteristiche del portafoglio possono cambiare completamente rispetto a strategie tradizionali. “Per esempio l’allocazione per Paese ma anche per settore può essere diversa: per questo è necessario verificare che le scelte attive rispetto al benchmark siano coerenti con l’asset allocation per evitare rischi non voluti ed essere consapevoli di eventuali opportunità mancate”, chiarisce Rudelli.
UNA SOLIDA EXPERTISESe si pensa alla dimensione del mercato obbligazionario è ancora più evidente la portata dell’impatto che un
"Cerchiamo di capire come le aziende stanno cambiando i propri modelli di business e quanto è forte il loro impegno"
"La nostra metodologia è sottoposta ad una peer-review dell’Università di Oxford che analizza l’aumento implicito della temperatura delle aziende"
HEAD OF MULTI ASSET, MULTI MANAGER AND RESPONSIBLE INVESTING SELLA SGR
riorientamento di capitali verso il fixed income con approccio sostenibile può comportare nel lungo periodo. In questo senso una rigida attività di analisi risulta fondamentale.
Lombard Odier “ha sviluppato una solida expertise in ambito di sostenibilità: abbiamo un team di ricerca interno dedicato allo studio dei rischi della transizione, ma anche analisti geospaziali per studiare gli effetti materiali dei rischi legati al cambiamento climatico”, afferma Erika Wranegard, Fixed Income portfolio manager, Lombard Odier Investment Managers. “La nostra metodologia è sottoposta ad una peer-review dell’Università di Oxford che analizza l’aumento implicito della temperatura delle diverse aziende e valuta se stiano realmente decarbonizzando in linea con l’Accordo di Parigi.
Siamo in grado di effettuare questa analisi su circa 10 mila società, questo ci consente di costruire un’offerta di prodotti core e high convinction, sia in ambito azionario che obbligazionario”, aggiunge Wranegard.
A sostegno di un trend ormai irreversibile c’è poi un tessuto normativo fortemente sviluppatosi negli ultimi anni. In ambito europeo le recenti intese raggiunte sul Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) e sull’European Union Emissions Trading System (ETS) rappresentano un passo avanti rispetto all’obiettivo di riduzione delle emissioni e un aumento di competitività per le aziende più attente ai target di CO2. Anche gli Stati Uniti si sono mossi verso la
decarbonizzazione e grazie all’Inflation Reduction Act renderanno disponibili forti incentivi per favorire le aziende chiaramente orientate alla sostenibilità.
Leve normative e fiscali che “apporteranno molti capitali verso le soluzioni in grado di decarbonizzare il sistema”, evidenzia Rossana Brambilla, head of Multi Asset, Multi Manager and Responsible Investing, Sella SGR per cui “si tratta quindi di un segmento destinato a crescere. Al tempo stesso meccanismi come ETS o CBAM impongono concretamente ai settori maggiormente inquinanti di investire per ridurre progressivamente le loro emissioni. Credo tuttavia che vi siano già oggi molte strategie disponibili sul mercato che permettono di avere un portafoglio sostenibile e ben bilanciato, allineate sia con gli obiettivi di sostenibilità che di rendimento”.
ROBERTA RUDELLI
HEAD
“Nelle soluzioni gestite internamente, la transizione verso indici più sostenibili avverrà in modo graduale, per gestire al meglio i tracking error”ROSSANA BRAMBILLA
"Oggi sul mercato vi sono già molte strategie che permettono di avere un portafoglio sostenibile e ben bilanciato"
Per la transizione green sono necessari circa 520 miliardi di euro l’anno da oggi al 2030, oltre ai circa 250 miliardi di euro fino al 2027 per completare il ‘decoupling’ dell’economia europea dalle fonti energetiche russe.
Lo scenario geo-politico, e di conseguenza quello energetico, è profondamente mutato dopo il 24 febbraio 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina e la decisione, da parte della stessa Federazione Russa, di utilizzare il gas come strumento politico, riducendone i volumi verso l’Europa già qualche mese prima dell’invasione, e minacciando a più riprese la completa sospensione delle forniture.
Lo scenario internazionale, però, può cambiare ad un ritmo più veloce della capacità di azione dell’Europa, un fenomeno che rischia di minare la competitività europea e il suo ruolo di potenza economica nel contesto
geo-politico che si determinerà nel post-guerra in Ucraina.
Nell’immediato, gli Stati membri sembrano avere gestito gli approvvigionamenti necessari per l’inverno 2022-23, differenziando le fonti (dalla Norvegia e dal Sud del Mediterraneo), aumentando la capacità di utilizzo del gas liquefatto (LNG) importato via nave da Qatar e Stati Uniti, e al contempo riducendone i consumi. Tuttavia, tale strategia è stata basata anche sul riempimento di stoccaggi, a cavallo tra primavera ed estate, utilizzando gas russo a questo scopo, gas che potrebbe non essere disponibile per la prossima stagione. Da qui la necessità di formulare una strategia comune,
coerente per la gestione delle prossime stagioni invernali e da gestire a livello comunitario. Gli Stati membri stanno faticando a trovare un accordo su un mix di politiche coerenti che possano dare risposta a questo mutato contesto internazionale, a riprova del fatto che le questioni energetiche, non a caso lasciate al di fuori delle libertà fondamentali del mercato interno, muovono considerazioni strategiche di lungo periodo di non facile soluzione. Eppure, è evidente un duplice rischio. Senza politiche comuni, esiste un tema di autonomia degli approvvigionamenti per i prossimi due anni, che rischia di creare razionamenti in alcuni Paesi europei, o una ulteriore esplosione dei costi
di Carlo Altomonte, Luca Bagato, Patrizia BussoliSTIMA DELLA PERDITA DI BENESSERE DOVUTA A DIVERSI IMPATTI CLIMATICI FUTURI APPLICATA ALL’ECONOMIA ODIERNA, PER REGIONE E LIVELLO DI RISCALDAMENTO GLOBALE, % DEL PIL
energetici. Inoltre, procedere in ordine sparso sul tema dell’autonomia energetica potrebbe rallentare il percorso della transizione alle rinnovabili, con grave danno anche economico per l’Unione. La necessità di andare in questa direzione è messa in evidenza dalle stime di perdita di welfare nel caso di aumento della temperatura.
Il totale delle perdite di benessere dell’UE28 (compreso il Regno Unito), sarebbero di almeno 175 miliardi di euro all’anno con un aumento della temperatura di 3°C, 83 miliardi di euro con 2°C e 42 miliardi di euro con 1,5°C. Le regioni più colpite dai cambiamenti climatici subiranno probabilmente anche perdite materiali maggiori, soprattutto se questi luoghi sono meno preparati, come suggeriscono i dati di ND-GAIN (2022). I risultati della Commissione confermano che l’Europa meridionale sarebbe la più colpita, con una perdita annua dell’1,3% del PIL con un riscaldamento globale di 2°C, rispetto a una media per l’UE28 di solo lo 0,7 per cento.
Nell’ottobre 2022 (al summit comunitario di Praga), l’allora primo ministro italiano Mario Draghi, affermava che si rischia di perdere la nostra identità europea, se non si affronta la crisi energetica in modo ordinato. Il vero passaggio di identità è nella sfida offerta dalla corrente situazione geopolitica vista come opportunità per accelerare sul tema delle energie rinnovabili, nella fase della transizione del Green Deal. Il nodo più che economico diventa di natura politica. L’uso di tassazione e sussidi dovrebbe essere coordinato a livello europeo senza creare delle frizioni sul mercato interno. Il coordinamento delle regole fiscali, quindi, diventa un passaggio rilevante nel percorso di
RINCARI PER LE FAMIGLIE E DOMANDA DI GAS CAMBIAMENTI NEI PAESI DELL’UE
SOSTEGNO FORNITO DA ALCUNI PAESI DELL’UE AI LORO CITTADINI E ALLE LORO IMPRESE (SETTEMBRE 2021-LUGLIO 2022)
indipendenza energetica e di una ordinata transizione climatica. Condividere costi e benefici in una situazione di disparità dei percorsi di crescita, in presenza di elevato indebitamento, richiede un cambio di approccio, maggior visione e solidarietà.
L’impatto della crisi energetica e la risposta che ne deriva definirà la struttura fisica e istituzionale del settore energetico europeo. E non solo. La necessità di indipendenza energetica è una delle vie di salvaguardia della pace.
La Commissione stima che per la transizione green siano necessari circa 520 miliardi di euro l’anno da oggi al 2030, oltre ai circa 250 miliardi di euro fino al 2027 per completare il ‘decoupling’ dell’economia europea dalle fonti energetiche russe. Evidentemente queste risorse non possono arrivare
solo dagli investimenti pubblici. Nel mondo finanziario, queste risorse possono essere disponibili. Tuttavia, la maggior parte delle risorse finanziarie è nelle mani di generazioni che non sono particolarmente sensibili al tema del cambiamento climatico. Per attrarre l’investimento degli scettici e limitare i rischi da greenwashing, i cui costi sono maggiormente elevati a causa della crisi energetica, è necessario rendere attraenti gli investimenti in energie rinnovabili, in modo da generare già oggi rendimenti positivi rispetto ai benefici attesi futuri. Fino al 2018 l’Ue ha sviluppato circa il 23% dei brevetti mondiali in tecnologie legate all’ambiente (seguita da USA e Cina). Se, come indica l’IEA, l’investimento in energie rinnovabili dell’Ue rappresenta il 27% del livello mondiale (contro il 13% degli USA), si nota che l’investimento in innovazione e R&D verde ha iniziato a decrescere. Quindi mobilitare il capitale rispetto a questi investimenti, con sussidi o incentivi di natura europea, è un passaggio necessario per la realizzazione del moltiplicatore di cui sopra.
La crisi energetica derivante dalle tensioni geopolitica mette in evidenza la necessità di un cambio di visione nella gestione della ‘casa comune’, l’Europa, per raggiungere gli obiettivi di transizione climatica, ma anche innovare il modello economico, attraverso la condivisione delle informazioni. La fragilità dell’Europa si manifesta nella sua incapacità di riconoscere il proprio punto di forza nell’essere più unita, come mercato dell’energia, come mercato dei capitali, come insieme di cittadini, che credono nei principi che hanno dato origine alla nascita dell’Europa stessa.
I mercati finanziari hanno realizzato performance ampiamente positive dall’inizio dell’anno, guidati principalmente da due fattori: da un lato, il rallentamento dell’inflazione e, dall’altro, i dati relativi alla ripresa dell’attività economica che riducono il pessimismo degli investitori sulla probabilità di una recessione. Quest’ultimo fattore può essere un importante catalizzatore per i mercati, ma non necessariamente positivo: la resilienza della crescita aumenta la probabilità che l’inflazione si riduca più lentamente e resti su livelli più elevati rispetto a quelli pre-pandemia, mettendo a dura prova le valutazioni dei segmenti più cari all’interno delle azioni globali, come gli Stati Uniti. Le azioni dei Paesi emergenti, in particolare la Cina, hanno invece prospettive di revisione al rialzo degli utili e valutazioni interessanti. Le obbligazioni sono tornate ad essere uno strumento da inserire all’interno dei portafogli, soprattutto quelle di qualità più elevata che in un contesto di inflazione in calo riescono di nuovo a svolgere il loro ruolo di diversificazione e a coprire dal rischio di una recessione. Preferiamo la parte breve della curva e strategie flessibili in grado di beneficiare della volatilità causata dal bilanciarsi di una crescita più resiliente e cicli di inasprimento delle banche centrali ormai ben avanzati.
CPR Invest - Hydrogen, un’opportunità da cogliere per creare valore investendo nell’ecosistema dell’idrogeno:
dà accesso a un mercato innovativo e ad alto potenziale;
si stima che l’idrogeno coprirà circa il 17% dell’intero fabbisogno energetico entro il 2050**;
l’idrogeno potrebbe avere un ruolo determinante per la riduzione delle emissioni di gas serra.
amundi.it
*Fonte: IPE “Top 500 Asset Managers” pubblicato a giugno 2022, sulla base delle masse in gestione al 31/12/2021.
**ETC (Energy Transition Commission), “Making the Hydrogen Economy Possible”, aprile 2021.
INFORMAZIONI IMPORTANTI
Questa è una comunicazione di marketing. Si prega di consultare il Prospetto e il KID prima di prendere una decisione di investimento. La presente comunicazione contiene informazioni inerenti a CPR Invest – Hydrogen, comparto della SICAV CPR Invest (di seguito il “Comparto”), autorizzato in Lussemburgo, sottoposto alla vigilanza della Commission de Surveillance du Secteur Financier (CSSF) ed o erto in Italia in conformità alle applicabili disposizioni di legge tempo per tempo vigenti. I potenziali investitori devono esaminare se i rischi annessi all’investimento nel Comparto siano appropriati alla loro situazione. In caso di dubbi, si raccomanda di consultare un consulente finanziario. Il Comparto non o re alcuna garanzia di rendimento. L’investimento comporta dei rischi. I risultati passati non sono indicativi di quelli futuri e non vi è garanzia di ottenere uguali rendimenti per il futuro. Il presente documento non rappresenta un’o erta a comprare né una sollecitazione a vendere. Esso non è rivolto a nessuna “U.S. Person” come defi nita nel Securities Act del 1933 e nel prospetto. Prima dell’adesione leggere il KID, che il proponente l’investimento deve consegnare prima della sottoscrizione, e il Prospetto disponibile gratuitamente in lingua italiana sul sito internet www.amundi.it. Una sintesi delle informazioni sui diritti degli investitori e sui meccanismi di ricorso collettivo è reperibile in lingua inglese sul sito internet www.amundi.com. La società di gestione può decidere di ritirare la notifi ca delle disposizioni adottate per la commercializzazione di quote se del caso anche in relazione a categorie di azioni in uno Stato membro rispetto alle quali aveva precedentemente e ettuato una notifi ca. Informazioni aggiornate a febbraio 2023. |
Un grande passo per i tuoi investimenti e per la transizione energetica.
La nuova normativa europea sugli investimenti sostenibili ha creato una rivoluzione nel settore del risparmio gestito. Le comunicazioni ESG sono ora le priorità dei Consigli di Amministrazione. Tuttavia, sul mercato regna una notevole confusione.
Negli ultimi anni abbiamo visto come il panorama legislativo a livello europeo abbia continuato a svilupparsi, con l’entrata in vigore di molteplici obblighi di disclosure riguardanti la sostenibilità per gli asset manager. L’anno scorso abbiamo considerato come la SFDR, entrata in vigore il 10 marzo 2021, abbia segnato una vera e propria svolta. Ad un anno dal nostro ultimo Barometro ESG le modifiche alla SFDR continuano a essere un punto focale per
l’industria finanziaria grazie anche ai continui aggiornamenti normativi.
Il nostro Barometro ESG 2023, arrivato alla seconda edizione, offre approfondimenti e analisi ESG su un universo globale di fondi d’investimento ed ETF. Risultato dell’analisi condotta dal nostro Fund Research Team, il report attinge al database ESG proprietario di MainStreet Partners composto da oltre 5.800 fondi/ETF e più di 64.000 ISIN individuali, che coprono più di 300 asset managers per un patrimonio totale di 4,4 trilioni di euro. Attraverso l’ana-
lisi dei cambiamenti nelle valutazioni ESG basate sulla nostra ricerca olistica, sui dati EET (European ESG Template) resi recentemente disponibili e sulle informazioni raccolte dai gestori patrimoniali e dalle autorità di regolamentazione, intendiamo evidenziare i cambiamenti avvenuti nel 2022 rispetto all’anno precedente così da comprendere l’evoluzione in corso.
Nel complesso, la percentuale di fondi Articolo 9 nell’universo analizzato da MainStreet Partners è rimasta pressoché invariata, mentre si è verificato un
chiaro passaggio dei fondi da Articolo 6 a Articolo 8 (Articolo 6: 75% nel 2021 vs 50% nel 2022).
DA ARTICOLO 6 A 8
Sicuramente, l’elevato deflusso di masse investite in fondi Articolo 6 registrato nell’ultimo anno ha avuto un peso elevato nella diminuzione percentuale di patrimonio in gestione investito in fondi che non considerano fattori di sostenibilità durante il processo di investimento. Tuttavia, un’altra componente rilevante che giustifica l’aumento delle masse gestite in fondi Articolo 8 è la riclassificazione di strategie precedentemente etichettate come Articolo 6; infatti, si parla di più di 550 strategie passate da Articolo 6 ad Articolo 8 nel 2022. Tra gli aspetti rilevanti vi è inoltre la riclassificazione di molti fondi Articolo 9, dovuta principalmente ai nuovi requisiti richiesti dalla fase “Livello 2” dell’implementazione della regolamentazione SFDR. Qui viene richiesto che i fondi Articolo 9, oltre a specificare un obiettivo di impatto, abbiano il 100% di allocazione in “investimenti sostenibili”; tuttavia, al momento non esiste una definizione standardizzata di ciò che costituisce tali investimenti. Per questo motivo le metodologie utilizzate dai vari gestori variano molto tra loro, portandoli ad assumere un atteggiamento più conservativo, consci del rischio di greenwashing in cui potrebbero incorrere.
In relazione a ciò è fondamentale riuscire ad identificare quali siano i prodotti più esposti al rischio di greenwashing.
Consideriamo un fondo esposto a questo rischio se etichettato come Articolo 8 o Articolo 9 e con una performance ESG debole, ovvero un punteggio inferiore a 3 su 5, secondo il Rating ESG proprietario di MainStreet Partners.
Attualmente, all’interno nel nostro universo circa il 19% dei fondi classificati come Articolo 8 e l’1% dei fondi eti-
chettati come Articolo 9 non raggiungono il Rating ESG minimo per essere considerati prodotti “sostenibili”, pertanto vengono ritenuti prodotti a potenziale rischio di greenwashing. Approfondendo la ricerca possiamo sostenere che la debolezza in termini ESG di questi fondi sia riconducibile principalmente alla non chiarezza degli obiettivi di sostenibilità e alla mancanza di addizionalità ed innovazione delle strategie, due sotto-pilastri parte dell’analisi relativa alla “Strategia”. Questa analisi è stata possibile grazie al nostro approccio olistico, basato su tre pilastri, utilizzato per l’analisi di sostenibilità dei fondi, che non si basa esclusivamente sulla valutazione delle partecipazioni che compongono il portafoglio (pilastro 3 – “Portafoglio”), ma considera anche il profilo di sostenibilità del gestore (pilastro 1 – “Asset Manager”) e il modo in cui i criteri di sostenibilità vengono implementati durante il processo di investimento pilastro 2 – “Strategia”).
Grazie alla sempre più diffusa adozione da parte delle società di gestione degli EET, il formato standardizzato sviluppato dall’Associazione europea delle società di gestione e investimento (EFAMA) per la comunicazione delle informazioni relative all’investimento ESG, siamo stati in gradi di analizzare e valutare anche i dati relativi alla sostenibilità che vengono comunicati pubblicamente dai gestori al mercato.
Analizzando i dati riportati dai gestori sugli EET e relativi ai Principali effetti negativi (PAI), vediamo che il numero di fondi Articolo 6 che prendono in considerazione tali indicatori è basso (9%), mentre la stessa cifra per i fondi Articolo 8 e 9 è notevolmente più alta, rispettivamente 91% e 94%. Tuttavia, la mancanza di affidabilità di alcuni indicatori (solo la
metà degli indicatori obbligatori ha una copertura solida), la mancanza di dati per altri (ad esempio, il divario retributivo tra uomini e donne) e la definizione vaga di cosa significhi considerare i PAI (riportarli su base ex-post o impattare effettivamente sul processo di investimento), costituiscono certamente sfide complesse che a nostro avviso necessitano di ulteriori chiarimenti e implementazioni. Analogamente alla considerazione dei PAI, non esiste una definizione chiara di ciò che è “sostenibile”; ciò spiega in parte perché solamente il 42% dell’intero universo dei fondi abbia dichiarato una percentuale minima di investimenti sostenibili.
Nell’ambito dei fondi Articolo 8, poco più della metà ha comunicato una percentuale minima inferiore al 30% e solo il 10% dei prodotti ha superato il 30%. Per quanto riguarda i fondi Articolo 9, solo il 16% ha dichiarato una percentuale minima inferiore al 30%, mentre due terzi di essi hanno comunicato una cifra superiore al 30 per cento.
In conclusione, la nuova normativa europea sugli investimenti sostenibili ha creato una rivoluzione nel settore del wealth and asset management e le comunicazioni ESG sono ora le priorità dei Consigli di Amministrazione e dei comitati esecutivi. Tuttavia, sul mercato regna una notevole confusione su cosa si intenda per fondo sostenibile e su come evitare il rischio di “greenwashing” in un’enorme offerta di nuovi prodotti commercializzati come ESG, Impact o sostenibili. Per questi motivi continuiamo a registrare un numero crescente di investitori in Europa e in Asia che richiedono o desiderano Rating ESG coerenti e di facile comprensione che vadano oltre la semplice aggregazione bottom-up dei Rating ESG delle partecipazioni per fornire una due diligence ESG olistica e indipendente.
Più di 30 milioni di investitori individuali in tutto il mondo hanno affidato a Vanguard i propri risparmi ed è nostro unico obiettivo massimizzarne i ritorni a lungo termine, offrendo loro le migliori possibilità di successo negli investimenti.
Circa l’80% del patrimonio dei nostri clienti è investito in fondi indicizzati, che offrono un accesso ampiamente diversificato ai mercati, a costi minimi. In quanto gestore di fondi indicizzati, Vanguard non sceglie i titoli di un fondo, così come non detta la strategia di una società in portafoglio. L’indicizzazione, però, si basa su mercati dei capitali efficienti. La divulgazione dei rischi finanziari rilevanti da parte delle società è una componente fondamentale di questo processo, così come la loro identificazione è una nostra priorità.
Il cambiamento climatico avrà importanti conseguenze economiche per società, mercati e investitori, in quanto chiaro esempio di rischio finanziario rilevante e multiforme. Vanguard si è attivata per comprendere e affrontare questo rischio, dialogando e interagendo con le società, con i responsabili politici e con le iniziative più ampie del settore. Il nostro obiettivo è capire come si stanno affrontando i rischi materiali, compreso quello climatico, nell’interesse a lungo termine degli investitori.
Con 10 milioni di vittime nel 2020, il cancro si attesta tra le principali cause di morte. Dalle biotecnologie alla ricerca, dal settore farmaceutico a quello dell’intelligenza artificiale, sono moltissime le organizzazioni impegnate nella lotta al cancro e nel miglioramento della vita di chi ne è affetto.
Siate parte anche voi del progresso: investendo nel fondo Candriam Equities L Oncology Impact potete promuovere l’innovazione in ambito oncologico incrementando i vostri risparmi. Candriam dona inoltre il 10%* delle commissioni di gestione a favore degli istituti di ricerca contro il cancro. Investiamo nella lotta per la vita.
* Importo massimo della donazione annuale. “Oncology Impact” è un comparto della SICAV “Candriam Equities L”, di diritto lussemburghese e gestito da Candriam Luxembourg. L’obiettivo del fondo è ottenere una crescita del capitale investendo nelle azioni di società che operano nel campo dell’oncologia (studio, diagnosi, cura, ecc. del cancro), le cui sedi e/o attività principali sono presenti in tutto il mondo. Consigliamo agli investitori desiderosi di comprendere adeguatamente il profilo di rischio del fondo di leggere attentamente il prospetto del fondo e la descrizione dei rischi sottostanti: rischio di perdita del capitale, rischio azionario, rischio valutario, rischio connesso ai derivati, rischio di concentrazione, rischio di liquidità, rischio dei paesi emergenti, rischio di fattori esterni e rischio di controparte. Il valore dell’investimento potrebbe diminuire a causa in primo luogo dell’esposizione del fondo ai rischi indicati nel prospetto del fondo e nel documento contenente le informazioni chiave per gli investitori (Key Investor Information Document). Questo documento è fornito unicamente a scopo informativo, non costituisce un’offerta di acquisto né di vendita di strumenti finanziari, non rappresenta un consiglio di investimento né conferma alcuna transazione, salvo ove espressamente concordato. Candriam consiglia in ogni caso agli investitori di consultare, attraverso il sito web www.candriam.com, il documento informativo chiave, il prospetto informativo e tutte le informazioni rilevanti prima di investire in uno dei nostri fondi, incluso il valore patrimoniale netto (“NAV”) dei fondi. Queste informazioni sono disponibili in inglese o nelle lingue nazionali per ciascun paese in cui la commercializzazione del fondo è approvata.
I mercati azionari emergenti potrebbero registrare un anno migliore di quelli sviluppati, alla luce dell’indebolimento del dollaro, del rallentamento dell’inflazione e della riapertura dell’economia cinese.
In un mondo sempre più multipolare, diverse regioni emergenti sono salite alla ribalta nel 2022. La Russia ha invaso l’Ucraina a febbraio e, tra le conseguenze della guerra, la crisi energetica si è fatta sentire soprattutto in Europa, ma la scarsità e i rincari dei generi alimentari hanno colpito più duramente altre aree meno sviluppate e preparate, come buona parte dell’Africa. La Cina è passata dal lockdown all’apertura e l’indice della Turchia ha registrato una delle performance più brillanti dell’esercizio, un risultato difficile da prevedere data la politica monetaria erratica promossa da Erdogan.
E, come tutti sanno, l’Argentina ha vinto i Mondiali di calcio, anche se
l’economia nazionale è ben lontana dai primi posti in altre classifiche.
Analizzando le prospettive dei Paesi emergenti nel 2023, giungiamo a conclusioni diverse per l’economia e i mercati. Sul fronte congiunturale, le nazioni emergenti non sembrano fare eccezione al rallentamento atteso su scala mondiale. David Rees, senior emerging markets economist di Schroders, cita almeno tre motivi per ritenere che la crescita delle economie emergenti vada incontro a una decelerazione nel corso di quest’anno. “Innanzitutto, la nostra previsione che gli Stati Uniti seguano la zona euro e il Regno Unito sulla strada della recessione implica una probabile contrazione della domanda globale di beni. Questa dinamica rappresen -
ta una minaccia in particolare per le economie piccole e aperte dell’Asia, dell’Europa centrale e orientale e del Messico, che dipendono dalle esportazioni come motore della crescita”, spiega l’esperto. “Inoltre, anche se la riapertura dell’economia cinese può dare impulso alla domanda di risorse naturali, il rallentamento della crescita mondiale finirà per pesare sui prezzi delle materie prime, penalizzando i mercati produttori”, aggiunge. Infine, secondo Rees i governi di molti Paesi continueranno a inasprire le politiche fiscali per cercare di porre rimedio ai danni subiti dalle finanze pubbliche durante la pandemia, mentre l’effetto ritardato dei rialzi dei tassi di interesse contribuirà a indebolire la domanda. Dal
canto loro, le prospettive dei mercati finanziari sono leggermente più incoraggianti. Pierre-Henri Cloarec, gestore di Nordea AM, si mostra ottimista nei confronti dell’azionario emergente e in particolare dei titoli growth. “I fattori negativi che hanno caratterizzato il 2022 sono venuti meno o stanno gradualmente rientrando: il picco dell’inflazione, il picco del dollaro, la stretta monetaria della Federal Reserve e, da ultimo, la politica zero COVID cinese.” Gli esperti concordano nell’affermare che l’andamento della Cina e del biglietto verde sarà determinante per le valutazioni complessive dei mercati emergenti. Quando Luca Paolini, chief strategist di Pictet, afferma che “per la prima volta da tanti anni ci
“PER LA PRIMA VOLTA DOPO TANTI ANNI CI SONO LE CONDIZIONI NECESSARIE PER UNA SOVRAPERFORMANCE DEI MERCATI EMERGENTI”
LUCA PAOLINI (PICTET AM)
ECONOMICA E POTREBBERO REGISTRARE UN RIALZO MAGGIORE SE IL RAFFORZAMENTO CONGIUNTURALE SUPERASSE LE ATTESE”. DIOGO GOMES (UBS AM)
sono le condizioni necessarie per una sovraperformance dei mercati emergenti”, ha ben presente che “la Cina è il secondo mercato azionario più sottovalutato” e che la debolezza del dollaro (a suo avviso sopravvalutato del 20-25%) gioca a favore del complesso emergente.
L’elevato peso della Cina nei principali indici azionari emergenti spinge anche UBS AM a prevedere che le piazze emergenti possano sovraperformare quelle sviluppate, come sostiene Diogo Gomes, senior CRM di UBS AM. A suo avviso, la riapertura dell’economia cinese favorirà soprattutto la ripresa dei consumi interni, ma continuerà anche a esercitare impatti positivi, benché moderati, sui partner commerciali della Cina e sul mercato delle materie prime. “Ciò significa che i mercati emergenti hanno meno probabilità di subire ulteriori ribassi in caso di deterioramento della crescita economica e potrebbero registrare un rialzo maggiore se il rafforzamento congiunturale superasse le attese”.
Oltre alla Cina, Pierre-Henri Cloarec di Nordea AM cita altre due piazze interessanti. “Nonostante le valutazioni elevate di alcuni settori crediamo che il mercato indiano includa alcune delle aziende di maggiore qualità, con un ampio margine di
crescita, dato il basso livello del PIL pro capite (intorno a 2.000 dollari), e un dividendo demografico molto appetibile.” Secondo il portfolio manager, anche il Brasile offre l’opportunità di guardare oltre il rumore di breve periodo e concentrarsi sui fondamentali a lungo termine, che rimangono molto solidi. Cloarec prevede un progressivo calo della volatilità, “soprattutto se il nuovo governo darà segnali chiari di responsabilità fiscale”.
A livello settoriale punta in particolare sui semiconduttori: si aspetta infatti “una ripresa della domanda nella seconda metà del 2023, dopo che l’intero settore ha registrato una correzione nel 2022 accompagnata da forti revisioni al ribasso delle stime di utile, in particolare nel secondo semestre”. Tom Wilson, head of Emerging Market Equities di Schroders, esprime la stessa preferenza e indica che la società di gestione ha ricominciato “a investire in aziende tecnologiche di Corea del Sud e Taiwan, che offrono buone prospettive di crescita strutturale”. Quindi attenzione al dollaro, alla Fed e alla Cina. Tutti gli occhi saranno puntati sull’Assemblea nazionale del popolo e sulla Conferenza politica consultiva del popolo di marzo, che in genere tracciano gli obiettivi macroeconomici della Cina.
“I MERCATI EMERGENTI HANNO MENO PROBABILITÀ DI SUBIRE ULTERIORI RIBASSI IN CASO DI DETERIORAMENTO DELLA CRESCITA
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*PFI è l'11° gestore più grande al mondo in termini di asset istituzionali gestiti a livello mondiale secondo P & I Top Money Managers pubblicato nel giugno 2022. Dati AuM aggiornati al 31.12.2022, secondo le stime della società e soggetti a variazioni. Questo materiale è a puro scopo informativo ed educativo.
(1) Rappresenta l'esperienza di gestione patrimoniale di PFI attraverso PGIM, le sue affiliate e i suoi predecessori. Un ciclo di mercato si identifica nelle fluttuazioni dell'economia tra fasi di crescita e di recessione. Per ulteriori informazioni relative ai cicli di mercato visitare: www.nber.org/cycles. PGIM è la principale attività di gestione patrimoniale di Prudential Financial, Inc. (PFI) e nome commerciale di PGIM, Inc. e delle sue filiali globali. Nello Spazio economico europeo ("SEE"), le informazioni sono emesse da PGIM Netherlands B.V. con sede legale: Gustav Mahlerlaan 1212, 1081 LA Amsterdam, Paesi Bassi. PGIM Netherlands B.V. è autorizzata dall'Autoriteit Financiële Markten ("AFM") nei Paesi Bassi (numero di registrazione 15003620) e opera sulla base di un passaporto europeo. In alcuni paesi del SEE, le informazioni sono, ove consentito, presentate da PGIM Limited in base a disposizioni, esenzioni o licenze disponibili a PGIM Limited in base ad accordi di autorizzazione temporanea a seguito dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. Questi materiali sono emessi da PGIM Limited e/o PGIM Netherlands B.V. a persone che sono clienti professionali come definito dalle regole della FCA e/o a persone che sono clienti professionali come definito nella pertinente attuazione locale della Direttiva 2014/65/ UE (MiFID II).
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Sempre più investitori puntano sul debito privato che da asset class di nicchia sta diventando una componente essenziale dei portafogli. La capacità di offrire riparo dall’inflazione potrebbe fare la differenza, nel contesto attuale.
ontinua a crescere l’appetito per i fondi di private debt. Il contesto di mercato sfidante per i tassi di interesse in aumento, l’inflazione e la crescita economica in discesa sta penalizzando molte tipologie di investimento, ma potrebbe giovare a questa asset class dei mercati privati. La ricerca di rendimenti corretti per il rischio interessanti, di diversificazione e di protezione dalle fiammate dei prezzi sono alcune ragioni che spingono sempre più investitori verso il debito privato. Questo momento favorevole trova conferma nell’ultimo studio che KPMG ha realizzato sui fondi di private debt in Lussemburgo. È stato promosso da ALFI, l’Associazione locale dell’industria dei fondi e si basa su un sondaggio realizzato tra 11 banche depositarie che rappresentano 905 fondi sull’asset class. Ne emerge un forte slancio di crescita di questi investimenti alternativi. A giungo del 2022 gli AuM dei fondi di private debt sono aumentati di oltre il 45% nel corso dell’anno, per un totale di quasi 268 miliardi di euro. E questo dato si aggiunge alla crescita di quasi
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il 41% registrata nel 2021. “La domanda di finanziamenti rimane robusta, nonostante l’inflazione, i rischi di recessione e le tensioni geopolitiche”, spiega Valeria Merkel, partner di KPMG che si è occupata della ricerca. “Nel frattempo le banche stanno riducendo ulteriormente le loro attività di prestito a causa del continuo fabbisogno di capitale regolamentare e degli accantonamenti previsti per le perdite sui prestiti. Di conseguenza, ci aspettiamo che la crescita costante del mercato del debito privato continui nei prossimi anni”, aggiunge Merkel.
Scendendo più nel dettaglio, si evince che la tipologia principale di investitori, data la complessità di questi strumenti, è costituita dagli istituzionali (84%), seguiti dal segmento retail (9%) e da individui con un alto patrimonio (HNWI) (3%). La maggior parte degli investitori istituzionali sono fondi pensione o compagnie di assicurazione (51%). Il 68% proviene dall’Europa, il 14,5% dal Nord America e il 17,5% dal resto del mondo. A seconda della loro strategia di investi-
mento, i fondi di private debt possono essere originatori di debito o partecipanti al debito, e rappresentano rispettivamente il 44% e il 56% del settore. L’83% è di tipo chiuso, mentre il 17% è di tipo aperto. Le principali strategie sono tre: direct lending (64%), distressed debt (13%) e mezzanine (13%). Rispetto allo scorso anno, si registra una diminuzione del direct lending (-8%) e un aumento del venture debt (+4%), nonché un leggero aumento del mezzanino (+2%) e del distressed debt (+1%). Infine, sta assumendo un’importanza sempre maggiore la sostenibilità del debito privato, anche se, come si legge nello studio, “c’è ancora molto lavoro da fare per raggiungere
la maturità vista in altri mercati”. Tre fondi di private debt su quattro rientrano nell’Articolo 6 dell’SFDR e il 23% nell’Articolo 8, ossia i fondi che promuovono l’ambiente o il sociale.
Il private debt offre strategie che forniscono una cedola a tasso variabile e possono rappresentare una copertura naturale contro l’inflazione. Secondo un recente studio di Aeon Investments che ha coinvolto diversi family office di Regno Unito, Stati Uniti, Svizzera, Germania e regioni nordiche che rappresentato un totale di oltre 98 miliardi di dollari in gestione, è questo uno dei motivi chia-
La raccolta annuale dei fondi sul credito privato continua ad aumentare
ve che lo rende attrattivo nell’incertezza attuale. La quasi totalità (99%) degli intervistati ha indicato che la combinazione di rendimenti interessanti e protezioni strutturali come le clausole del debito e il supporto del credito offrono un elevato grado di sicurezza. Inoltre, a indicazione delle prospettive di crescita, il 90% prevede un aumento della domanda di asset illiquidi, incluso il private debt, nei prossimi due anni. “Il private debt si è trasformato da nicchia a un’allocazione essenziale dei portafogli”, afferma Roland Toppen, chief financial officer dell’affiliata di Natixis IM MV Credit. “Storicamente, ha fornito rendimenti con una bassa volatilità rispetto ad altre asset class”, osserva.
Anche Schroders Capital, la divisione sui private asset del gestore londinese, ritiene particolarmente interessanti per il 2023 le strategie di private debt che beneficiano di tassi d’interesse variabili. Invita però a focalizzarsi sui settori non ciclici e meno esposti al rallentamento economico, ad esempio parti del settore sanitario o legati ad attività sottostanti tangibili (come immobili e infrastrutture). “Nell’attuale mercato, ci concen-
triamo sulle strategie di prestito diretto, in cui le cedole sono a tasso variabile e dove la copertura degli interessi e i rapporti prestito/valore rimangono conservativi, dice il chief investment officer Nils Rode. Il credito privato continua ad espandersi anche come conseguenza della riduzione dei finanziamenti che le aziende ricercano sui mercati pubblici e tramite canale bancario. Si tratta per BlackRock Alternatives di uno dei fattori di supporto determinati per l’asset class. “L’aumento dei tassi d’interesse in molti Paesi ha causato delle perturbazioni sui mercati dei capitali. Ma potrebbe essere una manna per il credito privato grazie alla flessibilità del capitale nel reagire alle mutevoli condizioni di mercato”, spiega Edwin Conway, global head di BlackRock Alternatives. “Ma se le condizioni dovessero deteriorarsi, ci aspettiamo dispersione tra i settori: alcuni modelli di business potrebbero non funzionare, con un costo del capitale più elevato”, avverte. “Il rischio di un aumento dei tassi di insolvenza può essere mitigato attraverso la selezione disciplinata degli investimenti e la strutturazione delle operazioni”, conclude.
Gli shock post-COVID, la guerra in Ucraina e le tensioni sui mercati dell’energia hanno avuto ripercussioni sui mercati azionari nel 2022. I rialzi ripetuti dei tassi USA, episodio unico nella storia recente, hanno prodotto effetti notevoli sulle valorizzazioni dei mercati. Quando la liquidità è abbondante, le valutazioni sembrano secondarie: qualsiasi “growth-story” è buona per investire. Quando l’orizzonte è incerto e fare previsioni è difficile torna utile ritrovare un’ancora di lungo periodo: il P/E di Shiller (CAPE) può aiutare gli investitori a posizionarsi sui mercati tenendo presente le evoluzioni recenti e le tendenze di lungo periodo. Il CAPE misura la valorizzazione di un mercato o un settore comparandone il prezzo alla media degli utili su 10 anni (aggiustati per l’inflazione). Rispetto al classico P/E è meno sensibile al ciclo economico e permette di contestualizzare il valore dell’asset sul lungo periodo. Soprattutto a livello settoriale, con la dispersione a cui assistiamo dal 2020, il CAPE si è dimostrato uno strumento efficace per sfruttare le rotazioni di stile, come il ritorno del value. Con un CAPE a 29.2 negli USA e 20.5 in Europa, siamo ancora su livelli superiori alla media storica, sebbene inferiori ai picchi recenti. La dispersione settoriale consente alle strategie di rotazione settoriale di Ossiam basate sul CAPE di trarne beneficio.
Goldman Sachs Asset Management fornisce ai clienti di tutto il mondo una partnership dedicata e orientata alla performance di lungo termine, tramite un’ampia gamma di offerta che spazia dagli investimenti tradizionali a quelli alternativi.
Forniamo servizi d’investimento e di consulenza per le principali istituzioni mondiali, consulenti finanziari ed investitori privati, avvalendoci della solida rete globale del Gruppo Goldman Sachs, in ogni regione e mercato. A livello globale, i nostri asset in supervisione superano i 2.000 miliardi di dollari.1
1. Fonte: Goldman Sachs Asset Management a giugno 2022. Gli asset in supervisione (AUS) comprendono il patrimonio gestito e gli altri asset dei clienti su cui Goldman Sachs non ha piena discrezionalità.
Il presente materiale è una promozione finanziaria distribuita da Goldman Sachs Bank Europe SE, anche per il tramite delle sue filiali autorizzate (“GSBE”). GSBE è un istituto di credito costituito in Germania ed è soggetta, nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico stabilito fra gli Stati membri dell’Unione Europea la cui valuta ufficiale è l’Euro, alla vigilanza prudenziale diretta della Banca Centrale Europea e, in altri ambiti, alla vigilanza dell’Autorità di Vigilanza Finanziaria Federale tedesca (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufischt, BaFin) e della Deutsche Bundesbank. Goldman Sachs Asset Management si avvale delle risorse di Goldman Sachs & Co ed è soggetta a vincoli, legali interni e di carattere normativo. Riservatezza: Nessuna parte di questo materiale può, senza il previo consenso scritto di Goldman Sachs Asset Management, essere (i) riprodotta, fotocopiata o duplicata, in qualsiasi forma, con qualsiasi mezzo, o (ii) distribuita a qualsiasi persona che non sia un dipendente, un funzionario, un amministratore o un agente autorizzato del destinatario.
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Icosti dei prodotti continuano ad esser i più alti d’Europa. Infatti, Il rapporto ESMA intitolato “Performance and Costs of Eu Retail Investment Products” dimostra come i costi medi dei fondi di investimento offerti alla clientela in Eurolandia si aggirino intorno al 1%, mentre in Italia sono attorno al 2 per cento. Una delle peculiarità del
mercato italiano, che in parte spiega queste diseconomie, è il fatto di essere rimasto un ambiente banco-centrico in cui non è prevista la separazione tra attività creditizia ed attività di asset management. Ne è prova che la quasi totalità degli asset manager nazionali sono captive, cioè distribuiti esclusivamente dalla rete di banche che ne possiedono la proprietà. Un altro dato
Il Paese continua ad essere l’esempio per eccellenza dell’approccio subottimale alla gestione del risparmio.
che testimonia la scarsa attenzione alla qualità dell’offerta è il fatto che nessun asset manager italiano abbia la capacità di collocare suoi prodotti al di fuori del territorio nazionale, diversamente da player stranieri, europei e non, che trovano spesso terreno fertile nell’essere collocati invece in Italia. Infine, considerando come la remunerazione dell’attività di vendita di fondi risulti anche quattro volte superiore alla remunerazione dell’attività propria di gestione degli asset, si conferma come gli investimenti delle fabbriche prodotto siano indirizzati prevalentemente alle attività che stanno a valle della gestione.
In questo contesto, il legislatore europeo ha il mandato di assicurare le migliori condizioni affinché il risparmio sia investito in maniera proficua. Questa missione trova origine, sin dall’inizio degli anni 2000, nella necessità di assicurare sostenibilità di lungo termine ai sistemi pensionistici e sanitari degli Stati membri. Le proiezioni condizionate dal cosiddetto “silver tsunami”, cioè il veloce invecchiamento della popolazione, indicano infatti una sempre più scarsa con-
tribuzione pensionistica a fronte di un aumento esponenziale delle prestazioni. In tutto questo, il legislatore europeo ha deciso di rendere più efficiente il sistema del risparmio, da un lato, e dell’investimento, dall’altro. Così devono essere letti i tentativi proposti sia con la normativa MiFID I del 2007 che la successiva MiFID II del 2018 di promuovere, da un lato, un’azione persistente di educazione finanziaria e, dall’altro, di indirizzare l’industria del risparmio verso condotte più rispettose degli interessi del cliente.
Con MiFID I si è cercato di interporre tra il risparmiatore e chi propone prodotti di investimento una figura indipendente, il consulente, che dovrebbe assicurare completa indipendenza dal proponente e, di conseguenza, piena condivisione degli interessi del risparmiatore.
Con MiFID II si è puntato su un altro aspetto, responsabilizzare il proponente circa le indicazioni di investimento fornite al cliente. In primis vincolando, per il proponente, l’ammissibilità delle commissioni
di retrocessione, la parte di guadagno più ricca e facile da ottenere, all’accrescimento del valore dei servizi offerti al cliente, a seguire, prevedendo il divieto di produrre e ricevere ricerca ed analisi gratuita con l’obiettivo di limitare i conflitti di interesse potenziali ed, infine, disponendo come l’utilizzo di analisi documentate, originali, oggettive e concludenti assicuri l’accrescimento di valore dei servizi offerti (e quindi la possibilità di trattenere lecitamente i rebates) fissando il criterio della proporzionalità tra investimenti e rebates.
In aggiunta, si è previsto recentemente anche l’obbligo di indicare ai clienti i motivi di uno switch di portafoglio, meglio se l’indicazione deriva da misurazioni di convenienza di carattere quantitativo fornite da terze parti con incentivate dal proponente.
Nelle ultime settimane il dibattito sul tema della difesa del risparmiatore si è incendiato. La proposta della commissaria ai Servizi finanziari della comunità europea, Mairead McGuinness, che consistente nel vietare tout court la percezione di rebates, ha fatto uscire allo scoperto tutti i protagoni-
sti del mercato, in particolare in Paesi come l’Italia dove le retrocessioni da collocamento di fondi rappresentano oltre 2/3 del volume d’affari per la maggior parte delle reti bancarie e gli asset manager sono captive.
È nato dunque un quotidiano fuoco di sbarramento rappresentato da dichiarazioni ed analisi che indicano nella cancellazione dei rebates un autogol da parte del legislatore. Le motivazioni vanno dalla difesa del piccolo risparmiatore che non avrebbe la capacità di fruire dei servizi di consulenza di cui fruisce oggi, al rischio che il sistema attuale si possa disgregare fino ad indicare il fallimento di tale modello nei Paesi che da più di dieci anni lo hanno adottato (Olanda e Gran Bretagna).
Alcuni fini osservatori, tuttavia, sottolineano come le argomentazioni contrarie alla proposta della commissaria McGuiness siano povere di contenuti. Ad esempio, che i risparmiatori vengano privati degli attuali servizi di consulenza suona quantomeno bizzarro, dicono. Infatti, da che mondo è mondo il consulente (legale, fiscale, tributario, sanitario e via dicendo) deve essere pagato esclusivamente dal cliente di cui tutela gli interessi, non
da una casa di produzione che ha interesse a fargli collocare un bene, magari a fronte di un budget incentivante. L’osservazione che il sistema attuale si possa disgregare, risulta in linea con gli obiettivi della Commissione che, evidentemente, dopo avere visti falliti i tentativi del legislatore di questi vent’anni, ha deciso di alzare la pressione. Infine, pare che sia falso sostenere che in Olanda e Gran Bretagna il cambiamento sia fallito; i dati della Commissione dimostrano il contrario ed il fatto che i costi dei prodotti per i risparmiatori risultino, in quei Paesi, dimezzati rispetto a quelli italiani ne sarebbe la prova.
In conclusione, pur sapendo che sono già attuali regole che dovrebbero favorire l’efficiente gestione del risparmio, molti analisti rilevano che l’industria è fino ad oggi riuscita ad evitare il rinnovamento che la Commissione europea ritiene urgente da vent’anni. Forse è arrivato il momento di riconoscere le ragioni del legislatore. Ci auguriamo che l’industria abbia un atteggiamento conciliante per alimentare percorsi di rinnovamento che rendano per davvero sostenibile il sistema di gestione del risparmio nel rispetto della aspettative del legislatore che, ricordiamo, riguardano sia il favorire una maggiore consapevolezza nel risparmiatore di quanto sia importante integrare le prestazioni sanitarie e pensionistiche garantite dagli stati membri, sia una organizzazione dell’industria dell’asset management più rispettosa degli interessi del risparmiatore pur salvaguardando la sostenibilità economica del mercato.
Il 2023 è un anno in cui ci aspettiamo che la Cina si riaffermi come motore dell’attività economica globale. La politica cinese si è evoluta in una direzione molto più favorevole alla crescita e al mercato. Con la fine della politica zero Covid, siamo fiduciosi che sia iniziata una riapertura economica globale duratura e stabile, che sosterrà il ritorno dei consumi domestici ai livelli pre-pandemia.
Inoltre, i precedenti tentativi di contenere gli eccessi nel settore immobiliare sono stati sostituiti da una serie di misure più sfumate volte a sostenere sia l’offerta sia la domanda e a promuovere la stabilità del settore nel suo complesso. La campagna di regolamentazione sulle società cinesi tecnologiche e sulle piattaforme internet sembra aver fatto il suo corso. A nostro avviso, un rapporto più collaborativo con il governo per queste società costituisce un catalizzatore critico per il rialzo dei multipli azionari.
Un approccio multi-asset all’investimento in Cina offre agli investitori un’esposizione completa a questa serie di cambiamenti politici dalle molteplici sfaccettature.
Le azioni onshore sono fortemente rappresentate da società finanziarie e industriali domestiche, ben posizionate per beneficiare di un’economia in complessivo miglioramento. La fine
della campagna di regolamentazione nel settore tecnologico aiuta in modo evidente le grandi piattaforme internet, ben rappresentate negli indici azionari offshore, rimuovendo la zavorra sulle loro valutazioni.
Inoltre, gli investitori possono ora accedere alla prospettiva di stabilizzazione nel settore immobiliare anche attraverso le obbligazioni high yield cinesi. Siamo consapevoli che gli sviluppatori cinesi devono affrontare sfide strutturali. Tuttavia gli investitori sono ben ricompensati per l’assunzione di tale rischio, con spread a livelli raramente visti al di fuori dei periodi di crisi. Ci aspettiamo una riduzione controllata della leva finanziaria nel real estate in futuro, data l’importanza del settore per l’economia e per la ricchezza delle famiglie.
Nel frattempo, le obbligazioni governative cinesi contribuiscono a isolare gli investitori da eventuali preoccupazioni specifiche del Paese che potrebbero pesare sugli asset di rischio nazionali. In effetti, questi titoli hanno dato prova di solidità, facendo molto meglio degli indici a reddito fisso statunitensi ed europei durante il periodo di sottoperformance degli asset di rischio cinesi cominciato a inizio 2021.
Le sfide demografiche della Cina, che probabilmente contribuiranno a rallentare il tasso di crescita economica nel medio termine, sono ben documentate. Ciò che è meno apprezzato,
a nostro avviso, è quanto questa dinamica stia anche incrementando la domanda di servizi di gestione patrimoniale e i flussi nei mercati finanziari. Prevediamo che le attività finanziarie continueranno a guadagnare quote rispetto agli immobili come strumento di risparmio preferito in Cina, in linea con il mantra che “la casa è per vivere, non per speculare”. Fino alla metà del 2022, la crescita media quinquennale degli asset in gestione in Cina ha superato di gran lunga quella degli altri principali Paesi, con un aumento superiore al 50%.
Le nostre aspettative quinquennali sul mercato dei capitali suggeriscono che aggiungendo esposizione ad azioni e obbligazioni cinesi a un portafoglio diversificato globale produrrà miglioramenti incrementali in termini di performance, anche grazie alle importanti proprietà di copertura che i titoli di Stato cinesi mantengono quando abbinati ad attività di rischio nazionali.
Da ricordare, infine, che gli asset cinesi presentano anche una bassa correlazione con i mercati sviluppati. Questa dinamica è particolarmente interessante nel 2023, in quanto gli asset cinesi godono di un numero maggiore di supporti rispetto ad altri Paesi. Potremmo vedere un ciclo economico globale più asincrono, con la Cina che accelera mentre il resto del mondo rallenta.
Una soluzione multi-asset che includa azioni, obbligazioni e titoli di Stato potrebbe essere l’approccio giusto per investire nella ripresa della Cina, oltre che nella storia della crescita cinese a lungo termine.
Italia UBS Asset ManagementUn approccio multi-asset in Cina è un modo per trarre vantaggio dai nuovi catalizzatori politici, pur rimanendo diversificati e protetti dal rischio.
Le possibilità di recupero delle quote in side pocket sono molto basse. In Italia (a differenza della Francia) acquisire una prova tecnica nel contraddittorio di coloro che potrebbero essere controparti in un successivo giudizio risarcitorio è un percorso attivabile (solo) individualmente.
La vicenda dei fondi H2O segna un punto di rottura nei rapporti tra risparmiatori e consulenza bancaria e racchiude in sé una serie di particolarità meritevoli di una accurata riflessione, a cui deve necessariamente preludere un rapido riepilogo dei fatti. Tali fondi sono proposti dalla società di diritto inglese H2O Asset Management. Fondata da Bruno Crastes e Vincent Chailley nel 2010, la società comincia ad attirare l’attenzione dei risparmiatori italiani soprattutto a partire dal 2018, quando la quasi totalità degli altri prodotti aveva chiuso l’anno in negativo. Nel solo 2018 la raccolta è pari a 9 miliardi di euro, tanto da costringere la società di gestione Natix Global AM, a cui è affiliata H2O AM, ad aumentare le commissioni di ingresso per limitare i flussi e contenere la raccolta futura.
Le cose cambiano dal 28 agosto 2020 quando una nota della autorità di vigi-
lanza francese (AMF) richiede ad H2O Asset Management LLP la sospensione della sottoscrizione e dei rimborsi di tre fondi, Allegro, Multibonds e Multistrategies “al fine di tutelare gli interessi dei sottoscrittori e del pubblico”. H2O AM allarga il campo di intervento, e pur non richiesta, con un comunicato dello stesso giorno estende la sospensione dai tre fondi per la quale era stata richiesta anche ad altri quattro: Adagio, Moderato, Multiequities, Vivace. Sette fondi in tutto, di fatto congelati: una doccia fredda per i sottoscrittori.
La sospensione non verrà mai revocata perché la soluzione della società di gestione deciderà di adottare sarà quella di ricorrere a un particolare strumento previsto dalla normativa francese, scorporando dai fondi la componente illiquida o scarsamente liquida e dando vita ad altri fondi, secondo il meccanismo delle “side pocket” o “tasche laterali” in cui gli stessi saranno fatti confluire in attesa di essere venduti. È notizia di queste settimane l’avvenuto rimborso in percentuali esigue e in favore di solo alcuni degli originari sottoscrittori dei fondi, divenuti detentori dei side pocket.
Torniamo ora alla riflessione che ci siamo prefissati all’inizio di queste righe: la vicenda che abbiamo descritto come cambia, se cambia, il rapporto tra risparmiatore e consulenza tradizionale?
Secondo fonti di una attendibile società di analisi, la società H2O AM al 31 agosto 2020, gestiva 23 fondi e oltre 12 miliardi di euro di masse, la stragrande maggioranza delle quali interessata dalla sospensione. Nello specifico: 3,3 miliardi quanto al fondo H2O Multibonds, 3,7 miliardi il fondo H2O Adagio e 1,2 miliardi il fondo H2O Moderato. Cifre enormi, passate praticamente inosservate, o poco osservate. Come mai? Potremmo esaminare la questione, per quanto riguarda il mercato nazionale, attraverso due lenti. La prima è quella del così det-
to risparmio “tradito” o “violato”, esaminando eventuali responsabilità degli intermediari, eventuali responsabilità del gestore del fondo, eventuali ritardi della Vigilanza. Useremo in questa pagina però l’altra lente, per esaminare in quale quadro normativo, soprattutto sovranazionale, sia accaduto quanto prima succintamente raccontato, e quanto questo coincida o contrasti con il quadro normativo nazionale.
La creazione di “side pocket” da parte di H2O AM ha reso “popolare” una locuzione già presente nel nostro sistema. La normativa francese consente lo scorporo delle componenti illiquide o poco liquide di un fondo, in questo caso, creandone uno gemello, contraddistinto con il medesimo nome ma con un codice Isin diverso. Per utilizzare un esempio concreto, i sottoscrittori del fondo H2O Multibonds con codice ISIN FR0010923375, hanno visto traghettare la componente illiquida in un altro fondo, sempre denominato “H2O Multibonds” ma contraddistinto da un distinto codice ISIN (in questo caso) FR0013535952. E così via anche per gli altri fondi.
La finalità prevista dal locale codice monetario e finanziario, considerato l’aggiornamento a seguito della legge PACTE, è quella di fronteggiare una situazione eccezionale relativa a determinati fondi la cui cessione non sarebbe nell’interesse di titolari di quote o degli azionisti. Questo consente di separare le attività solide da quelle illiquide in due OICR separati.
Il fondo scisso che diventa quello laterale, viene messo in liquidazione non appena completato il trasferimento della attività sane nel nuovo fondo. In realtà i dubbi sulla possibilità di recupero delle quote in side pocket sono molto basse, almeno secondo la prospettiva del Col-
lectif Porteurs H2O, una associazione che in Francia ha attivato le vie giudiziarie per tutelare i detentori di quote pocket dei fondi H2O denominati Adagio, Moderato, Allegro, Multi-Bonds, Multi-Strategies e Multi-Equities, ottenendo la nomina di un perito da parte del Tribunale di Parigi per la valutazione tecnica delle violazione commesse in fase di gestione dei fondi, attraverso la tracciatura di tutte le operazioni.
In Francia viene considerato in secondo piano, il ruolo degli intermediari e della rete dei consulenti che avrebbero proposto l’acquisto dei fondi, che sono ritenuti anche loro soggetto tratti in inganno e caduti nella rete della assenza di informazioni circa l’operativi dei fondi in titoli Tennor. E in Italia? Una azione come quella avviata in Francia sarebbe certamente possibile: l’ordinamento nazionale dispone di uno strumento giudiziario che consente di acquisire una prova tecnica nel contraddittorio di coloro che potrebbero essere controparti in un successivo giudizio risarcitorio. Anzi il nostro ordinamento attribuisce a tale strumento anche una finalità conciliativa.
La differenza è però che tale percorso dovrebbe essere attivato individualmente, o attraverso un’unica azione promossa da più soggetti, ma non nella forma collettiva utilizzata in Francia. Su questo aspetto la normativa nazionale (dobbiamo ovviamente guardare alla class action) pone diverse limitazioni.
Rimane dunque l’ipotesi della tutela individuale, ovviamente con costi e difficoltà molto diverse.
In Francia il Collectif ha stipulato un accordo con una società specializzata nel finanziare cause legali. Anche in questo ambito in Italia siamo molto indietro, poiché si cominciano a muovere i primi passi incerti ma, come è detto, con diversi vincoli che andrebbero rimossi.
è iniziato con degli auspici decisamente migliori per il reddito fisso. I rendimenti sono a livelli interessanti e la correlazione con l’azionario dovrebbe tornare negativa, rinnovando il potere di diversificazione dell’asset class.
Secondo Cosimo Marasciulo, alla base di questa inversione di tendenza c’è l’inflazione che sta rallentando, con le banche centrali pronte ad allentare la stretta. La preferenza è su tassi core e credito Investment
Grade, mentre per l’High Yield bisogna ancora attendere.
“Oggi le banche centrali possono riconoscere che i rialzi passati sono serviti a contenere le spinte inflattive. Siamo convinti che buona parte dei rialzi dei tassi sia già avvenuto”
Se il 2022 è stato un ‘annus horribilis’ sul fixed income, attestandosi come uno degli anni peggiori di sempre per l’asset class, il 2023 è iniziato come un ‘annus mirabilis’. La variabile macroeconomica alla base di questa inversione di tendenza, secondo l’analisi di Cosimo Marasciulo, deputy head of European Fixed Income e responsabile Reddito Fisso in Italia di Amundi, sta nell’inflazione. “Nel 2023 l’inflazione è diventata disinflazione. Questo cambiamento di regime inflattivo sta anche determinando una modifica della funzione di reazione delle banche centrali”, spiega l’esperto.
“Nel 2022 erano state aggressive nel rialzo dei tassi perché il rischio inflattivo era dirompente. Nel 2023 le banche centrali, invece, con tutte le differenze del caso tra diverse regioni, possono con cautela riconoscere che i rialzi passati sono serviti a contenere le spinte inflattive e quindi siamo convinti che buona parte dei rialzi dei tassi sia già avvenuto”, continua. Inoltre, il riprezzamento dell’asset class obbligazionaria nel 2022 ha portato i rendimenti su livelli interessanti, che non si vedevano da parecchi anni. “Un indice EU aggregate è passato da 0,1% un anno fa all’attuale 3%”, evidenzia Marasciulo che precisa: “Tuttavia si vanno aggiungendo dati macroeconomici incerti sulla crescita futura. Quindi è comunque molto importante adottare un approccio tattico al fixed income”, afferma.
Mentre negli USA le pressioni disinflattive sono più evidenti, in Europa per la crisi energetica e l’incertezza geopolitica è più difficile prevedere la traiettoria delle fiammate dei prezzi. E ciò avrà delle ripercussioni sulle prossime scelte delle banche centrali. “Lo scenario macro negli Stati Uniti e la funzione di reazione della Fed sono meno complessi rispetto all’area euro ed alla Bce”, premette Marasciulo. “Negli Stati Uniti gli aggressivi rialzi dei tassi decisi dalla Fed nel 2022 stanno frenando la domanda aggregata con un progressivo rallentamento dell’economia e l’avvio di una fase disinflattiva”, continua.
“Riteniamo che la Fed non sia lontana dalla fine del ciclo di rialzo tassi ma monitoriamo con attenzione il mercato del lavoro che al momento non segue il rallentamento in atto nel resto dell’economia”, spiega. Nell’area euro, invece, il quadro è più complesso. “Le pressioni inflattive erano inizialmente guidate dai prezzi dell’energia e non dalla forza della domanda interna. Con la discesa dei prezzi dell’energia nella fase attuale la componente core dell’inflazione, al netto di questi prezzi, rimane comunque al 5,2% ossia significativamente più alta rispetto all’obiettivo del 2% della Bce”, analizza l’esperto. “E a questo bisogna poi aggiungere la riapertura della Cina che avrà un effetto positivo sulla crescita europea”, continua. “Quindi siamo in una fase in cui la Fed segnalerà al mercato di non essere lontana dalla fine del ciclo di rialzo tassi, mentre la Bce sarà in una posizione meno favorevole”, dice.
Se i timori di una recessione severa sembrano via via affievolirsi, il panorama è ancora difficile da decifrare per indicatori economici divergenti. “Negli Stati Uniti i segnali di rallentamento già appaiono nei principali indicatori anticipatori del ciclo, come l’ISM manifatturiero che, sotto la soglia di 50, fa da spartiacque tra espansione e contrazione dell’economia. La componente nuovi ordini in particolare a 45 è su livelli storicamente molto bassi”, sottolinea Marasciulo. “Monitoriamo con attenzione l’evoluzione del tasso di risparmio che è sceso fino al 2,4%, sui minimi storici, ed ora sta gradualmente risalendo; la discesa del tasso di risparmio era stato un fattore di forte supporto ai consumi negli Stati Uniti”, continua. “Allo stesso tempo i dati macroeconomici non mostrano tutti la stessa tendenza”, dice. “Il mercato del lavoro dopo 450 punti base di rialzo tassi della Fed rimane molto forte. Questa incertezza sul quadro macro potrebbe condurre ad una nuova fase di volatilità sui mercati”, osserva.
In Europa, invece, la discesa dei prezzi dell’energia ha contribuito ad un miglioramento delle prospettive di crescita ed
ha allontanato il rischio di una recessione: “Come accennato, la riapertura in Cina avrà un effetto positivo sulle esportazioni europee e darà un po’ di sollievo all’economia tedesca che è stata particolarmente impattata dalla crisi energetica”, spiega.
Nella prima fase dell’anno la preferenza di Amundi è su tassi core e titoli del credito Investment Grade, per un mix di fattori che rendono la casa di gestione costruttiva su questi due segmenti. “L’inflazione, almeno negli USA, appare in calo, la crescita sembrerebbe in rallentamento nel 2023 e le banche centrali appaiono al momento meno aggressive”, dice. “Inoltre, il focus degli investitori che gradualmente passa da inflazione a crescita dovrebbe determinare una correlazione negativa tra bond ed equity, contrariamente a quanto successo nel 2022 in cui l’inflazione aveva portato a una correlazione
positiva”, prosegue. “Quindi i bond non hanno solo valore in termini di rendimento, ma anche di diversificazione nella costruzione di portafoglio”, dice.
In generale l’esperto esprime maggiore prudenza sui segmenti del mercato obbligazionario nei paesi sviluppati più sensibili alla crescita. “In particolare, visto il significativo restringimento degli spread dopo le riunioni delle banche centrali di febbraio, non riteniamo che le valutazioni attuali nel mercato High Yield incorporino il rischio di una recessione e del potenziale impatto sugli utili aziendali e sul tasso di default”, avverte Marasciulo. “Probabilmente nei prossimi mesi una maggiore visibilità sulla crescita porterà ad un buon entry point sul mercato, ma non nel breve periodo”, continua. “In ogni caso la selezione titoli, la capacità di individuare tempestivamente rischi idiosincratici di specifici emittenti costituirà un fattore di performance importante nel 2023”, conclude.
“Un elemento di differenziazione è dato dal peso assunto dal Giappone a livello di selezione geografica. Il Paese arriva a rappresentare i due terzi del portafoglio, mentre non supera il 40-45% nel benchmark”
Il fondo AcomeA Asia Pacifico, che ha ottenuto Rating FundsPeople 2023, è un azionario internazionale che investe almeno il 70% dell’attivo in azioni di società appartenenti al continente asiatico e all’Oceania.
Un approccio “contrarian”, per cui “si va ad accumulare rischio quando i prezzi scendono, e ad alleggerirlo quando i titoli si apprezzano, e quindi salgono”. Strategia premiante per l’AcomeA Asia Pacifico, fondo azionario internazionale che investe almeno il 70% dell’attivo in azioni di società appartenenti al continente asiatico e all’Oceania, e che ha ottenuto Rating FundsPeople 2023. Il comparto, gestito da Giovanni Buffa, senior fund manager azionario, e Giovanni Brambilla, vice presidente e responsabile investimenti di AcomeA SGR, ha chiuso il 2022 con una performance del -3,65% (Fonte AcomeA al 30 dicembre 2022) “contro una performance media in base a classifiche del -7,55 del benchmark e del -15,45% dei peer (mediamente più focalizzati su Cina)”, specifica Buffa che prende da qui le mosse per indicare come il fondo abbia beneficiato nell’anno “turbolento” appena concluso, anche di una gestione “dinamica” della valuta (nel caso di quelle che hanno un peso maggiore sul fondo, ossia lo yen e l’Hong Kong dollar) e
dall’essere investito, per circa due terzi sul mercato giapponese, con il restante terzo esposto sul resto dell’Asia e principalmente sulla Cina.
COME AVVIENE LA SELEZIONE DEI TITOLI
“L’approccio di gestione è molto attivo”, afferma Buffa, e specifica che la società utilizza, sì, un benchmark di riferimento “ma è più uno strumento finalizzato a confrontare la nostra performance piuttosto che porsi come base per la costruzione del portafoglio”. Un primo elemento di differenziazione è dato, appunto, dal peso assunto dal Giappone a livello di selezione geografica “che arriva a rappresentare i due terzi del portafoglio, mentre non supera il 40-45% nel benchmark”. Il fondo si orienta poi principalmente sui titoli value, “cerchiamo di investire su titoli che non scontano una crescita eccessiva, ma che abbiano del valore inespresso. E da questo punto di vista la caratterizzazione ci porta a puntare su mercati, settori e titoli che hanno valutazioni generalmente più a sconto rispetto a quelle dei competitor”, afferma il gestore. Il principio cardine è sempre partire dall’analisi del business e dei numeri della società, con una prospettiva bottom up: “Guardiamo la società e i fondamentali della società e sulla base di questi criteri decidiamo l’investimento”. Mentre si scrive il fondo ha tra i 150 e i 180 titoli.
A livello regionale, continua l’esperto, la nomina del nuovo governatore della Bank of Japan Kazuo Ueda si presenta come una conferma della gestione del governatore uscente, Haruhiko Kuroda, per cui nonostante l’inflazione sia in aumento, è probabile che prosegua la politica di quantitative easing. “Questo può favorire gli esportatori, noi tendenzialmente rimaniamo positivi sul Giappone perché ha una storia strutturale di lungo periodo e di miglioramento della corporate governance e della redditività delle aziende, cosa che, a nostro avviso, il mercato non sta ancora prezzando”.
Per quanto riguarda il resto dell’Asia, “abbiamo un sovrappeso sul mercato cinese. Nonostante lo scorso anno la Cina non abbia ‘brillato’ riteniamo che alcuni dettagli, come il tema delle riaperture non siano anch’essi ancora pienamente scontati nei prezzi”. Il fondo ha anche un’esposizione del 5% rispettivamente su Australia, Corea del Sud e Taiwan. Su questi ultimi due Paesi pesa, in particolare, il tema legato alla produzione di semiconduttori. “L’approccio base è che nella seconda parte dell’anno si assista a un potenziale recupero della crescita. Riteniamo infatti – conclude Buffa –, che in questo momento il settore tecnologico sia vicino ai minimi (anche se, ovviamente, i minimi non li conosce nessuno)”.
SENIOR FUND MANAGER AZIONARIO, ACOMEA SGRL’esperta in selezione di fondi racconta quali prodotti il team di Ersel SpA sta guardando in vista dell’anno. Spazio anche ai mercati emergenti e ai fondi liquid alternative.
è poco da fare. Anche quest’anno l’economia mondiale dovrà affrontare molteplici sfide, tra tensioni geopolitiche e possibili recessioni. Ma in questo 2023 l’inflazione sarà il principale indicatore da monitorare, come dice Catia Lippolis, senior advisory consultant di Ersel SpA.
“Sarà un anno complesso, come lo è stato il 2022. L’inflazione comincia ad evidenziare delle battute d’arresto ma le banche centrali hanno già detto che la lotta non è finita. In questo contesto di incertezza, perciò, sono fondamentali cautela e dinamismo”, spiega subito la professionista. È probabile, infatti, almeno secondo la maggior parte degli outloook delle case di gestione, che i tassi continueranno a crescere nel corso dell’anno. Meglio, dunque, concentrarsi su portafogli difensivi, pronti ad adattarsi ai cambiamenti di scenario.
Anche per chi fa selezione di fondi, quest’anno l’asset class obbligazionaria torna in auge: “preferiamo la parte governativa europea, a bassa e media duration, e i titoli investment grade. In particolare puntiamo sui subordinati bancari e sugli ibridi”, dice la fund selector. Da Ersel sono in cerca di prodotti, poi, anche nel mercato obbligazionario dei Paesi emergenti sia in valuta forte che locale.
Per quanto riguarda il comparto azionario, invece, l’orientamento prevalente è di maggior cautela, in attesa che le valutazioni riflettano il rallentamento economico. “A inizio gennaio abbiamo tirato un respiro di sollievo”, dice Lippolis, “i mercati sono un po’ in ripresa, cosa che stiamo apprezzando. Ma è chiaro che l’incertezza resta ancora alta, soprattutto dopo l’ultima reporting season americana che mostra la necessità di rivedere l’ottimismo nelle proiezioni delle crescite utili. Essere cauti, perciò, è fondamentale. Guardiamo più a prodotti che investono nei settori difensivi, su aziende con cash flow consistenti”. Il team di Ersel seleziona anche fondi tematici, sulla tecnologia, healthcare, innovazione e fondi ESG articolo 8 e 9. “Abbiamo investito anche temi specifici, come la pet economy, l’oncologia o le biotecnologie. In questo senso cerchiamo di selezionare, all’interno delle categorie più classiche, dei gestori un po’ più di nicchia”.
Sul fronte emergente, invece, l’analista si dice positiva nei confronti della Cina. “Già a fine 2022 avevamo voluto prendere esposizione al mercato azionario cinese. La riapertura post Covid del Paese è una svolta importante: siamo stati fortunati ad anticipare i tempi e rimaniamo confidenti e positivi su questa asset class, sia per la parte offshore che onshore”.
Un’altra tipologia di fondi che resterà fondamentale selezionare anche quest’anno, è quella degli alternativi. “Già nel 2022 gli alternativi hanno dato un grosso aiuto ai portafogli. Avevamo aumentato i fondi di absolute return, market neutral, even driven. Fondi che hanno aiutato la performance. La tendenza si protrarrà anche nel 2023”, dice Catia Lippolis. Per l’esperta, poi, anche i private markets restano interessanti. “All’interno del nostro team di fund selection abbiamo un professionista che ha una lunga esperienza in fondi illiquidi. Questo ci ha favorito, perché è assolutamente fondamentale essere selettivi ed avere le giuste competenze professionali per analizzare un mondo che presenta gradi di complessità di livello superiore. La selezione è stata vincente negli anni scorsi, proprio quando il contributo di rendimento offerto dalla componente obbligazionaria tradizionale era negativo o pari a zero. Investire in fondi di private debt o private equity ha garantito dei rendimenti interessanti nei portafogli dei nostri clienti”, racconta.
Nelle liste di Ersel ci sono anche ETF azionari e obbligazionari, consigliati adesso solo in chiave di tactical allocation, poiché si ritiene che le soluzioni a gestione attiva abbiano concrete possibilità di aggiungere molto valore nello scenario di cambiamento che stiamo vivendo. “Tendenzialmente preferiamo ETF a replica fisica, con costi contenuti e masse discrete. Il nostro intervento, in questo caso, sta nell’analizzare l’indice sottostante, soprattutto per gli ETF di recente costituzione”, conclude la fund selector.
“IL RITORNO DEI BOND?
GOVERNATIVI
“È assolutamente fondamentale essere selettivi ed avere le giuste competenze professionali per analizzare un mondo che presenta gradi di complessità di livello superiore”
“Oggi si parla soprattutto di private debt e private equity, ma noi siamo uno dei pochi fondi che ha ancora in gestione un patrimonio immobilitare diretto: anche questo è economia reale”
Orlando Vari
Gruppo BNL BNP Paribas Italia conta oggi circa 15 mila iscritti. Nel 2021 adotta il proprio “Manifesto ESG”.
Un’entità che affonda le sue radici nella metà del secolo scorso e che ha vissuto, negli anni, una serie di riforme che ne hanno definito la struttura attuale. Per questo motivo, Orlando Vari, direttore generale del Fondo Pensioni del Personale Gruppo BNL BNP Paribas Italia, più volte, nel corso del dialogo con FundsPeople, utilizza il termine “per primi”. Perché tra i preesistenti, questo fondo è stato pioniere in diverse iniziative. Nato negli anni 50, si configura nel suo assetto definitivo di fondo di previdenza complementare nel ’62. Il dettaglio storico rileva, in questo caso, perché motiva una componente del patrimonio che ha un’importante presenza ancora oggi: quella immobiliare. “Il patrimonio iniziale del fondo era di circa 16 miliardi e 700 milioni di lire – afferma Vari –. Di questo totale, circa 7 miliardi erano gli investimenti in immobili”. Da ente a prestazione definita, trasformato a contribuzione definita nel 2003, il fondo si configura come fondo preesistente, bilaterale (le fonti istitutive sono azienda e parti sociali) e oggi conta circa 15 mila iscritti, di cui 1.300 familiari fiscalmente carico e circa 2.600 aggregati. Il patrimonio, a gennaio di quest’anno, si attesta a 1,3 miliardi di euro, investito nelle diverse asset class sulla base dell’asset allocation strategica periodicamente definita. Il totale degli iscritti comprende anche i dipendenti di BNP Paribas in Italia (nel 2006 il gruppo francese ha acquisito la BNL), facenti capo a 13 società del Gruppo.
Il fondo si suddivide in tre comparti, “Stacco, Volo e Arrivo”, che prevedono “una diversa permanenza dell’iscritto in relazione all’approssimarsi alla pensione”, specifica il DG, indicando come l’adesione al primo comparto, con una componente equity del 52%, sia automatica per i neoassunti e fino
a 15 anni dalla pensione. In quanto “il rapporto rischio rendimento è un po’ più elevato in funzione del rendimento medio (il 3,5%) atteso su questa linea”. La componente azionaria va man mano riducendosi nell’avvicinarsi all’età pensionabile: si ha 32% equity e 46% bond nel comparto Volo (rendimento atteso il 2,5%), fino a cinque anni dal pensionamento e si passa a un 66% di obbligazionario nella linea Arrivo, dove il tasso di rendimento atteso è dell’1,5 per cento. Occorre poi tener conto della quota di beni reali distribuita lungo i tre comparti, “intorno al 20% inizialmente, cala fino al 16%”, mentre il resto dell’investimento si suddivide tra alternativi e monetari. Lo scorso settembre il fondo ha modificato l’asset allocation strategica sulle tre linee, “abbiamo spinto per una maggiore caratterizzazione azionaria nel comparto Stacco (aumentandola del 6%) e rafforzato la componente obbligazionaria (un altro 6% in più) in fase di Arrivo”. La logica del movimento sulla curva di rischio decrescente e attese di rendimenti decrescenti, “è dettata dal nostro modello previdenziale, basato sull’analisi della base anagrafica degli iscritti proiettata fino al 2050”, afferma il DG indicando come l’approccio life cycle, attivo dal 2013, consenta “di poter promettere una rendita pari ad almeno al 20% dell’ultima retribuzione (complementare al I pilastro)”.
Due temi meritano, poi, un approfondimento: quello della responsabilità degli investimenti e quello dell’economia reale. Di quest’ultimo “oggi si parla soprattutto con riferimento a private debt e private equity ma noi siamo uno dei pochi fondi che ha ancora in gestione un patrimonio immobilitare diretto: anche questo è economia reale”, rimarca il DG, che sottolinea, tuttavia, 156 milioni di commitment in private equity e private debt e 93 milioni di richiamato. Mentre ripercorrendo i passaggi in tema di sostenibilità, ricorda come i primi approcci risalgano al 2008 (con l’introduzione dello screening negativo nella valutazione ex post delle selezioni di portafoglio) e nel 2017 sia avvenuto il passaggio a un approccio best in class, integrato nel 2020 con indici di rischio sulla carbon footprint e sulle controversie. Nel 2021, poi, il Fondo ha adottato un proprio “Manifesto ESG” con l’individuazione di tre obiettivi di consigliatura: “Un patrimonio complessivo almeno al 90% ESG (a oggi è all’86%); almeno 50 milioni di commitment in investimenti di private equity/infrastrutture diretti alla soddisfazione di bisogni (di base e avanzati) per il miglioramento della qualità della vita e la sostenibilità ambientale (ne abbiamo 60) e almeno il 20% del patrimonio immobiliare in classe A4 (oggi siamo oltre il 30%)”. Quest’anno, conclude Vari, scade il mandato del consiglio in carica “e ci prepariamo a portare questi indicatori al prossimo consiglio”.
DIRETTORE GENERALE, FONDO PENSIONI DEL PERSONALE GRUPPO BNL BNP PARIBAS ITALIAIn attesa di ConsulenTia 2023, il presidente Anasf fa il punto sugli obiettivi del 2022 e le sfide del nuovo anno, tra ricambio generazionale, alfabetizzazione e tutela del ruolo della categoria.
Sempre più giovani e donne. L’associazione rappresentativa dei consulenti finanziari autorizzati all’offerta fuori sede sta cambiando pelle. Nel 2022, secondo i dati, Anasf ha registrato un incremento di 502 associati: 190 sono under41 e 149 di genere femminile. “Un risultato che non è scontato”, spiega il presidente Luigi Conte. “Sono i giovani professionisti e le giovani professioniste neo associati che confermano che abbiamo intrapreso la giusta direzione con le attività di Anasf volte al ricambio generazionale e all’inclusione di tutti coloro che ritengano di poter dare un contributo fattivo in tal senso”.
Passi avanti, d’altronde, sono stati fatti. Nel corso dello scorso anno, “è sicuramente aumentata la quantità di iniziative rivolte all’alfabetizzazione finanziaria e all’inclusione dei giovani. Un buon punto di partenza”, continua Conte. “L’obiettivo successivo, che tutti gli attori del mondo finanziario ritengo debbano porsi, è quello di indurre tutti i cittadini a diventare personalmente parte attiva del cambiamento, attuando comportamenti e atteggiamenti sostenibili”. Anasf sta, infatti, mettendo a terra numerose iniziative: dal nuovo contributo per gli under 41 che si iscrivono all’associazione alla nomina del nuovo coordinatore nazionale Anasf Giovani, Giuseppe
Gambacorta. Sul fronte dell’educazione finanziaria, poi, ci sono stati numerosi incontri di economic@mente e Pianifica la Mente realizzati grazie al lavoro di tanti formatori abilitati e l’incontro sulle pari opportunità rivolto alle dirigenti dell’associazione.
LE SFIDE DELL’ASSOCIAZIONE
Le sfide, per, restano ancora parecchie. “Il ruolo centrale dei consulenti finanziari oggi è citato da istituzioni europee e nazionali quale strumento imprescindibile nel convogliare i risparmi privati in obiettivi pubblici, quali progetti sostenibili o sviluppo di PMI”, ricorda il presidente. “Tuttavia le strade da percorrere sono ancora tante: il ricambio generazionale, la valorizzazione del ruolo sociale del consulente finanziario, la tutela della categoria, l’accrescimento dell’educazione finanziaria, in maniera sistemica, di tutti i risparmiatori e dello sviluppo socio-economico del Paese. Sfide che è possibile vincere solo attraverso l’unione di intenti di tutti gli attori coinvolti nel settore del risparmio”.
Di questo e di altro Luigi Conte parlerà a ConsulenTia 2023: “una grande appuntamento dove festeggeremo il primo decennale dell’evento insieme a istituzioni, professionisti, case di gestione, reti, e ai numerosi relatori che rappresentano settori trasversali alla consulenza. Abbiamo organizzato un evento innovativo, inclusivo e sostenibile, auspichiamo un’alta partecipazione, in particolare di giovani professionisti del risparmio”.
“Come associazione”, continua il presidente Anasf, “continueremo a lavorare sulla massima trasparenza, affinché venga ridotta il più possibile l’asimmetria informativa tra i risparmiatori e gli attori del mercato, in particolare per quanto riguarda i costi, e sull’educazione finanziaria dei cittadini, affinché sempre più risparmiatori siano consapevoli delle proprie scelte di investimento e siano in grado di valutare tutti gli elementi in gioco”. Il supporto del consulente finanziario è indispensabile in tal senso, anche in temi importanti come gli investimenti sostenibili. L’VIII relazione Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane indica come anche prima del 2 agosto (quando è entrata in vigore la cosiddetta MiFID verde) i risparmiatori assistiti da un consulente finanziario manifestano maggiore sensibilità ai temi e agli investimenti ESG. “L’applicazione dell’utilizzo dei nuovi questionari di profilatura, di fatto, sta generando ulteriore consapevolezza nel ruolo del consulente finanziario quale soggetto fondamentale per trasferire educazione finanziaria alla sostenibilità nei cittadini”, conclude Conte.
“I NOSTRI CONSULENTI FINANZIARI? PIÙ GIOVANI E PIÙ DONNE”
MIFID VERDE
“L’utilizzo dei nuovi questionari di profilatura sta generando ulteriore consapevolezza nel ruolo del consulente come soggetto fondamentale per trasferire educazione finanziaria alla sostenibilità nei cittadini”
La gestione del rischio è presente in ogni fase del processo di investimento di Candriam. Si parte, appunto, dalla definizione dell’universo di investimento, attraverso filtri di liquidità, delle attività controverse e schermi ESG. “Per poi passare alle idee, nella valutazione del rischio, sino ad arrivare alla selezione delle opportunità attraverso la valutazione del merito creditizio degli emittenti e includendo i fattori ESG”, come spiega Patrick Zeenni. Infine si arriva alla fase della costruzione del portafoglio, quando si calibrano le posizioni in base a convinzioni e limiti interni e si conclude con il monitoraggio del portafoglio.
Nuove opportunità nel mercato del credito, in particolar modo nell’investment grade. “I rendimenti sono tornati dopo un decennio di valutazioni represse a causa dell’allentamento monetario, sia convenzionale che non convenzionale, da parte delle banche centrali; attualmente si attestano a un attraente
3,9%”, spiega Patrick Zeenni, head of Investment Grade & Credit Arbitrage di Candriam.
Invece, guardando agli spread, secondo l’esperto, questi sono interessanti nonostante alcune compressioni recenti. E anche i dati tecnici sembrano positivi, con afflussi significativi sul segmento euro IG dopo le forti vendite dello scorso anno. “Il settore finanziario beneficia del miglioramento dei fondamentali e dell’aumento dei tassi assistiamo a un’accelerazione nell’emissione di obbligazioni verdi, sociali e sostenibili”, commenta Zeenni.
Tuttavia, in questo quadro tratteggiato dal professionista, resta fondamentale continuare a monitorare i rischi attuali. Da una parte l’inflazione rimane relativamente elevata. Dall’altra, “sebbene per ora i fondamentali delle società stiano resistendo, prevediamo un certo peggioramento poiché i ricavi sono messi a dura prova dal rallentamento dell’economia globale”, prosegue. Un altro aspetto da considerare è che, probabilmente, la mancanza di sostegno monetario da parte delle banche centrali possa scatenare periodi di volatilità.
Dunque, Candriam mantiene la propria attenzione sulla selezione supportata dalla ricerca fondamentale e ritiene che un approccio attivo e flessibile sia la chiave per ottenere rendimenti corretti per il rischio.
Quando si investe nei mercati del credito IG l’attenzione al rischio è fondamentale, tenendo in conto i rischi al
“Nell’investment grade i rendimenti sono tornati, dopo un decennio di valutazioni represse a causa dell’allentamento monetario. Attualmente si attestano a un attraente 3,9 per cento”
ribasso e un profilo di rischio/rendimento asimmetrico. “Poniamo quindi una forte enfasi su una ricerca bottom-up rigorosa, con la convinzione che l’integrazione dei fattori ESG nella valutazione degli emittenti apporti valore a lungo termine”, sottolinea Zeenni.
L’esperto spiega che la selezione bottom-up viene completata con un’analisi top-down di mercato e di settore così da comprendere i fondamentali, le valutazioni e gli aspetti tecnici complessivi del mercato, nonché l’impatto dei settori.
“La costruzione del portafoglio si basa sulle nostre convinzioni e sui limiti interni sul rischio. Il fulcro è la selezione dell’emissione giusta in termini di struttura del capitale, strumento, valuta e, cosa molto importante, della parte appropriata della curva”, prosegue Zeenni. Si gestisce il beta complessivo e la duration del portafoglio (tasso di interesse e credito) attraverso strategie di overlay basate su derivati.
In questo processo c’è, chiaramente, anche un riferimento alla sostenibilità. Infatti, l’universo di investimento è filtrato per rischi di liquidità e attività controverse. “Per il portafoglio classificato articolo 9 della SFDR, selezioniamo solo emittenti con un profilo ESG superiore. E, nelle attuali condizioni di mercato, riteniamo che il Candriam Bonds Euro Corporate (articolo 8) e il Candriam Sustainable Bond Euro Corporate (articolo 9 che prevede ulteriori esclusioni di emittenti basate sui punteggi ESG attraverso un approccio Best in Universe) siano ben posizionati per offrire solidi rendimenti corretti per il rischio”, dice.
Dato che l’obiettivo di Candriam sono i rendimenti corretti per il rischio, la gestione di quest’ultimo è presente in ogni fase del processo di investimento. “Dalla definizione dell’universo di investimento (attraverso filtri di liquidità, delle attività controverse e schermi ESG); alle idee di investimento (nella va-
Come accennato prima, la società pone la sostenibilità al centro del suo approccio. “Per noi, l’integrazione dei fattori ESG è essenziale per acquisire una piena comprensione dei rischi che riguardano un emittente”, conferma.
L’INTEGRAZIONE
DEI FATTORI ESG
armi e carbone termico. Infatti, a detta del professionista, questi modelli di business non sono sostenibili a lungo termine e comportano rischi eccessivi.
MARZO I FUNDSPEOPLE 73
Con la correzione simultanea dei mercati azionari e obbligazionari del 2022, i fondi bilanciati si sono ritrovati senza strumenti per proteggere i portafogli. Oggi i prodotti multi-asset guardano al 2023 con maggiore ottimismo.
osa fare quando non ci sono più rifugi a disposizione?
Cosa fare se azioni e obbligazioni presentano un’alta correlazione, ma nella direzione opposta a quella auspicata dagli investitori? Con la correzione simultanea dei mercati azionari e obbligazionari del 2022, i fondi bilanciati si sono ritrovati senza strumenti per proteggere i portafogli. I gestori più abili possono tutt’al più vantarsi di aver contenuto le perdite per gli investitori. Prendiamo a esempio i sei fondi bilanciati flessibili inclusi in questa analisi comparativa. Tutti e sei hanno generato un rendimento positivo (in euro) su base annualizzata a tre e a cinque anni. Quasi tutti hanno superato con
successo la crisi del 2020, ma nessuno di loro è riuscito a chiudere il 2022 con il segno più. Secondo Craig Moran, portfolio manager dell’M&G (Lux) Dynamic Allocation Fund, per molti operatori di mercato si è trattato di un anno senza precedenti a causa del rapido aumento dell’inflazione, dell’inasprimento monetario aggressivo e del ribasso simultaneo di azioni e obbligazioni.
L’oro figura tra i pochi strumenti che hanno generato risultati positivi per i portafogli. Se l’esposizione lorda del BL Global Flexible Fund al comparto azionario (in media del 73%) ha dato un contributo negativo al rendimento annuale, la porzione di metalli preziosi detenuta in azioni aurifere ha fornito un
apporto leggermente favorevole, grazie al recupero delle quotazioni dell’oro nel secondo semestre. Anche per il Flossbach von Storch Multiple Opportunities
II l’esposizione all’oro (non fisico) ha apportato stabilità. “Per noi il metallo prezioso rappresenta un’assicurazione contro i rischi del sistema finanziario”, spiega Bert Flossbach, gestore del fondo FvS Multiple Opportunities e co-fondatore della casa Flossbach von Storch.
La strategia ha beneficiato anche della posizione consistente in dollari USA detenuta nel portafoglio globale. “Questo anche se nel quarto trimestre il biglietto verde ha perso parte del terreno guadagnato contro l’euro; per motivi di diversificazione, copriamo deliberatamente
solo una parte dei rischi di cambio”, ricorda l’esperto.
Ma questo è il panorama che vediamo allontanarsi nello specchietto retrovisore. Guardando avanti, i gestori di questi sei fondi con Rating FundsPeople 2023 hanno un atteggiamento molto diverso: confidano che il 2023 sarà l’anno della riscossa per i prodotti multi-asset. E, diversamente dagli ultimi anni, il reddito fisso in tutte le sue declinazioni torna a essere uno strumento utile per i portafogli. Nel caso del BL Global Flexible Fund, nella seconda metà dell’anno, in particolare a settembre e ottobre, il portfolio manager Guy
Ogni asset class del fondo è chiamata a svolgere un ruolo specifico all’interno del portafoglio in base al contesto di mercato. Le azioni saranno il motore principale dei rendimenti a lungo termine, mentre le obbligazioni conferiscono stabilità nelle fasi di turbolenza. A queste si aggiungono l’esposizione all’oro (tramite azioni aurifere), che protegge contro i rischi macroeconomici, geopolitici e sistemici, e la liquidità, che funge da riserva per cogliere nuove opportunità di investimento. Il portafoglio è gestito attivamente in base a convinzioni forti e punta in particolare su azioni di aziende di qualità con uno o più vantaggi competitivi solidi e sostenibili e con un potenziale significativo di crescita redditizia. Dato che il fondo si concentra sulla conservazione del capitale e sulla riduzione del rischio di ribasso, tende a partecipare in misura più modesta alle fasi di rialzo e si dimostra più resiliente nei periodi di correzione. A lungo termine, questa strategia genera rendimenti superiori alla media nelle fasi di stabilità dei mercati.
GESTORI
Il fondo si caratterizza per la flessibilità e l’agilità. La gestione è affidata al team di grande esperienza di Newton, boutique di BNY Mellon IM. L’obiettivo del portafoglio è produrre un rendimento pari alla liquidità + 4% a medio termine, oltre a conservare il capitale nei periodi di volatilità del mercato. A questo scopo, i gestori utilizzano un ampio ventaglio di strumenti suddivisi in due porzioni: una componente che mira a generare rendimenti (azioni, credito, debito sovrano dei mercati emergenti, infrastrutture e materie prime) e quella che aiuta a stabilizzare il portafoglio core (debito sovrano dei mercati sviluppati, valute, liquidità, coperture azionarie, oro, risk premia). A prima vista la strategia si concentra sulla conservazione del capitale, data la sua ridotta esposizione netta all’azionario. Tuttavia, nella porzione mirata alla generazione di rendimenti è stata rafforzata la quota di corporate bond, mercati emergenti e strumenti alternativi e quindi la ponderazione complessiva non è così bassa come potrebbe sembrare.
Un fondo con nome proprio. Guidato da Klaus Kaldemorgen dal 2011, con l’ausilio del cogestore Christoph Schmidt dal 2022, questo fondo multi-asset è diventato uno dei prodotti di punta della gamma di DWS. Attua una strategia di rendimento totale altamente flessibile con un rigoroso sistema proprietario di controllo del rischio e unisce una visione macroeconomica topdown a un orientamento bottomup. L’obiettivo è massimizzare il rendimento corretto per il rischio a lungo termine nel rispetto di parametri di rischio prestabiliti, ovvero mantenere la volatilità sotto il 10% su base annua e limitare il ribasso massimo al 10% in un intero esercizio. Il fondo può anche beneficiare di rendimenti decorrelati sfruttando i premi al rischio del mercato e impiegando strategie che aggiungono valore nelle fasi di volatilità. Ad esempio, nel 2022 è riuscito a contenere le perdite grazie a una posizione di duration corta, un’elevata esposizione al dollaro e una quota consistente in oro. Negli anni queste modifiche effettuate in modo dinamico hanno generato un solido track record in termini di rendimento corretto per il rischio.
Questo prodotto multiasset a gestione altamente attiva e flessibile conta su un portafoglio di strumenti liquidi di prim’ordine, principalmente azioni. In linea con i suoi peer, l’anno scorso il fondo non è sfuggito al contesto generale del mercato, come riconosce Bert Flossbach. “Non ci aspettavamo una simile impennata dell’inflazione e, di pari passo, un forte aumento dei tassi di interesse nominali”, spiega. In particolare, la strategia ha risentito del pesante ribasso che ha colpito i titoli tecnologici, penalizzando anche le blue chip oltre alle small e mid cap. Ma anche se il risultato del 2022 non ha soddisfatto le attese, il team di gestione è riuscito almeno a contenere le perdite, grazie al ruolo decisivo di due leve. Da un lato, la decisione di coprire solo parzialmente il rischio di cambio: l’elevata quota di dollari USA in portafoglio ha infatti dato un apporto favorevole. Dall’altro, la fonte di stabilizzazione apportata dall’oro, strumento che questo fondo sa usare con grande perizia.
La gestione del fondo mostra i tratti distintivi del team MultiAsset di M&G: l’approccio di investimento abbina una robusta analisi valutativa a elementi di finanza comportamentale, filosofia che la strategia applica ormai da più di vent’anni. I gestori sfruttano la conoscenza della finanza comportamentale, il mandato estremamente flessibile e l’ampio ricorso a strumenti di investimento sofisticati per individuare sia le trappole del valore che le opportunità nelle fasi di mercati irrazionali. Questa combinazione non produce un portafoglio più volatile. Al contrario, in genere il fondo riesce a contenere le perdite nei periodi di ribasso, come nel 2022. In base al ventaglio di strumenti di investimento disponibili e al motore tattico dei rendimenti, questo prodotto può essere considerato una soluzione ibrida tra un hedge fund e un fondo bilanciato classico. Il portafoglio attua un processo di asset allocation flessibile, con l’obiettivo di generare una crescita del capitale e un reddito medio del 5-10% l’anno (su base mobile a tre anni) a fronte di una volatilità annualizzata compresa tra il 5 e il 12 per cento.
Il DMAF, fondo flagship della categoria multi-asset di PIMCO, è diretto da Geraldine Sundstrom, che dal 2019 è affiancata da Emmanuel S. Sharef ed Erin Browne. La filosofia di investimento della strategia abbina cautela e dinamismo per costruire un portafoglio mirato a mantenere un approccio prudente al rischio complessivo e al tempo stesso cogliere le opportunità di partecipazione al momento giusto. A fine 2022 il fondo presentava ancora un orientamento cauto nei confronti del rischio, poiché secondo il team di gestione andiamo incontro a un contesto difficile di continua stretta monetaria, alto rischio di recessione e inflazione persistente. In termini di asset class, il portafoglio continua a sottopesare l’azionario. I gestori riconoscono che in questo momento le azioni offrono i rendimenti maggiori, ma le stime di utile sono ancora troppo alte per un contesto recessivo. Per questo motivo la strategia predilige i settori difensivi, come sanità e farmaceutica.
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Wagner ha aumentato la quota di obbligazioni sfruttando la debolezza dei mercati a reddito fisso statunitensi. Questa porzione della strategia rimane investita esclusivamente in Treasury a lunga scadenza. Attua un approccio simile il team di gestione del BNY Mellon Global Real Return Fund, secondo cui la risalita dei rendimenti obbligazionari negli ultimi 18 mesi ha aumentato l’attrattiva dei titoli di Stato. “Oggi il segmento ci sembra offrire un discreto rapporto rischio/rendimento, soprattutto in vista di una probabile contrazione del ciclo economico”, afferma Catherine Doyle, investment specialist. E il portafoglio non si limita a investire nei mercati sviluppati. Il fondo gestito da Newton (parte di BNY Mellon IM) ha rafforzato anche le posizioni in obbligazioni emergenti, puntando principalmente sul debito sovrano del Messico.
Alla luce degli ulteriori segnali di un’imminente conclusione della stretta monetaria attuata dalle banche centrali di tutto il mondo, il DWS Concept Kaldemorgen ha eliminato la protezione assunta attraverso la duration e ha potenziato l’esposizione al credito. “In linea con un orientamento più cauto nei confronti dello scenario macroecono-
mico, agli attuali livelli privilegiamo le emissioni investment grade di alta qualità a breve termine, che offrono un buon profilo rendimento/rischio”, precisano.
Ad ogni modo, i portfolio manager di DWS continuano a preferire le azioni alle asset class nominali, con una ripartizione equilibrata tra settori difensivi e infrastrutture, ciclici (come le banche, ad esempio) e, in una certa misura, titoli growth. Il posizionamento del fondo nella porzione azionaria è quindi dettato dalla massima selettività. Lo stesso si può dire del PIMCO GIS Dynamic Multi-Asset Fund. Il team di gestione riconosce che in questo momento le azioni offrono i rendimenti maggiori, ma le stime di utile sono ancora troppo alte per un contesto recessivo. Per questo motivo la strategia predilige i settori difensivi, come sanità e farmaceutica.
Perché, sostiene Flossbach, la volatilità continuerà a farci compagnia anche quest’anno. “Nei prossimi mesi gli investitori reagiranno ad ogni riunione delle banche centrali, cercando di prevedere la conclusione dei rialzi dei tassi d’interesse. Ciò significa che ci aspetta un continuo saliscendi delle quotazioni di borsa, senza una chiara tendenza direzionale”, prevede.
Ma questo scenario non deve essere necessariamente interpretato come un rischio. Come sottolinea Moran, la volatilità fa parte del ritorno alla normalità. “Se ampliamo l’analisi agli anni 2010-2020, scopriamo che gli andamenti anomali sono quelli degli ultimi anni, caratterizzati da pochi movimenti bruschi del mercato, una bassa volatilità degli indicatori macroeconomici e una politica monetaria estremamente accomodante”, argomenta. Tornando al presente, il periodo di elevata volatilità dei mercati ha avuto inizio con la pandemia nel 2020 ed è proseguito fino ad oggi. Secondo il gestore, tutti questi elementi indicano che potremmo trovarci davanti a un’inversione di tendenza rispetto allo scorso decennio con l’esaurirsi del mantra lower for longer (tassi più bassi per un periodo più lungo).
Criteri di selezione: fondi della categoria Morningstar EAA Fund EUR Flexible Allocation - Global. Si considerano sei fondi con Rating FundsPeople in Italia, Spagna e Portogallo. Alcuni prodotti menzionati nella selezione potrebbero non essere registrati in Italia. Le informazioni sugli OICR e altri strumenti inclusi nella rivista di FundsPeople sono presentate a puro scopo informativo e illustrativo e non devono in alcun modo essere interpretate come un’offerta di vendita o una raccomandazione di investimento. Le informazioni non costituiscono un’informazione completa degli OICR o degli strumenti finanziari alla vendita nel mercato italiano.
LE SMALL CAP E MID CAP POSSONO RAPPRESENTARE
UN’INTERESSANTE FONTE
DI ALFA PER I PORTAFOGLI
DI INVESTIMENTO NEL 2023. MA IN QUALI MERCATI
È MEGLIO INVESTIRE?
E QUAL È LO STILE DI INVESTIMENTO PIÙ ADATTO PER QUESTO SEGMENTO?
Nonostante l’incertezza che avvolge le prospettive del mercato azionario, non mancano le opportunità di investimento in azioni. Selezionare il settore o il tipo di società in cui investire all’interno del comparto azionario è oggi più importante che mai (o almeno più di quanto lo sia stato nell’ultimo decennio) e può rivelarsi decisivo per i rendimenti dei portafogli. È qui che entrano in gioco le small e mid cap europee.
In genere queste aziende tendono a registrare una maggiore volatilità, ma possono anche rappresentare un’interessante fonte di alfa per i portafogli di investimento. La volatilità più elevata è spesso accompagnata da rendimenti superiori, che migliorano l’attrattiva del profilo di rischio/rendimento.
In questo numero della rivista FundsPeople analizziamo i portafogli dei fondi di investimento con Rating FundsPeople 2023 in Italia che investono in small e mid cap europee. I
fondi selezionati attuano approcci di investimento diversi. Il prodotto di DNCA è quello con il numero più basso di posizioni (76), ma anche quello con il patrimonio più concentrato nelle prime dieci posizioni (circa il 35 per cento). Per contro, il Fidelity European Smaller Companies Fund è la strategia che detiene più posizioni (171) e che presenta la diversificazione più ampia (le dieci posizioni principali rappresentano il 14,75% del portafoglio).
Al 30 novembre 2022 il Regno Unito (29,14%) era il mercato con l’esposizione geografica media più alta tra i portafogli analizzati, seguito da Francia (11,56%) e Paesi Bassi (8,99%), mentre Grecia e Austria sono le piazze in cui i gestori hanno individuato meno opportunità.
Il DNCA Invest Archer Mid-Cap Europe è l’unico prodotto tra quelli inclusi nel confronto che detiene un’allocazione maggiore nel mercato francese rispetto a quello britannico (20,88%
Fonte: Morningstar, dati al 31 dicembre 2022. Dati di patrimonio in milioni di euro. Fondi appartenenti alle categorie Azionari Europa Small/Mid Cap, con Rating FundsPeople 2023 e dati di portafoglio disponibili al 30 novembre 2022.contro 16,17 per cento). Inoltre, questa strategia presenta anche l’esposizione più elevata ai Paesi Bassi (15,10%) e detiene posizioni quasi identiche in Germania e in Belgio (rispettivamente 7,71% e 7,68 per cento).
Da parte sua, il fondo di Fidelity è quello con la quota più consistente nel Regno Unito, pari al 40,76 per cento. A causa dell’elevata concentrazione nel mercato britannico, tutte le altre esposizioni geografiche non arrivano insie-
me al 60% del portafoglio, con Germania e Francia al secondo e terzo posto.
Invece, il prodotto di UBS AM investe nel Regno Unito circa il 30% del patrimonio. La Svezia si colloca in seconda posizione, con una quota dell’11,76%, e il gradino più basso del podio è occupato dai Paesi Bassi, con l’8,99% del portafoglio.
Anche lo stile di investimento ha un impatto significativo sui rendimenti. Nessuno dei tre fondi analizzati adotta un orientamento esplicito a favore di uno stile di investimento specifico, ma nel complesso i portafogli tendono a mostrare una preferenza per le aziende growth rispetto a quelle value.
Il prodotto di UBS AM è quello più esposto al settore growth con una quota di circa il 37,24%, che supera il valore medio di 11 punti percentuali. All’estremo opposto, il Fidelity European Smaller Companies Fund punta più sul comparto value, stile che rappresenta il 26,16% del portafoglio. Infine, la strategia di DNCA detiene il 20,61% del patrimonio in aziende value e solo il 16,41% in società growth. Tuttavia, gli ultimi movimenti di questi portafogli sembrano indicare uno spostamento graduale dallo stile growth a quello value.
Dopo la crisi finanziaria, l’obiettivo è stato costruire uno strumento quantitativo che permettesse di individuare in che fase si trovano i mercati, per poter approfondire tematiche che possono avere un impatto futuro sui prezzi.
L’impatto economico della diffusione, a livello globale, della Covid-19 ha portato gli investitori ad una forte reazione, come non si vedeva dai tempi della crisi finanziaria dei mutui subprime. I mercati azionari sono scesi di oltre il 30%, con le volatilità implicite “schizzate” a livelli di crisi e gli spread creditizi, sul debito non investment grade, in forte ampliamento a causa della riduzione dei rischi da parte degli investitori. Erano giornate in cui il mercato era completamente “paralizzato” e operare era quasi impossibile.
All’indomani di tale shock, e delle conseguenze in termini di drawdown, gli eventi accorsi hanno posto al centro della nostra attenzione la necessità di individuare indicatori che potessero evidenziare tali fasi di turbolenza finanziaria.
Ci siamo posti come obiettivo quindi di costruire uno strumento di tipo quantitativo che permettesse, all’interno dei nostri comitati di gestione, di individuare in che fase si trovino i mercati in modo da poter approfondire eventuali tematiche che possono avere un impatto futuro sui prezzi per poi agire sulla parte tattica dei portafogli. Questa scelta è stata fatta in quanto siamo convinti che i metodi quantitativi servano da suppor-
to per ulteriori analisi di tipo qualitativo essendo consapevoli del fatto che, per quanto si possa ricercare la perfezione quest’ultima non è di questo mondo che per definizione è finito e impreciso, pertanto si avranno sempre alcuni falsi
segnali. Compito umano è approfondire gli output forniti ed eventualmente confermarli. Per l’obiettivo che ci eravamo prefissati siamo partiti dal concetto che nella costruzione di un portafoglio la diversificazione dei rischi rappresenti
l’elemento essenziale. Come ha dimostrato Markowitz (1952) gli investitori dovrebbero prendere in considerazione, al fine di diversificare la propria esposizione ed effettuare un’efficiente ripartizione del proprio patrimonio, come si muovono i singoli asset in relazione con gli altri. Il problema è che le correlazioni medie tendono ad essere ingannevoli in quanto variano nel tempo.
Se questo è vero, e lo si è visto con le perdite durante le passate crisi finanziarie e una vasta letteratura in merito, gli investitori potrebbero ritrovarsi con portafogli correttamente diversificati solamente per specifici scenari di mercato e risultare, di contro, molto più concentrati in altri contesti. Se fosse stato possibile
disporre di un metodo per rilevare valori anomali o irregolarità nelle relazioni tra le asset class è probabile che tali perdite sarebbero state più contenute.
Ci siamo chiesti: “quale indicatore ha queste caratteristiche?” ovvero di catturare movimenti estremi dei prezzi e cambiamenti nella struttura di correlazione? La risposta ci è stata data già nel 1927 da Mahalanobis, statistico e scienziato indiano, conosciuto appunto per la distanza di Mahalanobis che è stata usata per analizzare i caratteri del cranio al fine di determinare le distanze e le somiglianze tra le varie caste e tribù in India.
Sostituendo i rendimenti degli strumenti finanziari alle caratteristiche del cranio è possibile identificare i momenti in cui i prezzi di mercato si muovono in maniera insolita misurando sia la distanza tra i rendimenti, rispetto ai rispettivi rendimenti medi, sia prendendo in esame i differenti schemi delle correlazioni. Gli studi hanno dimostra-
to che valori storici relativamente alti di questa misura coincidono con periodi turbolenti. Dal 1980 al 2009, infatti questi picchi possono essere associati ad eventi di instabilità di vario genere come stagflazione, bolle speculative, crisi finanziarie, guerre e attentati.
Questa misura ha diverse applicazioni sia per quanto riguarda la branchia dell’intelligenza artificiale, apprendimento supervisionato e clustering, sia nell’ambito della finanza quantitativa. Riuscendo ad identificare i periodi di maggiore turbolenza si è pensato, al fine di migliorare, il rapporto rischio rendimento, di costruire una media mobile esponenziale e confrontare tali valori con i percentili calcolati sulla distribuzione stessa.
Si è scelto, per saggiare la bontà della strategia, di applicarla al mercato americano per il periodo dal 2004 al 2020, comparandola con i risultati ottenuti dal benchmark (Buy and Hold). La strategia si conferma vantaggiosa avendo evitato il 100% delle perdite ottenute dal benchmark e dal mercato
azionario. La riduzione dell’esposizione al rischio ha inoltre permesso di ottenere un miglior rapporto rischio/rendimento. Ciò è stato particolarmente evidente durante la crisi finanziaria del 2007-2008 (+23,47%) e nel sell-off causato dal Covid-19 (+9,33%). Di contro i risultati ottenuti durante le fasi non turbolente mostrano una minor performance dovuta essenzialmente ad alcuni falsi segnali generati da leggeri picchi di volatilità rientrati quasi immediatamente.
Questi risultati preliminari sono stati confermati recentemente permettendo di contenere le potenziali perdite di inizio 2022 dovute alla forte volatilità/incertezza causata dallo scoppio del conflitto.
Confortati da questi promettenti risultati il nostro sguardo si sta rivolgendo alla possibilità di isolare il fattore correlazione per poter comprendere meglio i segnali forniti. Un ulteriore passo avanti sarà di utilizzare tale metrica per indagare le dinamiche del ciclo economico, ovvero la costruzione di un leading indicator.
Ogni anno aggiorniamo la composizione del portafoglio Smart Consensus, un paniere di dieci fondi multi-asset che monitoriamo nel corso dell’anno per individuare le tendenze prevalenti a livello di asset allocation. L’obiettivo è analizzare le decisioni che prendono i gestori in risposta all’evolversi delle condizioni economiche e di mercato. In ogni numero della rivista, i portfolio manager di alcuni dei prodotti selezionati illustrano le proprie opinioni e i cambiamenti più recenti intervenuti nei rispettivi portafogli. Possiamo così osservare le differenze in termini di approccio al mercato ed esaminare a livello più granulare le posizioni di portafoglio
e le relative modifiche, che risultano diluite nei dati generali dell’asset allocation media.
Come sempre, per costruire il nostro portafoglio Smart Consensus partiamo dall’universo di fondi con Rating FundsPeople 2023 . I criteri di selezione sono semplici. Cerchiamo innanzitutto strategie flessibili, che offrono ai gestori la libertà di esprimere la propria visione del mercato. Quest’anno abbiamo identificato cinque fondi idonei nella categoria Bilanciati flessibili. Inoltre, i prodotti prescelti tendono ad avere un’esposizione lunga e fanno scarso ricorso a posizioni sintetiche. L’obiettivo è che i dati dei fondi inclusi nel portafoglio Smart Consensus mostrino un’allocazione quanto più
LA QUOTA DI TITOLI DI STATO È AUMENTATA
Le tendenze dell’asset allocation media del nuovo paniere di fondi multi-asset che ci accompagnerà nel 2023 non si discostano molto
dal consenso emerso nel 2022:
l’obbligazionario torna alla ribalta.
FONDO
BL Global Flexible EUR
BNY Mellon Global Real Return Fund (EUR)
DWS Concept Kaldemorgen
Flossbach von Storch Multiple Opportunities II
M&G (Lux) Dynamic Allocation Fund
Acatis Value Event Fonds
Allianz Income and Growth
Goldman Sachs Global Multi-Asset Income Portfolio
Janus Henderson Balanced Fund
PIMCO GIS Income Fund
vicina possibile alla realtà, mentre le posizioni in derivati possono creare distorsioni quando si tratta di interpretare le decisioni di asset allocation del consenso.
Con questo non stiamo assolutamente dicendo che i dieci fondi selezionati siano migliori o peggiori di altri, ma solo che sono più leggibili in base ai dati a nostra disposizione. Quest’anno i cinque fondi bilanciati flessibili sono integrati da cinque fondi bilanciati moderati. Come già detto, tutte le strategie selezionate hanno ottenuto il Rating FundsPeople 2023, anche se quest’anno nessun
CATEGORIA MORNINGSTAR
Bilanciati flessibili
Bilanciati flessibili
Bilanciati flessibili
Bilanciati flessibili
Bilanciati flessibili
Bilanciati moderati
Bilanciati moderati
Bilanciati moderati
Bilanciati moderati
Bilanciati moderati
prodotto tra questi dieci soddisfa contemporaneamente tutti e tre i criteri del Rating. Lo strumento di ricerca di fondi disponibile sul sito FundsPeople permette di consultare i criteri soddisfatti da ogni fondo dotato di rating in ciascuno dei tre Paesi.
Come abbiamo anticipato nell’introduzione dell’articolo, la tendenza principale che emerge dall’analisi dell’asset allocation è l’aumento dell’esposizione media dei portafogli al reddito fisso. Al tempo stesso, la ponderazione delle azioni e della
Lo strumento di ricerca di fondi disponibile sul sito FundsPeople permette di consultare i criteri soddisfatti da ogni fondo dotato di rating in ciascuno dei tre Paesi.
liquidità continua a diminuire. Questo trend è in linea con l’evoluzione dell’asset allocation media registrata dal portafoglio Smart Consensus nel 2022, anche se nell’edizione di quest’anno si sono riconfermati solo quattro fondi. La quota di titoli di Stato è aumentata in misura maggiore, ma anche l’esposizione alle obbligazioni corporate ha registrato un’accelerazione a partire dalla metà dell’anno scorso.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle posizioni azionarie, emerge una netta preferenza per gli Stati Uniti, con un peso di
oltre il 50%, seguiti dal mercato europeo. Le variazioni in questo ambito sono meno marcate di quelle registrate nel reddito fisso, ma dal confronto su base annua spicca una minore esposizione ai mercati emergenti a vantaggio del Nord America.
Resta da vedere come si evolverà l’asset allocation dei portafogli. Ogni mese condivideremo le opinioni di alcuni dei gestori responsabili di queste strategie per monitorare le loro decisioni di investimento. Il 2022 è stato un anno interessante per gli osservatori dell’industria del risparmio gestito, ma sembra che il 2023 non sarà da meno.
Esistono sempre più esempi di produzioni con stampanti 3D, che si stanno facendo strada coniugando la tradizionale capacità artigianale nell’uso dei materiali e nel senso estetico con la contemporaneità degli strumenti digitali.
Sono sempre stato un curioso osservatore della realtà che ci circonda, affascinato da quelle idee rivoluzionarie, brillanti e coraggiose che sono in grado di stravolgere in positivo la nostra quotidianità. Per questo cerco sempre di seguire e tenermi al passo con trend tecnologici della nuova rivoluzione industriale 4.0.
Questo si coniuga con la mia altra grande passione, ovvero quella per il mondo del design contemporaneo, in particolare quello italiano. In questo mondo si respira un’aria ancora molto
“manufatturiera”, nella sua accezione più vicina all’artigianalità, in cui sapere pratico, creatività, studio e ispirazione lavorano tutti insieme alla ricerca di qualcosa che non sia solo bello o funzionale, ma entrambe le cose.
Ad esempio, oggi vediamo sempre più esempi di produzioni con stampanti 3D, che si stanno facendo strada coniugando la tradizionale capacità artigianale nell’uso dei materiali e nel senso estetico con la contemporaneità degli strumenti digitali.
Questa attenzione parallela a tradizione e innovazione si concilia anche con sensibilità nuove e orientate anche
alla ricerca di un prodotto e di un processo produttivo che abbia tra i propri principi valori che saranno sempre più fondamentali per garantirci un futuro, come ecosostenibilità e circolarità.
Ecosostenibilità da un lato e digital fabrication dall’altro stanno producendo, nel mondo del design, nuove ondate di creatività, fondate sull’attenzione ai materiali e processi produttivi. Sempre più nuovi talenti stanno emergendo mentre le case italiane più famose si affermano ancora di più all’estero.
Nella mia carriera ho sempre cercato di incoraggiare la creatività perché
credo sia la spinta e il motore dell’innovazione e della modernità. Il nostro Paese ha, su questo fronte, un forte potenziale che va nutrito e non ha nulla da invidiare ad altri Paesi, anzi il nostro “saper fare” è unico al mondo.
In questo modo mi piace pensare di poter dare una mano al made in Italy. E non solo: è affascinante e appagante vivere “nel bello”, cioè avere la possibilità di dialogare con e vedere i designer, anche quelli emergenti e parlare con le aziende di design delle loro scelte creative e di produzione. È un po’ come essere sempre immersi nel cuore dell’Italia.
Ecosostenibilità da un lato e digital fabrication dall’altro stanno producendo, nel mondo del design, nuove ondate di creatività, fondate sull’attenzione ai materiali e processi produttivi. Stanno emergendo sempre più nuovi talenti mentre le case italiane più famose si affermano ancora di più all’estero.
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