IL MISTERO DI CRISTO NEI POVERI
In ogni caso, l’ecclesiologia si è arricchita con il concetto di popolo di Dio. Questo popolo è formato da poveri che vedono realizzate nella loro vita le promesse che Dio ha fatto agli esseri umani nel corso della storia. Questo popolo è composto da uomini che hanno bisogno di essere salvati. La Chiesa ha ripreso questo concetto per mostrare che fa parte integrante della storia umana, tende al regno che sta per venire e realizza la profezia di Isaia: «I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella» (Matteo 11,5). Questo concetto di popolo permette di affermare l’eguale dignità dei figli di Dio. Le persone colpite dalla povertà hanno questa stessa intuizione quando dicono: «Almeno quando preghiamo in Chiesa vediamo che c’è uguaglianza. Dio
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4-5. Paolo VI in Bolivia nel 1968 per la conferenza dell’episcopato latinoamericano di Medellín.
ama allo stesso modo i ricchi e i poveri». Alcuni anni più tardi, nella conferenza di Medellín (1968), viene detto che «l’episcopato latinoamericano non poteva rimanere indifferente di fronte alle terribili ingiustizie sociali che esistevano ed esistono in America Latina, che costringono la maggioranza del nostro popolo in una dolorosa povertà, e in molti casi in una miseria disumana. Un clamore sordo si leva da milioni di persone, che chiedono ai loro pastori una liberazione che non giunge loro da nessun altra parte» (Medellín 14,1-2). Le successive conferenze dell’episcopato latinoamericano a Puebla (1979), Santo Domingo (1992) e Aparecida (2007) hanno mantenuto questo livello di analisi della realtà e di esigenza comunitaria e personale. Disgraziatamente, si tratta di realtà e documenti poco conosciuti dai cristiani in generale.
Capitolo 33
HÉLDER CÂMARA E ÓSCAR ARNULFO ROMERO
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Uno storico del concilio Vaticano II ha definito l’arcivescovo Hélder Câmara come «uno che cerca l’impossibile». La sua fu una voce libera da vincoli, convinta dell’impossibilità di annunciare ed essere testimoni del Vangelo in mezzo a dorature barocche, candelabri e arazzi; attenta solo a ciò che chiede Gesù e non alla polvere dei secoli che ricopre tante chiese e istituzioni ecclesiastiche. Quando gli inviarono da Roma un questionario composto da cinquanta domande, rispose che esse non tenevano conto delle questioni più gravi e fondamentali del momento, problemi come l’eccessiva crescita demografica dell’America Latina o il sottosviluppo di due terzi dell’umanità. C’è una domanda che la Chiesa dovrebbe porsi con frequenza: stiamo dando importanza alle stesse cose cui dava importanza Gesù? Il Signore aveva criticato con severità quanti, dimenticando l’amore – cioè il modo stesso di agire di Dio – si concentravano su minuzie, riti inutili, tradizioni non fondamentali, condannando senza pietà i «trasgressori». «Verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò perché non hanno conosciuto né il Padre né me» (Giovanni 16,2-3). Nelle comunità cristiane si è impugnata talvolta la frusta dell’intolleranza, usurpando il potere e manifestando un atteggiamento che certamente non troviamo nel Vangelo e che ha poco a che vedere con il modo di fare di Gesù. Nonostante questo, non sono mai mancati quelli che si sono seduti agli ultimi posti, hanno perdonato settanta volte sette, hanno porto l’altra guancia e hanno costruito il regno di Dio con l’umiltà, la forza tranquilla e la convinzione che è Dio che semina e raccoglie. Hélder Câmara era convinto che solo se accettiamo le conseguenze dell’identificazione di Cristo con il povero saremo capaci di agire nel modo che ci richiede Gesù nella sua descrizione del Giudizio uni-
versale: lottando con coraggio a favore della pace, dell’amore e della giustizia, senza prestare attenzione alle preoccupazioni di questo mondo, sempre legate all’egoismo degli interessi personali; concependo l’esercizio del potere solo come servizio e la Chiesa come antitesi dell’imperio, della manipolazione e dell’imposizione. «Non è possibile essere cristiani e non stare dalla parte dei poveri», insisteva con chi lo accostava. «Non è possibile ottenere la pace senza praticare la giustizia, e la giustizia presuppone ai nostri giorni lo sviluppo economico e culturale. L’indipendenza politica deve essere accompagnata dall’indipendenza economica, senza la quale i Grandi sottomettono le nazioni. Non è onesto parlare di libertà a due terzi dell’umanità che non possono comprendere il significato della parola ‘libertà’». Non è onesto né coerente, potremmo aggiungere, pretendere certe libertà da popoli cui non procuriamo condizioni economiche che rendano possibili quelle libertà. Sognava una Chiesa che si facesse povera e serva, in quanto istituzione, in quanto esempio comunitario della fedeltà a Gesù: «i vescovi dell’America Latina si liberino delle terre della Chiesa donandole con intelligenza ai poveri; si pongano apertamente, decisamente e senza eccezioni dalla parte delle riforme strutturali; stimolino i movimenti per la nonviolenza affinché esercitino una pressione democratica che aiuti a vincere l’inerzia e l’egoismo dei poteri economici; stimolino lo sviluppo cercando di assicurargli un senso umano e cristiano, al fine di salvaguardare la dimensione umana nei piani d’investimento e di preparare l’uomo allo sviluppo attraverso programmi educativi che portino le masse subumane a trasformarsi in popoli»48. In un’occasione, libero da vincoli, abitante di un continente di miseria e di ignoranza, volendo mani185