Pasticceri d'Italia

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il gelato

Il Tartufo di Pizzo Pasquale Monteleone e quel sogno che fa rivivere la tradizione che entrano a lavorare uno dopo l’altro nella gelateria di famiglia. E Pasquale, che è un vulcano, è l’unico tra i suoi cugini ad aver conservato mestiere e voglia di imprendere e andare avanti. “Io don Pippo non l’ho mai conosciuto confessa Pasquale - ma mio padre ed i miei zii sono stati cresciuti da lui come se fossero figli suoi. Quindi io, posso dirlo, nasco in gelateria. Avrò avuto 7 anni, quando ho iniziato ad aiutare mio padre a lavare i bicchieri. Dopo 2 anni sono passato al bancone dove ho servito i coni fino ai 12 anni. Poi mi sono dedicato al servizio ai tavoli. Quando finalmente sono potuto entrare in laboratorio ero già grande”, racconta. Ed oggi Pasquale “vive” nella sua “La bottega del gelato”, uscita nord della città, in via Nazionale. Di premi e riconoscimenti ne ha collezionati tanti, anche grazie a questa gavetta infinita. “Questo non è un lavoro facile – commenta-. Non è che ci si alza la mattina e si decide di fare il gelatiere. Uno deve capire che le cose si imparano con sacrificio. A volte si lavora anche 16 ore al giorno. Io sono cresciuto con questo esempio. E da mio padre e dal suo maestro ho ereditato la voglia di rispettare la tradizione. Oltre al Tartufo,, i nostri cavalli di battaglia sono la Nocciola imbottita (una fetta di gelato con panna, nocciola e scaglie di cioccolato) e la Cassata siciliana versione gelato ma ancor di più lo sono i vari gusti di gelato che hanno fatto la storia di Pizzo e per questo vanno rispettati. Dai 12 gusti che faceva mio padre, il mio banco oggi ne vanta circa 36. Proponiamo un prodotto che ci rispecchia: ingredienti naturali, latte e panna fresca, tuorli d’uovo, frutta a km zero. Nelle vici-

ici Pizzo Calabro e dici Tartufo. Indissolubilmente. Ed indissolubile è il legame di Pasquale Monteleone con la storica attività di famiglia. Figlio d’arte, suo padre, Felice Monteleone, gelatiere anch’egli, era allievo di don Pippo De Maria, l’uomo che nel 1952, casualmente, realizzò il famoso il gelato che dà lustro alla località vibonese. Pare che durante un banchetto don Pippo si fosse ritrovato senza sufficienti stampi per il gelato e, cavalcando l’emergenza, abbia modellato, nell’incavo della mano, del gelato alla nocciola, gelato al cioccolato e un cuore di cioccolato fondente fuso, utilizzando come involucro della carta alimentare e facendo, di fatto, la fortuna sua e di tutta la città. Il gelato così ottenuto è cosparso di polvere di cacao e zucchero semolato e la ricetta originale prevedeva anche un’amarena candita all’interno che oggi non mette più nessuno. Felice Monteleone poteva vantare 6 fratelli, tutti alle prese con lo stesso mestiere, Pasticceri d’Italia - Amore per la pasticceria

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