ioArch
Anno 16 | Maggio 2022 euro 9,00 ISSN 2531-9779 FONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Milano
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ENOUGHNESS
RITORNO ALL’ESSENZIALE LA RICERCA DELLA FELICITÀ E L’ESPERIENZA DELL’ARCHITETTURA
DOSSIER GREEN OSPITALITÀ VALORIZZARE LUOGHI, COSTRUIRE STORIE
AIRES MATEUS | ANDREAS KIPAR | ENSAMBLE | AZO SEQUEIRA | TOSHIKO MORI | MARCO PIVA ANTONIO PERAZZI | KILLA DESIGN | R4M | LAMATILDE | FAVARETTO | FABIO DAOLE DANTE O. BENINI | FEDERICO SPAGNULO | MARTIN GRUBER | MEYER DAVIS | PIERO LISSONI
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COSENTINO ITALIA weitalia@cosentino.com | Follow Us F ô WITH HybriQ + ® and HybriQ Technology® are registered trademarks of Cosentino. The Sunlit Days series includes protected designs and technologies.
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Project: Museum of the Future Dubai, UAE
Architect: Killa Architectural Design
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SOMMARIO ioArch 99
DESIGNCAFÈ
C
12 Diébédo Kéré Premio Pritzker
M
14 Aldo Rossi al Museo del Novecento
Y
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Le Storie di LPP | VENTURINO VENTURA
WORK IN PROGRESS
48 / 66 Libri 78 Premio Carlo Scarpa - La natura ibrida di Berlino
28 Milano | ASTI ARCHITETTI TRASFORMA UN PALAZZO STORICO 30 Varese | ARCHISBANG E BDR BUREAU, POLO SCOLASTICO 32 Loano | VITTORIO GRASSI, MASTERPLAN DELLA MARINA
REPORT 18 Progettare nei Paesi del Golfo Persico di Aldo Norsa
34 Cento | OPEN PROJECT, PINACOTECA 36 Bologna | OPEN PROJECT, HOTEL PORTA MASCARELLA 38 Gavorrano | MODOURBANO, MERCATO AGRICOLO
FOCUS 22 La collezione ecosostenibile Tempotest Starlight | PARÀ 25 Rinnovo di un insediamento produttivo | ALUBEL 26 Soluzioni per CampZero | ROCKFON
40 Roma | INSULA, ISTITUTO ARCHEOLOGICO GERMANICO 42 Hillerød | HERZOG & DE MEURON, NUOVO OSPEDALE 44 Ashford | HOLLAWAY STUDIO, FABBRICA DI BICICLETTE 46 San Paolo | MARIO CUCINELLA, NICE BRASIL
ARCHIWORKS 50 Il Museo del Futuro di Dubai | KILLA DESIGN 56 Bicocca Social Campus | DANTE O. BENINI & PARTNERS 58 Il designer abita qui | FRANCESCO FAVARETTO
LUCE 62 Il tema della luce nella residenza | JACOPO ACCIARO
ENOUGHNESS di Carlo Ezechieli
67 Ritorno all’essenziale
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68 Il progetto come scoperta | MANUEL AIRES MATEUS 72 L’architettura di una caverna | ENSAMBLE STUDIO 74 La casa sospesa | AZO SEQUEIRA 76 Il senso della comunità | TOSHIKO MORI
CM
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Photo: Andrea Avolio, behance.net/neroluce
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FU RNIT U RE
CO NCEP T
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SOMMARIO
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OSPITALITÀ 94 Rinascimento veneziano | MARCO PIVA 102 Terrazze di aria e luce | R4M ENGINEERING 108 Dare un senso al luogo | SPAGNULO & PARTNERS 112 Bauernhaus mit Wellnessbereich | MARTIN GRUBER 118 Etimologia dell’ospitalità | LEONARDO TOGNI 120 Il primo W Hotels italiano | MEYER DAVIS 123 Palazzo Al Velabro | ALESSIA GARIBALDI, CRISTINA PAINI 124 Lo spazio come strumento narrativo | LAMATILDE
DESIGN
DOSSIER GREEN
128 Yacht design, ricerca e innovazione in Sanlorenzo
80 Infrastrutture ecologiche | FABIO DAOLE
MASSIMO PEROTTI, SERGIO BUTTIGLIERI, PIERO LISSONI
84 Aprire allo spazio aperto | ANDREAS KIPAR 88 Parole verdi | ANTONIO PERAZZI
ELEMENTS
91 Garden Festival | RADICEPURA 92
a cura di Elena Riolo
135 Contract
Architetture d’acqua e di luce | FORME D’ACQUA
135 In copertina Azo Sequeira Arquitectos 2015, Braga Portogallo Ph. ©Nelson Garrido
Direttore editoriale Antonio Morlacchi
Contributi Jacopo Acciaro, Luisa Castiglioni Roberto Malfatti, Aldo Norsa Luigi Prestinenza Puglisi, Elena Riolo
Direttore responsabile Sonia Politi
Grafica e impaginazione Alice Ceccherini
Comitato di redazione Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi, Sonia Politi
Marketing e Pubblicità Elena Riolo elenariolo@ioarch.it
Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it Fotolito e stampa Errestampa
Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00 Abbonamenti (6 numeri) Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386
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Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004. Periodico iscritto al ROC-Registro degli Operatori della Comunicazione. Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano ISSN 2531-9779
› DESIGNCAFÈ
Francis Kéré. Sotto, dettaglio della prima estensione della scuola elementare di Gando, il progetto che vent’anni fa lo rese famoso (ph. © Erik-Jan Owerkerk, courtesy The Pritzker Architecture Prize).
PRITZKER PRIZE 2022
DIÉBÉDO FRANCIS KÉRÉ CINQUANTUNESIMO PREMIO PRITZKER LA SCUOLA COME FONTE DI VITA E DI RISCATTO, L’ARCHITETTO COME AGENTE DEL CAMBIAMENTO E COSTRUTTORE DI SPERANZE
Dal Burkina Faso si trasferì a Berlino per studiare e avere una chance. Poi come architetto Francis Kéré si è adoperato per dare la stessa opportunità ai giovani del suo Paese. Per finanziare la sua prima opera, la scuola elementare di Gando, costruita nel 2001, diede vita a una Fondazione, tuttora attiva. Il successo del progetto nel tempo ha portato da 120 a 700 il numero di studenti e ha catalizzato l’attenzione internazionale permettendo di costruire anche gli alloggi per gli insegnanti (2004), un ampliamento (2008) e la costruzione della biblioteca (2019). Motivando la scelta, la giuria del premio ha scritto tra l’altro che «Kéré sa bene che l’oggetto dell’architettura non è il risultato ma il processo di progettazione e costruttivo. L’insieme dei suoi lavori ci mostra la forza della materialità radicata nel luogo; i suoi edifici, disegnati per e con le comunità, appartengono a loro: nel farsi, nei materiali, nelle funzioni e nel loro carattere unico». Con nodi costruttivi semplici e l’impiego di materiali locali Kéré promuove infatti l’autocostruzione, mentre l’invenzione [ 12 ]
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progettuale fornisce risposte adeguate alle specificità del clima. Operando soprattutto in Africa, la sua architettura va oltre il valore insito nel solo edificio. Come ha commentato Tom Pritzker, «Con architetture che manifestano al tempo stesso bellezza, pudore, coraggio e capacità di invenzione in regioni estremamente povere Francis Kéré difende e porta avanti il compito che è proprio dell’architettura e che dà un senso al Premio». La maggior parte dei lavori di Kéré si trova in Africa (Benin, Burkina Faso, Mali, Togo, Kenya, Mozambico, Sudan) ma con il suo studio Kéré Architecture – fondato a Berlino nel 2005 – ha creato padiglioni e installazioni anche in Europa e negli Stati Uniti d’America. Tra le sue opere più significative le installazioni Xylem al Tippet Rise Art Centre (2019, Montana) e Sarbalé Ke al Coachella Festival (2019, California), la Léo Doctors’ Housing (2019, Léo, Burkina Faso), il padiglione della Serpentine Gallery (2017, Londra), il Lycée Schorge (2016, Koudougou, Burkina Faso), il Parco Nazionale del Mali (2010, Bamako, Mali) e l’Opera Village (primo lotto, 2010, Laongo, Burkina Faso)
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› DESIGNCAFÈ ZANUSO E MENDINI ALL’ADI DESIGN MUSEUM DI MILANO MODERNO E POSTMODERNO A CONFRONTO
Articolata in dodici capitoli contrapposti simmetricamente lungo lo spazio centrale dell’Adi Design Museum, mettendo a diretto confronto la razionalità del metodo progettuale di Marco Zanuso e la poetica postmoderna di Alessandro Mendini la mostra – in corso fino al 12 giugno – evidenzia la distanza e suggerisce al tempo stesso inedite riflessioni sulle possibili influenze tra due visioni. «Oltrepassando lo stesso contesto italiano – sottolinea il curatore Pierluigi Nicolin – possiamo vedere come le tematiche ‘forti’
alla Zanuso e quelle ‘deboli’ alla Mendini si fondino sulla capacità di invalidare le premesse da cui partono e come ciascuno finisca per negare a suo modo l’esistenza di un confine invalicabile alla propria esperienza». Co-curatori della mostra sono Gaia Piccarolo (per la sezione di Marco Zanuso) e Nina Bassoli (per la sezione di Alessandro Mendini). Coordinamento scientifico di Maite García Sanchis. Progetto di allestimento Studio Nicolin con Maite García Sanchis in collaborazione con studio Sonnoli.
IL DESIGNER ALDO ROSSI FINO AL 2 OTTOBRE AL MUSEO DEL NOVECENTO DI MILANO UNA MOSTRA DEDICATA AGLI ARREDI E OGGETTI D’USO PROGETTATI DALL’ARCHITETTO PREMIO PRITZKER 1990
Sono oltre 350, tra arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni – anche inediti, come gli interni della sua casa in via Rugabella – e studi progettati e realizzati da Aldo Rossi dal 1960 al 1997, gli elementi della mostra curata da Chiara Spangaro che testimoniano la varietà della produzione oggettuale dell’architetto e teorico milanese ma soprattutto la stretta connessione di questa con l’architettura. In tutta la sua produzione, fin dai primi mobili realizzati nel 1960 con l’architetto Leonardo Ferrari, Rossi riflette sul rapporto tra la scala architettonica e urbana e quella monumentale e oggettuale. In quasi vent’anni di lavoro elabora più di 70 arredi e oggetti, molti dei quali ancora oggi in produzione, sperimentando forme e cromie nel campo dei metalli e del legno, del marmo e della pietra, della ceramica e della porcellana, dei tessuti artigianali e industriali e dei materiali plastici. Organizzata in nove sale nel progetto di allestimento di Morris Adjmi, già collaboratore e poi associato di Rossi a New York, la mostra illustra la relazione costante tra opere grafiche, prodotti artigianali e industriali e i riferimenti all’immaginario domestico di Rossi. [ 14 ]
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NESTS IN MILAN LE INSTALLAZIONI IN LEGNO DI TADASHI KAWAMATA
La mostra Nests in Milan, fino al 23 luglio, esce dagli spazi della galleria Building per rivestirne la facciata in via Monte di Pietà e proseguire con altre installazioni in alcuni luoghi contigui. La seconda fase dell’intervento prevede, al termine della mostra, il recupero del legno per dare vita a una nuova opera site-specific che prenderà corpo di fronte all’Adi Design Museum. Quel che appare come un circuito virtuoso, in linea con le odierne prescrizioni dell’economia circolare, nella visione di Kawamata è in realtà una maniera di esprimere un processo di trasformazione che facilita la simbiosi di tutti gli elementi dell’universo, considerati interdipendenti tra loro. Le sfide urbanistiche sono all’origine del lavoro di Tadashi Kawamata (Hokkaido, 1953) e il tema del nido, che ci riporta ai valori e alle necessità primarie, ci spinge a riconfigurare mentalmente lo scenario architettonico che ci circonda.
le storie di lpp
› DESIGNCAFÈ
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VENTURINO VENTURA un architetto da riscoprire di Luigi Prestinenza Puglisi illustrazione di Roberto Malfatti Di Venturino Ventura si sa poco e nulla, nonostante le decine di edifici, tutti di grande valore, che ha realizzato. Sappiamo che era nato a Firenze nel 1910, si era laureato a Roma nel 1936 alla Regia scuola di Architettura, era stato allievo di Enrico Del Debbio, aveva lavorato con importanti architetti del regime, quali Ballio Morpurgo, e stava per ottenere fama e successo: aveva infatti vinto, nel 1938, a soli due anni dalla laurea, l’importante incarico per la Torre alla mostra d’Oltremare a Napoli. È il 15 settembre del 1938, proprio nel momento in cui il Fascismo sta varando le leggi sulla razza. La costruzione di un edifico così importante da parte di un progettista, non ariano e non napoletano, scatena sicuramente vivaci reazioni. Ventura però non viene licenziato. Forse perché gode di protezioni. I tempi peggiorano e l’Italia entra in guerra. Tra il 1941 e il 1942 si trasferisce a Chieti. Un esilio probabilmente autoimposto. Ventura deve essere stato un uomo che sapeva tenere le relazioni. E che fosse un personaggio accorto e affascinante e quindi in grado di salvarsi la pelle, lo capiamo anche dalla sua successiva fortuna professionale.Nel dopoguerra inizia il ciclo delle palazzine. Due – e forse sono le uniche a godere del favore della stampa specializzata – sono segnalate dall’occhio infallibile di Bruno Zevi che le pubblica nel numero 10 del 1956 de L’architettura. Cronache e storia. Le sue palazzine, se le osserviamo a distanza di decenni, sono tra le più belle romane: reggono il confronto con i capolavori di Luigi Moretti e Ugo Luccichenti. Ventura si fa prendere poco dal linguaggio fine a sé stesso. Le sue costruzioni risolvono, infatti, problemi economici o funzionali ma sempre ricorrendo a un linguaggio raffinato
e innovatore, che attinge ai grandi esempi dell’architettura organica, razionalista e anche espressionista. Guardando a tutte queste opere che così bene reggono il tempo, viene da pensare a quanto il livello dell’edilizia, soprattutto a Roma, si sia oggi abbassato. Nessuna altra rivista si accorgerà di lui se non episodicamente, nessun critico lo citerà. Ventura è anche un sognatore: scrive un testo di cinquecento pagine, dall’inquietante titolo “La città condannata”, dove racconta la sua utopia per le metropoli del futuro, in cui mostra di ben conoscere le architetture delle macrostrutture e del Team X. Il saggio non viene stampato, il manoscritto è andato perso e non ne sappiamo più nulla. Il resto del materiale progettuale pare sia in gran parte andato distrutto a causa di un incendio. Qualcuno invece dice – ma la notizia non ha alcun riscontro documentario – buttato dal figlio che non aveva buoni rapporti con il padre. Sarei felice se qualche dottorando, invece di perdere tempo con illeggibili e mal digeriti saggi sulla teoria dell’architettura, si dedicasse a un’importante opera di riscoperta e di risarcimento di questo grande architetto che più di tutti, per tragica sorte o forse per autoimposizione, di tutti i protagonisti dell’architettura italiana appare essere stato il più dimenticato, il più trasparente
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Nell’illustrazione, la Torre d’Oltremare di Napoli, che Venturino Ventura disegnò a soli 28 anni, e una delle sue palazzine romane.
› REPORT
LA PROGETTAZIONE ITALIANA nei paesi del Golfo Persico di Aldo Norsa
La crisi degli approvvigionamenti energetici spinge il sistema Italia a rivolgersi ancor più ai Paesi del Medio Oriente che possono sopperire alle mancate importazioni dalla Russia (in particolare a quelli del Golfo che sono politicamente più stabili). Questo apre scenari interessanti anche per la progettazione soprattutto nei mercati nei quali la presenza italiana è da tempo più apprezzata (e competitiva con i grandi gruppi multinazionali). Anche il successo di pubblico del padiglione Italia all’Expo 2020 di Dubai fa ben sperare in un ulteriore rilancio dell’immagine del Paese. Ecco alcune notizie flash delle società italiane di architettura e di ingegneria più radicate nei Paesi del Golfo e più dinamiche. Con l’avvertenza che ci si limita a quanto è comunicato ufficialmente, con l’esclusione di incarichi (anche molto remunerativi) privati, talvolta provenienti da committenti ai più alti livelli gerarchici, coperti da vincoli di riservatezza. Un caso per tutti: Luca Dini Associati, che ha progettato (in collaborazione) grandiose ville e masterplan urbani in Arabia Saudita, sulla base della reputazione di prestigiosi yacht firmati Luca Dini Design.
3TI PROGETTI Nel 2015 ha progettato cinque fermate della linea metropolitana Red Line South di Doha (Qatar), mentre è ancora in corso la realizzazione di 22 stazioni della Riyadh Metro Line 3 (Arabia Saudita) oltre che dell’iconica Western Station 3B2 sulla stessa linea. Inoltre in Oman dal 2015 3TI Progetti sta partecipando al progetto di ampliamento dello strategico porto di Salalah. ACPV ARCHITECTS ANTONIO CITTERIO PATRICIA VIEL Nel 2017 lo studio di architettura di Antonio Citterio e Patricia Viel ha firmato il Bulgari Resort di Dubai a Jumeira Bay che si sviluppa su un’area di 13 ettari e oggi prosegue con la realizzazione di numerose ville. Nel 2015 aveva curato gli interni delle lounge per i passeggeri premium di Qatar Airways all’interno dell’aeroporto internazionale di Doha.
Aldo Norsa Già docente in numerose università in Italia e all’estero, Aldo Norsa è direttore scientifico della società di ricerca e consulenza Guamari di Milano, che cura annualmente (dal 2011) il Report on the Italian Architecture, Engineering and Construction Industry e (dal 2019) il Rapporto Classifiche - le Prime 50 Imprese dell’Edilizia Privata. www.guamari.it [ 18 ]
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CREW – CREMONESI WORKSHOP Nel 2016 ha progettato a Doha la Hamad International Airport Metro Station, realizzata da Rizzani De Eccher (in jv con la locale Redco). Nel 2013 aveva collaborato con One Works e la norvegese Snøhetta alla Qasr Al Hokm Downtown Metro Station e, sempre con One Works e la locale società Omrania, alla Western Station, entrambe a Riyadh. F&M INGEGNERIA La società è impegnata in due progetti in Oman: il masterplan del SUR-Office Block, prima fase di un piano generale più ampio nel Governatorato di Al Sharqiyya che include un porto, aree commerciali, a
uso misto, industriali, residenziali, strutture pubbliche e di intrattenimento; e il nuovo mercato ortofrutticolo di Khazaen, sviluppato su un’area di 900.000 mq.
GIÒ FORMA STUDIO ASSOCIATO ha di recente inaugurato l’Art and Design Gallery di Aljadidah, nel sito Unesco di Al-Ula in Arabia Saudita, dove nel 2019 aveva progettato la Maraya Concert Hall, una struttura di 23 mila metri quadrati realizzata in 76 giorni: il più grande edificio con un involucro a specchio del mondo. Sempre nella stessa località a fine 2020 ha concluso la ristrutturazione del Prince Abdulmajeed bin Abdulaziz Domestic Airport e la realizzazione del terminal executive. HYDEA Nel 2019 è stata incaricata dal Ministero della Cultura saudita dell’analisi delle condizioni di degrado di una serie di edifici nel centro storico di Jeddah (sito Unesco) in vista della loro rifunzionalizzazione. Sempre nel 2019 ha curato ad Abu Dhabi lo studio di fattibilità e la progettazione degli interventi di conservazione dei resti preistorici del Parco Archeologico di Hili, parte del complesso di Al Ain, e su incarico del Dipartimento Cultura e Turismo la valutazione HIA (Heritage Impact Assessment) dell’impianto funiviario che collegherà la piana desertica di Mezyad alla sommità della dorsale Jebel Hafeet.
› REPORT Meglio dimenticare il mercato russo e rivolgere la propria attenzione verso il Medio Oriente, in particolare i paesi del Golfo dove diverse società italiane di progettazione operano con successo da molti anni
A sinistra, l’involucro a specchio della Maraya Concert Hall di Giò Forma (con Black Engineering). In questa pagina, in alto il cantiere della Western Station della metropolitana di Doha, progetto di One Works, realizzazione in jv con Webuild (ph. courtesy One Works). A destra, render delle Bulgari Residences progettate da Acpv Architects - Antonio Citterio Patricia Viel a Dubai (courtesy Acpv).
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› REPORT
ITALCONSULT Con il marchio Studio Altieri (acquistato nel 2016) è specializzata in progetti ospedalieri che esporta in tutto il Medio Oriente: in Arabia Saudita è impegnata nella realizzazione di otto cliniche nelle città di Al Saghr, Al Makarona, Nooza, Fakeeh, Hira in Jeddah e Makkah, del Fakeeh Academic Medical Center e del Diabetic Center entrambi a Dubai, e infine del New Maternity Hospital di Shuwaikh in Kuwait. LC&PARTNERS Specializzata nel project management consulting, è molto attiva a Dubai. Tra i vari progetti ai quali ha partecipato vi sono la torre residenziale “I love Florence”, alta 135 metri, il cui interior design è firmato Roberto Cavalli; la Dubai Star Tower, edificio mixeduse alto 195 metri; e le Donna Towers, due grattacieli gemelli a uso misto da 36 piani ciascuno. Ha inoltre coordinato la realizzazione di ben 12 padiglioni dell’Expo 2020 (tra cui il padiglione Italia). MANENS-TIFS Nel 2013 ha firmato un contratto con il ministero degli interni dell’Arabia Saudita per servizi di P&CM, project control, design review, site supervision e medical equipment consultancy per due “medical cities” a Riyadh e Jeddah: entrambi i complessi occupano un’area di 2,5 kmq con ospedali da 1.700 posti letto e residenze per 12 mila persone. Le due opere sono tra i maggiori esempi di ingegneria sanitaria in costruzione nel mondo. ONE WORKS Con le società di ingegneria Italferr e la danese Cowi, nel 2014 One Works ha progettato sette stazioni della linea metropolitana Red Line North di Doha la cui realizzazione è stata affidata a una jv guidata da Webuild. Inoltre, sempre in collaborazione con Cowi, sta lavorando in Arabia Saudita al Masar Project,
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un piano di sviluppo urbano di oltre 1,2 milioni di metri quadrati a La Mecca caratterizzato da un viale pedonale centrale che porta alla moschea Al Haram fiancheggiato da hotel, esercizi commerciali, residenze, parcheggi, spazi pubblici.
PRAS TECNICA EDILIZIA È attiva in Qatar dal 1979 (dal 2012 con una controllata) dove lavora a progetti infrastrutturali e di edilizia residenziale di alta gamma in previsione dei campionati mondiali di calcio del 2022. Ha partecipato al progetto per il terminal agroalimentare del nuovo Hamad Port e avviato contatti per un nuovo terminal strategico. La società di ingegneria è anche in trattativa con il ministero dell’Ambiente dell’Emirato per un nuovo piano di gestione dei rifiuti. PROGER Nel 2020 a Riyadh Proger ha fornito servizi di progettazione, project management e direzione lavori della nuova sede di Diaverum (healthcare). Sempre a Riyadh ha ricevuto l’incarico per la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva degli interni della Torre A del complesso Olaya Towers: alta 180 metri ospiterà il quartier generale del Saudi Human Resources Development Fund, dipartimento del Ministero del Lavoro saudita. SCHIATTARELLA ASSOCIATI La società romana conferma il proprio focus in Arabia Saudita dove vince prestigiosi concorsi di architettura. Il più recente è il progetto dell’Art Balad Culture Square, grande polo dedicato alle arti nel centro di Jeddah che sarà completato entro il 2022. In passato, tra le numerose realizzazioni spiccano l’ampliamento del King Fahd Stadium di Riyadh (2016, con consulenza Mep di Manens-Tifs) e la Majma’ah Sport City che comprende un palazzetto dello sport da 15 mila posti (2018)
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Schiattarella Associati, render dell’Art Balad Culture Square nel centro di Jeddah (courtesy Schiattarella Associati).
› FOCUS
La collezione ecosostenibile Tempotest Starlight blue di Parà Premio Sostenibilità all’R+T Innovation Award 2021, Tempotest Starlight blue di Parà è la prima collezione di tessuti per la protezione solare in Pet riciclato e certificata Grs (Global Recycled Standard): riciclando 328 bottiglie di plastica si realizzano 21 metri quadrati di tessuto. Il processo produttivo, dalla raccolta e selezione della materia prima alla fusione, produzione e colorazione in massa dei chip di plastica fi no alla tessitura, fi nissaggio e realizzazione della tenda da sole comporta l’impiego del 60 per cento di energia in meno rispetto alla produzione normale, un risparmio del 90 per cento di acqua e una riduzione di emissioni di CO2 del 45 per cento. Da un fi lo di Pet riciclato nasce un tessuto che si caratterizza per l’eccezionale recupero elastico e per una migliore resistenza alle trazioni [ 22 ]
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e alle sollecitazioni, che lo rendono particolarmente adatto a strutture di grandi dimensioni. Il fattore di protezione Upf 50+ garantisce la massima protezione ai raggi UV e un maggiore ciclo di vita del prodotto, mentre il finissaggio Teflon Extreme by Parà rende i tessuti idro e olio repellenti, imputrescibili e antimacchia. Questa innovativa collezione in Pet riciclato – che si compone di 16 tessuti dal design moderno – è la dimostrazione che è possibile realizzare un prodotto ecosostenibile senza alcuna perdita di performance e senza rinunciare alla qualità estetica. Tempotest Starlight blue fa parte del progetto aziendale Fabrics for Future, percorso avviato tre anni fa e che nei prossimi anni porterà allo sviluppo di ulteriori collezioni sostenibili. www.para.it
Riciclando 328 bottiglie di plastica si realizzano 21 mq di tessuto.
Timeless surface for outdoor and indoor
› FOCUS
Alubel per il rinnovo di un insediamento produttivo di Tommaso Brenna
Starcolor è un’azienda di verniciature industriali a polveri con sede a San Donà di Piave. La necessità di ampliare la sede aziendale è stata l’occasione per un rinnovamento totale: oltre ai nuovi locali di deposito e al corpo uffici (di 450 mq), costruito ex novo con struttura in acciaio e pareti con pannelli metallici coibentati e contropareti in cartongesso, sono stati sostituiti i 2.200 metri quadrati del manto di copertura in lastre di eternit. Tutti i nuovi rivestimenti sono fi rmati Alubel: per la nuova copertura sono state selezionate le lastre AZ 185 profi lo Alubel 28 e le lastre rette grecate in lamiera profi lo Alubel 40. Per le pareti del nuovo ampliamento lastre Ond-All 33 in alluminio anodizzato, Easy
Wand colore bianco puro Ral 9010 e grigio antracite Ral 7016. Alternando le diverse colorazioni e le tipologie di lastra il progettista, l’architetto Gianni Granzotto, ha realizzato un edificio dalla forte riconoscibilità che contribuisce a riqualificare anche il contesto. I rivestimenti metallici Alubel, di lunga durabilità e interamente riciclabili, garantiscono inoltre la massima protezione all’acqua e elevate prestazioni termiche. La posa è stata effettuata dalla Tecnoinfissi di Eraclea (Ve), che ha completato le lavorazioni con la massima efficienza.
Committente Starcolor Srl Localizzazione San Donà di Piave (VE) Progettista Arch. Gianni Granzotto Installatore Tecnoinfissi Materiale copertura Lastre grecate Alubel 28 e Alubel 40 Materiale facciata Lastre Ond-All 33 e pannelli Easy Wand di Alubel SpA
www.alubel.com
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› FOCUS
Foto di Matteo Platania
Nel bistrot del CampZero Luxury Resort a Champoluc, in Valle d’Aosta, è stato installato Rockfon Mono Acoustic in modo frammentato, così da poter riproporre l’idea delle zolle del terreno. Per la palestra con la parete di arrampicata (foto a destra) sono stati scelti i baffles acustici senza cornice Rockfon Contour. Oltre a garantire una condizione acustica che aiuta la concentrazione, la verticalità degli elementi favorisce l’ingresso della luce naturale.
Foto di Matteo Platania
Rockfon per il comfort acustico Soluzioni monolitiche e verticali per CampZero Progettato dallo studio BladIdea, CampZero Active Luxury Resort a Champoluc è un luogo in cui si incontrano natura, sport e tecnologia. Molto frequentati nel corso della giornata, gli ambienti del resort offrono una sensazione di pace e di comfort grazie alla progettazione acustica condotta dall’architetto Vincenzo Bonardo di AB Sound e realizzata con le soluzioni fonoassorbenti Rockfon. Nella maggior parte delle aree comuni del piano terreno è stato utilizzato il controsoffitto conti[ 26 ]
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nuo in lana di roccia Rockfon Mono Acoustic. Realizzata a base di polvere di marmo, la superficie dall’aspetto omogeneo e liscio è totalmente modellabile (anche sagomabile o curvata) e adattabile a ogni tipo di progetto. Il pannello acustico può essere montato inclinato o dritto, su superfici piane o curve, su pareti, soffitti o sotto forma di isole, su una struttura sospesa o direttamente su una superficie esistente. Nell’installazione verticale è un’alternativa agli assorbitori murali a parete.
Notevoli le performance – assorbimento e isolamento acustico ottimale, protezione incendio e resistenza all’umidità, riflessione della luce, durabilità della superficie, igiene – e il comportamento ambientale – isolamento termico e riduzione del consumo energetico (con certificazione Epd - Environmental Product Declaration). Il 90% delle soluzioni Rockfon è certificato Cradle to Cradle. www.rockfon.it
ARIA
La parete ARIA favorisce la condivisione degli spazi di lavoro e di vita quotidiana con semplici e rapidi movimenti.
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› WORK IN PROGRESS
Nei render di Asti Architetti, come apparirà il complesso visto dall’alto, la facciata storica su via Santa Margherita e un particolare delle facciate vetrate che all’interno proseguono l’inclinazione delle falde di copertura.
MILANO
ASTI ARCHITETTI TRASFORMA UN PALAZZO STORICO Già sede del Monte dei Paschi, il complesso che con fronte ottocentesco affaccia su via Santa Margherita, a due passi da Piazza della Scala, si compone di due corpi di fabbrica, entrambi con coperture a falde, di altezza e epoche diverse che racchiudono una corte interna caratterizzata da facciate piuttosto scarne. Corte che il progetto di Asti Architetti rende accessibile e valorizza, ridisegnando in chiave contemporanea la facciate interne e con un volume totalmente vetrato che, proseguendo l’inclinazione delle falde di copertura, connette le diverse altezze dei due corpi di fabbrica. Non mancherà l’inserimento di [ 28 ]
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vegetazione e dell’immancabile ulivo, segno stilistico della società di progettazione. L’ultimo piano del corpo che affaccia su via Santa Margherita prevede l’apertura di cappuccine sulla falda esterna che, pur restando discrete e non visibili dalla strada, fungono da cannocchiali sul centro storico circostante, in felice gioco prospettico con la facciata vetrata interna retrostante. Nel rispetto delle bucature esistenti, accoppiando quelle del corpo basso, il piano terra, dedicato al retail, sarà aperto il più possibile verso la città su tutti i lati, consentendo un doppio accesso all’edificio.
Con destinazione direzionale e retail di alta gamma, il progetto prevede la totale rifunzionalizzazione architettonica, strutturale, impiantistica ed energetica del palazzo e la riqualificazione degli spazi pubblici antistanti. Località Milano, via Santa Margherita Progetto architettonico Asti Architetti Committente Dea Capital Real Estate Sgr Main investor Ardian France in qualità di società di gestione di Ardian Real Estate European Fund II Scs Sicav-Sif Slp 3.698,66 mq (di cui 2.007,33 mq uffici e 1.691,33 retail) Cronologia 2021-2023
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VARESE
NUOVO POLO SCOLASTICO E SPORTIVO DI ARCHISBANG E BDR BUREAU Inizieranno nel 2023 i lavori per per la riqualificazione del parco e polo scolastico Don Rimoldi nel quartiere di San Fermo a Varese, frutto del concorso a inviti promosso dal Comune di Varese, tra gli enti locali beneficiari dei contributi ministeriali destinati alla rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. Il progetto, firmato dagli studi Archisbang e Bdr bureau, prevede la realizzazione di una scuola primaria, una secondaria di primo livello e una piastra sportiva che comprende una palestra per arrampicata, spogliatoi e campi da calcio. Il disegno urbano valorizza la qualità naturalistica del parco e ne conserva le [ 30 ]
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alberature esistenti, includendole in una corona verde che racchiude in un unico sistema i diversi ambiti funzionali. Il polo scolastico è concepito come un sistema di padiglioni articolati attorno a un vuoto, la corte centrale, e tenuti insieme da un anello connettivo che regola l’apertura degli spazi. Anche le scelte architettoniche riflettono questa diversificazione: la struttura leggera e visivamente permeabile dell’anello si contrappone al linguaggio più massivo dei padiglioni. La struttura mista in legno e calcestruzzo, in grado di conciliare sostenibilità ambientale ed economica, si caratterizza per i volumi netti e definiti, le finiture esterne in intonaco grezzo, i pannelli di alluminio e le cromie della pavimentazione in inerti di porfido rosa locale.
In vista del nuovo polo scolastico, il Comune ha avviato un processo di consultazione con le scuole e la cittadinanza per arricchire il concept iniziale e accompagnare la comunità nel progetto condiviso.
Località Varese, via Pergine 6 Committente Comune di Varese Progetto architettonico Archisbang e BDR bureau Strutture Sintecna Progettazione elettrica e meccanica Projema Progettazione acustica Chiara Devecchi CSP Ark.I.Post Engineering Accompagnamento comunità scolastica Emanuela Saporito (Labsus) Superficie del lotto 39.100 mq Area di progetto 6.920 mq Cronologia 2021-2026
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LOANO
IL MASTERPLAN DI VITTORIO GRASSI PER VALORIZZARE LA MARINA Prendono il via i lavori di rinnovamento della Marina di Loano, il porto turistico della riviera del Ponente Ligure operativo in tutte le stagioni e in grado di ospitare quasi mille imbarcazioni. Gruppo Unipol ha affidato a Vittorio Grassi Architects la progettazione integrata di un nuovo masterplan, che ha come obiettivo la valorizzazione dei punti di forza del luogo e il rafforzamento della Marina come polo strategico, attrattivo e funzionale, oltre che per diportisti ed equipaggi, anche per cittadini e turisti. Alla base del concept l’idea di integrare le funzioni marine con la vita della comunità rendendo la marina un sito aperto, e quella di trasformare gli spazi e gli edifici esistenti per creare luoghi memorabili. Come primi interventi, il piano di riqualificazione prevede il rinnovamento delle strutture presenti sul molo centrale, che continueranno ad ospitare eventi internazionali in spazi adeguati, del Belvedere Centrale, dove saranno ricavati nuovi spazi al servizio dei diportisti e degli equipaggi di maxiyacht con un’area bar, una palestra con Spa e un nuovo ristorante con terrazza all’ultimo piano. Previsto inoltre il rinnovo dell’area del Centro Servizi, che oltre alla reception della Marina comprenderà spazi commerciali, e il completo restyling del portico commerciale del molo Francheville. [ 32 ]
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› WORK IN PROGRESS
Archivio Notarile aggiunto nel 1853
Nucleo originario
Edificio anni ‘70 aggiunto nel 1974
Cimitero da metà XVI sec.
Monte Pietà da fine XVIII sec.
Nuova Pinacoteca 1839
Archivio Notarile 1853
Barbiere Inizio ‘900
A sinistra, il concept del nuovo ingresso del museo, che coinvolge i tre volumi di epoche diverse (a destra) che formano il complesso. Il progetto riguarda sia il restauro architettonico e la completa ristrutturazione degli edifici, adeguati alle attuali norme antisismiche, sia gli allestimenti interni.
Edificio anni ‘70 aggiunto nel 1974
Nucleo originario
Archivio Notarile aggiunto nel 1853
Galleria Arte Moderna 1959-1964
CENTO
L’INTERVENTO DI OPEN PROJECT PER LA PINACOTECA All’inizio del 2023 la civica pinacoteca di Cento tornerà a ospitare le opere del Guercino, dei suoi allievi e l’arte centese, dopo il lungo periodo di inattività a seguito del sisma del 2012. Il progetto di restauro architettonico e strutturale dello studio Open Project trasformerà la pinacoteca in un edificio completamente accessibile e normativamente adeguato agli attuali criteri antisismici. Per il nuovo allestimento è stato creato un team progettuale che coinvolge diverse figure specialistiche sviluppando un progetto architettonico che si integra con i progetti illuminotecnico, di comunicazione e di digitalizzazione del patrimonio. [ 34 ]
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Nel percorso espositivo la storia della città, del Guercino e della sua scuola si intrecciano in un’unica narrazione che accompagna il visitatore attraverso le sale dei due piani del museo dove il colore prevalente è il blu del pittore. La sobrietà dell’architettura dell’edificio storico viene ripresa nella progettazione dei basamenti e di tutti i supporti di allestimento. Le nicchie per gli affreschi ne rievocano la collocazione originaria e le pareti allestitive si elevano fino all’imposta delle volte, lasciando integra la geometria delle sale e la percezione degli spazi. Infine il ferro, come unico elemento a contrasto, scandisce il ritmo dell’esposizione, delimitando le sale, i
supporti e avvolgendo gli imbotti delle porte. La presenza del digitale è discreta e costante: due spazi immersivi all’ingresso del primo e del secondo piano scandiscono i temi principali del racconto e, tramite tag Nfc, i visitatori potranno accedere a ulteriori contenuti di valore come racconti, descrizioni, aneddoti, in formato audio o visivo.
Località Cento (Ferrara) Committente Comune di Cento Progetto architettonico, strutturale e di allestimento Open Project
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BOLOGNA
HOTEL PORTA MASCARELLA, PROGETTO UPSIDE-DOWN DI OPEN PROJECT Il concept dello studio Open Project per l’hotel Porta Mascarella a Bologna inverte la gerarchia degli spazi, che abitualmente vedrebbe al piano terra gli ambienti comuni e di accoglienza e ai piani superiori gli attici e gli spazi elitari. L’albergo ha invece una struttura capovolta: il cuore del progetto è il decimo piano, con la Sky Square, un livello terrazzato completamente aperto alla vista sul centro storico della città grazie al parapetto vetrato, dove si trovano numerosi servizi destinati alla collettività, non solo agli ospiti dell’hotel: bar, ristorante, lounge con una grande fontana e spazi di lavoro, oltre alla reception per il check-in degli ospiti dell’hotel. Al piano immediatamente inferiore, il nono, si trovano la palestra e l’area convegni. [ 36 ]
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L’albergo, i cui lavori sono iniziati nel 2021 con completamento previsto per il 2023, si compone di 305 camere, 12.000 metri quadrati fuori terra e 2.500 mq di superficie interrata per un edificio di 12 livelli più uno interrato. Il progetto fa da anello di congiunzione fra due aree urbane molto differenti fra loro, il centro storico e una zona da riqualificare nel quadrante nord della città, tra Borgo Masini e i binari, a pochi passi dalla stazione centrale di Bologna. La dualità si ritrova anche nel trattamento di facciata, che sul fronte sud è dinamica, con l’alternarsi di riquadri di colori e opacità differenti, mentre dal lato nord la parte sommitale in lamiera retroilluminata di notte si trasforma in una lanterna luminosa.
Località Bologna, via Muggia Committente Value One Progetto architettonico Open Project Area di progetto 12.000 mq fuori terra, 2.500 mq interrati, 1.000 mq aree esterne Cronologia 2021-2023
A better world needs better buildings Soluzioni invisibili per un benessere che si sente Soluzioni integrate che semplificano la progettazione e la gestione del foro finestra. Le nostre soluzioni, già conformi ai Criteri Ambientali Minimi (CAM), da oggi sono anche funzionali alle certificazioni LEED, BREEAM e WELL degli edifici.
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› WORK IN PROGRESS
At arundunt aut vidio voloratem in earchicide non corrum serum cum et evenim quatest, nulparum et acium apedi doles modit.
GAVORRANO
IL MERCATO AGRICOLO DI MODOURBANO Lo studio milanese Modourbano ha ricevuto da Polis Fondi l’incarico di riqualificare l’area che un tempo ospitava il consorzio agrario di Gavorrano, in provincia di Grosseto, con l’obiettivo di realizzarvi un mercato con centro logistico: un polo dedicato ai prodotti del territorio centro di raccolta delle aziende agricole locali. L’area è composta da circa 6.000 mq di superficie su cui insistono diversi fabbricati in totale abbandono. Il progetto prevede la parziale demolizione dell’edificato esistente mantenendo le strutture dal particolare carattere architettonico, come il corpo di fabbrica centrale con copertura a falde. [ 38 ]
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Si prevedono inoltre la bonifica dell’area e la rimozione degli impianti inutilizzati. L’intervento comprende, oltre al centro logistico, uffici e servizi per i dipendenti, il mercato agricolo e uno spazio polivalente dedicato ad approfondire valori e qualità di prodotti e materie prime. L’edificio immediatamente adiacente, indipendente dal volume principale, offrirà un servizio di ristorazione. La serie di volumi con tetti a falde con varie inclinazioni si agganciano al corpo in mattoni, memoria della preesistenza. La parte superiore è realizzata con un involucro esterno in U-Glass e la parte basamentale con pannelli vetrati per favorire l’ingresso di una grande quantità
di luce naturale all’interno dello spazio. È prevista la produzione di energia elettrica mediante pannelli fotovoltaici collocati in copertura, il riutilizzo delle acque piovane mediante un sistema di caditoie e l’impiego di energia geotermica.
Località Gavorrano (Grosseto) Committente Polis Fondi Progetto architettonico, project management, interior design MU Associati - Modourbano Superficie del lotto 6.274 mq Cronologia 2021-2026
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› WORK IN PROGRESS
Render del nuovo atrio di ingresso e, a sinistra, sezione dell’edificio (courtesy Insula Architettura e Ingegneria).
Località Roma, via Sardegna 79 Committente Repubblica Federale di Germania Progetto architettonico, ristrutturazione edilizia, adeguamento funzionale, strutturale e impiantistico Insula architettura e ingegneria srl con Wenzel + Wenzel, Bollinger+Grohmann, Igp, Climater Impresa di costruzioni Pasqualucci Superficie 6.074 mq Cronologia 2013-2022
ROMA
INSULA RISTRUTTURA L’ISTITUTO ARCHEOLOGICO GERMANICO Ultimi mesi per il cantiere della sede dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma. La ristrutturazione è frutto di un progetto firmato da Insula Architettura e Ingegneria con le società di progettazione Wenzel + Wenzel e Bollinger+Grohmann. L’intervento ha salvaguardato l’identità e lo spirito dell’edificio del 1962 – il primo costruito all’estero dalla repubblica federale tedesca dopo la seconda guerra mondiale – coniugandovi il necessario adeguamento strutturale, impiantistico e normativo reso inderogabile in seguito alle criticità rilevate nel 2006 durante le verifiche alla sicurezza antisismica. [ 40 ]
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L’edificio, di pianta rettangolare, si sviluppa su 5 piani fuori terra più un attico e due piani interrati per complessivi 6.000 metri quadrati di superficie. Al suo interno accoglie numerose funzioni: la biblioteca platneriana – una delle più importanti al mondo per il settore archeologia – tre sale lettura, un deposito libri, una fototeca, una sala conferenze a doppia altezza, spazi espositivi, uffici, una foresteria, un piccolo giardino e una terrazza. Gli originali materiali di pavimentazione e rivestimento sono stati reimpiegati quanto possibile. I frammenti inutilizzabili
sono stati riciclati, trasformandoli sia in graniglia per le pavimentazioni alla veneziana sia in grandi tessere di mosaico impiegate nella sala platneriana. L’adeguamento strutturale e normativo ha richiesto la demolizione e ricostruzione di intere parti della struttura in calcestruzzo armato, come i due corpi scala esistenti e il giunto tra i due sistemi strutturali di cui è composto l’edificio. Sono state quindi realizzate strutture verticali supplementari nelle zone che necessitavano di irrigidimento e una nuova scala elicoidale per la sala conferenze.
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L’impianto del nuovo ospedale e la vista da una delle corti (courtesy Herzog & de Meuron).
HILLERØD
IL NUOVO OSPEDALE DI HERZOG & DE MEURON Con uno sviluppo orizzontale e una forma ondulata che risponde alle caratteristiche del sito, nel mezzo della campagna danese, il nuovo ospedale disegnato da Herzog & de Meuron racchiude al proprio centro un giardino. La tipologia orizzontale inoltre è appropriata per una struttura ospedaliera perché favorisce lo scambio, in particolare per un ospedale che come in questo caso si propone di abbattere i tradizionali confini tra reparti, superando il linguaggio funzionalistico legato a un approccio meccanicistico alla medicina. Per ridurre le percorrenze che uno sviluppo orizzontale però comporta l’idea progettuale è stata quella di considerare l’area del giardino interno come un’area di flusso e di attraversamenti, con una pianta organica a croce e la sala del ricevimento collocata al centro, al di sotto del giardino stesso: un impianto caratterizzato da [ 42 ]
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quattro corti circolari che portano luce naturale e viste dell’esterno. Vista in sezione, la distribuzione delle funzioni è semplice: due livelli per le diagnosi e i trattamenti che formano il basamento – collegato in diversi modi con l’esterno – sul quale si sviluppano a nastro i due piani delle degenze. Le dimensioni uniformi rendono i diversi ambienti facilmente riconfigurabili assicurando una flessibilità d’uso per nuove funzioni che potranno subentrare in futuro. La distribuzione degli ambienti si basa sulla loro frequenza d’uso (più un ambiente deve essere frequentato e più si trova vicino al ricevimento centrale) e sulla separazione verticale tra pazienti in ingresso e pazienti in uscita. Al carattere minerale e introverso delle facciate del basamento fa eco la piccola
scala e il livello di privacy dei piani delle degenze, con camere realizzate due a due – con i bagni tra loro, sul retro – in moduli prefabbricati leggeri. Le camere offrono generose viste sulle cime degli alberi e sul giardino esterno.
Località Hillerød, Danimarca Committente New North Zealand Hospital Architettura Herzog & de Meuron: partner in charge Jason Frantzen; project director Raymond Jr. Gaëtan; project manager Enrique Peláez; project architect Alfonso Miguel Caballero Architetto esecutivo Vilhelm Lauritzen Architects Progetto di paesaggio Vogt Landschaftarchitekten Progetto strutture e impianti Ramboll; MOE Pianificazione ospedaliero-sanitaria Ibg (prima fase); Sintef (seconda fase) Cronologia 2014-2024
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ASHFORD
LA FABBRICA DI BICICLETTE DI HOLLAWAY STUDIO Se le biciclette sono l’unico mezzo di trasporto carbon neutral anche gli stabilimenti dove vengono prodotte devono esserlo. Sulla base di questo assunto Brompton Bicycle Ltd, il più grande fabbricante di biciclette del Regno Unito, ha incaricato lo studio Hollaway di progettare la nuova sede globale dell’azienda, che sorgerà entro il 2027 su 40 ettari di terre umide prive di destinazione agricola nel Kent. Dell’area, 24 ettari saranno ceduti all’amministrazione pubblica di Ashford che li trasformerà in un parco naturale attraversato da percorsi ciclabili. Una pista ciclabile a libero accesso circonderà anche il nuovo edificio per concludersi sulla [ 44 ]
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copertura dove un ‘Bromton Museum’, aree di relax e un’area ristorazione accoglieranno turisti e visitatori. Collocato su pilastri in cemento – entro i quali viaggiano anche le tubazioni per l’interscambio geotermico – 2,2 metri sopra la zona umida, l’edificio appare galleggiare sopra lo stagno permettendo l’epansione e il ritiro delle acque nel corso delle stagioni. L’adattamento al cambiamento climatico – o come si usa dire, resilienza – è infatti uno degli elementi del progetto. Pensata per assecondare un ambizioso piano di produzione di 200mila biciclette all’anno, la nuova sede – in posizione logistica ideale, quasi a metà strada tra
Londra e Parigi – ospiterà fino a 1.500 dipendenti e si aggiungerà all’attuale stabilimento di Greenford, che rimarrà attivo almeno fino al 2030. In aprile è previsto il rilascio del permesso di costruzione, che si svilupperà in tre fasi.
Località Ashford, Kent (UK) Committente Brompton Bycicle Ltd Sviluppatore Quinn Estates Progetto architettonico Hollaway Studio Area di progetto 16 ettari Parco naturale 24 ettari Superficie edificata circa 38.000 mq Cronologia 2022-2027
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SAN PAOLO
MARIO CUCINELLA ARCHITECTS PER NICE BRASIL Una grande foglia poggiata su pilastri leggeri: è questa l’immagine a cui si ispira il tetto, simbolo del complesso industriale della multinazionale italiana Nice in Brasile, che sarà inaugurato nel giugno 2022. Mario Cucinella Architects, con la progettazione del polo di Limeira, a nordovest di San Paolo, ha reinterpretato il concetto di stabilimento produttivo instaurando un dialogo con la comunità e l’ambiente circostante. L’edificio, per una superficie di 20.000 metri quadrati, è caratterizzato da un fronte centrale che comprende la lobby, due piani di uffici, le aree comuni e gli spazi per la formazione. La produzione si trova sul retro ed è collegata all’atrio principale attraverso un’ampia parete vetrata da cui i visitatori possono osservare il processo produttivo automatizzato. Sempre sul
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Concept di Mario Cucinella e, sopra, render dell’area pubblica: una grande vetrata sull’area produzione trasforma il complesso in una ‘show factory’ (courtesy Mario Cucinella Architects).
retro, un sistema di percorsi sospesi tra gli alberi si collega all’estensione dell’edificio che ospiterà funzioni pubbliche per i dipendenti. Il complesso è concepito per ridurre il consumo di energia attraverso l’impiego di una serie di misure attive e passive che sfruttano le condizioni climatiche e consentono alle strutture dell’azienda di operare completamente fuori rete per alcune parti dell’anno, senza emissioni clima-alteranti. La profondità dei grandi sbalzi
della copertura che caratterizza architettonicamente la smart factory è stata calcolata per ombreggiare completamente le facciate in vetro durante le ore centrali della giornata, riducendo del 47 per cento la radiazione incidente e il surriscaldamento. Il complesso si affida anche alla ventilazione naturale per i due terzi dell’anno, grazie agli elementi di facciata apribili e all’integrazione di aperture mobili nel patio dell’atrio, che lo trasformano in un gigantesco camino di ventilazione.
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› DESIGNCAFÈ TRA PERMANENZA E CAMBIAMENTO I progetti che accompagnano le riflessioni di Camillo Botticini e Marco Facchinelli illustrano l’abilità dello studio di Brescia nell’approcciare la dimensione abitativa nelle sue diverse forme, dal tema della villa italiana nel suo rapporto con il paesaggio alla scala urbana dove preponderante è il punto di vista abitativo. Molto interessante a questo proposito, tra i saggi a commento delle cinque sezioni in cui si articola il volume, quanto scrive Giordana Ferri riguardo all’esercizio di umiltà che è richiesto all’architetto che progetti la residenza collettiva – lo studio Arw ha in corso i progetti di residenze sociali ‘Green Between’ a Milano Crescenzago (capofila Redo Sgr) e la costruzione di 23.000 mq di Slp a Stezzano – chiamato a confrontarsi con vincoli economici e con planimetrie flessibili e al tempo stesso riuscendo a immaginare tutti i bisogni abitativi dell’utente senza conoscerlo. Ma molti sono i temi che il volume illustra attraverso le opere realizzate e i progetti di Arw, che nell’equilibrio sempre instabile tra vincolo e possibilità in cui si muove l’architettura riesce a produrre forme sorprendenti come quella della premiata Alps Villa e tuttavia durevoli nel tempo. Un merito non indifferente del libro è che, pur trattandosi di un repertorio di progetti propri, rinunciando a intenti autopromozionali Botticini e Facchinelli abbiano scelto di farli inquadrare da competenti contributi critici che ne ampliano la comprensione.
L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI Chiara Savino e Alessandra Coppa sono le autrici dei primi due volumi della nuova collana di 24Ore Cultura Interior Design Cubes, che in un originale formato cubico e monocromatico (ma le numerose immagini sono a colori) esplora le tendenze dell’interior design, con specifico riguardo al tipo dell’abitazione monofamiliare. Nelle case di Chiara Savino (Dream Houses) il sogno torna ad assumere il suo significato onirico con precedenti illustri, da Antoni Gaudí a Salvador Dalí e Piero Fornasetti, per un itinerario in
tredici tappe che comprende Casa Mollino, la parigina wunderkammer di Lord of Barbés o la casa-serpente progettata da Javier Senosiain in Messico. Meno degno di indagine psicanalitica ma più vicino a ciò che ciascuno di noi ‘sogna’ in senso lato, Natural Houses ripercorre il tema della villa individuale nel suo rapporto con l’ambiente naturale, che nei 23 progetti illustrati è il più vario. Ville, case di vacanza, cabine minime e autosufficienti, senza trascurare due esempi di bioarchitettura, dove del tutto naturali sono anche i materiali da costruzione.
Chiara Savino Dream Houses 24Ore Cultura, Milano, 2022 pp. 304, 200 ill, 39,90 euro ISBN 978-88-6648-536-0
Alessandra Coppa Natural Houses 24Ore Cultura, Milano, 2022 pp. 304, 200 ill, 45 euro ISBN 978-88-6648-529-2
INTERNI HAUTE COUTURE
Camillo Botticini, Federico Turelli (a cura di) Nuove forme dell’abitare nella ricerca progettuale di Arw LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2022 144 pp, 18 euro ISBN 978-88-6242-626-8
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Illustrati con grandi fotografie a tutta pagina che ne riproducono anche i minimi dettagli – peccato non si vedano mai i panorami della nuova Milano alta, ciò che sta fuori è la prima cosa che vorrei vedere di una casa – gli interni delle quattro abitazioni milanesi progettati da Coima Image e Gio Pagani nelle torri di Porta Nuova non sono per tutti. Realizzati su misura, si adattano a piante generose e alle esigenze dei loro committenti come gli abiti di Valentino o Caraceni, costruendo la bellezza colta di uno stile italiano del lusso, ricco di citazioni e reso unico da innesti artigianali che li rendono vivi, perché ciò che è vivo è sempre unico e differente, non un individuo o una foglia d’albero è uguale all’altra.
Private Portraits of Living Progetti di Coima Image e GioPagani Skira Editore, Milano, 2022 pp. 164, ITA/EN, 40 euro ISBN 978-88-572-4709-0
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› ARCHIWORKS
Il Museo del Futuro sorge nel centro di Dubai, in prossimità delle Emirates Towers e accanto all’autostrada e alla metropolitana. Foto courtesy Dubai Future Foundation.
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› ARCHIWORKS
UNA SCULTURA CINETICA FUORI SCALA E UN QALAM DIGITALE CHE TRASFORMA LA CALLIGRAFIA IN ARCHITETTURA. IL PROGETTO DI KILLA DESIGN PER IL NUOVO MUSEO DEL FUTURO DI DUBAI
IL MUSEO DEL FUTURO, DUBAI
IL FUTURO È UN’ELLISSE
Il primo schizzo in assoluto del futuro museo disegnato da Shaun Killa. In alto, vista notturna dall’alto. Foto courtesy Dubai Future Foundation.
Unknown unknowns, che sarà il titolo della prossima esposizione di Triennale Milano, è anche il tema rappresentato dal grande vuoto intorno al quale si sviluppano gli ambienti del Museo del Futuro di Dubai. È ciò che esiste ma che ancora non conosciamo, oltre a quel che attende ancora di essere inventato, ovvero il contrario di quanto i musei sono stati fino al secolo scorso: collezioni statiche di ciò che, seppure ancora da studiare, era già noto. Ma oggi la conoscenza viaggia più veloce dell’autostrada e della metropolitana di Dubai che corrono accanto a questo edificio, tanto simbolico e rappresentativo – forse troppo – quanto innovativo nella concezione, nella progettazione e nella realizzazione. E in fondo, una rappresentazione concreta di
un futuro che è già tra noi: vent’anni fa il concept di Shaun Killa sarebbe rimasto sulla carta, senza concrete possibilità di trasformarsi in progetto definitivo e costruito. Interamente Made in Dubai, la seconda sorpresa sono i pannelli metallici che rivestono l’esoscheletro autoportante in acciaio con cui è costruito. Sono 1.024, come i byte che fanno un kilobyte, tutti diversi perché laser guidati da bracci robotici, seguendo un software Tekla che si avvicina all’intelligenza artificiale, li hanno tagliati seguendo lettera per lettera le parole del principe Mohammed bin Rashid Al Maktoum, primo ministro degli Emirati e governatore di Dubai. Enunciati che esprimono le ambizioni di nuova potenza regionale del primo Paese arabo che ha sta-
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› ARCHIWORKS
Killa Design Fondato nel 2015 a Dubai da Shaun Killa (nella foto) e Allel Hadri, entrambi con una lunga esperienza maturata in Atkins, con sette associati e uno staff di cento professionisti Killa Design persegue la qualità ambientale, funzionale e d’uso dei progetti attraverso la ricerca e l’innovazione. Software e tecniche di progettazione evolute vengono messe al servizio di concept originali che promuovono anche l’innovazione di processo e costruttiva. il loro Address Beah resort a Jumeirah (300 metri, 77 piani) nel 2021 ha vinto tra gli altri un Award of Excellence del Ctbuh, e la sede della Future Foundation è il primo edificio stampato in 3D abitato al mondo. La propensione all’innovazione è testimoniata anche dal Bim Award Middle East di Tekla nel 2018. Tra i progetti in corso, il masterplan di un resort high-end su un’isola del Mar Rosso per la Red Sea Development Company e la torre del Namaste W Hotel a Mumbai.
www.killadesign.com
bilito relazioni diplomatiche con Israele e dai quali filtra letteralmente la luce, perché sono diventati le finestre che illuminano gli ambienti interni di quel che si fatica a chiamare ancora un edificio e che la sera 14 chilometri di strisce Led rendono leggibili dall’esterno. Per motivi religiosi e culturali, nei secoli la calligrafia araba è diventata una forma d’arte: anche le parole incise sulla pelle del museo, prima di diventare dati, sono state disegnate dall’artista e gallerista locale Mattar bin Lahej (1968). Ma c’è di più. Il podio sul quale si ergono i 77 metri del Museo del Futuro è una collina artificiale alta 15 metri sopra il livello della strada che accoglie circa cento specie di alberi e arbusti. Acacie, palme, ghaf e sidr sono essenze che rappresentano la biodiversità del Golfo, capaci di resistere alle alte temperature e all’aridità – solo 130 mm di piogge all’anno – della regione, aiutate da un sistema di irrigazione sotterraneo che porta acqua direttamente alle radici prelevandola da un sistema di raccolta che confluisce nello specchio d’acqua antistante l’ingresso. Attraversato da passaggi artificiali, il podio serve da connessione tra la stazione Emirates Towers della metro e le torri stesse, svolgendo così un ruolo centrale nell’infrastruttura della città. Organizzato su sette livelli, lo spazio interno di 30mila metri quadrati e privo di colonne accoglie un grande auditorium con 345 posti (le poltrone sono dell’italiana Lamm), mentre ogni livello superiore ospita una diversa esposizione permanente. I temi sono l’intel[ 52 ]
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Uno schizzo costruttivo di Shaun Killa e, in alto, il montaggio dei primi pannelli sull’esoscheletro in acciaio (courtesy Killa Design).
› ARCHIWORKS
Il Museo del Futuro sorge su una collina artificiale alta 15 metri (2 metri in più della metropolitana) che ne forma anche il basamento. La vegetazione è rappresentativa della biodiversità del territorio, con alberi resistenti al clima caldo e arido. Foto courtesy Dubai Future Foundation).
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› ARCHIWORKS
ligenza artificiale, i viaggi spaziali (lo scorso anno la Mars Probe della missione spaziale degli Emirati è entrata nell’orbita di Marte), i cambiamenti climatici e l’ecologia, le scienze della vita e la spiritualità. Come recita una delle frasi incise sulla pelle esterna “Il futuro appartiene a chi è capace di crearlo”. Ed ecco che il museo è ricco di ambienti dove organizzare seminari e laboratori: nelle ambizioni di Hhs Mohammed bin Rashid Al Maktoum potrà diventare la sede del prossimo progetto Great Arab Minds capace di richiamare a Dubai mille grandi menti arabe. Mille scienziati che nei momenti istituzionali potranno convergere verso la grande sala multifunzionale all’ultimo piano del museo. Attraverso le lettere arabe lo sguardo correrà ai grattacieli della città e alla vicina marina. 4.000 MW/h di fotovoltaico installato contribuiscono all’autonomia energetica dell’edifico. Interamente sviluppata in Bim, la progettazione ha richiesto più di un anno di lavoro e la costruzione oltre due anni: più di 18 mesi sono stati necessari solo per installare tutti i pannelli d’acciaio dell’involucro
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Sopra, lo specchio d’acqua davanti all’ingresso del museo. A sinistra, la scala che conduce al livello dell’auditorium. Ph. courtesy Dubai Future Foundation
CREDITI Località Dubai Committente Dubai Future Foundation Progetto architettonico Killa Architectural Design Progetto strutturale, Mep, acustica, ingegneria delle facciate, lighting design, sostenibilità Buro Happold Main contractor Bam International Rating Leed Platinum Poltrone auditorium Lamm Superficie del lotto 20.000 mq Slp 30.000 mq Altezza 77 metri Investimento circa 150 milioni di dollari Cronologia 2016-2022 Foto Phil Handforth
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In alto, passerella di collegamento agli ascensori e la sala multufunzionale all’ultimo piano. Priva di colonne, può accogliere più di mille persone. A sinistra, sezione trasversale dell’edificio. In basso, l’auditorium. Foto courtesy Dubai Future Foundation.
LAMM La platea dell’auditorium del nuovo Museo del Futuro è arredata con 366 poltrone C100 dell’italiana Lamm. Distribuite in curva, le poltrone – design Baldanzi&Novelli – sono state scelte nella versione completamente imbottita e rivestite in pelle color grigio argento, con schienale basso e strutture verniciate argento. Le prime tre file sono composte da 69 poltrone C100 individuali, ovvero con doppie fiancate, lunghe fino a terra. Quelle della prima fila, disposte in piano, possono essere agevolmente rimosse e trasportate, su ruote, fuori dalla sala. Le file successive, su gradoni, sono occupate da altre 297 poltrone C100 nella versione su barra con pannelli laterali corti, a eccezione delle fiancate di inizio fila che arrivano fino a terra. I piedi di fissaggio diretto a pavimento sono stati adattati per evitare interferenze con le bocchette di aerazione a pavimento. www.lamm.it
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Dante O. Benini & Partners Allievo di Scarpa e Niemeyer, Dante Oscar Benini (Milano, 1947) ha lavorato in tutto il mondo e collaborato con Frank Gehry, Richard Meier, Daniel Libeskind e Arup. Nel 1997 ha fondato l’omonimo studio, che guida con Luca Gonzo (1969), senior partner e director. Con uffici a Milano, Istanbul e Montecarlo lo studio opera su tutte le scale della progettazione architettonica e del design, dal concept al project management. Centinaia i progetti e le opere realizzate in tutto il mondo. Tra gli altri il ponte sul Tanaro di Alessandria (2018, con Richard Meier), il centro ricerche Abdu Ibrahim Pharmaceuticals a Istanbul (2013) e residenze private in Italia e all’estero. Numerosi i riconoscimenti, inclusa una menzione alla Medaglia d’Oro dell’Architettura Italiana 2009, un Good Design Award per il radiatore Teso di Antrax e il Best Lighting Design dei Boat International Awards per lo yacht S/Y Seven di Perini Navi.
www.dantebeniniarchitects.com
HOUSING SOCIALE INTESO COME UN INSIEME DI AZIONI E STRUMENTI CAPACI DI PORTARE BELLEZZA SOCIALE NELLE CITTÀ CON ALLOGGI DI QUALITÀ A MISURA DELLA DIGNITÀ E DEL REDDITO DELLE PERSONE
BICOCCA SOCIAL CAMPUS, MILANO
Progettata da Dante O. Benini & Partners, la torre di 14 piani che sorge isolata nel quartiere milanese della Bicocca, a 100 metri dall’Università e dall’Hangar Bicocca, poteva diventare l’edificio in legno più alto del mondo. Per la fattibilità tecnica lo studio si era avvalso anche della collaborazione di Cnr-Ivalsa (già autori del progetto Sofie sulla tenuta sismica di edifici costruiti in X-Lam) ma successive valutazioni economiche hanno indirizzato la realizzazione su metodi costruttivi convenzionali: struttura a telaio in c.a., tamponature in Poroton e cappotto in Eps. Del progetto iniziale, il Bicocca Social Campus – completato a febbraio 2021 – conserva la forma originale, con il basamento ‘a diamante’
rivestito in Alucobond che accoglie i servizi comuni – portineria, deposito bagagli, lavanderia – i 154 bowindow triangolari con vetri in parte colorati che ritmano le facciate del parallelepipedo e soprattutto l’accurato studio degli alloggi, che svincolando la pianta dell’edificio dal suo sistema distributivo e strutturale ha permesso di realizzare 100 appartamenti a canone calmierato suddivisi prevalentemente in bilocali (superficie tipica 57 mq) e trilocali (superficie tipica 82 mq), cui si aggiungono agli ultimi piani 16 appartamenti plurilocali, per un’offerta totale di 324 posti letto per famiglie, studenti, ricercatori e docenti universitari. Ai primi cinque piani, una cooperativa fondata trent’anni fa da un gruppo di studenti fuori
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ARCHITETTURA DEMOCRATICA sede gestisce, in accordo con il comune di Milano, 44 appartamenti arredati, per un totale di 156 posti letto, assegnati in affitto sulla base di bandi annuali. Promotore di Bicocca Social Housing è Redo Sgr, società benefit partner di Fondazione Social Housing che gestisce il fondo multicomparto destinato al social housing e all’edilizia sociale Fondo Immobiliare di Lombardia. Recentemente Redo ha vinto tre bandi internazionali C40 Reinventing Cities per Milano – ‘Innesto’ per lo scalo Greco-Breda, ‘Green Between’ nel quartiere Crescenzago-Parco Lambro e ‘Aria’ nell’area dell’ex-Macello – dove sono previste nuove soluzioni di housing sociale
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EPS Alpac Cartongesso Alpac
Zanca esterna a baionetta da montare e murare in fase di posa in opera.
Celino brandeggiante per ispezione esterna al serramento, sigillato con polimero verniciabile.
Zanca interna rigida in sp.30-10.
Vano utile per ispezione e/o estrazione del telo avvolgibile previa la rimozione del celino superiore.
Fibrocemento ad alta densità.
Spalle laterali tagliate in pendenza 1%
“Progettare gli edifici sociali significa valorizzare quello che gli individui hanno in comune e non le diversità. L’abitazione a prezzo contenuto è il vero problema degli architetti. Per me non c’è nulla di più affascinante che tentare di infondere qualità all’ambiente dove vivono gli uomini
Serramento da fissare in corrispondenza della zanca rigida Alpac al fine di trasferire i carichi del serramento e del monoblocco alla muratura portante.
Sigillatura del giunto interno ed esterno, tra spalla monoblocco e muratura, eseguita in fase di posa in opera, con schiuma Alpac. Giunto laterale massimo di 20-25mm.
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Dante O. Benini
ALPAC Orientato al contenimento dei costi, il progetto prevede solo tre tipologie di finestre: grandi a doppio battente asimmetrico con vetrata inferiore fissa, che in coppia formano anche i bowindow triangolari; medie a doppio battente simmetrico e piccole per i bagni. Per le finestre di medie dimensioni Alpac ha fornito 75 monoblocchi termoisolanti Presystem e i relativi avvolgibili in Pvc a manovra manuale acustica certificata. Con spalle isolanti in polistirene estruso (Xps) e fibrocemento, cassonetto ad alta densità, celino coibentato e sottobancale a taglio termico, Presystem consente di realizzare un foro finestra ad alta efficienza energetica che massimizza la resa termica e acustica. Allo stesso tempo, il ricorso al monoblocco consente di definire con certezza i costi di produzione e di ridurre costi e tempi di cantiere. www.alpac.it
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Il luminoso e colorato terrazzo di 90 metri quadri. Sul decking Ultrashield di Déco: il tappeto Suvi Floor di Besana Carpet Lab, il divano realizzato custom, il servomuto Ambrogio di Favaretto&Partners Design Studio per Slide.
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PADOVA, RESIDENZA PRIVATA
IL DESIGNER ABITA QUI LE PARETI COME UN FOGLIO BIANCO DOVE LE IDEE DISEGNATE SI POSSONO ANCHE CANCELLARE PER FARE SPAZIO A NUOVE SOLUZIONI. L’ABITAZIONE DI FRANCESCO FAVARETTO È IN COSTANTE DIVENIRE
Francesco Favaretto, amministratore e direttore creativo di Favaretto&Partners Design Studio, ha progettato per sé e per la propria famiglia un’abitazione conviviale caratterizzata da una stretta relazione tra interno ed esterno, un uso consapevole del colore e da dettagli stilistici contemporanei e pop. Il tutto animato da una profonda passione per il mondo del design. Lo si deduce dalla grande attenzione riservata alla selezione di materiali, arredi, cromie. E, allo stesso tempo, dalla volontà di lasciare lo spazio parzialmente sospeso e in progress, pronto ad accogliere future aggiunte e modifiche.
«Non volevo una casa showroom, essendo del mestiere, non è facile disegnare casa propria anche perché cambio idea di continuo». E così l’appartamento, in particolare il living, è un ambiente in divenire, mutabile e riconfigurabile, cui si aggiungono periodicamente prototipi e arredi. «A livello progettuale erano due i punti fermi: il bianco delle pareti e il colore che doveva essere contenuto al suo interno. Da qui gli arredi, i quadri, gli accessori che accendono di colore questa scatola bianca». L’abitazione si sviluppa su una superficie in-
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Foto © Marco Rossetto
Francesco Favaretto Laureato in disegno industriale all’Università Iuav di Venezia, Francesco Favaretto è alla guida dello studio Favaretto & Partners, fondato dal padre architetto Paolo quasi cinquant’anni fa (l’anno prossimo ricorre l’anniversario). Con una storia consolidata nel furniture & lighting design e solidi legami con il mercato nord-americano, dal 1986 lo studio di Padova – che ha ricevuto più di 120 riconoscimenti internazionali – ha collaboratori anche in Oriente (Corea, Cina e Malesia). Tra i clienti Estel, Frezza, Haworth, Infiniti, True Design, Debereen, Luxy, Vistosi.
www.favarettoandpartners.com
terna totale di 150 metri quadrati: un generoso living senza divisioni e porte e una zona notte composta da quattro camere e tre bagni. L’attico, al quarto e ultimo piano di un edificio di nuova costruzione, è situato nei pressi delle mura cinquecentesche di Padova, con vista a sud sui colli Euganei. La privilegiata relazione con l’esterno prende forma nel vasto terrazzo di 90 mq dove il designer trova relax e continui spunti per il proprio lavoro. Agli arredi custom – la cucina con ante a tutta altezza realizzata da una falegnameria e la quinta-divisorio dietro la testata del letto che nasconde lo spogliatoio – si affiancano pezzi celebri quali il divano Sity di Antonio Citterio per B&B Italia o il sistema Usm Haller, prodotti firmati da Favaretto&Partners Design Studio come le sedie Tondina disegnate per Infiniti Design, e oggetti affettivi tra cui la seduta appartenuta al nonno, una rivisitazione di una poltrona Arflex rivestita con tessuto rosa Kvadrat
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CREDITI Località Padova Committente Francesco Favaretto Progetto di interior design Francesco Favaretto Arredi Baleri Italia, B&B Italia, Cassina, Infiniti Design, I+I, Slide, Telami, Usm Haller Porta tessile Dooor Illuminazione Flos, Louis Poulsen Pavimentazione terrazzo Déco Tappeto terrazza Besana Carpet Lab Superficie 150 mq + 90 mq di terrazzo Cronologia 2021 Foto Beppe Brancato Stylist Martina Sanzarello
Nell’appartamento convivono arredi industriali come il sistema Usm Haller, soluzioni custom e tocchi artigianali come le piastrelle Plumage di Cristina Celestino per Botteganove e le stampe limited edition di Ronan Bouroullec.
› ARCHIWORKS L’isola della cucina è disegnata su progetto da Francesco Favaretto così come la boiserie con ante a scomparsa alle sue spalle.
Nel living, il tavolo Roundel di Baleri con le sedie Tondina di Infiniti insieme ad accessori e stampe d’arte.
DÉCO Sul terrazzo di 90 mq il progettista ha scelto il decking Ultrashield di Déco, il legno composito di nuova generazione studiato ad hoc per l’outdoor. Caratterizzato da alta resistenza alle intemperie e all’usura del tempo, non necessita di trattamenti e manutenzione. Il rivestimento è stato posato sopra la pavimentazione preesistente in piastrelle in modo da essere a filo con la soglia. Il composito in legno-polimero, dotato di uno scudo protettivo che incapsula il nucleo centrale costituito da materiali riciclati come fibre di legni duri e polietilene ad alta densità, è stato utilizzato anche per alcuni elementi custom come le fioriere e il gavone navale che, aperto, diventa un pratico ricovero per gli attrezzi e per i giochi del figlio, mentre da chiuso, coperto da cuscini, è una comoda panca. www.decodecking.it
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› LUCE
Jacopo Acciaro Jacopo Acciaro si laurea in architettura al Politecnico di Milano. Collabora per alcuni anni con Piero Castiglioni prima di fondare Voltaire Lighting Design, uno studio professionale che si occupa di progetti di illuminazione per l’architettura, l’interior e l’urbanistica, oltre a progettare corpi illuminanti custom made. www.voltairedesign.it [ 62 ]
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Il progetto di lighting dedicato al residenziale presenta molteplici problematiche e tocca differenti aspetti sia tecnici sia percettivi. La percezione e le sensazioni che siamo chiamati a generare con un progetto d’illuminazione presentano variabili e sfumature che non sempre si possono tradurre con un linguaggio numerico e razionalmente scientifico, perché possiedono componenti legate alla sensibilità di chi immagina la soluzione, alle caratteristiche dei fruitori, al rapporto spaziotemporale, alle caratteristiche storico-sociali e a molte altre variabili.
Sicuramente occorrono conoscenze tecniche e la capacità di declinarle all’interno delle tematiche sopra descritte, ma occorre anche instaurare un rapporto chiaro con la proprietà che andrà a vivere lo spazio poiché il progetto dovrà essere cucito sulle loro esigenze, gusti, abitudini e sull’architettura a loro dedicata. Il tema luce deve essere strutturato attraverso un concept approfondito in quanto i molteplici aspetti del progetto devono essere subito ben compresi, coordinati e bilanciati. Sicuramente l’architettura dice molto dell’approccio che la luce deve avere e determina un primo
› LUCE
IL TEMA DELLA LUCE NELLA RESIDENZA di Jacopo Acciaro
SONO MOLTE LE COMPONENTI SOGGETTIVE CHE IMPEDISCONO DI TRADURRE IL PROGETTO DI LIGHTING PER IL RESIDENZIALE CON UN LINGUAGGIO NUMERICO E SCIENTIFICO: SENSIBILITÀ INDIVIDUALI, ESIGENZE DEI FRUITORI E LE RELAZIONI TRA IL PROGETTO DI INTERNI E L’ESTETICA DEI CORPI ILLUMINANTI
orientamento in merito al livello di integrazione da instaurare tra gli strumenti illuminotecnici e l’architettura stessa. Personalmente tendo a porre sempre molta attenzione alla qualità dei flussi luminosi, utilizzando alte rese cromatiche e composizioni spettrali equilibrate che rendono la percezione dell’ambiente fedele e qualitativa; questo consente di valorizzare le cromie dei materiali e la tridimensionalità di eventuali texture di superfici, rivestimenti o materiali. Un altro elemento da considerare è il controllo degli abbagliamenti sia diretti (causati dalle
sorgenti luminose) che indiretti, come quelli causati da riflessioni di materiali particolarmente lucidi e riflettenti, attraverso il posizionamento corretto dei corpi illuminanti e l’inserimento di accessori anti-glare. Penso che sia fondamentale tutelare il rapporto tra materia e luce senza l’intromissione di abbagliamenti molesti che andrebbero a infastidire la visione o la percezione stessa di un volume, di una superficie o di un dettaglio architettonico. È inoltre importante dedicare specifiche attenzioni ai differenti ambienti che compongono lo scenario domestico; questo approccio mira
Sopra, la sala da pranzo di una residenza privata a Zoutleeuw, in Belgio. Architetto Pas Interieur, foto courtesy of Kreon.
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Il soggiorno dell’abitazione di Zoutleeuw, architetto Pas Interieur (ph. Arne Jennard). A destra, Seaview Residence, Singapore; architetto Weisman Design. Foto courtesy of Kreon.
a porre nelle giuste proporzioni illuminazione diffusa, d’accento e dei piani verticali garantendo una corretta percezione e una appropriata valorizzazione degli spazi. Completa lo scenario illuminotecnico l’utilizzo di elementi decorativi, che negli ambienti domestici ricoprono un ruolo finalizzato non solo a illuminare ma a coordinare e completare lo scenario estetico rendendo una determinata area maggiormente ricca di appeal e attrattiva. Gli strumenti legati al mondo della gestione elettronica (domotica) consentono di creare scenari e atmosfere che possono essere abbinati a differenti momenti della giornata o eventi particolari e permettono di lavorare sulla quantità di luce e sulle accensioni dei singoli punti luce consentendo la realizzazione di una programmazione molto dettagliata e flessibile. Nell’impostare un progetto si definisce e si condivide un briefing con lo studio di architettura e con la proprietà, viene definito il mood
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generale e evidenziate le esigenze estetiche e pratiche per costruire un percorso logico per le diverse aree. Ogni spazio richiede uno specifico approccio al tema luce, ma l’intero progetto deve essere caratterizzato da un unico filo conduttore che genererà un risultato omogeneo e coordinato. Fin dal corridoio d’ingresso si tende a utilizzare la luce come elemento di presentazione, scegliendo soluzioni funzionali, esteticamente accattivanti e rappresentative. Per il soggiorno e la sala da pranzo, il mio approccio è sempre
di assecondarne le funzioni fornendo soluzioni con un forte connotato architettonico. Per l’area soggiorno prevale una soluzione orientata al relax, al comfort, avendo cura di garantire una buona illuminazione diffusa, che agevola la conversazione, cercando di non marcare molto le ombre dei volti. Una sensazione che si può ottenere anche lavorando con l’illuminazione delle superfici verticali, che in maniera riflessa generano una luce diffusa d’ambiente. In quest’area spesso si inseriscono dispositivi dedicati alla lettura che possono essere o
› LUCE
apparecchi da terra – orientabili e posizionabili in maniera più flessibile – o installati a incasso o a soffitto. In prossimità dell’area pranzo è sempre bene abbinare una luce d’accento che possa lavorare in maniera perimetrale al tavolo con un oggetto dedicato al tavolo stesso. Naturalmente la scelta dell’elemento decorativo va effettuata in condivisione con l’Interior e la proprietà, ma per noi progettisti è importate comunque indicare e controllare le prestazioni tecniche dell’elemento decorativo, che deve offrire una buona resa sia dal punto di vista qualitativo dell’emissione luminosa (quantità di luce, resa cromatica, etc.) sia dal punto di vista del comfort. Il corridoio, elemento che conduce alle varie aree dell’abitazione, è un luogo che deve trovare una sua identità e spesso la ottiene grazie all’inserimento di quadri o elementi decorativi, quindi l’illuminazione diventa fondamentale sia per la fruizione che per l’apprezzamento delle opere che lo caratterizzano, il che richiede di studiare le geometrie del posizionamento degli apparecchi per evitare abbagliamenti diretti e riflessi. Gli ambienti più privati risentono delle richieste della proprietà, ma esistono attenzioni illuminotecniche oggettive per rendere ben fruibili questi spazi. Un esempio sono le specchiere dei bagni che richiedono un’attenzione particolare per quanto concerne la distribuzione dei flussi luminosi; infatti, un’emissione frontale sull’asse verticale proporzionata con un’illuminazione zenitale
In questa pagina i Giardini d’Inverno a Milano. Committente China Investment; architettura Caputo Partnership International; lighting designer Metis Lighting. Foto ©Leo Torri.
rende la visione dei volti efficace e confortevole. Un luogo sempre più importate è la terrazza, spazio in connessione con l’ambiente esterno sia dal punto di vista della fruibilità che dal punto di vista estetico, e in taluni casi diventa essa stessa sfondo e punto di riferimento di alcune aree dell’abitazione. Un esempio molto interessante a proposito di questa tematica a Milano è rappresentato dai Giardini d’Inverno, edificio progettato da Caputo Partnership il cui progetto illuminotecnico è stato sviluppato dallo Studio Metis Lighting.
Il tema è stato coniugato con un’interessante interpretazione del concetto di serra attraverso spazi chiudibili che assumono la funzione di veri e propri giardini d’inverno. Il sistema di illuminazione dedicato alle serre è di tipo dinamico, in grado di riprodurre il ciclo delle tonalità del cielo e temporizzato nel funzionamento mediante un sistema di gestione. Trovo che questo approccio renda questo spazio di grande interesse per i singoli condomini, che possono godere di un microcosmo verde nel proprio appartamento
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› DESIGNCAFÈ UN ANTIDOTO ALL’OMOLOGAZIONE DEL LINGUAGGIO ARCHITETTONICO In un tempo in cui tutto si assomiglia, in cui i materiali dell’architettura si propongono come se fossero marmo, legno, cemento senza esserlo veramente, in cui la vegetazione maschera i metri cubi edificati, quasi che l’architettura sia un peccato originale da cancellare, questa antologia del lavoro di Umberto Riva, scomparso l’anno scorso a 93 anni di età, era necessaria. Monumentale e sorprendente fin dalla copertina – una grande foto di dettaglio del condominio di via Paravia senza altre scritte, neppure il titolo – il lavoro di Maria Bottero è il compendio di una approfondita ricerca, svolta presso l’archivio personale del maestro e il Centro Canadese di Architettura di Montréal. Una ricerca preziosa, perché l’alterità di Umberto Riva, in qualche modo la ruvidezza di molte sue opere, lo hanno tenuto lontano dal circuito mediatico, che ce lo ha nascosto. Così i contributi critici (di Mirko Zardini, Pierluigi Nicolin, Francesco Cellini, Marco Romanelli e Marco Rapposelli) introdotti e conclusi dall’autrice, erano ormai introvabili, come di difficile reperimento sono molte delle grandi immagini a doppia pagina e dei disegni che si susseguono fino alla conclusione. Come già in Carlo Scarpa, di cui fu allievo, nel processo di Umberto Riva forma, materia e dettaglio sono il punto di partenza di ogni progetto. Ma, al contrario di Scarpa, l’architettura di Riva mira alla qualità delle funzioni e si arricchisce di luce e colore, espressi anche nel suo percorso pittorico. Una poetica così sintetizzata in conclusione dalla curatrice: «L’architettura di Riva, trattenuta sul filo della precarietà e della fragilità della vita nell’elogio dei valori tramandati, e tuttavia insofferente dell’ovvio, si muove in modo non lineare tra piano onirico dell’immaginifico e piano concreto del fare. Recuperando con ciò un paesaggio possibile per un nuovo possibile modo di abitare».
Maria Bottero (a cura di) Incursioni oltre il moderno: l’architettura di Umberto Riva Curatrice Claudia Mion Cosa Mentale - Caryatide Parigi, 2021 352 pp. ITA/EN/FR) 65 euro ISBN 978-2-491039-01-1
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Accanto, studio Wallmakers, Pirouette House, 2020 Thiruvananthapuram India. Sotto, State of Kin, Brick House, 2018, Perth, Australia (courtesy Gestalten).
Brick by Brick Gestalten, Berlino, 2022 288 pp, EN, 49,90 euro ISBN 978-3-96704-001-2
IL PRIMO ELEMENTO Resistente, economico, facile da produrre, da trasportare e da utilizzare, universale nell’uso e nella diffusione: il mattone è stato il primo esempio di industrializzazione edilizia. Nessuno sa dire quanti miliardi ne siano stati prodotti né a quando risalga, tuttavia le origini antichissime non impediscono ancor oggi usi contemporanei e innovativi come quelli delle 50 opere che questo libro splendidamente illustrato racconta.
Organizzati per capitoli e concentrati soprattutto su edifici residenziali e sull’uso dei mattoni negli interni, i progetti – distribuiti in tutto il mondo, di studi internazionali e di professionisti locali – senza dubbio documentano i diversi aspetti del laterizio ma soprattutto la capacità inventiva, le infinite forme costruite e la varietà estetica di questi piccoli blocchi di argilla cotta a basso impatto ambientale.
SEX & THE CITY Che nella toponomastica milanese meno del 3 per cento degli spazi pubblici sia intitolato a donne è soltanto una curiosità, peraltro ingenerosa verso una città che per altri e più importanti versi i risultati di questa ricerca, commissionata da Milano Urban Center e durata due anni, mostrano abbastanza ricca di servizi in grado di rispondere a specifici bisogni di genere. Ma conferma il fatto che “quando i pianificatori non tengono conto del genere, gli spazi pubblici diventano di default spazi maschili” (Caroline Ciriado-Perez, 2020). Realizzato per fornire all’amministrazione pubblica strumenti teorici e pratici capaci di mostrare l’intersezione fra la questione di genere e la pianificazione urbana, con il supporto di dati statistici, questionari e interviste Milano Atlante di Genere apre orizzonti di interpretazione fin qui non esplorati osservando la città dal punto di vista della violenza e insicurezza (reale o percepita), degli usi della città e della sua simbologia, della prostituzione e della sanità. Mappe, grafici e sezioni pratiche completano l’Atlante, tanto originale quanto interessante e esemplare perché iniziative del genere vengano promosse anche in altre città.
Florencia Andreola Azzurra Muzzonigro Milano Atlante di genere Ricerca promossa da Milano Urban Center (Comune di Milano e Fondazione La Triennale) LetteraVentidue Edizioni Siracusa, 2021 pp. 256, ITA/EN, 25 euro ISBN 978-8-862425-95-7
› ENOUGHNESS
RITORNO ALL’ESSENZIALE ENOUGHNESS: UN TERMINE DI CUI SENTIREMO PARLARE SEMPRE PIÙ SPESSO. CORRISPONDE A UN CONCETTO EMERSO IN CAMPO SCIENTIFICO E ECOLOGICO CHE RIVALUTA IL RUOLO DELL’ESPERIENZA RISPETTO ALL’ACCUMULO. E COME DIMOSTRANO SECOLI DI STORIA, COSA PIÙ DELL’ARCHITETTURA È CAPACE DI PROPORRE UN’ESPERIENZA DIVERSA DEI LUOGHI E DELL’ABITARE?
a cura di Carlo Ezechieli
Manuel e Francisco Aires Mateus, casa a Leiria, 2010. Ph. ©Fernando Guerra
› ENOUGHNESS
Aires Mateus Manuel e Francisco Aires Mateus sono entrambi laureati presso la Facoltà di Architettura di Lisbona. Collaborano con Gonçalo Byrne fino al 1988, quando fondano lo studio Aires Mateus. Dal 1986 insegnano in diverse università: dall’Accademia di Architettura di Mendrisio fino alla Harvard Graduate School of Design. Conosciuto a livello internazionale, lo studio ha ricevuto diversi premi, loro progetti sono stati nominati per il Premio Mies Van der Rohe. Nel 2017 hanno ricevuto il Premio Pessoa. Si sono sempre occupati del ruolo della memoria e della conoscenza, del rapporto tra il mondo fisico e quello culturale.
L’ultima frontiera del lusso Secondo la definizione di Cristina Mittermeier, biologa e fotografa naturalistica: “Enoughness (dall’inglese enough: abbastanza) è una condizione di completezza che deriva dal nostro rapporto con l’ambiente naturale anziché dai beni materiali; un senso di connessione alle nostre amicizie e alla nostra famiglia, alla nostra spiritualità e alla nostra cultura”. Racconta Mittermeier che l’ispirazione per questo concetto, in italiano vagamente corrispondente a “essenzialità”, le venne incontrando popolazioni che nonostante fossero prive di ricchezza materiale, vivevano serenamente e felicemente, consapevoli di avere a disposizione tutto ciò che serve. Pensando alla società postindustriale odierna – immersa nel mito della moltiplicazione tecnologica, esponenziale e all’infinito, salvo poi simulare orientamenti ambientalisti – è difficile immaginare una condizione più distante da questi principi. Ed è un contesto dove il termine “abbastanza” possiede un potenziale sovversivo. Il tema, oggi rivoluzionario, non è infatti solamente rivalutare la razionalità rispetto a schemi dati per scontati, ma soprattutto riscoprire il valore dell’esperienza rispetto all’accumulo. Enoughness è un atteggiamento che si manifesta con sempre maggiore evidenza in molti campi. Trova espressione in esperienze che vanno dalla possibilità di disporre liberamente del proprio tempo alla capacità di soddisfare ogni esigenza con i mezzi più appropriati. Coincide con la perfezione che deriva da equilibrati criteri di ottimizzazione, e probabilmente corrisponde all’ultima frontiera di un lusso immateriale. L’esperienza, che torna ad essere un tema centrale, corrisponde a concetti che trovano traduzione in vari ambiti, in particolare in architettura: una disciplina che, dalla notte dei tempi, permette di proporre e di costruire non solo atmosfere, ma soprattutto un’esperienza diversa dei luoghi e dell’abitare. C.E.
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www.airesmateus.com
CON LE LORO OPERE ECCEZIONALI, ESPRESSIONE DI UN MISURATO EQUILIBRIO TRA ESPRESSIONE CONCETTUALE E QUALITÀ FORMALE, AIRES MATEUS SONO PROTAGONISTI E MAESTRI INDISCUSSI DELL’ARCHITETTURA DA PIÙ DI VENT’ANNI. UN CONTRIBUTO SENZA CLAMORI MA RIVOLUZIONARIO
MANUEL AIRES MATEUS IL PROGETTO COME SCOPERTA di Carlo Ezechieli
Anni fa Alberto Campo Baeza scrisse un bellissimo pezzo sulla capacità delle Casas na Areia di Aires Mateus non solo di realizzare un’opera di notevole qualità architettonica, ma anche di creare un’esperienza abitativa inaspettata. Un’atmosfera estesa ben oltre l’oggetto architettonico e letteralmente parte, come la stessa vita del pescatore che vive del mare e nel mare, dell’ambiente in cui è immersa. È l’architettura che raggiunge la perfezione quando si arriva al punto in cui non c’è più niente da aggiungere, né niente da togliere. E forse è questa una costante del lavoro silenzioso ed eccezionale dei fratelli Aires Mateus e che emerge nel racconto di Manuel in questa intervista. Qual è l’anima del vostro lavoro?
Lavoriamo a partire da una domanda inizia-
le, tenendo sempre in considerazione che ogni progetto ha caratteristiche uniche. Lavoriamo andando alla ricerca, analizzando fino al limite l’origine e la fine di ogni sfida progettuale. Quali sono le caratteristiche chiave che identificano la vostra architettura?
Questa è una domanda difficile. Di solito lascio la risposta ad altri, ma mi piace sottolineare che nel nostro lavoro quello che conta è che ogni progetto corrisponde a un’idea differente. Ogni progetto è una scoperta.
Mi hanno sempre affascinato alcuni vostri lavori come Casas na Areia o Cabanas no Rio. Tutto è ridotto all’essenziale non solo architettonicamente ma anche dal punto di vista etico e abitativo. Qual è la loro storia e da cosa sono state ispirate?
L’intenzione di questi progetti era quella di ricercare e rivisitare archetipi e modi di abi-
› ENOUGHNESS
Tre viste delle Casas na Areja, 2010. La sabbia di Grândola entra anche nelle abitazioni (ph. ©Aires Mateus).
tare. Nel caso di Casa na Areia cercavamo di riabilitare, di riscattare una cattiva costruzione partendo da una reinterpretazione della tradizione. Abbiamo ripreso la forma dei tetti, le pareti in legno, abbiamo recuperato il tetto in paglia. Abbiamo portato questo principio al limite, rendendolo ancora più radicale ed evidente con la realizzazione della stanza con il pavimento di sabbia: un ambiente dotato di tutti gli elementi costruttivi e le infrastrutture e che si estende nello spazio che lo circonda, inclusa la sabbia sulla spiaggia. Ciononostante, tutto questo è progettato in modo che le stanze sono costruite in modo convenzionale, dato che la presenza della sabbia in camera da letto sarebbe ovviamente stata un problema. In fondo, l’idea in questo caso era quella di recuperare delle capanne tradizionali ren-
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› ENOUGHNESS
CASA EM LEIRIA Alla periferia di Leiria, in un contesto di scarsa qualità urbana ma in una posizione elevata che domina la città, l’abitazione è un archetipo riconoscibile svuotato del suo centro dalla luce disegnata da un cortile a tre altezze che si apre poi orizzontalmente al di sotto del giardino. Le zone private si trovano al livello inferiore, con le camere che si aprono su patii privati intorno a una corte centrale. Ai livelli superiori gli ambienti di soggiorno si sviluppano intorno a un vuoto che riceve luce dall’alto e traguarda in lontananza il castello verso il centro della città. Progettata tra il 2005 e il 2008, la casa è stata completata nel 2010. Nelle foto gli ambienti privati che si aprono sulla corte posta al primo livello, al di sotto del giardino e in basso uno scorcio sul vuoto intorno al quale si aprono gli ambienti pubblici di soggiorno (ph. ©Fernando Guerra).
Le Cabanas no Rio (2013, Comporta, Grândola), abitazioni turistiche costruite in legno sostituendo preesistenti capanne per il ricovero di attrezzi da pesca (ph. ©Nelson Garrido).
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dendo evidente l’esperienza di vita al loro interno, mettendo questo concetto al servizio di un’esperienza differente. Nel caso di Cabanas no Rio, ciò che intendevamo fare era ‘sostituire’. Esiste una continuità nella forma tradizionale delle capanne che si trovano nei porti su palafitte di origine medioevale. Proprio come questi sono stati progressivamente rimpiazzati nel corso dei secoli, noi abbiamo sostituito due capanne che servivano da deposito per le attrezzature da pesca con due cabanas abitabili. Il tutto è costruito in legno, dalla struttura a ogni dettaglio. E anche qui sempre portando all’estremo l’utilizzo del legno: costruendo con legno riciclato; utilizzando del legno bruciato dal sole all’interno, meno esposto alla luce diretta, e un legno più recen-
te all’esterno. Qui l’esperienza è stata quella di lavorare in modo completo con il legno e di vivere in una sorta di riduzione in modo da costringerci a confrontarci con questa spazialità e con il paesaggio.
Penso che un architetto possa e debba proporre una visione di qualità del mondo. Dovrebbe essere uno strumento di diffusione culturale che possa elevare la qualità del nostro livello di percezione degli spazi.
Ciò che definisce la qualità di un’architettura è la coerenza della sua risposta. Siamo consapevoli che esistono opere straordinarie alla piccola scala, altre alla grande scala, come costruzioni in pietra, legno o cemento, con geometrie e in contesti geografici il più possibile diversificati. In tutti ciò che li definisce è la coerenza nell’insieme.
Il consiglio che darei a un giovane architetto è: pazienza. L’architettura è l’arte della resistenza, è l’arte della permanenza nel tempo. Questa è una condizione che si impara con il tempo ed è questo il motivo per cui è necessario dedicare del tempo a questa possibilità. Il lavoro di architettura è un modo stupendo per guardare il mondo. Questa pazienza può permetterci di ottenere questa qualità. Ecco il mio consiglio
Quali pensate siano le qualità fondamentali di un capolavoro di architettura?
Pensate che l’architettura possa fare qualcosa di buono per il mondo?
Che consiglio dareste a un principiante nel mondo dell’architettura?
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Ensamble Studio Ensamble Studio è stato fondato nel 2000 da Antón García-Abril e Débora Mesa, entrambi laureati al Politecnico di Madrid. In ogni progetto dello studio – dalla costruzione del paesaggio, come le opere per il Tipper Rise Art Center in Montana, alla prefabbricazione, come la Cyclopean House (2015) e la Hemeroscopium House (2008) – trova spazio la sperimentazione, con l’obiettivo di innovare tipologie, metodologie e tecnologie costruttive. Nel 2020 hanno lanciato la startup WoHo Lab che si propone di migliorare la qualità dell’architettura rendendola meno costosa mediante l’integrazione delle tecnologie offsite sviluppate nella Ensamble Fabrica, disegnata e realizzata a Madrid. Entrambi insegnano al Mit, dove nel 2012 avevano fondato il PopLab; Débora Mesa è anche titolare della Ventulett Chair in Architectural Design alla Georgia Tech. www.ensamble.info
In alto, la pianta di Ca n’Terra realizzata a partire dai rilievi in point cloud dello spazio ipogeo. Nelle altre foto il luogo della cava e ambienti dell’architettura che vi è stata realizzata (ph. courtesy Ensamble Studio).
Località Menorca, Isole Baleari Progetto architettonico Antón García-Abril Debora Mesa Molina
Team di progetto Ensamble Studio; Javier Cuesta (building engineer); Borja Soriano (project manager); Claudia Armas; Alvaro Catalan; Massimo Loia; Marco Antrodicchia; Sebastián Zapata; Arianna Sebastiani; Ekam Sahni; Yu-Ting Li; Joel Kim; Gonzalo Peña; Barbara Doroszuk; Yvonne Asiimwe; Mónica Acosta
Construction management Ensamble Studio Consulenti Urculo engineering (Mep) Area 1.000 mq Periodo 2018 - 2020
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L’ARCHITETTURA DI UNA CAVERNA UNA CAVA DISMESSA SULL’ISOLA DI MENORCA E UN’ARCHITETTURA INTESA COME UN OBJET TROUVÈ NEL PROGETTO CA N’TERRA DI ANTÓN GARCÍA ABRIL E DÉBORA MESA
di Carlo Ezechieli
È interessante il processo secondo il quale l’architettura anziché tradurre un’idea in spazio e materia, trova degli spazi e li trasforma in un’idea. È questo il percorso di Antón García Abril e Débora Mesa, meglio conosciuti come Ensamble Studio, nel loro progetto di Ca’n Terra: uno spazio abitabile ricavato da una cava di pietra nell’isola di Menorca. Come per molti altri progetti, a partire dalla Truffle House, in Galizia – l’opera che diede il via alla brillante carriera di Ensamble Studio – anche in questo caso García-Abril e Mesa sono architetto, committente, impresa e utente
finale. Il risultato è una sorta di objet trouvé, o meglio di espace trouvé: un luogo, già fantastico in partenza, trasformato attraverso una narrazione in un’opera che attraversa i fluidi confini tra arte ed architettura. Un progetto finemente concettuale che con un apporto trasformativo minimo, manifesta l’intenzione di tornare all’essenza di un elemento del paesaggio, convertito in un edificio. Gli spazi incredibili della Ca’n Terra sono quelli di una caverna abitata con grandi sale ricavate per sottrazione. La semplicità del concetto, come del progetto non deve tuttavia
trarre in inganno. Si tratta di un intervento che è stato possibile realizzare grazie ai più sofisticati sistemi di rilievo 3D con tecniche di tipo point cloud. Letteralmente nuvole di milioni punti ricavati attraverso sistemi di rilievo laser e gestiti da sofware complessi che restituiscono, con precisione millimetrica, la struttura di un sistema di caverne scavato a mano nel corso di decenni. Anziché introdurre nuovi elementi nel paesaggio, il progetto fa del paesaggio stesso e il paesaggio ne è letteralmente il materiale di costruzione, trasformando un caverna in un’architettura
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Azo Sequeira Azo Sequeira Arquitectos Associados è uno studio, attivo nei pressi di Braga, Portogallo, che si occupa di architettura e pianificazione, con progetti realizzati in settori molteplici: da strutture per l’assistenza sanitaria, a spazi per l’industria e i servizi, alla residenza, agli hotel e al commercio. Inizialmente impegnato entro i confini nazionali, lo studio si è evoluto nel tempo ottenendo incarichi all’estero e sviluppando un processo di attività versatile che permette di rispondere con efficacia a ogni tema di progetto. Azo si propone, attraverso la particolare attenzione agli aspetti tecnici ed organizzativi, di raggiungere un livello di pura e funzionale opera d’arte. www.azoarq.com
LA CASA SOSPESA L’ ESSENZIALITÀ E LA CHIAREZZA DEL PROGRAMMA DI CONVERSIONE DI UNA VECCHIA PICCIONAIA NEL PROGETTO DI AZO SEQUEIRA
di Carlo Ezechieli
Località Soutelo, Braga, Portogallo Progetto architettonico AZO Sequeira Arquitectos Associados
Progettista Mário Sequeira Collaboratori Pedro Soares, Fátima Barroso, Jorge Vilela, João Alves
Strutture BO Associados Superficie 54 mq Anno 2015 Fotografia Nelson Garrido
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Il programma di progetto parte dalla richiesta di recupero di una vecchia piccionaia collegata a una villa nei pressi di Braga, in Portogallo. Il progettista Mario Sequeira, dello studio Azo Sequeira Arquitectos Associados, ne ha proposto la conversione in un locale per il gioco dei bambini e, al piano inferiore, in un bagno di supporto alla piscina scoperta situata nel parco. I muri storici in granito sono stati recuperati e, sopra di essi, è stato realizzato un nuovo corpo di fabbrica ispirato all’idea di una casa sull’albero: uno spazio staccato da terra, immerso tra le chiome degli alberi, e pertanto emblema di una dimensione fantastica. Gli architetti hanno realizzato un volume che – pur incorporando tutti i caratteri archetipi di una piccola casa, ben identificati
dal tipico tetto a doppia falda – è astratto, monolitico, realizzato in cemento faccia a vista e letteralmente sospeso sopra l’antico muro in pietra. L’intero volume si sostiene su un unico pilastro/tronco centrale, invisibile dall’esterno, che organizza gli ambienti interni. Materiali puri e essenziali, dove le antiche murature risaltano ancora di più per contrasto con l’astrazione del nuovo corpo fabbrica, mentre i nuovi materiali sono il cemento faccia a vista delle pareti interne e il legno massello del pavimento. Un ambiente ridotto all’essenziale, volutamente privo di dettagli, tranne la finestra triangolare come quella da dove un tempo passavano i piccioni e un interno pensato per essere decorato dai bambini
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Con effetto straniante, il nuovo volume in cemento faccia a vista appare come sospeso sui muri storici in granito. Il livello inferiore è di servizio per la piscina scoperta del parco. In evidenza nei disegni della pagina di sinistra il pilastro/tronco centrale che regge la struttura.
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Foto © Ralph Gibson
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Toshiko Mori Toshiko Mori è Robert P. Hubbard Professor in the Practice of Architecture presso la Graduate School of Design dell’Università di Harvard, dove è stata preside del Dipartimento di Architettura dal 2002 al 2008. È titolare dello studio Toshiko Mori Architect e fondatrice di VisionArc, un think-tank rivolto al tema del futuro sostenibile. È stata insignita di numerosi premi, l’ultimo dei quali l’Isamu Noguchi Award nel 2021. Mori è membro dell’American Academy of Arts and Sciences ed è stata introdotta sia alla National Academy of Arts and Letters che alla National Academy of Design nel 2020. Nel 2021 il suo progetto Fass School and Teachers’ Residence a Fass, in Senegal, ha vinto un AIA Architecture Awards. https://tmarch.com
IL SENSO DELLA COMUNITÀ ALLA RISCOPERTA DEL THREAD ARTISTS’ RESIDENCY AND CULTURAL CENTER DI TOSHIKO MORI REALIZZATO IN SENEGAL GRAZIE AL CONTRIBUTO DELLA JOSEF AND ANNI ALBERS FOUNDATION, LA FONDAZIONE ISTITUITA DALLA CELEBRE COPPIA DI ARTISTI DEL BAUHAUS E PREMIATO NEL 2017 CON L’AIA HONOR AWARD FOR ARCHITECTURE. TALVOLTA È INTERESSANTE OSSERVARE COME TECNICHE DI COSTRUZIONE TRADIZIONALI, UN PROGRAMMA DI RELATIVA COMPLESSITÀ E UNO SCHEMA TIPOLOGICO E DI FUNZIONAMENTO FONDAMENTALMENTE ESSENZIALE POSSANO DARE ORIGINE A FORME ARCHITETTONICHE SIGNIFICATIVE COME NEL PROGETTO DELLA FASS SCHOOL AND TEACHERS’ RESIDENCE
Realizzato utilizzando solo materiali e tecniche di costruzione locali, il centro culturale mette in atto strategie passive di orientamento, ombreggiatura e ventilazione che assicurano il comfort climatico (ph. ©Iwan Baan).
di Carlo Ezechieli
Situato nella sperduta regione di Sinthian, in Senegal, nei pressi del fragile confine con il Mali, il Thread Artists’ Residency and Cultural Center progettato di Toshiko Mori, giapponese naturalizzata americana con alle spalle una brillante carriera accademica e professionale, è uno spazio capace di ospitare una gamma diversificata di attività per la comunità locale: da spazi di ritrovo, a uno spazio per eventi e una residenza per artisti in visita. Il programma ha origine dalla collaborazione tra la Fondazione Josef e Anni Albers e American Friends of Le Korsa. La struttura è pensata come completamento delle cliniche, dell’asilo e della scuola agricola già esistenti in loco, garantendo la stabilità e un luogo comune per una comunità composta da dodici diverse tribù.
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I programmi condivisi di musica, arte e performance sono una testimonianza delle radici culturali e del senso di identità della regione. Nel progetto, una trasformazione parametrica del tradizionale tetto a falde è ottenuta attraverso un processo di inversione, che si inscrive in una serie di cortili all’interno della pianta dell’edificio e crea contemporaneamente aree studio ombreggiate attorno al perimetro del cortile. L’inversione del tetto crea anche una strategia efficace per la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua piovana nelle cisterne. Con un’impronta totale di circa 1.000 metri quadrati, il progetto può soddisfare il sostanziale fabbisogno idrico domestico e agricolo della comunità. Basandosi esclusivamente su materiali e
tecniche di costruzione locali, la struttura tradizionale dell’edificio è formata principalmente da elementi primari in bambù e blocchi di terra compressa. Le considerazioni climatiche sono in primo piano nella forma dell’edificio e specificano l’orientamento degli studi e delle aree della galleria coperta. L’edificio offre anche un’ampia ombreggiatura delle aree esterne e considera l’orientamento del vento per la ventilazione. Il comfort climatico è rafforzato da molteplici sporgenze e pareti di mattoni distanziati che assorbono il calore e consentono il flusso d’aria attraverso l’interno dell’edificio. Il Thread Artists’ Residency and Cultural Center è un progetto che con intelligenza sfida gli schemi e che, anche a quasi un decennio dalla sua realizzazione, merita di essere riscoperto
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› DESIGNCAFÈ Alcune immagini del Natur-Park Schöneberger Südgelände a Berlino, dove laboratori pubblici, installazioni del gruppo artistico Odious e infrastrutture ferroviarie abbandonate convivono con la vegetazione che cresce spontaneamente. Foto di Marco Zanin, Fabrica, per Fbsr.
PREMIO CARLO SCARPA PER IL GIARDINO
LA NATURA IBRIDA DI BERLINO DA LUOGO DELLA SEPARAZIONE E DELL’ABBANDONO A LABORATORIO DI IDEE E DI ESPERIENZE DOVE LE ROVINE DEL SECOLO SCORSO CONVIVONO CON LA LENTA CRESCITA DELLA VEGETAZIONE SPONTANEA E LA VITA DEGLI ANIMALI
Il 14 maggio a Treviso la paesaggista Rita Suhrhoff, lo scultore Klaus Duschat e l’ecologo Ingo Kowarik riceveranno il sigillo Carlo Scarpa per il Natur-Park Schöneberger Südgelände, vincitore della xxxii edizione del premio che ogni anno, dal 1990, la Fondazione Benetton Studi e Ricerche organizza per scegliere un luogo nel mondo particolarmente denso di valori di natura, di memoria e di invenzione. Aperto ufficialmente per la prima volta nel 1999, il parco ha una storia molto più lunga, intimamente legata a quella della Berlino del dopoguerra, città isolata e divisa, e quindi all’interruzione delle sue attività ferroviarie e industriali, al progressivo smantellamento delle linee e all’abbandono degli impianti, dal quale prende avvio un processo di riappropriazione del suolo da parte della natura. [ 78 ]
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Al lungo periodo di abbandono fa seguito il riconoscimento del luogo come espressione di una natura urbana berlinese punto d’incontro tra le aspirazioni degli abitanti, la cultura contemporanea del paesaggio e l’affermazione dell’attenzione ecologica della città: la cessione dell’intera area al Senato di Berlino e la gestione, dal 1986, da parte di Grün Berlin, segna l’avvio di un grande cantiere sperimentale al quale partecipano ecologi, associazioni ambientaliste e cittadini comuni, gli studi di pianificazione del paesaggio Planland e ÖkoCon e il gruppo di artisti Odious, insediato nel parco. Nasce così un brano di natura urbana e un laboratorio nel quale s’incontrano sperimentazioni dell’ecologia, istanze sociali e culturali diverse e si mettono in atto nuovi metodi nella cura e nel governo dello
spazio urbano. La commistione di strutture ferroviarie abbandonate, grandi estensioni di vegetazione in gran parte assecondata nella sua crescita spontanea, interventi artistici che ne accompagnano la visita, sottolineando il dialogo tra i segni della presenza umana e il divenire della natura, hanno contribuito a rinnovare la concezione di parco urbano. Con una lunghezza di 1,7 chilometri, il NaturPark Südgelände fa parte di una più ampia successione di parchi pubblici che la città ha realizzato, da nord a sud, a partire da una costellazione di vuoti creati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e, anche su istanza di associazioni di cittadini – come nel caso del referendum del 2014 per mantenere pubbliche e inalterate le ampie superfici del Tempelhofer Feld – reinterpretati come un intero paesaggio
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g Dossier Green a cura di Carlo Ezechieli
Malgrado il termine paesaggio sia in Italia da almeno un decennio al centro del dibattito, poche cose sono e continuano ad essere materia più oscura del progetto dello spazio non edificato, specialmente quando coinvolge il tema della vegetazione. La cultura nazionale nei confronti del verde tuttora oscilla tra i poli estremi del verde agricolo e quello dei giardini storici, stentando a trovare una contemporanea e indispensabile via di mezzo. Ciononostante, proprio in questa fase storica il panorama italiano in tema di progetto del paesaggio é estremamente dinamico e promettente. Abbiamo cercato di delinearne i tratti attraverso punti di vista molto diversi tra loro e per questo virtuosamente complementari.
Il masterplan del verde del Comune di Pisa. L’aggregato urbano edificato è solo il 15,5% dei 187,10 Kmq di territorio comunale.
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A destra, la torre Guelfa della Cittadella vecchia e un’area verde non attrezzata (ph. courtesy Comune di Pisa).
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MASTERPLAN DEL VERDE PUBBLICO, PISA IL COMUNE DI PISA HA ADOTTATO UNA STRATEGIA CHE FA DELL’EQUILIBRIO ECOLOGICO LA BASE DI UNA CITTÀ INTESA NELLA SUA INTEREZZA COME SPAZIO RELAZIONALE. IL PROGETTO SI FONDA SU UN MASTERPLAN SVILUPPATO DALL’UFFICIO DEL VERDE IN COLLABORAZIONE CON EUROAMBIENTE, IL DIPARTIMENTO DI AGRARIA DELL’UNIVERSITÀ DI PISA E DALLO STUDIO PA+N ASSOCIATI
Come generatore di paesaggi e di benessere fisico, psicologico e sociale il verde agisce sull’uomo, sull’ambiente naturale e sull’economia delle città, ma troppo spesso le infrastrutture e gli spazi verdi urbani rappresentano episodi sporadici che occupano spazi intersiziali o rispondono a specifici bisogni senza dare vita a nuovi paesaggi ecologicamente sostenibili: dalle infrastrutture verdi che possono mitigare l’effetto ‘isola di calore’, a quelle grigie per una mobilità dolce e sostenibile a quelle blu per prevenire il rischio di allagamenti dovuti a eventi meteorologici sempre più intensi e frequenti. Il piano del Comune di Pisa, con orizzonte il 2035, si propone di gestire la frammentazione
INFRASTRUTTURE ECOLOGICHE PER UNA CITTÀ POSSIBILE
delle aree verdi come un unico grande parco urbano mediante la creazione di una rete dei parchi e giardini esistenti e in divenire nella città storica e nelle periferie. In questo intento Pisa parte avvantaggiata rispetto ad altre città perché solo il 15 per cento del territorio comunale corrisponde all’aggregato urbano. Attualmente il verde pubblico urbano di proprietà comunale ha una superficie complessiva di 116,73 ettari, con 51 parchi pubblici a verde attrezzato, tutti raggiungibili entro dieci minuti da casa, e 15 ettari di aree a verde non attrezzato. Comprendendo anche viali alberati, giardini scolastici, aree sportive e cimiteriali, il patrimonio arboreo comunale ammonta a circa 20mila unità costituite da 138 specie diverse.
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Fabio Daole Architetto e dirigente della Direzione Infrastrutture e Viabilità, Verde, Arredo Urbano e Edilizia Scolastica del Comune di Pisa, Fabio Daole si occupa di rigenerazione di spazi pubblici, progettazione di parchi, design di arredi urbani e restauro dei beni monumentali. Tra gli ultimi lavori portati a termine, il restauro del bastione Sangallo nella cittadella nuova e degli Arsenali Repubblicani e Torre Guelfa nell’antica Terzana Pisana. Daole è anche relatore a convegni nazionali e internazionali sulle infrastrutture verdi e sul restauro.
Nelle foto, piazza San Paolo a Ripa d’Arno è già stata oggetto di un intervento di riqualificazione con la sostituzione di alberi pericolanti e la realizzazione di un labirinto vegetale formato da siepi di Ilex crenata (ph. courtesy Comune di Pisa).
Il masterplan del verde, fondato su una visione paesaggistica capace di incrementare qualitativamente le connessioni pedonali e ciclabili della rete diffusa del verde cittadino nella sua interezza, offre importanti prospettive per la città attraverso l’organizzazione di quattro diverse linee di sviluppo integrate: natura, agricoltura, cultura e divertimento. Inoltre è stato eseguito un censimento puntuale delle alberature urbane, georeferenziato e riportato sulla cartografia digitale attraverso il software R3Gis; è stato redatto lo stato fitosa-
nitario delle stesse con un programma di verifica e controllo per garantire la pubblica incolumità; infine è stato elaborato un programma per la gestione razionale delle alberature urbane, il rinnovo e la sostituzione arborea. I passi attuativi del piano comprendono il potenziamento della rete dei parchi a verde pubblico attrezzato esistenti; la realizzazione di nuovi parchi a verde attrezzato inclusivi; la ricerca di aree private per la realizzazione di nuovi parchi per la pubblica fruizione; il potenziamento della fruizione della natura in cit-
L’importanza del rinnovo arboreo La manutenzione straordinaria è componente fondamentale di un’adeguata strategia del verde urbano. Gli ambienti antropizzati non sono l’habitat ideale di alberi e arbusti: le superfici minerali ostacolano il naturale drenaggio del terreno; le sottostrutture limitano lo sviluppo degli apparati radicali; la qualità dell’aria si riflette sulla salute della vegetazione. Come si è potuto constatare ad esempio nel progetto di riqualificazione di piazza di San Paolo a Ripa d’Arno, che prevedeva il taglio di
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30 alberi di Tilia cordata di settant’anni di età, quasi tutte le piante erano cave al loro interno per l’80 per cento. Da alcuni anni inoltre il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Pisa svolge un sistematico censimento fitosanitario e statico delle alberature presenti in città: un monitoraggio aggiornato nel 2019 rilevava che più di mille alberi evidenziavano una forte e preoccupante inclinazione, sollevamenti della zolla radicale e fenomeni di sofferenza vegetativa che prefiguravano una
pericolosità imminente e ne raccomandavano la sostituzione. Il piano generale del verde suggerisce di mettere in atto una visione paesaggistica della città che tenga conto della stagionalità (foglia caduca e sempreverde, variazioni cromatiche e portamento) con l’obiettivo di rigenerare il paesaggio delle vie cittadine. Nelle immagini, il progetto del rinnovo arboreo di viale Michelangelo con l’evoluzione negli anni delle nuove alberature di prima grandezza.
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Piazza San Paolo a Ripa d’Arno
tà attraverso i giardini delle scuole comunali, l’impiantistica sportiva, le strutture cimiteriali, gli orti urbani e orti nei giardini delle strutture scolastiche; il decoro urbano attraverso rotatorie stradali e connettori del traffico e l’adozione delle aree verdi da parte dei privati. Entro il 2035 è prevista la realizzazione di 150 ettari di nuovi parchi, 84 chilometri di nuove piste ciclopedonali e si conta di raggiungere il 20 per cento di canopy cover urbana con 178 chilometri di nuovi filari alberati e 150 chilometri di nuovi filari alberati agricoli
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CREDITI Masterplan Comune di Pisa Concept e Coordinamento Fabio Daole Gruppo di lavoro interdisciplinare Ufficio Verde del Comune di Pisa Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Pisa Euroambiente Srl PA+N Associati (doc. strategico infrastruttura verde) Riconoscimenti City_Brand&Tourism Landscape Award 2018; ECOtechgreen 2019 (sezione verde tecnologico e infrastrutture verdi)
Oltre a migliorare l’accessibilità, il progetto di riqualificazione ha ricomposto le simmetrie settecentesche della piazza dando centralità alla facciata della chiesa romanica dell’XI secolo da cui prende il nome e ritrovando gli allineamenti con le mura storiche del Lungarno. I lavori realizzati hanno riguardato il rinnovo arboreo per tutte le piante oggetto di sostituzione e la realizzazione di una nuova area a verde con una zona dedicata ai bambini, una sorta di labirinto vegetale con attrezzature ludiche inserita all’interno di una pavimentazione realizzata in pietra arenaria, attigua alla parte longitudinale sud e d’ingresso alla chiesa, rendendola completamente accessibile. La società Euroambiente ha messo a dimora 15 nuove alberature di Tilia cordata di grandi dimensioni – con circonferenze di 60-65 cm, coltivate in vivaio con tecnica Air-Pot – per favorire la nidificazione dell’avifauna presente. La realizzazione della nuova area a verde in sostituzione della precedente, pavimentata in asfalto, aumenta la permeabilità del suolo e, con la messa a dimora di 680 piantine di Ilex crenata per la realizzazione della siepe del labirinto, contribuisce all’attenuazione delle polveri sottili PM10.
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Andreas Kipar Architetto, paesaggista e pianificatore, Andreas Kipar è fondatore e direttore creativo dello studio internazionale Land. Dal 2009 insegna Public Space Design presso il Politecnico di Milano. Il suo modello di urbanistica green Raggi Verdi, ideato per collegare il centro con le periferie di Milano, ha trovato applicazione a Essen e in diversi piani del verde in Italia, tra cui Vercelli e Lecco. Kipar e il suo team hanno seguito il landscaping per l’Expo 2020 Dubai, la greenery strategy per alcuni centri in Medio Oriente e il padiglione tedesco dell’Expo 2019 a Pechino. Attualmente Land lavora anche alla redazione di piani del verde urbano e periurbano in molte città, tra cui Milano, Cagliari, Piacenza, Reggio Emilia, Essen, e per l’elaborazione di piani strategici territoriali nel bacino della Ruhr, nel Carso, nelle Langhe, sul Lago di Garda e in diverse isole italiane.
Sotto, i giardini di viale della Liberazione a Milano. A destra, la strategia ambientale di Land per lo sviluppo di Porta Nuova e sotto piazza Gae Aulenti (ph. courtesy Land).
ANDREAS KIPAR APRIRE ALLO SPAZIO APERTO di Carlo Ezechieli
Più di trent’anni fa Andreas Kipar, tedesco, naturalizzato milanese, con Giovanni Sala fondò Land, che è ormai diventato uno più importanti studi di progettazione del paesaggio presenti in Italia. Da un certo punto di vista Land è stato un precursore, promotore di una cultura del paesaggio che, con la sola esclusione di magnifici giardini privati, era in Italia quasi del tutto assente. Oggi qualche timido passo avanti è stato fatto, e nel frattempo Land è diventata per questo un punto di riferimento. Nella sede dello studio a Milano, nello spazio della Wunderkammer, inaugurato di recente, Kipar ci ha accolto con una lunga e interessante conversazione sul passato e sul futuro del progetto degli spazi aperti. Con Land hai avuto una parte importante e anche il modo di osservare cambiamenti importanti nella cultura del verde. Cosa si è sviluppato in questi anni?
Credo che negli ultimi anni sia cambiato un po’ il modo di vedere le cose. Il mito dello sviluppo infinito si sta spegnendo, abbiamo consumato tutto il consumabile e la prospettiva, anche dopo la pandemia, è cambiata. Siamo consapevoli di questo fallimento e ci teniamo stretto quello che rimane. È per questo che ci aggrappiamo al concetto di natura come se fosse un talismano. C’è una dinamicità nel cambiamento che si sta sostituendo alla stati[ 84 ]
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cità che sta crollando.
Il rapporto con la natura è sempre più centrale in qualsiasi ramo dell’architettura, ma cosa sta cambiando?
Nel tempo ci siamo allontanati dalla natura, il comandamento era dominarla, ed è qualcosa che si è accentuato soprattutto negli ultimi 200-300 anni. La natura una volta faceva paura, ma oggi, anche se ci illudiamo di tenerla completamente sotto controllo, fa ancora paura, e questo proprio per cause a noi riconducibili. Basti pensare a eventi meteorologici inauditi come quelli accaduti in Germania nell’estate del 2021. È una situazione dinamica che lascia spazio all’imprevisto. Anche in urbanistica, mentre fino a qualche anno fa si poteva fare qualsiasi cosa pensando poi di compensarlo, oggi si è molto più cauti, perché il principio di procurare un danno per poi mitigarlo non vale più. E cosa è cambiato in Italia?
È interessante che ai miei inizi, nel lontano 1984-1985, il Parco Nord mi diede la possibilità di piantare alberi, cosa di cui all’epoca non interessava a nessuno. Mi fu possibile farlo solo perché era una situazione marginale che però è diventata una sorta di volano nell’intervento sulla Bicocca di Gregotti: un programma, a pensarci, immenso che per anni ha di fatto monopolizzato l’urbanistica a Milano. Che ruolo ha o ha avuto la cultura, la storia, se non gli stessi percorsi di formazione?
La scuola italiana senza dubbio non è facile. Penso anche all’università. Con i miei studenti del Politecnico, ad esempio, faccio molta fatica a rompere il preconcetto che porta a considerare lo spazio pubblico come una sorta di oggetto, concluso e quasi a sé stante. E nel corso dei sei mesi di un laboratorio di progettazione lo sforzo principale è quello di spiegare che lo spazio pubblico va oltre la codificazione tradizionale. Non è sempre solo un giardinetto, non è sempre un parco o una piazza, mentre, sempre, è un insieme di spazi. Far loro tradurre questo in un progetto è quasi impossibile. Ma finché non si prenderà in considerazione quello spazio grigio tra un elemento e l’altro continueremo sempre a fare pezzi senza seguire un linguaggio comune. Io chiamo tutto questo la “cultura del cordolo” perché il cordolo divide, identifica e dà sicurezza. Herzog e De Meuron in un loro scritto dal titolo Achtung Landschaft del 2015 hanno del resto detto che la città va osservata dal punto di vista degli spazi aperti. E dal mio punto di vista, se l’architettura è il gioiello, il paesaggio è il passe-partout che lo incornicia. E a pensarci bene, oggi, il passepartout è quasi più importante del gioiello: guarda quanti oggetti insignificanti, o gioielli, la cui importanza è stata enormemente ridimensionata rispetto al passato, sono incorniciati da incredibili passe-partout! Puoi identificare dei passaggi chiave nella storia e nell’evoluzione della considerazione per il pro-
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getto del paesaggio?
A Milano c’è stata una generazione importante, quella di Vittorio Gregotti e di Gino Valle, che ha indirizzato in modo significativo l’evolversi della città. Credo che il primo che abbia introdotto, sapientemente, degli stranieri e una cultura alternativa sul tema, sia stato Manfredi Catella. È stato il primo a portare una cultura anglosassone e con questa una cultura del progetto dello spazio pubblico. Per noi si è aperto un periodo interessante, perché avendo sempre lavorato su questi temi si apriva il tema della dialettica tra spazi, di dinamicità. Che ruolo poteva assumere il verde all’interno di nuovi spazi urbani? Catella voleva un parco, pensava alle relazioni tra gli spazi. Ma è anche vero che un po’ di resistenza è rimasta.
In effetti, prima citavo il parco, ma l’altra frontiera di resistenza è la piazza. Ma basta pensare alla città come spazio urbano e superi di colpo tutti questi concetti. La città non è più un agglomerato di architetture, un’addizione di cose, è un luogo degli spazi. Parigi è la prima città che l’ha capito, la città è una sequenza di spazi, dove è molto più probabile che uno non si ricordi di particolari edifici, ma i ChampsÉlysées, la Place Des Vosges, Les Tuileries: spazi. E anche gli architetti incominciano a [ 86 ]
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capirlo. A Milano Norman Foster in piazzetta Liberty è un ottimo esempio di messa in pratica di questi principi e crea un nuovo spazio. E questo è interessante ed è qualcosa che ha origine da una cultura anglosassone, più pragmatica, secondo il principio enunciato da Jan Gehl: First People, Then Space, Then Architecture, che è il criterio con cui è stata fatta Copenhagen. Piazza Liberty è un caso, ma è abbastanza isolato, quali altri esempi potresti citare?
Pensando al tema della piazza il progetto Loreto Open Community (Loc), su piazzale Loreto, sempre a Milano, rappresenta l’essenza e la conseguenza di quanto ho detto finora. L’abbiamo sviluppato in piena pandemia e secondo un mantra per me fondamentale: piazzale Loreto non è una piazza. Loc è un tentativo di rompere con quella staticità fasulla che voleva in qualche modo suggerire una piazza. Dovevamo liberare la piazza da sé stessa, e questo voleva dire trovare connessioni altrove e fare entrare i flussi. Facendo entrare gli assi e accettando di rinunciare a qualcosa, abbiamo solo ridotto il traffico per entrare a diversi livelli, ben cinque, come in una torta a strati, al punto che siamo riusciti a piantare degli alberi nel suolo vero e proprio, del quale si era persa
quasi completamente la memoria. E lo spazio pubblico deve entrare dentro gli edifici. E credo che tutti i nostri passi ci abbiano portato fin qui.
Pensi che la struttura di non-piazza come quella da voi proposta per piazzale Loreto corrisponda a una nuova configurazione della società?
Quello che succede oggi è che a livello sociale, a differenza di un tempo, c’è soprattutto una grandissima diversità. Allora andiamo in un luogo che offre il potenziale delle diversità. Quello che ci interessa è poter costruire con il paesaggio urbano un Potential Raume, come si dice in tedesco, uno spazio del potenziale. In Germania ogni giardino pubblico era sempre impostato in mezzo a quartieri diversi, di diversa estrazione sociale. Perché si organizzavano i tè con danze nei parchi, perché dai parchi hanno avuto origine moltissimi matrimoni, tra gente che proveniva da quartieri molto diversi e un tempo molti divisi. È una specie di principio di biodiversità applicato alla società. Nel paesaggio secondo te cosa distingue l’Italia rispetto al resto d’Europa?
Molti quando vengono in Italia sono colpiti dalla densità, e molti si chiedono come sia possibile convivere civilmente. In realtà lo spazio pubblico in Italia è così piacevole perché viene
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usato come palcoscenico, una sorta di teatro di società. Cose che un tedesco, ad esempio, proprio non fa. La gente si veste bene per uscire, e questo non capita frequentemente all’estero. Cosa ne pensi dei recenti interventi di urbanistica tattica?
Io li vedo molto bene perché sono i classici movimenti di transizione. Passando da uno stato all’altro si attraversa sempre una fase di ebollizione. Tutti sanno che la vecchia urbanistica è morta e sepolta, e l’urbanistica tattica rappresenta la ricerca di un nuovo modello che richiede tuttavia molta onestà e attenzione. Le esperienze di successo in questo campo necessitano di curatori e di operatori esperti dato che i cittadini non sono abituati, vanno coinvolti, devono essere messi al corrente
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In alto a sinistra il progetto di Loc-Loreto Open Community. A destra, concept dei ‘Raggi Verdi’ milanesi. Accanto, il nuovo parco milanese del Portello (img. courtesy Land).
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Una corte fiorita nel complesso di Manifattura Tabacchi. Perazzi è l’architetto del paesaggio per l’intero progetto di rigenerazione di Firenze (ph. ©Andrea Martiradonna). Antonio Perazzi Antonio Perazzi è paesaggista e scrittore, vive e lavora a Milano e appena può si tuffa in una crepa del marciapiede insieme a erigeron e linarie o nei giardini che progetta in giro per l’Italia e all’estero. Se non è in un giardino a progettare ne scrive in una felice sintesi di estetica progettuale, scienza botanica e abilità letteraria. Il suo ultimo libro è Il paradiso è un giardino selvatico e a maggio 2022 uscirà, sempre per Utet, un nuovo titolo sul progetto del paesaggio.
UNA CONVERSAZIONE SUL RUOLO E IL POTENZIALE DEL PROGETTO DEL PAESAGGIO
ANTONIO PERAZZI, PAROLE VERDI di Carlo Ezechieli
Nel campo del progetto del paesaggio Antonio Perazzi, paesaggista, giardiniere, scrittore cresciuto in una famiglia di scrittori, è senza dubbio una delle figure più interessanti. Il suo lavoro poggia su solide basi teoriche e scientifiche e, pur rivolgendosi al progetto del paesaggio in senso ampio, parte dal giardino, ovvero ciò che sta alle radici dell’ampia disciplina del progetto del paesaggio. Il suo studio è un angolo inaspettato, avvolto da una magnifica vegetazione, di una corte milanese. L’interno è una sorta di meraviglioso laboratorio artigiano. Negli ultimi anni si parla sempre più del paesaggio. Come si inquadra questo tema nel filone generale dell’architettura?
Una differenza importante rispetto all’architettura tradizionale è che l’architettura del paesaggio si caratterizza per una buona dose di non progettato. Mi interessa rintracciare la componente intellettuale di queste parti non progettate, considerando che il confine tra le parti definibili come selvatiche e quelle progettate è molto fluido. Come del resto capire come il tempo, un fattore chiave, incide sull’economia del progetto. Come è nato il tuo interesse per il paesaggio?
Sono cresciuto a Milano e penso che stare in città abbia finito per scatenare il mio bisogno e la mia attrazione per la natura. Senza contare che ho la fortuna di appartenere a una famiglia di scrittori e giornalisti che, come passione co[ 88 ]
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mune, ha sempre avuto la natura. Fondamentale fu quando mia madre mi portò da Piero Porcinai, grande paesaggista, che lei conosceva dopo aver fotografato alcune sue opere. Porcinai era un tipo scostante, antipatico ma geniale. Mi affascinò tanto che l’idea di fare il suo mestiere iniziò a intrigarmi. Ma soprattutto, è stata per me una grande fortuna trascorrere molti giorni della mia infanzia con mio nonno a Piuca, in Toscana, nella casa dove abito ormai da due anni. Quando la ricevetti in eredità avevo diciannove anni ed ero senza una lira, ma qui ho iniziato a sperimentare sul giardino, cercando una regola per definire giardino un luogo che non lo era. Sbaglio o negli ultimi anni il modo di vedere il paesaggio sembra essersi orientato dai giardini formali verso forme più spontanee, direttamente ispirate alla natura?
Senza dubbio, anche perché c’è sempre più consapevolezza verso i problemi ambientali. È anche un dato di fatto che la cultura del giardino era e rimane un ambito abbastanza snob, per buona parte di derivazione anglosassone. Ricordo che quando studiavo in Inghilterra avevo a disposizione ogni tipo di pianta, il tutto secondo criteri di massima economia, e per di più contando su giardinieri perfettamente competenti. In Italia non è così, normalmente i giardinieri sono un disastro. È come se facendo una casa un architetto dovesse spiegare continuamente alle maestranze come fare un
intonaco, dove far passare i fili e così via. In conclusione, è vero che c’è più consapevolezza, ma ancora non c’è mestiere.
È un sistema non rodato, ma può essere definito reattivo, o almeno dotato di un potenziale?
Sì, reattivo senz’altro, circa il potenziale non saprei, è ancora presto per dirlo. Ci sono parole che ricorrono in continuazione come resilienza, rigenerazione, tanto che dopo un po’ diventano antipatiche, ma è un dato di fatto che le condizioni ambientali del paesaggio in Italia, nelle sue molteplici forme, sono incredibili. L’Italia, dalla notte dei tempi, è stata un corridoio, un luogo di passaggio sia culturale che biologico. Il paesaggio mediterraneo si rigenera da solo, si adatta agli sbalzi termici, non ha bisogno di manutenzione, è pieno di suggestioni dal punto di vista tattile e olfattivo. In breve, siamo fortunati, perché è una situazione straordinaria dove l’incuria può diventare una potenzialità anziché un difetto. E questa è una cosa che abbiamo incominciato a capire, e in parte ad esportare. E se è vero che il giardino, come dicevo, è un tema un po’ snob, è anche vero che un paesaggista non può non considerare il tema del rapporto con l’ambiente. E questo dà l’opportunità di sviluppare una scuola nostra, italiana. Adoravo alcune tue considerazioni circa le piante cosiddette infestanti. Ma perché ciclicamente alcune vengono viste come la peste e altre, ugualmente invasive, invece no?
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Il complesso Symbiosis di piuarch a Milano è un altro dei progetti di paesaggio che Perazzi sta seguendo (render piuarch). A destra, render del futuro intervento per Manifattura Tabacchi.
Da grande sostenitore della tutela del paesaggio sono allibito di fronte a certe regole di tutela fossilizzate su certe idee. Si bollano per invasive certe specie e non altre, senza il benché minimo riferimento né ad una scala temporale, né a considerazioni di tipo scientifico. La lista delle specie ammesse a Milano fa riferimento a una situazione da piccola glaciazione lombarda, includendo perfino i faggi, che nella Milano di oggi non hanno nessuna speranza, a differenza, ad esempio, della koelreuteria, una pianta asiatica che resiste benissimo all’inquinamento. Senza contare che una regione come la Sicilia, in seguito alle numerose ondate di colonizzazione, è cambiata enormemente. Gli ulivi non c’erano, ce li hanno portati. La stessa cosa per i fichi d’india e molte altre specie e oggi, con un clima più caldo, i manghi che fruttificano benissimo. A proposito di Sicilia, c’è questo evento interessante Redicepura, di cui sei direttore artistico.
Si, è una bella iniziativa. E mi sto occupando del progetto del parco. Il signor Venerando Faro negli anni Settanta aveva un vivaio e inizialmente mandava le sue piante a Pistoia. Poi si è reso conto che non solo riusciva ad avere le
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piante più grandi in metà tempo, ma anche che poteva ampliare notevolmente il suo catalogo includendo specie tropicali. Ha incominciato a diversificare tanto che oggi ha un vero e proprio impero. Ha dato origine a una Biennale con una fondazione. Oltralpe e nei paesi anglosassoni il lavoro del paesaggista ha una tradizione e una considerazione maggiore che da noi. Com’è il lavoro del paesaggista in Italia?
È vero che fino a poco tempo fa e ancora oggi gli architetti che si occupano di edifici non pensano al verde o se ci pensano lo ritengono una specie di oggetto. Molti lo vorrebbero fisso, immutabile, come un edificio. Cosa che si ottiene solo con le piante finte. Altri mi chiedono un progetto del paesaggio del tipo contract chiavi in mano, cosa chiaramente impossibile perché la vegetazione si sviluppa e si evolve secondo i suoi tempi. Ogni progetto di paesaggio propone l’idea di qualcosa che sarà: all’inizio ci sono degli alberelli che alla fine saranno dei grandi alberi. Chi sono i tuoi clienti?
Non c’è un cliente standard, in genere sono intellettuali che si appassionano al paesaggio e tendenzialmente con il paesaggio crescono
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anche loro. Uno dei miei clienti più importanti, ad esempio, mi diede l’opportunità, quando ancora ero un ragazzo, di realizzare uno dei miei primi progetti, fatto peraltro con Michele De Lucchi. Dopo un anno mi chiamò per ringraziarmi perché grazie al mio progetto era riuscito a vendere l’intera proprietà a un prezzo eccezionale. Rimasi sconvolto. Un progetto di cinque anni, che dal sesto avrebbe iniziato a maturare, al quale pensavo si sentisse legato e che avrebbe lasciato in eredità ai nipoti. Lo mandai all’inferno. Rimase tremendamente offeso. Non ci parlammo per anni. Un giorno mi richiamò per il progetto di un altro giardino che pure, su richiesta del vicino, vendette. Così andò avanti finché non mi invitò ad essere suo testimone di nozze. Malgrado tutto nel tempo, con questo signore, che potrebbe avere l’età di mio padre, si è instaurato un bel rapporto. Cosa cerchi facendo il tuo lavoro?
Ho curiosità, in particolare per le piante. Non smetto mai di stupirmi delle piante e della relazione che hanno con l’ambiente, il loro modo di modificarlo e la relazione che noi abbiamo con loro. Non mi interessa il tipo di pianta in sé quanto piuttosto la mia relazione con lei. È
un confronto bellissimo, che uno studio scientifico ad esempio non consente. Il lavoro del giardiniere è quello di continuare a plasmare qualcosa che ha una propria identità, la sua voglia di crescere. È un sistema di relazioni con quello che sta intorno, come per il tunnel formato dalle chiome dei platani nelle strade dove passano i camion o la superficie di questo tavolo scavata dall’usura. Ed è forse una disciplina che sposta il nostro modo di intendere l’ambiente?
Se metti un bambino in un bosco lui darà per scontato di farne parte. Chissà perché crescendo dobbiamo per forza dire “quello è selvatico, quello è artificiale, quello deve essere sistemato”. L’unica regola che ritengo possibile è non dire più che non facciamo parte della natura. Spesso si dice di un paesaggio naturale: che bello, sembra un giardino. In realtà sarebbe meglio poter dire “che bel giardino, sembra un paesaggio naturale”
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In basso, il paesaggio Homeground all’ultima edizione di Radicepura Garden Festival (ph. ©Studio Antonio Perazzi).
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Radicepura Garden Festival. A sinistra, ‘Anamorphose’ di François Abélanet (ph. ©Alfio Garozzo).
Radicepura Garden Festival la Biennale del giardino mediterraneo Primo evento internazionale dedicato al garden design e all’architettura del paesaggio del Mediterraneo, Radicepura Garden Festival, organizzato dalla Fondazione Radicepura, nasce nel 2017 e in ogni edizione coinvolge paesaggisti, architetti, artisti, studiosi, istituzioni e imprese. Il festival, biennale e della durata di sei mesi, si svolge a Giarre, tra l’Etna e il Mar Jonio, sui cinque ettari del parco botanico Radicepura dove il Cavaliere Venerando Faro, fondatore del vivaio Piante Faro, ha riversato tutta la sua passione e esperienza nel florovivaismo. «La Sicilia è un giardino, e i giardini sono da sempre un elemento culturale che ci appartiene e ci contraddistingue – spiega Mario Faro, idea-
tore della manifestazione. Sin dai tempi di Federico II di Svevia la Sicilia è stata riferimento culturale per l’Europa e merita di tornare ad essere baricentro del Mediterraneo, quell’unicum che è stato culla di cultura e civiltà e luogo di ricchissima biodiversità. In questo senso Il Radicepura Garden Festival si pone come forza propulsiva per innescare una nuova era di sviluppo economico e culturale del territorio». Dall’edizione 2021, dedicata al giardino del futuro, e per le prossime due edizioni la direzione artistica del festival è stata affidata ad Antonio Perazzi che, osservando la contraddizione tra la crescente sensibilità ambientale da un lato e la superficialità di un design che scollega il giar-
dino dalla natura autentica dall’altro, torna a parlare di piante e poetica dei luoghi, perché «accanto all’estetica e all’etica del progetto vanno create anche quelle potentissime architetture effimere che col giardino sono capaci di evocare la quintessenza della vita. È paesaggismo nella sua forma più nobile. Come progettista, lavorando in tanti ambienti diversi, ho imparato che nello spartito dei giardini le piante non sono strumenti e neppure note: sono un’orchestra da sincronizzare con armonia. Ci sono luoghi in cui la forza del progetto va creata artificialmente, e ce ne sono altri in cui è già pieno di energie, come a Radicepura, dove si percepisce un vulcanico fiorire di potenzialità». Come direttore artistico, prosegue Perazzi, «vorrei far parlare i progetti di piante e di come le piante possono essere sostentamento, ispirazione, celebrazione, decoro di arte, architettura e cura dei dettagli. Tutti elementi che nel Mediterraneo conosciamo bene e sui cui abbiamo affondato salde radici». Prossimamente sarà lanciata la call per selezionare i giardini vincitori della quarta edizione del Radicepura Garden Festival, che si svolgerà nel 2023 e punterà sulla centralità delle piante per il giardino. www.radicepurafestival.com www.piantefaro.com
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FORME D’ACQUA
Architetture d’acqua e di luce per gli esterni di una cantina vinicola Gli spazi esterni fanno ormai parte a pieno titolo del progetto di architettura, a vantaggio e beneficio del benessere psicofisico dei fruitori degli ambienti. Ma degli elementi naturali che rappresentano l’essenza degli spazi aperti l’attenzione ricade soprattutto sulla vegetazione, mentre l’acqua, che pure contribuisce in maniera determinante a creare una sensazione di rilassamento e a conferire dinamicità allo spazio, entra in gioco solo quando si deve progettare una piscina. Diverso il caso della nuova cantina Ventiventi, progettata dall’architetto Chiara Berselli dello studio Zaccarelli di Mirandola per l’azienda agricola il Borghetto che a Medolla produce vino biologico con il metodo Classico. Sempre visibili dalle grandi vetrate, nel progetto i vigneti entrano a far parte dello spazio interno. Su tre lati del perimetro esterno, l’edificio è circondato da uno specchio d’acqua: una vasca a filo pavimento, profonda 15 centimetri, sulla quale si allungano camminamenti e isole pa[ 92 ]
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vimentate dove incontrarsi, rilassarsi all’aria aperta e dedicarsi alla degustazione dei vini. La vasca riceve l’acqua provienente da uno scenografico rain-wall alto 8 metri e largo 4, posto a chiusura del lato più corto, con due collettori di distribuzione alimentati da altrettanti tubi di mandata. 308 ugelli danno uniformità e dinamismo a questa imponente cortina d’acqua. La caduta dell’acqua, prima di rientrare nella vasca, viene attutita da un telaio flottante frangischizzi e assorbirumore, realizzato su misura in acciaio inox Aisi 316 con tessuto metallico disposto su due differenti livelli, che la rende particolarmente silenziosa e mantiene asciutta e sicura la pavimentazione circostante. Il rain-wall è illuminato da sette Point Led Rgbw che coprono angolazioni diverse e moltiplicano e enfatizzano i riflessi di acqua e luce. Alla scenografia dell’insieme contribuiscono poi altri elementi tecnologici messi a punto da Forme d’Acqua: gli ugelli schiu-
mogeni posti accanto alle isole pavimentate di conversazione e degustazione, il cui getto si infrange morbido sulla superficie dell’acqua creando un caratteristico effetto schiuma che si dissolve in tante piccole onde; le luci subacquee Led Rgbw, incassate e removibili per ispezioni e manutenzioni, che illuminano dal basso gli isolotti. Il sistema Rgbw consente di scegliere tra infinite tonalità e sfumature, per dare vita a giochi di luce suggestivi. A completamento del progetto, un impianto fogger installato lungo il perimetro della vasca e al primo piano dell’edificio garantisce il giusto connubio tra effetto scenico e raffrescamento climatico: l’acqua nebulizzata crea una nebbia di goccioline che assorbono il calore presente nell’ambiente trasformandosi in vapore acqueo, riducendo di 6/8° C la temperatura. www.formedacqua.com
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La fontana a filo pavimento e la grande rain wall realizzate da Forme d’Acqua per l’area conviviale della Cantina vinicola Ventiventi.
La fontana a filo pavimento e il grande rain-wall realizzati da Forme d’Acqua per l’area conviviale della cantina vinicola Ventiventi. Foto courtesy Cantina Ventiventi.
Gioco d’acqua Rain wall di 308 ugelli Oase Comet 3-6S 3 ugelli Oase Schaumsprudler 55-15E Impianto fogger
Impianto di movimentazione dell’acqua due pompe Astral Victoria Plus Silent 3CV 2,2kW IP55 che mandano l’acqua ai due collettori della rain wall
Impianto di filtrazione Pompa Astralpool by Fluida Sena 1HP 0.62KW con filtro a graniglia Aster Sand Filter 600 Griglia prefiltrante per aspirazione, realizzata su misura in acciaio AISI 316 Doppia pompa dosatrice per l’acidificazione e l’ossigenazione automatica dell’acqua con sonda di controllo e di reintegro Sensore di livello Oase 20-4 Scarico di fondo Oase Concrete part 70 T Troppo pieno in bronzo Oase Overflow/Drain armature 70/1000 T Pannello di controllo per la completa gestione della fontana e di tutte le sue funzionalità
Illuminazione 7 Point Led Rgbwhite IP67 Teclumen 21 MiniSub Led Rgbwhite IP68 Teclumen Consumo elettrico 4,400 kw giochi d’acqua 0,140 kw cascata d’acqua 0,357 kw illuminazione vasca d’acqua 0,730 kw filtrazione per un assorbimento massimo totale della fontana di 6,350 kW
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I saloni nobili del primo e, nella pagina di destra, del secondo piano. In basso, la facciata del palazzo su Fondamenta Cannaregio (ph. ©Andrea Martiradonna).
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Studio Marco Piva Un atelier di sperimentazione dove si affrontano con rigore metodologico diverse scale progettuali, dal masterplanning all’architettura, dall’interior fino all’industrial design. Le assidue ricerche sui caratteri formali e funzionali degli spazi, sulle tecnologie e sui materiali, sviluppate con grande attenzione per l’ambiente, sono gli elementi fondativi della filosofia di pianificazione e di progetto dello Studio Marco Piva, che persegue inoltre la continuità progettuale tra architettura e interior design.
www.studiomarcopiva.com
IL CONCETTO DI LUSSO ASSUME UN VALORE CULTURALE NEL PROGETTO DI INTERIOR DELLO STUDIO MARCO PIVA CHE PRESERVA LA QUALITÀ STORICA E ARTISTICA DI UN PALAZZO VENEZIANO VALORIZZANDOLO CON LA LUCE E UN DESIGN SU MISURA
RADISSON COLLECTION HOTEL PALAZZO NANI, VENEZIA
RINASCIMENTO VENEZIANO Preservare il passato disegnando il futuro: Palazzo Nani, eretto come residenza privata e successivamente utilizzato come caserma e infine scuola, ha riaperto le porte alla città, dopo un importante lavoro di ristrutturazione a cura dello Studio Marco Piva per l’interior design, Venice Plan per l’architettura e direzione lavori e Sirecon per il restauro, svolto sotto la supervisione, e in accordo, con la Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia. Il cambio di destinazione d’uso ha mantenuto intatto il valore storico e artistico del palazzo preservando le strutture, le pavimentazioni, gli affreschi originali. Per il nuovo hotel lo studio ha coniugato il patrimonio artistico originario con una profonda ricerca estetica in cui
il design si integra con il valore emozionale e sociale dell’architettura. Palazzo Nani, grazie al meticoloso restauro delle sue parti monumentali, dei suoi fregi e degli affreschi, è tornato a nuova vita e continuerà a tramandare la sua intrinseca bellezza anche attraverso un progetto di interni elegante e leggero, non invasivo. Attento alle scelte formali e materiche, ai cromatismi e alle texture, il progetto mira a configurare una nuova sofisticata scenografia che è anche un contributo alla magnificenza della città. Gli spazi sono ampi e luminosi, alcuni con affaccio sul canale di Cannaregio, e propongono tonalità cromatiche che richiamano le nuance dei soffitti affrescati, in combinazione con arredi e accessori dai colori intensi che rimanda-
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› OSPITALITÀ Pianta del piano terra e del mezzanino; sotto, il secondo piano (courtesy Studio Marco Piva).
no alle espressioni e ale peculiarità del luogo: le cromie dell’acqua, i riflessi del vetro, gli interni delle gondole. In tutte le aree comuni del Radisson Collection Hotel Palazzo Nani Venice si legge il segno di un equilibrio formale orientato a lasciare la vista libera di fruire degli spazi e di raccogliere le infinite suggestioni che provengono dalla città lagunare. L’albergo è corredato di due ristoranti, uno aperto al pubblico e l’altro riservato agli ospiti dell’hotel, una cantina, due bar, palestra, sauna e un giardino di 350 mq. Articolate con spazi generosi e scenografici, le 52 camere da letto, tutte diverse tra loro, sono pensate come mini-appartamenti. Lo studio di progettazione ha inoltre ricavato tre appartamenti privati curandone l’interior design. Tessuti, materiali, legni ed essenze rimandano alla tradizione e all’iconografia veneziana, dalle briccole ai vetri di Murano. Anche i marmi, con venature forti come il palissandro nuvolato e il bardiglio nuvolato, sono un richiamo alla laguna veneziana. Soffitti alti (fino a 4,35 metri), con affreschi o travi a vista originali, immergono gli ospiti nell’epoca rinascimentale, mentre il design custom richiama alcune delle caratteristiche architettoniche originarie, come l’arco della facciata, portato all’interno dell’edificio come elemento decorativo ricorrente. L’arredo, realizzato quasi per intero su misura, è self-standing e flessibile e non intacca le pareti storiche. In particolare le cabine armadio, tramite pannelli funzionali con specchio a tutta altezza, segnano un passaggio che ricorda le antiche corti private veneziane e servono anche a contenere i fancoil. Il progetto illuminotecnico comprende sia apparecchi custom sia a catalogo di marchi come Italamp, Flos e Vibia. Le luci tecniche sono state realizzate ad hoc in collaborazione con Artemide. L’illuminazione decorativa è stata curata da Concreta per gli spazi comuni, i custom delle camere sono di Arredo Design. Spicca il grande lampadario formato da sfere di vetro opalino disegnato specificamente per questo progetto. L’effetto opalescenza attraversa come un fil rouge le camere e gli spazi comuni e le luci rimandano sempre alle trasparenze e ai riflessi del vetro, per sottolineare ancora una volta il legame forte con il territorio
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A destra un’altra vista del salone nobile del primo piano (ph. ©Andrea Martiradonna) con il tappeto Royal di Besana Carpet Lab a tessitura compatta e semilucida.
CONCRETA Tutti gli spazi comuni di Palazzo Nani sono stati realizzati da Concreta su progetto dello Studio Marco Piva, che ha ideato un concept teso a mantenere intatta la forte identità storica del palazzo, arricchendola con un linguaggio di elegante contemporaneità. Nell’intero progetto è forte il legame con la città lagunare: le tonalità cromatiche richiamano le nuance dei soffitti affrescati, in combinazione con sedute dai colori intensi che rimandano alle espressioni e ai valori del territorio, alle cromie dell’acqua e ai riflessi del vetro. La realizzazione assume un significato particolare, in quanto l’hotel è stato concepito come un luogo di ospitalità aperto alla città. Il dialogo continuo e la piena sintonia che ha caratterizzato la collaborazione tra i progettisti dello Studio Marco Piva e il team di Concreta – dalla scelta dei colori e dei materiali alla condivisione dei prototipi – ha consentito di tradurre il concept in una realizzazione pienamente rispondente ai contenuti e alle esigenze del progetto e del committente. www.concretasrl.com
› OSPITALITÀ
Foto © Costantino Bedin
Foto © Costantino Bedin
Le scelte materiche di Marco Piva
All’interno del mio progetto di interior di Palazzo Nani a Venezia ho scelto di utilizzare Silestone di Cosentino – spiega Marco Piva – per ragioni legate sia all’estetica che alla funzionalità di questo materiale. A livello progettuale, cercavo il lusso e la ricercatezza del marmo ma in un materiale più resistente, che potesse inserirsi armoniosamente nell’opera e soprattutto garantire altissime prestazioni e durabilità: la scelta è caduta sulla collezione dall’effetto marmoreo Calacatta Gold che, con le sue venature sottili e delicate, rende omaggio alla più elegante delle pietre. Inizialmente avevo pensato a questa superficie
innovativa per il bancone del bar. Poi, avendone visto la straordinaria finitura, ma soprattutto la versatilità e la possibilità di realizzare forme complesse, ho deciso di inserirla come dettaglio in tutto l’albergo, creando connessioni di linguaggio e giochi di rimandi tra aree comuni e camere, proteggendo quindi le superfici più usate dai clienti grazie alle altissime prestazioni del materiale. Silestone è stato infatti utilizzato in molti arredi realizzati custom, come il grande tavolo del Salone Nobile, il cui piano, grazie al fatto che Silestone è disponibile in grandi formati senza necessità di giunzioni, è in lastra unica, con un raffinato effetto
visivo. Il materiale è stato utilizzato anche come top del bancone del bar del ristorante, in due tavolini del piano terra, nel coffee table, consolle e tavolo della Presidential Suite, e per tutti i comodini e desk delle camere: mi è piaciuto perché offre la possibilità di lavorare sulla curvatura del bordo senza necessità di mascherarlo, un dettaglio che ritengo autentico e di alto profilo. Infine, ma non meno importate, è un materiale sostenibile che garantisce una forte protezione antibatterica e quindi l’igiene delle superfici, aspetto prioritario sia per i luoghi dell’ospitalità sia per l’etica della progettazione.
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“Il progetto esprime un nuovo concetto di lusso. Il restauro delle parti monumentali, dei fregi e degli affreschi si combina con un design contemporaneo per offrire un’accoglienza in continuità con la migliore tradizione veneziana”. Marco Piva
L’ingresso al salone d’onore del secondo piano. Un meticoloso lavoro di restauro permette agli ospiti di rivivere l’originario splendore delle pavimentazioni, dei marmi e delle decorazioni che esprimevano la ricchezza della Repubblica Serenissima (ph. ©Andrea Martiradonna).
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Nei bagni, le rubinetterie, con finitura bronzo spazzolato, sono Axor e hansgrohe. Per i lavabi Talis E di hansgrohe; nelle vasche free-standing i miscelatori Uno di Axor, progettati da Philippe Starck. A sinistra e in alto, la Reneissance Junior Suite. A destra un’altra suite e l’ambiente bagno di una Collection Room (ph. ©Andrea Martiradonna).
CREDITI Località Venezia Committente Radisson Hotel Group Interior Design Studio Marco Piva Architettura e Direzione lavori Venice Plan Ingegneria Progetto di restauro Sirecon Impianti Fiel Antincendio Sicurtecno General Contractor Arredo Design Srl (camere), Brb Engineering (fit-out), Concreta (spazi comuni) Luci Artemide, Flos, Italamp, Rossini, Vibia Luci e imbottiti custom camere Arredo Design Srl Rivestimenti camere e spazi comuni Cosentino Parquet camere Itlas Tappeti Besana Carpet Lab Maniglie Colombo Design, Dnd Marmi Pagani Marmi Dispositivi controllo accessi Dormakaba Elettrodomestici appartamenti Elica Rubinetterie Axor, hansgrohe Box doccia Vismara vetro Vasche Zucchetti Kos Tende motorizzate Silent Gliss Progettazione bar Prisma Ascensori Otis Superficie 5.500 mq + 350 mq di giardino Cronologia 2019-2021
ARREDO DESIGN Gli arredi delle camere di Palazzo Nani sono stati interamente realizzati da Arredo Design, realtà con sede in Campochiaro (Cb), su progetto dello Studio Marco Piva. La scelta stilistica e la selezione dei materiali sono state determinate dal desiderio di esaltare l’eleganza e il valore storico dell’edificio e al contempo di rendere gli arredi funzionali e in linea con le esigenze dell’ospite. L’intera realizzazione è custom, soluzione tesa a ottimizzare gli spazi e il design; la maggior parte degli arredi è freestanding, scelta
derivante dall’esigenza di lasciare in risalto le pareti affrescate, dando il giusto valore agli spazi centrali delle camere, opportunamente suddivisi e resi funzionali senza perdere di vista la contemporaneità. Arredo Design ha inoltre fornito i divani e le poltrone su misura, i corpi illuminanti sia a parete sia a sospensione che, con la loro particolarità contribuiscono a valorizzare l’unicità di questo palazzo storico. www.arredodesign.com
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› OSPITALITÀ Le grandi logge che si affacciano sul lago, valorizzate (foto in basso) dal progetto illuminotecnico.
R4M Engineering Fondata a Milano nel 2013 da cinque soci, da sinistra in alto Massimo Panizza, Luca Arcari, Antonio Della Bella, Francesco Gianpietruzzi e Carlo Bacchini, che collaboravano tra loro già dal 2002, R4M è una società di progettazione integrata con 40 professionisti che operano in tutti i campi specialistici dell’edilizia e delle costruzioni in generale, in Italia e all’estero, con una metodologia di progettazione certificata Iso 9001 che prevede l’impiego di tecniche operative tipiche del project management. L’attività è strutturata in gruppi tecnici multidisciplinari – incluso un settore Bim – che lavorano congiuntamente.
www.r4mengineering.com
ARIA RETREAT & SPA, CIMA DI PORLEZZA
TERRAZZE DI ARIA E DI LUCE SERENITÀ E BENESSERE TRA COMO E LUGANO, LUNGO LA SPONDA ITALIANA DEL PIÙ OCCIDENTALE DEI GRANDI LAGHI PREALPINI. UN’ARCHITETTURA MODERNA PROGETTATA DA R4M E VALORIZZATA DAL LIGHTING DESIGN DI L+A
Membro di The Leading Hotels of the World, il luxury resort Aria è la nuova estensione 5 stelle del complesso turistico di Parco San Marco, nel comune di Porlezza. L’architettura del complesso, che sorge isolato su un pendio tra il lago e la collina alle spalle, risponde al programma funzionale che, a garanzia del relax degli ospiti, prevede solo 15 suite disposte su mille metri quadrati, 1.500 metri quadrati di area wellness con la Spa Ceò e una piscina interna riscaldata di 130 mq, due ristoranti (un terzo, più formale – la Joie de Vivre – è situato nell’edificio principale di [ 102 ]
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Parco San Marco). All’esterno, una infinity pool con acqua salata, un giardino di 34mila metri quadrati e cinque campi da tennis. La società di progettazione integrata R4M Engineering ha affrontato il tema con un progetto in cui convergono estetica, tecnologia costruttiva e paesaggio. Ricollegandosi all’antica pratica dei terrazzamenti, ampiamente diffusa in Valsolda, R4M ha pianificato la costruzione in posizione sopraelevata e ad adeguata distanza dagli edifici più vicini alla statale Regina, assicurando in tal modo agli ospiti, oltre alla tranquillità
e al silenzio, viste impareggiabili sul lago. Rilievi geologici hanno poi suggerito di realizzare, sul versante retrostante, una ‘berlinese’ a micropali che mette in sicurezza i 20 ettari di bosco a monte dell’area. Infine, un tunnel lungo 50 metri, che il progetto illuminotecnico trasforma in uno spazio esperienziale, perfora il terreno e conduce agli ascensori azzerando la salita. La luce del resto è parte integrante di questo intervento, con un attento progetto dello studio Light+Arch Consultancy, che comprende sia l’aspetto architetturale, sia la personaliz-
› OSPITALITÀ
LAPITEC L’involucro ventilato ad alte prestazioni del complesso è stato realizzato usando lastre in grande formato di 12 mm di spessore di pietra sinterizzata Lapitec. Il blocco centrale, con copertura a falda, è rivestito di pannelli verticali, di dimensioni fino a 1540x3440 mm, in nuance Bianco Artico e finitura Lithos, mentre per i volumi che lo affiancano sono stati scelti, sempre in finitura Lithos, i colori Grigio Cemento e Terra Moca. Il Lapitec continua anche a rivestimento della copertura, degli esterni degli spazi comuni e Spa e per il rivestimento di alcune aree interne. Realizzato con una miscela di minerali naturali, silicafree, Lapitec è un materiale a tutta massa, senza smalto o stampa digitale superficiali, che trova facile impiego nei settori dell’architettura, dell’interior e del product design. Privo di pori sulla superficie, Lapitec non assorbe acqua, resiste agli sbalzi termici, ai raggi Uv e a graffi e urti. Aspetto e colori rimangono inalterati per decenni. www.lapitec.com
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› OSPITALITÀ
WOLF HAUS Wolf Haus si è occupata della progettazione esecutiva strutturale, dell’ingegnerizzazione e prefabbricazione dei piani fuori terra che compongono i tre corpi di fabbrica di Aria Retreat Resort & Spa, costruiti con pareti e solai a telaio in legno, misto a travi e pilastri in acciaio, dimensionati e prefabbricati presso lo stabilimento di Vipiteno, trasportati in cantiere e montati. La copertura è composta da travi di colmo lignee con arcarecci per tutte le parti dell’edificio. Il fronte che volge verso il monte presenta una copertura piana a pensiline realizzate con elementi orizzontali prefabbricati in legno a copertura delle terrazze inferiori. Il ballatoio funge da collegamento tra i vari blocchi e ha luci fino a 6 metri, di cui 2,60 metri a sbalzo; per risolvere questa parte di edificio senza aggiungere pilastri è stata progettata un’intelaiatura metallica che costituisce la struttura portante. La prefabbricazione ha permesso la consegna al grezzo avanzato – in soli due mesi di cantiere – di 2.300 mq di edifici, di cui 310 mq di terrazze e ballatoi e 200 mq di porticati esterni chiusi dagli archi – non portanti – fronte lago. La flessibilità del sistema costruttivo Wolf Haus ha garantito massima fedeltà al progetto: laddove le luci lo richiedevano sono state studiate soluzioni strutturali miste integrando elementi in acciaio ai solai e alle pareti prefabbricate in legno a telaio. In virtù dei materiali ecosostenibili utilizzati e della tecnologia costruttiva sviluppata da Wolf Haus, oltre a garantire agli ospiti un comfort indoor ideale, il complesso gode delle massime prestazioni energetiche, acustiche e antisismiche. www.wolfhaus.it Lo stabilimento Wolf Haus a Vipiteno.
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› OSPITALITÀ
A sinistra, le terrazze del complesso riprendono i terrazzamenti che regolano il pendio naturale del sito. In questa pagina la terrazza del livello della Spa e uno degli appartamenti provvisti di giardino privato. Lastre di Lapitec rivestono, come in questo caso, anche alcune pareti interne.
CREDITI Località Porlezza (Como) Committente Immobiliare Peonia Progetto architettonico R4M Engineering Lighting design Light+Arch Consultancy Prefabbricazione in legno Wolf Haus Facciata ventilata Lapitec Serramenti Schüco Corpi illuminanti su misura e sistemi di gestione luci Bespoke Lighting Solutions Illuminazione architetturale Linea Light Porte interne Lualdi Arredi Artelinea, Flexform, Gervasoni, Lema, Poliform, Rimadesio, Tom Dixon, Zanotta Clima Clivet (pompe di calore) e Unical (caldaia a condensazione) Rubinetteria Fantini Vasche Flaminia, Zucchetti Kos Slp 2.534 mq Completamento 2021 Foto Andrea Martiradonna
zazione dei singoli ambienti interni. Simmetria dei volumi e archi scenografici a protezione di ampie logge aperte verso il lago caratterizzano formalmente l’edificio, che nella parte rivolta a monte si presenta invece come un corpo lineare, con grandi balconi a correre che mettono in contatto diretto con la vegetazione subtropicale del parco (come gli altri laghi prealpini anche il Ceresio è caratterizzato da un microclima che favorisce la crescita di specie tipiche di zone più calde) e le latifoglie del bosco. Per la costruzione è stata adottata una tecnica
mista: le strutture dei due piani di base, rispettivamente piscina e Spa, sono composte da muri di elevazione, pilastri e solai in c.a. mentre quella della parte residenziale superiore è una struttura prefabbricata a telaio, composta da colonne e travi in legno massiccio strutturale con giunti a pettine in legno di Wolf Haus. Il legno proviene da foreste di abete bianco a piantumazione regolata. L’interno dei telai è isolato e i tamponamenti sono realizzati con pannelli Osb (Oriented Strand Board) in composto di legno privo di formaldeide
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› OSPITALITÀ
Light+Arch Consultancy Fondato nel 2011 dall’architetto e lighting designer Giorgio Colombo, che decide di concentrare la propria attenzione sul tema della luce come strumento del progetto a supporto di clienti e professionisti, L+A offre un pacchetto completo di progettazione, dal concept alla fase di direzione lavori, che unisce progettazione architettonica, design industriale, progettazione illuminotecnica per uffici, edifici residenziali e retail. Con il contributo di consulenti specializzati, L+A sviluppa anche la progettazione impiantistica. www.lightplusarch.it
con elevate proprietà fisico-meccaniche. L’involucro si completa con una pelle ventilata esterna realizzata con grandi lastre (fino a 154 x 344 cm) di pietra sinterizzata Lapitec di 12 mm di spessore in quattro diverse colorazioni. Oltre allo straordinario effetto architettonico, il Lapitec protegge la facciata dagli eventi atmosferici eliminando di fatto le necessità di manutenzione nel tempo. Gli edifici residenziali sono composti da sei appartamenti Garden Suite (51 mq il taglio minimo), dotati ciascuno di un’area giardino esclusiva, tre appartamenti Mezzanine e sei suite Penthouse. Entrambe queste ultime tipologie sono dotate
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di profonde logge ad arco con vista sul lago che in pratica si configurano come estensione outdoor dell’area living. Le eccellenti prestazioni della rete dati – cablaggi in fibra ottica fino ai punti rete individuali, copertura wi-fi capillare anche negli spazi comuni – rendono il resort un luogo adatto anche al lavoro da remoto. La prefabbricazione in legno e la qualità dell’involucro conferiscono alla struttura elevati standard energetici e acustici. A questo si aggiungono le soluzioni impiantistiche adottate, che portano il complesso in classe energetica A: impianto di climatizzazione ibrido, con due pompe di calore polivalenti aria-aria
e una caldaia a condensazione che interviene nei periodi più freddi; distribuzione radiante a bassa temperatura a pavimento e a fan-coil; Vmc con recupero di calore in ogni appartamento; impianto fotovoltaico di 32,7 kWp di potenza in copertura; sorgenti luminose delle aree comuni a Led
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Nelle camere e nella zona Spa dell’hotel porte Rasomuro a battente e scorrevoli di Lualdi.
› OSPITALITÀ
Sopra, chandelier a 12 braccia a forma di albero rovesciato caratterizzano l’area lounge bar. A destra in alto le luci dinamiche che trasformano il tunnel di ingresso in un percorso esperienziale e, sotto, gli oculi della piscina costruiti in situ. Nella pagina di sinistra due soluzioni luminose realizzate ad hoc per gli spazi comuni del resort.
A livello di lighting, gli imponenti chandelier a 12 bracci in finitura ottonata e vetro satinato dell’area lounge bar sono stati realizzati ispirandosi alla forma dell’albero rovesciato simbolo e logo di Aria Wellbeing. I chandelier sono solo un esempio delle soluzioni illuminanti messe in atto da Bespoke Lighting Solutions, che per il resort ha dato forma al progetto del lighting designer Giorgio Colombo. Quasi tutto è stato realizzato su misura: gli elementi tubolari Æterea Gem – ciascuno monta un Led da 4W in 2700K con un’ottica in vetro acrilico e finitura in ottone spazzolato – che disegnano lo spazio della reception; il controsoffitto luminoso con bulbi Led mirror e riflettori in oro lucido che illumina l’area bar; le lampade in ottone spazzolato Æterea Spin dei comodini con Led integrato da 6W 2700K; le sospensioni delle camere in tessuto shantung avorio con finiture in tessuto nero e appenderia in ottone; gli specchi retroilluminati intelaiati in ottone. Custom è anche la retroilluminazione della quinta in onice del corridoio delle cabine estetiche, un importante lavoro di backlighting che dona profondità alla parete nonostante l’altezza di più di 250 cm. Nel corridoio della Spa è stato creato invece un effetto di bosco rovesciato, con elementi in vetro borosilicato che, giocando con sabbiature e lucidature,
Bespoke Lighting Solutions ha realizzato l’illuminazione su misura del resort creano un sorprendente gioco di proiezioni circolari a terra, come se la luce filtrasse attraverso gli alberi. Altro ambiente di forte impatto è la piscina, sviluppata con imponenti oculi luminosi sullo specchio d’acqua in luce Rgbw dinamica: gli elementi sono stati realizzati con una carpenteria in acciaio inox e rivestiti sul posto. Custom anche le piantane dell’area relax, a luce diffusa in tessuto e protezione dall’acqua IP65. Ma l’elemento forse più sorprendente è il tunnel ipogeo che collega l’hotel al parco: un percorso esperienziale saturo di luci dinamiche. Il sistema è una complessa programmazione in Dmx512 con prodotti multilenticolari a ottiche asimmetriche con Led Rgbw indirizzati singolarmente sui soffitti del tunnel, creando effetti
luminosi di movimento dove la profondità dello spazio si perde lungo il percorso, segnato a terra da piccoli segnapasso calpestabili da 1W in 2700K che sembrano ciottoli brillanti. Nata con l’idea di fornire soluzioni di illuminazione chiavi-in-mano per superare il gap esistente tra il progetto illuminotecnico e la sua concreta realizzazione, Bespoke Lighting Solutions opera come general contractor della luce sia con forniture complesse multimarca dal progetto al cantiere sia soprattutto nell’ingegnerizzazione e realizzazione di prodotti su misura. Alcune realizzazioni custom sono poi commercializzate anche sul mercato consumer con il marchio Æterea. www.bespoke-light.com
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› OSPITALITÀ
IL LAVORO DI UNO DEGLI STUDI ITALIANI PIÙ AFFERMATI NELLA PROGETTAZIONE DI INTERNI, CON UNA FORTE SPECIALIZZAZIONE NEL SETTORE DELL’OSPITALITÀ DI ALTA GAMMA, CONSISTE NEL TRASFERIRE NEL DESIGN L’IDENTITÀ DEL LUOGO. UNA CONVERSAZIONE CON FEDERICO SPAGNULO
Spagnulo & Partners Fondato a Milano da Federico Spagnulo (in alto) con la collaborazione di Alessandra Carbone e Andrea Spagnulo, lo studio di architettura e interior design è composto da 15 professionisti tra collaboratori e associati. Nel corso degli anni Spagnulo & Partners ha sviluppato una particolare attenzione ai progetti di residenze e alberghi di lusso, in Italia e nel resto del mondo, collaborando con importanti gruppi alberghieri internazionali come Kempinski e Marriott International, ed è responsabile di tutti i progetti italiani e esteri del gruppo Baglioni Hotels & Resorts. L’approccio culturale ai luoghi, la costante ricerca sui materiali e sugli oggetti, la capacità di reinterpretare le tradizioni in chiave moderna e l’attenzione ai dettagli fanno di Spagnulo & Partners uno dei protagonisti della progettazione di interni.
www.spagnuloandpartners.it
SPAGNULO & PARTNERS
DARE UN SENSO AL LUOGO
Sopra e nella pagina di destra, render degli ambienti di Palazzo Portinari (courtesy Spagnulo & Partners).
di Antonio Morlacchi
Oggi, soprattutto quando si scrive di alberghi, tutti parlano di experience. Voi come interpretate esattamente questo termine?
Con la ricerca di senso. Cerchiamo di comprendere le specificità del luogo in cui di volta in volta con i nostri progetti ci troviamo a operare e di trasferire queste specificità nel design, in modo che l’ospite possa costruire, attraverso il nostro lavoro, un proprio percorso di scoperta del luogo. Quindi un racconto in tre dimensioni.
Attenzione però, oggi si parla spesso di ‘narrazione’ che è un termine piuttosto ambiguo, come se ti volessi convincere di qualcosa raccontandoti una storia. Ma se invece riesco a parlarti, attraverso materiali e oggetti, dell’au-
tentica identità di un luogo non sto facendo una narrazione: ti sto invitando ad ampliare la tua visione del posto uscendo dagli stereotipi del turismo, che anche se ti trovi in una destinazione di lusso è sempre un turismo massificato. Per esempio, nel nostro progetto di trasformazione di palazzo Portinari Salviati, uno dei più begli edifici rinascimentali di Firenze, attraverso materiali, arredi, oggetti e colori ogni suite assume i caratteri di uno dei personaggi della famiglia e nelle camere gli ospiti troveranno documenti e ‘indizi’ per seguire le tracce del passaggio di quei personaggi in città, andando alla scoperta di una Firenze poco conosciuta invece di mettersi semplicemente in fila per visitare gli Uffizi. Quindi progetti che oltre alla struttura alberghiera coinvolgono il territorio.
Sì, e non solo dal punto di vista dell’ospite. Ti faccio un altro esempio: per il Sardinia Resort abbiamo ricercato, attualizzandole, tradizioni locali coinvolgendo artigiani che con questo intervento possono continuare a lavorare e anzi acquisiscono una visibilità che altrimenti non avevano. Non vorrei peccare di presunzione ma, a volte almeno, il nostro lavoro di ricerca in profondità può contribuire a salvaguardare un patrimonio culturale e materiale che oggi è a rischio di estinzione. Quanto conta in questo processo di costruzione
Il team dello Studio Spagnulo & Partners.
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› OSPITALITÀ
Palazzo Portinari Salviati Firenze Volto a convertire questo magnifico esempio di architettura rinascimentale fiorentina in una dimora storica con appartamenti, un ristorante stellato e una Spa, il progetto di interni di Spagnulo & Partners nasce dalle storie della famiglia che diede i natali a Beatrice e di quella che dal 1456 lo ampliò. Personaggi poco noti ai più come Lionardo Salviati, fondatore dell’Accademia della Crusca, o Filippo Salviati, intimo amico di Galileo Galilei, che il progetto di interni racconta ricercando – ad esempio nei tessuti – la fattura e i colori delle vesti dei personaggi ritratti nei dipinti dell’epoca e offrendo agli ospiti, attraverso documenti e mappe, la possibilità di ripercorrere la storia antica di Firenze seguendo itinerari originali al di fuori dei tradizionali circuiti turistici.
del progetto l’aspetto decorativo?
Noi prima di tutto siamo architetti e senza un contenuto autentico la decorazione non ha alcun valore. I disegni, i segni e i materiali dei nostri progetti sono il risultato di un’approfondita attività di ricerca. Specialmente in Italia, che per cultura e bellezza non ha uguali al mondo, si tratta di riscoprire le grandi tradizioni artigianali, a volte sono autentiche forme
d’arte, e poi certo reinterpretarle per renderle fruibili e contemporanee. Poi naturalmente per individuare materiali e prodotti appropriati conta molto l’esperienza accumulata in tanti anni di letture, viaggi, visite e incontri. Ma mi preme tornare al tema della decorazione: bello è ciò che è anche ‘giusto’, appropriato e in qualche modo necessario. La bellezza non è una questione soggettiva ma un fatto culturale.
La necessità del progetto. Un discorso che i committenti comprendono?
Sì perché ormai sta diventando un elemento di distinzione che entra nel processo di comunicazione e di marketing del settore dell’ospitalità. Se vuoi competere con le grandi catene internazionali del lusso che hanno standard precisi per i 5 stelle e hanno dalla loro la forza del brand devi riuscire a fare la differenza.
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› OSPITALITÀ
Del resto è ormai da anni che nel mondo dell’hotellerie ciò che conta è saper creare una destinazione. Per tornare all’inizio della nostra conversazione: dare un senso al luogo in cui inviti i tuoi ospiti a soggiornare. Non solo, oggi noto che dal mondo degli alberghi questa ricerca della destinazione si sta estendendo ad altri luoghi funzionali. Pensa ai centri commerciali, con quei mall piuttosto tristi dove al più trovavi due panchine tra una vetrina e l’altra. Prima sono nate le food court, che ora stanno diventando centrali anche in luoghi di transito come le stazioni; poi Ikea ha insegnato che i servizi alla clientela includono anche aree gioco dove intrattenere i bambini. Ora chiedono a noi, e forse proprio perché di funzioni commerciali sappiamo poco, di immaginare gli interni di futuri centri commerciali con l’intento di trasformarli da luoghi puramente funzionali in luoghi di sosta e di intrattenimento, in altre parole in ‘destinazioni’.
La sala da pranzo del ristorante del Baglioni Hotel Luna. Sopra, il bancone bar della sala del camino a doppia altezza e, a sinistra, dettaglio delle poltrone e dei tavoli di legno verniciati realizzati su disegno di Spagnulo & Partners.
Poi però ci sono gli aspetti concreti, i danée come si dice a Milano
Ah certo, i budget. Noi lavoriamo soprattutto sull’high end ma pur essendo molto diversi anche qui i budget ci sono. A volte è una questione di scala, perché arredare 300 camere è più facile che produrre un su misura per un boutique hotel. Ma è anche una questione di responsabilità: ultimamente siamo stati incaricati anche di collaborare alla costruzione del budget. All’inizio la cosa mi preoccupava un po’ ma ha anche i suoi vantaggi: se sei responsabile del budget il product manager non può stravolgerti il progetto adducendo ragioni di costi. Si ragiona insieme, si discute ogni scelta all’inizio e poi sei tu che devi essere capace di non sforare il budget mantenendo l’originalità del tuo progetto
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Baglioni Hotel Luna Venezia Il riferimento di Spagnulo & Partners per il rinnovo delle aree pubbliche dello storico 5 stelle a pochi passi da piazza San Marco è stata la secolare tradizione di ospitalità del luogo, che già nel XII secolo ospitava un ostello dei Cavalieri Templari, con i materiali, i riferimenti decorativi, i tessuti e le luci frutto di secoli di scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Moderni arredi fissi e mobili disegnati ad hoc si integrano con i lampadari di Murano, i pavimenti intarsiati di marmo policromo e gli stucchi alle pareti. Il banco reception è in ottone brunito con base in pietra d’Istria, come i basamenti delle colonne esistenti. Nuovo bancone bar con piani
in ottone brunito al centro della sala a doppia altezza del Caffè Baglioni, dove lo spazio è scandito da vetrine vini in vetro e ottone brunito che creano ambienti distinti conservando la percezione completa della grande sala a doppia altezza, e su disegno anche i tavoli in legno curvato verniciati di nero effetto seta con inserti di ottone brunito e le poltrone con schienale avvolgente rivestite con tessuti di Rubelli. Nuova anche la Spa appena inaugurata, con pannelli in tessuto classico, inserti in vetro bronzato e mosaici in vetro sfumato.
› OSPITALITÀ
Baglioni Resort Sardinia San Teodoro Il progetto di interior design del resort sulla costa nord-orientale dell’isola, con la Tavolara sullo sfondo, riflette l’unicità dell’identità sarda, dove la materia è fatta anche di luci, suoni, colori e odori e il sapere artigianale è solo una delle espressioni dell’identità culturale dell’isola. Gli elementi forti della natura sarda sono uno dei protagonisti di molte scelte architettoniche fatte da Spagnulo & Partners: il granito delle facciate degli edifici, i pavimenti scomposti in pietra d’Orosei, i colori pastello delle pareti delle aree comuni, la calce cruda dei muri delle camere. L’altro elemento è dato da alcune tradizioni dell’isola reintepretate in chiave contemporanea: i tessuti, i cui disegni tradizionali sono diventati inserti in tessuto nelle testate letto, nei tappeti delle aree comuni e delle camere, nei cuscini e nelle tende; le ceramiche, con le brocche e le anfore anulari fatte a mano come nel 1850 da Walter Usai nel suo laboratorio di Assemini che arredano camere e aree comuni; il cotto artigianale con gli intarsi di cotti smaltati a mano nei mobili in rovere sbiancato delle camere.
Nelle foto, una suite del resort e il ristorante con dettagli delle tradizioni artigianali reinterpretate. Foto di Barbara Pau.
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› OSPITALITÀ
Un bozzetto di Martin Gruber e alcune viste dell’estensione del Blasla Hof. Anche i tetti sono in tavole di legno accostate, in continuità con le facciate. L’architettura manifesta un aspetto allo stesso tempo contemporaneo e tradizionale (ph. ©Tobias Kaser).
SCELTE RADICALI E A BASSO IMPATTO AMBIENTALE NEL PROGETTO DI UN RESIDENCE PER VACANZE CHE CONSERVA IL CARATTERE AUTENTICO DELLE ABITAZIONI CONTADINE DEL SUD TIROLO. PROGETTO DI MARTIN GRUBER [ 112 ]
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› OSPITALITÀ
BLASLA HOF, UNTERSTEIN, VAL CASIES
BAUERNHAUS MIT WELLNESSBEREICH
Non è un residence come gli altri, il Blasla. Intanto dovrebbe chiamarsi Blasler, e già l’omaggio al dialetto della Val Pusteria, che trasforma l’er in ‘a’, segnala un’attitudine verso tradizioni secolari e verso l’autentica natura del luogo, una fattoria. Ma se la scelta del nome attiene ai committenti, l’architetto ne sposa la filosofia e realizza l’ampliamento – undici appartamenti di vacanza, piscina e sauna – facendo il contrario di quel che si fa quando si costruisce un hotel. Invece di un corridoio che conduce alle camere, una corte. Anzichè un solo volume, sei corpi distinti. Poi, su ogni volume, un tetto a due falde, con il colmo che taglia il perimetro in
diagonale. Così, osservato dall’alto, il piccolo complesso trae in inganno e non si discosta da quanto un custode della tradizione si aspetti di vedere in queste valli, mentre dal cortile interno gli ospiti ne percepiscono la contemporaneità: privi di sbalzi e grondaie, i tetti sono il prolungamento delle facciate, e come queste sono fatti di lunghe liste di legno massiccio posate parallele alle linee di caduta dell‘acqua, che confluisce in due soli punti. Il legno è parte determinante del progetto, che comincia sullo schermo di un computer ma prosegue con la cura del materiale, la stagionatura, il taglio secondo le fasi lunari, la volontà di replicare il più possibile, nel manufatto,
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› OSPITALITÀ
Pianta del complesso residenziale e, sotto, dettaglio di un incastro a coda di rondine (disegni courtesy Martin Gruber, ph. ©Tobias Kaser).
Martin Gruber Dopo gli studi di architettura e progettazione del paesaggio a Vienna, la laurea all’università di Innsbruck e l’abilitazione alla professione all’università Iuav di Venezia e prima di intraprendere la professione Martin Gruber (1975) si è dedicato all’attività sportiva (nel 1999 è stato vice campione del mondo di slittino su pista naturale) e ai viaggi, lavorando a progetti e opere in Brasile, Russia e Cina. Tornato in Italia ha stabilito studio e abitazione in una fattoria nel comune di Chiusa. Tra i numerosi progetti realizzati in ambito regionale, l‘abitazione per vacanze Freiform, completata nel 2021 e vincitrice del 22 Best Architects Award nella categoria residenze monofamiliari.
www.gruber-partner.com
“Il legno non è un materiale da costruzione come gli altri. Il legno è vivo: odora, sbiadisce, si piega e si contorce. Quando invecchia ingrigisce. Come noi”. Martin Gruber
l’andamento verticale dei tronchi, prolungandone l’altezza e riducendo gli sprechi anche con tavole più strette di quelle di normale uso commerciale, montando le parti – all’interno – con incastri di legno a coda di rondine, senza usare colle o chiodi. Protetto da una bussola in acciaio corten, l‘ingresso di ogni abitazione – ciascuna misura sei metri per sei – si apre sul giardino delle erbe, il cortile che crea senso di vicinanza tra gli ospiti, permette di cogliere il variare del meteo e delle stagioni, osservare i fiori sbocciati oggi, raccogliere erbe per le tisane, riposarsi presso una fontana. L’intento complessivo del progetto è quello di conservare il più possibile il carattere contadino, che in genere si smarrisce quando all’attività agricola subentra un’attività di servizi come è quella turistica. Il giardino inoltre – al pari delle costruzioni, che sono reversibili – mantiene permeabile il terreno e favorisce il ciclo naturale dell’acqua
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Accanto, gli ambienti della piscina coperta e della Spa (ph. ©Tobias Kaser).
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› OSPITALITÀ Impermeabilizzazione in Epdm Firestone RubberGard I componenti in legno massiccio del Blasla Hof, sia in facciata che sul tetto, sono formati da listelli con tavole di diversi tipi di legno montati verticalmente o in parallelo con il naturale flusso dell’acqua per garantire una buona tenuta anche sotto la pioggia battente. Ma essendo i listelli a secco posizionati uno di fianco all’altro e data la presenza di grondaie incassate, era indispensabile rivestire e impermeabilizzare l’intera struttura per riparare l’involucro da possibili infiltrazioni. Per questo è stata scelta la membrana Firestone RubberGard, che permette di adattarsi a qualsiasi forma, anche le più complesse, garantendo una tenuta ottimale per molti anni. A differenza di altre membrane di copertura tradizionali, l’installazione della membrana RubberGard Epdm non richiede l’impiego di fiamme e attrezzature, il che rende le condizioni di lavoro in cantiere più sicure. Trattandosi di una membrana monostrato prodotta in teli di grandi dimensioni (privi di saldature), rappresenta una soluzione di copertura leggera, rapida e facile da installare, che grazie alle eccezionali caratteristiche dell’Epdm è in grado di offrire al contempo un’eccezionale durata (la prima membrana di copertura, installata nel 1980, è tuttora in esercizio), resilienza e adattabilità alle esigenze attuali e future degli edifici: risultati resi possibili anche dalle diverse opzioni di installazione e dalla vasta gamma di accessori offerti da questo sistema di copertura collaudato e completo. L’offerta di Firestone Building Products – oggi parte del Gruppo Holcim – include anche la membrana di copertura di colore chiaro Firestone Ultraply Tpo, che dal 1996 garantisce un’ottima riflettanza solare e un’eccellente durabilità. In Italia le membrane impermeabilizzanti Firestone sono commercializzate da Alpewa. www.alpewa.com www.firestonebpe.it
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› OSPITALITÀ
L’ingresso di tutte le abitazioni, protetto da una bussola in acciaio Corten, è collegato allo spazio aperto del giardino delle erbe (ph. ©Tobias Kaser).
CREDITI Località Unterstein, Val Casies, Bz Progetto architettonico Martin Gruber Ingegneria strutturale e impianti Armin Strickner Autorizzazioni e permessi Matthias Hofer General contractor Hoku Guaina isolante coperture Firestone - Alpewa Arredi Robert Sommacal
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blaslaHoF, arch. Martin gruber_ photo. Kaser tobias
libertá di progettazione con la MeMbrana cHe si adatta alle tue idee la membrana di copertura Firestone rubbergard epdM, nota per le sue caratteristiche di sostenibilità ambientale, permette di realizzare qualsiasi tipo di progetto, anche quelli piú complessi che richiedono materiali e tecnologie non convenzionali, offrendo durata eccezionale, resilienza e adattabilità alle esigenze attuali e future degli edifici.
Firestone rubbergard epdM per una biblioteca in legno in France
www.alpewa.com
› OSPITALITÀ Gli spazi pubblici dell’hotel comprendono la reception, la hall, due ristoranti e una grande sala meeting.
LIFE SOURCE, BERGAMO
ETIMOLOGIA DELL’OSPITALITÀ FUNZIONI DI ACCOGLIENZA E DI RIABILITAZIONE, SPAZI PRIVATI E DAY SURGERY NEL NUOVO POLO RICETTIVO PROGETTATO DALLO STUDIO DI LEONARDO TOGNI PRESSO L’OSPEDALE DI BERGAMO
Inaugurato nel 2021 alle porte di Bergamo, Life Source coniuga accoglienza, cultura del cibo e salute. La proposta progettuale dello studio Leonardo Togni ha infatti previsto la costruzione di un edificio con funzioni terziarie ricettive, servizi alla persona, pubblici esercizi e una day surgery. All’interno dell’edificio alto venti metri, su cinque piani si trovano 102 camere, sale per riunioni e meeting, due ristoranti, la Spa e una terrazza panoramica di circa mille metri quadrati. Particolare cura e attenzione è stata dedicata agli spazi aperti, sia privati sia di uso pubblico. La struttura è circondata da un parco di 6.000 metri quadrati con piscina. Al piano interrato, data anche la vicinanza [ 118 ]
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dell’ospedale, si è optato per un servizio di supporto alla struttura ospedaliera predisponendo studi medici, spazi per la riabilitazione e il benessere con palestra e vasca riabilitativa e una sala operatoria per piccoli interventi chirurgici. L’architettura è stata realizzata secondo i principi del risparmio energetico e della sostenibilità degli interventi, con obiettivo la certificazione Leed Gold. La ricerca della contemporaneità compositiva nell’insieme e il rigore formale nel trattamento delle superfici esterne restituisce una sensazione di modernità e innovazione, cui ha contribuito Mirage che ha sviluppato la facciata ventilata grazie alla quale è stato possibile contenere i consumi energetici del 30%.
› OSPITALITÀ
Il disegno di progetto mostra il sistema di ancoraggio di tipo meccanico che fissa la superficie in grès porcellanato alla parete dell’edificio tramite una struttura in alluminio. Sotto, la terrazza di 800 mq affaccia sul parco dell’hotel.
MIRAGE SISTEMA WALLTECH Per Life Source, Mirage ha fornito la facciata con sistema Walltech che, con ancoraggi di tipo meccanico, fissa la superficie in grès porcellanato alla parete dell’edificio tramite una struttura di supporto in alluminio. Si viene così a creare uno spazio vuoto di ventilazione capace di creare una camera d’aria che grazie ai moti convettivi che si generano crea un effetto di micro-ventilazione assicurando la traspirabilità della struttura architettonica. Con l’ausilio di un idoneo strato di isolante si evita la formazione di ponti termici, si riduce la dispersione di calore in inverno e si attenua l’accumulo di calore estivo, a tutto vantaggio del contenimento dei consumi energetici e del benessere delle persone che abitano l’edificio.
Una scelta che rispetta l’ambiente senza sacrificare l’estetica della facciata, che al contrario viene valorizzata dalla finitura in grès porcellanato effetto legno della collezione Signature. La collezione Signature Evo_2/e, oltre che in facciata, è stata utilizzata anche per la realizzazione della grande terrazza esterna. Grès porcellanato Mirage è stato impiegato anche per la pavimentazione di alcune delle aree comuni interne alla struttura, come la reception e il lounge bar. Qui è stata scelta la collezione Jewels in superficie naturale con lastre di grande formato (120x120 cm) che contribuiscono a esaltare l’ampiezza degli spazi. www.mirage.it
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› OSPITALITÀ
Meyer Davis Fondato a New York da Will Meyer e Gray Davis, Meyer Davis Studio è specializzato nella progettazione di interni per il residenziale, il retail e l’ospitalità. Ha collaborato con marchi come Four Seasons, Auberge Resorts Collection, Rosewood Hotels & Resorts, Mandarin Oriental, The Ritz Carlton, W Hotels, Loews Hotels e 1 Hotels. Il team ha raggiunto notorietà internazionale grazie a interventi completati in tutto il mondo che non inseguono le tendenze del momento ma ricercano nuove e sorprendenti soluzioni progettuali.
www.meyerdavis.com
ROMA
IL PRIMO W HOTELS ITALIANO IL DEBUTTO IN ITALIA DEL BRAND ORIGINALE E ANTICONFORMISTA DEL GRUPPO MARRIOTT INTERNATIONAL
Nei pressi di via Veneto, il nuovo albergo W Rome da 162 camere si sviluppa su due palazzi adiacenti del xix secolo di sei piani fuori terra uniti ora da un corpo centrale adibito a reception. L’interior design, firmato dallo studio newyorchese Meyer Davis di Will Meyer e Gray Davis, invita a guardare l’architettura tradizionale e il patrimonio culturale della città attraverso un’interpretazione ironica ed elegante. Giocando con lo spazio, la forma, la struttura e la luce, i due progettisti americani sono da sempre impegnati a dare vita a esperienze e spazi inusuali. In linea con l’identità del marchio W Hotels, Meyer Davis sa che il design lavora su più livelli, intrecciando qualità e dettagli sorprendenti per garantire che ogni progetto abbia un impatto immediato e duraturo. [ 120 ]
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Nel progetto romano i confini tra spazi pubblici e privati sono molto labili e gli ospiti potranno divertirsi a scoprire l’inaspettato, come una porta nascosta nei bagni che conduce a un giardino segreto ispirato allo stile architettonico di Borromini decorato con panchine, siepi e fontane e verranno accolti nella W Lounge, dove le aree salotto dallo stile eclettico sono valorizzate da sculture e opere d’arte. Così il murale dipinto dall’artista italiana Costanza Alvarez de Castro fa da sfondo ai banchi accoglienza in lucido acciaio. Il disegno è ispirato ai giardini romani e invita alla scoperta delle tante sfaccettature della città. Molte delle camere e suite sono dotate di balconi privati e terrazze con vista sui tetti di Roma, alcune con affaccio diretto sulla splendida facciata del vicino Istituto Svizzero.
› OSPITALITÀ
L’hotel si sviluppa su due palazzi adiacenti risalenti al XIX secolo, nel centro di Roma.
La maggior parte delle pareti è in pietra, per rievocare la storia del palazzo.
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› OSPITALITÀ WOODCO Spina italiana Woodco per le stanze del W Rome. Il parquet utilizzato all’interno delle camere e delle suite dell’hotel W Rome appartiene alla collezione Dream di Woodco, che unisce un’ampia scelta di formati e colorazioni a una grande attenzione al comfort e alla qualità abitativa. Realizzato nella colorazione Rovere Canapa con un’elegante geometria a spina italiana, il pavimento è formato da listelli 90x600 mm dalla superficie spazzolata e microbisellata su tutti i lati. Per preservare al meglio la naturalità del legno, la colorazione del parquet è stata effettuata attraverso dei pigmenti colorati naturali, che hanno permesso di modificare le tonalità originarie dell’essenza – il pregiato rovere di Slavonia – senza coprirne le peculiarità. Per le camere del W Rome è stata scelta una finitura con olio cera, che da un lato valorizza l’aspetto naturale del legno assorbendo la luce senza rifletterla, e dall’altro rende il parquet facile da pulire e da mantenere nel tempo. www.woodco.it
L’architettura storica si fonde con decori blocking nelle tonalità dell’arancione brunito, del rosso scuro e del verde bosco e decisi motivi grafici.
Le camere hanno finestre a tutta parete schermate da tende di velluto rosso granata e pavimenti in parquet a spina di pesce che diventano in marmo nella zona bagno. Ispirati da suggestioni dal passato, presente e futuro di Roma, gli interni a pianta aperta sono caratterizzati da colori pieni e motivi grafici decisi, realizzati nelle tonalità dell’arancione brunito, del rosso scuro e del verde bosco. La società di progettazione Lombardini22 ha gestito i permessi, in particolare con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Cultural, la ristrutturazione architettonica, il progetto impiantistico, la sicurezza antincendio e il coordinamento insieme al team internazionale di Marriott
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CREDITI Località Roma Committente King Street Capital Management Interior design Meyer Davis Permessi, ristrutturazione architettonica, progetto impiantistico, sicurezza antincendio Lombardini22 General contractor De Sanctis Costruzioni Parquet Woodco Arredi fissi Mobil project Serramenti Secco Sistemi Cronologia 2017-2022
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› OSPITALITÀ
Alessia Garibaldi Architetto milanese con una forte proiezione artistica, Alessia Garibaldi progetta facendo sua la lezione estetica del razionalismo internazionale, attingendo da ordini volumetrici e concetti spaziali che coniuga con la ricerca di materiali naturali e finiture artigianali. Il suo modo di fare architettura diventa un racconto che reinterpreta il passato in modi sempre nuovi e originali.
www.garibaldiarchitects.com Cristina Paini Cristina Paini (a sinistra nella foto in alto) è la fondatrice e amministratrice delegata di Lhm Lab & Hotel Management, white label company che si occupa della gestione di strutture alberghiere di 4 e 5 stelle.
www.lhmsrl.it
Arredi custom, arte e artigianato connotano gli interni di Palazzo al Velabro.
ROMA
PALAZZO AL VELABRO RIAPRE LO STORICO EDIFICIO CON IL PROGETTO DI INTERIOR DESIGN CURATO DALLO STUDIO GARIBALDI ARCHITECTS
Aprirà nell’estate 2022, sotto l’insegna di Marriott, Palazzo al Velabro, edificio settecentesco nel centro di Roma che già negli anni Sessanta Luigi Moretti aveva trasformato in residence. Il restyling, firmato dall’architetto e interior designer Alessia Garibaldi dello studio Garibaldi Architects, ne rinnova l’eredità storica trasformando la struttura in un hotel 4 stelle che sarà gestito dalla ‘white label’ Lhm Lab & Hotel Management. La struttura rinnovata si compone di 27 ampi appartamenti con cucina e 6 camere, una sala meeting, una piccola sala cinema,
bar, ristorante, dehor con terrazza esterna e zona fitness. Nel pieno rispetto della natura del luogo, ogni dettaglio è stato ideato e curato per offrire al cliente un’accoglienza tailor-made. Il progetto, orientato alla ricerca del talento artigiano del Made in Italy più autentico, è sviluppato con arredi e oggetti di design originali, vintage e creati su misura. Tre i mood che distingueranno gli interni, accentuati dagli accostamenti delle diverse palette di colori e materiali: rafia e rosa mattone, light blue e gradazioni di marrone, legno e verde
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› OSPITALITÀ
IL PROGETTO DELLO STUDIO TORINESE LAMATILDE FA RIVIVERE UNA CASA DI CAMPAGNA NELL’ENTROTERRA SORRENTINO
L’orto e il giardino sono stati disegnati in collaborazione con il paesaggista Stefano Olivari (Ph. ©Serena Eller Vainicher).
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› OSPITALITÀ
LAQUA COUNTRYSIDE, TICCIANO
LO SPAZIO COME STRUMENTO NARRATIVO Lo studio lamatilde ha sviluppato il concept che ha trasformato una casa di campagna dello chef Antonino Cannavacciuolo nel resort Laqua, curandone la ristrutturazione in partnership con l’architetto Valentina Autiero per gli interni e la direzione artistica e in collaborazione con l’architetto Stefano Olivari per il progetto di paesaggio con la piscina e le stanze all’aperto a disposizione degli ospiti. L’approccio progettuale, che accomuna gli ampi spazi esterni, le sei camere e il ristorante, si basa sulla riscoperta della memoria e della tradizione, nei materiali, nelle lavorazioni e nell’accurato lavoro di styling. I rivestimenti sono l’elemento architettonico che maggiormente racconta il legame con il
territorio e con la tradizione. Tutta la pavimentazione è realizzata in cocciopesto, tecnica di rivestimento con cocci di ceramica frantumati utilizzata anche in Campania fin dall’epoca Romana. Le superfici interne sono impreziosite da inserti in marmo Calacatta Oro e Rosso Montecitorio. Parte delle originali ceramiche di Vietri dell’edificio, inoltre, sono state restaurate e redistribuite negli spazi della struttura. Gli ambienti comuni e la zona ristorante sono caratterizzati da pannelli realizzati in ottone brunito, poi spazzolato sul lato inferiore per ottenere sfumature ondulate che esaltano la percezione di un unico oggetto continuo. La maggior parte degli arredi è stata disegnata
su misura dallo studio lamatilde, mentre le sedute e i tavoli nelle camere, negli spazi comuni e nella sala da pranzo sono di Pedrali. La memoria torna protagonista nelle sei camere per gli ospiti, dai 25 ai 100 metri quadrati. I personaggi che abitavano la casa diventano l’espediente narrativo per caratterizzare l’allestimento delle camere. La Stanza della Nonna, del Tuttofare, dello Zio Matto, del Curato, di Annarella e di Marina: ciascuna è definita da un suo stile e una sua storia, offrendo agli ospiti la possibilità di soggiornare all’interno di sei racconti diversi. I personaggi che danno il nome a ogni stanza sono resi attraverso selezioni di oggetti di modernariato e accessori e l’utilizzo di finiture e materiali differenti, in particolare diverse
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› OSPITALITÀ
lamatilde Lo studio di progettazione di Torino specializzato nella realizzazione di progetti di interior, in particolare per il mondo dell’hospitality, è nato nel 2017 dalla collaborazione di Michele Cafarelli, Luca Macrì, Sandro Rizzo, Marco Ruffino e Silvio Tidu. Il concept che identifica tutti i lavori firmati da lamatilde immagina lo spazio come strumento narrativo. Il linguaggio visivo e quello architettonico vengono pensati come un unico mezzo, progettati in modo da far vivere ai soggetti un’esperienza immersiva all’interno non solo di un luogo ma di un racconto. Ogni progetto diventa una storia che, attraverso un’analisi degli stili di vita e della cultura del luogo, unisce architettura, prodotto, grafica e comunicazione in un’esperienza unica.
www.matilde.it
I muri che sostengono le quattro terrazze del giardino sono costruiti con pietre calcaree raccolte dalla pulizia del terreno (Ph. ©Serena Eller Vainicher.)
CREDITI Località Ticciano (Napoli)
tipologie di marmo: Verde Alpi, Rosa Perlino, Giallo Siena e Calacatta Oro. Nelle camere gli arredi su misura mixano ferro verniciato nero opaco a pelle e legno di rovere spazzolato. La netta predominanza del color corda e di toni neutri viene interrotta dall’utilizzo di campiture cromatiche più decise, utilizzate per accompagnare la narrazione del personaggio di ciascuna stanza. Anche all’esterno il progetto è stato guidato dall’utilizzo di materiali di recupero e da un forte legame con il territorio. I muri che sostengono le quattro terrazze del giardino sono costruiti con pietre calcaree raccolte ripulendo il terreno, secondo le tradizioni contadine in uso da secoli in questa zona della Campania
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Committente Ca.Pri Progetto architettonico e interni lamatilde con Valentina Autiero Architetto Direzione lavori Valentina Autiero Progetto paesaggistico Stefano Olivari Foto Serena Eller Vainicher Impresa di costruzioni Rep Costruzioni Arredi custom Disè Arredi Pedrali Rivestimento piscina Mapei Serramenti Falegnameria Panico Marmi Russo Marmi Arredobagno Cielo, Gessi Illuminazione Oty Light Superficie 3.520 mq Cronologia 2019-2021
› OSPITALITÀ
Pannelli in ottone brunito caratterizzano l’ingresso, le scale e il ristorante (Ph. ©Serena Eller Vainicher).
PEDRALI Oltre che con gli elementi custom progettati da lamatilde, il resort è arredato con tavoli e sedie di Pedrali. I piani dei tavoli, realizzati ad hoc per il progetto, sono in pietra lavica. Le poltrone sono Ester di Patrick Jouin per il ristorante interno e Jazz, design Pedrali R&D, per quello esterno. Per le terrazze e nella zona piscina sono state selezionate diverse declinazioni della collezione Tribeca. In armonia con il concept di progetto le sedie, le poltroncine e i divanetti lounge disegnati da CMP Design sono echi della memoria, reinterpretazioni in chiave moderna delle classiche sedute da terrazza anni Sessanta realizzate in acciaio con intreccio. Nelle camere, protagoniste le forme morbide e arrotondate delle sedute Blume, progettate da Sebastian Herkner, e del pouf Buddy di Busetti Garuti Redaelli. www.pedrali.com
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› DESIGN
YACHT DESIGN RICERCA E INNOVAZIONE IN SANLORENZO IL TEMA DELLO YACHT DESIGN È RIMASTO SOSTANZIALMENTE FERMO AL SECOLO SCORSO. ALL’EVOLUZIONE TECNOLOGICA E INGEGNERISTICA RARAMENTE CORRISPONDONO CASI DI REALE INNOVAZIONE A LIVELLO ARCHITETTONICO. L’ESPERIENZA DEI CANTIERI NAVALI SANLORENZO RAPPRESENTA INVECE UNO DEI POCHI ESEMPI DI RICERCA SPERIMENTAZIONE E PROPOSIZIONE DI SOLUZIONI ARCHITETTONICHE CHE, BEN OLTRE UN SUPERFICIALE APPROCCIO STILISTICO O DECORATIVO COINVOLGE ASPETTI TIPOLOGICI E STRUTTURALI
di Carlo Ezechieli
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› DESIGN
Massimo Perotti, presidente esecutivo di Sanlorenzo. Sotto, lo yacht Sanlorenzo SL120A, interior design Zuccon International Project. Nella foto grande della pagina di sinistra, Sanlorenzo SX112, interior design Piero Lissoni (ph. ©Thomas Pagani). Accanto al titolo una vista dei nuovi cantieri navali Sanlorenzo a La Spezia, 2019 (ph. ©Simone Bossi).
L’arte di rompere gli schemi MASSIMO PEROTTI, PRESIDENTE ESECUTIVO DI SANLORENZO, RIPERCORRE IL PROCESSO DI INNOVAZIONE NELLO YACHT DESIGN MESSO IN ATTO DALL’AZIENDA
È a capo di Sanlorenzo ormai da quasi vent’anni. Cosa l’ha portata qui?
Sono arrivato in Sanlorenzo forte di un’esperienza maturata in oltre vent’anni di attività nel settore nautico e ciò che principalmente mi ha portato qui è stata l’eccellenza che ha sempre caratterizzato il brand, ancora prima dell’acquisizione. Pur essendo allora un’azienda più piccola, il livello di qualità, comfort e solidità delle barche erano molto elevati e ciò che ha sempre distinto il cantiere dai suoi competitor è la realizzazione di yacht fatti su misura, in base alle specifiche richieste degli armatori. Il mio intento era e rimane quello di portare questi valori sempre più in alto, unendo la tradizione all’innovazione. Quali sono stati i momenti più importanti nel lavoro in Sanlorenzo?
Da quando ho rilevato Sanlorenzo nel 2005 ci sono stati diversi importanti cambiamenti e idee innovative che hanno fatto davvero la differenza nel settore della nautica da diporto. L’introduzione di una divisione dedicata alla produzione di superyacht in metallo dai 40 agli 80 metri è sicuramente uno dei momenti più significativi nella storia del cantiere, considerata anche la forte crescita che ha poi registrato negli anni. Siamo stati la prima azienda del settore nautico ad aprirsi al mondo del design e attivare collaborazioni con architetti e designer internazionali. Dordoni Architetti, Antonio Citterio e Patricia Viel, Piero Lissoni (divenuto art director di Sanlorenzo nel 2018), Patricia Urquiola e Christian Liaigre hanno firmato gli interni di yacht diventati iconici portando a bordo il concetto di “home feeling”. Un’altra tappa fondamentale è stata la decisione di stringere un legame con il mondo
dell’arte attraverso le collaborazioni con alcune delle maggiori gallerie e istituzioni culturali come La Triennale di Milano, Art Basel – di cui siamo host partner – e Peggy Guggenheim Foundation di cui siamo institutional patron, che ha portato anche alla creazione di Sanlorenzo Arts, un autentico produttore di cultura e design. In questo percorso trasversale si colloca anche il nostro interesse al Padiglione Italia alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, dove siamo main sponsor. In un ottimo articolo pubblicato su Il Foglio lei aveva parlato non solo di Sanlorenzo ma anche del contesto globale, caratterizzato da una crescita esponenziale del settore del lusso, mettendone in evidenza luci e ombre. Come vede il futuro e il ruolo della sua azienda?
Noi riusciamo ad essere un’azienda forte quando le cose vanno bene ma anche resilienti nei momenti di difficoltà. Abbiamo continuato a lavorare e a crescere anche durante la pandemia e continueremo a farlo in futuro. Il nostro obiettivo è quello di una crescita garbata e costante, che ci permetta di mantenere elevati standard qualitativi di prodotto e servizio, le caratteristiche principali del nostro business model che si è rivelato vincente in passato e che credo fortemente lo sarà anche nei prossimi anni. Sanlorenzo è stata pioniera in diversi ambiti, dalla tecnologia, al design, all’arte. Abbiamo introdotto innovazioni che i nostri concorrenti hanno iniziato a utilizzare dopo di noi ed è quello che continueremo a fare, evolvendo senza mai tradire l’identità aziendale e mantenendo delle linee e uno stile riconoscibili. Quali sono le sfide principali da affrontare?
La sfida più importante è sicuramente quella della sostenibilità ambientale. Stiamo lavo-
rando costantemente con i nostri partner tecnologici per dotare le nostre barche di motori ibridi o diesel/elettrici in modo da migliorare sempre di più l’impatto ambientale sull’ecosistema marino. A questo scopo lo scorso anno abbiamo firmato un accordo con Siemens Energy per dare vita a tecnologie inedite come sistemi Fuel cell a metanolo per la generazione di corrente elettrica a bordo, sistemi di propulsione diesel elettrica di nuova generazione per l’applicazione su modelli di yacht oltre i 50 metri, sistemi di propulsione ibrida di nuova generazione destinati all’utilizzo su imbarcazioni sotto i 50 metri. Stiamo andando in una direzione che permetterà uno sviluppo di minori consumi, un modo più intelligente di andare per mare e la possibilità di riciclare il più possibile i materiali utilizzati. Crediamo che unendo le rispettive esperienze e risorse potremo rispondere al meglio alle sfide nell’ambito della sostenibilità sviluppando per primi una nuova generazione di tecnologie che segnerà un importante cambio di rotta nel settore dello yachting.
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› DESIGN
Tre viste del motoryacht Sanlorenzo SL120A, interior design Zuccon International Project (ph. © Thomas Pagani).
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› DESIGN
Sergio Buttiglieri, dal 2006 Style Director di Sanlorenzo, per oltre vent’anni era stato direttore tecnico di Driade. Il suo ruolo di definizione delle linee guida del design del cantiere ha reso possibili i contributi inediti di alcune delle firme più autorevoli dell’architettura e del design: da Rodolfo Dordoni, Antonio Citterio, Patricia Viel, Patricia Uquiola a Piero Lissoni, che di Sanlorenzo è Art Director.
La comune percezione del lusso di Sergio Buttiglieri, Style Director di Sanlorenzo
Quando i media parlano di yacht spesso li associano al lusso stereotipato, con interni kitsch come le orride ville dei Casamonica. Non parlano mai di come la nautica italiana sia leader assoluta nel mondo: in Italia si produce circa il 50 per cento di tutti gli yacht che si costruiscono nel mondo. O di come l’80 per cento degli armatori arrivi dall’estero: potrebbero ordinare lo yacht ai cantieri navali dei loro Paesi, eppure alla fine scelgono l’Italia. Una ragione ci dev’essere. E questa ragione prima di tutto è il gusto italiano. Il nostro cantiere navale, nato nel 1958 a Limite sull’Arno, con la direzione di Massimo Perotti, Ceo e chairman di Sanlorenzo dal 2005, è diventato famoso in tutto il mondo per la sua qualità e il suo stile divenendo anche quest’anno il secondo cantiere navale al mondo per yacht oltre i 24 metri. Con un gusto raro in questo universo spesso incredibilmente scollegato dal fermento del design contemporaneo, l’unico ad aver avuto la capacità di dialogare con le più importanti firme del nostro Made in Italy e questo è sicuramente uno degli elementi distintivi del nostro cantiere. Nel dicembre 2019 Perotti, cavaliere del lavoro, ha portato Sanlorenzo in borsa nel segmento Star, ed è stato nominato miglior imprenditore dell’anno dalla società di consulenza Ey. In un’area di poco più di un miglio marino, nel cuore del Golfo dei Poeti, sorgono le aziende che rappresentano la punta di diamante della nautica mondiale. Una realtà unica che ha deciso di darsi una forma concreta attraverso la creazione di un nuovo distretto produttivo dedicato alla nautica e a tutte le attività ad essa connesse grazie alla stesura del protocollo d’intesa Il Miglio Blu - La Spezia per la Nautica. Che cosa ci invidiano all’estero e che così tanto
affascina anche i designer d’oltralpe? Innanzitutto la versatilità delle nostre imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, che sanno risolvere problemi che ad altri sembrerebbero irriducibili. Il nostro cantiere ha poi quella capacità artigianale diffusa a macchia di leopardo in molte zone d’Italia e che permette di realizzare le eccezioni della nautica italiana come in passato il bel design dei grandi maestri come Castiglioni, Mari, Magistretti, Albini, Scarpa, Munari, Sambonet o Zanuso, grazie a imprenditori atipici come Brion, Cassina, Zanotta, Gandini, Alessi, Gavina, Olivetti, Astori. Qui sta la grandezza dell’imprenditoria italiana: la capacità di pensare all’inconsueto e di renderlo possibile. Si tratta di un fattore che affascina i designer internazionali che bussano alla porta delle nostre aziende consapevoli del fatto che solo qui c’è un indotto e una creatività imprenditoriale che in tutti questi anni hanno reso concreto il Made in Italy. l’ADI Associazione per il Disegno Industriale – ha, non a caso, conferito il Compasso d’Oro 2020, il premio più autorevole nel mondo del Design, alla nostra installazione Il Mare a Milano del 2017, una mia idea che Perotti appoggiò subito con entusiasmo. Siamo inoltre felici della selezione dell’Adi Design Index che ci candida al Compasso D’Oro 2022. Tutte le difficoltà che normalmente i designer incontrano nell’apportare innovazioni significative nel settore nautico derivano proprio dal fatto che lo yacht è un mito del nostro tempo, ed essendo il mito un metalinguaggio, il pericolo è che le cose diventino immutabili. Si può così comprendere la cristallizzazione delle consuetudini nautiche, la chiusura alle novità stilemiche e l’eterno rinvio a quel prototipo immobile del mito legato alle forme e
ai materiali del passato. Con il mio lavoro in Sanlorenzo e la mia precedente ventennale esperienza in Driade, dove ho avuto modo di interagire con i più importanti designer contemporanei, ho sempre cercato di abbattere questo immobilismo e, grazie a Massimo Perotti che mi ha appoggiato senza tentennamenti, penso di esserci riuscito. Sanlorenzo non si adagia sugli allori e prosegue l’inserimento di altre grandi firme internazionali nel suo prestigioso catalogo. Ad esempio, quella del più noto e ammirato architetto minimalista al mondo, John Pawson, che sta disegnando per noi l’interior del nuovo superyacht X-Space. È esemplare ciò che aveva dichiarato Philippe Starck per spiegare perché preferisse lavorare con imprenditori italiani: «Perché sono un designer di mobili italiani? Perché soltanto in Italia esistono persone degne di questo nome. Quando parli ai fabbricanti di mobili francesi – generalmente lo evito – hai davanti delle persone che fanno: allora signor Starck, pare che i suoi disegni rendano quattrini. Non può disegnarmi qualche mobile? Pausa. A quel punto dico loro: lo mettereste a casa vostra? Ah no, la mia vita è la mia vita e la mia industria è la mia industria. Li saluto e arrivederci. Qui in Italia, quando si presenta un progetto a Claudio Luti di Kartell, a Enrico Astori di Driade, a Piero Gandini di Flos, a Umberto Cassina di Cassina, è un vero piacere. Amano il progetto, l’amano con passione. Con loro non c’è bisogno di spiegare, non c’è bisogno di parlare. L’industriale italiano ha seguito questo tipo di cultura. Una cosa deve avere una data forma in un dato momento; un oggetto deve essere fatto in un dato momento; alcune cose non sono da fare. È questo l’aspetto straordinario, è l’armonia»
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› DESIGN Piero Lissoni (1956), si laurea in Architettura al Politecnico di Milano. Nel 1986 fonda, con Nicoletta Canesi, lo studio Lissoni Associati, con sedi a Milano e New York, e sviluppa progetti a livello internazionale in architettura, nel product design, nella grafica e, con Graphx (fondata nel 1996), progetti di comunicazione visiva. Ha lavorato per innumerevoli brand del design internazionale e ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Compasso d’Oro 2014. Dal 2005 è membro della Hall of Fame dell’I.D. Magazine International Design Award.
Ph. © Matthias Ziegler
Passeggeri clandestini UNA CONVERSAZIONE CON PIERO LISSONI, ART DIRECTOR DI SANLORENZO
di Carlo Ezechieli
Piero Lissoni è da decenni una delle figure di spicco del design e dell’architettura a livello internazionale. Approdato al mondo del design nautico, in tempi abbastanza recenti Lissoni ha contribuito alla rivoluzione di un settore che per decenni è rimasto ancorato a pure questioni stilistiche. Lo raggiungo nel suo studio di Milano, il luogo dove inizia il racconto della sua esperienza in Sanlorenzo. Disegnare yacht, campo specialistico, come ti trovi?
È un mondo che mi piace, che mi intriga, ma all’interno del quale tutto sommato continuo a sentirmi un clandestino. Alla fine, non mi appartiene cosi come non mi appartiene il mondo dell’architettura, e nemmeno, infine, quello del design. Mi piace sapermi muovere all’interno di questi mondi ma se devo sembrare un intellettuale, mi piace applicare il modello umanistico, mantenere un approccio il più ampio possibile. Insomma io sono un clandestino. E me ne vanto. E da clandestino cosa si scopre?
Il mondo della nautica mi ha sempre sorpreso, in senso negativo. Il mondo degli yacht è incredibilmente sofisticato, molto avanzato, da tutti i punti di vista. Ma è anche vero che i valori estetici dai quali prende l’impronta, finita l’epoca d’oro dei grandi miliardari degli anni ‘50 e ‘60 che costruivano delle meraviglie, è diventato un mondo da show-off, che ha imbalsamato criteri senza senso. Quando incominciai a lavorare con Sanlorenzo nel 2016, la prima cosa che chiesi a Massimo Perotti fu se intendeva continuare su quell’impronta. Anche se cascavo bene, perché Sanlorenzo aveva già affidato il design di un paio di yacht ad Antonio Citterio e a Rodolfo Dordoni. Eravamo già sulla buona strada, tan[ 132 ]
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to che Sanlorenzo è sponsor del lounge di Art Basel di tutto il mondo. A quel punto ho potuto introdurre altri autori come Patricia Urquiola, Christian Liaigre, John Pawson. E poi bisogna considerare che, se il mondo dell’architettura è abbastanza autoreferenziale, quello dello yacht design è estremamente autoreferenziale. Si distingue per una rigidezza, per non dire supponenza, fuori misura. E pensare che nel progetto di edifici la complessità è pari, se non superiore, ma è ben raro trovare qualcuno che si consideri detentore di un sapere assoluto, refrattario a nuovi linguaggi.
tettura, dotata dei propri sistemi relazionali interni ed esterni.
In realtà avevo seguito due progetti di barche prima di Sanlorenzo, uno in particolare per Luciano Benetton. Lui non voleva uno yacht, io non volevo uno yacht. Voleva un incrocio tra una nave militare e una nave per esplorazione, quello che poi sarebbe diventato esempio per un tipo oggi molto diffuso chiamato explorer. Ho avuto l’occasione di introdurre un concetto simile a quello di un open space. Una specie di villa galleggiante. Mai visto nel design nautico, che invece si distingue per un dedalo di stanzine e stanzette. Nell’architettura per fortuna c’è sempre molta contaminazione, c’è più vita, c’è più mondo, insomma è più aperto.
Come Le Corbusier la cui carta di identità, alla voce professione, riportava “uomo di lettere”?
E che spazio c’è per l’innovazione?
Ricordi la famosa frase di Leon Battista Alberti, la casa è una piccola città è la città è una grande casa. Uno yacht che cos’è: una città, una casa, un prodotto di design o niente di tutto questo?
O è tutto questo messo insieme. Perché devi ragionare tecnicamente su un oggetto che porta tutti i prodromi del design ed è un mondo che riguarda un corpo molto complicato. D’altro canto è uno spazio abitabile, forse non è proprio una città, ma dal punto di vista del progetto degli spazi è propriamente un’archi-
Dicevi di non appartenere né al mondo della nautica, né all’architettura, né al design. E questo lo trovo davvero interessante perché rivela un approccio umanistico, aperto a diverse influenze, forse ancor più utile nel confronto con un’area come il progetto degli yacht.
Devo dire per prima cosa che non mi piacciono le etichette, le generalizzazioni. Ho fatto diverse cose nell’architettura, nel design e nella grafica ma non mi sento né l’uno, né l’altro né l’altro ancora e, naturalmente, la stessa cosa vale per la mia esperienza con gli yacht. Come professione mi definirei un curioso. Praticamente un impiccione di professione. Una specie di portinaia. Questo sì lo riporterei sulla carta d’identità. E qual è l’aspetto più determinante nel design degli yacht?
L’aspetto tecnologico. Personalmente, non credo sia possibile progettare alcunché riferendosi unicamente allo stile. Ci serve una scommessa che permetta di cambiare i limiti o i linguaggi, altrimenti un progetto perde qualsivoglia interesse. Abbiamo portato un’impronta da architetti che progettano edifici, che è un campo in cui non inventi nulla, sono procedimenti molto codificati. Su questi edifici che galleggiano è necessario ragionare in modo differente: ho visto soluzioni straordinarie sulle quali si innestavano cose fatte completamente a casaccio. E quanto dell’esperienza sugli yacht hai potuto traslare sul progetto degli edifici?
Molte cose in verità. Soprattutto quelle che riguardano i flussi di movimento all’interno della barca. I corridoi ad esempio. Quando fac-
› DESIGN
Sopra, Lissoni&Partners, cantieri Sanlorenzo, Superyacht Division, La Spezia (ph. ©Simone Bossi).
cio una casa li tolgo, sono spazi sprecati, le barche invece ne sono piene. E anche qui ho tolto i corridoi, aprendo opportunità incredibili, ma è chiaro che questo comporta una revisione completa dell’impianto distributivo interno.
È vero che gli yacht da settore di nicchia assoluta, acquistano sempre più interesse in architettura. Ma rimane un prodotto di élite che, come del resto diceva Massimo Perotti, coincide con un cambiamento a livello sociale. Come la vedi?
Senza dubbio è aumentato il numero di persone che può comprarsi uno yacht. Ma lasciamo perdere le questioni ideologiche. Quello che è vero è che si tratta di una vera industria. Dietro a questo modello di vita da film, immersa nel lusso, c’è una filiera di persone con un livello di competenza e di capacità incredibile. È un mondo straordinario. Con un substrato culturale estremamente sofisticato. E sono opere che non vengono fuori dal nulla ma da centinaia di migliaia di ore lavoro, svolto con un livello di raffinatezza supremo, che sconfina nell’arte. È per questo che vado su tutte le furie quando vedo questi gioielli sconciati da decorazioni in pelle di leopardo, tartarughe, vetri satinati, cerchi d’oro, corna di renna e così via.
L’ultima domanda, e questa è difficile. Design e architettura: cosa manca di più oggi nel mondo?
Avremmo bisogno solo di un po’ di silenzio. Visivo e, adesso un po’ mi contraddico, anche di parole
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Accanto, il flying bridge e una vista interna del Sanlorenzo SX88, interior design Piero Lissoni (ph. ©Leo Torri).
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L’OPIFICIO
BROSS
TALIA. È la nuova collezione di tessuti disegnata da Serena Confalonieri per l’Opificio, un lampasso a tre trame proposto in 5 varianti di colore che rimanda a nastri e coriandoli stilizzati in maniera grafica, su un fondo irregolare di colori a contrasto. Talia è la figlia di Zeus, la musa che protegge le arti teatrali e la commedia, e così il disegno, all’apparenza libero e casuale, richiama un’opera teatrale. Il gioco cromatico tra fondo e decoro dà vita a cinque varianti: beige, grigio, blu, bordeaux, rosa e verde oliva.
WAM. Lo sgabello, parte della collezione disegnata da Marco Zito, nasce dall’incastro di due parti imbottite, che possono essere rivestite con la medesima finitura o personalizzate a contrasto. La struttura metallica, verniciata nera, sostiene e trattiene i volumi per un’altezza di seduta di 68 o 78 cm, interrotta visivamente sul fronte da un pratico poggiapiedi costituito da una sottile piastra nello stesso materiale.
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www.bross-italy.com
elements_contract
Nato a Nantes nel 1967, Patrick Jouin fi rma le proprie creazioni dal 1998: sedie, divani e letti, un progetto d’auto e stand per vari saloni dell’automobile, in collaborazione con Imaad Rahmouni. Dal 2006 lavora a progetti di interior design e architettura con Sanjit Manku. Reva Twist poltrona lounge.
Patrick Jouin ci parla della sua idea di progetto: in equilibrio tra ispirazione emozione e dimensione culturale Quale è il tuo punto di vista sull’evoluzione dell’hôtellerie e del contract? Il concetto di catena come standardizzazione non esiste più, e questo vale sia per l’industria alberghiera sia per tutto il settore dell’ospitalità. Il mondo capitalista, dominato dalla riproduzione dello standard è arrivato a una svolta. Tutti hanno capito che la standardizzazione industriale non ha portato la felicità, al contrario ha finito per alienare l’individuo. Oggi noi tutti cerchiamo un significato in quello che compriamo, in quello che sperimentiamo. Cerchiamo cose che siano uniche, talvolta realizzate esclusivamente per noi e che si elevano ed emergono dal loro contesto. Così, riferendoci al settore alberghiero, apprezziamo un posto unico che non riusciremo a trovare altrove. Dal momento in cui non siamo più nello standard, ma nel custom-made e nell’home-made, aumenta il coinvolgimento della proprietà.
Quanto credi siano importanti i concetti di esperienza e personalizzazione? La mia ispirazione nasce da ciò che vedo, sento e ascolto, imparo. Viene dalla mia cultura, dalla mia famiglia, dai miei amici. Anche il cervello limbico gioca un ruolo: sentire caldo o freddo, avere fame, paura, stanchezza, è tutto un insieme di sentimenti che ispira molto la creazione di oggetti come una sedia, una poltrona. Non si parla spesso di questa parte, ma è comunque l’ispirazione primaria che prevale sulla nascita degli oggetti. Poi c’è la dimensione culturale, quella che ho acquisito da solo. Le cose che mi piacciono, che mi attraggono, che risvegliano la mia curiosità. Anche l’opera geniale degli altri, quelli del passato e del presente, è una fonte di ispirazione straordinaria e continua. E infine, c’è una parte che non riesco a definire: l’intuizione, le immagini mentali. Mi viene nominato un oggetto, una mani-
glia, una sedia, una lampada e nasce un’idea. Segue il lavoro che permette di dare forma al progetto ed è il disegno che mi aiuta a delinearlo a poco a poco. È così che la precisione e la personalizzazione caratterizzano i miei progetti di design. Come definiresti gli arredi che hai disegnato per Pedrali? Pedrali è un produttore che nei suoi stabilimenti ha tutti gli impianti e le tecnologie per lavorare diversi materiali: i metalli, il legno, gli imbottiti e i tessuti. Un knowhow vasto e preciso. Un supporto essenziale per chi sostenere un progetto, che non può che essere migliorato grazie a queste competenze. L’intenzione è quella di inventare prodotti belli, solidi e ben costruiti. Tra le collezioni che ho disegnato per Pedrali c’è un legame di continuità: cerchiamo comfort, flessibilità, dinamismo. Gli arredi ci accompagnano nella vita e fanno parte di questa visione dinamica.
PEDRALI REVA TWIST. La nuova versione della collezione di Patrick Jouin si compone di un divano a tre posti e di una poltrona lounge. Si caratterizza per le gambe affusolate in pressofusione d’alluminio, schienale e braccioli in acciaio ricoperti con un intreccio in polipropilene resistente agli agenti atmosferici. Nell’immagine, il ristorante Voltaire all’interno di Parc Broekhuizen, nella campagna olandese, casa padronale del 1408 che ospita anche un boutique hotel. Qui Reva Twist è accostata alle poltrone Panarea.
www.pedrali.com Foto ©Marius B.
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DÉSIRÉE KOSTER. Dalla forma dinamica e destrutturata, la seduta disegnata da Marc Sadler per il brand di imbottiti di Gruppo Euromobil, evoca il gusto e l’estetica anni Cinquanta. La base fissa o girevole 90° in metallo opaco bronzo, sostiene la struttura in metallo e poliuretano compatto ad alta densità accoppiato al poliuretano schiumato a freddo e rivestito con tessuto protettivo. Il rivestimento è in tessuto e pelle completamente sfoderabile.
www.desiree.com
ALTÈRA ARCHE. Fa parte della linea Déco il vaso in polietilene che si distingue per la forma scultorea. La collezione consente un alto grado di personalizzazione delle finiture e delle cromie – natural, candy e vintage. Le finiture laccate e metallizzate sono studiate per resistere agli agenti atmosferici con utilizzo consigliato in zone protette.
www.altera.design
RIFLESSI
BABEL D GAO. Le sedie e gli sgabelli in foglio di acciaio disegnati da Simone Bonanni rivelano una struttura robusta che si alleggerisce in un gioco di doghe sottili. La collezione si completa con i tavoli con piani in acciaio, Hpl e in PaperStone, un eco materiale derivato dalla lavorazione della carta. La vasta gamma di colori delle strutture metalliche e dei piani dei tavoli sono protetti da un trattamento galvanico e verniciati a polvere poliestere altamente resistente agli agenti atmosferici.
www.babeld.it
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DENISE. Comoda e sofisticata, la seduta sostenuta da una solida struttura metallica si caratterizza per lo schienale Flex, sagomato ed ergonomico. La versione sgabello, nella foto, è disponibile con finitura cromo, grafite, champagne perlato, oro rosa oppure titanio, cobalto e ottone spazzolati a mano, consente un ampio grado di personalizzazione per i rivestimenti. Altezza della seduta da 104 o 114 cm, schienale da 65 o 75.
www.riflessi.it
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RODA RECYCLED BELTS. L’azienda utilizza cinghie di varie dimensioni rigenerate dal recupero di materiali di produzione attraverso un processo che riduce l’utilizzo di acqua e additivi chimici ed emette meno CO2: sono composte da un’anima di Pes 100% riciclato e da un rivestimento in fibra di acrilico riciclato. La cinghiatura è una lavorazione realizzata completamente a mano in Italia, e ora è disponibile nei nuovi colori Clay, Mint, Rose, Stone, Teal. Nella foto, Piper Lounge Chair Rust, con cinghie Rose.
VERY WOOD CAPRI. La collezione dal sapore mediterraneo firmata da Matteo Thun si compone di poltroncina dining, poltrona e divanetto lounge, lettino, pouf, panca, tavoli, e tavolini con piani a doghe di legno massello. Il legno iroko oliato, materiale che caratterizza la struttura di tutti complementi, è abbinato a imbottiti sfoderabili dalle diverse finiture, resistenti all’acqua.
www.rodaonline.com
www.verywood.it Foto ©Andrea Ferrari
DESALTO STRONG. Un tubo in acciaio curvato diventa l’anima strutturale della collezione di Eugeni Quitllet definita dal progettista come “quel sottile muro che separa il vuoto dall’immagine di poesia. È curvare, piegare la realtà per creare il sogno. Strong è un nuovo alfabeto per scrivere nuove storie. Niente di più niente di meno”. Nell’immagine, gli sgabelli e il tavolino bar, entrambi declinabili in tre altezze. I primi sono disponibili con seduta in lamiera d’acciaio tornita o rovere massello; il tavolino ha top in lamiera d’acciaio tornita oppure marmo.
www.desalto.it
ANAUNIA AUREA ZIP. Progettata e realizzata su misura, la parete si distingue per le molteplici configurazioni, per l’impiego di materiali leggeri come l’alluminio e il vetro, per gli ingombri minimi e per l’assenza di fissaggi a terra. Adatta a qualsiasi ambiente, Aurea Zip è un prodotto in grado di esemplificare le qualità essenziali dell’architettura: la modulazione, la ricchezza delle superfici, l’orchestrazione e la disposizione in sequenza del movimento.
www.anaunia.it
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OCCHIO BLACK PHANTOM. La nuova finitura, disponibile per tutte le serie di lampade e faretti dell’azienda tedesca, si connota per la profondità del metallo e la lucentezza dell’effetto spazzolato. Estremamente resistente alle sollecitazioni, la superficie viene realizzata con un processo di anodizzazione a elevata temperatura per il trattamento dell’alluminio; è di facile manutenzione. Non si appanna e non si ossida. Nella foto, io basso.
www.occhio.de
VISTOSI Le iconiche collezioni Giogali e Minigiogali, disegnate nel 1967 da Angelo Mangiarotti, sono oggi presentate da Vistosi con un nuovissimo restyling. Silhouette più armoniose e arrotondate e composizioni più equilibrate. La sorgente è stata posizionata centralmente e il numero delle lampadine aumentato in molti modelli. La catena è stata sostituita da un cavo d’acciaio e da un rosone a lente, rinforzato in alcuni modelli. Diverse le finiture, dieci per il vetro, cromo e bronzo per le parti metalliche.
www.vistosi.it
AXOLIGHT
CAIMI CLASP RING. Gli elementi fonoassorbenti di forma circolare realizzati con tessuti Snowsound-Fiber 3 Melange sono progettatati da Annalisa Dominoni, Benedetto Quaquaro (a+b). La struttura, realizzata in tubolare di acciaio cromato, è sospesa su cavi dotati di sistema di regolazione dell’altezza. Disponibile in diverse dimensioni, Clasp Ring offre la possibilità di inserire lampade al suo interno.
www.caimi.com
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POSES. Design, modularità, flessibilità e tecnica sono le caratteristiche della nuova collezione ideata da Axolight Lab, team creativo interno all’azienda guidato da Magdalena Kirova. La lampada modulare – da soffitto, muro e sospensione – consente la creazione di innumerevoli forme geometriche attraverso la combinazione di barre lineari disponibili in tre differenti lunghezze, che si innestano su satelliti circolari, dotati di un coperchio di apertura e chiusura a calamita.
www.axolight.it
Foto ©Laura Schulz
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Bernhard Osann disegna elementi dinamici e minimalisti che interagiscono con lo spazio Un progettista che gioca con le leggi fisiche e le forme geometriche per trovare soluzioni non convenzionali per semplificare gli oggetti. I risultati sono costruzioni dinamiche essenziali che si muovono e interagiscono con lo spazio. Le collezioni Untitled, Swan, La Doré, Neo, Fox e ora Fox Wall sono progettate con poche linee precise, quasi minimaliste. Sembra che tu voglia far parlare la luce. La luce e la linea grafica non possono essere definiti materiali. Lo trovo stimolante e affascinante allo stesso tempo. Quando elimino il superfluo e riduco il materiale al suo minimo, gli oggetti vengono percepiti come silhouette. Conservandone solo l’essenza, si ampliano i confini della libertà progettuale e della forma mentis. La luce diventa una narrazione in grado di raccontare la propria storia. Qual è l’aspetto che prediligi nella tua collaborazione con Nemo?
Bernhard Osann dirige il suo studio di design dal 2014 ad Amburgo, dove progetta principalmente luci e mobili. Prima di diventare designer, Bernhard Osann ha completato un apprendistato come falegname e ha studiato scultura, come rivelano le forme cinetiche dei suoi progetti
NEMO
Apprezzo l’equilibrio tra la costante ricerca di soluzioni innovative e il perseguimento di una cifra stilistica ben definita. Obiettivo comune è dare vita a prodotti e soluzioni performanti e dal fascino intramontabile, non assecondando nuovi trend.
FOX WALL. La versione da parete è l’ultima nata della collezione Fox, una lampada dimmerabile concepita dall’industrial designer Bernhard Osann per essere esteticamente pura, innovativa, dinamica ed estremamente user-friendly. L’arco orientabile in acciaio verniciato nero opaco dal design pulito consente ampi movimenti. Lo spot cilindrico con il filtro antiriflesso opzionale è regolabile per orientare la luce secondo ogni esigenza. La luce Led è calda, ben definita e adatta a qualsiasi spazio interno dove è richiesto un punto focale netto.
www.nemolighting.com
STILNOVO GALASSIA SOSPENSIONE. La preziosa collezione datata 1959, disponibile a sei o a dodici luci, mantiene inalterato il fascino anni Cinquanta grazie all’abbinamento fra l’ottone con doratura galvanica della struttura e le sfere in vetro soffiato triplex bianco. Disponibili anche le versioni a parete – a luce singola e a due luci orientate verso destra o sinistra – e piantana con base in marmo bianco di Carrara.
www.stilnovo.com
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MARGRAF FLUCTUS. La Divisione Ricerca & Sviluppo Margraf Innovation Lab guidata da Diego Crestani ha progettato la nuova collezione di rivestimenti 3D ispirata al movimento delle onde del mare. Ciascuna delle quattro texture (Mediterraneo, Egeo, Ionio e Tirreno) viene accostata a una specifica selezione di materiali: Fior di Pesco Carnico, di cui l’azienda detiene l’unica cava esistente al mondo, Crema Nuova e Grigio Carnico. Il risultato è un rivestimento composto da moduli standard, con finiture tridimensionali, lucide e opache.
www.margraf.it
BERRYALLOC HPF – High Pressure Floors. Ideale per spazi come uffici, ristoranti, hotel, aeroporti e centri commerciali, la nuova gamma di pavimenti ad alta pressione è disponibile in 74 decori (effetto legno, pietra o cemento) e tre formati. Sono rivestimenti altamente resistenti agli urti e all’usura (classe 34/AC6), garantendo allo stesso tempo silenziosità e impermeabilità. Il marchio belga è distribuito in Italia da Woodco.
www.berryalloc.com
PORCELANOSA
ABK POETRY DECOR. Il progetto ceramico firmato da Studio Otto-Paola Navone è dedicato al mondo della decorazione. Un effetto intonaco consumato, una lamiera ossidata color verderame e la grafica di un legno sono le basi materiche per quattro pattern accomunati dal sapore hand-made. Quattro i pattern: Stamp, Pois, Lines e Traces, disponibili sia in versione bianco coprente sia in metallo, entrambi a spessore, per dare alla grafica una connotazione più viva e materica.
www.abk.it
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FITWALL. La gamma di nove modelli di pannelli decorativi si caratterizza per il grande formato e per la sua composizione, dove la maggior parte delle resine è stata sostituita con minerali e pigmenti naturali. Consente di progettare spazi senza necessità di lavori in muratura creando texture e volumi realistici ispirati al cemento e ai materiali naturali. Tra le sue proprietà: l’elevata resistenza al fuoco, all’acqua, alle radiazioni solari e agli urti.
www.porcelanosa.com
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COSENTINO DEKTON. Un materiale ideale per le aree dall’elevato passaggio, come le hall e i corridoi degli hotel. La forte resistenza all’abrasione è data dall’alto livello di compattezza da cui derivano la bassa manutenzione e la lunga durata del prodotto, con svariate possibilità di applicazione per spazi interni. Nell’immagine, il pavimento bianco in Dekton Zenith, parte della Solid Collection, scelto per lo Spanish Court Hotel a Kingston in Giamaica.
www.cosentino.com
MIRAGE MIROIR. Si caratterizza per l’effetto specchiante, la collezione composta da lastre in gres porcellanato di grande formato (120x278 cm) utilizzabili per rivestimenti indoor. Otto varianti grafiche, alcune di ispirazione naturale, altre caratterizzate da forme geometriche e intarsi o ancora completamente dorate o rivestite in platino, cui si aggiungono Jacquard e Stripes, progettate con texture e motivi damascati e strisce dallo stile contemporaneo.
www.mirage.it
LIUNI BOLON TATAMI. Il tessuto vinilico a effetto stuoia nato nel 1993 dall’idea di coniugare la bellezza e l’eleganza della fibra naturale con le alte prestazioni di un materiale sintetico. Oggi la collezione si articola in una quantità di strutture e varianti ampia e versatile: teli, piastre autoposanti in diverse forme geometriche; comprende anche il progetto Bolon Green dedicato a prodotti realizzati con plastificanti rinnovabili completamente vegetali.
www.liuni.com
GRUPPO BONOMI PATTINI VIROC. Il pannello, costituito da una miscela di particelle di legno e cemento compresso e asciutto, ha elevate proprietà isolanti acustiche e termiche, oltre a essere resistente ai carichi, ignifugo, idrofugo e facile da installare. Disponibile nelle colorazioni bianco, grigio, nero, giallo, rosso e ocra, il pannello ha un aspetto non omogeneo, con diverse tonalità sparse in modo casuale, che risultano dai colori naturali delle materie prime utilizzate e dalle reazioni chimiche.
www.gruppobonomipattini.com
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KREOO GONG. Il lavabo da appoggio e free-standing è una forma pura ovale scavata, modellata nel marmo, disegnata da Enzo Berti. Il nome e la forma rimandano alle campane tibetane, gli antichi strumenti musicali buddisti. La ciotola è realizzata lavorando e scavando un blocco di marmo dapprima con tecnologie specializzata e poi artigianalmente per dettagli e finiture. Il modello, disponibile in due misure, può essere impreziosito con finiture interne dai colori accesi o con materiali preziosi come la foglia.
www.kreoo.com
NOVELLO
AXOR CITTERIO. La nuova maniglia a leva piatta, dalle dimensioni ultra ridotte sia in lunghezza sia in spessore, veste di una nuova modernità la linea che da oltre quindici anni è una delle più riconoscibili nel panorama delle rubinetterie di lusso per il bagno. Oltre alla classica variante con maniglia liscia è possibile sceglierne una versione con particolare trama a taglio romboidale. Questa filigrana conferisce a tutto il miscelatore un aspetto ancora più elegante e luminoso.
www.axor-design.com
ARTELINEA PORTOFINO. Il design di Anita Brotto dà vita a una serie di lavabi termofusi d’appoggio in cristallo trasparente oppure in Opalite. I lavabi sono disponibili in un’unica misura, completa di anello alla base, in cristallo extrachiaro trasparente o colorato traslucido, nelle finiture Giada, Zaffiro e Grafite; l’Opalite nelle versioni in bianco e nero.
www.artelinea.it
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QUARI CANNAREGIO. La collezione Quari Cannareggio, realizzabile anche in Teknorit: un composto di resina, cariche minerali e pigmenti che mixati creano un materiale solido, non poroso, molto resistente e con proprietà antibatteriche. Progettata da Stefano Cavazzana con perimetri disegnati da telai in alluminio, in diverse finiture, che incorniciano il top, i contenitori e le boiserie.
www.novello.it
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ROCA ONA. La collezione che evoca il nome Onda in catalano offre soluzioni per arredare in modo completo qualsiasi tipo di spazio bagno – lavabi e mobili, rubinetti, vasche, accessori, wc e bidet. Sviluppata dal team interno – Roca Design Center – in collaborazione con gli studi di design internazionali Noa Design e Benedito Design, la linea applica le ultime innovazioni del brand, come il materiale Stonex, la finitura Everlux e lo smalto Supraglaze.
www.roca.it
CEADESIGN GIOTTO PLUS. L’ampliamento della collezione ispirata alle forme pure del cerchio nasce per dare nuove configurazioni alla rubinetteria attraverso il miscelatore monocomando. Il progetto di Natalino Malasorti ha una maniglia generosa, che ospita al suo interno la cartuccia miscelatrice. Il corpo a incasso sfrutta il principio del Pwf (Plumbing Water Fitting), raccordo a innesto rapido all’impianto idraulico grazie al quale è possibile semplificare l’installazione.
www.ceadesign.it
RITMONIO DIAMETRO35 IMPRONTE. La serie, che da oltre vent’anni ha garantito il successo internazionale dell’azienda, è il fulcro di un vasto progetto di ampliamento attraverso quattro nuove collezioni studiate in 16 finiture speciali. Le Impronte Prisma, Rigo, Punto e Tratto – nell’immagine – aggiungono una nuova dimensione materica e tattile al comando del miscelatore, proposto con o senza leva, con texture personalizzate dall’effetto materico.
www.ritmonio.it
ANTRAX TAVOLA, TAVOLETTA. Il programma di piastre lisce dallo spessore di 4 mm in alluminio, dal look minimale e geometrico, nasce per rispondere alle esigenze del settore dell’arredobagno, soprattutto contract, che spesso impone di adattarsi a layout costretti e articolati. Tavola e Tavoletta di Andrea Crosetta sono due elementi simili dalle stesse peculiarità estetiche, che lavorano in modo individuale e complementare.
www.antrax.it
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DORNBRACHT NUOVI SOFFIONI DOCCIA A PIOGGIA. La doccia con effetto pioggia naturale: mentre il getto concentrato e potente facilita la detersione e il risciacquo dei capelli, la doccia effetto pioggia offre relax toccando il corpo con morbidezza. Disponibili in otto versioni – rotondi o quadrati, a incasso o integrati nel soffitto, con o senza luce – i nuovi soffioni possono essere dotati di due sorgenti luminose integrate, selezionabili indipendentemente l’una dall’altra.
www.dornbracht.com
GLASS INFINITY. La nuova collezione di minipiscine a sfioro unisce l’esperienza di un’immersione totale con un’estrema semplicità di installazione e manutenzione. Infinity non ha bisogno di vani tecnici perché ospita gli impianti sotto il perimetro della minipiscina, proprio come una portable spa. Due i modelli, circolare e rettangolare e diverse finiture dal bianco mat, elegante e setoso, ad un colore opaco a scelta che conferisce unicità al progetto e consente di personalizzare lo spazio benessere. Diverse tipologie di installazione: a incasso, semi-incasso e pannellata in appoggio a pavimento.
www.glass1989.it
FALPER FONTANA. Firmata da Victor Vasilev, la collezione di lavabi in Cristalplant Bio Active è stata studiata per creare un incavo che nasconde il foro di scarico, con una doppia altezza che crea un gioco di pieni e vuoti. Disponibile anche da appoggio, nella versione free-standing, Fontana risulta perfetto come centro-stanza, con le sue forme circolari essenziali e rigorose.
www.falper.it
MODULNOVA BLADE. Cuore del progetto di Carlo Presotto e Andrea Bassanello è la grande vasca attrezzata con idromassaggio, sistema Airpool e cromoterapia, completata dal soffione doccia con diverse funzioni come la cascata energizzante, la pioggia tropicale, la nebulizzazione e la cromoterapia. Il blocco a terra con lavabo è impreziosito dalla lavorazione millerighe della pietra Piasentina; alle sue spalle, fa da sfondo la boiserie a doghe in legno Rovere Brown Raw.
www.modulnova.it
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