RAPPRESENTAZIONI CINEMATOGRAFICHE DELLA GUERRA di Mireille Brangé Il titolo di questa lezione è assai ampio: non è naturalmente possibile parlare di ogni rappresentazione cinematografica della Grande Guerra da cent’anni a questa parte e tale eventualità sarebbe comunque vana;190 esso intende piuttosto sottolineare nel modo più semplice che al cinema non c’è la guerra, ovviamente, come scrisse il critico Piero Antonio Gariazzo nel 1919: Vedremo delle mine, degli scoppi di grosse granate, della gente che corre, degli artiglieri che tirano la cordicella, dei soldati che si radono negli accantonamenti, ma non vedremo, né sentiremo palpitare nel nostro cuore le lunghe attese nei posti di osservazione, la nervosa esaltazione della pattuglia di ricognizione, i silenzi lunghi e angosciosi dei piccoli posti. Non vivremo le ore tragiche della trincea di linea, in quello speciale stato d’animo che non ha memoria, che è solo ansietà, solo incubo. Non sentiremo quell’olezzo di cadaveri diffuso, costante, penetrante, implacabile, che aleggia in ogni luogo, mischiato a quell’odore un po’ nauseoso del rancio. Non esulteremo di quella subita gioia della buona notizia, e non avremo il cuore in gola vedendo passare sulla barella l’amico sfracellato nell’odor di sangue. Il film non ci darà mai il freddo disperato della trincea nella neve, quel freddo che rende balbuzienti e abuliche le sentinelle infagottate e non proveremo allo schermo la confusione del bombardamento che fa gli uomini tutti piccoli, perduti, miserabili [...], vera cosa perduta in un caos di scoppi, in un finimondo di ruine, nella disperazione della morte. Non si può dare gli stati d’animo generali che formano poi le azioni collettive, né l’esaltazione pari quasi all’ubriachezza, delle grandi vittorie, non le lunghe ore di notte nel fondo dei fossati umidi, con, a tratti, come un sogno di cose lontane o perdute per sempre, la visione della casa, dei campi, dei figli piccoli [...]. Non si potrà mai vedere sullo schermo la dura angoscia che costringe l’uomo semplice [...] a vivere, attendendo la morte imminente in una tana di terra, o in un buco nella roccia, o dietro un suo cannone.191
Inoltre, la rappresentazione della Prima guerra mondiale, con tutte le sue sfaccettature artistiche (letteratura, cinema, pittura), non risponde, né corrisponde necessariamente alle conclusioni cui giungono i lavori degli storici. Talvolta le anticipa e permette l’esplorazione di nuovi campi: Orizzonti di gloria per esempio preesiste ai libri di Forcella e Monticone in Italia e di Pedroncini in Francia nel 1967 sui plotoni di esecuzione, o di Mosse sulla cosiddetta brutalizzazione che investe le società durante e dopo la guerra (Fallen Soldiers. Reshaping the Memory of the World Wars, 1990). Occorre chiedersi cosa significa rappresentare la guerra, e questa guerra in particolare che, pur così lontana da noi, rimane un tema infinito di finzioni – letterarie e cinematografiche –, da ormai un secolo. Si intrecciano due problematiche: come rappresentare la guerra? Cioè: cosa si può rappresentare della guerra? ma anche perché rappresentare la Grande Guerra? La risposta cinematografica è più spesso vincolata alla situazione politica e sociale del momento e può divergere a seconda delle vicende proprie a ciascuno Stato. Come hanno notato G. L. Georges e N. Laurent, il cinema sovietico è povero di rappresentazioni della Prima guerra mondiale (una decina di film alla fine degli anni Venti, nei quali spesso non è visibile la guerra, ridotta a suoi effetti collaterali). Questo non dipende soltanto dalle condizioni economiche, ma anche dall’idea di Lenin 190
Questa lezione è stata accompagnata dalla proiezione di La Grande Illusion di Renoir, Paths of Glory di Kubrick e La Grande Guerra di Monicelli. La volontà di fare capire meglio agli studenti sfondi cinematografici diversi spiega le scelte parziali operate in questa presentazione tutt’altro che esaustiva. 191 P.A. GARIAZZO, Il teatro muto, Torino, S. Lattes & C., 1919, pp. 322-324.
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