COSCIENZA Il termine “coscienza” può essere considerato sotto due aspetti: il primo esprime la consapevolezza del proprio agire, ossia. so quello che sto facendo; conosco il perché, il fine, le circostanze, i pericoli ecc. di quanto sto compiendo in questo momento. In questa riflessione non intendo parlare di “coscienza” con questo significato. “Coscienza” avrebbe un semplice valore “psicologico”. Qui uso questo termine nel significato “morale” di norma prossima del mio agire. Mi spiego e inizio con qualche domanda: Chi mi dice: è giusto, o è sbagliato quello che sto compiendo? La mia azione che compio in questo momento è un bene o è un male? La risposta è immediata: la mia coscienza. Esatto! Scrive il card. Martini: «Quando diciamo: “la mia coscienza”, mettiamo istintivamente la mano sul cuore. Evidentemente intendiamo esprimere qualcosa che sta dentro di noi, che è inalienabile, preziosissimo, a cui non rinunceremmo per nessun bene al mondo. La coscienza non è data, non è costruita una volta per tutte, quasi fosse una pietra preziosa che teniamo nel cuore e di cui è sufficiente cogliere i riflessi. La coscienza ha un divenire storico nei singoli e nell’umanità. Essa incomincia a formarsi fin dalla più tenera età, tra le braccia del papà e della mamma, comincia a formarsi nella scuola, nell’oratorio; sono i genitori e gli educatori a formare la coscienza… Essa è la nostra ragionevolezza, la nostra consapevolezza del bene e del male, che si educa via via nelle esperienze buone e positive, che si diseduca ogni volta che la calpestiamo o che facciamo volontariamente esperienze negative e fuorvianti» (C. M. Martini, Dizionario spirituale, PIEMME, pp. 38-39). A proposito della coscienza come norma del mio agire c’è normalmente la tentazione di considerare la mia coscienza in modo, si dice, “assoluto” cioè sciolta da ogni legame. In fondo vuol dire: siccome io la penso così, va bene così, e basta. Ma questo modo di pensare è pericoloso; a ben riflettere, ciò vorrebbe dire che il principio del bene e del male (ossia: di ciò che è morale, o no) è solo la mia coscienza, cioè il mio modo di pensare. E nessuno può “metterci il naso”. È vero che oggi, anche nella Chiesa, il valore della coscienza è stato molto rivalutato, però mi pare necessa27