te esigenze della committenza. Abbiamo, tuttavia, la sensazione che l’attenzione si sia concentrata troppo sul cosiddetto “tubo di scarico” dei veicoli, e sull’uso di combustibili o alimentazioni alternative. Gli obiettivi che ci vedono coinvolti per il 2030 non dovrebbero essere legati, per il trasporto, unicamente a questo unico aspetto. La sfida vera è quella di individuare misure e interventi che comporteranno la complessiva riduzione dell’impronta di carbonio delle imprese. Per acquisire maggiore coscienza su tale aspetto occorre, ad esempio, essere in grado di calcolare e stabilire quale sia la propria “impronta” sull’ambiente, individuando un punto di partenza dal quale muovere ogni azione tesa al miglioramento. Una sorta di “punto zero”. Occorre, poi, individuare quali siano le aree critiche per poter creare un vero e proprio piano di miglioramento, senza l’influenza di stereotipi che conducano in una sola direzione. Occorre rendere consapevole ogni imprenditore del contributo che potrà dare per l’ambiente ogni sua azione, non solo attraverso l’acquisto di un veicolo o nella organizzazione di un servizio di trasporto che preveda l’utilizzo dell’intermodalità. Anche perché se, ad esempio, nell’intermodalità l’uso della ferrovia è legato ad energia elettrica prodotta con il carbone, l’impatto sull’ambiente è tutt’altro che mitigato. E poi riconoscendo una remunerazione dei servizi resi, coerente rispetto ai costi veri, agli investimenti e alla gestione complessiva dell’impresa di trasporto, il turnover dei veicoli con modelli più efficienti sarebbe più agevole. Mentre ora si combatte una battaglia al ribasso e in un contesto nel quale il trasporto in quanto tale viene visto come se fosse un “componente esterno” e non “core” nei cicli del trasporto e della distribuzione delle merci. Tutti lo usano, pretendendo disponibilità e qualità, ma di remunerarlo in modo adeguato, non se ne parla. Aiutare le imprese a sostituire (rottamandolo) il proprio parco veicolare è certamente uno strumento (ma non il solo). Un provvedimento distribuito su un arco temporale ampio permetterebbe l’adozione di strategie più appetibili e alla portata economica e organizzativa degli imprenditori. Quanto fatto, ad esempio, nel piano Industria 4.0 è un ottimo esempio di riferimento. Anche il Marebonus ed il Ferrobonus sono degli ottimi strumenti, ma dovrebbero essere focalizzati sulla merce, concedendo voucher direttamente ai trasportatori. E poi, non possiamo dimenticare che il sostegno alla digitalizzazione ha tutte le caratteristiche utili a creare effetti virtuosi. Ideare e mettere in pratica un vero e proprio progetto di logistica 4.0, attivando crediti d’imposta chiari e precisi che aiutino le imprese nei loro investimenti tecnologici, sarebbe l’ideale. Anche quando si tratta di ricambio del parco veicolare. Tra l’altro, sfruttando al meglio le connessioni ed i rapporti con associazione del settore di altri Paesi, abbiamo appreso e compreso, in via informale, che il Recovery and Resilience Facility di matrice Ue, non preclude percorsi orientati in tal senso, anche per quanto concerne il parco veicoli. Su questo stiamo già svolgendo opportuni approfondimenti. 70