ERKER 09 2021

Page 68

Notizie dall'Alta Val d'Isarco

PERSONE, LUOGHI E MESTIERI

Intervista a Livio Zamboni

Guida alpina ed esperto soccorritore, a Vipiteno ha appassionato alla montagna un’intera generazione. Livio Zamboni non era per niente convinto di voler comparire in un articolo sull’Erker. D’altra parte, proprio perché non ama “farsi pubblicità” non a tutti è noto, per lo meno non ai più giovani, per essere stato uno degli alpinisti vipitenesi più competenti e impegnati del comprensorio tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Novanta. Livio è nato a Erbé, Verona, nel 1933 ed è arrivato a Vipiteno con la sua famiglia nel 1941. Per lui la montagna è stata come una folgorazione e, appena ha potuto, ha cominciato a sciare e a fare escursioni con il CAI. È diventato guida alpina nel 1955 ed è entrato nel soccorso alpino fin dagli inizi, con i fratelli Bovo. Nel 1969 è stato premiato con una medaglia d’oro al valore civile per il suo impegno nel corpo del soccorso alpino e, insieme al presidente del CAI Vipiteno Piero Rossi (1961-2000) e al presidente del CAI Alto Adige Alberto Kaswalder (1985-2000), ha avuto un ruolo fondamentale nel recupero dei rifugi della zona. Nel CAI Livio ha inoltre promosso importanti iniziative per diffondere la conoscenza della montagna, soprattutto tra i giovani, organizzando corsi di roccia e di sci-alpinismo. Come e quando ha maturato la passione per la montagna? La passione è nata quando avevo 16 anni, quando sono entrato nel CAI Vipiteno, e da lì è continuata. Quando sono andato a fare il militare volevo entrare nei paracadutisti alpini ma il comandante mi ha detto che avevo i requisiti giusti per inserirmi nel soccorso alpino. Perciò sono finito in Pusteria, sem-

68

Erker 09/21

Livio Zamboni pre aggregato alle compagnie che andavano in montagna, e durante il servizio militare mi sono preparato per dare gli esami per diventare guida alpina. Poi al consorzio delle guide alpine di Bolzano mi hanno mandato in Svizzera a fare anche i corsi di addestramento per i cani da valanga, al Kleine Scheidegg. Lì erano all’avanguardia nell’addestramento delle unità cinofile e all’epoca i cani erano indispensabili nelle squadre di soccorso alpino, perché naturalmente non esistevano ancora gli ARVA. Per un anno mi hanno anche affidato l’incarico di direttore della scuola per cani da valanga a Solda, dove c’era il centro nazionale. Una volta è venuto anche Luis Trenker a girare delle scene per un suo documentario, per mostrare come un cane lavora sulla valanga alla

ricerca del sepolto. Era un grande alpinista e io avevo letto tutti i suoi libri, ma devo dire che mi piacevano anche quelli di Cesare Maestri e di Tita Piaz. Fuori dalla nostra zona quali sono le cime che ha risalito? Ho fatto corsi d’aggiornamento in giro per tutte le Alpi, sono stato sul Pizzo Bernina, Monte Bianco, Dente del Gigante, Breithorn, Monte Rosa, sempre d’estate. Sul Monte Rosa, ad esempio, il CAI di Verona mi ha chiesto di fargli da guida fino alla Capanna Regina Margherita. Ha fatto da guida alpina per molti gruppi fuori provincia? Oltre al CAI di Verona ho portato in giro il CAI di Bologna qui in Val di Vizze, all’Europa e al Gran Pila-

stro, poi con il CAI di Vicenza siamo andati anche al Pan di Zucchero. Portare in montagna i gruppi era la fatica più grande, più che altro per il peso della responsabilità che avevo. Quando portavo su i gruppi di militari o di finanzieri era diverso, non ne ero responsabile io. Ho accompagnato anche una cinquantina di alpini alla volta, quando facevano le traversate sui ghiacciai, ad esempio, dovevano prendere una guida civile e chiamavano me. Io l’ho fatto sempre in modo gratuito, perché poi gli alpini collaboravano con noi del CAI, se c’era bisogno. Qui intorno ho lavorato spesso anche con l’AVS. Per cinque anni ho portato un gruppo di giovani del CAI Vipiteno a fare il corso di roccia attorno al Tribulaun, era una bellissima esperienza per loro e anche per me, ma a volte era difficile, per fortuna non ero da solo perché venivano con me un paio di ragazzi del soccorso alpino della guardia di finanza. Ai corsi di roccia portava con sé anche i suoi figli? No, all’epoca erano troppo piccoli. Mio figlio Marco però mi ha seguito nella passione per la roccia e veniva con me anche a fare sci-alpinismo. Una volta, ai primi di novembre, ero andato a controllare il Tribulaun e avevo trovato il laghetto ghiacciato, senza un’increspatura. Dato che a Marco in quel periodo piaceva pattinare e aveva appena comprato un paio di pattini nuovi, dopo un paio di giorni sono tornato su con lui. Il primo giro del laghetto l’ho fatto io, giusto per vedere se il ghiaccio reggeva, poi ci si è messo a pattinare lui. Avrà avuto attorno ai venti-ventidue anni. Dopo l’incidente


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.