03/21 MADE IN CUNEO - MENSILE DI CONFINDUSTRIA CUNEO - ANNO III - ISCRIZIONE TRIBUNALE DI CUNEO 11.04.2018 - NR. 673 - EURO 5,00 - EDITO DAL C.S.I. CUNEO - CONTIENE I.P. DIRETTORE RESPONSABILE: CLAUDIO PUPPIONE
M A G G I O
Seicento anni di storia in un prezioso codice miniato
“Le miniature di un Libro d’Ore”, edita in tiratura limitata da “L’Artistica Savigliano”, riproduce tutte le meravigliose tavole miniate del “Livres de laudes et dévotions” conservato presso l’Archivio di Stato di Torino
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L’Altra Copertina
N
Venchi triplica a New York con la sua arte del cioccolato
ew York, ma anche Wuhan in Cina, dove è recente l’apertura del primo negozio. Il mondo,
insomma, è l’orizzonte attuale della Venchi. Quanta acqua è passata sotto i ponti dal 1878, allorché il ventenne Silvanio Venchi fondò la propria azienda a Castelletto Stura e, soprattutto, quale incredibile evoluzione e crescita ha avuto la griffe famosa ormai a livello planetario grazie alle sue bontà e anche a un genio comunicativo sorprendente. Basti citare l’imponente cascata di cioccolato che i lettori possono vedere nel filmato a cui rimanda il sottostante QR Code, girato nel primo negozio Venchi aperto nel 2018 nella Grande Mela, a un indirizzo di prestigio: l’861
negozi monomarca
sulla Broadway, a Union Square.
che stanno per arrivare
A New York questa golosissima presenza è
a quota tre nella sola New
raddoppiata, grazie al punto vendita attivato alla fine di dicembre al civico 1796 Broadway,
Motore di questa costante
York. Né il piano di crescita
a Columbus Circle (l’ingresso nella fotografia
espansione è Daniele Ferrero,
è stato frenato dal Covid-19.
che campeggia sull’“Altra Copertina” di “Made
presidente e amministra-
Anzi, la voglia di reagire e la
in Cuneo”), mentre è questione di pochi mesi
tore delegato dell’azienda
convinzione che l’emergenza
l’apertura del terzo negozio della metropoli, al
dolciaria, il quale ha avviato
sanitaria stia finendo hanno
233 di Bleecker Street, nel Wet Village.
l’avventura americana nel
portato a programmare 15
2010, grazie alla partnership
aperture nel mondo l’anno
con Eataly che ha consentito
scorso e ben 32 nel 2021,
l’apertura dei primi “shop in
dall’Indonesia a Taiwan, da
shop” statunitensi della Ven-
Singapore al Regno Unito, da-
chi. Il passo successivo è stata
gli Usa alla Cina, ovviamente
l’espansione diretta con i
senza dimenticare l’Italia.
Guarda il video
Sommario Editoriale. Quel maledetto granello di sabbia 3 A Che Punto Siamo. Fatti non foste per... parlar come bruti 4 Moving. Planet Idea: l’edilizia sociale dopo il Covid 6 Moving. Egle Sebaste: se l’azienda è (anche) donna 10
03/21
Moving. La bravura al femminile secondo Paola Veglio di Brovind 14
M A G G I O
Moving. Volontariato, associazionismo, cultura 18 Moving. La cultura è pronta a risvegliarsi con il nuovo progetto di Kalatà 20
Direttore responsabile: Claudio Puppione
Primo Piano. L’Italia del post-Covid recupererà entro il 2022 24 Primo Piano. Colonnello Albertario: le Fiamme gialle per la legalità 26
Direttore editoriale: Giuliana Cirio
Primo Piano. Marco Andreetti e il turismo che verrà 30
In copertina: Una preziosa edizione, dal titolo “Le miniature di un Libro d’Ore”, edita in tiratura limitata da “L’Artistica Savigliano”, riproduce tutte le meravigliose tavole miniate del “Livres de laudes et dévotions”, datato tra il 1420 e il 1440, conservato presso l’Archivio di Stato di Torino.
Info su MadeInCuneo
Società editrice: Centro Servizi per l’Industria Corso Dante, 51 - 12100 - Cuneo - Tel. 0171.455455 Grafica: Autorivari (enzio.isaia@autorivari.com) C.so IV Novembre, 8 - 12100 - Cuneo - Tel. 0171.601962 Pubblicità Associati a Confindustria Cuneo: comunicazione@confindustriacuneo.it - Tel.0171.455503 Non associati a Confindustria Cuneo: Tec Arti Grafiche s.r.l. (adv@tec-artigrafiche.it) Via dei Fontanili, 12 - 12045 - Fossano - Tel. 0172.695897
Chiusura: 13/04/2021 Tiratura: 6.000 copie
Stampa: L’Artistica Savigliano s.r.l. Via Togliatti, 44 12038 Savigliano Tel. 0172.22361 info@lartisavi.it
L’informativa sulla privacy completa può essere consultata al seguente link: https://www.confindustriacuneo.it/menu/madeincuneo.
Vicedirettore editoriale: Elena Angaramo
Primo Piano. Giuseppe Viriglio: l’aeroporto non è un lusso, è un valore aggiunto per il territorio 34 Industria e Dintorni. Quella italiana non è una Pa per giovani 38 L’Intervista. Paolo Ghezzi Il “rinascimento digitale” secondo il Direttore di InfoCamere 41 L’Impiccione. Mons. Cristiano Bodo: «Quando innaffiai di spumante l’Arcivescovo» 44 L’Alta Cultura. Preghiere e immagini in un’estasi visiva della bellezza medievale 47 La Bella Storia. Ferrero e Save the Children insieme per i bambini 50 Il Salotto. God bless Nutella! 54 Bello e Ben Fatto. Gruppo Krause: dopo i vigneti, il resort a 5 stelle 56 Sliding Doors. Le nuove strade di Peraria 60 Cultura d’impresa. Ca.S.T.Im 2000 di Vezza d’Alba leader mondiale 64 Emergenti. Giuseppe Groppo. Obiettivo: mobili 100% green 66 Emergenti. Enrico Conforto. È di Bra il portabandiera della generazione Z 70 Personaggi. Alice Filippi. Finalista al “David di Donatello” che sarà assegnato l’11 maggio 73 Personaggi. Luigi Burgo e la “carta elettrica” 76 Anniversari. Mangimi 4 Torri: una storia fossanese di eccellenza 80 Imprese Smart. Il futuro di Bravo sarà tutto green 84 Arte Industriale. A Mondovì il Momuc “produce” 87 Cantori del Territorio. Donato Bosca ha dato voce alla sua terra 90 Confindustria News 94 Aziende News 96 New Entry 98
Quel maledetto granello di sabbia
U Claudio Puppione Direttore responsabile di “Made In Cuneo”
na lezione che, ahimé, forse non sarà tenuta nel debito conto è arrivata da Suez e dall’“intoppo” che, di recente, ha portato il canale artificiale sotto la luce dei riflettori: l’incagliamento della super portacontainer “Ever Given”, creando un gigantesco ingorgo, ha bloccato per sei giorni i passaggi dal Mediterraneo al Mar Rosso, e viceversa, attraverso l’opera costruita tra il 1859 e il 1869. Per avere più chiara la situazione, basti pensare al fatto che ogni anno navigano nel canale di Suez circa il 7 per cento del traffico mercantile globale e il 12 per cento delle merci, con carichi di ogni tipo. La situazione è tornata alla normalità in tempi più brevi di quelli, catastrofici, preventivati da alcune fonti, ma l’evento ha dimostrato una volta di più che nessun meccanismo è perfetto: ogni ingranaggio, anche quello più sofisticato (anzi, forse più è sofisticato, più è esposto a pericoli inopinati), corre il rischio di incamerare quel fatidico granello di sabbia capace di farlo inceppare. È un po’ ciò che, su scala immensa, ha fatto il Coronavirus, provocando danni incalcolabili all’economia mondiale e, soprattutto, portando via un elevatissimo numero di vite umane. Questa eventualità nelle stanze dei bottoni non era contemplata sino all’inizio dell’emergenza sanitaria globale che si spera si stia esaurendo, malgrado qualche voce
isolata sottolineasse con preoccupazione come, da decenni, il pianeta fosse esente dalla piaga delle pandemie che l’affliggono sin dall’apparire sulla scena dell’homo sapiens e come, in Europa, essa si fosse “fermata” alla famigerata Spagnola di giusto un secolo fa. Da sempre le Cassandre sono invise a molti. Il perché si capisce, ma, a volte, dar ascolto a chi avvisa in merito a pericoli potenziali e latenti evitirebbe, o attutirebbe, mosse autolesionistiche come quelle decise nel nostro Paese, e non solo, in tema di tagli draconiani alla sanità per mere ragioni economiche, non tenendo presente che avrebbe potuto profilarsi all’orizzonte qualcosa come un virus chiamato Covid-19. Torniamo all’incidente avvenuto in Egitto, il quale ha aggiunto ulteriore pressione a una situazione già di tensione del commercio globale. Di certo l’evento ha mostrato a tutti l’importanza del trasporto marittimo, la sua natura essenziale per l’economia globale. A tal proposito segnalo il preoccupante aumento del costo dei noli marittimi (in un semestre sono più che triplicati) che, associato alla carenza dei container, contribuisce ad acuire l’allarme ingenerato dalla crescita generalizzata dei prezzi delle materie prime. Sono temi approfonditi dal Centro studi di Confindustria Cuneo, in occasione della presentazione dell’indagine di previsione congiunturale per il secondo trimestre del 2021.
L’Editoriale L’intraversamento della “Ever Given”, con i suoi 21.000 container, del resto ha prodotto nel giro di poche ore un rialzo del 5 per cento del prezzo del petrolio, proprio come accade ogni volta che si verifica qualche incidente oppure qualche attentato al naviglio commerciale nel Golfo Persico, dove transitano 17 milioni di barili di greggio al giorno. È la “rivincita della geografia”, ha detto qualcuno. Basta la sventatezza di un timoniere e la catena va in crisi in tutto il mondo. Oltre al salutare stimolo alla riflessione sulla caducità delle cose umane, ciò certifica che «nessuna nuova tecnologia, nessun sofisticato dispositivo, nessuna transazione nel mondo immateriale del web può sostituire l’importanza cruciale degli stretti entrati nella storia degli imperi e delle potenze che, su di essi, hanno costruito fortune, dichiarato guerre, sacrificato vite umane e velleità politiche». Sono i “colli di bottiglia”, passaggi obbligati attraverso i quali il mondo comunica via mare e da dove transita l’80% delle merci del pianeta e il 54% del grano e dei fertilizzanti. E, come il temporaneo blocco del canale di Suez dimostra, sono possibili fonti di stallo quasi totale per l’attuale sistema economico ultraglobalizzato. Nel mondo spirano venti, se non di guerra, di fortissime tensioni internazionali che, a breve, potrebbero riverberarsi sui citati “colli di bottiglia” e quindi, sui commerci mondiali. Non aspiro a fare la Cassadra di turno e scopro l’acqua calda, ma credo converrebbe tenersi pronti e, per quanto possibile, predisporre piani d’emergenza.
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Fatti non foste per... parlar come bruti
M Mauro Gola Presidente di Confindustria Cuneo
ercé l’imperversare di sguaiati dibattiti televisivi e, più ancora, lo spesso irresponsabile utilizzo dei social, viviamo in un mondo nel quale si ha la sensazione che abbia ragione, nel senso di imporsi in una battaglia dialettica, chi più urli e più ricorra a espressioni violente o a insulti. Già il parlare di “battaglia”, riferendosi a un confronto di idee e di posizioni legittimamente divergenti, stona in un contesto che si voglia definire civile, ma tant’è. Nel settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri viene spontaneo parafrasare il Sommo Poeta, padre della nostra lingua e quindi del canale che ciascuno ha a disposizione per esprimere le proprie argomentazioni: fatti non foste per... parlar come bruti. Vero è che, se si va a scartabellare negli archivi storici, si rivengono giornali (e non fogli clandestini) nei quali, in particolare tra fine Ottocento e inizio Novecento, il dibattito politico-partitico era basato su invettive di aggressività almeno pari a quella di qualche post irresponsabile che oggi guadagna la ribalta della pubblica indignazione. Quindi la rete, in realtà, ha dato nuovi, e purtroppo più ampi, pulpiti a una becera tendenza da sempre insita in alcuni, sembra non pochi, animi umani che tempo addietro avevano minori possibilità di raggiungere vaste platee e poten-
zialmente dare quel cattivo esempio oggi diffuso su larghissima scala, da troppi considerato il più efficace mezzo per ottenere il consenso. Come agli eccessi a mezzo stampa di oltre un secolo fa venne man mano posto un freno anche grazie alla possibilità di adire agli strumenti giuridici che tuttora tutelano l’onorabilità delle persone, pur salvaguardando l’intangibile libertà di pensiero e di espressione, vero è che, di pari passo con l’imbarbarimento del dibattito, cresce l’esigenza, giorno per giorno più forte, di rapportarsi in modo “etico” ai nuovi mezzi di comunicazione. Non si può non comunicare. Ogni nostra parola, gesto, azione, persino la posizione del corpo, dice qualcosa di noi agli altri. Anche quando non vogliamo comunicare, in realtà comunichiamo, che sia con il silenzio, l’inattività o il rifiuto. Ne sanno più di qualcosa i cultori della programmazione neurolinguistica. Che sia importante imparare a definire il nostro agire comunicativo, sentendo l’esigenza di ancorare il discorso a un’etica, a una filosofia morale, dovrebbe essere ovvio, perché si tratta di un’ineludibile pratica quotidiana che incide sulle nostre scelte, regola le nostre esistenze e influenza i nostri comportamenti sul posto di lavoro, fra i gruppi sociali in cui siamo attivi e in famiglia. La vita umana si basa su princìpi morali e su valori che guidano o dovrebbero guidarne la condotta,
A Che Punto Siamo pertanto il discorso e il consenso che esso può suscitare vanno mediati dall’argomentazione di valide proposizioni morali tra soggetti capaci di agire e di parlare. Lo scopo della comunicazione dev’essere quello di cercare nel suo destinatario un consenso che sia libero, fondato su argomenti convincenti. In questo auspicabile tipo di comunicazione si esprime ogni forma di proposizione etica. Se i discorsi scientifici non propongono valutazioni morali, ma sono bensì basati su descrizioni e spiegazioni eticamente neutrali, quelli morali sono ancorati alla pressione degli interessi particolari e di gruppo che aspirano a un riconoscimento. Tra progresso della comunicazione e giustizia sociale esiste un inscindibile rapporto di causazione circolare: da una parte, un mondo più giusto è la premessa necessaria per una comunicazione più autentica; dall’altra, solo la progressiva instaurazione di una comunicazione ideale rende possibile la determinazione del giusto. Ne discende che il compito etico della comunicazione sia la sua capacità di creare comunione. La qualità etica della comunicazione dipende anche da una caratteristica specifica del messaggio: la sua piena corrispondenza con il pensiero del comunicante, corrispondenza che in questi tempi latita, specie se si bada ai canali citati nell’incipit. Ecco perché non siamo e non dobbiamo sentirci soltanto fruitori o lettori dell’informazione, ma produttori, utenti attivi, attenti e ben consapevoli, in particolare, nell’uso delle nuove tecnologie.
Nel campo immobiliare Planet pensa, crea e gestisce grandi complessi per social housing: miniquartieri intelligenti, tra 800 e 1.600 unità abitative. Nella foto: il Smart City Laguna a San Paolo del Brasile
L’“affordable housing” di Planet spiegato dal ceo Savio
Edilizia sociale dopo il Covid Lorenzo Boratto
U
n altro modo di costruire e pensare le città del futuro è possibile, anzi è già realtà. L’ha insegnato la pandemia: città e metropoli,
6
dove da decenni si stanno inurbando masse crescenti di popolazione, dovranno essere sempre più “sostenibili” da un punto di vista sociale, ecologico, economico.
Il cuore a Torino, una sede a Londra e cantieri in Brasile e in India, con 650 dipendenti in totale. L’azienda ha raccolto oltre 100 milioni di euro di finanziamenti in tre anni, da 320 soci e supporter, soprattutto italiani
E per farlo dovranno essere smart, innovative, resilienti. È, in sintesi, l’avventura imprenditoriale a cui lavora Planet, gruppo internazionale fondato nel 2018 dal torinese Giovanni Savio, 54 anni: un’azienda che lavora per pensare, proget-
Moving nuovi quartieri smart. Nel campo immobiliare Planet pensa, crea e gestisce grandi complessi per social housing: miniquartieri intelligenti, tra 800 e 1.600 unità abitative. «Un caso unico al mondo nell’affordable housing», dice Savio, che della holding è il Ceo. «Non è l’edilizia sociale pubblica, che in inglese di chiama public housing, cioè quella pagata dallo Stato, ma l’evoluzione dell’edilizia convenzionata che prevedeva mutui agevolati per chi comprava e agevolazioni fiscali ai costruttori. Proponiamo case che vanno sul mercato, ma a prezzi adatti a Paesi in fase di forte sviluppo: tra 25 e 40 mila dollari ad abitazione». Planet Idea, che ha sede a Torino, sta sviluppando una decina di progetti in Italia: Milano, Torino, Roma, in Veneto
C’è poi Planet Idea che sta Guarda il video
sviluppando una decina di progetti in Italia: Milano, Torino, Roma, in Veneto...
tare e realizzare complessi
pianeta.
residenziali che in inglese si
Planet ha il cuore a Torino, una sede a Londra
chiamano “affordable hou-
e opera in Brasile e India, con 650 dipendenti
sing”, un’evoluzione del con-
in totale. L’azienda ha raccolto oltre 100 milio-
cetto di edilizia sociale.
ni di euro di finanziamenti in tre anni, da 320
Per questo Planet ha pun-
soci e supporter, soprattutto italiani.
tato ai Paesi del mondo che
Tra loro ci sono alcuni degli esponenti di spic-
hanno più bisogno di edilizia
co del capitalismo “made in Italy”, come le
sociale a prezzi calmierati,
famiglie Denegri (dell’azienda biotech DiaSo-
sviluppando soluzioni tec-
rin), Rovati (gruppo farmaceutico RottaPharm)
nologiche all’avanguardia,
e Malacalza (della banca Carige). Le attività
affiancando a ciò anche con-
sono in tre diversi àmbiti, ovvero business
sulenze per gli enti pubblici.
unit: le principali sono le operazioni immo-
Si tratta di un approccio
biliari all’estero, poi c’è il competence center
all’apparenza rivoluzionario,
Planet Idea di Torino (200 addetti) e altri 50
ma necessario nelle trasfor-
professionisti, sempre nella città della Mole, si
mazioni urbane in corso nel
occupano di sviluppare una app specifica per i
Giovanni Savio Ceo di Planet Holdig
7
Moving
Per ora il Brasile è il Paese dove l’azienda è più presente, un altro progetto è stato
Texas, vicino a Dallas, nella cittadina di Little Elm: 324 appartamenti da realizzare su 600 in tutto. Ancora Savio: «Con Planet Idea siamo advisor su progetti innovativi a Milano e abbiamo iniziato a dialogare anche con la Città di Cuneo. Integriamo soluzioni innovative nel real estate, forniamo sistemi di comunità integrati con quanto di meglio offre la tecnologia». In sintesi: le soluzioni smart, come wi-fi
delle acque grigie, raccolta differenziata intelligente, produzione diffusa di energia da fonti rinnovabili, car e bike-sharing. Le città che ci aspettano, in poche parole. Ogni quartiere pensato da Planet inoltre sviluppa una sua app e di questo si occupa la digital unit torinese: implementare soluzioni dentro l’applicazione in modo che aumenti il senso di comunità di un quartiere. Ci lavorano 50 professionisti per creare un singolo programma per smartphone dove trovare quello che serve per casa e quartiere. Esempi: il pannello di controllo di funzioni e consumi dell’appartamento, i messaggi del community manager del quartiere, ma anche
lanciato in India (avviato a dicembre nella città di Pune dove in tre mesi sono stati venduti 350 appartamenti e si arriverà a 1.800), infine un’iniziativa è partita in
libero, illuminazione smart, IoT, si integrano a orti urbani, spazi di coworking, cucine sociali, le biblioteche degli oggetti (microfficine per le piccole riparazioni), riciclo
la prenotazione di spazi per lo svago, il lavoro, lo sport. Savio sintetizza: «Un villaggio smart digitale; villaggio per la dimensione contenuta del quartiere, smart per le tecnologie applicate, digitale per la capacità di dialogare e connettersi».
«Con Planet Idea siamo advisor su progetti innovativi a Milano e abbiamo iniziato a dialogare in modo informale anche con la Città di Cuneo»
Ogni quartiere pensato da Planet sviluppa una sua app di cui si occupa la digital unit torinese, incaricata di progettare soluzioni dentro l’applicazione affinché aumenti il senso di comunità di un quartiere. Cinquanta professionisti creano programmi per smartphone dove trovare quello che serve per la casa e per il quartiere
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pandemia per i Paesi che si sono messi il Covid alle spalle. Tutto quello di cui ragionavamo prima dell’avvento della pandemia è stato confermato, facendo diventare di uso comune concetti come lavoro a distanza, digitalizzazione, connettività in casa». Sui progetti con il Comune di Cuneo, Savio precisa: «Abbiamo appena cominciato a dialogare con il sindaco, Federico Borgna, in modo informale. Il progetto di Cuneo 2030, per mettere in atto i 17 obiettivi di sostenibilità I progetti sono pensati per dar vita a villaggi smart digitali: villaggi per la dimensione contenuta del quartiere, smart per le tecnologie applicate, digitali per la capacità di dialogare e di connettersi
delle Nazioni Unite, riguarda tutti. Ci interessa la possibilità di prendere parte a una riqualificazione di un’area urbana, pensando anche all’innovazione».
La storia di Planet è interes-
zo, in corso Francesco Ferruc-
sante: è presieduta da Stefa-
ci, negli spazi dove un tempo
no Buono, già ricercatore del
c’era Fiat Engineering.
Cern di Ginevra che nel 2002
I progetti brasiliani sono una
ha fondato una sua società
decina: tra quali i cantieri a
nel campo della medici-
Fortaleza, Natal, Aquiraz e
na nucleare, poi quotata al
quattro a San Paolo. Giovanni
Nasdaq a New York e infine
Savio spiega di aver inizia-
acquistata dal colosso Novar-
to dal Paese sudamericano
tis per 3,9 miliardi di dollari.
perché «è il terzo al mondo
Buono in seguito conosce
per costruzioni di abitazioni
Savio, apprezza l’idea dell’af-
sociali e ha un deficit di 8
fordable housing in Brasile
milioni di unità abitative».
lanciata nel 2015 e in pochi
In merito al Covid-19 il Ceo
anni nasce Planet, dopo un
si esprime così: «La pande-
piano industriale e un round
mia ha reso evidente quanto
di finanziamenti. Così si con-
sapevamo e sostenevamo da
cretizzano i primi progetti.
anni. Lo dimostrano i nume-
Savio rammenta: «In quegli
ri: i clienti delle abitazioni
anni cercavo un progetto per
sociali non comprano casa
città smart in àmbito sociale,
in base alla percezione della
ma sul mercato nessuna so-
ricchezza o all’andamento
cietà lo faceva. Così abbiamo
della Borsa, hanno tutti in
fondato Planet: fa qualcosa
media meno di 30 anni: la
a cui nessuno aveva pensato
casa serve per vivere, mettere
prima».
su famiglia, è un bisogno pri-
Planet Idea è partner dello
mario. E le abitazioni sociali
storico studio torinese AI
hanno continuato a essere
(Architettura Ingegneria) e la
costruite in modo massic-
sede è cambiata a inizio mar-
cio prima, durante e dopo la
Dagli schermi antiriflesso per pc fino al Vietnam Giovanni Savio, diplomato perito costruttore aeronautico, ha una storia imprenditoriale articolata. I genitori avevano un’azienda di lavorazione di materie plastiche. Ventenne, ha fondato una società per schermi antiriflesso dei monitor dei pc, la Next Office, diventata terza per produzione in Europa (dice: «Eravamo una startup di successo quando ancora il termine non esisteva!») e, dopo la vendita, si è lanciato nel settore immobiliare per alcuni anni. È lui stesso a chiarire: «Nei primi anni 2000 ho capito che il real estate torinese era destinato a rallentare, così ho cercato nuove opportunità per mettere a frutto il bagaglio di conoscenze acquisito con le mie esperienze trasversali». Planet vuole crescere ancora: sono allo studio progetti in Colombia, Messico, Indonesia e Vietnam. Ancora Savio: «Sono tutti Paesi popolosi, come Brasile e India, con un fortissimo deficit abitativo. Insieme rappresentano circa un terzo della popolazione mondiale e il 40% del mercato delle case affordable housing costruite ogni anno: circa 10 milioni ogni dodici mesi. Planet Idea, a Torino, invece è un centro di ricerca e sviluppo per le smart city e per il prop-tech, il nuovo filone per integrare tecnologia e progetti immobiliari. L’obiettivo? Diventare un’eccellenza del settore non soltanto nazionale, ma anche all’estero». Tra i soci di Planet, attraverso il fondo di investimenti Equiter, ci sono le Fondazioni di origine bancaria: Crc, Crt e Compagnia di San Paolo.
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Ecco quattro delle cinque generazioni su cui conta e ha contato l’azienda... al femminile: Egle Sebaste, la madre Elide Giordano, la figlia Lucia Rossi Sebaste e la nipote Camilla Pelassa, figlia di Lucia
Se l’azienda
è (anche) donna Stefania Camoletto
Egle Sebaste: «Noi possiamo e dobbiamo abbracciare professioni a tradizionale appannaggio maschile, senza per questo doverci comportare “da uomini”» 10
E
gle Sebaste, classe 1961, da oltre trent’anni alla guida un’industria dolciaria tra le più rinomate in Italia, racconta la vicenda imprenditoriale della
«Oggi siamo alla quinta generazione attiva in azienda. Il mio bisnonno, il fondatore, è nato l’anno dell’unità d’Italia e io sono venuta alla luce nel 1961, esattamente un secolo dopo: tra noi intercorrono quattro generazioni»
figlio di N.N., ed è partito da zero, anzi, da sottozero! Fu ritrovato nella ruota dell’ospedale di Bra e affidato a una balìa che lo nutrì; in seguito venne accolto da una famiglia di Cissone. Non avendo intenzione di lavorare la terra, si trasferì molto giovane ad Alba. Lì apprese la lavorazione del torrone in una pasticceria: grazie a quell’esperienza modificò una ricetta secolare
Sebaste e l’impegno personale per la nascita di
che prevedeva che il torrone
una nuova classe imprenditoriale che esalti i
nel nord Italia si facesse con le
valori e le virtù femminili nel mondo del lavoro.
mandorle. Non potendo per-
«Con i miei figli siamo arrivati alla quinta gene-
mettersi le costose mandorle,
razione aziendale. Il mio bisnonno Giuseppe è
pensò di usare una materia
nato l’anno dell’Unità d’Italia, io sono del 1961:
prima di altissima qualità, ma
in un secolo esatto, tra noi intercorrono quattro
più economica, e che aveva a
generazioni. Mi piace dire che siamo una fami-
portata di mano: la nocciola.
glia di imprenditori che hanno fatto di necessità
Allora i noccioleti non erano
virtù. Pensi che mio bisnonno era un trovatello,
ordinati come oggi: la coricol-
Moving tura era un mestiere difficile,
un “franchising” ante litteram,
ma lui “sguinzagliò” i dieci
costituito da piccole plance
figli per i boschi a raccogliere
che giravano per le piazze con
nocciole e poi trasformò l’im-
davanti la scritta “Torrone
pasto tradizionale, affinché si
Sebaste” e, dietro, una lam-
amalgamasse bene con il nuo-
padina. Conferendo ai vendi-
vo ingrediente. Questa ricetta
tori ambulanti il prodotto in
innovativa garantì al torrone
conto-vendita, allargò molto
un sapore e una consistenza
in fretta la clientela. Il nonno
inediti che da allora caratte-
attuò i primi tentativi di auto-
rizzano la nostra produzione.
mazione: arrivarono le impa-
Non potendo permettersi un
statrici meccaniche che con-
affitto ad Alba, nel 1885 si
sentirono di abbandonare il
insediò al Gallo, una frazione
faticoso impasto a mano. Con
di Grinzane Cavour. E il “gallo”
la generazione di mio padre
divenne, in maniera sponta-
Dario, grazie anche alla grande
nea, e senza alcuno studio di
distribuzione, i nostri prodotti
marketing, il simbolo della
iniziarono a essere venduti su
nostra azienda».
scala nazionale. Negli anni ’80
se mi fosse piaciuto il lavoro in azienda, ci sarei rimasta, altrimenti mi sarei iscritta alla Facoltà di lettere moderne, seguendo la mia passione “letteraria” e linguistica. Ma per chi, come me, cresce e vive accanto all’azienda, l’azienda “ce l’ha nel sangue”. E così ne fui subito coinvolta e ci restai. Mio padre era un uomo di grande capacità e carisma, ma non amava fare il commerciale: dopo i primi appuntamenti di lavoro insieme, mi spronò a condurre le trattative con i clienti. Il coinvolgimento aziendale lo devo soprattutto ai miei genitori, veri “maestri della delega”: nonostante non fosse comune per l’epoca delegare, regalare libertà, dare la possibilità di sbagliare, mi concessero di fare esperienza sul campo e di viaggiare molto per imparare le lingue in quelle parti di mondo (Francia, Argentina e Spagna) dove i tanti fratelli Sebaste erano approdati nei decenni precedenti».
l’azienda conobbe un’ulteriore Un simbolo che vi ha portato
espansione, ma erano tempo
fortuna. Infatti l’azienda crebbe
diversi: sull’orlo dell’entusia-
molto in fretta...
smo e della grande volontà
«Il bisnonno ebbe un’altra
le cose andavano comunque
intuizione geniale. Comprese
bene, anche senza un business
che, per aumentare la produ-
plan».
zione dolciaria e far crescere l’azienda, era necessario de-
E poi anche lei entrò in azienda.
stagionalizzare la vendita del
«Entrai molto giovane, subito
torrone che per tradizione era
dopo il diploma in ragioneria.
un dolce prettamente natali-
Era un anno di prova:
zio. Cominciò a vendere i suoi prodotti alle sagre paesane,
Da donna, mamma e imprenditrice, quali realtà e sfide ha dovuto affrontare? «Per parlare della condizione della donna nel mondo del lavoro, vorrei raccontarle un aneddoto. Sono nata nella casa di cura di Alba dove non c’era nulla, neanche un’incubatrice, e l’ostetrica la portò mia madre. Venni al mondo con l’aiuto di un amico di mio padre appena laureato, il quale, appena nata, mi prese per i piedi pronunciando una frase in piemontese: “Sta si a l’è mac ’na leccia”. Le “lecce” sono le carte da gioco che valgono
concomitanti ai periodi della mietitura e della vendemmia, momenti dell’anno proficui in cui anche i contadini dimostravano un maggiore propensione al consumo. Così il “turuné” divenne un elemento essenziale in ogni festa. In seguito, con l’aiuto di mio nonno Oscar, creò
Ormai da cinque generazioni la storia della famiglia Sebaste è strettamente legata a quella dell’azienda con sede a Gallo di Grinzane Cavour. Si tratta di una storia fatta di grande entusiasmo per il proprio lavoro, di passione per i propri prodotti, di orgoglio di appartenenza alla propria famiglia
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poco, quelle carte che non servono a far punti e a vincere. Io venni al mondo con quell’auspicio bonario (ride). Quando, da figlia unica, mi sono trovata alla direzione dell’azienda, negli anni 2008-2011, ho attraversato il primo momento davvero difficile. Nel 2014 ci fu una forte crisi legata alla produzione di nocciole a seguito di una gelata in Turchia, Paese leader nella produzione mondiale di nocciole: questo comportò un aumento dei prezzi d’acquisto del prodotto corilicolo del 163% e, considerando che le nocciole costituiscono il 40% delle nostre materie prime, l’intera catena del valore e i contratti erano da riformulare. In quel momento compresi cosa vuol dire essere imprenditrice e madre: avevo i ragazzi ancora giovani, i miei genitori erano molto anziani e in contemporanea provavo la forte responsabilità per il posto di lavoro dei 50 collaboratori allora occupati in azienda. In quel momento compresi che, per “guadare” quegli anni, dovevamo recuperare il nostro know-how
Egle Sebaste con il padre Dario, deceduto nel gennaio 2016 all’età di 83 anni
artigianale e tornare un po’ alle origini, miran-
«Il bisnonno creò, con l’aiuto di mio nonno, un “franchising” ante litteram costituito da piccole plance che giravano per le piazze con davanti la scritta “Torrone Sebaste” e, dietro, una lampadina»
do ancora di più alla qualità. Puntammo sul
pevole” e poco strutturata,
marchio Antica Torroneria, con i suoi prodotti
con un’attenzione particolare
semiartigianali, diminuendo temporaneamente
alla condizione femminile, ai
la produzione per la grande distribuzione legata
permessi, alla flessibilità sui
al marchio Sebaste. Con quei prodotti dolciari
turni di lavoro, ai programmi
d’eccellenza, quali i tartufi di cioccolato, riuscim-
personalizzati costruiti ad
mo a conquistare addirittura i mercati svizzero
hoc, al rapporto di fiducia-col-
e tedesco, e da lì partì il nostro export. Da allora
laborazione tra datore di
abbiamo selezionato i clienti, diversificato la
lavoro e lavoratori. Abbiamo
produzione puntando sull’alta qualità, esteso la
agevolato l’inserimento di
rete di vendita e adesso abbiamo un “book” di
giovani lavoratori e la pre-
prodotti dolciari così assortito e curato che sem-
senza femminile in azienda è
zio socioassistenziale Alba,
bra quasi un catalogo di moda. Sono riuscita,
cospicua, anche nelle posizio-
Langhe e Roero, in partnership
nonostante tante difficoltà, a raggiungere il mio
ni apicali. A livello territoriale
con le cooperative sociali ope-
obiettivo: portare alla quinta generazione un’a-
ho partecipato con piacere al
ranti sul territorio e numerose
zienda sana. L’attuale amministratore delegato
progetto “Talenti Latenti”, un
associazioni di volontariato».
di Sebaste è mio figlio, Matteo Rossi Sebaste».
programma unico, sostenuto dalla Fondazione Crc, in cui ho
Lei ha partecipato a “Women
Lei rappresenta un modello di imprenditrice social-
potuto assistere a un’inedita
2027”. L’attenzione al contri-
mente responsabile, come dimostra il suo grande
e proficua collaborazione tra
buto sociale e lavorativo della
impegno rivolto al welfare aziendale e territoriale.
pubblico e privato sul tema
donna in contesti lavorativi
«A livello aziendale l’abbiamo praticato da
del welfare. Ne sono stati
cresce. In piena pandemia, la
sempre, anche se spesso in maniera “inconsa-
capofila l’Asl Cn2 e il Consor-
manovra di bilancio 2021 pre-
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Moving vede misure atte a promuovere
to: se non siamo tranquille sul
e sostenere l’avvio e il rafforza-
fatto che i nostri piccoli e i no-
mento dell’imprenditoria fem-
stri anziani siano ben accuditi,
minile, la diffusione dei valori
non possiamo essere serene
di imprenditorialità e lavoro tra
sul lavoro. In primis è neces-
le donne. Quali passi concreti
saria un’azione istituzionale e
sono stati fatti per agevolare il
aziendale per il finanziamento
lavoro e l’imprenditoria fem-
e per il rafforzamento delle
minile a livello nazionale ed
strutture a supporto dell’in-
europeo?
fanzia e della vecchiaia; poi è
«Sono stata in azienda per
bene risolvere con una certa
gran parte della mia vita e,
urgenza la questione del di-
quindi, non ho mai avuto il
vario salariale di genere. Sarà
tempo materiale per affronta-
molto importante lavorare
re con impegno la questione
perché i fondi messi a disposi-
femminile. Ma, ora che sono
zione dal Pnrr per la parità di
un semplice “supervisor”
genere siano ben distribuiti e
aziendale e che i miei figli vi
sfruttati. La rete dei Comitati
lavorano a tempo pieno, sento
per l’imprenditoria femminile
il dovere di dare una mano
si sta muovendo in tal senso
alle donne e alle imprenditrici
e credo siano un osservatorio
meno fortunate. Sono da poco
privilegiato e capillare sulle
presidente del Comitato per
diverse realtà locali. Inoltre,
l’imprenditoria femminile
come ribadito dalle europar-
della Camera di commercio di
lamentari europee, le donne
Cuneo ed essere tra le par-
sono un valore aggiunto per
tecipanti a “Women 2027” è
la loro poliedricità, la loro
stato un onore, oltre che una
vocazione a prendersi cura del
grande esperienza: ho capito
prossimo e a garantire alti li-
quanto sia necessario creare
velli di democrazia e coesione
un network locale, una rete di
negli ambienti in cui operano.
comunicazione e dialogo tra
Siamo quindi chiamati/e a
imprenditrici per far sì che
superare una volta per tutte
non si sentano sole e, soprat-
paradigmi culturali obsoleti:
tutto, che non debbano sem-
le donne possono essere delle
pre arrangiarsi in autonomia.
lavoratrici stem (science, tech-
Vanno rafforzate le strutture
nology, engineering e mathe-
a supporto della donna, che
matics), abbracciare professio-
ha in sé un’innata propen-
ni a tradizionale appannaggio
sione alla cura e, in àmbito
maschile, senza doversi
aziendale, questa attitudine e
comportare “da uomini”. Tutte
caratteristica “antropologica”
le lavoratrici, anche quelle in
può davvero fare la differenza.
posizioni apicali, devono poter
Siamo fatte così e non è un
valorizzare il proprio contribu-
male, anzi, un valore aggiun-
to femminile».
Siamo sull’orlo di un cambiamento epocale? «Penso che siamo all’inizio di un cambiamento culturale che però non assumerà i tratti e i toni da “suffraggetta” degli anni ‘60: a “Women 2027” c’erano solo donne che avevano voglia di darsi un gran da fare, al di là delle ideologie o dei retaggi culturali del passato. La cosa positiva è che stiamo approdando a una consapevolezza collettiva fondamentale: essendo la donna uno dei pilastri della famiglia e della società, è nell’interesse di tutti che sia realizzata e serena. Questo è il momento della consapevolezza di genere, probabilmente la prossima generazione potrà raccoglierne i frutti».
Guarda i video aziendali Matteo Rossi Sebaste, ad dell’azienda di famiglia e dallo scorso settembre presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Cuneo
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Paola Veglio guida la Brovind Vibratori di Cortemilia
Bravura al femminile
P
Stefania Camoletto
aola Veglio, classe 1979, laureata in ingegneria elettronica al Politecnico di Torino, ha fatto una gavetta di quasi vent’anni nell’azienda di famiglia, prima di diventare amministratore delegato della Brovind Vibratori spa di Cortemilia, realtà operante a
Ingegnere elettronico, la manager è attenta, come da sempre l’azienda, al sociale e alle questioni di genere, però non crede alla reale utilità delle quote rosa
livello internazionale nel settore dell’automazione industriale su basi elettromagnetiche e vibranti. La sua storia è quella dell’imprenditrice responsabile e pionieristica che, oltre a una forte determinazione e all’impegno per la comunità locale, mira allo sviluppo dell’azienda e all’apporto femminile in uno dei settori tradizionalmente maschili. Da qualche anno lei è a capo della Brovind. Quali sono state le principali tappe dell’evolu-
Avete legami produttivi con le
zione aziendale e del suo apporto all’organizza-
imprese locali e fate parte di
zione e alla strategia di crescita?
Confindustria Cuneo. Come giu-
«La Brovind ha vissuto diverse tappe evolu-
dica l’attuale livello di coopera-
tive: è nata nel 1986 e nei primi anni 2000 ha
zione tra imprese?
cambiato l’assetto proprietario. Dal 2001 mio
«Penso che la collaborazione
padre Giancarlo ha assunto la direzione e io
non abbia raggiunto livelli
ho cominciato ad affiancarlo nel 2006, per
sufficienti e che ci sia ancora
poi prendere completamente la direzione
troppa competizione. Questa
nel 2013. Negli ultimi quindici anni l’azien-
è una situazione per certi
da ha vissuto una crescita quali-quanti-
aspetti positiva, ma, quando
tativa: siamo passati da 39 agli attuali 150
ti raffronti con competitor
dipendenti e il fatturato è stato triplicato.
mondiali, è bene recuperare
Inoltre abbiamo differenziato l’offerta e al-
un po’ di solidarietà sistemi-
largato le collaborazioni a tanti altri setto-
ca e la capacità di costruire
ri, oltre al tradizionale automotive. Abbia-
e sfruttare reti locali e sovra-
mo duplicato le esportazioni e rinsaldato
locali. Questo atteggiamento
i legami diretti e indiretti con i cluster
collaborativo sarà vitale in un
produttivi locali».
futuro non remoto, quando ci
Per aiutare le attività penalizzate dai lockdown e sostenere il tessuto economico locale, la Brovind ha distribuito buoni shopping ai dipendenti spendibili solo nei negozi del territorio
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Moving interfacceremo con gruppi internazionali sempre più solidi e strutturati». Nonostante livelli di collaborazione non ancora ottimali tra imprese del sistema locale, è possibile riscontrare un comune nobile atteggiamento “ferrero-olivettiano”, il quale distingue lo “stile” degli imprenditori della provincia. «Sì, penso che Ferrero abbia fatto scuola da tanti punti di vista. Ha dato vita a un ecosistema imprenditoriale locale di alta qualità. Ha saputo raccogliere i bisogni dei dipendenti e della comunità locale attraverso un modello di welfare evoluto che rappresenta una delle massime espressioni di tale atteggiamento cooperativo e fiduciario. Anch’io credo molto nel welfare: l’abbiamo praticato in forma poco
La “tripla elica” tra azienda, istituzioni e comunità locale, in un contesto globale, crea vantaggio competitivo, posizionamento e coesione sociale
«Sono comunque fiduciosa: oggi le donne stanno sprigionando il proprio talento e la propria sensibilità in tutti i campi, dalla politica all’imprenditoria»
e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile e la diffusione dei valori di imprenditorialità e lavoro tra le donne. Secondo lei quali passi concreti sono stati fatti per agevolare l’imprenditoria femminile e cosa resta da fare? «Credo che tante delle iniziative intraprese siano poco praticabili e, talvolta, superficiali: finché non cambieranno radicalmente l’atteg-
strutturata, non contrattua-
giamento e il modus operandi nei confronti
lizzata e “latente” da sempre,
delle donne, non si arriverà a quel salto para-
attraverso tante misure quali
a raggiungere lo scopo. Azioni
digmatico necessario a una nuova era lavora-
buoni pasto e carburante, be-
di questo tipo ci permetteran-
tiva e sociale. Vorrei non dover più giustificare
nefit per lo sport, assunzioni
no di realizzare una sinergia,
il mio essere donna: se sono brava o no, certo
mirate periodiche di persone
quella tra azienda, istituzioni
non dipende dal genere. Tutti, uomini e donne,
“fragili”, al di là delle prescri-
e comunità locale, che giudico
dovrebbero avere le stesse possibilità e a oggi,
zioni della legge 68/1999. L’an-
fondamentale: è la “tripla eli-
mi spiace dirlo, non è così. Le parlo del settore
no scorso abbiamo vinto un
ca” che, in un contesto globa-
metalmeccanico: molte volte le donne vengo-
bando regionale Wecare con
le, crea vantaggio competitivo,
no scartate a priori, senza una base oggettiva
cui creeremo un asilo nido
posizionamento e coesione
e in base a vecchi stereotipi, sebbene la realtà
interaziendale al servizio della
sociale».
abbia dimostrato che anche nei settori stem (le discipline scientifico-tecnologiche e i relativi
comunità cortemiliese. Credo nel legame dell’azienda con il
Cresce l’attenzione al contributo
corsi di studio, ndr) le donne possono fare la
territorio: vorrei convincere i
sociale e lavorativo della donna
differenza. L’imprenditoria ha il grande dovere
non molti giovani e gli abitan-
nei contesti occupazionali. In
sociale di offrire a tutti le stesse possibilità. E,
ti in generale a rimanere in
piena pandemia, la manovra di
magari, arrivare a colmare quei vuoti formativi
paese e credo che questo sia
bilancio 2021 ha previsto con-
che la scuola e l’Università non sono riuscite a
un buon modo per contribuire
tributi e misure per promuovere
riempire».
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Moving Lei che è una giovane capitana d’industria e che ha frequentato il Politecnico di Torino, ha percepito una differenza di trattamento? «Sì, ho dovuto affrontare con fatica e coraggio cambiamenti radicali all’interno dell’azienda. Ci sono riuscita, ma non le nego che è stato difficile per-
Brovind progetta e produce sistemi avanzati di alimentazione vibrante e orientamento per tutti i settori dell’automazione, adatti a ogni necessità di tipo industriale e a ogni tipo di linea automatica o capacità produttiva
ché, all’inizio, non ho ricevuto un grande supporto da parte del vecchio management e dei collaboratori storici. È vero ciò
talento e la propria sensibilità
«Non ci credo molto. Credo che siano tra
che si dice: se sei donna ce la
in tutti i campi, dalla politica
quelle misure palliative che non producono
farai, ma dovendo dimostrare
all’imprenditoria. Tuttavia le
un reale cambiamento di mentalità. Non si
davvero molto. Credo che nel
posso dire che solo dopo anni
dovrebbe pensare di entrare nella pubblica
2021 debbano essere abbat-
di duro lavoro ho raggiunto
Amministrazione o in un’azienda perché sei
tuti questi muri di differenze
parità di trattamento e ricono-
uomo o donna: ci dovresti entrare perché sei
discriminanti: dagli atteggia-
scimento».
bravo o brava».
salariali. Sono comunque
Dal suo punto di vista possono
Quindi, secondo lei, la scuola non ha ancora
fiduciosa: oggi le donne stan-
essere utili strumenti quali le
espletato a pieno la sua terza missione?
no sprigionando il proprio
quote rosa?
«Ho frequentato il Politecnico: è una scuola
menti sul lavoro alle disparità
eccelsa, internazionale e che mi ha dato la
Intelligenza artificiale e digitalizzazione: l’Italia è in ritardo, però può recuperare
possibilità di strutturare una forma mentis. Credo però che molto del lavoro andrebbe fatto negli anni precedenti l’Università: già la scuola secondaria dovrebbe fornirti quel-
Il tessuto industriale italiano è molto forte nei settori tradizionali (le 4A del “made in Italy”), meno competitivo rispetto al panorama europeo nei settori tecnologici. Ingegner Veglio, lei come spiega il ritardo nella digitalizzazione e nel ricorso all’intelligenza artificiale da parte di imprese e pubblica Amministrazione? «La politica e le istituzioni non hanno accompagnato questo cambiamento. Forse il ritardo culturale e operativo è dovuto a un susseguirsi di politiche dissennate e alla mancanza di una vision. Il ritardo nella digitalizzazione è in parte collegabile ai molti tagli nell’istruzione e a una scuola che non è rimasta al passo con i tempi. L’Industria 4.0 è partita in ritardo rispetto all’Europa di almeno due anni e, per di più, è stata spesso concepita come un escamotage per ricevere contributi tralasciando il potenziale che questo nuovo modello di impresa avrebbe potuto generare. Noi italiani siamo sempre un po’ in ritardo per via di un retaggio culturale che, spesso, agevola la via corta e meno virtuosa. Ed è un peccato che un Paese creativo e industriale come l’Italia non riesca ad abbandonare questa visione “a corto raggio”. Sono convinta che, se si guardasse un po’ oltre, ne beneficerebbero la creatività, l’innovazione e i talenti latenti. Per far questo è necessario “non sedersi” sulle vecchie abitudini e fare sistema a livello locale e nazionale».
la scatola degli attrezzi e quegli input che ti aiutino a comprendere chi vuoi essere, cosa farai, che esaltino l’attitudine e il carattere per affrontare il mondo con forza e intelligenza». Il Covid: la vostra azienda ne ha risentito? Secondo lei quando e come potremmo uscirne? «Certamente sì. Ci sono state ripercussioni economiche aziendali e psicologiche collettive di notevole importanza, ma durante il primo lockdown ho sentito il calore sincero e la collaborazione dei dipendenti e ho capito che siamo davvero una squadra. Sono un’inguaribile ottimista e dico che dal 2022 assaporeremo una nuova normalità, però molto dipenderà dall’azione politica e dalla celerità della campagna vaccinale».
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VOLONTARIATO ASSOCIAZIONISMO CULTURA Confindustria Cuneo propone formazione e webinar per aumentare le capacità manageriali di chi opera nel no profit e offrire possibilità in più alle associazioni che inizino a muoversi in modo più imprenditoriale
Un rapporto più stretto tra industria e Terzo Settore può avvantaggiare entrambi Alberto Prieri
«C
reare impresa e favorire l’associa-
zionismo sono, insieme, modi concreti di fare cultura e volontariato». Così il direttore, Giuliana Cirio, sintetizza i motivi che hanno indotto Confindustria Cuneo ad aprirsi al Terzo Settore. E chiarisce: «La nascita, la crescita, lo sviluppo di un’impresa e il suo radicamento sul territorio negli anni
A lungo i due soggetti hanno viaggiato su strade parallele. Ma, con il tempo, le occasioni di confronto e di incontro si sono moltiplicate
quali emergono i legami tra industria e cultura da una parte, e la sensibilità verso il mondo del volontariato in senso più ampio dall’altra». Anche perché il Terzo Settore è un universo davvero variegato che comprende realtà locali grandi e piccole le cui finalità vanno dall’aiuto alle famiglie in difficoltà all’inserimento lavorativo di soggetti disabili, dalla promozione di spettacoli all’organizzazione di eventi e di iniziative culturali, soltanto per citare alcuni àmbiti di intervento. «Il fatto che spesso le aziende associate a Confindustria sostengano con contributi e donazioni queste attività è un’ulteriore conferma della vicinanza tra il mondo imprenditoriale e quello
Valerio D’Alessandro Vicedirettore di Confindustria Cuneo
no profit», aggiunge il vicedirettore di Confin-
rappresentano, di fatto, un
dustria Cuneo, Valerio D’Alessandro. «Per un
Un esempio: sono parecchie
patrimonio culturale e storico
lungo periodo i due soggetti hanno viaggiato su
le imprese industriali che
da tutelare e valorizzare, men-
strade parallele, ma, con il passare del tempo,
affidano commesse e lavora-
tre i nostri vertici, a partire
le occasioni di confronto e di incontro sono
zioni alle cooperative sociali,
dal Presidente, non percepi-
diventate sempre più frequenti, spesso con
quelle nelle quali sono impe-
scono compensi e impegnano
collaborazioni nate attraverso il meccanismo
gnati soggetti svantaggiati.
il loro tempo per le aziende
indicato prima. Così è diventato palese come
Più direttamente, Confindu-
associate perché credono in
rapporti più stretti fossero non solo possibili,
stria sta sensibilizzando i soci
ciò che fanno: elementi dai
ma auspicabili e forieri di vantaggi reciproci».
all’assunzione vera e propria
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Moving di persone disabili attraverso
«La nostra iniziativa non vuole
associazioni,
il supporto del proprio disabi-
assolutamente sovrapporsi
enti, imprese
lity manager, nella convinzio-
alle attività del Centro servizi
che non sempre
ne che l’accoglienza verso chi
per il volontariato-“Società
hanno contorni
ha difficoltà determini grandi
solidale”», precisa il vicedi-
ben definiti»,
risultati in termini di miglio-
rettore D’Alessandro, «bensì
interviene Bep-
ramento delle relazioni tra
offrire possibilità in più alle
pe Incarbona,
dipendenti, generi solidarietà
associazioni che vogliano co-
presidente della
tra di loro e verso il nuovo o i
minciare a muoversi in modo
nuova Sezione
nuovi arrivati, comporti una
più imprenditoriale».
cultura e in-
nuova presa di coscienza e
In questo senso è stato attiva-
trattenimento
un’assunzione di responsa-
to uno sportello di consulen-
di Confindustria Cuneo. «La Sezione è partita
bilità che fa crescere umana-
za: semplicemente, Confindu-
nell’autunno 2020 con appena otto associazioni
mente e professionalmente il
stria Cuneo ha voluto essere
culturali aderenti che sono già diventate 35, per
personale.
il collettore delle richieste
un totale di 193 dipendenti: è un segno di come
All’interno del Terzo Setto-
che arrivano dalle associazio-
i servizi garantiti dall’Associazione datoria-
re, uno spazio di particolare
ni, per poi girarle allo Studio
le siano apprezzati, perché chi fa cultura ha
interesse da parte di Confin-
commercialistico Genta e
bisogno di avere consulenza in materia fiscale,
dustria è quello riservato alle
Cappa di Cuneo. A occupar-
legale e di finanza agevolata».
associazioni culturali.
si di questi temi è, appunto,
«Le limitazioni e le chiusure imposte per l’e-
«La proclamazione di Alba
Gianmarco Genta: «Forse la
mergenza sanitaria iniziata al debutto del 2020
Capitale della cultura d’impre-
sua attivazione sarà ancora
hanno cambiato le abitudini di tanti, molti dei
sa ha accelerato il processo di
rinviata, ma presto verrà isti-
quali si sono rivolti al digitale per guardare
avvicinamento», conferma il
tuito il Registro unico del Ter-
film e spettacoli online», aggiunge Incarbona.
direttore Cirio. «In quella sede
zo Settore (Ruts). L’iscrizione
«In vista della ripartenza, sarà doveroso riav-
abbiamo costituito un tavolo
sarà obbligatoria per le Onlus
vicinare i cuneesi alla fruizione classica della
di lavoro insieme alle associa-
e per le associazioni di promo-
cultura, ad andare a teatro e al cinema. Anche
zioni culturali dell’albese dal
zione sociale, le altre potranno
per questo contiamo sul supporto di Confin-
quale è nata l’idea di creare
decidere senza prescrizioni.
dustria, affinché la cultura torni ad avere il suo
una Sezione di Confindustria
“Made In Cuneo” diventae, attraverso mensilequesto, a vedersi valore intrinseco Non è una procedura macchi-
Cuneo loro dedicata e orienta-
nosa, ma richiede la modifica
riconosciuto il ruolo di volano per la crescita
ta a sostenere quella che pen-
degli statuti e altri passaggi
dell’intera economia provinciale».
siamo essere una transizione
per completare i quali, talvol-
necessaria: fare in modo che
ta, le realtà del Terzo Settore
le stesse associazioni superi-
hanno necessità di un suppor-
no la dipendenza da contri-
to. Nel caso del Registro unico,
buti pubblici e diventino vere
l’adesione andrebbe valutata
e proprie imprese, capaci di
ponderando attentamente
confezionare prodotti culturali
vantaggi e svantaggi, ciò che
e di venderli».
abbiamo spiegato proprio
In questo senso, sono stati or-
durante i confronti organizzati
ganizzati incontri di formazio-
con Confindustria».
ne e webinar per aumentare le
«Questo registro probabilmen-
capacità manageriali di chi è
te farà ordine in un comprato
impegnato nel no profit.
in cui, al momento, esistono
Da sinistra: Gianmarco Genta (Studio commercialistico Genta e Cappa) e Giuseppe Incarbona, presidente della Sezione cultura e intrattenimento di Confindustria Cuneo
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L’impresa monregalese che valorizza il patrimonio più importante del Paese è attiva a livello nazionale
LA CULTURA È PRONTA A RISVEGLIARSI CON IL NUOVO PROGETTO DI KALATÀ Guarda il video promozionale
R
Francesca Pinaffo
aggiungere la sommità della cupola ellittica più grande al mondo, dopo aver salito 266 gradini con elmetto e imbrago di sicurezza, per essere il più vicini possibile a capolavori dell’arte barocca, così come entrare nel cuore di una basilica medievale, camminare sui ponteggi di un cantiere didattico e approdare sui tetti di una delle città più suggestive d’Italia: dal san-
20
tuario di Vicoforte alla basilica di Santa Maria delle Vigne a Genova, il tratto distintivo è quello di Kalatà, impresa culturale con sede a Mondovì, oggi attiva a livello nazionale nel campo della valorizzazione e della fruizione del patrimonio culturale. Oltre a Vicoforte e a Genova, altri esempi sono la cupola di San Gaudenzio a Novara, il parco archeologico di Selinunte o palazzo “Martinengo” a Brescia, dov’è possibile vivere esperienze di visita cucite sul-
le peculiarità di ogni luogo, in grado di attrarre i visitatori e, allo stesso tempo, di generare dinamiche positive sui territori di riferimento. In effetti, fin dalla nascita, nel 1997, l’impresa monregalese si è posta l’obiettivo di unire innovazione e sostenibilità. E sono proprio questi gli elementi caratterizzanti di Revelia, l’ultimo progetto sviluppato. Ma, per comprenderlo, è necessario partire da Kalatà e dalla sua essenza. La parola va a Nicola Facciotto, fondatore e amministratore delegato della società, affiancato da un team di sei professionisti: «Per ogni luogo, ciò che cerchiamo di sviluppare è un punto di vista nuovo che unisca la scientificità dei contenuti a un approccio divulgativo, con l’aggiunta di una dimensione esperienziale in grado di raggiungere target molto diversi fra loro, compreso chi non rientra tra i fruitori abituali di musei e di mostre: perché la storia venga trasmessa, siamo convinti che sia necessario farla vivere». L’esperienza della visita alla cupola del santuario di Vicoforte, che ha debuttato nel 2015 con il nome “Magnificat”, rappresenta ciò che il modello Kalatà può permettere di raggiungere: «Fino a oggi, sono circa 95 mila le persone che hanno visitato la cupola, facendo balzare del 250 per cento gli ingressi nel santuario capolavoro del barocco piemontese, con una ricaduta positiva anche a favore della preesistente esperienza di visita che prosegue in parallelo con un gruppo di volontari formati dalla Diocesi di Mondovì, l’ente che amministra il bene». Il sistema funziona perché si basa su un modello in grado di mettere in rete enti e istituzioni, i quali mantengono il proprio ruolo strategico, con imprese che garantiscono la copertura finanziaria e l’operatività dei progetti. Il termine tecnico dell’operazione è project financing: «In Italia siamo tra i primi a utilizzare questo approccio in àmbito culturale, con l’intento di dare vita a progetti realmente so-
Moving Grazie a Revelia, gli enti proprietari possono rendere fruibili i propri beni per tutto l’anno, grazie a un modello di gestione “on demand”
Nicola Facciotto Founder e Ceo di Kalatà
stenibili e operativi, con riferimento ad ogni singola fase». Torniamo all’esempio di “Magnificat”: Kalatà ha investito circa 110 mila euro nella messa in sicurezza e nell’allestimento dei percorsi che portano alla cupola, corrispondendo ogni anno il 15 per cento dei ricavi alla Diocesi, che non ha costi gestionali. Ma ci sono anche altre dinamiche positive, come i dodici giovani del territorio che hanno trovato un impiego nel progetto, oltre alla cifra che ogni visitatore spende in attività ricettive e commerciali locali. Un meccanismo che funziona, tanto che in Kalatà hanno deciso di credere realtà come il centro per l’innovazione sociale Social Fare Seed e la Fondazione Social Venture, saliti a bordo come azionisti, oltre a un solido gruppo di investitori privati. È questo il contesto in cui è nata Revelia, una soluzione innovativa per la gestione di beni cultuali e musei, presentata a metà marzo. Tutto è cominciato con l’osservazione della realtà e degli oltre 200 mila beni che compongono il patrimonio culturale italiano: ci sono mete come il Colosseo e la Reggia di Venaria, ma anche musei, chiese, biblioteche e monumenti con numeri di visitatori decisa-
Revelia offre la possibilità di scoprire luoghi straordinari della penisola e di vivere un’esperienza di visita organizzata su misura per se stessi e per gli amici: il funzionamento del sito è semplice e molto efficace
mente minori, ma di straordinario valore. Peccato che, per il visitatore, sia spesso difficile fruirne. Lo spiega Facciotto: «Nel nostro Paese spesso gli enti faticano a definire piani di gestione effettivamente sostenibili per questi beni. Così si finisce per tenere aperti luoghi per intere giornate, a fronte di pochissimi visitatori, con un conseguente enorme dispendio di risorse. Oppure, come capita di frequente, si sceglie di aprirli solo per poche ore alla settimana, magari in occasioni straordinarie, impedendone una vera fruizione». Revelia è un progetto innovativo su più fronti: «Il riferimento è il sito web, dove viene resa disponibile e prenotabile
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Moving ogni esperienza entrata nel circuito: il singolo interessato può prenotarsi, scegliendo tra le date e gli orari disponibili. Ma la visita verrà attivata, con il preavviso necessario, solo al raggiungimento di una certa soglia di partecipazione. Anche il pagamento sarà online, con l’addebito sulla carta di credito nel momento in cui la visita viene confermata. Ad accogliere i visitatori, nel ruolo di guide, ci saranno persone, con una formazione in àmbito culturale, che vivono in quella determinata zona: con ciascuno di esse, verrà
Una convenzione con Uncem (Unione nazionale Comuni, Comunità ed Enti montani) favorirà la diffusione del progetto in tutta la penisola
stipulato un contratto, con la giusta retribuzione». I vantaggi sono evidenti: in primo luogo, gli enti possono rendere fruibile il proprio patrimonio per tutto l’anno, grazie a un modello di gestione “on demand”. In più, si migliora lo standard qualitativo dell’offerta, scegliendo come guide persone formate, oltre a generare nuove opportunità occupazionali. E, non meno importante, anche in questo caso Kalatà corrisponde all’ente proprietario una quota annua, con il quale si rende sostenibile il canone richiesto per il servizio. È una vera rivoluzione, ancora più preziosa nella fase di ripartenza dopo il Covid-19: «Quando abbiamo ideato Revelia, la pandemia non era ancora scoppiata. Ma è chiaro come le sue potenzialità oggi siano ancora maggiori», commenta Nicola Facciotto. «La tendenza attuale è cercare mete esclusive, lontane dal
“Magnificat” è l’emozionante esperienza di visita che fa entrare nel cuore del santuario di Vicoforte e ammirare gli affreschi della cupola
turismo di massa. Così, nel nostro caso, si prevedono al massimo gruppi formati da quindici persone». Dopo una fase di sperimentazione la scorsa estate, con il sostegno della Fondazione Crc e della Compagnia di San Paolo, Revelia è pronta a partire: «Abbiamo stipulato una convenzione con Uncem, l’Unione nazionale Comuni, Comunità ed Enti montani, per la diffusione
Lo staff di Kalatà ritiene con ferma convinzione che, perché la storia che si vuol far recepire al visitatore venga trasmessa, sia necessario fargliela vivere
a livello nazionale del progetto: è un grande risultato che ci permette di raggiungere con maggiore facilità enti in tutta la penisola. Dai primi incontri online, ci sembra che la reazione sia stata molto buona: la nostra speranza è riuscire ad attivare il progetto tra maggio e giugno, contando su un miglioramento della situazione sanitaria. Nel frattempo, ci prepariamo al via definitivo: di fronte a ciò che ha vissuto il mondo della cultura nell’ultimo anno, siamo convinti che occorra non restare passivi, bensì reagire con nuove proposte al passo con i tempi. E Revelia è la nostra risposta».
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105
Var. % congiunturali (scala destra) Indice 1° trimestre 2019=100
100
20 15 10 5
90 0 85 -5 80
-10
2019
2020
2021
2022
-15
Dopo l’ampia perdita nel 2020 (-9,1%), gli investimenti sono previsti in salita nel 2021 del +9,2% e nel 2022 oltre i valori pre-Covid (+9,7%), grazie al migliore contesto internazionale. Il grafico indica che il Pil Italiano a fine 2022 potrà chiudere il gap rispetto al pre-Covid. Dal primo trimestre 2021: stime Centro Studi Confindustria
S
Giuliana Cirio
e il Pil italiano arriverà al +4,1% nel 2021 e al +4,2% nel 2022, come ci dicono
le nostre previsioni, a fine 2022 l’economia dovrebbe colmare la voragine aperta nel 2020 dalla pandemia. Ma questa previsione è condizionata all’avanzamento della vaccinazione di massa in Italia e in Europa: noi pensiamo che il Covid sarà contenuto in modo efficace, dai prossimi mesi, anche grazie alla possibilità di vaccinare i dipendenti delle nostre aziende. Un altro importante contributo alla risalita del Pil sarà dato dagli effetti derivanti dalle risorse europee che
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L’Italia risalirà entro il 2022
Ma la condizione fondamentale è la campagna vaccinale spetterebbero all’Italia: 0,7% nel 2021 e di 0,6% nel 2022. Il Piemonte ha presentato al Governo un elenco di progetti che valgono quasi 13 miliardi di euro. Anche se non è chiaro quale livello di autonomia avranno le amministrazioni locali nel gestire e nell’indirizzare le risorse, questa volta i progetti sono tanti e i territori hanno lavorato alacremente per approfittare dell’occasione unica. Buone notizie sulle esportazioni italiane: in profonda caduta nel 2020 (-13,8%), risaliranno dell’11,4% nel 2021 e del 6,8% nel 2022, sostenute dalla ripresa della domanda mondiale.
Se il Pil italiano arriverà al +4,1% nel 2021 e al +4,2% nel 2022, come ci dicono le nostre previsioni, in questo biennio l’economia colmerà la voragine aperta dal Covid-19
Fonte: elaborazione Centro Studi Confindustria su dati Istat
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Primo Piano Un’importante spinta alla risalita del Pil sarà data dalle risorse europee per l’Italia. Il Piemonte ha presentato al Governo un elenco di progetti che valgono quasi 13 miliardi Le vendite all’estero di beni sono attese recuperare già nel 2021, grazie al rimbalzo della domanda Ue e Usa; quelle di servizi, invece, zavorrate dalla crisi del turismo, sono attese chiudere il gap solo alla fine del biennio, riprendendo slancio con l’uscita dall’emergenza pandemica nel mondo. Cresceranno a ritmi elevati anche gli investimenti. Dopo l’ampia perdita nel 2020 (-9,1%), sono previsti in salita nel 2021 del +9,2% e nel 2022 oltre i valori pre-Covid (+9,7%), grazie al migliore contesto internazionale. Ma sugli investimenti privati pesa il debito “emergenziale” delle imprese: l’allungamento del rimborso dei debiti, che noi chiediamo, avrebbe un impatto positivo sul Pil di +0,3% nel 2021 e di +0,2% nel 2022. Il peso del debito, misurato in
il riequilibrio della struttura finanziaria delle imprese, con la promozione di canali di finanziamento alternativi. La ripartenza dell’economia italiana è complicata dal forte rincaro delle materie prime, accentuatosi a inizio 2021, che riguarda i metalli e gli alimentari, oltre al petrolio. Sebbene in prospettiva alcuni di questi rialzi dovrebbero essere temporanei, essi eserciteranno una pressione al ribasso sui margini delle imprese italiane e sul loro cash flow nel 2021, che
La politica economica in Europa ha mirato a scongiurare aumenti eccessivi della disoccupazione, con il rafforzamento, anche con risorse comunitarie (tramite il Sure), dei programmi nazionali di sostegno al reddito dei lavoratori in caso di riduzioni dell’attività. L’impatto della crisi sul mercato del lavoro europeo è particolarmente pesante per i giovani e per le donne, per i dipendenti a termine e per quelli a bassa qualifica. I processi di automazione e digitalizzazione sono stati accelerati dalla crisi: l’80% dei datori di lavoro intende rafforzare la digitalizzazione e il lavoro a distanza e il 50% l’automazione del lavoro. L’impatto della crisi è stato fortemente asimmetrico anche tra settori, tra le imprese e tra i lavoratori,
si somma al problema di fatturati già compressi nel 2020. Nella risalita dell’economia attesa per il 2021, il numero di persone occupate, invece, è atteso ancora in calo (-1,7%), dopo la flessione limitata al -2,8% nel 2020 (770 mila occupati in meno nel quarto trimestre 2020 rispetto a fine 2019). Solo nel 2022 ci sarà spazio anche per un recupero del numero di occupati (+1,4%, pari a +313 mila unità).
anche per le trasformazioni strutturali che la pandemia ha accelerato: dal digitale all’automazione, dalla tutela della salute alla sostenibilità ambientale. Queste eterogeneità persistenti generano il rischio di una ripresa a più velocità. Ciò richiede una gestione molto equilibrata delle politiche emergenziali, che hanno assicurato la tenuta del tessuto produttivo e sociale. Ma le politiche del lavoro devono essere rimodulate per aumentare l’occupabilità degli individui, compresi i lavoratori in Cig, i disoccupati, gli scoraggiati fuori dalla forza lavoro, e di facilitare la ricollocazione verso nuovi lavori e settori in espansione.
Cambio di passo per colmare il divario con l’estero Per l’economia globale la ripartenza è asimmetrica. La risalita dell’economia mondiale è trainata da Stati Uniti e Cina. Invece in Europa, in Italia in particolare, la caduta del Pil è stata più forte e il recupero è atteso più lento. La crisi, quindi, ha ampliato il divario di crescita strutturale tra Europa e Stati Uniti, e tra Italia e Paesi core europei. Per colmare questo ritardo di velocità occorre un cambio di passo nelle politiche per le imprese e gli investimenti, per il lavoro e la formazione.
anni di cash flow necessario per ripagarlo, è salito poco sopra ai 2 anni in Germania e a quasi 7 in Italia e Francia. È allora necessario rivedere gradualmente le policy. Oltre ad allungare il periodo di rimborso dei debiti, nel lungo periodo occorre sostenere
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Il colonnello Luca Albertario ha assunto il Comando provinciale della Guardia di Finanza il 12 settembre 2019. Nelle fotografie di queste pagine: scorci della sede, la caserma “Cesare Battisti” di Cuneo
Il colonnello Luca Albertario, comandante provinciale della GdF
Fiamme gialle per la legalità Matteo Borgetto
«N
on ho parenti nel Corpo, ma diventare Finanziere era un sogno fin da bambino. Una Forza di Polizia importante, un’attività multidisciplinare, dal contrasto all’evasione fiscale alla tutela della spesa pubblica, cioè di come viene impiegato il denaro che il cittadino versa con le imposte,
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fino alla lotta contro tutti gli illeciti economico-finanziari. Un lavoro anche per chi ama cambiare e viaggiare, perché siamo portati a fare trasferimenti. L’ultimo, purtroppo, qui a Cuneo, fino a oggi, è stato segnato dall’emergenza Covid che ha cambiato tante cose. Non ho ancora potuto approfondire la mia conoscenza, come avrei voluto, di questa provincia meravigliosa». Il colonnello Luca Albertario, 50 anni, dal settembre 2019 è il Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Cuneo. Guida un “esercito” di 300 militari suddivisi nel Nucleo di Polizia economico-finanziaria, reparto che si occupa delle indagini più complesse in tutta la provincia, e nei Gruppi di Cuneo e Bra,
La Guardia di Finanza è direttamente dipendente dal Ministro dell’economia e delle finanze. Istituita nel 1862 come Corpo delle Guardie doganali del Regno d’Italia (ma le origini vengono fatte risalire al 1° ottobre 1774), fino al 1946 divenne Corpo della regia Guardia di Finanza. La festa anniversaria, che fino al 1965 ricorreva il 5 luglio, è stata spostata al 21 giugno, in coincidenza con l’inizio della “battaglia del solstizio”, durante la prima guerra mondiale
Primo Piano il primo per la parte sud-ovest della Granda (con le Compagnie di Cuneo e Mondovì, la Tenenza di Ceva e la Stazione del Soccorso alpino-Sagf), il secondo per l’area del nord-est con, alle dipendenze, le Tenenze di Fossano e di Saluzzo. Nato a Siena, ma sempre cresciuto e vissuto nel grossetano («Mi sento maremmano»), dove ha ancora i genitori («Purtroppo non li vedo da moltissimo tempo»), fa il pendolare perché abita a Torino con il figlio minore, Pier Marco, che studia e gioca da difensore negli allievi nazionali del Torino under 16 («Anche se è
juventino, come me»). La moglie, Angela, bancaria, è rimasta in Umbria, dove dirige una filiale, mentre la figlia maggiore, Claudia, ha seguito le orme del padre e frequenta il primo anno della Scuola ufficiali del Corpo, l’Accademia di Bergamo. «Cosa che mi riempie d’orgoglio», dice Albertario. «Quelle pochissime volte che le restrizioni me lo permettono e vado a trovarla, rivivo momenti molto belli, negli stessi luoghi in cui
Il colonnello Luca Albertario è nato a Siena il 24 agosto 1970. Coniugato, ha due figli, un maschio e una femmina. Quest’ultima ha scelto di entrare nella GdF
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Primo Piano ho vissuto e studiato quattro anni».
L’operatività durante la pandemia
Tre lauree (Giurisprudenza a “La Sapienza” di Roma, Scienze della sicurezza economico finanziaria a Tor Vergata, ancora nella capitale, e Scienze
Colonnello Albertario, il presente dice che i reati, al tempo del Covid-19, sono diminuiti. «Vale per quelli classici, di competenza delle altre Forze di Polizia, come i reati contro il patrimonio, ma non per i reati economico-finanziari, dalle frodi fiscali al riciclaggio, dalle infiltrazioni alle truffe sofisticate, anche online. Infatti non ci siamo fermati. Dal sequestro di quasi centomila mascherine non conformi, alle grandi frodi tributarie scoperte, fino alla più recente operazione “Tre Cunei” (nella foto sotto: la relativa conferenza stampa) che ha smantellato un’organizzazione a delinquere internazionale con sequestri antimafia milionari in Italia e in Spagna, cosa mai avvenuta prima in questa provincia». Come e dove è cambiata l’attività della Guardia di Finanza durante la pandemia? «Sulla base di espresse direttive del nostro Comando generale, abbiamo modificato la nostra azione, riconvertito le attività più sul contrasto alle illegalità sistematiche o più pericolose, che sulle classiche verifiche fiscali (le quali pure vengono effettuate), perché ci rendiamo conto che, in un periodo così difficile, presentarsi a un imprenditore senza rilevanti elementi di sospetto o precedenti può essere interpretato come una sorta di vessazione. Per esempio, anche i controlli cosiddetti “strumentali” (scontrini e ricevute) sono in questo periodo più mirati e vengono svolti ove si abbia il sospetto di irregolarità sistematiche. Se avessimo adottato lo stesso “modus operandi” di due anni fa, avremmo creato un disastro nel disastro». Quasi tutte le categorie produttive hanno subìto gravissime perdite. Perché dovrebbero pagare le tasse? «Perché il pagamento delle imposte da parte di tutti cittadini, ognuno secondo la propria capacità contributiva, è uno dei fondamenti della tenuta del bilancio dello Stato. Le decisioni strategiche spettano alla politica. Credo si possa pensare a esenzioni importanti, ad esempio sull’imposizione diretta, così come sulle tasse e sulle imposte comunali. Covid a parte, storicamente, le esigenze del bilancio erariale hanno portato a una tassazione molto alta, talvolta poco sostenibile, e questo può indurre il contribuente a pagare meno tasse o a eluderle, a volte a non pagarle affatto. Come è ovvio, dal mio punto di vista, che è quello dello Stato, non può e non deve essere una giustificazione o una scusante. Alcuni parlano di “evasione di sopravvivenza”. Si può comprendere, soprattutto adesso, in alcuni casi. Evidentemente, però, quando mi metto d’accordo con altre persone per evadere/eludere il fisco per milioni di euro, magari anche no». Soluzioni per abbassare la pressione fiscale? «Una politica forte, che possa durare nel tempo, per molti anni, dovrebbe riformare il sistema tributario e abbassare la pressione fiscale. Step by step, senza promesse mirabolanti o demagogia. Così l’imprenditore riuscirebbe a mettere da parte qualche gruzzoletto, scenderebbero le tasse e si innalzerebbe la complessiva fedeltà fiscale».
politiche a Trieste), due master (Studi internazionali e Studi strategico-militari), poi una carriera folgorante. Sei anni in Puglia da tenente all’epoca dell’emergenza contrabbando («Anni complessi, ho anche, purtroppo, perso colleghi a cui tenevo molto»), dopo in Umbria dove ha comandato diversi reparti e coordinato, tra le altre, le indagini sul fallimento del Perugia Calcio della famiglia Gaucci, poi il corso superiore di Stato maggiore a Roma, seguito da una forte esperienza nello Scico (il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) per 5 anni, il grado di colonnello e la nomina a Comandante provinciale di Siena, con, tra le tante, un’inchiesta internazionale sul falso Brunello di Montalcino. Altri quattro anni a Perugia, in qualità di Capo di Stato maggiore del Comando regionale Umbria e, infine, il Piemonte, con la Granda. All’epoca dell’arrivo lei era entusiasta. Oggi? «Confermo l’impressione che mi ero fatto e che mi era stata riferita. Questa è una provincia dove la legalità la fa da padrona. La stragrande maggioranza delle imprese seguono le norme tributarie, ma ci sono comunque “sacche di illegalità” perduranti, che purtroppo il Covid ha ampliato. Tanti imprenditori hanno difficoltà, molti sono tentati dal seguire scorciatoie. Ci sono tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata, che però possiamo contrastare». Usura? Mafia? «Sull’usura non abbiamo grandi segnali, anche se la guardia è alta. Ci sono però indicazioni su fondi di dubbia provenienza, proposti a qualche imprenditore che, dopo un’annata drammatica, può trovarsi di fronte a un bivio: chiudere e mandare sul lastrico le famiglie dei dipendenti, o accettare l’offerta di chi dice: “Posso darti i soldi che ti servono, ma non chiedere da dove provengono”. Siamo anche noi consapevoli del momento, ma l’appello agli imprenditori è di segnalare questi episodi. Un infiltrato magari ti salva nell’immediato, ma, tra ricatti, estorsioni e richieste di denaro, di certo pregiudica il futuro». Il problema del nostro Paese è anche che non
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si è mai visto un Governo durare molti anni, con continui cambi di legislatura che complicano e le cose in più settori. La Granda ne sa qualcosa a livello di infrastrutture. «L’autostrada Asti-Cuneo incompiuta, il Tenda bis che chissà quando verrà completato. Evidentemente qualcosa negli ultimi anni è mancato. Questa provincia ha ancora una dimensione molto regionale, non viene percepita a livello nazionale per la sua importanza e grandezza. Quasi 600
Una foto d’archivio che ritrae il colonnello Albertario con l’ex prefetto di Cuneo, Giovanni Russo
mila abitanti, un tessuto imprenditoriale e un reddito elevato, bellezze straordinarie dalle colline di
«Noi Finanzieri non siamo nemici. Durissimi con il cittadino disonesto, ma vicini a quello onesto. È questo il motto che ho scelto. E sono entusiasta del mio lavoro»
Langa alle montagne del Monvi-
ro e familiari. Prediligo il dialogo e la solidarietà per
so, eccellenze enogastronomiche,
risolverli. Credo anche nella valorizzazione mediati-
città e centri storici affascinanti.
ca di ciò che facciamo, tengo molto a che il cittadino
In Toscana ci sono realtà, ma-
apprezzi e conosca i risultati del nostro lavoro».
gari con meno potenzialità della
Non che faccia sempre piacere ricevere una
Granda, eppure tutti sanno che
visita della Finanza...
esistono. Mi hanno spiegato che
«Fino a diversi anni fa, eravamo più che altro “temu-
preservare il territorio e chiudersi
ti”. Da tempo, tuttavia, i nostri vertici hanno voluto
rientra nel carattere cuneese, ma
cambiare approccio e ci sono riusciti, perché da
credo sia venuto il momento di
temuti siamo diventati soprattutto “rispettati”. Nei
servizio nello stesso incarico.
aprirsi molto di più».
sondaggi di gradimento dei cittadini italiani verso le
In teoria lei resterà a Cuneo
A proposito di carattere, qual
Forze di Polizia, nel 2019 eravamo addirittura primi
fino al 2022 o al 2023. Come
è lo stile del colonnello Luca
in classifica».
vorrebbe essere ricordato?
Albertario?
A cosa si deve questa netta inversione di “ten-
«Come un Colonnello entusiasta
«Amo molto il concetto di “squa-
denza”?
del suo lavoro. Non tutti sanno
dra”, sono un Comandante “ope-
«Determinante è stato il passaggio, strategico, da
che al mio arrivo a Siena, la con-
rativo”, cioè non mi limito al coor-
Polizia tributaria a Polizia economico-finanziaria.
trada della Selva aveva appena
dinamento, voglio conoscere bene
Il Corpo è passato dal fare soprattutto verifiche, in
vinto il Palio dell’Assunta. La
e nel merito verifiche, investiga-
qualche modo andando a “guardare nelle tasche” dei
città di Cuneo è gemellata con la
zioni, indagini. Ho un rapporto
contribuenti, alle grandi inchieste sugli sprechi nella
Selva che, come la contrada del
molto stretto con i Comandanti di
pubblica Amministrazione, sulla corruzione e sulle
Drago (per la quale tifavo, perché
Reparto. Un ufficiale è un punto
infiltrazioni della criminalità nell’economia sana.
c’è il nostro Comando provin-
di riferimento, un organizzatore,
Così facendo, credo abbiamo conquistato un buon
ciale), non ha contrade nemiche.
gestore di risorse, uomini, e anche
favore da parte dei cittadini, che oggi apprezzano
Anche noi Finanzieri, non siamo
un po’ psicologo. Siamo militari,
molto di più il nostro lavoro. E se lo ricordano».
nemici. Durissimi con il cittadino
ma prima di tutto uomini, con
Per tradizione, un Comandante provinciale
disonesto, vicini a quello onesto. È
tutti i problemi personali, di lavo-
viene trasferito dopo tre o quattro anni di
questo il mio motto».
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Il Movimento Autonomo delle Agenzie di Viaggio in pochi mesi di attività ha ottenuto importanti risultati e ora sta mettendo in campo progetti di grande respiro Gabriele Destefanis
«Q
ual è la prima cosa che farai
quando si potrà tornare alla normalità?». A ognuno di noi negli ultimi mesi è stata rivolta almeno una volta questa domanda. E in tanti hanno risposto: «Un viaggio». Qualcuno è riuscito a concedersi una vacanza lontano da casa la scorsa estate, seppur con tante
Marco Andreetti è uno dei promotori di Maavi
Il turismo che verrà limitazioni, altri hanno approfittato dell’apertura del Governo ai viaggi all’estero a Pasqua. Ma resta il fatto che nella vita della stragrande maggioranza della gente, da oltre un anno i viaggi mancano.
monte. L’associazione è giovane, ma in poco tempo è già riuscita a ottenere risultati importanti.
Lo sanno bene le agenzie, che hanno vissuto mesi nerissimi e ancora non vedono la luce in fondo al tunnel. In tanti hanno abbassato le serrande per sempre, mentre altri lottano per restare a galla, tra mille difficoltà. Tra i più combattivi c’è Marco Andreetti, legale rappresentante della Leonardo Travel Service srl di Saluzzo, uno dei promotori di Maavi, il Movimento Autonomo delle Agenzie di Viaggio, di cui con Maurizio Donadeo (International Sisley Tour di Collegno) è delegato per il Pie-
Com’è nato il movimento? «Lo scoppio della pandemia e la situazione che si è venuta a creare ci hanno fatto capire che dovevamo fare qualcosa. Così, già a marzo 2020, abbiamo deciso di unirci per avere una rappresentanza unica e forte per farci sentire e dialogare con le istituzioni. Con la creazione
Il Covid ha azzerato il lavoro del 2020, ma anche quello precedente, perché sono state cancellate le prenotazioni fatte in quel periodo. A sinistra: Marco Andreetti. Sotto: il castello di Grinzane, uno dei punti di forza dell’offerta turistica cuneese
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Primo Piano dell’associazione siamo riusciti ad avere un’unità di intenti e una capillarità sul territorio che prima mancava. In Piemonte Maavi conta un centinaio di agenzie, e l’obiettivo è crescere».
era stato inizialmente escluso, siamo riusciti a accedere ai fondi del Decreto Ristori che prevedeva un contributo di 1.500 euro. Di recente, grazie al grande lavoro di Maurizio Donadeo, l’altro delegato regionale, le agenzie
Grazie al fondamentale contributo di Maavi sono arrivati aiuti economici dalla Regione e ne arriveranno ancora. Come ci siete riusciti?
di viaggio sono state inserite
«Abbiamo subito instaurato un buon dialogo con la Regione. Il presidente Cirio si è dimostrato molto disponibile. L’anno scorso, dopo che il nostro codice Ateco
se danneggiate dalla mancata
nel Bonus Montagna, insieme ai tour operator e ai servizi di prenotazione e attività connesapertura delle stazioni sciistiche. Potranno ricevere 1.500 euro, già accreditati a chi ha presentato domanda, per la quale c’è tempo fino al 30 aprile. Questi soldi non
La pandemia ha provocato danni catastrofici in un settore che, per ripartire, ha bisogno di maggior tempo degli altri. Ma ci sono forze e idee per ridare slancio a tutto il comparto
bastano per porre rimedio a un anno drammatico, ma si tratta di un contributo che può dare un po’ di respiro ai nostri colleghi. Siamo soddisfatti, anche se, più dell’assistenzialismo, vogliamo poter tornare a lavorare».
Che anno è stato per le agenzie di viaggio? «Il 2020 è stato un disastro di proporzioni catastrofiche. La pandemia ha azzerato non solo il lavoro del 2020, ma anche quello dal settembre 2019 in avanti, perché le prenotazioni fatte in quel periodo sono state cancellate. La gente ha smesso di viaggiare, il turismo è morto. In più la gestione dell’emergenza a livello nazionale ed europeo è stata a dir poco deficitaria e ci ha penalizzato molto: avevamo bisogno di un coordinamento unico, una sola voce in tutta Europa che ci dicesse se e come fosse possibile viaggiare. Invece ognuno è andato per conto pro-
La nuova frontiera può essere l’holiday working La pandemia ci ha costretti a esplorare nuove strade, facendoci scoprire l’efficacia dello smart working. Il passo successivo, impensabile fino a qualche tempo fa, è l’holiday working, il punto di incontro tra lavoro e vacanza. La Regione Piemonte ci crede e pertanto vuole mettere in campo un progetto che possa contribuire a far ripartire il turismo. «Lo smart working può unire le attività ludiche con quelle lavorative per creare un posizionamento distintivo ed essere competitivi con gli altri Paesi», ha spiegato l’assessore regionale al turismo, Vittoria Poggio (foto), nell’illustrare l’iniziativa alle associazioni di categoria. Partecipare a una riunione tra una camminata in montagna e un giro in bici oggi è possibile, ma servono strutture all’altezza, i quali possano garantire standard elevati come una buona connessione, privacy, sicurezza dei dati e disponibilità di spazi di relax. In questo senso Vittoria Poggio è fiduciosa: «In Piemonte ci sono territori di ineguagliabile bellezza sui quali operano già adesso strutture di grande pregio capaci di soddisfare le esigenze di una clientela internazionale». La Regione, che già in estate potrebbe dare il via a una fase di test del progetto, spera di ottenere 400 mila pernottamenti in più al mese. Secondo VisitPiemonte, la società in house di Regione e Unioncamere per la promozione del territorio, che coordina il progetto, ricevendo soltanto lo 0,01% della popolazione di sei Paesi con un clima freddo come Belgio, Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia per trascorrere un soggiorno di un mese, le località turistiche piemontesi potrebbero beneficiare di un incremento di quasi mezzo milione di pernottamenti.
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Primo Piano prio e si è creata una confusione
Sono tante le agenzie che hanno chiuso?
totale, che permane tuttora».
«Non so indicarle un numero preciso, ma conosco tante realtà che stanno chiudendo. Chi ha solo il
Lei come è riuscito a mantenere in piedi l’attività in questo periodo?
prodotto turistico da vendere, come può fare ad
«Il crollo del fatturato è stato
entrate zero. La situazione è drammatica: qualche
dell’85%. In pratica, si è smesso
settimana fa, in Toscana, il titolare di un’agenzia è
di lavorare. All’inizio di febbraio
arrivato a togliersi la vita per la disperazione. Un
2020 avevamo dieci dipendenti
gesto che dice tanto e che mi ha distrutto il cuore:
e stavamo per assumerne altri
dopo aver tirato su la propria attività da solo, si è
due. Ora sono tutti in cassa
trovato improvvisamente senza futuro e con nes-
integrazione. I ristori sono stati
sun aiuto. Mi viene da piangere ancora adesso se ci
pochi e ci sono serviti per pagare
penso, ma allo stesso tempo provo tanta rabbia».
andare avanti? Gli aiuti arrivati sono stati pochi, le
Si lavora anche a un’iniziativa con la Regione riguardante l’incoming, con il coinvolgimento delle agenzie di viaggio del Piemonte
tredicesime e quattordicesime. abbiamo avuto l’intuizione di
Secondo lei, quando si tornerà alla normalità anche nel modo di viaggiare?
avviare un ufficio parallelo di
«Il turismo non funziona come altre realtà, che
sviluppo per la creazione di app
aprono e ripartono come prima. Il mondo dei viaggi
innovative e molto competitive
è più complicato, c’è un meccanismo che si deve
per la gestione di viaggi di affari
mettere in moto: dalle decisioni che autorizzano a
e di turismo. Abbiamo investito
spostarsi ai voli, passando per le prenotazioni delle
molto in tecnologia e ora questa
strutture. Non è semplice ripartire, anche perché la
il futuro. In particolare, stiamo
scelta ci consente di rimanere a
gente è confusa, deve ritrovare la fiducia di poter
parlando con la Regione di un’i-
galla e addirittura di assumere
viaggiare in sicurezza. Secondo me ci vorrà alme-
niziativa molto interessante».
nuovo personale. Ma, per chi
no un anno per tornare alla metà del fatturato dei
non ha avuto altre entrate, la
livelli pre-Covid. Anche per questo, con Maavi pen-
Di cosa si tratta?
situazione è drammatica».
siamo a progetti che aprano nuove possibilità per
«Riguarda l’incoming: vorremmo
Per fortuna, negli ultimi anni
che le agenzie avessero un ruolo di primo piano in un progetto in Il forte centrale lungo la Via del sale (foto archivio Atl del Cuneese). Le attrattive turistiche nella provincia di Cuneo costituiscono un Didascalia caleidoscopio di peculiarità uniche che creano in quadro straordinario
cui la Regione dovrebbe pensare a promuovere se stessa in Italia e nel mondo. Agli operatori verrebbe affidata l’intera gestione dei trasporti, delle prenotazioni, dei tour. È il nostro lavoro, lo sappiamo fare bene: sarebbe un modo per riconoscere il valore delle agenzie di viaggio e il ruolo centrale che possono avere nel rilancio dell’economia. Sono convinto che si potrebbero innescare anche nuove opportunità, creando posti di lavoro. È un progetto in cui crediamo molto, speriamo parta al più presto».
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UN INCONTRO VINCENTE Annunciamo con orgoglio la vittoria dei all’International Design Awards 2020 di Los Angeles rispettivamente nelle categorie Print Advertising e Print-Poster.
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L’AEROPORTO NON È UN LUSSO È UN VALORE AGGIUNTO PER IL TERRITORIO
L’ingegner Giuseppe Viriglio, presidente della Geac e a capo della Sezione logistica-trasporti di Confindustria, è stato, tra l’altro, ai vertici di Alenia Spazio e dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa)
Gilberto Manfrin
A
rriva come sempre puntuale agli appuntamenti, Giuseppe Viriglio. A capo della
Sezione logistica-trasporti di Confindustria Cuneo e presidente della Geac, la società che gestisce l’aeroporto di Levaldigi, Viriglio della precisione e della tempesti-
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solita cartellina piena di appunti, progetti di lavoro e una relazione, quella che ha presentato di recente all’assessore regionale alle infrastrutture e ai trasporti del Piemonte, Marco Gabusi. Lo studio analizza potenzialità e validità del sistema aeroportuale del nord Italia con precise considerazioni sugli scali piemontesi. E una richiesta particolare.
vità fa da sempre un must.
Presidente, da dove partiamo?
E, quando gli facciamo notare
«Quando ho presentato questo
di aver “spaccato il minuto” per
studio all’assessore Gabusi ho
il nostro appuntamento, dice:
messo in evidenza un passag-
“D’altronde le merci e gli aerei de-
gio particolare: se si analizza il
vono arrivare a destinazione con
numero di passeggeri che hanno
precisione”.
gravitato nel 2019, anno prepan-
Sotto braccio, immancabile, ha la
demico, sugli scali di Torino e di
Primo Piano Cosa vuole dire? «Semplice: stiamo cedendo tanti passeggeri alla Lombardia e sa cosa significa questo? Secondo un calcolo effettuato negli Stati Uniti, ogni passeggero che transita in partenza o in arrivo in un aeroporto lascia in loco dai 20 ai 30 euro. Quindi, facendo un semplice calcolo, ipotizzando di “passare” agli scali milanesi 3-4 milioni di
prima cosa che si evince dalla relazione è che la partecipazione della mano pubblica al capitale sociale dei principali aeroporti italiani è rilevante nella maggior parte dei casi... «Nella penisola ci sono aeroporti che appartengono a un ente unico, la Regione, come per esempio in Puglia, in Calabria o in Sicilia. Lì il piano aeroporti è redatto dal pubblico che indica come deve svilupparsi lo scalo, quanti contributi deve avere, ecc. Ci sono strutture, come quelle di Firenze e di Pisa in Toscana, con una buona partecipazione pubblica con
persone che potrebbero volare da quelli piemontesi, significa che perdiamo qualcosa come 60-80 milioni di euro a vantaggio dei nostri vicini lombardi. Allora mi chiedo: la strategia piemontese nel gestire il trasporto aereo può essere rivista?». Giro a lei la domanda.
Il coinvolgimento della parte pubblica è una concreta realtà in molti scali della penisola. Anche a Cuneo si dovrebbe riconsiderare la questione
«Se per popolazione, incoming turistico e business il rapporto tra Piemonte e Lombardia è di uno a dodici, ripeto, va bene, ma la Lombardia non ha una popolazione dodici volte più alta del Piemonte, il Pil non è dodici volte inferiore e, a livello di turismo, mi viene da dire che abbiamo degli ottimi assi nella manica. Quindi
Cuneo si nota che si arriva a circa 4 milioni di persone (fonte: Assoaeroporti 2019, ndr). I tre scali lombardi di Linate, Malpensa e Orio al Serio ne hanno accolte 49 milioni. La prima domanda da farsi è se effettivamente ci sia un rapporto di uno a dodici anche tra popolazione, Pil e giro d’affari in
dobbiamo rivedere questa strategia. Prendiamo atto che il nord Italia gravita attorno a Malpensa e che molti piemontesi scelgono quello scalo perché più comodo anche per chi risiede a Torino, ma facciamo in modo che chi giunge da sud non vada a Bergamo o a Genova, bensì scelga gli scali del Piemonte, Caselle o Cuneo».
Piemonte e i dati che si registrano in Lombardia. Se fosse tale,
Quale strategia suggerisce,
ne prenderemmo atto, ma ho la
quindi, per riportare l’at-
sensazione che non sia così».
tenzione sui nostri scali? La
A Levaldigi tutto pronto per la ripresa dei voli con ventaglio di destinazioni sempre più ampio Tanta Italia, ma non solo. Le ultime tratte comunicate in ordine di tempo sono quelle che porteranno molti cuneesi, e non solo, verso i mari cristallini di Palma di Maiorca, Minorca e Lampedusa. Si preannuncia una stagione estiva intensa per l’aeroporto di Cuneo-Levaldigi. In attesa del “via libera” ai voli, il calendario è pronto e lo scalo cuneese si prepara a riaccogliere, finalmente, i suoi tanti passeggeri con la programmazione voli di linea più ampia di sempre. Tra i primi a partire ci sono quelli della compagnia Air Arabia diretti a Casablanca, con due frequenze settimanali; si prosegue con i voli Ryanair per Cagliari e Bari dal primo maggio e per Palermo, dal 3 luglio, tutti con cadenza bisettimanale. Novità 2021, la compagnia spagnola Volotea permetterà di raggiungere Olbia dal 5 giugno al 9 ottobre due volte alla settimana. Un’altra compagnia iberica, Albastar, collegherà la Granda con ben quattro destinazioni: Trapani dal 3 giugno al 31 ottobre con due voli a settimana, Palma di Maiorca e Minorca dal 27 luglio al 14 settembre e Lampedusa dal 29 luglio al 16 settembre. Per le Baleari e verso l’isola siciliana sono stati programmati voli settimanali. Per il mese di giugno è prevista la partenza dei voli di Air Dolomiti per Monaco di Baviera, ratta che consente di raggiungere le principali destinazioni del pianeta, sulla quale “Made In Cuneo” nei numeri precedenti ha riferito con dovizia di particolari. Per reperire maggiori informazioni e dettagli riguardo agli orari e ai giorni di volo si può visitare il sito internet www.aeroporto.cuneo.it.
35
Primo Piano evidenza il gravissimo gap infrastrutturale che paghiamo in Piemonte, nel cuneese in particolare. Da uno studio condotto per l’aeroporto di Levaldigi abbiamo calcolato che, in solo un’ora e mezza, un milione e 500 mila potenziali passeggeri sono in grado su gomma di raggiungere Levaldigi, scalo che dev’essere per loro il naturale scalo di riferimento. Questo per dire che gli astigiani devono poter scegliere Levaldigi per volare. Ma la scelta è dettata dalle infrastrutture del territorio e dalla disponibiAci Europe (Airports Council International Europe) in uno studio sostiene che ogni mille passeggeri si genera un nuovo posto di lavoro sul territorio
lità dei voli. E se non possiamo contare su un’autostrada che sia tale, ecco che il possibile passeggero di Asti scegli invece altri aeroporti, imbocca la Milano-Torino e va a Malpensa. La Lombardia non ha
piani redatti dalla Regione. Dove il pubblico esiste, ma non ha una rappresentanza completa, come per esempio in Lombardia, si stanno formando reti di controllo/ coordinamento di partecipazioni che coinvolgono diversi aeroporti. O c’è un coordinamento politico o si formano delle reti dove, comun-
È determinante anche un’adeguata rete viaria, perché oggi, per quanto sia assurdo, da Asti è più semplice recarsi a Malpensa
40 milioni di abitanti, ma è evidentemente attraente dal punto di vista aeroportuale». Venendo all’aeroporto di Cuneo, quali possibili azioni si possono concretizzare con un auspicabile coinvolgimento della parte pubblica? «Ci sono azioni a breve termine e altre a più lunga scadenza. A breve sarebbe opportuno un contributo diretto e indiretto del pubblico con prestiti o appoggiando iniziative messe in cantiere per svilup-
que, i gestori si strutturano per presentarsi verso le compagnie
Magari riservando un occhio
pare, strutturare, radicare l’aeroporto di Cuneo sul
aeree in modo più incisivo. Una
di riguardo, prima, alle reti
territorio. Sul più ampio periodo chiediamo questo:
strategia integrata. La parte pub-
infrastrutturali che conduco-
il pubblico vuole riconsiderare una sua presenza
blica negli ultimi anni ha sempre
no agli aeroporti. È notizia di
fissa all’interno dell’aeroporto? Potrebbe sostene-
detto la sua nella gestione degli
pochi giorni fa l’esclusione di
re in modo coordinato il comarketing con i vettori,
aeroporti. La gestione degli scali
Caselle dal Piano nazionale
favorire l’ipotesi di reti di controllo inserendo in esse
di Genova, Milano, Bergamo, Na-
strategico per la mobilità e la
l’aeroporto di Cuneo. Non scordiamo l’indotto porta-
poli, Catania, Palermo, Venezia,
logistica. Il più grande scalo
to sul territorio da un sistema aeroportuale svilup-
Bologna, Toscana aeroporti, Pu-
piemontese non è stato inse-
pato. In un periodo in cui si deve ripartire a livello
glia aeroporti, Cagliari, Alghero,
rito, come ad esempio han-
economico, il fatto di avere risorse permetterà, per
per fare dei nomi, vede ottime o
no invece ottenuto Genova,
esempio, di ampliare i posti di lavoro, dando anche
buone partecipazioni pubbliche al
Venezia, Brindisi e Bergamo,
alle aziende la possibilità di lavorare con lo scalo.
capitale sociale. Torino e Cuneo,
nel piano da un miliardo
Insomma, c’è la possibilità concreta di generare un
invece, hanno partecipazioni
di euro delle Ferrovie e del
flusso economico nuovo attorno all’aeroporto. Basti
minime. In Piemonte dobbiamo
Ministero dei trasporti per
pensare che sono circa 250 le aziende locali, la cui
tornare a puntare su questo, cioè
potenziare o per creare col-
attività a vario titolo è legata anche alla società di
a far rientrare il pubblico nella
legamenti ferroviari diretti e
gestione dell’aeroporto. È noto, inoltre, lo studio di
gestione degli scali. Solo così pos-
agevoli con gli aeroporti. Per
Aci Europe, il quale sostiene che ogni mille passeg-
siamo avere più voce in capitolo e
non parlare di cosa accade
geri si generi un nuovo posto di lavoro sul territorio.
attrarre di più e meglio le compa-
nel cuneese.
L’aeroporto non è un lusso: pensiamolo come un va-
gnie aeree».
«Non possiamo non mettere in
lore aggiunto per un territorio, per una regione».
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Quella italiana non è una Pa per giovani
C Giuliana Cirio Direttore di Confindustria Cuneo
he l’Italia non sia o, meglio, da un bel pezzo non sia più, un Paese per giovani, prima del film del 2017 di Giovanni Veronesi l’aveva codificato il saggio dallo stesso titolo edito nel 2009 da Marsilio, firmato da Elisabetta Ambrosi e Alessandro Rosina. Gli autori, una giornalista e un docente di demografia presso la Facoltà di economia dell’Università Cattolica di Milano, alla fine del primo decennio del secolo hanno analizzato le responsabilità di due generazioni. Il quadro impietoso che emerge da quelle pagine parla di padri che monopolizzano spazi e risorse disponibili, senza curarsi del bene comune, e di figli che dipendono morbosamente dalla famiglia, senza coraggio, né capacità di immaginare un futuro diverso. Viviamo in un Paese dove i giovani hanno scarso peso e poca voce e che, se non cresceva due lustri fa, in seguito ha peggiorato il trend e ora si trova ad affrontare gli effetti dell’emergenza sanitaria con questo ulteriore fardello sulle spalle. Eppure da sempre i giovani sono la parte più dinamica di una società: travolgono le barriere della tradizione e propongono inedite letture della realtà. Ma le nostre nuove generazioni, scopertesi “rapinate” del proprio futuro, in generale non sembra accennino a reagire. Il normale e spesso benefico conflitto generazionale si direbbe quasi disattivato. Manca la spinta al rinnovamento e la
società rimane rigida, poco reattiva davanti alle grandi sfide. Non è così in assoluto, perché, a fronte di una situazione che è senza dubbio ingessata, ci sono non poche realtà, e qui parliamo dell’àmbito imprenditoriale, il quale ci compete più di altri, in cui i giovani hanno trovato un posto di rilievo e stanno dimostrando il proprio valore. “Made In Cuneo” ha fatto dell’accendere i riflettori su questi esempi virtuosi un punto d’onore e la periodicità mensile ci consente di dar loro maggiore spazio, numero dopo numero della rivista, proprio perché nella nostra provincia sono tanti. Vi sono però altri settori vitali per la collettività, come il mondo della politica e la Pubblica Amministrazione, nei quali il ricambio che altrove almeno si intravede quasi non è accennato. Soffermiamoci sulla seconda, ché il discorso sul primo rischia di portarci troppo lontano. Il patto per l’innovazione del lavoro pubblico siglato da Governo e sindacati prevede assunzioni e investimenti nel digitale e Franco Bassanini, ex ministro della Funzione pubblica, ha evidenziato come si prospetti un’occasione unica per una concreta riforma della Pa, a patto che si arruolino soprattutto nativi digitali. Sì, perché l’ultimo rapporto del Forum della Pubblica Amministrazione rivela che l’età media dei dipendenti pubblici in Italia è attestata sui 50,7 anni (la più elevata, 55,09, si registra presso la Presidenza del Consi-
Industria e Dintorni glio dei ministri; la più bassa, 39,20, è nelle Forze armate ed è comunque piuttosto alta, mentre nei Corpi di Polizia è pari a 44,78 e nel Servizio sanitario nazionale a 50,71). Meno di tre lavoratori su cento hanno un’età inferiore a 30 anni, mentre quelli oltre i 60 sono il 17%. All’Agenzia delle entrate, per esempio, l’età media è di 52 anni e un mese e il dato sul turnover del personale è impressionante: 105 entrate a fronte di 3.279 uscite. Al Ministero della giustizia l’età media si aggira sui 55 anni e nell’apparato burocratico della Difesa le ultime assunzioni risalgono addirittura al 2014. Il dato anagrafico si trasferisce nella mancanza di un’adeguata cultura informatica, e ormai la formazione è ritenuta pressoché impossibile, mentre per gran parte di questi dipendenti pubblici, comprensibilmente, anche perché amareggiati dal blocco delle carriere degli ultimi vent’anni, dalla mancanza di formazione e dalla scarsa valorizzazione della loro esperienza, la maggiore aspirazione è andare in pensione il prima possibile, con il conseguente boom di richieste connesse a “Quota 100”. Questo è il quadro tutt’altro che idilliaco della Pubblica Amministrazione italiana ed è, per l’Esecutivo nazionale, uno dei banchi di prova più difficili e, al tempo stesso, determinanti per il futuro del nostro Paese. Che occorra inserire giovani formati, pronti a lavorare con le formidabili innovazioni tecnologiche di questi anni, è innegabile. Di certo non è una questione accantonabile, anzi va presa di petto, ora che si tratta di costruire il “nuovo domani” post pandemia di tutti noi.
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Mariachiara Giacosa
«V
icini ai territori nell’ascolto, ma con una visione nazionale nella strategia». Paolo Ghezzi, è il direttore generale di InfoCamere, la società delle Camere di commercio italiane per l’innovazione digitale: 1.050 dipendenti, 110 milioni di valore della produzione, due data center, uno a Padova e uno a Milano, dove vengono custodite, nel Registro delle imprese, tutte le informazioni ufficiali che servono alle aziende per dialogare in via telematica tra loro e con la Pubblica Amministrazione. InfoCamere gestisce poi, sulla base di convenzioni o di deleghe alle Camere di commercio, lo Sportello unico delle attività produttive (il Suap) per quattromila degli ottomila Comuni italiani: quello di Torino è appena entrato, ci sono anche Milano, Venezia, Napoli e altri cinquanta capoluoghi di provincia. «Conoscere i dati e poterne estrarre informazioni in maniera facile e in tempo reale è strategico per pianificare una politica industriale, per le grandi come per le piccole imprese», sostiene Ghezzi, secondo il quale «la ripresa dopo la pandemia sarà importante, e la sfida consi-
Didascalia
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G
L’Intervista sterà nell’aiutare il maggior numero di imprese a intercettarla». In questo momento fare previsioni è difficilissimo, ragiona: «Il Paese è sospeso: chi voleva aprire un’impresa aspetta di farlo non appena si capirà se davvero ci saranno le condizioni per operare; chi voleva chiuderla, allunga l’attesa per accedere ai sostegni del Governo e verificare se vi siano le condizioni per continuare. Non dimentichiamoci che c’è ancora il blocco dei licenziamenti». Insomma siamo fermi, ma non
durerà a lungo. E, se oggi è un azzardo capire quali imprese resisteranno alla pandemia, quali sapranno ripartire e quali, invece, dovranno arrendersi, gli elementi che possono facilitare il salvataggio sono chiarissimi. Direttore, come vede il futuro delle nostre imprese? «Con la pandemia ci siamo accorti di quanto sia strategico e fondamentale il digitale per la nostra vita quotidiana e anche per le nostre attività. Il problema è che siamo indietro rispetto alla maggior parte degli altri Paesi. Peraltro lo certifica anche il Desi, il Digital economy and society index, l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società in Europa: l’Italia è al terz’ultimo
«Quando devi recuperare, non basta fare bene i compiti. Servono “salti quantici”. In questo la pandemia ha aiutato: per l’Italia, si è rivelata un acceleratore incredibile»
Cuneo è ai vertici nazionali per densità di startup innovative
Il “rinascimento digitale” secondo il Direttore generale di InfoCamere «In Italia le startup innovative sono dodicimila, e Cuneo si colloca al quinto posto tra le provincie della penisola per densità di questo tipo di imprese. La Granda viene subito dopo Milano: è una ricchezza, su cui lavorare e da coltivare»
Paolo
Ghe hezzi zzi
posto su ventisette. È una posizione stabile da anni e riguarda imprese, cittadini e istituzioni. Nonostante il salto degli ultimi anni, il gap resta: se devi recuperare non basta fare bene i compiti, servono “salti quantici” e noi non li stiamo facendo. Ma la pandemia ha aiutato, è stata un acceleratore incredibile. Pensiamo alla scuola: senza di essa, quanto avrebbe impiegato ad adeguarsi alla didattica a distanza e ad attrezzarsi con le tecnologie e con le competenze necessarie per farlo?». Anche le imprese hanno fatto questo scatto? «In tante hanno fatto passi avanti incredibili. Nel 2018 InfoCamere, con
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Unioncamere, aveva distribuito un questionario alle nostre imprese. La domanda era: “Internet è importante nella tua attività?”. Quattro imprenditori su dieci risposero che non serviva e non sarebbe servito nemmeno in futuro. Potremmo dire che erano aziende destinate a chiudere e che avrebbero chiuso anche senza la pandemia. Oggi non c’è più nessuno che pensi che internet non serva. Il lockdown ci ha insegnato a usare la rete per fare la spesa, non solo per lavorare. Tuttavia il gap non si è azzerato, e anche chi è consapevole dell’utilità della digitalizzazione non è detto che abbia i mezzi per metterla in pratica. In Italia abbiamo 6 milioni di imprese, di cui la metà, 3 milioni, sono imprese individuali: come si può chiedere a un imprendere individuale di digitalizzare la sua impresa? Non ha tempo e risorse per farlo, se non è aiutato. Le grandi multinazionali si stanno riversando su questo mercato, come consulenti, ma non per tutte le imprese sono costi sostenibili. Servono programmi di cultura digitale che coprano i vuoti di mercato. Per le grandi aziende di consulenza è antieconomico intercettare il malgaro della Valle Maira per spiegargli che ha bisogno del digitale: forse dovrebbe farlo il pubblico, che deve coprire i vuoti di mercato, andare a trovare l’imprenditore mentre lavora, non fargli perdere tempo, e assisterlo lì dove ha bisogno. C’è poi un tema di strumentazioni: pare assurdo, ma nelle nostre aziende non tutti hanno un computer». E, quindi, come si può favorire il “rinascimento digitale”? «È complicato, ma da qualcosa si
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InfoCamere (sopra: la sede centrale di Roma) è la società consortile delle Camere di commercio italiane. Ha realizzato e gestisce il sistema telematico che collega gli Enti camerali e le loro 300 sedi distaccate
deve cominciare. Gli esempi del passato non mancano. Negli anni Novanta il sistema delle Camere di commercio ha avuto la forza, per primo in Europa e forse nel mondo, di attivare l’anagrafe di tutte imprese in forma digitale. È una best practice a livello globale: l’intuizione è del 1993, la legge venne varata nel 1995 ed è stata di una lungimiranza che di rado si è vista nel legislatore, specie negli anni successivi. Secondo la normativa, l’impresa nasce nel momento in cui i suoi dati sono pubblicati e tutti possono interrogare il Registro e verificare che essa esista. Questo strumento è stato l’àncora di salvezza del nostro sistema economico. Se non avessimo avuto il Registro delle imprese, i nostri imprenditori avrebbero avuto molte più difficoltà a muoversi in un mondo dominato dal web e con una concorrenza sempre più serrata. Serve agli imprenditori per dimostrare e raccontare chi sono, e serve al mercato che, in questo modo, è assai più trasparente». Quali sono ai giorni nostri gli strumenti strategici per le imprese? «Sono quelli che permettono interazioni digitali semplici, veloci e sicure con un’attenzione particolare all’uso in mobilità. InfoCamere, ad esempio, ha deciso
Negli anni Novanta il sistema delle Camere di commercio ha avuto la forza, per primo in Europa e forse nel mondo, di attivare l’anagrafe di tutte imprese in forma digitale di sviluppare un apposito prodotto per gli smartphone, perché, a differenza del computer, oggi quello ce l’hanno tutti. Ci siamo ispirati a Steve Jobs e alla filosofia di Apple: la testa delle persone non la cambi, ma, se cambi gli strumenti che usano, si può cambiare il mondo. E così abbiamo portato tutti i servizi per l’impresa letteralmente nelle mani dell’imprenditore: il bilancio,
L’Intervista lo statuto, il certificato d’impresa e molto altro ancora che prima era solo dal commercialista. Si chiama “Cassetto digitale dell’imprenditore” ed è scaricabile sul web, da impresa.italia.it, lo stesso dominio dove c’è anche la app Io (io.italia.it), destinata ai cittadini. È una webapp gratuita, dove l’imprenditore trova tutti i documenti digitali della sua attività, compresa la visura camerale in inglese, perché possa mandarla, ad esempio, a un partner all’estero senza bisogno di farsela tradurre. La app è stata già scaricata da un milione di imprenditori, con un boom nell’ultimo anno. Abbiamo fatto cultura digitale, a volte anche riducendo le distanze nelle famiglie: con i figli, ad esempio, che hanno aiutato i genitori imprenditori a inviare il bilancio su Whatsapp. È questa la strada da seguire». E come si può proseguire? «Si devono moltiplicare i servizi facili. Lo deve fare la Pubblica Amministrazione, ma possono farlo anche realtà come le banche, le
quali, infatti, stanno riconvertendo il proprio operato: per i cittadini che possono fare tutto con l’home-banking, ma anche per le imprese con nuovi servizi. In questo le banche cooperative, che in Piemonte e nella provincia di Cuneo in particolare sono una realtà molto consolidata, fanno da apripista. Qui sta anche la forza del sistema camerale che può offrire vicinanza alle imprese, insieme a strategia e respiro nazionali». Il piano Industria 4.0 ha dato impulso all’innovazione nelle imprese. Servirebbe una riedizione? «Sì, ma non uguale per tutti. Non si può usare lo stesso strumento per le imprese grandi e per quelle piccole o micro che sono la maggior parte in Italia». Le Camere di commercio possono avere un ruolo? «Il sistema camerale ha la forza di conoscere bene i territori, presidia ultimo miglio verso le imprese. Nel cuneese, ad esempio, Camera di commercio e Confindustria Cuneo lavorano insieme per fare cultura di impresa digitale, per dare una vera e propria alfabetizzazione informatica di base. Riferisco un dato che mi ha stupito: in Italia le startup innovative sono dodicimila, e Cuneo è al quinto posto nella penisola tra le province per densità di questo tipo di imprese. Viene subito dopo Milano: è una ricchezza, su cui lavorare e da coltivare». Lei è ottimista in merito alla ripartenza dopo la fine dell’emergenza sanitaria?
Sotto: la classifica delle prime dieci province italiane per densità di startup innovative. Sono considerate “nuove società di capitali” quelle costituite da non più di cinque anni, con un ultimo fatturato dichiarato inferiore a 5 milioni di euro e in stato attivo
Classifica
Provincia
Startup innovative 4° trimestre 2020
% Rapporto startup innovative sul totale nuove società di capitali della provincia
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
TRENTO TRIESTE PORDENONE MILANO CUNEO UDINE ASCOLI PICENO BOLOGNA PADOVA AOSTA
184 60 71 2.282 112 104 83 316 298 22
7,73 6,30 6,03 6,01 5,47 5,12 5,00 4,96 4,94 4,87
«Sono molto ottimista. Con i vaccini usciremo dalla pandemia. E il Recovery Fund sarà il vaccino per la nostra economia. Sono molti soldi. Se verranno spesi bene, daranno una grandissima opportunità di rilancio, perché le nostre imprese hanno creatività e capacità di innovazione. Il brand “made in Italy” è il terzo al mondo dopo Coca-Cola e Visa. Ripartiamo da qui e andremo lontano».
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L’Impiccione
Mons. Bodo:
«Quando innaffiai di spumante l’Arcivescovo»
Q Le interviste sbarazzine di Gian Maria Aliberti Gerbotto
uesto mese ho incontrato monsignor Cristiano Bodo, nel 2016 nominato vescovo di Saluzzo da papa Francesco. Al momento della sua Ordinazione episcopale, avvenuta all’età di 48 anni, era il vescovo più giovane d’Italia. Il sogno nel cassetto... «Che negli oratori tornino i ragazzi». Sport praticati? «Da giovane calcetto, corsa e salto in lungo. Negli ultimi anni, nulla». Come si immagina tra vent’anni? «Rugoso, vecchio e con il bastone in mano». È favorevole o contrario alla chirurgia estetica? «Non sono né favorevole, né contrario, la trovo semplicemente una cosa superflua». Cosa non può mancare dal frigo? «Gelato alla nocciola». Programmi tv? «“Porta a Porta” o quando mettono in onda alcuni film sulla vita dei Santi, film gialli polizieschi». La peggior figuraccia?
Mons. Cristiano Bodo (classe 1968, vercellese), qui con Gian Maria Aliberti Gerbotto, dal 17 dicembre 2016 è il pastore della Diocesi di Saluzzo
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Intervista al Vesacovo di Saluzzo «Quando, alla festa di compleanno dell’Arcivescovo di Vercelli, maneggiando maldestramente una bottiglia, ne provocai involontariamente l’espulsione del tappo, innaffiandolo di spumante». Che cosa ha acquistato con i primi soldi? «Una statua di don Bosco, una figura che mi ha sempre affascinato». Il piatto più buono? «La paniscia, risotto tipico della tradizione vercellese. Un piatto unico, povero, in voga per le feste». Quello detestato? «In Seminario le suore ci cucinavano continuamente la gallina, così alla fine me l’hanno fatta odiare». Se non abitasse in Italia, dove vorrebbe abitare e perché? «In alcuni Paesi caldi, perché adoro le temperature elevate». Film cult? «“Mission”». Cantanti preferiti? «Mia Martini, Tiziano Ferro, Mina, “Il volo”... e, come musica sacra, il maestro mons. Marco Frisina». L’ultimo libro che ha letto? «“Parola di vita” di Chiara Lubich». Il colore preferito? «Arancione o azzurro». Un pregio e un difetto? «Saper ascoltare, volere risposte immediate». Rimprovero da parte dei suoi collaboratori? «“Con calma...”». Il suo segno zodiacale? «Leone e mi dicono che lo rispecchio abbastanza».
A chi deve dire grazie? «In primis ai miei genitori. A tante persone che mi hanno voluto bene e aiutato, sotto questo aspetto sono stato molto fortunato, e in particolar modo a mons. Enrico Masseroni». Un fallimento nella sua vita? «Non aver mai potuto accompagnare nessuno in Seminario». L’ultima cosa che ha comprato per sé? «Un camice liturgico». Cosa le fa più paura? «La malattia». Vino bianco o rosso? «Un fresco Pinot grigio». Il rimpianto più grande? «Essere lontano, per seguire un impegno diocesano, nel momento in cui, a casa, è mancata mia nonna Iside». L’ultima volta che ha pianto? «Il giorno della mia Ordinazione episcopale». Voglia di paternità? «È dall’età di 24 anni che sono presbitero (anziano) e cerco di essere padre di tutti coloro i quali hanno bisogno e chiedono aiuto o consigli. Oggi, essere genitori, è una grandissima responsabilità». Indumento preferito prima e dopo il sacerdozio? «Prima la cravatta e, una volta prete, la talare nera». Il giorno più bello della sua vita? «Quando sono stato ordinato sacerdote». Il personaggio storico che preferisce? «Sant’Agostino d’Ippona di cui conservo, preziosa nella mia libreria, l’opera omnia». Cosa non sopporta nella gente? «La falsità e la mancanza di rispetto». Cane o gatto? «Il cane. Da tredici anni, godo dell’amore e della compagnia di Gipsy, il mio yorkshire».
DELIZIOSA COSÌ COM’È
SPECIALE NEI DOLCI OTTIMA NELLE RICETTE SALATE
“Le miniature di un Libro d’Ore” edito da “L’Artistica”: seicento anni di storia in un prezioso codice miniato 46
Fede Tra
Storia
e
L’Alta Cultura “Le miniature di un Libro d’Ore”, edita in tiratura limitata da “L’Artistica” di Savigliano, riproduce tutte le meravigliose tavole miniate del “Livres de laudes et dévotions” conservato presso l’Archivio di Stato di Torino. Ammirare quest’opera significa entrare in intimo contatto con un vero e proprio oggetto d’arte, prima ancora di accorgersi che si tratta di un libro nato a fini devozionali. Le prime delle 47 tavole miniate consistono un calendario di preghiere, simbolo del trascorrere veloce e inarrestabile della vita degli uomini. All’interno di una stessa “mise en page”, le preghie-
“L’Artistica Editrice Savigliano” ha realizzato una fedele riproduzione di tutte le 47 tavole miniate del “Livre de laudes et dèvotions”, in una prestigiosa veste editoriale e tipografica
Preghiere e immagini in un’estasi visiva della bellezza medievale Marco Piccat Università di Trieste
S
e sfogliare un codice miniato è sempre un’esperienza unica, quando si tratta di un Libro d’Ore, di provenienza francese, confezionato in area parigina nelle prime decadi del 1400, diviene un’energia totalizzante che trasporta in un affa-
scinante viaggio nel tempo. Il gioco dei riflessi dell’oro che si mescolano ai colori delle scritte, alle tonalità delle piccole o grandi miniature, alla vivacità delle decorazioni eseguite da un maestro ornamentista di raffinata qualità, affascina gli occhi del lettore con un sapiente equilibrio artistico e cromatico. Questa preziosa edizione, dal titolo
re, le stagioni, il succedersi delle costellazioni celesti scandiscono la rotazione dei lavori agricoli, in un’alternanza di momenti di vita quotidiana quattrocentesca. In ogni tavola del calendario sono raffigurate due finestre, aperte rispettivamente sulla terra e sul cielo, le quali interrompono il divertimento delle spirali delle foglie d’edera dorate, in un tripudio che decora tutti margini esterni alla sezione centrale del foglio. Qui, due sottili aste sorreggono come un vessillo al vento il succedersi dei nomi dei Santi festeggiati nei singoli giorni, con le ricorrenze più importanti indicate attraverso la grafia in oro e le altre alternativamente in rosso e azzurro, elementi fondamentali per comprendere l’inquadramento geografico in cui situare la storia del manoscritto. Il calendario è seguito da tavole con i temi propri della preghiera che rivelano
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L’Alta Cultura Una sorta di enciclopedia visiva della ricchezza della natura davvero in fiore costituisce la bellezza unica e sorprendente di questo codice
eccellente per cantare, visivamente, la vittoria della vita sulla morte e la bellezza di un creato che non smette di ricordare come la luce dell’esistenza sia la cifra assoluta che nobilita il senso del vivere sulla terra. Tutto questo fa del “Livres de laudes et dévotions” un esemplare di prim’ordine tra i Libri d’Ore del tardo medioevo europeo, qui riprodotto in un’edizione tra le più curate di cui possiamo oggi possiamo godere. Un risultato ottenuto dopo anni di studio per individuare soluzioni tipografiche capaci di restituire al lettore tutta la raffinatezza del codice originale, attraverso l’impiego della lamina d’oro a caldo in ogni tavola e una pregevo-
le legatura in marocchino bordeaux. Ma il codice offre molto di più, per i tanti temi che la consultazione può suggerire se portata alla visione dei lettori moderni. Come noto, la tradizione i più importanti Libri d’Ore miniati del Medioevo europeo è legata ai nomi degli eccellenti proprietari, da Jean Pucelle, a Jean de Berry, da Gian Galeazzo e Filippo Maria Visconti, a John Lancaster duca di Bedford, da Giovanna II
Edizioni di pregio, volumi d’arte, monografie storiche, libri fotografici e di viaggio sono i protagonisti della linea editoriale de “L’Artistica”, che si distingue per la cura con cui vengono realizzate le pubblicazioni, la scelta dei materiali migliori, l’attenzione per la composizione grafica e la resa cromatica delle immagini
una colta committenza nobiliare e l’appartenenza a un genere di grande fortuna presso i potenti dell’epoca. Le immagini dei quattro Evangelisti precedono le scene della Passione secondo Giovanni, seguono le Ore della Vergine, le Ore per i giorni della settimana, le Ore dei defunti, per concludere con l’immagine-reliquia del Giudizio universale. In chiusura sono poste le iconografie di quattro Santi di grandissima devozione in terra di Francia: San Michele a Mont Saint-Michel, San Cristoforo, Sant’Antonio abate e Santa Margherita. Le due aperture che, come piccole lanterne spiccavano su un fondale fiorito nel calendario, sono sostituite in queste tavole da una sola grande finestra, in cui l’oggetto della devozione è fatto manifesto. I minuti giochi delle foglie, appese a un sottilissimo filo nero, lasciano spazio a una vegetazione spesso rigogliosa di piante campestri su cui insetti, uccelli, perfino scimmie, ma anche angeli e diavolacci, interpretano il corso delle avventure e delle fortune umane. La cura dei particolari, l’abbinamento e il succedersi delle forme e dei colori, l’assemblarsi in uno spazio ristretto di elementi diversi compongono, foglio dopo foglio, un’enciclopedia visiva della ricchezza della natura davvero in fiore che costituisce la bellezza unica e sorprendente di questo codice. Un libro di preghiera diventa allora uno strumento
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La presentazione dell’opera a cura dell’editore Lo sfavillio dell’oro di raffinate miniature, riprodotte su preziosa pergamena in un tripudio armonico di colori che catturano con straordinaria immediatezza le atmosfere e gli stili di vita rinascimentali. Sfogliare il “Livre de laudes et dèvotions” è, prima di tutto, un momento d’estasi per l’eccezionale qualità artistica che rende questo codice miniato uno dei più belli tra quelli realizzati nel XV secolo. Opera verosimilmente di un artista fiammingo attivo nell’area parigina, fu acquistato nel 1764 dal duca di Savoia Carlo Emanuele III, divenendo parte della biblioteca del Regio Archivio, oggi Archivio di Stato di Torino. Questo esemplare contiene una fedele riproduzione, nel formato originale, di tutte le 47 tavole miniate del “Livre de laudes et dèvotions”, in una prestigiosa veste editoriale e tipografica. Un volume di commentario, curato da autorevoli specialisti italiani di storia medievale e di storia dell’arte, introduce il lettore al contesto culturale e artistico dell’epoca in cui fu prodotto. Stampato in tiratura limitata e numerata, permette di godere la raffinata bellezza di uno dei più preziosi codici miniati del patrimonio librario mondiale, finora noto perlopiù alla cerchia degli studiosi. Per maggiori informazioni sull’opera si può contattare “L’Artistica Editrice”, oppure visitare il sito (QR Code).
regina di Navarra, ad Adelaide di Savoia duchessa di Borgogna, o ai nomi delle località del loro uso, Rohan, Milano, Parigi... Nel caso in esame, se la datazione è proposta tra il 1420 e il 1440, tutti gli altri elementi, dal committente, all’autore delle miniature (probabilmente fiammingo), all’ornamentista sono rimasti aperti e in discussione. Al riguardo gli articoli degli studiosi contenuti nel volume di commentario abbinato suggeriscono nuove ipotesi e proposte interpretative, rappresentando un importante apporto alla conoscenza del mano-
scritto e un invito ad approfondire il suo studio. Tutti coloro i quali sfoglieranno questa preziosa edizione avranno il privilegio di scoprire un patrimonio culturale d’eccellenza che conferma il gusto artistico di Carlo Emanuele III, duca di Savoia, il quale nel 1764 ne volle l’acquisto e la collocazione nella sua biblioteca, poi confluita nell’Archivio di Stato di Torino. È un’occasione rara, in conclusione, per godere insieme della maestria degli artigiani di un tempo, unita all’abilità superlativa di editori tipografi che rappresentano oggi un vanto del nostro Paese.
“Le miniature di un Libro d’Ore”, formato chiuso cm 22x30, copertina in marocchino bordeaux con fregi in lamina oro a caldo a pieno libro e battuta a secco, capitelli e segnalibro in seta, risguardi in carta francese, stampa delle tavole miniate a piena pagina su carta pregiata “Fedrigoni” a 6 colori e impressioni in lamina oro a caldo, labbratura in oro su tre lati. Volume di commentario. Studi critici e approfondimenti a cura di Ada Quazza, Rinaldo Comba, Grado Giovanni Merlo, Giovanna Saroni, Maurizio Aceto. Formato chiuso cm 22x30, 88 pagine, stampa su carta pregiata delle cartiere “Fedrigoni”. I volumi sono custoditi in un prezioso cofanetto in setalux bianco, con fregi in lamina oro a caldo.
Scopri “L’Artistica” online 49
Mentre si amplia il programma di sostenibilità nella filiera del cacao
Ferrero e Save the Children insieme per i bambini Claudio Puppione
di cinque anni. È programmato il
F
coinvolgimento di 37.000 bene-
Il gruppo dolciario con salde radici albesi ha infatti
Questa grande azione si inserisce
annunciato il rinnovo e l’estensione della partner-
nel più ampio impegno promosso
ship strategica con Save the Children iniziata con il
dalle Nazioni Unite nell’Anno
programma triennale lanciato nel 2017-2020 in ven-
internazionale per l’eliminazione
ti comunità in Costa d’Avorio. Il progetto, cofinan-
del lavoro minori. La nuova fase
ziato per 8 milioni di euro, è previsto della durata
della collaborazione concreta con
errero è sempre più impegnata nell’applicazione e nel potenziamento del programma Ferrero Farming Values Cocoa, in particolare nella protezione dei diritti dei bambini.
ficiari diretti, ma con un totale di 90.000 persone, tra bambini e adulti, raggiunte da attività di sensibilizzazione.
Presente fin dai primi passi albesi dell’azienda dolciaria, l’approccio alla sostenibilità del Gruppo Ferrero oggi si fonda sulla strategia di responsabilità sociale d’impresa “Condividere valori per creare valore”
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Un progetto da 8 milioni di euro per rafforzare la protezione dei più piccoli in Costa d’Avorio e Ghana. Intanto è realtà l’obiettivo 2020: il 100% di cacao certificato sostenibile, con standard gestiti in modo indipendente. Di pari passo, notevoli sono i progressi nel raggiungimento del 100% di tracciabilità in tutta la filiera di approvvigionamento di tale materia prima
La Bella Storia Save the Children permetterà di raggiungere altre 65 comunità nella regione ivoriana di Haut-Sassandra, dove Ferrero acquista una quantità significativa di cacao. Il programma, con una metodologia olistica, rafforzerà i sistemi di protezione dell’infanzia, aumenterà l’accesso all’istruzione e alla nutrizione di qualità, sosterrà lo sviluppo dell’intera comunità e la crescita di donne e adolescenti. Ferrero e Save the Children lavoreranno in stretto coordinamento con le istituzioni nazionali e locali e con altre iniziative del settore, al fine di creare sinergie dove sia possibile e di massimizzare l’im-
Si fa sempre più forte l’impegno di Ferrero verso pratiche agricole sostenibili e la salvaguardia e la protezione dell’ambiente
patto degli interventi attuati. Save the Children fornirà una guida strategica e un supporto tecnico all’azienda e ai suoi fornitori, per assicurare un approccio armonico volto alla protezione dell’infanzia in tutta la catena di approvvigionamento di Ferrero in Costa d’Avorio e in Ghana.
Scopri online
Marco Gonçalves, chief procurement e Ferrero Hazelnut Company officer commenta: «Continuiamo ad affrontare le questioni cruciali relative ai diritti umani nelle nostre catene di approvvigionamento e a rafforzare la nostra due diligence. Tuttavia il lavoro minorile nelle comunità di coltivazione del cacao rimane un problema significativo e noi siamo determinati ad andare oltre per affrontare la sfida. Ecco perché sono molto lieto che stiamo estendendo la partnership con Save the Children, con una particolare attenzione alla prevenzione, al fine di aumentare il nostro impatto nel fronteggiare il problema. In questo modo possiamo contribuire a guidare un cambiamento significativo a lungo termine, non solo nella nostra filiera diretta, ma anche oltre». Daniela Fatarella, general mana-
ger di Save the Children Italia, aggiunge: «Il lavoro minorile è un problema importante in Africa occidentale e affonda le sue radici nella povertà, nella mancanza di istruzione di base e di consapevolezza. Solo cercando di affrontare questi problemi con i principali operatori sul campo possiamo riuscire a rendere asset centrali per lo sviluppo delle comunità la protezione dell’infanzia, l’accesso a un’istruzione di qualità e l’empowerment di adolescenti e giovani. Per questo siamo ben soddisfatti di lavorare con Ferrero e di sostenere l’impegno dell’azienda nel contribuire a una catena di approvvigionamento del cacao equa e sostenibile, coordinandoci con gli attori rilevanti. Grazie a tutti questi sforzi, migliaia di bambini avranno significativi miglioramenti nelle loro esistenze». Oltre a lavorare per proteggere i bambini e le comunità nella propria catena di approvvigionamento, Ferrero è membro di iniziative collettive come l’International Cocoa Initiative e la Cocoa & Forests Initiative. Di recente, inoltre, ha aderito alla campagna che chiede all’Unione europea di rafforzare i diritti
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La responsabilità sociale d’impresa per il Gruppo Ferrero da sempre rappresenta l’attenzione per le persone e per il territorio, i dipendenti e gli ex dipendenti, i consumatori e le comunità locali in cui opera
umani e i requisiti di due diligence ambientale delle aziende nelle catene globali di approvvigionamento del cacao.
di approvvigionamento e attraverso un sistema di due-diligence appropriato. Ferrero ha anche rinnovato ed esteso la partnership strategica con Save the Children, impegnandosi con significativi investimenti a proteggere i bambini nelle comunità del cacao.
La sostenibilità è una questione Raggiunto l’obiettivo fondamentale 2020 fissato per il cacao Di pari passo il Gruppo dolciario continua a portare avanti e ad aumentare gli sforzi orientati alla sostenibilità del proprio cacao nell’àmbito del programma “Ferrero Farming Values Cocoa”. Dopo aver raggiunto l’obiettivo di approvvigionarsi al 100 per cento di cacao sostenibile attraverso standard gestiti in modo indipendente alla fine dell’anno scorso, il Gigante Amico continua a lavorare per garantire la piena visibilità e tracciabilità del proprio cacao lungo la catena
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Nel 2011 Ferrero si era impegnata ad approvvigionarsi al 100% di fave di cacao sostenibili entro il 2020, attraverso standard gestiti in modo indipendente, per contribuire a migliorare le condizioni di vita dei coltivatori di cacao e promuovere pratiche sostenibili. Nel 2019 l’azienda ha ampliato la portata dell’obiettivo per includere il cioccolato acquistato da terzi e, con orgoglio, ha tagliato anche questo traguardo. Ciò significa che Ferrero si approvvigiona di cacao sostenibile attraverso i principali enti di certificazione e altri standard a gestione indipendente come Rainforest Alliance (Utz), Fairtrade e Cocoa Horizons. Questo assicura che il colosso dolciario albese possa beneficiare
Mirare alla sostenibilità vuol dire migliorare i mezzi di sostentamento degli agricoltori, proteggere i diritti dei bimbi e salvaguardare l’ambiente
dei loro vari punti di forza, arricchendo la propria strategia globale di sostenibilità del cacao, in continua implementazione.
Guardare avanti! La strategia di rifornimento del cacao di Ferrero si basa su princìpi distintivi che le consentono di attuare le attività di due-diligence lungo la catena di approvvigionamento e di applicare soluzioni mirate. Ferrero è in grado di raggiungere una tracciabilità molto elevata, dalle fattorie di
La Bella Storia produzione fino ai consumatori finali. Ciò è dovuto all’“approccio distintivo Ferrero” che consiste nell’acquistare la maggior parte del cacao sotto forma di fave grezze, lavorate direttamente nei propri stabilimenti. Le fave vengono comprate fisicamente tracciabili (standard meglio conosciuto come “segregato”) da gruppi di agricoltori conosciuti. In Ferrero si sa da quali aziende agricole proviene il cacao, il che aiuta a identificare eventuali problemi e a guidare un cambiamento positivo direttamente in loco, insieme alle cooperative e agli agricoltori stessi. Nella stagione del raccolto 201920 Ferrero è riuscita a rintracciare oltre il 95% delle proprie fave di cacao fino alle fattorie e sta avanzando con rapidità nella tracciabilità del cioccolato proveniente da fonti terze. Inoltre l’azienda sta facendo notevoli progressi nella mappatura degli agricoltori della catena di approvvigionamento, come parte dell’impegno volto a prevenire la deforestazione, e nella copertura dei gruppi di agricoltori con un sistema di monitoraggio volto a contrastare la già citata piaga del lavoro minorile (Child Labor Monitoring and Remediation
Alleati per dare un futuro ai più piccoli «Contro le diseguaglianze e la povertà e per costruire un mondo migliore per i bambini, «la collaborazione tra il mondo profit e quello no profit è molto importante. Tutti parlano degli obiettivi del millennio, gli Sdgs, e l’Sdgs numero 17 promuove la partnership pubblico-privato-società civile, elemento importantissimo sul quale spingere perché, soprattutto in un mondo sconvolto dal Covid che ha fatto arretrare tutti gli obiettivi posti in precedenza e aumentare i tassi di povertà, e che è stato un enorme acceleratore di diseguaglianza, bisogna creare alleanze forti che mettano a fattor comune competenze diverse di attori diversi e questo secondo me è un buon esempio». Sono parole di Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia, in merito all’annuncio del rinnovo della partnership strategica con Ferrero attraverso un progetto da 8 milioni di euro e della durata di cinque anni, per aumentare e rafforzare le attività di protezione dei bambini. «Lavoriamo con Ferrero, in Costa d’Avorio in particolare e anche in Ghana, dove persiste la necessità di supportare i bambini e gli adolescenti nell’avere accesso a un futuro dignitoso, attraverso un processo di educazione e, poi, di ricerca di un lavoro che possa soddisfarne le aspirazioni», ha spiegato Fatarella. «In aree in cui il lavoro minorile è ancora fortemente presente, spesso i bambini sono costretti a lasciare gli studi, con l’impossibilità di avere accesso opportunità». «Questo è il contesto in cui operiamo», ha aggiunto la Direttrice generale di Save the Children, «un contesto in cui c’è un tasso di povertà ancora molto alto e dov’è necessario un intervento, nelle comunità, che sia olistico, cioè non basato solo sull’individuazione dei bambini che possano essere oggetto di lavoro minorile, ma che, all’interno di una comunità, dia vita a una serie di servizi a
partire dal garantire l’educazione, dal rafforzare la competenza delle donne e dei sistemi che possono integrarsi affinché i bambini abbiano un futuro migliore». Save the Children ha iniziato a lavorare con Ferrero in Costa d’Avorio circa tre anni fa con un progetto pilota dall’approccio integrato, all’interno di circa 25 comunità, «con risultati molto positivi soprattutto per ciò che concerne la possibilità per i bambini di frequentare la scuola e costruirsi alternative per il futuro e un miglioramento delle condizioni di vita per le comunità», ha sottolineato Daniela Fatarella. «A fronte di questo percorso si è deciso di rafforzare e di rinnovare la nostra partnership per il prossimo lustro, al fine di estendere i progetti a un numero maggiore di comunità e di coinvolgere i fornitori locali, in modo che possano rispettare tutta una serie di attenzioni e precauzioni per quanto riguarda l’annullamento del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao». Ma il primo elemento, in assoluto, resta l’educazione: «I bambini devono andare a scuola e ci vuole una grande forza nel sensibilizzare le comunità rispetto alle alternative per bambini e adolescenti dell’impegno lavorativo precoce. È l’unica azione che può funzionare: se non si creano alternative, nel momento in cui un bambino viene tolto da una situazione rischiosa di lavoro c’è un’altissima probabilità che ciò riaccada. È necessario creare un percorso alternativo. La scuola lo è, è il “salvavita” sotto più aspetti, perché permette di imparare a leggere e a scrivere, di capire quali siano i propri diritti e anche, banalmente, di avere un pasto nutriente al giorno. In contemporanea vanno sensibilizzate le comunità degli adulti rispetto a ciò che può essere l’alternativa per il bambino. Per questo ci vuole un approccio integrato all’interno delle comunità».
System o sistemi equivalenti). Un altro importante obiettivo del programma Ferrero è l’empower-
trici di cacao, soprattutto donne, nell’accesso a
Ferrero riferirà i progressi nei
ment delle donne, con la conse-
piccoli prestiti per attività imprenditoriali.
campi di cui qui ci siamo occupa-
guente riduzione della disugua-
Queste iniziative fanno parte del più ampio impe-
ti nel prossimo Rapporto annuale
glianza di genere.
gno di Ferrero a realizzare una strategia di soste-
sulla sostenibilità. La versione
Per esempio, il Gigante Amico
nibilità: migliorare i mezzi di sostentamento degli
più recente può essere consultata
ha finora sostenuto circa 14.000
agricoltori, proteggere i diritti dei bambini e salva-
attraverso il QR Code riportato
membri delle comunità produt-
guardare l’ambiente.
nelle pagine precedenti.
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Il Salotto
Sapremo riformare God bless la burocrazia?
Nutella!
S C Giovanna Marzo
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tiamo per entrare nel nuovo anno che, confiari amici, vi immagino dando sia messa sotto frustrati come me, controllo l’epidemia nell’impossibilità di globale, ci vedrà impegnati nell’avcondividere un aperitivo vio di una ripresa che dovrà essere con gli amici in uno dei vostri bar stabile e consentirci di tornare a preferiti, sotto i portici delle nostre una solida crescita sostenibile, amate città. grazie alla quale sarà possibile Costretti a una routine che ci fa porre rimedio ai danni, non soltanto sentire criceti in gabbia, eleganti economici, dell’emergenza sanitaria. criceti in tailleur del 2019, ma pur L’italia, in particolare il suo sistema sempre in gabbia. imprenditoriale, come riferiamo Siamo fragili e sensibili, come non nelle pagine successive di “Made lo siamo mai stati, non soltanto In Cuneo”, dopo la prima ondata di per il Covid, ma poiché, in quanto contagi ha dimostrato di saper recuneesi, non siamo per natura proagire con una vitalità forse inattesa gettati per manifestare le emozioni, e ancor meglio ha fatto la provincia le chiudiamo sotto il paltò, dentro Granda. frasi di circostanza pronunciate Il Covid-19 poi ha di nuovo portato con l’accento di Erminio Macario. alle restrizioni anticontagio che ci Però le emozioni sono debordanti costringono a vivere il periodo delle in tempi di pandemia e poi noi non festività come non l’abbiamo mai siamo riusciti ad andare al mare vissuto e come non dimenticherequando avremmo voluto e il Fato, mo. Ma lo sguardo va al futuro, con per non farci cadere in tentazione, la ferma volontà di non arrenderci. a scanso di equivoci, ci ha anche Lo dobbiamo, in particolare, alle fatto crollare la strada del Colle di Tenda e, come se non bastassero le sciagure, per mettere alla prova
nuove generazioni. Ai fini del rilancio dell’economia naizionale nostri noti livellifondamentale sarà un ruolo di masochismo, svolto dagli ingenti fondi comunitari abbiamo ricevuto in arrivo. Per incassarli, sono state in dono da Maprogrammate 500 mila assunzioni dre unoAmministrazione, per nellaNatura pubblica degli quelloinverni che dovrebbe essere un drapiù nevosi stico rinnovamento della burocrazia di sempre, italiana. senza po-il tema anche in virtù del Affronto ter sciare ruolo che mi è stato attribuito sulle nostre amate cuneese, il quale nell’Ente camerale vette. mi ha consentito di apprezzare le Giacomo avrebbe avuto capacità eLeopardi l’impegno costante dei materiale per anni. dipendenti. D’altra parte, se, come affermava Occorre sgombrare il cambo dai Friedrich Wilhelm Nietzsche, «Ciò pregiudizi, senza per questo voler che non mi uccide mi irende più forminimamente negare macroscopite», cari ragazzi, dovremmo uscirne ci quotidiani problemi di inefficienza potenti Dei dell’Olimpo. con cui come tutti abbiamo a che fare: i Più simili a Bacco che adnon Apollo, nostri lavoratori pubblici sono perché,rispetto con grande ironia della troppi, a quelli degli altri sorte, seppure ristoranti e bar siano Paesi europei. chiusi a seguito della La Norvegia ne ha 160pandemia, ogni mille siamo tutti un po’ più tondeggianti, abitanti, la Danimarca oltre 140, vistoo che trovare nele cibo più meno comeconforto la Svezia, la è l’ultimo Finlandiabaluardo 115. Piùdidireminiscenza noi ne hannodi convivialità che Unito, ci sia Austria rimasto.e Francia, Regno Grazie a Dio, tra vini, formaggi, carBelgio. Noi ci attestiamo al sediceni, tartufi e altre simo posto fra gliinnumerevoli Stati dell’Ue,prelicon batezze, le delizie non ciogni mancano 56 dipendenti pubblici mille eabitanti, tra tuttiun i cuneesi non terzo di illuminati, quelli norvegesi, saprei chi anche citare per certo preceduti dallaprimo, Germania. èNel che dovremo ringraziare 2018 eranosempre 3.224.822, calati quel grandissimo genio di Michele di ventimila unità rispetto all’anno Ferrero, per eaverci regalato il più precedente di ben 212.000 in grande antidepressivo naturale di confronto a dieci anni prima, centutti i tempi: la Nutella. tomila delle quali decurtate dagli Ilorganici keskek,delle tradizionale Regioni.piatto turco
Il problema, grosso, viene dal fatto che non pare l’attuale pubblica Amministrazione sia in grado di gestire gli oltre 200 miliardi in arrivo da Bruxelles. Infatti, secondo il Forum Disuguaglianze Diversità, l’associazione Movimenta e il Forum Pa, la burocrazia italiana non è pronta ad affrontare l’enorme sfida che attende il Paese. I motivi? È sempre più anziana (l’età media continua a salire, oggi è prossima ai 55 anni e gli ultrasessantenni sono il 16,9% del tolate) ed è incapace di attrarre talenti giovani; chi vi lavora non è formato in modo adeguato (la maggior parte delle professionalità è sbilanciato verso profili giuridici); non si riscontra una propensione all’innovazione e neppure a utilizzare il confronto e la partecipazione per migliorare le proprie conoscenze. In definitiva la nostra Pa è troppo incentrata sul rispetto formale dei processi, invece che sul raggiungimento sostanziale di risultati che cambino in meglio la vita quotidiana di cittadini e imprese. Non possiamo più permettercelo e, quindi, ecco l’auspicio che coinvolge le già a base di frumento, ceci, fagioli citate generazioni: la macchie carnenuove è patrimonio Unesco, ma na delloonesti, Statocosa devevisubito riuscire siamo ha dato più a riformare e aavete modernizzare la gioia quando scoperto che sareste rimasti confinati in zona burocrazia, selezionando i nostri rossa avreste passato giovanie migliori. La sfida un’altra del 2021 è Pasqua soli, con vostro marito ei questa. vostri figli incarogniti dalla didattica a distanza: una scodella di keskek o un bel cucchiaio (rigorosamente mangiato di nascosto) di Nutella? LoMauro so che neGola avete mangiato più di uno, ma non lo dirò a nessuno. Presidente di Confindustria Cuneo
FINALMENTE A FOSSANO!
La Banca dellaCOMUNITA', al centro della CITTA'.
VIENI A TROVARCI IN
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A Cerretto Langhe sta per essere inaugurata “Casa di Langa”, dove saranno serviti anche i vini griffati Enrico Serafino e Vietti
È
Cristina Borgogno
un terreno di “conquista” non facile, per gli imprenditori stranieri, quello delle
Langhe. Ma proprio qui, tra le colline del basso Piemonte, Kyle Krause, magnate della catena Kum&Go, con oltre quattrocento punti vendita tra convenience-store e stazioni di benzina in undici Stati
Nelle Langhe e nel Roero il gruppo Krause è di casa con i progetti dell’«imprenditore moderno e illuminato»
Dopo i vigneti il resort a 5 stelle americani del Midwest (con quartier generale in Iowa), ha scelto di portare un pezzo del suo business. L’ha fatto seguendo il cuore di chi da sempre ama l’Italia: è cresciuto con nonni da parte di mamma partiti dalla Sicilia verso il sogno americano e in Sicilia si è fidanzato, per poi sposarsi a Positano. E, oltre alla grande passione per il nostro Paese, ne coltiva da anni un’altra, collegata al buon vivere italiano: il vino e la gastronomia. Collezionista di bottiglie preziose, soprattutto di Barolo, Kyle Krause arriva in Piemonte nel 2014 quando, visitando le
Nelle storiche cantine della Enrico Serafino di Canale le bottiglie di Alta Langa Docg riposano per l’affinamento fino a 140 mesi. Il gruppo Krause ha acquisito la cantina Vietti di Castiglione Falletto nel 2016
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Bello e Ben Fatto ni circostanti. Affacciato su dolci colline ricche di boschi, un’ampia distesa di noccioleti e oltre 12 ettari di vigneti di Pinot nero e Chardonnay per la produzione dello spumante metodo classico millesimato Alta Langa Docg, il boutique hotel sarà un luogo “estremo e dai sapori forti” che proporrà esperienze su misura per gli ospiti all’insegna del rispetto per l’ambiente: dalla neutralità carbonica all’acqua riciclata al 100%, impianti geotermici e fotovoltaici, con la plastica monouso rigorosamente bandita. Gli arredi interni, tessuti e materiali vari, saranno di provenienza locale. «Sono felice di avviare questo progetto coinvolgendo la comunità locale. Per me è un In alto: Kyle Krause, proprietario anche del Parma Calcio 1913. “Casa di Langa” sarà un hotel di lusso interamente sostenibile con 39 tra camere e suite, centro benessere, scuola di cucina, ristorante e cocktail bar, piscina a sfioro riscaldata e... una galleria artistica
sogno che si avvera», aveva detto Krause in occasione della posa della prima pietra, accanto al sindaco di Cerretto
colline di Roddino, decide che quello è il panorama che vuole vedere tutti i giorni. Ed è così che iniziano gli investimenti tra i paesaggi vitivinicoli che proprio quell’anno vengono eletti dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità. Prima arriva l’acquisto, dal gruppo Campari, della storica cantina Enrico Serafino, fondata a Canale nel 1878 e guidata dal presidente Nico Conta, manager di lungo corso nel mondo del vino. Poi, nel 2016, giunge il raddoppio con l’acquisizione, a Castiglione
Falletto, di un altro illustre nome come Vietti, il cui ruolo di amministratore delegato viene affidato a Luca Currado Vietti. E non finisce qui, perché nel 2017 un’altra tessera rende ancora più completo il mosaico di Krause tra le terre di Langhe e Roero: l’investimento riguarda un resort 5 stelle circondato dalle colline vitate a Cerretto Langhe che, dopo tre anni di lavori, è pronto ad aprire le porte. Lo farà a giugno. Si chiamerà “Casa di Langa” e sarà un hotel di lusso interamente sostenibile con 39 tra camere e suite, un centro benessere e una scuola di cucina, ristorante e cocktail bar, piscina a sfioro riscaldata, perfino una galleria artistica che include una selezione di opere posizionate sia all’interno della proprietà che nei terre-
Langhe, Davide Sobrero. A “Casa di Langa” un occhio di riguardo, e non potrebbe essere altrimenti, sarà dato alla ristorazione: Fàula Ristorante avrà un menù che seguirà la stagionalità e la tipicità delle materie prime, con le basi della cucina tradizionale e su creazioni innovative, ideato dallo chef Manuel Bouchard, nato e cresciuto a Pinerolo. Al Sorì Cocktail Bar gli ospiti potranno degustare vini provenienti da tutto il mondo, ma anche dai territori vicini, comprese alcune rare bottiglie
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Bello e Ben Fatto lunghi periodi tra le colline di Langhe e Roero. E non era difficile incrociarlo in qualche caffè o ristorante della zona. A fine 2020, dopo aver affidato maggiori responsabilità al figlio Tanner, tra cui le redini della gestione di Kum&Go nel Midwest, la scelta di buttarsi in una nuova impresa italiana realizzando un altro sogno: l’acquisto del Parma Calcio 1913, a cui Kyle Krause, già Il bouquet hotel di Cerretto è affacciato su colline ricche di boschi, un’ampia distesa di noccioleti e oltre 12 ettari di vigneti di Pinot nero e di Chardonnay per la produzione dello spumante Alta Langa Docg
proprietario in Usa del club Des Moines Menace, squadra di League Two, sta dedicando da mesi tempo ed energie full
«Sono felice di avviare il progetto coinvolgendo la comunità locale. Per me è un sogno che si avvera»
Cinque figli, nonno di una nipotina che si chia-
time a un progetto di lungo
ma Simone Alba, Kyle Krause ha inaugurato tre
periodo incentrato su giovani
anni fa, a Des Moines, in Iowa, il modernissimo
di talento da far crescere e
centro direzionale del gruppo progettato da
lanciare nel campionato ita-
Renzo Piano. Ed è all’architetto genovese che è
liano di serie A, per riportare
stata affidata anche la realizzazione della resi-
la squadra emiliana ai fasti di
denza privata di famiglia a Roddino.
un passato ancora recente.
Definito da tutti «imprenditore moderno e illuminato», Kyle Krause si è inserito nel conte-
delle cantine Enrico Serafino e Vietti. Infine, accanto all’hotel, una villa indipendente sarà interamente dedicata agli eventi privati. Inserito da Forbes al 177° posto tra le più grandi aziende private negli Usa, con varie attività diversificate oltre alla Kum&Go, come la società di proprietà immobiliari Solar Transport e una fattoria certificata biologica che si dedica all’allevamento degli agnelli e in cui è particolarmente impegnata la moglie di Kyle, Sharon, il gruppo Krause è soprattutto una grande famiglia.
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sto locale affidandosi a persone di fiducia del territorio e seguendo una filosofia di continuità e logiche di lungo periodo. «La sua intelligenza nel mondo del lavoro si riflette nella capacità di adattarsi con sensibilità e lungimiranza al contesto nel rispetto dell’anima e dell’autenticità», dice Nico Conta dalle storiche cantine della Enrico Serafino di Canale, dove le bottiglie di Alta Langa Docg riposano per l’affinamento fino a 140 mesi. «Oggi la sua spinta è sempre più verso la transizione ecologica su parametri internazionali, con certificazioni che coinvolgono sia la cantina che il vigneto. Da sempre il Gruppo presenta a livello americano un bilancio di sostenibilità, e quest’anno, per la prima volta, faremo lo stesso per la Enrico Serafino». Prima della pandemia, Kyle Krause trascorreva
Nico Conta, manager di lungo corso nel mondo del vino, presidente della Enrico Serafino
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Gabriele Destefanis
«S
e sono contento di quello che ho fatto in questi 25 anni? Non cambierei neanche una virgola della mia vita, errori inclusi. Rifarei tutto. Il mio è il lavoro più bello del mondo». Quando abbassi la cornetta dopo una telefonata con Livio Cismondi, ti senti come travolto dall’entusiasmo che trasmette. Peraria, azienda di Villafalletto che ha fondato 25 anni fa e di cui è amministratore, è la sua vita. Lo senti da come parla che è follemente innamorato del suo lavoro e di tutti i dipendenti, che lui chiama “colleghi”, anche se è il capo. Contagioso, ma nel senso buono del termine, e non come il virus che ci ha sconvolto la vita e che lui ha deciso di combattere trovando una nuova strada. La sua azienda, specializzata nella produzione di strutture gonfiabili pubblicitarie e nella gestione di eventi, tour itineranti, mostre e fiere, in questo anno di pandemia è stata capace di reinventarsi. Prima la produzione di mascherine, poi la struttura che ha consentito agli ospiti delle case di riposo di tornare ad abbracciarsi in sicurezza, infine il Pharma Safe Space, il box da sistemare fuori da farmacie e studi medici per tamponi e vaccini. E non finisce qui. Signor Cismondi, riavvolgiamo il nastro fino a oltre un anno fa. Come avete reagito all’arri-
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Sopra: la struttura che ha consentito agli ospiti delle case di riposo di tornare ad abbracciarsi in sicurezza. Sotto: il Pharma Safe Space, il box da sistemare fuori da farmacie e studi medici per tamponi e vaccini
Le nuove strade di Peraria vo della pandemia in Italia? «Guardi, io credo di avere dei santi protettori che mi hanno sempre aiutato (ride, ndr). Otto giorni prima della chiusura generale, quando ancora la situazione non era grave, ho deciso di chiudere. Non so dirle come, ma ho avuto un presentimento: qualcosa non mi tornava. Ci siamo fermati per il 95% della produzione, ma dopo qualche giorno ho cominciato a fare rientrare a turno un po’ di persone a lavorare. Non potevo abbandonare i miei collaboratori tra casse integrazioni e lungaggini burocratiche, così abbiamo provato a iniziare un nuovo
L’azienda di Villafalletto fondata 25 anni fa da Livio Cismondi ha reagito al Covid-19 reinventandosi con progetti che hanno consentito di aprire promettenti linee di sviluppo
Sliding Doors percorso. Anche se le confesso che non immaginavo che il cambiamento sarebbe stato così grande». Il primo passo è stata l’idea di produrre mascherine, che nella prima fase della pandemia erano molto difficili da reperire. Come avete deciso di prendere questa strada? «Me lo ricordo come se fosse ieri. Era il 19 marzo: stavo passeggiando di sera intorno a casa, quando mi chiama un amico: “Livio, facciamo le mascherine?”. Ci ho pensato un attimo e gli ho risposto: “Se credi che sia una cosa fattibile, facciamole”. Dal mattino dopo abbiamo iniziato a lavorarci su. Abbiamo fatto due giorni di prove, ci siamo guardati intorno cercando i materiali e poi abbiamo scoperto di avere in casa un tessuto idrorepellente che non veniva usato da un anno e mezzo, ideale per fare le mascherine. Il 21 marzo c’è stata la prima consegna di tremila pezzi». E i riscontri sono stati subito entusiastici. Se lo aspettava? «Sinceramente no, non mi aspettavo una simile reazione. Appena la cosa si è saputa, ho ricevuto un’infinità di chiamate. Le racconto questo: di recente ho cambiato telefono e, quando ho consegnato quello vecchio al tecnico, mi ha detto che ci doveva essere un errore perché avevo qualcosa come 5.200 contatti. In quei giorni il cellulare squillava in continuazione, la gente era interessata e voleva le mascherine. Abbiamo iniziato
a lavorare senza sosta: cominciavamo alle 8 del mattino e andavamo avanti fino alle 10 di sera, arrivando a produrre centomila mascherine a settimana. In pochi giorni siamo stati capaci di trasformarci completamente e le assicuro che è stato un grande orgoglio vedere il personale adattarsi così in fretta al cambiamento. Tante mascherine le abbiamo anche regalate, mi sembrava doveroso in un periodo come quello che stavamo vivendo. Anche umanamente abbiamo ricevuto davvero tanto: non ha idea di quante persone, anche sconosciute, mi hanno chiamato per ringraziarmi. E queste sono le cose che fanno più piacere». Poi è arrivata “La forma degli abbracci”, la struttura che consente agli ospiti delle case di riposo di abbracciarsi in sicurezza: come è nato il progetto?
«In quel periodo abbiamo iniziato a lavorare con le case di riposo: c’era bisogno di dividere determinate aree e i pannelli che utilizziamo per le fiere erano ideali. Abbiamo quindi cominciato a entrare nelle strutture, percependo la tristezza di queste persone, costrette a restare lontane dai propri cari per i rischi del contagio. Così è nata l’idea di una struttura meccanica, trasparente e facile da usare, che permettesse alla gente di tornare ad abbracciarsi, un gesto tanto semplice, ma ormai diventato proibito. Il progetto è subito piaciuto molto: l’abbiamo voluto proporre a basso costo, per venire incontro alle esigenze di tutti in un momento così difficile, e abbiamo avuto numerosissime richieste, che continuano ad arrivare. Poter restituire un po’ di felicità alle persone, vedere le emozioni di gente che non si incontrava da tempo e che ha potuto riabbracciarsi, è stato qualcosa di impagabile». Il passo successivo è stato il “Pharma Safe Space”, iniziativa partita con l’inizio del 2021. «Abbiamo pensato che per le esigenze del momento potesse essere utile avere uno spazio chiuso da collocare all’esterno delle farmacie o degli studi medici per effettuare le operazioni di prevenzione per il Covid. Con “Pharma Safe Space” riusciamo a rispondere a diverse
Padel, la grande opportunità del futuro Per Livio Cismondi (foto) il futuro è una grande opportunità. Non stupisce, quindi, che Peraria sia pronta a una nuova e intrigante avventura: i campi da padel, lo sport “cugino” del tennis che impazza in tutta Italia. «A settembre ero a Rimini per lavoro e sono rimasto impressionato dal lungomare, trasformato in un’enorme palestra a cielo aperto: ovunque c’erano macchinari per fare esercizi, personal trainer e gente che si allenava. Ma anche campi da padel. Ho fatto una chiacchierata con il Sindaco, che conosco bene. Poi sono andato a Riccione e ho trovato la stessa situazione: in un attimo ho avuto un’illuminazione, ho capito che quella era una strada da perseguire. Mi sono subito attivato, ho preso il telefono e ho cominciato a chiamare clienti e amici. E siamo partiti». Campi da padel e coperture: la novità è recentissima per Peraria, che ha venduto le prime strutture poco più di un mese fa, comprendendo le potenzialità di questa nuova strada. Forse in Granda non ha ancora preso tanto piede, ma in altre parti d’Italia la “padel mania” è davvero esplosa. «Per noi è un altro spiraglio che si apre e sono convinto che ci potrà dare grandi soddisfazioni. E presto sveleremo altre interessantissime novità».
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Sliding Doors
Un paio di esempi di allestimenti realizzati da Peraria prima dell’emergenza sanitaria. Secondo Livio Cismondi, specie nel settore delle fiere molto cambierà una volta terminata la crisi epidemiologica
necessità: è un’area facilmente sanificabile, in linea con tutti i parametri definiti dalla normativa per gli ambienti di lavoro, e inoltre è un box facilissimo da montare. In pochi giorni siamo stati sommersi dalle richieste. Siamo contenti, anche perché possiamo mettere la nostra esperienza al servizio della comunità in un periodo difficile per tutti. Ogni lavoro ti lascia tanto, e ti insegna. E noi in questo ultimo anno abbiamo imparato moltissimo». Cosa ha imparato di questo periodo storico e, in generale, del futuro? «Ho capito che per la prima volta dal dopoguerra anche il lavoratore dipendente si trova senza stipendio certo. Questo vuol dire che la gente, per un po’, non tornerà a spendere come prima. Ci vorranno anni. Per quanto riguarda il nostro settore, credo che il mercato non abbia ancora compreso che nel futuro ci saranno sem-
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pre meno fiere. Le grandi aziende non vogliono più farle: hanno capito che spendono cifre folli per eventi in cui c’è moltissima concorrenza. Non è meglio invitare i possibili compratori a casa propria? Il futuro è questo, il “porte aperte”. Si assisterà a un drastico cambiamento,
ed eventi, che manterremo, percorsi paralleli per riempire i tempi morti della produzione e dare maggiore respiro e serenità a tutti». Avete festeggiato i 25 anni di Peraria: è l’occasione giusta per tracciare un bilancio. Se guarda indietro, cosa vede? «Vedo cinque lustri straordinari, bellissimi. Il lavoro di fare allestimenti è il più bello del mondo. Ti fa incontrare trasversalmente tante realtà e professioni diverse: passi dal produttore di vini alle macchine agricole, dalle auto alle farmacie. Quando fai l’allestimento per un evento, è come se prendessi un po’ possesso della piazza, è una sensazione bellissima, che ci manca tanto. Io prima ero un costruttore di macchine agricole speciali, questa azienda è nata quasi per gioco ed è diventata una grande famiglia in cui si è creato un rapporto speciale, anche con i nostri clienti. Non mi pento di nulla di quello che ho fatto nella mia vita. Rifarei tutto, anche gli errori. Si vive una volta sola e bisogna farlo con fiducia e ottimismo».
sarà necessario evolversi. Ma le dico anche che l’uomo ha bisogno della socialità, grazie alla quale siamo arrivati fino a qui. Anche Peraria ha costruito la storia dell’azienda su questo. I 5.200 contatti di cui le parlavo prima sono persone che ho incontrato. Tanto cambierà, ma per fortuna si tornerà alla socialità e agli incontri. Non potrà che andare così». Peraria è pronta a questi cambiamenti? «Io credo di sì. Questo periodo ci ha fatto capire che siamo capaci di reinventarci e di adattarci alle nuove situazioni. L’intenzione è quella di affiancare, alla tradizionale attività di fiere
«Questo periodo ci ha fatto capire che siamo capaci di reinventarci e di adattarci alle nuove situazioni: affronteremo percorsi paralleli alla nostra attività tradizionale»
ER-0802/2003
ACCREDITAMENTO REGIONE PIEMONTE FORMAZIONE n°1391/001 - n°007/001 Sedi di Alba Sede di Canelli n°007/004 ORIENTAMENTO Sedi di Alba n°1392/001 - n°332/001 Sede di Canelli n°332/004 SERVIZI AL LAVORO Sedi di Alba e Canelli n°0024/F2
Le ridotte dimensioni giocano a favore dell’azienda, consentendole una flessibilità e compliance con le specifiche richieste dei clienti
Dal 1972 ha sede a Vezza d’Alba, in regione Mombello
Ca.S.T.Im 2000
leader mondiale
Quella vezzese è una piccola realtà, cresciuta nel 2002 con l’acquisizione di un ramo d’azienda dalla Flexider spa di Torino, che ha fatto la scelta di puntare sulla massima qualità in tutti i settori operativi
O
Beppe Malò
gni giorno compiamo gesti che diamo per scontati: aprire un rubinetto, vestirci,
e, da questi, al distributore sotto casa. Eppure basta
installati, faranno parte delle
provare a seguire a ritroso il percorso dell’acqua
infrastrutture di collegamento tra
calda che scende dalla doccia per scoprire che saremo
le fonti energetiche e gli utilizza-
in crisi già dopo pochi metri.
tori finali. L’azienda in oggetto è
Alle spalle della caldaia sul balcone corrono tubazio-
la Ca.S.T.Im 2000 srl e ha sede in
ni, si trovano attrezzature e infrastrutture tecniche e
regione Mombello a Vezza d’Alba.
rifornire l’auto, scaldare o rinfre-
tecnologiche di incredibile complessità.
Acronimo di “Carpenteria, Scam-
scare le nostre abitazioni, impo-
In modo analogo, a monte del distributore vicino
biatori Termotecnici e Impianti”,
stare il termostato della tempe-
casa c’è una complessità di percorsi e di soluzioni
la Ca.S.T.Im è stata fondata nel
ratura di casa. Altre volte siamo
altamente tecnologiche che, per ciascuno di noi, si
1972 per dare corso alla costru-
affascinati dalle immagini che
riassume tutta nella “pistola erogatrice che ci consen-
zione di scambiatori di calore,
raccontano come nascono e come
tirà di fare il pieno”.
serbatoi a pressione, componenti
funzionano gli impianti industria-
Pensiamo, quindi, possa essere interessante per i
per impianti frigoriferi e car-
li che, in tutto il mondo, consento-
lettori di “Made In Cuneo” scoprire un’azienda che
penteria metallica per i settori
no di gestire le risorse idriche, di
rappresenta una realtà leader a livello mondiale
chimico, petrolchimico, alimentare
produrre energia, di trasportare
nella realizzazione di componenti per il settore ener-
ed energia.
le fonti energetiche dai giacimenti
getico e petrolchimico. Ovvero una delle aziende che
Al cambio di millennio, nel 2000,
agli impianti di trasformazione
consentono di produrre componenti che, una volta
una ristrutturazione dell’assetto
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Cultura d’Impresa L’azienda sorge su una sede di 15.000 metri quadrati, di cui 5.000 destinati alla produzione. I dipendenti sono cinquanta, di cui venti tecnico/amministrativi e trenta addetti alla manifattura, tutti formati per lavorare ad alti livelli di qualità su prodotti che richiedono elevatissimi standard di affidabilità e sicurezza. L’azienda è specializzata nella produzione di serbatoi a pressione, impianti su Skid per centrali termiche e raffinerie, scambiatori di calore a fascio tubiero, supporti per tubazioni, carpenteria pesante Nella foto, da sinistra: il ragionier Alessandro Vico, il perito industriale Giuseppe Trosso e l’ingegner Dario Vico
e sottocentrali di scambio per il teleriscaldamento. «La nostra società», sottolinea l’ingegner Dario Vico, «è inoltre in grado di realizzare la progettazione, la
societario ha consentito la nascita
controllo qualità.
della Ca.S.T.Im. 2000 srl, ereditando il know-how e la tecnologia dall’azienda esistente. Nel 2002 la Ca.S.T.Im. 2000 srl ha acquistato da Flexider spa di Torino il ramo d’azienda, la tecnologia e il know-how per la linea di produzione dei supporti elastici a molla, ampliando così la gamma produttiva e i settori di propria competenza. «In questo modo», spiega l’ingegner Dario Vico, export manager dell’azienda di cui è contitolare con il fratello Alessandro, «con questa acquisizione siamo progressivamente diventati una delle realtà leader a livello mondiale nella realizzazione di componenti per il “piping” (tubi/condotte per il trasporto di vapore, liquidi in generale, petrolio e derivati), con supporti costanti e variabili, puntoni, ammortizzatori, piastre di scorrimento e supporti criogenici». Una realtà confermata da clienti quali Ansaldo, Edison, Enel, Eni, Ferrero, Gea, General Electric, Iren, Saipem, Tecnimont, Technip Qapco e Knpc e dalle più importanti società di certificazione e di
«La nostra», riprende Dario Vico, «è una piccola realtà che ha fatto la scelta di puntare sulla massima qualità in tutti i settori operativi. Sia per quanto riguarda la divisione che si occupa della produzione storica di Ca.S.T.Im. 2000, ovvero gli scambiatori e gli impianti, che per quanto attiene alla produzione destinata al “piping”, noi operiamo con l’obiettivo di progettare e di realizzare il migliore prodotto possibile da consegnare al cliente. In questo senso la dimensione dell’azienda gioca a nostro favore, consentendoci una consistente flessibilità e compliance con le specifiche richieste del cliente».
costruzione, l’installazione, l’avviamento e la manutenzione di parti di impianti e di componenti quali: impianti iniezione additivi chimici, impianti per il trattamento e la potabilizzazione dell’acqua, supporti elastici a molla costanti e variabili per tubazioni, tubazioni prefabbricate e lavorazioni meccaniche di particolari o complessi su disegno del cliente». L’Italia è il mercato commerciale di riferimento per quanto riguarda il nucleo storico della società, quello degli scambiatori di calore, mentre Ca.S.T.Im. 2000 è presente in Europa, Russia, nord Africa e Medio Oriente per i prodotti della linea “piping”. Non può mancare una battuta sull’impatto della pandemia sull’andamento aziendale. «La crisi si fa sentire, perché l’emergenza sanitaria coinvolge tutto il mondo e non risparmia alcun settore imprenditoriale», spiega Dario Vico. «Va però detto che, almeno per ora, riusciamo a fronteggiare abbastanza bene la contingenza attuale con alcune importanti commesse acquisite nel 2020».
L’azienda sorge su una sede di circa 15.000 metri quadrati, di cui 5.000 destinati alla produzione. I dipendenti sono cinquanta, dei quali venti tecnico/amministrativi e trenta addetti alla manifattura, tutti formati per lavorare ad alti livelli di qualità
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La qualità resta fondamentale, ma abbinata alla sostenibilità
Obiettivo: mobili 100% green Uno dei primi progetti seguiti da Giuseppe Gruppo è stato quello di una panetteria a Washington. Nel 2019 e nel 2020 ha lavorato per la realizzazione di diversi stabilimenti balneari sulla Croisette di Cannes
L’azienda di famiglia, con sede e Sommariva del Bosco, da 75 anni è leader nella realizzazione di arredamenti su misura
Giuseppe
Groppo Q
Paolo Ragazzo
uando è venuto al mondo, il nostro Paese fremeva per i mondiali di calcio che si sarebbero disputati di lì a poche settimane proprio in Italia. Ma per la Fratelli Groppo di Sommariva del Bosco il 29 maggio del 1990 è soprattutto la data di nascita di Giuseppe, figlio di Livio, a oggi primo e unico rappresentante della terza generazione che ha deciso di fermarsi in azienda per proseguire l’attività di famiglia, leader da 75 anni nella realizzazione di arredamenti su misura.
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Giuseppe Groppo, com’è maturata questa scelta di vita? «Respiro l’aria di questa impresa fin da quando ero bambino e già da “giovanotto” svolgevo i primi lavoretti in produzione. Dopo il diploma al Liceo scientifico, appena conseguita la laurea magistrale in “Architettura-Costruzione città” a Torino, nel 2014 è stato per me naturale iniziare il percorso professionale qui. Una scelta convinta, mossa tuttavia anche da una necessità pratica perché mio zio Claudio, allora prossimo alla pensione, aveva bisogno di un supporto nel reparto tecnico. All’inizio mi sono dedicato all’approfondimento della progettazione, dello sviluppo e della gestione del cantiere nel settore dei locali pubblici (ristoranti, bar, hotel, negozi food e no, musei...), ora, dopo sette anni in cui ho messo a bagaglio molte esperienze, ho allargato
il mio raggio d’azione e mi occupo anche di attività diverse: dal marketing, alla ricerca e sviluppo, passando per funzioni più amministrative e di gestione del personale».
Cosa l’appassiona di più di ciò che fa? «L’àmbito dell’arredamento, in generale, mi ha sempre interessato. È settore in cui ogni giorno ti trovi ad affrontare clienti, storie e quindi sfide sempre diverse; così, progetto dopo progetto, si cerca di trovare il giusto mix tra materiali, ultime tendenze e richieste della committenza. Ogni volta è un ripartire da zero, ingegnarsi per usare al meglio un determinato materiale o elemento. I problemi e le necessità variano da
Emergenti progetto a progetto e si affrontano sfide quotidiane diverse. È un lavoro molto stimolante, perché le scoperte sono all’ordine del giorno». C’è qualche progetto che le è particolarmente piaciuto realizzare? «Quasi da subito ho seguito una panetteria a Washington ed è stata una bella sfida perché ero in azienda da poco e mi sono interfacciato con un mondo, gli Stati Uniti, fortemente diverso da noi. Poi, nel 2019 e nel 2020, abbiamo realizzato diversi stabilimenti balneari sulla Croisette di Cannes, a partire dalle sottostrutture in ferro e cemento precompresso fino ad arrivare ai serramenti, alle finiture e alle terrazze in legno. È stata una bella “palestra” perché per quattro mesi, ogni mercoledì, ho fatto la spola tra Sommariva del Bosco e Cannes, dove avevo la prima riunione alle 8 di mattina e l’ultima alle 18. E, ancora, mi sono divertito a lavorare a un progetto per Mauro Colagreco, lo chef di Mentone 3 stelle Michelin: abbiamo realizzato alcuni
interventi del suo ristorante Mirazur, con i tavoli in legno massello di ulivo di 5 centimetri. Adesso, invece, mi sto appassionando alla realizzazione di un bar totalmente in acciaio lucido super mirror all’interno della Luma Tour, la torre progettata dall’archistar Frank Gehry ad Arles, sempre in Francia». Quale futuro immagina per l’azienda? «Anzitutto di continuare a mantenere quella gestione familiare che ci ha portato a raggiungere importanti traguardi in questi 75 anni di storia, senza mai trascurare il rapporto diretto e personale con i nostri
dipendenti e collaboratori. Poi, da ormai più di un anno, sto cercando di portare avanti uno sviluppo sempre più sostenibile delle lavorazioni sotto più fronti: l’efficientamento energetico del ciclo produttivo, la riduzione degli scarti, l’uso di materiali più facilmente riciclabili, l’abbandono di vernici sintetiche. L’obiettivo è arrivare a costruire un mobile interamente
Sopra: l’allestimento “made in Fratelli Groppo” del ristorante Mirazur di Mentone dello chef tristellato Mauro Colagreco. A fianco: uno scorcio del Miramar Plage di Cannes per il quale ha lavorato l’azienda sommarivese
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Emergenti green, con materiali certificati e a impatto prossimo allo zero. La qualità è sempre una condizione necessaria e fondamentale, ma non basta più. Occorre una produzione sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Non tutta la nostra clientela è già pronta per questa rivoluzione, ma la strada è ormai tracciata e noi ci stiamo attrezzando per percorrerla con successo». Il 2014 ha segnato per lei non solo l’ingresso ufficiale in azienda, ma anche l’incontro con un’altra “famiglia” speciale. «Proprio in quell’anno sono entrato a far parte anche del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Cuneo. Ricordo ancora la telefonata di Matteo Sebaste con cui mi invitava a inserirmi nella squadra: ero in Università, stavo stampando una parte della mia tesi magistrale, ma non ho potuto dire di no. Mi ha convinto con il suo entusiasmo. Così ho aderito e ne sono soddisfatto; nel gruppo si respira un clima positivo e di fiducia, con tanta voglia di fare. È un ambiente in cui è bello stare, perché ci si può confrontare liberamente e questo è da stimolo a fare sempre meglio, ciascuno nella propria impresa. Al momento del mio ingresso, il presidente del Ggi era Enrico Galleano che da subito mi ha accolto come un amico prima, ancora che come collega». Quali iniziative del Ggi a cui ha preso parte ricorda con maggiore piacere? «Senza dubbio i progetti di orientamento scolastico per gli studenti. Il tema mi sta a cuore. In azienda il know-
Giuseppe Groppo in posa in azienda al fianco di un collaboratore esterno dietro a un tavolo con lastra di vetro su struttura in fibra di carbonio
Sopra: lo stabilimento di Sommariva nel 1960. Sotto: Giuseppe Groppo con gli zii Elio e Claudio e parte dello staff aziendale alla fiera Sirha Lyon 2019
how acquisito in anni di lavorazione è fondamentale: saper lavorare il legno come facevano i falegnami 60 anni fa è importantissimo. Eppure riscontriamo non poche difficoltà a trovare giovani disponibili ad acquisire questo sapere e a imparare un mestiere tanto affascinante. Con iniziative come “Fai la scuola giusta” e “Wooooow! Io e il mio futuro”, dunque, il Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Cuneo ha voluto e vuole avvicinarsi alle nuove leve scendendo in campo, per far capire che imparare un mestiere e una professione tecnica, ad esempio, non è meno gratificante di una formazione accademica». Lavoro in azienda e impegni connessi la occupano molto, ma nel tempo libero cosa ama fare? «Adoro la natura, in particolare la montagna, tanto che appena posso mi “rifugio” a Prazzo, in Valle Maira, per me un piccolo paradiso, dove la mia famiglia ha un appartamento. Mi piace andarci sia in estate che in inverno, perché mi aiuta a staccare la spina. Non disdegno
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«È bello stare nel Gruppo Giovani Industriali, perché ci si confronta liberamente e ciò dà stimoli a fare sempre meglio»
neppure il mare, sia chiaro, ma soltanto in montagna riesco a stare lontano dal rumore e dal caos». Ossigeno puro per Giuseppe Groppo e condizione necessaria per sprigionare quella creatività che dal 1946 per la Groppo Fratelli è centrale nel suo sviluppo, segnato da una serie di brillanti intuizioni, e che anche in futuro sarà ingrediente prezioso per continuare a crescere nel settore degli arredamenti su misura, con affidabilità e stile.
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Conforto Enrico
Alfiere del lavoro, studi in Bocconi e il sogno della politica
È di Bra il portabandiera della generazione Z Cristina Borgogno
H
a 21 anni, è braidese e sembra nato per eccellere. Dai campi di basket ai certamina di latino fino agli studi alla Bocconi di Milano, Enrico Conforto è uno di quei giovani che non hanno paura di mettersi alla prova. E neppure di sgobbare. L’ultimo successo in ordine di tempo è la candidatura in Aurora Fellows (quando scriviamo Enrico ha già ottenuto il doppio endorsement ed è in attesa dell’esito finale), il progetto europeo nato dall’idea di Jacopo Mele che seleziona talenti per formare ragazzi tra i 18 e i 23 anni, affinché sviluppino qualità e mentalità da imprenditori del futuro. Ma dove è iniziata la carriera scolastica di Enrico? «Mi sono iscritto al liceo classico “Gandino” perché credevo di essere più portato per le materie scienti-
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fiche, ma volevo colmare il vuoto che pensavo di avere in campo umanistico. Ho amato molto gli studi classici, soprattutto il latino. Apprezzavo il pragmatismo degli autori. L’ultimo anno mi sono classificato terzo al Certamen Augusteum Taurinense (foto grande nella pagina a fianco, ndr). Durante il Liceo ho partecipato in squadra, come capitano, a competizioni culturali di matematica, fisica e italiano, salendo per due volte sul podio delle Olimpiadi della cultura e del talento, in cui sono rimasto nello staff: ora faccio parte del board della parte logistica». Dopo la maturità, però, è tornato ai numeri. «Sono al secondo anno della laurea triennale in economia e finanza alla Bocconi. Il livello qui è molto alto, non solo per il ranking, ma nella qualità dell’insegnamento e per gli sbocchi nel mondo del lavoro. La scorsa estate ho fatto il mio primo stage a Zurigo, per una società di consulenza. Adesso lavoro in una società di gestione del risparmio a Milano». Cosa vorrebbe fare una volta laureato? «Il mio futuro lo vedo declinato lungo due strade. Una è la finanza. Mi interessa il campo della private equity, che è anche quello in cui sono impegnato con il secondo stage universitario. Il sogno più grande e più a lungo termine è la politica. Sento molto il senso di responsabilità nei
«Una volta laureato, vorrei fare esperienza all’estero per avere una visione globale del mondo e delle sue dinamiche. Ma il mio obiettivo è tornare in Italia»
confronti della comunità. Penso di essere stato fortunato nella mia vita e vorrei impegnarmi per restituire qualcosa agli altri». Due anni fa il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’ha nominata Alfiere del lavoro. «Mi ero appena iscritto all’università (dopo il diploma con 100 e lode, ndr), quando mi è arrivata la telefonata dal Quirinale. La selezione avviene in base ai risultati scolastici. E io sono stato uno tra i 25 in Italia.
Emergenti È stato emozionante». Com’è una sua giornata tipo? «Mi alzo intorno alle 6,40 per dedicare una mezz’ora allo sport. Una giornata normale di università la divido tra lezioni in aula, oggi a distanza, lezioni extra del collegio di merito dove vivo a Milano e studio al pomeriggio. Sono impegnato anche in diverse associazioni studentesche. Con alcuni compagni, ho fondato Seds (Students for the exploration and development of the space), il primo chapter italiano di una rete internazionale collegata a università come Stanford e Harvard con l’obiettivo di diffondere tra i giovani l’interesse nei confronti della space economy. Insomma, un invito ad alzare il naso verso il cielo». A guardare in alto si impara anche nello sport. Gioca ancora a basket? «Ahimé, non più. Ho fatto tutta la trafila nelle giovanili dell’Abet Bra, di cui sono stato anche capitano. Sono arrivato a esordire in serie C Gold. È tra le cose di cui ho più nostalgia. La pallacanestro dava regolarità alle mie giornate, benessere fisico e socialità grazie allo spogliatoio». Nativi digitali, ambientalisti, di mentalità aperta. In questi anni vi hanno definiti in molti modi. Cosa pensa dei suoi coetanei, della generazione Z? «Più che un giudizio, mi auguro che continueremo a essere attivi e che un giorno arriveremo a prendere in mano le redini della società che ci appartiene. Vorrei che potessimo agire e non subire, in maniera educata, con opinioni approfondite. Non amo l’agitazione popolare e gli slogan, anzi sono gli aspetti della politica che meno sopporto. Preferisco le argomentazioni strutturate che partono
Nella pagina a fianco: Enrico Conforto nominato Alfiere del lavoro dal Capo dello Stato in seguito alla maturità conseguita con 100 e lode. Sopra: con i colleghi fondatori del primo chapter italiano della rete Seds e impegnato in un’azione con la maglia dell’Abet Bra
dalla testa e non quelle che si rivolgono alla pancia. Non basta un post su Instagram per essere un politico. Un obiettivo dovrebbero essere le pari opportunità, nel vero senso della parola: ossia mettere tutti nella possibilità di esprimere il proprio meglio. Credo nella meritocrazia». Ha parlato di Instagram. Lei è sui social? «Sì, ma li uso moderatamente. Frequento quasi esclusivamente Linkedin; non sono su Facebook, però ho un account Instagram. In generale dedico ai social una manciata di minuti al giorno». Parla inglese? «Nel mondo finanziario è un obbligo. Ho deciso di riprendere in mano anche il francese. Spero il prossimo anno di frequentare un semestre in America. E così anche il master: Stati Uniti, oppure Londra». Pensa che diventerà uno dei nostri troppi “cervelli in fuga”? «Non credo. Certo, vorrei fare esperienza all’estero per arricchirmi dal punto di vista personale e avere una visione globale del mondo e delle sue dinamiche. Ma il mio obiettivo è tornare. Mi sento molto legato alla mia città, al mio territorio, e trovo ingiusto che un intero ciclo di istruzione sia a spese dello Stato, se poi a quello Stato non arriva nulla. Questo è uno dei più grandi problemi del Paese: chi fa ricerca, sviluppo, ma anche chi lavora nella finanza, tende a spostarsi all’estero. Il Campus della Bocconi è ricco di studenti
in arrivo da diversi Paesi del mondo. Spesso lo sottovalutiamo, ma il sistema scolastico italiano è molto valido e all’avanguardia. Ecco perché poi abbiamo successo anche fuori dai nostri confini».
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Fili
È nella cinquina degli aspiranti migliori registi esordienti
Elena Bottini
«M
ia mamma racconta che la prima volta che ho fatto la regista è stata quando frequentavo le elementari. Avevamo preparato con i compagni di classe e la maestra una sorta di piccolo spettacolo di varietà, con barzellette, canzoni e scenette varie e io avevo preso in mano la situazione, organizzando il minishow che aveva come spettatori le nostre famiglie». Da allora sono passati più di trent’anni e oggi il nome di Alice Filippi è per la seconda volta nella cinquina dei finalisti dei premi “David di Donatello”. La prima occasione, un po’ a sorpresa, era arrivata due anni fa, con la candidatura a miglior documentario dell’opera prima “’78-Vai piano ma vinci”, docufilm presentato in anteprima assoluta alla trentacinquesima edizione del Torino Film Festival (Tff), nel 2018.
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ippi
Personaggi
Alice
Il caso ha voluto che fossi assegnata proprio al suo staff, così ebbi l’occasione di stabilire un primo contatto con lui. Finito il festival, tornata a casa, provai a scrivergli un’e-mail per chiedergli dei consigli e, incredibile a dirsi, mi rispose!» Iniziò così l’amicizia personale e professionale, che oggi continua, di Alice con l’attore, regista, sceneggiatore e comico italiano. Ciò la portò, nel 2005, a offrirsi come assistente volontaria alla regia sul set del film “Il mio miglior nemico”, per poi proseguire con “Grande, grosso e Verdone” (2007)
Guarda il trailer
Finalista al “David di Donatello” che sarà assegnato l’11 maggio
Quest’anno la regista monregalese è tornata in finale per la categoria miglior regista esordiente con il film prodotto dalla Eagle Pictures “Sul più bello”, presentato in anteprima nell’ultima edizione della Festa del cinema di Roma, nella sezione “Alice nella città”, e primo al botteghino nell’unico fine settimana di programmazione in sala prima della chiusura per Covid, nell’ottobre scorso. “Il destino cambia la destinazione”, canta il giovane cantautore genovese Alfa nel brano che fa da colonna sonora al film e ne porta lo stesso titolo (“Sul più bello”, appunto). Ma che uno creda o non creda al destino, l’episodio raccontato dalla mamma dice che comunque sia quel talento per la regia Alice l’aveva, senza saperlo, innato fin da bambina, anche se ci sono voluti tempo e fatica per metterlo a fuoco e farne il proprio lavoro. Per dirla con un’altra citazione di “baricchiana” memoria, a volte «accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde». «A dire il vero, quando ho cominciato a chiedermi cosa volessi fare da grande pensavo al teatro, volevo diventa-
re un’attrice. Avevo già frequentato alcuni corsi di recitazione a Mondovì, dove sono nata e cresciuta, per poi andare a Milano, alla Scuola d’arte drammatica “Paolo Grassi”. Il primo vero e proprio incontro con il mondo del cinema è arrivato, un po’ per caso, nel 2004, quando sono andata a fare un’esperienza da stagista come assistente agli artisti al Montecarlo Film Festival de la Comédie, di cui era presidente della giuria Carlo Verdone. Il punto di svolta della carriera di Alice Filippi è stato l’incontro casuale con Carlo Verdone al Montecarlo Film Festival de la Comédie, dal quale è nata una solidissima amicizia personale e professionale
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Personaggi
Alice Filippi e il cast di “Sul più bello” sul red carpet per presentazione del film nella sezione “Alice nella città” della Festa del cinema di Roma
Eagle Pictures ha proposto alla regista monregalese la realizzazione di un doppio sequel del suo ultimo film, ma Alice ha deciso di misurarsi con un altro progetto e “Io, loro e Lara” (2010). Nel 2011, sempre con il Verdone “nazionale”, Alice diventa secondo aiutoregista per “Posti in piedi in paradiso” e nel 2012 primo aiutoregista per “Cenerentola, una favola in diretta”. A seguire, tantissime esperienze da aiutoregista sul set di film molto noti diretti da registi ancora più famosi. Per citarne alcuni: “Spectre (007)” di Sam Mendes (2015), “Inferno” di Ron Howard (2015) e “The 15:17” di Clint Eastwood (2017). «Quello con Carlo è un rapporto unico. Lui è una persona che resta
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un riferimento anche ora che sto percorrendo la mia strada. La telefonata che mi ha fatto per complimentarsi poco dopo che è uscita la notizia che ero di nuovo in finale ai “David” non ha prezzo, è un cerchio che si chiude o, meglio ancora, una linea che continua. Dopo una serie di esperienze da assistente e aiutoregista, ho cominciato a chiedermi se mi bastasse questo o se volessi mettermi alla prova con qualcosa di più. Avrei potuto continuare a fare l’aiuto, oppure c’era chi mi suggeriva di diventare produttore, forse per la
mia attitudine a organizzare il lavoro. A quel punto che ho realizzato che ciò che volevo era fare la regista, così ho deciso di rimettermi in gioco un’altra volta». Alice fa le valigie per gli Usa, dove frequenta la New York Film Academy per studiare regia, mentre aveva già cominciato a mettersi alla prova. Nel 2013 dirige, scrive e produce “Fai come me!”, lo spot per la campagna sociale sulla sicurezza stradale patrocinata da “Pubblicità progresso”, realizzato in collaborazione con la Nazionale piloti, a cui presta il volto e la voce anche Michael Schumacher. Ma ha all’attivo pure lo short film emozionale per una stilista “Yoj for Vogue”, senza dimenticare collaborazioni significative come primo aiuto alla regia di alcuni film italiani, fino alla svolta del 2017 con il docufilm “’78-Vai piano ma vinci” prodotto da Mowe e andato in finale ai “David”. «L’idea iniziale era quella di scrivere un libro sulla storia del rapimento di mio papà, sequestrato e scappato dalla ’ndrangheta, ma, giacché scrivere non è il mio mestiere, avevo immaginato di farne un film. Siccome però l’ambientazione negli anni Settanta ci portava fuori budget, ne venne fuori un docufilm che alla fine forse si è rivelato il registro stilistico migliore per raccontare quella storia. Il fatto che sia andato in finale ai “David di Donatello” dopo essere stato presentato al Torino Film Festival mi ha cambiato la vita, in quanto l’attenzione sul mio lavoro e sul mio nome è cambiata di colpo, crescendo in maniera importante. Anche per questo, grazie a Roberta Trovato che ha suggerito il mio nome, ho potuto partecipare al casting della Eagle Pictures per “Sul più bello”, un’esperienza bellissima che non è ancora finita». Per la cronaca, in attesa dell’11 maggio, quando verranno resi noti i vincitori dei “David di Donatello”, la Eagle Pictures ha già ufficializzato un doppio sequel del teen-drama campione d’incassi al box office. Ma non sarà Alice a firmarne la regia... «Mi ha fatto davvero molto piacere che la Eagle Pictures me l’abbia proposto, però ho pensato che voglio provare a misurarmi con un altro progetto di cui però al momento non posso ancora parlare. Secondo me, specie all’inizio di una carriera, è importante mettersi in gioco in progetti diversi fra loro, uscendo dalla comfort zone. Comunque state tranquilli, ci vediamo presto sul grande schermo!».
Burgo Luigi
La “carta elettrica” Fabrizio Gardinali
P
ezzettini di carta luccicanti formano una nuvola fra giochi di bimbi di carnevali oggi solo ricordati. Carte multicolori ad avvolgere doni, a formare sacchetti e contenitori. Carta su cui scrivere parole che forse qualcuno leggerà. Carte antiche e moderne, contenute in scaffali dentro austere stanze di vecchi palazzi o costruzioni “anni ’70” pseudomoderne e razionali, dalle ampie vetrate ingrommate da decenni di polvere e fuliggine. Un mare di carta che ci circonda e fa parte della nostra vita, del nostro presente e, forse, ancor di più del nostro passato, della nostra storia senza che, il più delle volte, neppure ci facciamo caso. Però, almeno nella zona di Saluzzo, se si nomina Burgo si abbina automaticamente il nome alla carta e a quella di giornale in particolare. È giusto, ma non del tutto esatto, perché Luigi Burgo, fondatore di uno dei maggiori “imperi di carta” italiani, iniziò la carriera di imprenditore in ben altro settore: quello della produzione di energia idroelet-
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Personaggi
La foto di Luigi Burgo è tratta dal sito della Società per gli studi storici, archeologici e artistici per la provincia di Cuneo (http://www.studistoricicuneo.it)
trica, campo che non abbandonò mai. Ligure di Levante, nato a San Saturnino di Moneglia il 31 marzo 1876, figlio di Andrea e Teresa Giustina Felici, dopo i primi studi all’Istituto tecnico della vicina Chiavari, dal 1893 frequenta vari corsi in Svizzera, a Ginevra e Zurigo, per poi laurearsi in ingegneria elettrotecnica all’Institute of Electrical Engineers di Londra. Nel frattempo inizia a collaborare con la “Compagnie générale de l’industrie Sistème Thory” di Ginevra e questo, a detta dello stesso Burgo nei suoi “Ricordi”, avvia le sue fortune imprenditoriali. «Fu a Genova che nella scuola-officina Thory casualmente conobbi Tommaso Toesca. Anch’egli entusiasmato dalle crescenti pratiche applicazioni della nuova luce elettrica, mi domandò se non avessi potuto far sorgere un impianto della luce a Verzuolo, suo paese d’origine, allora illuminato da diciannove fanali a petrolio». Burgo, ottenuta dal gruppo elvetico la rappresentanza per Liguria, Piemonte ed Emilia e avendo con lungimiranza costituito, nel 1898, con Giuseppe Alimonda la “Società per imprese elettriche Alimonda-Burgo & C”, intravede un’interessante prospettiva e si reca con il suo occasionale compagno nel Saluzzese, a Verzuolo appunto. Vi trova una situazione interessante: una terra abbondante di acque, con vicino montagne dai folti boschi, una tradizione artigianale consolidata accanto alla dominante piccola proprietà agricola, unita all’innata laboriosità e mitezza della popolazione, lontana dalle tensioni sociali
che attraversano in quel tempo specie le città industriali e la Pianura padana. È l’anno delle occupazioni delle terre dei latifondi e, da non dimenticare, quello in cui, a maggio, il generale Fiorenzo Bava Beccaris (guarda caso, cuneese di Fossano) fa sparare con le artiglierie sulla folla che manifesta pacificamente contro l’aumento del prezzo del pane, causando numerose vittime. A Verzuolo ci sono una fabbrica di falci, tre filande di seta, il mulino a cilindri Fissore e Sandri e un secondo mulino, vicino alla chiesa di Santa Maria della Scala, più piccolo e di proprietà di un parente di Tommaso Toesca, bobinatore all’officina Thury di Genova. Burgo si rende conto delle potenzialità economiche della zona e del circondario per la generazione e la distribuzione dell’energia elettrica e acquista, pagandolo molto, il mulino e avviandone i lavori di trasformazione in una prima centrale idroelettrica dotata di macchinari Thury e turbina Calzoni. Terminata nel 1902, fornisce elettricità per l’illuminazione pubblica di Verzuolo e, a partire dal 1904, anche a Villanovetta, Falicetto e Manta. Però i 70 Hp generati dalla centrale di Verzuolo sono utilizzati solo di notte. Per sfruttare questa energia, che di giorno va dispersa, l’ingegnere ligure ha una geniale intuizione.
Ha saputo che una ditta svizzera, la “De Marsier”, costruisce macchine per la carta di paglia, destinata all’imballaggio, un genere non importato in Italia e, quindi, un mercato libero da concorrenza. Si reca pertanto a Warmbronn, in Germania, sede della società Fullner, per verificare se sia possibile avere i macchinari necessari. Ottenute le opportune autorizzazioni affida all’ingegner Cesare Augier, direttore della cartiera di Maslianico, la progettazione di una piccola cartiera da erigere accanto alla centrale e a una segheria già di proprietà. Nel 1905, il 21 giugno, viene costituita la “Cartiera di Verzuolo Ing. L. Burgo e C.” e a fine anno è già impiantata la prima “continua” di tela della capacità di 50-60 quintali di carta monolucida di cellulosa che inizia la produzione nella seconda metà di agosto del 1906. Occupa 76 operai su due turni di lavoro di 12 ore l’uno, garantendo il ciclo continuo. Il successo è immediato. Al primo si aggiungono altri impianti e la costruzione di centrali elettriche per garantire forniture adeguate di energia: nel 1908 quella di Venasca e nel 1913 quella di Calcinere tutta in galleria con condotte forzate, un capolavoro tecnico per quegli anni. Dopo la grande guerra, nel 1918 la Burgo è il maggiore produttore italiano. Detiene il quasi monopolio del
In alto: un reparto produttivo della cartiera Burgo di Verzuolo nel 1950. Sotto: la stabilimento nel 1967. La centrale elettrica da cui partì il successo imprenditoriale di Luigi Burgo fu attivata nel 1902
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Personaggi Sviluppo sostenibile ed economia circolare Burgo Group oggi è uno dei principali produttori europei di carte per la comunicazione, carte speciali e carta per cartone ondulato. Il Gruppo si configura come un vero e proprio “sistema”, sviluppato intorno al mondo della carta: produzione, distribuzione, riciclo della carta e lavorazione di prodotti forestali, ma anche factoring ed energia. Una gamma completa di prodotti di grande qualità, un’attitudine alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni innovative, un’elevata attenzione all’ambiente: così Burgo Group si propone come partner di riferimento nei settori della comunicazione, della stampa, dell’editoria, del converting e dell’industria dell’imballaggio, grazie a una visione di business inserito in un sistema più ampio. Burgo Group fa dello sviluppo sostenibile e dei princìpi dell’economia circolare un core aziendale presente in tutti i processi, dall’acquisto e dall’utilizzo delle risorse, alla restituzione delle acque reflue fino all’ottimizzazione e al riutilizzo degli scarti per la produzione di energia. Guidato dal presidente, Alberto Marchi, e dall’amministratore delegato, Ignazio Capuano, il Gruppo si avvale di 3.407 dipendenti e può contare su undici stabilimenti in Italia, uno in Belgio e 15 macchine continue.
mercato interno di carta di giornale. In seguito si integrano nel gruppo diverse altre imprese del settore o a esso collegate, anche estere, come nel 1921 quando Burgo acquista la Pölser Zellulose und Papierfabrik, in Stiria, dotata di una centrale elettrica e, soprattutto, mille ettari di abeti a Katzling, in grado di fornire ottima materia prima. Nel 1924 la produzione è di 400.000 quintali all’anno e si trasforma la società dall’originale accomandita semplice in Anonima Cartiere Burgo. Gli anni del fascismo, pur non avendo Luigi Burgo particolari posizioni politiche, sono tutt’altro che negativi per l’azienda. Anche le conseguenze della crisi del 1929 si risolvono nell’allargamento della sfera di produzione, così che nel 1936 le fabbriche sono otto, dispongono di 102.000 Hp di forza motrice autonoma e lo stabilimento austriaco di Pöls garantisce la fornitura di 50.000 tonnellate annue di cellulosa. In seguito alla guerra d’Etiopia,
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alle relative sanzioni internazionali e all’avvio dell’autarchia, nel 1938 la Burgo prende parte al programma nazionale per la produzione di cellulosa entrando, a fianco dell’Iri, nella costituzione della Cellulosa Italia-Celdit, con stabilimenti a Cuneo, Capua, Chieti e istituendo, nel 1937, l’Istituto di sperimentazione per la pioppicoltura di Casale Monferrato. Dal 1929 al 1935 fu il primo presidente della Società per gli studi atorici, archeologici e artistici per la provincia di Cuneo. Sul piano personale e “politico” gli anni del conflitto mondiale sono difficili per Luigi Burgo. In verità iniziano
bene, con la nomina a senatore del Regno il 9 agosto del 1939, in sostituzione di Tancredi Galimberti. I problemi insorgono attorno al luglio 1943, a causa i rapporti con il controverso generale Ugo Cavallero che, in un memoriale scritto durante la detenzione a Forte Boccea per i suoi ambigui rapporti con il Comando germanico all’epoca della destituzione di Mussolini, scrive: «Frattanto io stavo svolgendo una misurata propaganda nel senso anzidetto (l’allontanamento del Duce dal potere, ndr). Per limitare il numero di persone che cito, ricorderò il senatore Luigi Burgo, mio buon amico, che avevo occasione di vedere nelle mie frequenti gite in Piemonte. Il Burgo fu da me messo al corrente, per almeno tre mesi, dell’evoluzione del mio pensiero e in parte del lavoro che stavo svolgendo. Egli si entusiasmò del programma». Vero? Fatto sta che Burgo nel novembre 1943 è coinvolto nel processo di Verona, intentato dalla Repubblica Sociale Italiana contro i firmatari dell’ordine del giorno “Grandi” che di fatto aveva decretato la caduta di Mussolini il 25 luglio, concluso con la condanna a morte di personalità come Galeazzo Ciano ed Emilio De Bono. Burgo riesce a scagionarsi, viene assolto e torna a guidare l’azienda. Nei duri anni della guerra partigiana stringe un accordo con il Cnl di Torino, fornendo aiuti finanziari in particolare alle formazioni partigiane autonome del comandante Mauri, Enrico Martini. Però il Comitato clandestino di fabbrica di Verzuolo decreta nel gennaio ’45 la sua espulsione dalla direzione aziendale e il deferimento alla Commissione regionale per l’epurazione. Cosa convalidata dopo la liberazione, il 9 maggio 1945, con il deferimento all’Alta Corte di Giustizia per l’epurazione e la decadenza dal rango di senatore. Nel 1946 viene prosciolto dalle accuse, ma solo nel 1953 può tornare alla sua azienda, sia pure solo come presidente onorario, carica che mantenuta sino alla morte, avvenuta a Torino l’8 marzo 1964.
Questa splendida immagine mostra lo stabilimento Burgo di Verzuolo il cui fondatore lo ideò per sfruttare l’energia elettrica della centrale, costruita per l’illuminazione pubblica locale, durante tutta la giornata producendo la carta necessaria ai maggiori quotidiani
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La fondò Giovenale Rivoira con il fratello Piero
Mangimi 4 Torri: storia di eccellenza
60°
Giovenale Rivoira fu un vulcano di idee che, prima di avviare la Mangimi 4 Torri, era stato un autentico pioniere nell’alimentazione animale. La sua esistenza è stata condizionata dalla lunga prigionia in Germania
Fabio Rubero
S
celsero il particolare più evidente del maestoso edificio che sovrasta la loro città per dare il nome all’azienda che stavano creando. Così, ispirandosi al
figlia di Giovenale, oggi alla guida dell’azienda con i cugini Bartolomeo e Pier Biagio, «e ha dedicato l’esistenza a cercare di migliorare se stesso e,
A Fossano, dal 1961, opera un’azienda che prese l’avvio da una grande lungimiranza e presto divenne punto di riferimento per il settore zootecnico
di conseguenza, l’azienda. Un
castello degli Acaja, nel 1961 a Fossano, Giove-
vulcano di idee che, prima di
nale Rivoira e l’altro socio fondatore, il fratello
costituire la Mangimi 4 Torri,
Piero, diedero vita a una realtà che continua
è stato un autentico pioniere
a rappresentare un importantissimo punto di
nel campo dell’alimentazione
riferimento per il settore in tutta la Granda e
animale. La sua vita è stata
non solo: la Mangimi 4 Torri srl.
condizionata dalla prigionia
«Mio padre era un visionario», spiega Ornella,
in Germania, un’esperienza
nia, che di solito nutrivano e
di cui preferiva non parlare
nutrono coloro i quali hanno
per le brutture a cui era stato
vissuto così tragicamente
costretto ad assistere e in
quel terribile periodo. Riac-
merito alla quale si limitava
quistata l’agognata libertà,
a commentare: “Io che sono
si rimboccò le maniche e si
tornato, non devo fare altro
diede da fare: nel 1946 costi-
che ringraziare”. Quando ero
tuì la prima Alleanza agraria,
bambina, un’estate a Ospeda-
una cooperativa di agricoltori,
letti, fece amicizia con alcuni
e da lì proseguì l’attività».
tedeschi che avrebbero potuto
Riteneva che “Da soli non si
essere stati i suoi carcerieri.
può andare da nessuna parte”
Non serbava nemmeno quel
e fu sempre un europeista
rancore, classico e legittimo,
convinto, facendo inoltre
verso i tedeschi e la Germa-
dell’accoglienza verso l’al-
Giovenale Rivoira con i compagni di viaggio a Londra nel 1956, quando venne ricevuto dal Primo Ministro della Corona. In alto: la figlia Ornella
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Anniversari tro la sua bandiera. Sarebbe
sempre lavorato su ricetta
per fare un esempio, ma qualunque animale
difficile, e nemmeno corret-
veterinaria. Una scelta ben
che abbia una precisa problematica, necessita
to, raccontare la storia della
precisa che, da un lato, è stata
di un trattamento alimentare particolare. Mio
Mangimi 4 Torri, omettendo
la nostra fortuna, e, dall’altro,
padre non ha mai voluto, ci mancherebbe,
ciò che Giovenale Rivoira ha
la nostra condanna (sorride,
sostituirsi a una figura fondamentale come
fatto negli anni antecedenti la
ndr), perché il cliente, quando
quella del veterinario, ma la nostra azienda,
costituzione di questa azien-
ha la ricetta, ha molta fretta
in tutti questi anni, si è specializzata nell’in-
da, perché è proprio grazie
di avere il prodotto pronto.
dividuare e nel creare il giusto mix alimentare
all’esperienza maturata tra
Questo modo di operare ha
secondo le esigenze del momento dell’alle-
gli anni 40 e 50 che l’impresa
fatto sì che potessimo essere
vamento e del singolo animale», chiarisce la
nacque con le solide basi che
sempre all’avanguardia nel
dottoressa Rivoira. Era di casa in molte regioni
solo una lunga esperienza nel
nome del “curarsi a tavola”,
d’Italia, dal Campidano alla Murgia, alla ricer-
campo può garantire.
un concetto dal quale anche
ca di materie prime. Fu fondatore della Borsa
«Fu un precursore, ad esem-
l’alimentazione umana, e non
merci di Cuneo, a lungo membro della Depu-
pio, nell’introduzione degli
solo quella degli animali, non
tazione Borsa di Torino e frequentatore delle
oggi tanto demonizzati diser-
dovrebbe mai prescindere».
Borse di Genova e Milano. Erano tempi in cui
banti, ma allora erano tempi
Tale impostazione fece sì che
si stringevano contratti per migliaia di quintali
molto diversi dagli attuali, ed
Giovenale Rivoira, sempre
di merci, con la sola stretta di mano.
essi in quell’epoca rappresen-
in prima persona alla guida
La parola data era alla base di tutto.
tarono un’autentica svolta
dell’azienda, negli anni diven-
Negli anni 60 Giovenale girò l’Europa e il
per il lavoro in agricoltura»,
ne, per le aziende zootecniche
prosegue Ornella Rivoira.
con cui si interfacciava, più di
«Quell’impegno gli consentì
un semplice fornitore, bensì
di essere ricevuto nel 1956,
un vero e proprio consulente,
dal primo ministro del Regno Unito, lord Maurice Harold MacMillan. Mio padre fu pioniere anche nell’introduzione della farina di latte in polvere nell’allevamento zootecnico,
per la capacità di individuare la migliore soluzione alimentare che l’allevamento in quel preciso momento avrebbe dovuto adottare. «Un coniglio che perde il pelo,
mettendo in comune con altri le nuove esperienze. Raggiungeva i paesi dell’alta langa per insegnare ad allevare i
La sede storica della Mangimi 4 Torri srl e, sotto, come a breve apparirà, all’ormai prossima conclusione del progetto di restyling dell’impianto produttivo che da sessant’anni opera a Fossano, fondato dai fratelli Giovenale e Piero Rivoira
famosi “sanati”, vitelli dalla carne bianca assai pregiata». Quell’enorme bagaglio di esperienza confluì nella Mangimi 4 Torri, la cui identità si connotò, sin da subito, in maniera univoca e ben definita. «Per sopravvivere in mezzo agli autentici colossi che avevamo intorno», aggiunge Ornella, «abbiamo
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Anniversari arrangeremo” e questo chi
due, «però a patto che le uti-
ha lavorato e lavora qui l’ha
lizzino per se stesse, per sen-
sempre percepito. Chi non
tirsi bene, e non per andare
l’ha conosciuto di persona ha
al supermercato», aggiunge
imparato a farlo attraverso i
sorridendo. Per festeggiare i
racconti dei colleghi più “an-
60 anni dell’azienda Ornella
ziani”, oltre ai miei e a quelli
Rivoira ha tante idee in men-
dei miei due cugini oggi con
te, ma l’emergenza sanitaria
me in azienda». Il conferimento dei bachi da seta presso l’Alleanza agraria, cooperativa fondata al termine della seconda guerra mondiale da Giovenale Rivoira
Ornella Rivoira parla poco di sé, però, pur non riconoscendoselo e non rivendicandolo direttamente, è indubbio ab-
mondo, alla ricerca di soluzioni innovative, ma anche perché veniva chiamato a illustrare le soluzioni che individuava. Fece tappa anche in Belgio e poi in America, al fine illustrare i risultati dell’instancabile attività di ricerca, ad esempio, con l’introduzione dei mais ibridi. A una dozzina d’anni dalla sua morte (e non potrebbe essere altrimenti) la figura di Giovenale Rivoira è ben presente in azienda, anche perché quasi tutte le 25 persone (se contiamo solo i dipendenti, ma ne sono coinvolte più di 30) che vi lavorano l’hanno conosciuto. «E chi ha avuto la fortuna di avere a che fare con lui lo ricorda come un maestro severo, ma molto riconoscente», interviene ancora la figlia. «Quando si viveva un momento difficile, mi diceva sempre: “L’importante è che ce ne sia per i dipendenti, noi in qualche modo ci
bia rivestito un ruolo chiave nella crescita e nel consolidamento aziendale, in un àmbito tutt’altro che facile. Si definisce idealista, disposta anche a combattere contro i mulini a vento, se necessario: «Soltanto partecipando e dando qualcosa agli altri si ottiene qualcosa per se stessi,
fa a pugni con ognuna di esse: «Faremo qualcosa che possa rimanere nel tempo per ricordare questo importante traguardo e poi, appena sarà possibile, organizzeremo una grande festa invitando tutti i dipendenti, con mogli e mariti, ma anche i rappresentanti e i clienti, per celebrare una tappa così importante». Sarà anche un modo per onorare nel migliore dei modi la memoria di Giovenale e il
ma, anche se non lo si ottie-
suo motto di vita inciso nelle
ne, resta il fatto di avere fatto
lettere scritte sul retro di una
qualcosa per gli altri».
fotografia conservata fino alla
Così, un po’ di anni fa, ha de-
morte e scattata insieme a
ciso di introdurre in azienda
due commilitoni nei giorni
un’ora di lavoro retribuito per
della prigioni tedesca: «Sorri-
le donne per l’8 marzo, che
dere, sempre bisogna sorride-
nel frattempo sono diventate
re».
Un’esistenza all’insegna del lavoro e della genialità Giovenale Rivoira nel 1937, a 19 anni, iniziò il commercio di legname da ardere per fornitura industriale con quattro dipendenti. Poi venne la seconda guerra mondiale. Fu fatto prigioniero in Grecia dai tedeschi, per non aver voluto tradire la patria, e fu trasferito nel campo di concentramento di Düsseldorf, dove rimase per un anno e mezzo. Nel 1978 fu insignito della Croce al merito di guerra. Nel 1980 venne ufficialmente autorizzato a fregiarsi del distintivo d’onore per i patrioti volontari della libertà poiché, deportato in un lager, aveva rifiutato la liberazione offertagli in cambio della disponibilità a mettersi al servizio dell’invasore tedesco. La Presidenza della Repubblica inoltre gli attribuì la Medaglia d’onore per i deportati e gli internati nei lager nazisti. Nel 1987 ottenne dalla Camera di commercio di Cuneo il premio “Fedeltà al lavoro e al progresso economico” e tre anni dopo Confindustria Cuneo gli consegnò il riconoscimento di benemerenza per i cinquant’anni di attività imprenditoriale. È stato presidente della Mangimi 4 Torri di Fossano e continuò il lavoro in modo attivo fino al 2009, quando scomparve, all’età di 93 anni.
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A Savigliano una realtà dalle grandi prospettive
Il futuro di BRAVO sarà tutto green La storia imprenditoriale di Bravo srl di Savigliano è partita nel 2001, l’anno della fusione di due aziende leader nel settore, la Rotomix e la Bicieffe, presenti sul mercato fin dagli anni Settanta e Ottanta
Scelte imprenditoriali coraggiose e perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione: grazie a ciò, l’azienda specializzata in macchine per l’allevamento è in costante crescita C’era un’ottima idea di partenza, che abbiamo mantenuto, ma anche rivoluzionato. E oggi si può dire che quella sia stata un’idea vincente». Rotomix è stata la prima azienda italiana a costruire carri miscelatori semoventi, mentre Bicieffe era specializzata in impagliatrici con lanciapaglia senza turbina e in distributori di segatura. Bravo srl ha mantenuto le produzioni di entrambe le realtà, modernizzando le gamme grazie a una ricerca continua. Una sintesi perfetta tra esperien-
Gabriele Destefanis
«S
iamo bravini, dài! Ma ci vuole anche un po’ di fortuna». “Bravini” e fortunati, un mix vincente spiegato con ironia ed eccessiva modestia da Francesco e Corrado Bravo nel tentativo di individuare la chiave di questi vent’anni di successo dell’azienda di Savigliano che con il fratello Gianni, ora in
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pensione, hanno fondato e dirigono.
za e avanguardia ha consentito
Ma dietro quel “bravini” c’è tanto di più, c’è un per-
di arrivare alla quinta genera-
corso che ha portato la Bravo srl a diventare un rife-
zione dei nuovi carri miscelatori
rimento nella produzione di macchine specifiche per
semoventi: Rotomix Serie 5, unici
l’allevamento. Partendo da quel 2001, l’anno della
per qualità e, soprattutto, per
fusione di due aziende leader nel settore, la Rotomix
metodo di lavoro, capaci di un
e la Bicieffe, presenti sul mercato fin dagli anni ’70
taglio veloce e netto, grazie a una
e ’80: «Cosa ricordiamo di quel periodo? Si è presen-
potentissima fresa abbinata a un
tata l’opportunità di ampliare la nostra produzione
mulino supplementare trinciante
e abbiamo deciso di farlo», raccontano Francesco
a coltelli regolabile. Un sistema
e Corrado Bravo, i quali, prima di intraprendere
di lavoro che permette, con un
la nuova avventura, avevano una piccola azienda
bassissimo consumo energetico,
agricola. «A quei tempi non avevamo l’esperienza
di ottenere un composto omoge-
nel settore che abbiamo acquisito adesso, è chiaro.
neo, digeribile e appetibile, pronto
Imprese Smart
Francesco e Corrado Bravo, con il fratello Gianni, ora in pensione, hanno fondato e dirigono tuttora l’azienda diventata un riferimento non solo nazionale nella produzione di macchine per la zootecnia
per essere scaricato in mangia-
la fidelizzazione della clientela,
toia. Con Rotomix Serie 5 un solo
che serviamo anche con un’assi-
operatore è in grado di compiere
stenza post vendita e logistica.
tutte le fasi di alimentazione del
Le nostre macchine sono una
bestiame, operando direttamente
continua evoluzione dei modelli
dalla postazione di guida di que-
storici e i miglioramenti nascono
ste particolari macchine.
da esigenze segnalate dai clienti
Grazie alle scelte coraggiose e
o dalle tendenze di mercato. E poi
a questo perfetto equilibrio tra
devo dire che le scelte politiche
tradizione e innovazione, l’a-
improntate all’informatizzazione
zienda saviglianese oggi è una realtà consolidata e in costante crescita, dotata di una struttura snella e dinamica. Può contare su 26 dipendenti, su una clientela di importanti ditte che operano nel settore dell’allevamento e, soprattutto, nella produzione di latte e su una dimensione internazionale conquistata nel tempo che porta i
delle produzioni agricole negli ultimi anni ci hanno dato un forte slancio». Uno slancio che la pandemia non ha fermato, ma solo rallentato. «C’è stata un po’ di incertezza
all’inizio, durante le prime fasi dell’emergenza sanitaria. Nessuno sapeva che cosa stesse accadendo e non si poteva immaginare ciò che sarebbe successo nei mesi successivi. Non sapevamo se avremmo dovuto chiudere o se saremmo riusciti ad andare avanti. Noi però siamo stati fortunati: non abbiamo dovuto fermarci neanche un giorno e non abbiamo avuto grandi problemi di tipo sanitario all’interno dell’azienda. La pandemia ha avuto un’incidenza minima sulla nostra produzione, perché siamo riusciti a continuare a lavorare a ottimi ritmi, senza accusare grandi perdite». Spostando la prospettiva un po’ più avanti, le sfide sono tante e intriganti. «Il futuro è il green», affermano con certezza gli amministratori di Bravo srl, fissando con questa frase uno dei principali obiettivi dell’azienda saviglianese, pronta a studiare nuovi sistemi per rendere le macchine sempre più conformi ai principi dell’economia circolare. Un esempio concreto? Il Rotomix Eco 5, un modello di carro miscelatore dotato di un propulsore all’avanguardia, in cui il classico motore diesel è stato completamente modificato, consentendo l’alimentazione a biometano: una soluzione molto innovativa per il rifornimento di una macchina che lavora costantemente a contatto con i capi di bestiame, ma con indubbi vantaggi. Come la considerevole diminuzione di fumi di scarico e di rumori, senza che per questo vengano ridimensionate le prestazioni, le quali si mantengono sempre elevate. Ma all’orizzonte c’è già un’altra importante novità, connessa con i propulsori elettrici, che verrà svelata nei prossimi mesi.
Il Rotomix Eco 5 di Bravo srl è un modello di carro miscelatore dotato di un propulsore all’avanguardia, in cui il classico motore diesel è stato completamente modificato, consentendo l’alimentazione a biometano. Ma all’orizzonte vi sono altre grandi novità
prodotti Bravo a essere distribuiti e apprezzati in Francia, Belgio, Spagna, Grecia e Portogallo. «Sì, di strada ne abbiamo fatta dal 2001», conferma Francesco Bravo. «Negli ultimi anni, in particolare, siamo cresciuti davvero tanto grazie ai nostri punti di forza: la tecnologia innovativa utilizzata, la continua ricerca e
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Museo
Cerami Marco Levi strappò una promessa al sindaco di allora, Riccardo Vaschetti: la sua collezione di oltre 2.300 pezzi sarebbe stata donata al Comune soltanto se l’ente avesse realizzato un museo innovativo
Arte, cultura, convegni, corsi e creazioni nel palazzo che celebra la tradizione industriale e artigianale della città
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ica della
Arte Industriale Questa istituzione è un tassello dell’opera da svolgere per rendere giustizia a ciò che ha sostenuto l’economia locale per ben due secoli
Gianni Scarpace
«N
on è una struttura espositiva tradizionale, questo è un museo che produce, mentre racchiude due secoli di storia». Lo dice Christiana Fissore, direttrice del Museo della Ceramica di Mondovì, realtà nata nel dicembre del 2010. Parlare di ceramica nella città del Belvedere vuol dire rendere omaggio ad attività lavorative importanti, come la Richard Ginori, che qui aveva sede, oppure la Ceramica Besio, marchio tuttora esistente e che “dimora” ancora oggi nelle case di tanti piemontesi. Il passato e il presente sono “fissati”, da 11 anni, grazie al Museo, con la tradizione ceramista monregalese che affonda le radici della sua storia in secoli fa. Il Momuc sulla collina di Piazza prosegue la storia della ceramica, con numeri e dimensioni diverse, ma procede. Prima di tutto con il Museo stes-
A MONDOVÌ IL MOMUC “PRODUCE” so, perché dispone di un vero laboratorio che crea: si chiama Unità produttiva (Up). E poi perché si avvale di tecniche moderne senza scordare la manualità del passato, ancora fondamentale per creare opere. Infine c’è la nuova tecnologia fatta di virtuale e olografia, divertente e illuminante insieme: si sceglie un manufatto ceramico da una consolle, lo si appoggia su una mensa e così si dà vita, una a una, a otto tavole da pranzo che si apparecchiano con gesti semplici e quotidiani. Tutto virtuale, grazie all’olografia e altre soluzioni tecnologiche, ma con una tale qualità di immagine e di veridicità, da far nascere un sorriso divertito anche allo storico più serio.
Un’attesa di vent’anni Fare tutto ciò nelle sale del nuovo Museo della Ceramica di Mondovì, in piazza Maggiore, ha un sapore particolare perché, per il territorio, l’apertura di questo luogo della cultura è stata una conquista vera, attesa circa vent’anni. Il Museo sorge nello stesso quartiere di Mondovì Piazza che vanta l’esistenza di “Casa Giolitti” Visitare il Museo significa ripercorrere le tecniche produttive e i filoni decorativi che si sono succeduti nel corso di quasi due secoli
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La direttrice del Momuc, Christiana Fissore, con Gianni Rovea che ha rilevato lo storico marchio Besio 1842 e l’artista, stilista e costumista Antonio Marras (a destra), protagonista di una mostra a Mondovì
e gli affreschi prospettici di Andrea Pozzo nella splendida chiesa della Missione. Undici anni fa Mondovì e il suo territorio hanno salutato l’inaugurazione del Museo desiderato dal mecenate Marco Levi sin dalla fine degli anni Novanta. Ultimo rappresentante della comunità ebraica a Mondovì (la sinagoga è nella vicina via Vico), morì nel 2001 dopo un’esistenza vissuta come imprenditore della ceramica e della finanza e come protagonista di altre attività imprenditoriali. Levi (ultimo proprietario e direttore della fabbrica “Vedova Besio e Figlio”, che aveva acquistato da Carlo Baggioli la più imponente collezione di ceramiche del distretto monregalese) strappò una promessa al sindaco di allora, Riccardo Vaschetti: la sua collezione di oltre 2.300 pezzi artigianali e industriali sarebbe stata nella disponibilità del Comune solo se l’ente avesse costruito un museo innovativo. Mondovì l’ha realizzato, non senza traversie (anche legali) connesse ai
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lavori di realizzazione della realtà culturale nello storico palazzo “Fauzone di Germagnano” che si affaccia, con una vista superba, nella medievale piazza Maggiore, su Alpi Marittime, pianura cuneese e Langhe. «Visitare il Museo», spiega la direttrice Fissore, «significa ripercorrere le tecniche produttive e i filoni decorativi che si sono succeduti nel corso di quasi due secoli». «La storia dello sviluppo industriale, artistico e culturale del distretto ceramico monregalese», aggiunge l’attuale presidente della Fondazione Museo della Ceramica “Vecchia Mondovì”, Andreina d’Agliano, «è raccontata nei pannelli espositivi con un linguaggio accessibile e accattivante, arricchito da impianti multimediali di forte
e immediato impatto scenografico». Il Museo nacque dalla collaborazione tra il Comune e la Fondazione Museo della Ceramica “Vecchia Mondovì”, guidata allora da Guido Neppi Modona, nipote di Marco Levi, e venne realizzato grazie ai contributi di Ministero dei beni culturali, Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo e Fondazioni Crc e Crt. Tra gli oltre seicento pezzi presenti, non mancano quelli pregiati: ci sono gli straordinari manufatti di oltre 200 anni fa, secondo i modelli di “cream ware” dell’inglese Wedgwood. E poi le suggestioni ottocentesche, liberty, art déco, del futurismo e del design industriale: un prezioso patrimonio destinato a esaurirsi con la crisi inarrestabile delle principali manifatture ceramiche fra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Per il territorio Il Museo racconta la cultura e l’economia della città di Mondovì e di un ampio distretto (Villanova, Roccaforte, Chiusa di Pesio, Vicoforte,
Oltre che sul sito www.museoceramicamondovi.it, il Museo della Ceramica in questo periodo pandemico è molto attivo anche sui maggiori social. Ecco dove trovarlo: www.facebook.com/MuseoCeramicaMondovi, www.instagram.com/fond_momuc
Arte Industriale Mombasiglio), generando simboli inconfondibili: tra questi il galletto dalla coda variopinta e le vivaci decorazioni a spugna intagliata. L’unica azienda ancora in attività è la Besio 1842 di Gianni Rovea che ha rilevato lo storico marchio e con la quale il Museo ha una convenzione di collaborazione. Così nella parabola entusiasmante e amara della ceramica monregalese il visitatore (e le numerose scolaresche invitate) coglie l’essenza stessa dell’industria moderna: la produzione in serie e a costi contenuti di oggetti di uso quotidiano che hanno rivoluzionato abitudini, rapporti, costumi e stili di vita delle persone. Nelle case di tante famiglie monregalesi si possono ancora trovare pezzi di uso comune di questa incredibile era della ceramica.
Il debito con l’economia cittadina «Il Museo della Ceramica di Mondovì giunge a saldare un debito della città con il suo passato, a chiudere il cerchio di un impegno di lunga I visitatori qui possono cogliere l’essenza stessa dell’industria moderna
data. Oggi quasi nulla è rimasto del passato di Mondovì come centro industriale ceramico di prim’ordine, tra Otto e Novecento», spiega l’insegnante e storico locale Cesare Morandini. «La città e il suo distretto», aggiunge Morandini, «hanno prodotto per due secoli una stoviglieria in terraglia tenera per un mercato europeo ed extracontinentale, a prezzi contenuti e con decorazioni a colori vivaci di elevati carattere e riconoscibilità. Restano i grandi scheletri vuoti degli impianti, rimasti dagli anni Ottanta, presenze inquietanti al centro della città, la diaspora di un immenso patrimonio di cultura, ingegno operativo e imprenditoriale, i colorati manufatti diventati oggetto di affettuoso collezionismo, hanno fatto maturare nella coscienza dei monregalesi la consapevolezza di non avere ancora reso giustizia a ciò che ha sostenuto l’economia cittadina per due secoli».
Le mostre e i convegni A causa della situazione emergenziale legata alla pandemia da Covid-19 il Museo della Ceramica è temporaneamente chiuso al pubblico, ma fino a pochi mesi fa l’attività si è concretizzata in una serie cospicua di eventi. Ricordiamo soltanto alcuni degli artisti passati da qui: Ugo La Pietra, Celeste Boursier Mougenot, Ai Weiwei, Carla Accardi, Franco Vimercati, Elisabetta Di Maggio, Bouke De Vries, Antonio Marras, Ezio Gribaudo, Cecil Kemeprink, Andrea Blasich, Matteo Rubbi, Hilario Isola, Paolo Polloniato... e
Innovazione e tradizione con la stampante in 3D Grazie all’attivazione di un crowfunding di successo, da oltre un anno il Museo della Ceramica di Mondovì si è arricchito di nuove possibilità di fruizione. Si tratta della moderna stampante digitale in 3D, la Lutum 3D Clay, acquistata grazie anche al sostegno della Compagnia di San Paolo. La stampante, in dotazione all’Unità produttiva (Up) del Museo, è tra le più sofisticate sul mercato e consente di realizzare qualunque tipo di disegno, conferendo una forma tridimensionale. Realizzata artigianalmente, è compatta e versatile e può essere usata con varie tipologie di argilla, permettendone la sia stampa che l’incisione, inclusa la lavorazione di oggetti di piccole dimensioni. La stampante affianca le attrezzature già utilizzate per le lavorazioni tradizionali: tornio, stampi in gesso per il colaggio, bascula per lo stampaggio, forno per terraglia, forno per porcellana. Il nuovo macchinario è anche l’utile strumento di formazione per gli allievi del corso accademico di arte ceramica dell’Accademia Albertina di Torino, prestigiosa istituzione artistica con cui il Museo ha sottoscritto una convenzione il 29 gennaio del 2014. Il corso, che si svolge nei locali dell’Up del Museo della Ceramica, conferisce crediti formativi agli allievi del triennio di base e si è sviluppato con caratteristiche di corso monografico. Il Museo inoltre mette il nuovo macchinario a disposizione di istituti di formazione, artigiani, artisti, designer, aziende e startup per momenti formativi, produttivi, di creazione artistica contemporanea “site specific”.
Scopri online poi tanti convegni, anche in concomitanza con la Mostra dell’artigianato agostana che ogni anno si svolge a Mondovì Piazza.
Il Momuc è attivo sul web Il Museo della Ceramica di Mondovì, in attesa della fine delle retrizioni anti Covid, segue le indicazioni dei decreti che ne limitano la fruibilità, ma l’attività online è rimasta costante e notevole, come il QR Code sopra riportato consente di verificare attraverso il sito web.
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Donato Bosca ha dato voce alla sua terra
Il nuovo libro del docente, ricercatore e cultore delle nostre radici parte dalla sua esperienza di insegnante nelle scuole elementari
Sotto: Nuto Revelli durante una delle sue interviste alle persone “di tutti i giorni” che hanno fatto da esempio a Donato Bosca. A destra: Bruno Murialdo, legato da ultredecennale amicizia a stima al professor Bosca
C
Bruno Murialdo
orreva il dicembre 1979, eravamo nella sede della Famija Albèisa per la presentazione del libro “Racconti di masche” di Donato Bosca, Luigi Carbone e il sottoscritto, un volume oggi introvabile, un’icona editoriale che ha fatto storia. Nuto Revelli presentò l’opera come era suo solito: raccontando gli aspetti sociali del mondo contadino, la superstizione, il ruolo della religione e delle credenze popolari, le vite
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“grame” che avevano condizionato il periodo di selve oscure e di preghiere. Fu l’inizio di un viaggio letterario che Bosca ha mai interrotto. Oggi, a quasi 43 anni da quella pubblicazione, l’autore sorprende ancora con il suo nuovo libro, “Voci dalle Langhe”, edito da Baima & Ronchetti. «È il frutto di un’esperienza che parte da lontano», mi racconta,
«da quando dirigevo le scuole elementari di San Donato di Mango e poi ad Alba. Insieme ai docenti di allora sviluppammo l’idea di far incontrare i ragazzi con persone che avevano vissuto la storia di questi luoghi, a iniziare dall’esperienza delle guerre, facendole parlare anche dei sogni che ognuno di esse portava nel cassetto della memoria. Agli
Cantori del Territorio incontri con gli studenti aderirono in molti, tra i tanti la mamma di Beppe Fenoglio, Margherita Faccenda, Placido Canonica, Davide Lajolo, Nuto Revelli, Mario Rigoni Stern, benché fosse “forestiero”, e molti altri. Furono momenti importanti che ebbero molto successo, strasformandosi in un grande stimolo alla qualità della didattica. Lo scopo principale era far capire ai giovani il senso del
rifiuto della guerra, raccontato da chi l’aveva vissuta e subìta». «Il mio maestro», continua Donato, «è stato, prima di chiunque altro, Nuto Revelli. Da lui ho imparato ad ascoltare le persone, a lavorare con attenzione, a seguire le tracce delle storie individuali con pazienza e rispetto. Era uno scrittore che rischiava, sapeva evidenziare, non mandava a dire le cose, era lui in prima persona
a esporsi, a denunciare, a raccogliere le briciole di memoria che altrimenti si sarebbero perse. Grazie a lui mi sono avvicinato alla realtà contadina del sud che non conoscevo, sono stato a Spontone di Catona e a Verbicaro Calabro, cioè nei luoghi dove hanno trovato moglie i nostri contadini. Ho seguito Nuto durante il suo lavoro e fu un’esperienza importante che mi ha convinto a seguire una traccia letteraria ed etica più consona al mio lavoro. Era un intellettuale che metteva il suo sapere al servizio del progresso, senza badare all’interesse personale. La sua era quella cultura disinteressata che cercavo». «Il mio lavoro odierno lo considero mancante di
L’ideatore dell’associazione “Arvàngia”
alcune situazioni importanti che non conoscevo e che mi sono sfuggite», confessa il mio interlocutore. «Mi sarebbe piaciuto scandagliare di più il mondo
Donato Bosca nasce a San Donato di Mango l’11 aprile 1951. Le tragedie familiari (due fratelli e due sorelle del padre morti prematuramente di cui uno, Pietrin, alla vigilia del matrimonio), le oscure vicende migratorie, le storie di masche e i problematici rapporti di vicinato e di parentela si imprimono da subito nella sua immaginazione. Laureato con la tesi in storia medievale “Questioni di vita sociale ed economica nei Comuni delle Langhe nei secoli XIV e XV”, grazie a essa vince un premio bandito dalla Famija Albèisa e si appassiona alle piccole sfide della ricerca storica in àmbito locale. Assunto dal Ministero della pubblica istruzione nel febbraio 1975, da quel momento inizia la propria carriera scolastica (la quale lo porterà anche e essere nominato preside del liceo classico “Generale Govone” di Alba) che corre parallela con quella di studioso, ricercatore e scrittore. Il 4 febbraio 1987, con la collaborazione di colleghi e amici del mondo scolastico fonda l’associazione culturale “Arvàngia” (“Rivincita” in piemontese) e così il desiderio di riscatto della marginalità culturale contadina diventa un cammino proseguito nei decenni, dando vita, oltre alla pubblicazione di numerosi libri, a numerose iniziative culturali di ampio respiro.
rurale del sud Italia, raccontare la vita agricola delle comunità da dove arrivarono molte delle donne che hanno ripopolato le nostre colline e le nostre montagne. Ho ancora molto lavoro svolto da srotolare dalle pergamene della memoria, è il grande impegno proseguito per decenni, cercherò di renderlo alla comunità, soprattutto ai giovani, perché conoscano le radici della loro storia». Donato tiene a ricordare un altro grande lavoro che realizzammo insieme, quello sull’emigrazione in Argentina: fu un viaggio necessario per noi e per quegli italiani, soprattutto piemontesi, che avevano voglia di raccontare. Girammo in lungo e in largo il Paese latinoamericano e ovunque incontrammo nostalgia. Il professor Bosca si sofferma anche su Cesare Pavese e su Beppe Fenoglio: fra loro è tuttora in corso una “partita” di altissimo livello culturale, in cui nessuno perde e nessuno vince. Il suo commento: «Sono due scrittori della nostra terra straordinari, entrambi venuti a mancare troppo presto. Conosco di più Fenoglio di Pavese, ma sono convinto che, se fossero ancora con noi, sarebbero uniti
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Cantori del Territorio
Un giovane Donato Bosca durante un’intervista effettuata a una piemontese d’Argentina
tra loro. Forse si sono conosciuti o forse no, ma hanno avuto una parte importante all’interno del contesto popolare, Pavese a Santo Stefano Belbo e Fenoglio a San Benedetto Belbo. È difficile arrivare a una conoscenza totale delle opere di uno scrittore, ci sarà sempre qualche cosa che sfugge. Io credo avessero molte più cose in comune di quello che si pensa; si somigliavano molto anche nel carattere. Erano personalità che amavano stare appartate, con convinzioni decise, e nel contempo
non mancava a nessuno dei due la voglia di stare in mezzo agli altri. Saranno ancora per molto tempo vivi e attuali attraverso ai loro capolavori, purché non si arrivi a concretizzare quell’obbrobrio di civiltà oggi purtroppo all’orizzonte che dimentica la sua storia e i suoi protagonisti. La bellezza di questi due scrittori era l’attaccamento al proprio paese: Beppe Fenoglio rimane ad Alba, mentre il fratello e la sorella vanno in Germania; a Cesare Pavese erano necessarie le passeggiate con Nuto, i dialoghi
Donato Bosca con l’amico fotografo Bruno Murialdo in Argentina cercò vecchi parenti e amici di famiglia emigrati dalle Langhe e nel libro “Io parto per la Merica” (1986) raccontò le speranze, umiliazioni e piccole gioie di un’emigrazione che scelse la nave, l’oceano, la pampa e l’Argentina per sfuggire a miseria e assenza di prospettive
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Nuto (foto sopra) divenne personaggio pavesiano con la poesia “Fumatori di carta” ed è coprotagonista dell’ultimo romanzo dello scrittore, “La Luna e i falò”
con la natura e l’amore verso quella terra, il che ne ha fatto uno scrittore fresco, capace di emozionare generazioni di adolescenti». Donato Bosca termina esprimendo un desiderio, quello di completare e scrivere la genealogia della sua famiglia: «Vorrei lasciare un documento importante che racconti e certifichi la storia della mia esistenza partendo dalle radici, dai miei avi». Dopo questo incontro rimango convinto della grandezza di questo mio taciturno amico che non ha mai cercato la luce della ribalta, un personaggio che meriterebbe molto di più per il lavoro che ha svolto per decenni e per tutto ciò che fa nel nome della cultura, del suo tempo e della sua terra.
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Il Consiglio generale all’unanimità ha fatto propria la proposta di confermarlo per due anni, insieme alla sua squadra. La decisione dovrà essere ratificata dall’Assemblea dei soci
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urante la recente riunione del Consiglio generale di Confindustria Cuneo, la Commissione di designazione (formata dai past president Franco Biraghi e Nicoletta Miroglio e dal componente votato dai probiviri Bruno Ceretto) ha riportato gli esiti della consultazione della base associativa in merito al rinnovo del Presidente il cui mandato è scadenza a maggio. La Commissione ha riferito che la totalità delle aziende audite ha espresso la richiesta di una proroga della squadra di presidenza che comprende il presidente Mauro Gola e i vicepresidenti Pierpaolo Carini, Roberta Ceretto, Marco Costamagna, Elena Lovera, Amilcare Merlo, Giuseppe Miroglio, Roberto Rolfo e Bartolomeo Salomone. Alla base della richiesta vi è la volontà di mantenere salda la guida in mano a una squadra
Il presidente Gola verso la proroga
Mauro Gola, con il direttore di Confindustria Cuneo, Giuliana Cirio, e la responsabile del Centro studi, Elena Angaramo, in occasione della presentazione dell’indagine congiunturale sul secondo semestre 2021
che ha fatto crescere Confindustria Cuneo e che ha saputo supportare in maniera eccellente le aziende anche durante la pandemia. Confindustria nazionale ha autorizzato la richiesta di proroga della squadra per un biennio, sposandone convintamente i motivi, sebbene questa eventulità non rientri espressamente nello Statuto. Il presidente Gola ha commentato: «La richiesta da parte degli associati di Confindustria Cuneo
L’Associazione attiva contro il Covid e sul web
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emergenza sanitaria ha visto Confindustria Cuneo attivarsi sin da metà gennaio 2020, in contemporanea con le prime preoccupanti notizie sull’arrivo in Italia del Coronavirus e sulla sua diffusione che, di lì a poco, avrebbe portato il Governo a istituire il primo lockdown. L’Associazione diede subito vita alla Task Force tuttora attiva che ha accompagnato e accompagna le aziende nelle varie fasi della pandemia. Uno dei nuovi campi in cui si è cimentata è quello dei webinar informativi e di commento. Nel 2020 sono stato organizzati 115 appuntamenti tra seminari, webinar, workshop e conferenze stampa, di cui solo 15 in presenza, mentre il resto degli eventi, tra cui l’assemblea dei soci, si è tenuto online, con 8.000 iscrizioni complessive. Inoltre l’anno scorso si sono svolte 34 riunioni di sezione, quasi tutte online, con la partecipazione di 309 imprenditori.
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mi onora e mi dà conferma del grande valore della squadra che ha lavorato al mio fianco. Un voto che evidenzia un metodo che abbiamo costruito negli anni, quello dell’ascolto, della condivisione e dell’alleanza: è un ulteriore forte incoraggiamento, per continuare a costruire un nuovo futuro per le nostre imprese e per i nostri territori. La conferma assume un valore e una responsabilità in più: impegno che aggiunge lo spirito di servizio al Paese, che è in fondo la più alta vocazione che possiamo dare come imprenditori. Non accettare avrebbe voluto dire fuggire o, peggio, disertare da un ruolo di responsabilità e di servizio in questo preciso momento». Dopo l’approvazione da parte del Consiglio generale, avvenuta alla unanimità, l’iter si completerà con la votazione durante l’Assemblea dei soci che si terrà nel mese di giugno.
Confindustria News
Il disability manager al servizio delle aziende
S
ta suscitando molto interesse, anche sui mezzi d’informazione provinciali, con interviste sui giornali e sulle emittenti radio-tv, il servizio proposto da Confindustria Cuneo grazie alle professionalità di Alessandra Dogliani e di Matteo Salvagno. La prima è disability manager, il secondo componente della Rete antidiscriminazione della Regione Piemonte. Sono le figure professionali che l’Associazione datoriale ha messo in campo per offrire servizi specializzati alle aziende e per far capire quali possano essere le opportunità per unire crescita produttiva, solidarietà e rispetto delle normative. Ad esempio, propongono le modifiche necessarie alle postazioni e agli strumenti di lavoro che, spesso, con un minimo forzo rendono più efficiente il lavoratore disabile nell’intera catena, oltre a curare il suo inserimento nell’organico, nel cui àmbito a volte si verificano spiacevoli quanto immotivati pregiudizi, un’altra questione assai delicata che viene tenuta in debita considerazione.
Alessandra Dogliani e Matteo Salvagno, figure professionali messe in campo da Confindustria Cuneo per le associate
Pronti ad agire per i vaccini
«L
’accordo, siglato alla presenza del Ministro del lavoro e del Ministro della salute, definisce le linee di indirizzo nazionali: un passo avanti importante che permetterà alle imprese di contribuire in modo concreto alla campagna di immunizzazione. All’appello lanciato dalla nostra territoriale hanno risposto oltre 130 imprese, già pronte a allestire hub vaccinali, accollandosi i relativi costi logistici. Non appena vi sarà la disponibilità dei vaccini, potremo dare un forte impulso alla campagna di immunizzazione», è il commento di Mauro Gola, presidente degli industriali cuneesi, sul protocollo per le vaccinazioni in azienda. «Nel rispetto delle procedure, le imprese potranno attuare piani vaccinali per i dipendenti. Inoltre le aziende che non potessero assumere l’onere organizzativo della procedura vaccinale potranno fare ricorso a convenzioni con strutture sanitarie private».
«Dalla proposta lanciata da Confindustria Cuneo ha preso vita l’iniziativa portata avanti a livello regionale che trova ora il sostegno normativo nel protocollo», aggiunge il direttore generale, Giuliana Cirio. «La nostra Associazione è a disposizione per fornire tutto il supporto e sostenere la piena operatività delle fabbriche di comunità e al riguardo abbiamo subito contattato le Asl del territorio per fornire loro un eventuale supporto. La nostra funzione di “hub” può essere strategica perché, da una parte, controllerà che i piani che arrivano alle Asl siano rispondenti alle normative e, dall’altro, aiuterà le aziende nella predisposizione di piani secondo criteri di razionalità e di efficacia». «In momenti come l’attuale», conclude il presidente Gola, «in cui le normative si susseguono quasi giornalmente, è fondamentale per l’Associazione il ruolo di cerniera tra il sistema pubblico e il sistema privato».
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Aziende
GALUP
La colomba pasquale dedicata ai Carabinieri G
alup, la storica azienda dolciaria pinerolese che fa parte del Tcn Group di Alba presieduto da Giuseppe Bernocco, ha segnato in modo del tutto particolare le festività pasquali, realizzando una colomba davvero speciale, in una confezione da collezione dedicata all’Arma dei Carabinieri. Si è trattato di un’edizione ufficiale e limitata, messa in vendita nei Galup Store di Torino e di Pinerolo, oltre che sul sito aziendale. Sin dalla fondazione l’Arma è fedele ai valori di equilibrio, coraggio, senso del dovere, rigore morale, dedizione e preparazione personale che ispirano il lavoro di tanti uomini e donne al fianco dei cittadini del nostro Paese e delle popolazioni in difficoltà raggiunte durante le missioni internazionali. «Una colomba speciale, speciale perché la sua ricetta è speciale, speciale perché l’Arma merita un prodotto speciale», hanno spiegato in Galup, aggiungendo: «750 grammi di pura bontà ove il burro, le mandorle, le nocciole Piemonte Igp, il latte di alta qualità, le uova fresche di galline allevate a terra e i prelibati canditi sprigionano aromi inconfondibili e compongono un dolce di esclusiva prelibatezza».
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Quando cresce a doppia cifra il valore della produzione EVISO
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l Cda di eVISO spa ha approvato la relazione semestrale al 31 dicembre 2020. Il periodo luglio-dicembre si conferma un semestre di forte espansione, nonostante l’impatto del Covid-19 che ha comportato un forte calo di consumi di elettricità. Il valore della produzione si attesta su 31,3 milioni di euro (+16,3%). Il ceo, Gianfranco Sorasio, commenta: «Malgrado l’emergenza sanitaria eVISO ha mantenuto ottimi livelli di crescita nei volumi, nonostante l’effetto di stagionalità che caratterizza il primo semestre dell’anno. Dopo l’operazione di quotazione in Borsa sul segmento Aim, la società ha inanellato diversi risultati positivi nei primi tre mesi del 2021. A gennaio è stata raggiunta la digital supremacy nel mercato elettrico: ora, grazie al nostro algoritmo, siamo in grado di realizzare ogni giorno la migliore performance di acquisto di energia al miglior prezzo. E grandi soddisfazioni sono giunte dal mercato dei reseller: febbraio ha visto l’acquisizione dai reseller di 15.500 nuovi Pod e a marzo sono state registrate ottime performance con l’acquisizione di ulteriori 12.200 unità, raddoppiando il numero dei contatori in gestione dai reseller rispetto all’esercizio concluso il 30 giugno 2020. Sottolineo anche che abbiamo continuato a investire nello sviluppo della nostra piattaforma proprietaria, elemento fondamentale per mantenere questo trend di crescita nel resto dell’anno».
Un’alleanza gustosa fra rinomati prodotti caseari e il Crudo di Cuneo Dop BIRAGHI
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il negozio Biraghi di piazza San Carlo, a Torino, il primo punto vendita a ospitare la nuova referenza in vaschetta da 90 grammi del prosciutto Crudo di Cuneo Dop (nella foto a fianco: Gérard Depardieu, ospite di un evento promozionale del gustoso salume). La collaborazione tra le due realtà cuneesi, dopo una prima fase di test, ha preso avvio da poche settimane, facendo subito registrare un’ottima risposta da parte del pubblico, il quale ha potuto acquistare il Crudo di Cuneo sia in negozio, sia sul sito web biraghiacasa.it.
Aziende News A fianco di terziario e turismo cuneesi con 5 milioni di euro
Scuola di barman per 40 disoccupati con Learning for Life
BANCA DI CARAGLIO
DIAGEO
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resso la cittadella della Banca di Caraglio è stato firmato l’accordo tra l’istituto di credito cooperativo, Confcommercio Imprese per l’Italia della provincia di Cuneo e Ascomfidi Nord-Ovest in virtù del quale la Banca di Caraglio stanzierà un plafond di 5 milioni di euro che, nel corso del 2021, saranno destinati ai soci del terziario e del turismo della banca e dell’associazione di categoria al fine di supportare gli investimenti aziendali o le spese di inizio attività. Alla firma erano presenti Livio Tomatis (foto a destra), presidente della Banca di Caraglio, Luca Chiapella, presidente di Confcommercio Imprese per l’Italia della provincia di Cuneo e vicepresidente di Ascomfidi Nord-Ovest, Marco Manfrinato, segretario generale di Confcommercio Imprese per l’Italia della provincia di Cuneo, e Silvia Bertolino, responsabile servizi di consulenza e rete distributiva per Ascomfidi Nord-Ovest. La convenzione prevede l’assegnazione di un plafond finalizzato
L al rilascio di finanziamenti per inizio attività, acquisto impianti e macchinari, attrezzature, arredi, ristrutturazione locali, acquisto azienda o ramo d’azienda, assunzione e formazione di personale, acquisto scorte e sostegno alla liquidità (solo se congiuntamente ad altre finalità). I mutui saranno dell’importo massimo di 150 mila euro per ogni linea e avranno una durata massima di 7 anni, a condizioni economiche agevolate, con la garanzia del Confidi pari al 50% dell’importo finanziato.
earning for Life è il titolo del programma globale di Diageo che coinvolge anche l’Italia e che, partito il 17 marzo, sta formando alla professione di bartender 40 giovani disoccupati provenienti da situazioni di svantaggio che ne limitano la possibilità ad accedere con successo al mondo del lavoro. Con oltre 70 ore in calendario articolate in sei settimane di corso, il programma sta coinvogendo in modo del tutto gratuito, a Torino e a Milano, i ragazzi selezionati attraverso l’agenzia formativa Immaginazione e Lavoro, accreditata presso le Regioni Lombardia e Piemonte.
Dal Gruppo Gino 13.000 euro alla Lilt Cuneo per la prevenzione del tumore al seno GRUPPO GINO
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lessandro Gino del Gruppo Gino, storico concessionario cuneese di brand quali Mercedes, Bmw, Volvo, Maserati, Aston Martin e Caterham, ha consegnato alla presidente della Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) Cuneo, Patrizia Manassero, un assegno di 13.000 euro per l’acquisto di un ecografo da installare nella sede locale del sodalizio di assistenza dei malati e di sensibilizzazione della popolazione sull’importanza della prevenzione e della ricerca medica sul cancro. La raccolta fondi, attivata in occasione della Festa della donna, si è svolta con il patrocinio del Comune e con la partecipazione dei 220 commercianti di WeCuneo. Dopo il successo dell’importante progetto del 2020 che aveva visto coinvolte le concessionarie Gino Bmw e Mini, il Gruppo Gino ha deciso di continuare l’impegno nel sociale coinvolgendo questa volta tutti i brand nella raccolta fondi per contribuire alla ricerca per la prevenzione del tumore al seno promossa dalla Lilt. Dal primo all’8 marzo il Gruppo Gino ha “trasformato” la potenza dei motori delle auto vendute in una importante donazione. Il progetto si è ampliato grazie alla collaborazione con WeCuneo, i cui aderenti, così come i cittadini (con donazioni tramite Satispay), hanno contribuito a sostenere il progetto. Sabato 6 e domenica 7 piazza Galimberti si è tinta di rosa e, grazie a una diretta Facebook, è stato fatto il punto sul buon andamento dell’iniziativa.
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Le nuove aziende entrate a far parte di Confindustria Cuneo
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AL.FIERE SNC Via Marconi 100, Marene Tel. 0172.742687 info@alfiere.it • www.alfiere.it
Gli allestimenti “chiavi in mano”
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a oltre trent’anni Al.Fiere opera nel settore degli allestimenti per eventi, offrendo la propria esperienza nella progettazione, nella produzione e nel noleggio di strutture temporanee per mostre, fiere ed eventi. Nata nel 1985, con il tempo l’azienda di Marene ha sviluppato un’alta professionalità nel settore, fornendo innovative soluzioni con tensostrutture e moderne realizzazioni al fianco di agenzie pubblicitarie, enti pubblici e organizzazioni private. Dalla progettazione alla consegna integrale dell’evento, Al.Fiere gestisce ogni passaggio, garantendo un servizio “chiavi in mano” ai clienti, nel totale rispetto delle più recenti normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e con un’attenzione particolare alla responsabilità sociale dell’impresa. L’azienda di Marene può disporre di un “parco” strutture di circa
40.000 metri quadrati, in grado di accontentare ogni esigenza. «Crediamo nella valorizzazione e nello sviluppo delle professionalità e in una concorrenza leale basata sui princìpi di responsabilità verso le problematiche sociali», spiega il titolare di Al.Fiere, Massimo Barolo. «Lavoriamo al fianco dei nostri clienti per offrire una consulenza completa, per comprendere le loro necessità e per fornire soluzioni su misura che possano soddisfare ogni esigenza, grazie anche alla rete di partner che nel tempo abbiamo creato». Di recente, Al.Fiere ha aggiunto una interessante new entry al proprio parco strutture: si tratta di “Manhattan”, dalla forma cubica innovativa, dotato di pareti laterali a pannelli vetrati, in grado di assicurare un impatto visivo sorprendente. Si tratta di una proposta ideale per grandi eventi promozionali e sportivi, per conferenze e per mostre.
Conciliazione vita-lavoro dei dipendenti WAI-WELFARE AZIENDALE ITALIA SRL Via Mascagni 8, Bra Tel. +39.338.3676618 info@welfareaziendaleitalia.com www.welfareaziendaleitalia.com
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azienda braidese Wai (Welfare Aziendale Italia) è un provider di welfare aziendale che segue le imprese in ogni fase della catena procedurale. Dalla consulenza allo studio delle risorse per l’abbattimento del costo del personale, dai regolamenti alla gestione normativa e fiscale, fino alla Piattaforma welfare, con oltre 100.000 servizi disponibili. «Aiutiamo le imprese a realizzare piani di welfare», spiega il ceo, Gianluca Brizio (foto). «L’obiettivo è migliorare la conciliazione vita-lavoro dei dipendenti, mettendo al centro del progetto le strutture del territorio e i nostri fornitori locali. Il welfare, così pianificato, risulterà un successo per azienda e collaboratori». Tale particolarità rende l’offerta di Wai diversa dalle altre aziende del settore, perché offre al dipendente una vasta opportunità di scelta e propone attività locali e sul territorio. Così non solo l’impresa incrementa la produttività, fidelizza i dipendenti e riduce il cuneo fiscale, ma il lavoratore ottiene anche un potere d’acquisto maggiore. Al programma può accedere sia la piccola realtà familiare che la grande azienda. «Alle imprese associate a Confindustria Cuneo garantiamo un tariffario dedicato e al miglior prezzo di mercato», conclude Brizio.
L’arte di diffondere la cultura d’impresa
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a un’idea scaturita dalla progettualità di Riccardo Lavezzo, nel 2007 è nata la casa di produzione diventata nel 2018 Lavezzo Studios. La ditta, inizialmente individuale, negli anni è cresciuta molto aprendosi a numerose collaborazioni e riuscendo a creare uno staff dinamico e preparato in tutti gli àmbiti dell’audiovisivo. «Una squadra di filmmaker e di artisti appassionati» con sede nel centro di Alba (con ufficio e loft fotografico), che realizza riprese, montaggi video e animazioni per raccontare storie uniche con uno stile cinematografico che si adatta in modo creativo a ogni tipologia di pro-
getto. Lavezzo Studios può ideare e produrre video di storytelling, spot, video promozionali e tecnici, eventi in diretta streaming, arrivando con messaggi forti al cuore delle persone. «Siamo un team con diverse competenze per supportare i clienti in modo concreto ed efficace», spiega il fondatore, Riccardo Lavezzo (in foto, con il fratello Alberto). «Lavorando molto nell’àmbito industriale, siamo orgogliosi di poter comunicare al mondo, con le nostre immagini, il saper fare e la grande tenacia dei nostri imprenditori. Cerchiamo di interpretare e diffondere la cultura d’impresa. Anche per questo abbiamo deciso di associarci a Confindustria Cuneo».
LAVEZZO STUDIOS SNC Vicolo San Biagio 4-interno 2, Alba Tel. +39.338.5353065 info@lavezzostudios.com • www.lavezzostudios.com
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Impalcature al servizio di ogni cantiere
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a D2 Ponteggi è un’azienda di Cuneo che opera nel settore delle impalcature. Essa è specializzata nel noleggio e nel montaggio di impalcature metalliche, ascensori da cantiere per lavori di ristrutturazioni, nuove costruzioni e restauri in àmbito pubblico e privato. D2 Ponteggi dispone di moderne attrezzature in grado di offrire al cliente il mezzo più idoneo per ogni tipologia di lavorazione in campo abitativo, industriale e commerciale. Nata poco più di 10 anni fa su iniziativa del titolare, Davide Carta, il quale ha deciso di avviare la nuova attività dopo aver concluso una precedente esperienza nel settore, la D2 Ponteggi oggi è una realtà solida e affidabile che fa della professionalità, dell’affidabilità e dell’esperienza il tratto distintivo. «Abbiamo realizzato i ponteggi per Casa Betania, che ospiterà la nuova sede di Confindustria Cuneo», spiega Davide Carta. «È stata l’occasione per conoscere da vicino questa realtà e scoprire i tanti servizi che offre: per questo abbiamo deciso di associarci».
D2 PONTEGGI SNC Via Valle Po 145, Madonna dell’Olmo, Cuneo Tel. +39.340.5865402 info@d2ponteggi.it • www.d2ponteggi.it
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GUFRAM SRL Via Alba 26, Barolo Tel. 0173.56102 info@gufram.it • www.gufram.it
Gli elementi dell’anima pop
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ato a Torino nel 1966 come realtà artigianale, Gufram è oggi uno dei marchi italiani di arredamento più originali, conosciuto in tutto il mondo per il suo approccio dirompente e controcorrente, che forza i limiti del disegno industriale. Puntando sulla ricerca estetica e sulla tecnologia del materiale, gli arredi di Gufram sono ormai entrati nell’immaginario collettivo come elementi dall’anima pop. Più che mobili, sono autentiche sculture domestiche, esposte anche nei musei più importanti del mondo. Con l’acquisizione del marchio da parte dell’imprenditrice Sandra Vezza, dal 2012 Gufram è di casa a Barolo, dove ha trovato nuovo slancio puntando sulla valorizzazione di una realtà storica forte e unica, grazie alla creatività dell’anima artistica dell’azienda, Charley Vezza. Negli ultimi anni sono state av-
viate nuove e prestigiose collaborazioni con marchi internazionali di diversi settori, con una recente attenzione focalizzata sulle frontiere orientali, suggellata da diverse partecipazioni a eventi importanti dedicati al design svolti in Cina. «Quando si è presentata l’occasione di poter acquistare un marchio storico come Gufram, non me la sono fatta scappare», spiega Sandra Vezza. «Con la nostra creatività fuori dagli schemi, vogliamo tutelare e riaffermare l’unicità e la capacità del “Made in Italy” di legare artigianalità e industria, tecnica e arte». Tra i tanti progetti per il prossimo futuro, figura anche quello di creare un team di progettazione e comunicazione dedicata alle aziende che vogliano innovare l’estetica e il prestigio dei propri prodotti con lo stile e la visibilità globale del marchio Gufram sui mercati internazionali.
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Per l’acustica ambientale ed edilizia
THINK QUALITY SRL Via Vittorio Emanuele III 120, Cherasco Tel. 0172.1803394 fabrizio.stecca@think-quality.it • www.thinkquality.it
Dare più valore all’agrolimentare
L’ L
o Studio Girolametti di Alba si occupa di acustica ambientale, edilizia e architettonica. Costituito nel 2004, inizialmente come partner professionale, affianca gli studi e le aziende per fornire risposte precise e concrete a tutte le esigenze della clientela in termini sia tecnici che legali. Attraverso la preparazione, il continuo aggiornamento riguardo a materiali, tecnologie costruttive, innovazioni, normative di riferimento e con la massima attenzione all’utilizzo dei migliori strumenti, la realtà albese è in grado di offrire un’assistenza completa, dalla progettazione all’avanzamento dei lavori in cantiere, fino ai collaudi finali e alle certificazioni. Lo Studio Girolametti rappresenta una soluzione per liberi professionisti, aziende, amministrazioni pubbliche e privati.
azienda cheraschese Think Quality è il risultato dell’incontro tra il mondo enologico e quello informatico. Fabrizio Stecca proviene dal primo, Paolo Masoero dal secondo: con le rispettive competenze, nel 2001 hanno avviato un progetto incentrato sull’innovazione e sulla valorizzazione del settore agroalimentare con lo sviluppo di software (Sistema Vino, Libellum) dedicati alla gestione e all’organizzazione del lavoro, sia nel vigneto che in cantina. Think Quality è cresciuta, iniziando a svolgere una parallela e innovativa attività, quella di selezionare e proporre alla grande distribuzione una linea di “vino a marchio” per un progetto di filiera che ha portato l’azienda cheraschese a ricoprire il ruolo di Category
Mangement per importanti realtà del mondo distributivo nazionale e a esportare prodotti anche sui principali mercati esteri. Tra le attività più recenti figura la collaborazione con l’Osservatorio permanente sui prezzi dei vini di Confindustria Cuneo per la rilevazione dei prezzi delle Doc piemontesi nella grande distribuzione di Piemonte e Lombardia. «Affianchiamo le aziende del mondo agroalimentare dalla produzione alla vendita, dando valore al loro lavoro», spiega il titolare, Fabrizio Stecca. «Siamo attratti dalle innovazioni e andiamo alla ricerca delle novità che possano rendere interessanti le nostre imprese, ma crediamo nelle persone, restiamo legati alle tradizioni e vogliamo difenderle e valorizzarle».
STUDIO GIROLAMETTI FABIO Via P. Cerrato 1, Alba Tel. 0173.060323 • +39.392.5041059 info@studiogirolametti.it www.studiogirolametti.it
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4 generazioni al servizio della clientela LIBRA SRL Corso Canale 80, Alba Tel. 0173.366303 libra@librasoluzioni.com • www.librasoluzioni.com
S
aglietti Group, l’insieme dei brand di Studio Arredi srl (Studio Arredi, Esposit e Teknik Wood) da quattro generazioni crea soluzioni innovative di design in legno con una grande attenzione alla sostenibilità ambientale. Produce oggetti di qualità, lavorando materie prime di alto livello, con un unico obiettivo: la ricerca dell’eccellenza. Si rivolge a clienti che ricercano un’azienda partner in grado di offrire una qualità artigianale, ma inserita in un processo produttivo contemporaneo, al fine di valorizzare i propri prodotti e la modalità di esposizione e arredamento. Nel 2007 Saglietti Group ha costruito uno stabilimento produttivo e inserito tecnologie e tecniche innovative che si avvicinano molto ai processi industriali, riuscendo però a conservare una particolare cura della qualità, tipica degli artigiani esperti. Nel 2020 l’azienda ha raddoppiato la capacità produttiva. Un team di ventuno persone con professionalità specifiche offre un servizio completo ai clienti: dalla progettazione alla consegna del prodotto.
STUDIO ARREDI SRL Viale Rimembranza 30, Narzole Tel. 0173.77038 info@studioarredi.it www.sagliettigroup.it
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Gran qualità e celere assistenza tecnica
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razie alla qualità dei prodotti e a un’efficiente e tempestiva assistenza tecnica, l’azienda albese Libra è un importante punto di riferimento in tutta Italia per le nuove aperture di ristoranti, self-service, caffetterie e grande distribuzione. Questa storia di successo affonda le radici nella ventennale esperienza nella vendita di affettatrici, forni e cucine, e in generale di tutte le attrezzature necessarie per l’alimentare e per la ristorazione professionale, che ha portato Libra ad affermarsi come leader nel settore nelle province di Cuneo, Torino, Asti e Alessandria, arrivando poi a espandersi nelle principali città del resto d’Italia. Negli ultimi anni l’azienda albese ha compiuto un ulteriore passo, diventando protagonista nella realizzazione di arredamenti completi su misura per bar, ristoranti, self-service, mense,
pasticcerie e gastronomie, grazie alla collaborazione con realtà di prestigio nel settore della falegnameria e dell’architettura. Innovazione, ricerca della qualità e flessibilità sono alla base dell’operato di Libra che può contare su una squadra tecnica di elevata esperienza, in grado di risolvere ogni tipo di problema in breve tempo. «Promuoviamo l’innovazione come base per una crescita sostenibile, supportata dalla qualità dei prodotti e dei servizi e nel rispetto della nostra cultura», afferma Mimmo Caruso (in foto, accanto a Paulo Dybala), ceo di Libra. «Il nostro obiettivo è raggiungere un’ampia copertura del mercato nazionale e internazionale basata sulla fiducia dei nostri clienti e fornitori. La volontà di raggiungere la loro massima soddisfazione ci spinge a continuare a perseguire il meglio. Ci piace fare le cose bene e lo facciamo con gioia».
ESSENZA
ESTETICA
PER UN RIVESTIMENTO
PERFETTO