Meeting e Congressi - Nov Dic 2021

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No-vax, no-MICE Chi opera nel settore degli eventi dovrebbe credere in un mondo libero. Ma non libero di non vaccinarsi. Piuttosto, libero di incontrarsi e conoscersi

P

er il secondo anno di fila ci approcciamo al Natale dovendo far fronte a un contesto generale ancora pieno di incertezze. Non c’è dubbio però che le differenze rispetto al 2020 siano numerose e molto rilevanti anche per il nostro comparto. È vero: il mondo è ancora troppo piccolo e i nostri clienti hanno ancora molte difficoltà a programmare serenamente eventi complessi che richiedono tempistiche di gestazione molto lunghe. Le cronache, anche quelle degli ultimissimi giorni, non ci aiutano. In questo contesto però dobbiamo anche prendere atto che rispetto all’anno scorso c’è un’energia nuova. La voglia di ricominciare non manca, alcune destinazioni dimostrano di essere ripartite: in primis Dubai, che sta monopolizzando la programmazione che ruota attorno a Expo 2020. Le Maldive, che sono tornate a essere non più solo una destinazione di vacanza ma anche una meta suggerita e molto richiesta per eventi aziendali, grazie ai numerosi collegamenti e

alle molteplici soluzioni legate all’ospitalità. Ma anche gli Stati Uniti si stanno affacciando nuovamente al mercato con la promessa di tornare a essere un vero punto di riferimento già a partire dalla prossima primavera. L’Italia e le destinazioni di medio raggio, in particolare le zone del Mediterraneo, al netto della recentissima nuova ondata e delle varianti del virus che si è riproposto violentemente soprattutto nel Centro-Nord Europa, rimangono il fulcro della programmazione che verrà. In questo contesto dobbiamo, nostro malgrado, misurarci con una realtà sociale sempre più complessa e divisiva in relazione al tema dei vaccini. Ovviamente non è mia intenzione argomentare scientificamente tematiche complesse e aggiungermi alla pletora di presunti esperti e scienziati che, ormai a tutti i livelli e con tutti i mezzi di comunicazione, si sentono autorizzati a dire la loro. Io, molto più modestamente, mi limito a sottolineare che a livello globale i nostri governanti hanno da tempo

deciso di applicare misure di prevenzione anti-covid collegandole direttamente al numero dei decessi e dei ricoverati. La conseguenza diretta di ciò è che, indipendentemente da qualsiasi valutazione scientifica, da riflessioni personali talvolta anche condivisibili legate al concetto di libertà personale, non possiamo non prendere atto del fatto che il vaccino, a oggi, è l’unica soluzione che ci consenta di limitare i danni e poter, seppur lentamente, riprendere a fare il nostro lavoro. Per questo faccio fatica a comprendere le ragioni di chi, avendo presumibilmente avuto la fortuna di non essere colpito da questa crisi ed evidentemente neanche toccato nei propri affetti dalla drammatica perdita di numerose vite umane, continua a porre l’accento sul tema della libertà in modo a mio avviso sbagliato. Trovo però ancora più incomprensibile come questo tipo di posizioni possano essere sostenute anche da coloro che operano all’interno del nostro comparto. È evidente che, per la legge dei grandi numeri, sia inevitabile che ciò accada. Tuttavia, c’è un tema di coerenza che, a mio modo di vedere, è totalmente disatteso dai no-vax che operano nel turismo e nel settore degli eventi. Perché sono convinto che questi due settori siano la base dello scambio di culture, di esperienze, di conoscenza tra i popoli che negli ultimi decenni ha contribuito enormemente allo sviluppo della civiltà umana. Contestare l’unico strumento che a oggi ci consente di proseguire su questa strada, equivale a chiudersi dentro un proprio perimetro autodeterminato e negare anche agli altri la possibilità di trovare nuovi orizzonti. Chi opera nel settore degli eventi dovrebbe al contrario credere in un mondo libero. Ma non libero di

EMANUELE NASTI General manager Htms International enasti@htmsinternational.com

non vaccinarsi. Piuttosto libero di incontrarsi e conoscersi. Possiamo continuare a scambiarci opinioni sui vaccini all’infinito seguendo il principio che uno vale uno, e che ciascuno è libero di determinare le proprie scelte. Oppure possiamo prendere atto che facciamo parte di una comunità e che qualche volta è necessario fare un passo indietro. Accettare un compromesso. Lasciare che siano altri a decidere. Perché sono più qualificati, o semplicemente perché hanno loro la responsabilità di decidere. Adeguarsi non è necessariamente segno di debolezza così come andare contro a prescindere non vuol dire per forza essere più intelligenti o più furbi degli altri. Chi fa il nostro mestiere ha una responsabilità in più: contribuire attivamente alla ricostruzione del comparto significa compiere scelte responsabili e coerenti. Presentarsi ai nostri governanti col cappello in mano, lamentando i danni delle loro restrizioni che così fortemente hanno impattato sul settore degli eventi, senza poi fare la propria parte, l’unica parte che davvero ci è richiesto di fare, è una mancanza di rispetto verso i governanti, verso i colleghi, e a pensarci bene, anche verso se stessi.

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