Meeting e Congressi - Nov Dic 2021

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La mente che apprende Dietro alla titubanza a chiedere feedback pare nascondersi spesso una serie di convinzioni profonde legate al fallimento e alla percezione di sé e delle proprie capacità

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PAOLA SABBATINI Formatore, coach e senior partner Newcom Consulting paola.sabbatini@newcomconsulting.it newcomconsulting.it/digital-trainer

empo fa, durante una prima sessione di coaching, un giovane manager si lamentava del fatto che non fosse ancora passato di livello. Gli chiesi quali fossero le sue ambizioni, come vedeva il suo percorso di crescita e cosa in concreto voleva ottenere per sé. Esplorammo insieme il contesto, le sue convinzioni, quali risorse sentiva di avere e quali ancora gli mancassero… Sorprendentemente, non lo sapeva! Voleva crescere e sapeva quali fossero i suoi punti di forza! Ma, non era consapevole di quali potessero essere le sue aree di miglioramento… Attribuiva la sua mancata crescita solo a fattori esterni, al di fuori del suo controllo. La sessione finì con la definizione dell’obiettivo di coaching e con un piano d’azione concreto, in cui aveva iniziato a contemplare la richiesta di feedback, cosa che non aveva mai fatto prima. Dalla mia prospettiva, oggi, una straordinaria percentuale di manager e collaboratori, oltre a non dare feedback, nemmeno li richiede: aspettano tutti che sia il capo a

fornirli e se non lo fa, pazienza! Temono il confronto, poiché questo potrebbe mettere in discussione le proprie convinzioni rispetto a loro stessi; e in questo modo, si perdono l’occasione di scoprire quanto la loro zona di influenza sia ampia, spesso molto più grande di quanto credano. Una professoressa dell’Università di Psicologia dell’Università di Stanford, Carol Dweck, studia come i bambini apprendono e in che modo si mettono alla prova. Ha sostanzialmente scoperto due tipi di approcci: coloro che rifuggono da compiti particolarmente complessi, per paura di sbagliare e sentirsi giudicati; e coloro che invece li vivono come sfide stimolanti e possibilità di accrescere le loro competenze. Ha così chiamato i due atteggiamenti: Fixed Mindset e Growth Mindset. I Fixed Mindset sono coloro che credono che il talento, le capacità e l’intelligenza siano caratteristiche innate e immodificabili e pensano che gli errori siano imputabili

a cause esterne. Pensano che lo sforzo sia inutile, non tollerano le critiche e ricercano l’approvazione invece dell’apprendimento. I Growth Mindset, al contrario, sono coloro che credono che intelligenza, capacità e talento siano in perenne mutamento e possano migliorare. Si assumono più facilmente dei rischi e accettano l’errore come fonte di apprendimento. Considerano lo sforzo come elemento indispensabile per il miglioramento, sviluppano perseveranza e resilienza e ricercano l’apprendimento al posto dell’approvazione. Dietro alla titubanza a chiedere feedback, quindi, pare nascondersi spesso una serie di convinzioni profonde legate al fallimento e alla percezione di sé e delle proprie capacità. Affinché si possa creare uno spazio di apertura verso il feedback, a mio parere, è quindi necessario confrontare le credenze sottostanti e aiutare la persona ad ampliare la propria area di azione. Quando offrii al mio giovane coachee la distinzione tra mente fissa e mente in apprendimento, egli iniziò a contemplare una serie di possibilità che prima gli erano precluse, iniziando così il suo vero percorso di crescita…

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