La moda tra passato e presente di Laura Paleari
Il Fascino del Vintage
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a molti definito il futuro della moda, il Vintage, da un paio di anni a questa parte sta spopolando sempre di più, soprattutto tra i giovani. Vintage deriva dal termine francese “vendenge” ossia vendemmia, il quale stava ad indicare tutti quei vini d’annata di pregio. Specularmente, nella moda, questo termine indica i capi e gli accessori iconici di epoche passate che, con il tempo, acquistano sempre più valore. Spesso viene confuso con il termine Retrò il quale indica tutto ciò che viene creato rifacendosi a stili del passato, a differenza del vintage dove gli oggetti sono “autentici”. La filosofia Vintage nasce negli anni ’60 in America, quando, successivamente all'epoca del dopoguerra e del boom economico, la cultura Hippies portò una nuova filosofia di vita e, con essa, un nuovo modo di vestirsi, riutilizzando i capi degli anni precedenti e, se all’inizio era necessario recarsi in piccoli mercatini per la ricerca dei capi, oggi continuano a nascere nuove boutique con prodotti accuratamente selezionati. Contro le aspettative, la fascia di età più interessata al Vintage è quella compresa dai 24 ai 38 anni e, in particolare, oggi i consumatori ricercano capi degli anni ’80 ma soprattutto ’90; questo grazie, principalmente, ai social media e ai messaggi di
sostenibilità sempre più presenti. Sono le donne intelligenti quelle che hanno scoperto questo mondo, fatto di qualità, tessuti, manodopera che l’industria di questo tempo non riesce ad offrire”. Scriveva questo il New York Times, già nel 1965, criticando la nascita del consumismo e l’avvento del fast fashion, ossia dell’acquisto immediato di un capo, il quale, di solito, presenta un costo bassissimo. Creando continuamente nuovi desideri e quindi nuovi bisogni, il consumatore sarà quasi “obbligato” a comprare per stare al passo. Tutto ciò porta le aziende alla produzione di tantissime collezioni, sempre più veloce, frenetica, in paesi al di fuori dell’Italia, sfruttando lavoratori spesso inconsapevoli o costretti ad accettare contratti di sfruttamento più che di lavoro; i capi disegnati e venduti, inoltre, sono spesso le copie riprodotte e leggermente modificate di capi di alta moda, inaccessibili per la fascia media di mercato, la quale, comprando capi d’abbigliamento simili a quelli proposto dalle grandi firme ma ad un prezzo decisamente inferiore della metà, potrà “sognare e illudersi” di indossare quello che non può avere. Tuttavia, negli ultimi tempi e con gli ultimi movimenti “Green” in difesa dell’ambiente, anche le case di moda stesse stanno iniziando a concepire uno schema più circolare, dove si prende in considerazione tutto l’arco vitale del capo, dalle materie prime della sua creazione, fino al suo riciclo o riutilizzo per altri vestiti; anche la pandemia ha “aiutato”
il ritorno di un’ economia più circolare: portando il consumatore a ricercare la qualità più che la quantità. “Less is More”, “Decluttering”, sono solo alcuni dei nuovi termini legati ad un approccio consumistico più responsabile e consapevole. L’attenzione inoltre per i lavoratori e operai delle grandi catene è aumentata dopo il crollo del Rana Plaza, nel 2013, una fabbrica di abbigliamento in Bangladesh, dove numerose operaie, sfruttate e private di qualunque diritto, stavano realizzando capi per i brand del fast fashion occidentali quando l’edificio è crollato per le mancate norme di sicurezza: il più grande incidente legato al mondo dell’abbigliamento. La verità è che bisognerebbe avere meno capi nel nostro armadio ma di qualità, spendendo un po’ di più per un paio di jeans o una maglietta ma con la certezza che dureranno anni, e che non dovremo cambiarli la prossima stagione. Il vintage, in questo, ha una caratteristica essenziale: ci rende unici. Non solo si utilizzano capi del passato, ma si gioca con gli stessi, mescolando abiti maschili e femminili, stili e materiali diversi. L’idealizzazione del passato, più solido e rassicurante rispetto ad un futuro e, soprattutto, un presente incerto, la nostalgia di epoche passate… è il soffio di un ricordo lontano che lo rende assolutamente affascinante.
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