Ai fini fiscali, svolgere attività di selezione del bestiame per conto di altri acquirenti è attività di intermediazione Ai fini fiscali, l’allevatore che svolge attività di selezione del bestiame per altri allevatori può considerare questa attività come rientrante nella sua stessa attività principale di allevatore? All’interpello, l’Agenzia delle Entrate ha risposto negativamente. Nonostante le argomentazioni dell’allevatore-istante, l’Agenzia ha spiegato che si tratta di attività di “intermediazione” e come tale deve essere trattato il compenso incassato. L’allevatore che ha rivolto l’interpello alle Entrate si rivolge a fornitori esteri, principalmente francesi, per approvvigionarsi di bovini. Occasionalmente, svolge questa attività di selezione anche per altri allevatori italiani: valuta la merce visionata in riferimento al peso, struttura, età, razza, qualità, stato di salute, qualifica sanitaria e, in generale, su ogni particolare che interessi per valutare l’opportunità o meno di procedere all’acquisto. Ma poi è l’allevatore terzo a decidere autonomamente se acquistare o meno. Per l’allevatore istante si tratta di svolgere un’attività secondaria e marginale all’interno della principale, sempre in quanto allevatore (è proprio il fatto di essere allevatore a rendere possibile la selezione zootecnica con la dovuta competenza ed esperienza). Inoltre, il processo di selezione dei bovini richiede poche ore distribuite in uno/due giorni della settimana e i compensi risultanti da detta attività sono di importo marginale rispetto al volume d’affari derivante dall’attività agricola e zootecnica. I compensi dovrebbero essere tassati con i vantaggi dell’attività agricola (ex articolo 56-bis, comma 3, del TUIR). Le Entrate non la pensano così. È vero che sussiste il requisito soggettivo (l’attività di selezione è svolta dal medesimo allevatore-imprenditore agricolo). “Tuttavia, il servizio reso, anche se occasionale, risulta funzionale ad acquisire uno dei fattori produttivi dell’impresa agricola (propria o di terzi)”. Il servizio che l’istante dichiara di fornire a terzi allevatori per supportarli nella selezione dei capi di bestiame prevede un compenso che gli viene erogato non da questi ultimi, bensì direttamente dal venditore fornitore dei bovini. In sostanza, quindi, il servizio è reso al fornitore dei bovini e non ai terzi allevatori acquirenti. Ciò significa che l’istante “svolge un’attività che appare una intermediazione a favore del fornitore di bovini, dal quale riceve il compenso, proponendo ad allevatori terzi i capi di bestiame dallo stesso commercializzati”. Sul piano fiscale, quindi, il reddito che ne consegue non può essere considerato come reddito di “imprenditore agricolo” (fonte: ANMVI – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani; photo © Lev Dolgachov).
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Eurocarni, 8/21