OSTRICOLTURA
Far tornare l’ostricoltura italiana al suo antico splendore, si può fare?
10 invalidi motivi per non allevare ostriche in Italia di Edoardo Turolla
L’ostricoltura italiana, fiorente in varie epoche storiche, è ormai silente da oltre un secolo e sembra evidenziare una certa difficoltà a ritornare al suo antico splendore. Se l’Italia ha saputo sviluppare una mitilicoltura credibile e una venericoltura leader in Europa, poca attenzione è stata invece rivolta all’allevamento delle ostriche. In diversa direzione sono andati paesi come Irlanda, Olanda, Spagna, Portogallo e naturalmente la
Francia, che hanno guadagnato quote sempre più importanti del mercato di questi bivalvi. I motivi che hanno portato l’Italia a “restare al palo” possono essere molteplici e tenteremo in questo contesto di analizzarli. 1) Manca la tradizione Non si può certo affermare che l’ostrica rientri attualmente tra i prodotti più tipici e rappresentativi del nostro paese. Possiamo tuttavia
rivendicare come le origini dell’ostricoltura europea si siano sviluppate proprio lungo le coste italiane. Nell’opera Naturalis Historiae, infatti, PLINIO IL VECCHIO ne descriveva le tecniche in uso nel I secolo d.C.; citazione che conferma come gli antichi Romani siano stati i precursori di questa forma di allevamento, per lo meno nel nostro continente. Non mancano inoltre nei secoli seguenti casi in cui l’ostricoltura si è affermata
Impianto per l’allevamento di ostriche.
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IL PESCE, 2/21